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Andrea Bonzagni e Barbara Bertuzzi

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Gabriella Bechi

Gabriella Bechi

Rischio blackout

I dati parlano di un mondo agricolo in forte affanno a causa dei costi energetici. Tutti i comparti soffrono di uno sbilanciamento tra costi e processo

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produttivo

di Francesco Bellizzi, Nicola Artoni, Andrea Gandolfi, Elisabetta Tufarelli, Andrea Bonzagni e Barbara Bertuzzi

Secondo le stime fatte dal Crea ad aprile, un’azienda agricola su dieci in Italia vive uno sbilanciamento tra processo produttivo e costi ad esso legati; in alcuni comparti, il “rischio di insolvenza” interessa oltre il 13% delle attività. Oggi, buona parte delle difficoltà sono conseguenza dei costi spropositati raggiunti dall’energia. Nessun comparto è escluso, ma le differenze non mancano. Per affrontare il tema partiamo da uno dei più energivori in assoluto: quello delle serre. Luca De Michelis, imprenditore ligure e proprietario dell’azienda Prato del Vescovo è anche il presidente della FNP Florovivaismo di Confagricoltura e parte da un presupposto necessario. “I fiori sono beni voluttuari, la prima categoria che i consumatori sacrificano davanti ad un incremento dei prezzi come quello che stiamo vivendo. In più - spiega l’imprenditore - in Italia la cultura delle piante ornamentali non è radicata come nei Paesi del Nord, ossia il nostro principale mercato di riferimento”. Mercato che non sfugge alla crisi. Anzi. Se in Italia, infatti, il tetto massimo raggiunto da inizio settembre è stato di 500 euro per megawatt/ora, in Germania sono stati superati i 700. “La mia azienda esporta il 95% dei prodotti, mediamente l’export incide sul comparto per l’80%. Il mercato estero e interno si stanno restringendo; e se da una parte si fa più forte la concorrenza di Francia e Spagna, dove la crisi energetica è attutita dall’apporto di rinnovabili e nucleare, dall’altra facciamo i conti con un potere d’acquisto dei cittadini europei che va erodendosi sempre di più”. Quindi, se per i prodotti destinati all’alimentazione i rincari sul prezzo finale sono un’opzione più facile da valutare, per piante ornamentali e fiori il discorso è più complesso. “In teoria, per rientrare negli attuali costi il prezzo al consumo dovrebbe crescere del 25%. Ma la domanda è: chi comprerebbe a quel prezzo?”. Né la chiusura delle attività sembra essere una soluzione: “Sospendere la produzione? Bisogna poterselo permettere”, commenta De Michelis. Il vero rischio a cui si va incontro è che alcune produzioni tipiche italiane vengano ridimensionate. Un esempio è il basilico. “Ci sono dubbi se potrà ancora essere prodotto 360 giorni all’anno; essendo una pianta riscaldata richiede un grande consumo di energia. Stesso discorso per i fiori recisi programmati che richiedono lunghe fasi di stoccaggio nelle celle frigorifero”. È un problema non

solo italiano. “Pensiamo ai crisantemi recisi: se in Sicilia, famosa per la loro produzione, la coltivazione è in crisi, in Olanda è addirittura ferma”. Il presidente della Federazione sta cogliendo segnali di “un vero e proprio fenomeno di cambio delle produzioni. Andremo sempre di più verso quelle meno energivore”. Non stiamo parlando di un allarme sul lungo periodo. “Non so quanta offerta ci sarà a Natale. Una pianta tipica di questo periodo è la Stella di Natale, estremamente energivora. Sarà il primo test”. Riguardo alla produzione di energia da rinnovabili, De Michelis ha accolto con grande favore l’inclusione delle serre nel bando sull’agrivoltaico. “È una vittoria di Confagricoltura di cui vado molto fiero. Ma i rincari stanno colpendo anche il settore del green. Le biomasse, importanti per l’alimentazione notturna degli impianti, sono un esempio: i gusci di nocciola sono passati in un anno da 10 euro al quintale a 20”. In serra si coltivano anche insalate. In Campania c’è una delle realtà più importanti del comparto dei prodotti freschi di I e IV gamma: Rago Group a Santa Lucia Superiore in provincia di Salerno che, oltre alla produzione, si occupa anche dell’imbustamento e della spedizione (tramite agenzie esterne) verso i mercati di riferimento, in larga misura esteri. Il suo titolare è Rosario Rago, componente di giunta di Confagricoltura e vicepresidente dell’Unione provinciale salernitana. “Stiamo fronteggiando un raddoppio di tutti i costi - commenta -. Nel 2020 le bollette energetiche ammontavano a 30mila euro, l’anno successivo sono salite a 70mila, mentre a giugno scorso sono arrivate a 150mila. Cifra cresciuta di un altro 20% ad agosto. Rispetto ai 400mila euro che eravamo abituati a pagare l’anno, per fine 2022 ci aspettiamo un conto da 2 milioni”. Rago dà lavoro a circa 250 addetti e 30 impiegati - su cui grava ancora il Covid con assenze medie mensili importanti - e alimenta un indotto di non meno di 1000 persone. “Monitoriamo la situazione tra le imprese con cui collaboriamo e molte stanno valutando se procedere con le nuove semine oppure no”. L’azienda è solida, ma risente dalle problematiche attuali. “Fino a giugno siamo riusciti ad assorbire i vari aumenti, ma adesso inizia ad essere impossibile non scaricarne una parte sul prezzo al consumatore”. Sono cresciuti anche i costi per il trasporto dei prodotti pronti alla vendita, di cui buona parte va sui mercati del Nord e Est Europa, negli Emirati Arabi e in Islanda. Complessivamente, gli incrementi hanno ormai superano la soglia del 500%. “Stiamo valutando se ampliare i nostri impianti di energia rinnovabile. Al momento abbiamo un impianto fotovoltaico su tetto da 300 kilowatt. Probabilmente parteciperemo al prossimo bando sull’agrisolare anche se ci preoccupa il tasso in crescita di furti in campagna. Di cosa c’è bisogno? Di uno Stato presente e dell’azzeramento dei rincari attuali”. Lotta contro le oscillazione del mercato nel settore del vertical farm che in Planet Farm, realtà di Cavenago (nel cuore della Brianza), ha una delle sue maggiori espressioni italiane. Parliamo di un ambito con volumi produttivi distanti dal comparto serricolo classico, ma che testimonia la validità di vie alternative. Luca Travaglini, insieme ai suoi soci, ha puntato su una produzione di insalate e basilico innovativa: zero pesticidi, il 95% in meno di acqua utilizzata e sistemi di autoproduzione energetica. “Utilizziamo ogni risorsa in modo consapevole ed efficiente - spiega Travaglini - e per ogni impianto che progettiamo, valutiamo in anticipo che tipologia di approvvigionamento energetico predisporre, se geotermico, eolico, solare o idrico. Questa crisi ha colto tutti di sorpresa, ma non è un fattore determinante per il nostro settore. In un mo“Offerta ridotta già da dicembre. La Stella di Natale è una pianta estremamente energivora, sarà il primo test per il comparto” (Luca De Michelis,FNP Florovivaismo)

mento storico come questo, con il fallimento della globalizzazione alimentare, siamo un modello di autosostentamento. Siamo di fronte alla prima vera rivoluzione agricola, che dovrà contrastare uno spreco alimentare che vede andare buttato il 50% del cibo a livello globale. Il concetto di filiera deve essere rivoluzionato, produrre il modo efficiente e fondamentale: non produrre di più, ma meglio”. Non vanno meglio le cose per l’acquacoltura. “A causa dell’aumento dei costi di produzione, le programmazioni dei prossimi mesi sono saltate. Senza un abbattimento dei costi, crescerà il numero delle imprese a rischio chiusura”, dice Pier Antonio Salvador, titolare di Caio, azienda di allevamento di trote in provincia

di Pordenone (Friuli-Venezia Giulia) e presidente dell’associazione di Confagricoltura. Soffre molto la zootecnia che, oltre a fronteggiare bollette salatissime, fa i conti con i costi per l’alimentazione degli animali. Un esempio lo troviamo in Lombardia, nell’impresa di Manuel Lugli, vicepresidente di Confagricoltura Mantova, provincia in cui guida anche la sezione latte. La sua attività si trova a Porto Mantovano e conta circa 1500 bovini da latte (un migliaio da ingrasso) insieme a coltivazioni destinate all’alimentazione, impianti per biogas e fotovoltaico. Il latte prodotto viene conferito alla Latteria Sociale di Mantova, che trasforma tutto il latte in Grana Padano. “Nel settembre 2020 - racconta a Mondo Agricolo - il prezzo unico nazio-

“Le vasche sono piene del vino della scorsa vendemmia, gli imbottigliamenti vanno a rilento, mancano le bottiglie” (Francesco Cambria, Consorzio Tutela Vini Etna DOC)

nale dell’energia si attestava intorno ai 60/70 euro al megawatt; ad agosto scorso superava i 600 euro: è cresciuto di dieci volte”. Il presidente fa parlare i numeri. “Nel giro di due anni il nostro costo di produzione è passato da 40 a ben oltre i 50 centesimi al kg”. Gli aumenti hanno portato i fornitori di materie prime a ritoccare verso l’alto tutti i listini e costretto le cooperative di trasformazione a ridurre i dividendi. “In mezzo ci sono gli allevatori - commenta Lugli - che non possono contare sui margini di manovra concessi ad altri comparti. C’è chi ha sospeso temporaneamente l’attività, facendo ricorso agli ammortizzatori sociali, ma un’azienda agricola non può fermarsi mai, anche se produrre a questi costi non è vantaggioso”. Anche se esistono limiti oggettivi. “Il sistema sta rischiando di implodere, mentre la ridotta capacità di spesa dei consumatori si ripercuote sulla domanda - dice l’imprenditore -. Le aziende hanno fatto quello che potevano, ora sono assolutamente necessari interventi pubblici, tempestivi e adeguati: fissare un tetto al prezzo dell’energia elettrica e del gas, favorire con maggiore determinazione le energie rinnovabili. Per quest’ultimo obiettivo servono certezze di medio-lungo periodo su incentivi e tariffe, dato che gli investimenti richiedono parecchi anni per essere ammortizzati. Ma deve essere chiaro a tutti che non c’è altro tempo da perdere”. A Portomaggiore, nelle campagne ferraresi, ha sede la società avicola Sole con 25 ettari di terreni e l’allevamento di quasi 18 mila galline ovaiole destinate alla produzione di uova biologiche. “Abbiamo registrato un notevole incremento dei costi dei mangimi dovuto all’aumento delle materie prime, rincarate circa del 50% - dice Fabrizio Nicoletti, il titolare -. Le nostre galline consumano oltre 2mila chili di mangime al giorno. Fortunatamente, trattandosi di un allevamento biologico a terra, non abbiamo sistemi di ventila“Fino a giugno abbiamo assorbito gli aumenti su I e IV gamma, ma adesso è impossibile non scaricarne una parte sul prezzo al consumo” (Rosario Rago, giunta di Confagricoltura)

zione forzata e l’aria nei capannoni circola naturalmente: situazione che ci consente un notevole risparmio energetico. I costi della poca energia che consumiamo riuscivamo a coprirli fino a poco tempo fa completamente grazie a un impianto di pannelli fotovoltaici da 20 kwp sul tetto. Ma oggi i rincari non ci permettono di essere autosufficienti e, secondo i nostri calcoli, la bolletta dell’energia elettrica arriverà intorno ai 5mila euro annui”. Un costo che risulta certamente contenuto, ma che incide parecchio, se si considera che prima era una voce non presente nel bilancio. “Ciò che mi preoccupa di più - prosegue l’avicoltore - è l’immediato futuro. Abbiamo aumentato leggermente i prezzi delle uova, ma non pos-

siamo operare incrementi troppo elevati. Abbiamo già registrato una decisa diminuzione del guadagno. La verità - conclude - è che, se dovesse continuare questo trend, molti allevatori organizzeranno il prossimo ciclo di produzione con sistemi non biologici. Il costo di produzione delle uova con sistemi convenzionali è decisamente inferiore rispetto a quanto previsto rispettando i sempre più rigidi protocolli bio”. In Sicilia alle pendici dell’Etna, si trova il Consorzio Tutela Vini Etna Doc: 140 aziende che producono complessivamente 4,5 milioni di bottiglie l’anno di alta qualità. Una realtà di nicchia della vitivinicoltura italiana che guarda molto ai mercati esteri e che parla ad un target di consumatori medio-alto. La vendemmia di quest’anno - gra-

“I costi dei mangimi sono aumentati con quelli delle materie prime, rincarate del 50%. Anche l’elettricità inizia a pesare” (Fabrizio Nicoletti, avicoltore del ferrarese)

zie alle qualità del terreno e alle riserve idriche - non ha subito troppo degli effetti dell’attuale siccità e il raccolto è stato anticipato soltanto di una settimana. Molto meno rispetto ad altre regioni. A frenare oggi la ripresa del consorzio è la carenza di bottiglie sul mercato, iniziata con l’invasione dell’Ucraina. Il presidente è Francesco Cambria, imprenditore messinese che con la sua azienda, Cottanera, ha rappresentato Confagricoltura ai 100 anni della Confederazione durante i festeggiamenti alla presenza di Mattarella e Conte. “Dopo le fasi più critiche della pandemia, il mercato si era risvegliato. Per noi ha significato tornare a lavorare, dato il nostro punto di riferimento è che il settore Ho.Re.Ca che, durante il Covid, si è praticamente fermato, riducendo il nostro fatturato del 70-75%”. Tutt’oggi arrivano segnali positivi dal mercato, “ma ci ritroviamo con le vasche piene del vino della scorsa vendemmia perché non possiamo procedere con gli imbottigliamenti - spiega a Mondo Agricolo -. Mancano letteralmente le bottiglie. Fino a giugno sono riuscito a evadere gli ordini con le scorte di magazzino, ma lo stoccaggio non è infinito. Siamo costretti a tardare le consegne in Inghilterra e Norvegia per il nostro rosato”. Sono anche altre le materie prime diventate difficili da trovare. “Oltre al cartone, manca l’anidride carbonica. La mia azienda segue il metodo classico, quindi ne usiamo poca e soltanto per la saturazione in vendemmia. Eppure, il nostro fornitore italiano non riesce a rispettare la consegna”. La vitivinicoltura, e in particolare aziende come quelle del Consorzio alle pendici dell’Etna, applicando un’agricoltura pressoché manuale, vivono meno la tragedia della crescita esponenziale delle bollette e del gasolio. Ma il danno c’è. “A giugno 2021 pagavamo 5.500 euro di energia, lo scorso giugno siamo arrivati a 16mila euro. Parliamo di un incremento del 300%. Semplicemente insostenibile sul lungo periodo”. Cam“Tra gli allevatori c’è chi ha sospeso l’attività facendo ricorso agli ammortizzatori sociali, ma un’azienda agricola non può fermarsi mai” (Manuel Lugli, Confagri Mantova)

bria guarda con molto interesse al bando sull’agrisolare. “Parteciperemo - ci dice - per l’installazione di un impianto che ci permetta di essere il più possibile autosufficienti da fornitori esterni”. Il comparto del pomodoro da industria è, tra quelli che insieme agli incrementi dei costi, quest’estate hanno dovuto fronteggiare un’altra sciagura: la siccità. La peggiore degli ultimi 70 anni. “Le anomalie del clima stanno condizionando l’intera campagna di raccolta”, spiega Manuela Ponzi che, insieme alle sorelle Silvia e Simona e al cognato Enrico, coltiva 60 ettari tra i comuni di Vigatto, Pannocchia e Torrechiara, nel Parmense. Sul loro lavoro pesano le spese sostenute per dare acqua

“Il prezzo del gasolio agricolo più che raddoppiato, il costo di elettricità e tubi per l’irrigazione è salito del 30%” (Manuela Ponzi, coltivatrice di pomodori del Parmense)

alle piante: il prezzo del gasolio agricolo più che raddoppiato e i costi pazzi dell’energia elettrica e quelli dei tubi per l’irrigazione saliti del +30%. “Prima la siccità, le alte temperature e la conseguente maturazione contemporanea delle varietà medio-precoci ci hanno costretto a correre per raccogliere tutto il prodotto maturo in campo - continua l’imprenditrice -. Ora invece con l’arrivo di temporali, bombe d’acqua e grandinate, la raccolta va avanti a singhiozzo reagendo a mille avversità”. Così oltre al calo della pezzatura dovuto al grande caldo, si teme, causa maltempo, la perdita di produzione sulle varietà medio-tardive, il grado brix in tendenziale calo e la crescita dello “scartato”. “La pioggia è arrivata troppo tardi, se continua così porterà solo danni”, commenta la produttrice e vicepresidente della Op Ainpo. nnn

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