neo-Eubios 67 / Marzo 2019

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´ EUBIOS bene et commode vivens

67 Trimestrale N°67 - Anno XX - Marzo 2019 - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano

ISSN 1825-5515

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“Il Nostro Pianeta”, è la nuova serie documentaria sugli animali prodotta dalla BBC e narrata dal più famoso e autorevole naturalista e divulgatore scientifico, Sir David Attenborough. La serie è divisa in otto capitoli, di circa un’ora l’uno, dedicati a diversi ambienti naturali, come i mondi congelati, le giungle, le acque costiere, i deserti, le foreste, il mare aperto e gli oceani. Nella serie si parla anche dei rischi e dei danni causati dall’attività umana sugli ambienti naturali e della sfida per difendere e salvaguardare il nostro pianeta. Oltre agli otto episodi, la serie si compone di un’interessante sezione che racconta come sono state realizzate alcune scene con particolari tecnologie. La serie è stata realizzata in collaborazione con WWF e Netflix, dove è disponibile in versione doppiata in lingua italiana.

Foto di copertina: Pianeta Terra dallo Spazio © Vadimsadovski NASA


= letteralmente, buona vita.

67 Editoriale

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Simulazione energetica dinamica con ICARO, parte 1.

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Acustica - pianificazione e gestione

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del rumore di cantiere. Progetto SINFONIA, il risanamento energetico

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su scala europea. Analisi integrata delle prestazioni termiche e

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meccaniche delle murature storiche. Basta rispettare le prescrizioni di legge

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per ottenere comfort acustico abitativo? Isolamento di unità abitative per

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cambio di destinazione d’uso. Il BIM come approccio al progetto

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architettonico a 360°.

Software ANIT

Sviluppato da TEP s.r.l.

ICARO 1.0

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ANIT

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Strumenti per i Soci ANIT

Simulazione dinamica oraria degli edifici secondo UNI EN ISO 52016-1:2018 L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Fondatore Sergio Mammi


A b b o n a r s i

si può. Stampato su carta prodotta con cellulose senza cloro-gas nel rispetto delle normative ecologiche vigenti.

Vignetta di Sergio Mammi, Fondatore ANIT.

Hanno collaborato:

Info e abbonamenti: press@anit.it

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TEP srl Conto corrente presso Banca Popolare Commercio & Industria IBAN IT 20 B050 4801 6930 0000 0081 886 Indicare come causale: abbonamento 4 numeri neo-Eubios.

ISSN 1825-5515

Marco Arquati, Andrea Cerniglia, Martina Demattio, Research and development Agenzia CasaClima, Bolzano. Enrico Genova, ricercatore presso l’ENEA, cultore di Architettura tecnica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo. Calogero Vinci, ricercatore di Architettura tecnica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo. Eleonora Abbate, dottoressa in Ingegneria edile-Architettura. Giulia Catalano, dottoressa in Ingegneria edile-Architettura. Giovanni Dibennardo, Socio ANIT. Neo-Eubios Matteo Bellè, Marco Caniato, Affiliazione: Università di Trieste, abbonamento annuale Dipartimento di Ingegneria e Architettura. 4 numeri: 24 € Matteo Borghi, Esperto ANIT. Per abbonarsi con bonifico bancario, Giorgio Galbusera, Esperto ANIT. effettuare versamento a: Valeria Erba, Presidente ANIT.

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墌 Il numero 65 è on-line su www.anit.it

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Trimestrale N°65 - Anno XIX - Settembre 2018 - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano

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EDITORIALE

Tuttavia sono gli anni ’90 quelli che veramente introducono una svolta nel settore dell’isolamento termico e acustico in edilizia con la Legge 10 del 1991 sull’efficienza energetica e il DPCM del 5 dicembre 1997 che propone per la prima volta delle prestazioni limite sui requisiti acustici degli edifici. L’evoluzione normativo legislativa dei due settori di competenza di ANIT è stata molto differente. Il concetto del rispetto dell’ambiente dal punto di vista delle risorse energetiche e di inquinamento legato al riscaldamento globale è uno dei temi più discussi a livello mondiale e negli ultimi 20 anni ha subito uno sviluppo normativo legislativo molto articolato. Oggi le richieste vengono dalle piazze e dai ragazzi che sempre di più sentono che stanno perdendo il controllo sulla propria vita per colpa dei loro stessi antenati. Il concetto di sostenibilità che è stato introdotto nel corso della prima conferenza ONU sull’ambiente nel 1972, è proprio il tema di discussione di oggi, infatti con sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. Resta inatteso tutto quanto concerne invece il comfort acustico, una legge che vige dal 1998 ma che non ri-

Nel 1984 solo alcuni illuminati cominciavano a parlare di rispetto dell’ambiente, di risparmio energetico e di comfort abitativo, questi argomenti erano ancora lontani dagli interessi politici pubblici e privati. L’Ing. Sergio Mammi, l’Ing. Marco Curioni e l’Arch. Federico Bollinger-Zambetti 35 anni fa fondavano un’associazione per quegli anni futuristica. Il 6 marzo 1984 nasce infatti l’ANIT: associazione nazionale per l’isolamento termico e acustico. Tra gli anni ’60 e ’90, dopo il boom economico del dopo guerra, le condizioni di vita erano molto favorevoli e l’edilizia era uno dei settori più importanti come sviluppo e vendite. Tutti erano in grado di acquistare un bene immobile e a gestirlo anche a livello energetico. A seguito delle crisi petrolifere di fine anni ’70 nasce la prima legge relativa al consumo energetico in edilizia, la legge 30 aprile 1976, n. 373. Questa legge regolava non solo le caratteristiche di prestazione dei componenti, la installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari, ma altresì le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali fosse prevista l’installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti.

colonna sonora North Of The Wall - Goodbye Brother - The Kingsroad - Love In The Eyes Things I Do For Love - A Golden Crown - Winter Is Coming - A Bird Without Feathers The Pointy End - You’ll Be Queen One Day by Ramin Djawadi for Music from HBO Series, “Game of Thrones” 2011

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centuale è in aumento. Già negli anni ’80, dal 1980 al 1990, la percentuale di popolazione esposta durante le 24 ore a livelli di rumore al di sopra di 65 dB LAeq è passata dal 15% al 26%. Troppo spesso anche oggi si sente parlare di fatti di cronaca nera legati al disturbo da rumore. Per questi e tanti altri motivi ANIT lavora da ormai 35 anni con l’obiettivo di definire con legislatore, mondo industriale e mondo professionale delle regole valide e applicabili per il rispetto dell’ambiente e del comfort e di tutelare gli utenti sulla correttezza delle informazioni sul mercato e la progettazione e realizzazione a regola d’arte.

esce ad essere veramente applicata e resa stabile. Il disturbo da rumore a nostro parere non può essere sempre il fanalino di coda rispetto agli altri criteri, l’ultima delle priorità laddove il rumore è uno dei fattori ambientali su cui si registra dal 1992, un aumento della sensazione di fastidio (annoyance), segnalata attraverso i reclami della popolazione. C’è una notevole evidenza scientifica degli effetti del rumore sulla comunicazione, sul sonno e sull’umore, sulla capacità di apprendimento a scuola dei bambini, sull’apparato cardiovascolare, sulla diminuzione dell’udito e sulla stabilità psichica. Una larga percentuale di popolazione in Europa è esposta a livelli inaccettabili di rumore e questa per-

Valeria Erba, Presidente ANIT

Ritagli di periodici di settore (COSTRUIRE e IL GIORNALE DELL’INGEGNERE) che riportano la notizia della costituzione di ANIT al Presidente Fondatore nel 1985.

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SIMULAZIONE ENERGETICA DINAMICA CON ICARO PARTE 1 dati climatici e gestione delle zone termiche di * Giorgio Galbusera

ICARO è il software ANIT distribuito da gennaio 2019 per la simulazione energetica dinamica oraria degli edifici in accordo con la norma UNI EN ISO 52016-1:2018. Si tratta di un vero e proprio software di simulazione dinamica utilizzabile per: • il calcolo in regime dinamico del fabbisogno energetico d’involucro per i servizi di riscaldamento e raffrescamento, • l’analisi del comfort estivo in condizioni free running o in presenza di impianti, • lo studio della temperatura operante per la valutazione del requisito estivo dei CAM (Criteri Ambientali Minimi), • la valutazione delle potenze necessarie al mantenimento delle temperature di progetto per il riscaldamento e raffrescamento, • lo studio della riduzione del fabbisogno energetico grazie al contributo di una serra, • l’analisi dell’efficacia della ventilazione notturna, • la progettazione e verifica delle schermature fisse.

Software ANIT

ICARO 1.0 Simulazione dinamica oraria degli edifici secondo UNI EN ISO 52016-1:2018 L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Si capisce quindi perché diventa interessante per tutti iniziare a prendere dimestichezza con la simulazione dinamica. Il software ICARO può essere scaricato dal sito ANIT e utilizzato gratuitamente per 30 giorni. Nel caso di interesse l’uso continuativo del software è fornito con l’attivazione di una quota “Socio Individuale Più”. Di seguito riportiamo alcuni passaggi del manuale di ICARO con la descrizione delle schermate relative alla gestione dei dati climatici e delle zone termiche.

È bene ricordare che oggi il ricorso a una simulazione dinamica non è obbligatorio, ovvero la legge italiana ora come ora non impone il calcolo dinamico – il riferimento “ufficiale” infatti resta il metodo semi-stazionario medio mensile descritto dalle norme UNI/TS 11300. Sembra però che gli aggiornamenti legislativi e normativi in arrivo nei prossimi anni introdurranno il metodo dinamico descritto dalla norma UNI EN ISO 52016-1 tra i possibili strumenti di analisi, o addirittura lo indicheranno come l’unico metodo da adottare per il calcolo dei fabbisogni energetici degli edifici.

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Sviluppato da TEP s.r.l.

Modelli di calcolo ICARO si basa sulla norma UNI EN ISO 520161 «Prestazione energetica degli edifici – Fabbisogni energetici per riscaldamento e raffrescamento, temperature interne e carichi termici sensibili e latenti – Parte 1: Procedure di calcolo». Il software consente di calcolare fabbisogni, temperature e carichi in simulazione energetica dinamica per più zone termiche e con dati di ingresso variabili nel tempo come indicato in tabella.

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Risultati

Calcolo dei fabbisogni energetici per riscaldamento e raffrescamento

Presente

Calcolo della temperatura dell’aria interna, temperatura operante e

Dati climatici

Gestione zone

Analisi comfort

Profilazione utenza

temperatura media radiante

Presente

Calcolo dei carichi termici sensibili

Presente

Calcolo dei carichi termici latenti

Non presente

Utilizzo banca dati oraria UNI 10349

Presente

Utilizzo dati utente

Presente

Calcalo singola zona

Presente

Calcalo multi zona

Presente

Calcolo aggregato di più zone

Presente

Dispersioni verso il terreno

Non presente

Analisi secondo UNI EN 15251 - Modello adattivo

Presente

Analisi secondo UNI EN ISO 7730 - Indici PPD e PMV

Non presente

Temperatura set point variabile

Presente

Gestione carichi interni variabili

Presente

Potenze di riscaldamento e raffrescamento variabili

Presente

Dati climatici La schermata “Dati climatici” (figura 1) presenta le informazioni climatiche della località selezionata (A e B) a partire dalla scelta della fonte di riferimento, ovvero la norma UNI o i dati forniti dall’utente. Le informazioni visualizzate riguardano alcuni dati geografici e climatici generali (C) e i valori medi mensili ricavati dai dati orari caricati (D). È possibile anche visualizzare graficamente il dettaglio dell’andamento orario di alcuni parametri attraverso i grafici della sezione (E).

Interfaccia con i software ANIT ICARO può essere utilizzato in coordinamento con gli altri software della suite ANIT. In particolare la descrizione degli elementi d’involucro può essere facilitata tramite una condivisione delle informazioni tecniche con i software: • PAN per le strutture opache (pareti, solai, coperture, pavimenti); • APOLLO per le strutture trasparenti (finestre, portefinestre, chiusure tecniche); • IRIS per i ponti termici (analizzati agli elementi finiti).

È possibile selezionare la fonte dei dati climatici scegliendo tra: • UNI 10349:2016, • Importazione utente.

In alternativa è possibile richiamare i file creati con LETO per importare la descrizione sia degli elementi disperdenti che delle zone termiche.

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Figura 1: schermata per la selezione dei dati climatici

Nel primo caso si richiamano i dati climatici (orari e mensili) dei capoluoghi di provincia italiani in accordo con la norma UNI 10349:2016. Si tratta della stessa fonte utilizzata per il calcolo secondo UNI/TS 11300 ai fini della certificazione energetica e del rispetto dei requisiti minimi di legge (DM 26/6/2015). Nel secondo caso si può caricare un file climatico preparato dall’utente contenente le informazioni necessarie al calcolo in regime dinamico orario.

re, umidità relativa esterna, irradiazione sul piano orizzontale, orientata e diffusa. La selezione del comune modifica il valore di altitudine sul livello del mare e conseguentemente: • i valori di temperatura e pressione di vapore, • il valore di gradi giorno per la località. La selezione della seconda provincia di riferimento serve per modificare i dati climatici della località: secondo UNI 10349:2016 la selezione di una seconda provincia diversa dalla prima serve per sostituire i dati climatici della località per tutti i valori climatici.

Dati in accordo con UNI 10349:2016

Dati importati dall’utente

La selezione della provincia di appartenenza richiama i dati climatici provinciali della norma UNI 10349:2016. I dati riguardano i valori orari annuali di temperatura dell’aria esterna, pressione di vapo-

L’utente può caricare un file climatico in formato Excel contenente le informazioni della località desiderata. Una volta importato il file, la località viene memorizzata con il nome indicato dall’utente e può

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• la radiazione totale orizzontale espressa in W/m2.

essere richiamata semplicemente dalla tendina. Le località create possono essere eliminate dal comando “Gestisci località utente”.

Con queste informazioni il software è in grado di calcolare i restanti dati climatici. In alternativa l’utente può caricare un file climatico completo contenente per ogni ora dell’anno oltre ai dati obbligatori sopra citati anche: • la radiazione diffusa [W/m2], • la radiazione diretta orizzontale [W/m2], • la radiazione sulle superfici verticali per i diversi orientamenti [W/m2].

Per l’importazione in ICARO il file climatico: • deve essere preparato in formato .xls o .xlsx, • deve contenere dati orari di un intero anno (8760 valori) riportati in colonna, • deve esprimere i valori con le unità di misura richieste da ICARO, • può utilizzare come segno di separazione per i decimali sia il punto che la virgola.

Infine il file climatico può contenere anche ulteriori informazioni riguardanti: • la pressione esterna [Pa], • l’umidità relativa esterna [%], • la velocità del vento [m/s]. Nell’attuale versione di ICARO questi dati sono facoltativi e non sono utilizzati nel calcolo, verranno presi in considerazione quando sarà implementato il calcolo dei fabbisogni latenti e l’analisi avanzata delle dispersioni attraverso i vespai aerati.

A titolo di esempio nel file .zip scaricabile dal sito ANIT per installare ICARO sono stati predisposti due file climatici denominati LocalitàA.xls e LocalitàB.xlsx da prendere a modello per la creazione dei propri file climatici. I dati minimi necessari al calcolo in regime dinamico orario sono: • la latitudine e longitudine della località espressa in gradi e minuti, • il fuso orario UTC della località (necessario per valutare l’ora solare effettiva nel calcolo delle radiazioni verticali per i vari orientamenti), • la temperatura dell’aria esterna espressa in °C,

Il comando “Visualizza dati climatici” apre una finestra di dialogo per visualizzare l’andamento della temperatura dall’aria esterna e della radiazione diffusa, diretta e totale. Lo strumento è utile per verificare graficamente il file climatico (completezza dei dati) oppure per analizzare i dati per determinati periodi dell’anno.

Gestione delle zone termiche

Figura 2: tabella di selezione delle informazioni per la creazione di un file climatico utente

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Figura 3: Esempio di andamento della temperatura dell’aria esterna per l’intero anno. La linea più spessa rappresenta l’oscillazione medio del parametro visualizzato

Figura 4: Esempio di andamento del profilo della temperatura dell’aria esterna dall’1 al 15 agosto. La linea più spessa rappresenta l’oscillazione media della temperatura.

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Figura 5: Esempio di visualizzazione della disponibilità di radiazione totale per un intero anno espressa in W/m2 per l’orientamento selezionato (in questo caso est).

Figura 6: Esempio di visualizzazione della radiazione totale disponibile sul piano orizzontale nei primi giorni di luglio. La linea piĂš spessa rappresenta il valore medio della radiazione in questo periodo.

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Figura 7: schermata per la gestione delle zone termiche Le strutture opache sono analizzate attraverso uno schema RC (resistenze-condensatori) ridotto a 5 nodi che sintetizza i possibili fenomeni resistivi (resistenza termica) e capacitivi (accumulo/rilascio energetico nel tempo) in atto.

La schermata “Gestione zone” si può impostare il modello di calcolo (A), il numero di zone termiche per l’analisi di fabbisogno o di comfort (B) e l’indicazione sulle misure inserite (esterno o interne) (C). Con la selezione del modello di calcolo si identifica il riferimento normativo da utilizzare, ovvero: • UNI EN ISO 52016 Appendice Nazionale, • oppure EN ISO 52016 Par. 6.5.

Per l’utente significa che ogni struttura opaca deve essere descritta attraverso: • la trasmittanza termica espressa in W/m2K, • la capacità termica totale della struttura espressa in kJ/m2K, • l’informazione sulla distribuzione della massa scegliendo tra: 1. concentrata sul lato interno, 2. concentrata sul lato esterno, 3. divisa sul lato interno ed esterno, 4. equamente distribuita, 5. concentrata all’interno della struttura.

I due modelli propongono due differenti schemi per l’analisi delle strutture opache. Questi modelli sono finalizzati al calcolo dei fenomeni di trasmissione e accumulo energetico di tutte le strutture opache che compongono l’involucro edilizio. Modello secondo EN ISO 52016 Par. 6.5 (Figura 8)

Figura 8: EN ISO 52016 Par. 6.5 - Schema RC a 5 nodi per la descrizione di una struttura opaca.

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Figura 9: UNI EN ISO 52016 App. Naz. Schema RC a n nodi per la descrizione di una struttura opaca. mata “Elementi disperdenti – Elemento opachi” attraverso l’importazione di stratigrafie note dal software PAN o dalla norma UNI TR 11552.

Con ICARO questa selezione è gestita nella schermata “Elementi disperdenti – Elemento opachi”. UNI EN ISO 52016 Appendice Nazionale (Fig. 9)

Una volta individuato il metodo di calcolo si procede alla descrizione delle zone termiche. Si parte dalla creazione dell’elenco delle zone termiche da utilizzare nella simulazione dinamica. Si tratta di un elenco senza distinzione tra zone riscaldate/raffrescate e zone prive di impianto.

Il progetto di norma che prevede la stesura dell’Appendice Nazionale alla norma UNI EN ISO 52016 propone uno schema RC più dettagliato rispetto al modello europeo: il numero di nodi non è fisso e uguale a 5, ma varia in funzione delle caratteristiche di ogni struttura. Questo significa che non serve identificare la posizione della massa rispetto ai 5 schemi predefiniti sopra descritti perché l’utente è tenuto a descrivere nel dettaglio l’intera stratigrafia. Ovvero per ogni struttura opaca sono necessarie informazioni su posizione, spessore, conduttività termica, calore specifico e densità di ogni materiale presente. Con ICARO questa selezione è gestita nella scher-

L’obiettivo è identificare con un nome tutte le zone termiche che: • sono oggetto di studio, ovvero le zone per le quali interessa l’analisi di fabbisogni, temperature, ecc. • possono influenzare la simulazione dinamica, ovvero ambienti confinanti con le zone di studio (come ad esempio un sottotetto, un vano scala, una serra, ecc.).

Esempio 1 L’edificio in esame è schematizzabile con un’unica zona termica. Dalla schermata “Gestione zone” si inserisce la voce ZONA TERMICA 1.

Esempio 2 L’edificio si compone di due zone termiche: una riscaldata (1) e una senza impianto (2). Dalla schermata “Gestione zone” si inseriscono entrambe le voci (ZONA TERMICA 1 e ZONA TERMICA 2) perché la presenza della zona 2 è utile allo studio del comportamento energetico della zona 1.

Figura 10: esempi di schematizzazione dei nodi della zona termica

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• valutazione semplificata: si crea un elemento trasparente richiamando le informazioni precalcolate in accordo con UNI/TS 11300-1; • serramento precalcolato (software APOLLO): si richiama un elemento precedentemente salvato nel database ANIT attraverso il software APOLLO.

Importante: Per ogni zona termica creata: • le temperature di set point di riscaldamento e raffrescamento sono gestite dalla schermata “Involucro – zone termiche”; • la presenza di impianti e la loro potenza è definita dalla schermata “Involucro – zone termiche – calcola”;

Per ogni struttura trasparente è possibile indicare la tipologia di chiusura oscurante ai fini del miglioramento della trasmittanza termica media del serramento (Ucorr) e di schermature mobili ai fini della valutazione del coefficiente ggl+sh (pari a ggl,n per il fattore di riduzione delle schermature). Il dato di ggl+sh è editabile o richiamato direttamente se calcolato con software APOLLO.

Descrizione degli elementi disperdenti Gli elementi disperdenti si distinguono in “Elementi opachi”, “Elementi trasparenti” e “Ponti termici”. La descrizione degli elementi disperdenti rappresenta l’abaco delle strutture e dei ponti termici da utilizzare per la descrizione della zona termica. Elementi opachi La creazione degli elementi opachi può essere fatta cliccando su “Aggiungi” o importando un intero progetto salvato precedentemente con il software PAN. Nel caso di creazione di un singolo elemento col tasto “Aggiungi” la finestra di dialogo prevede 2 opzioni di inserimento: • stratigrafia utente (software PAN): si richiama un elemento precedentemente salvato nel database ANIT attraverso il software PAN; • UNI TR 11552: si richiama un elemento tra quelli proposti dalla norma. Le stratigrafie elencate sono state ricalcolate per conoscere anche i valori di capacità termica e trasmittanza termica periodica.

Ponti termici La creazione dei ponti termici può essere fatta cliccando su “Aggiungi” o importando un intero progetto salvato precedentemente con il software IRIS. Nel caso di creazione di un singolo ponte termico col tasto “Aggiungi” la finestra di dialogo prevede 2 opzioni di inserimento: • dato noto: si inseriscono i dati sintetici del ponte termico; • ponte termico precalcolato (software IRIS): si richiama un ponte termico precedentemente salvato nel database ANIT attraverso il software IRIS. I valori importati dal software IRIS sono relativi alle misure esterne o interne. Nel modello di calcolo il ponte termico è trattato solo come elemento disperdente senza capacità termica.

Per ogni struttura opaca è necessario indicare se è un soffitto, parete o pavimento, se è una chiusura tecnica opaca/cassonetto, se esterna (e quindi soggetta a irraggiamento solare e a dispersioni per irraggiamento verso la calotta celeste). In base al metodo di calcolo selezionato nella schermata “Gestione zone” può essere necessario anche identificare la “Distribuzione della massa nella stratigrafia”.

Fine della parte 1 In questo articolo abbiamo descritto le funzioni di base di ICARO per la selezione dei dati climatici, la creazione delle zone termiche e l’inserimento delle strutture disperdenti. Nel prossimo numero pubblicheremo la Parte 2 dall’articolo con una guida alla gestione dei dati di input necessari alla simulazione. Ricordiamo che per chi vuole cimentarsi con il software è possibile scaricare una versione di prova dalla pagina https://www.anit.it/icaro/

Elementi trasparenti La creazione degli elementi trasparenti può essere fatta cliccando su “Aggiungi” o importando un intero progetto salvato precedentemente con il software APOLLO. Nel caso di creazione di un singolo elemento col tasto “Aggiungi” la finestra di dialogo prevede 3 opzioni di inserimento: • dato noto: si inseriscono i dati sintetici dell’elemento trasparente;

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* Giorgio Galbusera, Esperto ANIT.

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ACUSTICA - PIANIFICAZIONE E GESTIONE DEL RUMORE DI CANTIERE di * Marco Acquati, Andrea Cerniglia

disagio dei cittadini più sopportabile. La nuova norma UNI 11728 è stata sviluppata in quest’ottica: agire su più fronti e ambiti per garantire che gli effetti del disturbo da rumore siano minimizzati e responsabilizzare chi ha in gestione il cantiere perché è lui il soggetto che più di altri può operare perché la gestione del rumore abbia i successi sperati.

Il rumore causato da un cantiere è spesso elevato, impulsivo e incontrollato, tutti elementi che lo rendono difficilmente tollerabile. In effetti, alcuni eventi rumorosi di cantiere accadono inaspettatamente e imprevedibilmente, causando l’interruzione o il disturbo delle attività che si stanno svolgendo nel proprio appartamento, siano esse anche semplicemente la lettura di un libro o l’ascolto della radio. D’altra parte è da riconoscere che l’ipotesi di un cantiere ‘silenzioso’ è chiaramente non perseguibile. La generazione di elevati livelli di rumore da parte di un cantiere è conseguenza diretta e necessaria delle lavorazioni che lì si svolgono. Soprattutto nei casi in cui il cantiere è molto vicino alle costruzioni, quali gli ambiti urbani, il rumore può raggiungere livelli ben al di sopra di quelli a cui le persone erano abituate prima dell’apertura del cantiere. Fra le operazioni di cantiere più rumorose, si possono citare: le demolizioni, la battitura di pali e lo scavo di fondazioni. Per queste operazioni è pressoché impossibile progettare dei sistemi di mitigazione che permettano di rispettare i livelli di rumore preesistenti al cantiere. Pertanto, deve essere impegno e responsabilità di chi genera il rumore mettere in campo tutte le azioni perché il rumore non solo sia di livello più basso possibile, ma anche più facilmente tollerabile. Per questo motivo, l’impatto da rumore di un cantiere deve essere oggetto di un’adeguata ‘gestione’ che programmi, porti avanti e controlli tutti gli strumenti e le procedure per rendere il

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Ambiti di gestione del rumore di cantiere Il rumore generato da un cantiere può raggiungere livelli ai quali le persone non sono solitamente abituate. Allo stesso tempo non è possibile mitigare interamente il rumore generato, portandolo auspicabilmente ai livelli ante-operam. Le misure mitigative che si possono mettere in atto sono svariate e nessuna di esse interamente risolutiva. È quindi necessario scegliere delle misure compensative. Come prima operazione, si deve prevedere un adeguato piano della comunicazione, per permettere alle persone di conoscere la durata del disturbo al quale saranno sottoposte. È infatti più che noto che se il disturbo viene ben definito sia in termini di intensità che di durata, i disturbati sono più disposti a tollerarlo. La norma UNI 11728 definisce in modo circostanziato le modalità con le quali realizzare una buona comunicazione di cantiere relativamente al rumore. Il rumore deve essere fatto conoscere, trovando tutti i mezzi più efficaci, e al contempo riconoscendo che il linguaggio può fare la sua parte. Infatti, l’uomo della strada può ignorare il significato di ‘decibel’.

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macchinari in commercio che sono più o meno rumorosi. La politica di gestione del cantiere e di approvvigionamento delle attrezzature dovrà tenere conto di questo fatto. La norma UNI 11728 impone che i responsabili di cantiere diano evidenza di aver fatto un’indagine di mercato e di aver valutato la scelta più opportuna in termini di rumorosità e di risparmio economico. Anche chi opera all’interno del cantiere deve conoscere i modi per far sì che il rumore venga contenuto il più possibile. Tante volte il disturbo maggiore si ha per operazioni svolte in modo estemporaneo e senza particolare attenzione al disturbo che possono generare. Per esempio, la caduta di oggetti metallici dall’alto è sicuramente un’operazione che genera livelli di picco che per un ricettore possono anche essere percepiti come superiore ai 100 dB. Ma tale operazione può essere evitata attraverso un approccio attento, basato su una formazione adeguata. Per questo motivo, la UNI 11728 tratta, tra i vari ambiti, le modalità con le quali i gestori del cantiere avviino una formazione corretta e completa nei confronti dei propri operatori. La formazione deve avere anche lo scopo di istruire sulle modalità corrette di montaggio delle mitigazioni. Infine, l’ultimo ambito che viene trattato dalla norma è il monitoraggio. Scopo del monitoraggio è accertare che: • i livelli stimati siano garantiti; • sia riscontrabile un miglioramento continuo nei livelli di rumore generati; • le mitigazioni scelte siano efficaci; • siano rispettati i limiti di legge o i limiti autorizzati in deroga. Anche il monitoraggio è messo in carico al gestore del cantiere perché solo lui può conoscere correttamente i punti dove ci saranno le lavorazioni più impattanti e quindi dove è più necessario svolgere il monitoraggio. Il monitoraggio dovrà avere cadenza e durata adeguate a garantire che vengano colte le situazioni più impattanti relativamente al punto di monitoraggio individuato e per ciascuna delle fasi di lavorazione oggetto di valutazione previsionale.

Ciononostante, le reazioni delle persone al rumore dipendono da tanti fattori, alcuni dei quali legati alle ripercussioni economiche che il rumore può avere e alle destinazioni d’uso dei locali impattati dal cantiere. Per esempio, se un cantiere è attivo dal lunedì al venerdì nelle sole ore normali di lavoro, un ricettore che in quegli intervalli di tempo è lontano da casa per il proprio lavoro nei fatti non si accorge della presenza di un cantiere. Se invece un cantiere opera in prossimità di un ospedale il disagio creato può essere ben diverso. Ogni ricettore in prossimità del cantiere deve essere considerato come un portatore di interesse (stakeholder) che, in conseguenza del disturbo ricevuto, può interferire, più o meno efficacemente, con lo svolgimento delle lavorazioni del cantiere. Per questo tutti i ricettori devono essere censiti in base alla loro sensibilità. Tra i più sensibili rientrano gli edifici per i quali il silenzio è un elemento fondamentale per la loro fruizione. La norma UNI 11728 stabilisce in che modo deve essere fatto il censimento dei ricettori e anche come bisogna comportarsi nei confronti dei ricettori che risultano più sensibili. Per conoscere quali effetti avrà il rumore, occorre svolgere una modellazione con un software previsionale. La realtà di un cantiere può presentare sorgenti di diverso tipo e mobili all’interno dell’area di cantiere, con il risultato che talvolta i macchinari possono impattare maggiormente presso un ricettore e talvolta presso un altro. La modellazione ben fatta deve tenere conto di questi aspetti e deve anche valutare preventivamente l’efficacia che le diverse misure mitigative possono avere. Il riferimento per l’impatto è il clima acustico ante-operam. Il cantiere è tenuto, per quanto possibile, a non alterare significativamente il rumore ambientale pre-esistente. Nelle operazioni di modellazione si avrà quindi un quadro completo di quanto il rumore disturberà e di quanto è ragionevolmente possibile fare per ridurlo. Nell’ambito della riduzione del rumore giocano un ruolo importante anche i macchinari che vengono scelti a operare nel perimetro del cantiere. A parità di prestazione esistono

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valutazione e eventuale approvazione. Il documento dovrà raccogliere le analisi e le pianificazioni fatte nei diversi ambiti sopraesposti. La norma è scritta per operare in un ambito di relazione Committente-Appaltatore. Sebbene il responsabile in primis per la redazione di questo documento sia il responsabile del cantiere, ovvero l’Appaltatore, la norma è parecchio precisa nei contenuti di questo documento, in modo tale da evitare che l’Appaltatore svolga un lavoro slegato dalla realtà o che trova riscontro solo nel proprio personale interesse. Inoltre, la norma stabilisce anche quali sono le responsabilità del Committente, il quale non solo deve supervisionare sul lavoro svolto dall’Appaltatore nel rispetto della norma, ma deve anche stabilire alcuni parametri aggiuntivi che la norma non fissa. Infine, la norma fornisce delle indicazioni per scalare i processi in funzione delle dimensioni e della durata del cantiere.

Integrazione degli ambiti e processi di miglioramento Questa trattazione permette di comprendere che la gestione del rumore, per essere efficace, non può essere lasciata all’improvvisazione. Per di più non può limitarsi a trattare un solo aspetto, per esempio, solo il monitoraggio, o solo le mitigazioni. Tutto deve essere trattato in modo integrato, cercando di pianificare in anticipo tutte le attività da farsi nei vari ambiti, valutando le risorse e i tempi a disposizione e prevedendo opportune compensazioni negli ambiti dove non è possibile dare sufficiente copertura. Inoltre, visto che un cantiere è tipicamente un ambito mutevole e soggetto a un certo livello di imprevedibilità, il processo deve essere nel complesso iterativo e incrementale. Per questi motivi, l’approccio che viene seguito nella norma intende usare come punto focale la redazione di un documento di pianificazione (Documento di gestione integrata del rumore o PGRUM), il quale dovrà contemplare l’analisi dei vari ambiti nei quali è possibile intervenire per contenere il disturbo o per renderlo quantomeno più tollerabile alla popolazione. Gli ambiti sono, come detto: Classificazione e gestione dei ricettori; Formazione degli operatori; Scelta preferenziale di macchinari silenziosi; Valutazioni previsionali di impatto e scelta eventuale delle mitigazioni; Monitoraggio del rumore; Comunicazione. Fare integrazione significa bilanciare obiettivi e bisogni dei cittadini con gli obbiettivi e i bisogni del cantiere, spesso in contrapposizione fra loro, attraverso un’attività continua di verifica e omogeneizzazione. Si pensi ad esempio all’integrazione di un piano di monitoraggio con un piano della comunicazione, che deve trattare i dati del monitoraggio. Spesso tale integrazione ha bisogno di più passaggi e più approvazioni in un’ottica di feedback iterativo. Questo processo crea il Piano di gestione integrata del rumore di cantiere, documento che definisce come tutto l’aspetto del disturbo da rumore verrà pianificato, eseguito, controllato e chiuso. Il documento dovrà essere redatto dai tecnici preposti dell’impresa, validato dai responsabili e trasmesso ufficialmente al Committente per

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Applicazione all’ambito legislativo nazionale La norma si sviluppa comunque coerentemente con l’approccio seguito ai regolamenti e decreti nazionali e locali. Indubbiamente la norma si propone di costituire un riferimento per tutte le amministrazioni locali che si trovano per la prima volta a gestire un grosso cantiere, molto rumoroso, sul proprio territorio. L’amministrazione locale potrebbe impiegare la norma per dare le adeguate prescrizioni. Come minimo si potrebbe chiedere lo sviluppo e l’emissione del documento Piano di gestione integrata del rumore di cantiere, nel rispetto di quanto indicato dalla norma. Infine, l’appendice dà alcune indicazioni generali su come predisporre un’istanza di “Autorizzazione in deroga” ai sensi della Legge 447/95. * Marco Acquati, MM Spa. Andrea Cerniglia, ACCON Italia srl.

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PROGETTO SINFONIA, IL RISANAMENTO ENERGETICO SU SCALA EUROPEA. di * Martina Demattio

Dal 2014, l´Agenzia per l´Energia Alto Adige – CasaClima è partner del progetto europeo SINFONIA, un’iniziativa per attivare nelle città europee di medie dimensioni soluzioni energetiche estese, integrate e scalabili. Al centro del progetto si colloca la collaborazione tra le città di Bolzano e Innsbruck, che lavorano fianco a fianco per conseguire un risparmio di energia primaria tra il 40 e il 50%, aumentando la quota di fonti rinnovabili del 20% nei due distretti pilota.

• Proprietario dell’edificio IPES-WOBI Istituto di edilizia sociale della Provincia Autonoma di Bolzano • Nome e Indirizzo Via Similaun 10, 12, 14 - Quartiere Don Bosco (BZ) • Progetto architettonico Area Architetti Associati - Bolzano Arch. Andrea Fregoni - Arch. Roberto Pauro • Progetto impiantistico Brescia2progetti SRL - Brescia - Ing. Dario Ferrari • Responsabile Unico del Procedimento Arch. Alessandro Teti, IPES

Più di 20 partner - tra cui EURAC Research, IDM, Alperia, Comune di Bolzano e IPES - stanno lavorando insieme per pianificare e realizzare interventi che renderanno le due città più sostenibili dal punto di vista energetico e ambientale. Gli interventi riguardano in particolare il risanamento energetico di grandi complessi di edilizia sociale, l’ottimizzazione della produzione e della distribuzione di calore, l’introduzione di smart points intelligenti per monitorare l’ambiente. Saranno testate soluzioni innovative e il modello sviluppato nei due capoluoghi potrà essere replicato da altri centri europei. In particolare cinque città hanno già scelto di intraprendere questo percorso una volta concluso il progetto Sinfonia: sono Borås in Svezia, Siviglia in Spagna, La Rochelle in Francia, Paphos a Cipro, Rosenheim in Germania. Vi presentiamo l’intervento di un condomino dell’Istituto di edilizia sociale della Provincia Autonoma di Bolzano. La particolarità di questi interventi di ristrutturazione pesante è data dal fatto che gli inquilini non sono stati costretti ad abbandonare per il periodo dei lavori le loro case.

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• Descrizione L’edificio è situato nell’area della città di Bolzano definita nel PUC come zona di espansione C2 Unico complesso costituito da 3 vani scala e 59 appartamenti, edificato a metà degli anni ‘80 all’interno di un contesto densamente urbanizzato

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PRIMA DELLA RISTRUTTURAZIONE • Caratteristiche dell’edificio Struttura in setti murari e solai in calcestruzzo pieno gettato in opera • Involucro della costruzione Pareti esterne in cemento (coibentato con 5 cm di EPS) e blocchi di argilla espansa - U = 0,59 – 1,06 W/m2K Tetto in calcestruzzo pieno gettato in opera con 10 cm di isolamento termico in EPS: - U = 0,44 W/m2K Solaio verso porticato con piloti in calcestruzzo pieno gettato in opera con 4 cm di isolamento termico in EPS - U = 0,41 W/m2K • Serramenti: - Doppio vetro: Ug = 3,1 W/m²K - Telaio in legno: Uf = 2,0 W/m²K - Distanziale in alluminio • Prestazioni energetiche dell´involucro 176 kWh/m²a (Classe G CasaClima) • Impiantistica Sottosistema di generazione del riscaldamento: sei caldaie alimentate a gas naturale Sottosistema di distribuzione del riscaldamento: centralizzato, costituito da colonne montanti (una per ogni vano scale) e da un sistema di distribuzione orizzontale che fornisce ogni appartamento Sottosistema di emissione: radiatori Sottosistema di distribuzione dell’acqua calda sanitaria: distribuzione con un sottosistema centralizzato dedicato

Credits: Area Architetti Associati CONCETTO DI RISTRUTTURAZIONE • Soluzioni energetiche per l´involucro - Coibentazione termica della facciata dell’edificio con pannelli di lana di roccia da 20 cm - Coibentazione del solaio sul porticato in piloti con 20 cm di lana di roccia - Coibentazione del tetto esistente con 25 cm di polistirene estruso - Sostituzione di tutti i serramenti esterni - Coibentazione termica dei balconi ed installazione di un nuovo sistema di facciata modulare • Involucro della costruzione Pareti esterne: U = 0,14-0,19 W/m2K Solaio verso porticato in piloti: U = 0,19 W/m2K Tetto: U = 0,15 W/m2K Serramenti: - Doppio vetro: Ug = 0,9 W/m2K - Telaio in PVC: Uf = 1,1 W/m2K • Durata dei lavori 16 Mesi • Prestazioni energetiche dell´involucro < 25 kWh/m²a (Classe A CasaClima) • Soluzioni energetiche impiantistiche - Sottosistema di generazione: dismissione delle caldaie a gas esistenti e collegamento alla rete di teleriscaldamento alimentata dall’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti di Bolzano - Sottosistema di distribuzione: mantenimento delle linee di riscaldamento e acqua sanitaria per gli alloggi abitati, utilizzate dagli abitanti anche durante i lavori di ristrutturazione - Sottosistema di emissione: mantenimento dei radiatori negli appartamenti esistenti abitati; installazione di un sistema di riscaldamento radiante a pavimento negli alloggi esistenti vuoti rinnovati

• Immagini esistente

Credits: Area Architetti Associati

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- Inserimento in tutti gli appartamenti di un sistema decentrale per la ventilazione meccanica controllata - Fonti rinnovabili: Installazione di un nuovo impianto solare termico sul tetto: 100 m2

Installazione di un impianto fotovoltaico da 19,9 kW sul tetto • Obiettivi di performance Efficienza complessiva: 7 kg CO2/m2a Totale energia da fonti rinnovabili: 80% del fabbisogno complessivo

Ristrutturazione balconi

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questo, dava l´opportunitá di trovare spazi occultati alla vista a chi voleva introdursi abusivamente. Oggi con Sinfonia è diventato uno spazio pubblico, illuminato e dinamico, reso piú sicuro proprio dalla frequentazione dei passanti.

CI PIACE PERCHÉ… Il risanamento è stata l´occasione per dare un nuovo volto ed una nuova funzione al porticato sottostante l´edificio. Quest´ambito era prima un´area privata del condominio poco frequentata e che, proprio per

* Martina Demattio, Research and development Agenzia CasaClima, Bolzano.

Porticato prima dell´intervento (Credits: Area Architetti Associati)

Porticato dopo dell´intervento (Credits: Area Architetti Associati)

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Porticato dopo dell´intervento (Credits: Area Architetti Associati)

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Porticato dopo dell´intervento (Credits: Area Architetti Associati)

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ANALISI INTEGRATA DELLE PRESTAZIONI TERMICHE E MECCANICHE DELLE MURATURE STORICHE di * Enrico Genova, Calogero Vinci, Eleonora Abbate, Giulia Catalano

elementi tecnici che le compongono. Ne discende la necessità di un articolato sistema di analisi strumentali in situ. Alla complessità della caratterizzazione matericocostruttiva si aggiungono gli ostacoli derivanti dalla natura distruttiva di molte indagini: infatti le esigenze di conservazione possono limitare sensibilmente l’esaustività del programma di misura - per esempio in presenza di superfici decorate - o talvolta impedire l’esecuzione stessa delle prove. Le incertezze nella caratterizzazione meccanica, termica e igrometrica interessano in modo particolare le chiusure verticali opache, per l’eterogeneità costruttiva e la variabilità locale di materiali e tecniche. La ricerca qui esposta si propone di contribuire a stimare in modo accurato la trasmittanza termica delle murature storiche, attraverso la caratterizzazione meccanica e termica dei materiali lapidei tradizionali e l’integrazione con i metodi qualitativi diffusi nell’analisi meccanica delle opere murarie.

Introduzione L’esigenza preminente di conservare il valore culturale dell’architettura storica ha consolidato da decenni, in campo strutturale e di accessibilità, un approccio che mira non ad adeguare bensì a migliorare l’edificio storico, cioè ad accrescerne le prestazioni in modo compatibile con le caratteristiche formali, materiche e costruttive. Il dibattito scientifico e normativo mostra lo sforzo di estendere tale approccio anche all’ambito energetico [1, 2]. Contestualmente, nelle attività di recupero e conservazione è crescente l’interesse a integrare gli interventi di miglioramento energetico con quelli di consolidamento strutturale, che in molti casi consentirebbero d’incrementare l’efficienza del sistema edificio-impianto senza incidere ulteriormente sui caratteri materici ed estetici della costruzione [3, 4]. Nell’ambito strutturale come in quello energetico, la compatibilità del miglioramento prestazionale con le esigenze conservative richiede una conoscenza accurata delle caratteristiche materiche e costruttive dell’edificio storico. Utili informazioni possono rintracciarsi, specialmente per le architetture maggiori, nei documenti d’archivio: relazioni di consistenza e capitolati d’appalto, infatti, aiutano a ricostruire le fasi edilizie della fabbrica e le modalità esecutive dei componenti tecnici. L’analisi diretta, che resta essenziale, può fondarsi solo in parte sull’esame visivo della costruzione e richiede un ricco corredo di indagini strumentali. In genere, infatti, l’edificio storico è una stratificazione secolare di ampliamenti, fusioni, frazionamenti, mutazioni d’uso; quest’insieme di trasformazioni si traduce in eterogeneità materico-costruttiva, tratto distintivo di molte architetture storiche e dei singoli

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Sulla trasmittanza termica delle murature storiche La misura in opera della trasmittanza termica dei componenti opachi, regolata dalla norma tecnica UNI ISO 9869-1:2015, segue una procedura non distruttiva, che consente di caratterizzare il comportamento termico della parete anche nei frequenti casi in cui il rivestimento d’intonaco ostacola l’esame diretto dei paramenti. Inoltre alcuni problemi di compatibilità, legati al potenziale danneggiamento delle finiture per effetto della connessione dei sensori al supporto murario, sono stati affrontati sviluppando soluzioni adatte all’applicazione su superfici decorate [5].

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conto della grande varietà locale dei materiali lapidei utilizzati nella costruzione storica. Le incertezze nel calcolo della trasmittanza termica derivano anche dalle modalità costruttive della muratura. L’apparecchio murario, infatti, si riflette sulla stratigrafia della parete e, insieme alle caratteristiche degli elementi lapidei (dimensioni rispetto allo spessore murario, forma e lavorazione), incide sulla proporzione fra i contenuti di malta e materiale lapideo. Tale rapporto, così come la disposizione dei conci e la presenza di diatoni, è rilevante per le prestazioni termiche della parete, soprattutto quando la muratura è realizzata con materiali lapidei compatti, la cui conducibilità termica è sensibilmente maggiore rispetto a quella della malta. Infine, la qualità esecutiva e lo stato di conservazione della muratura influiscono sulla coesione delle malte e sulla presenza, nello spessore murario, di vuoti e intercapedini, che potrebbero scostare notevolmente i risultati di calcolo dal comportamento effettivo della parete. La forma e la disposizione dei conci, la coesione e il contenuto di malta sono indagati anche nell’analisi meccanica delle murature, che integra in modo consistente le prove di carattere distruttivo con l’esame qualitativo. Gli sforzi volti a interpretare in modo accurato il comportamento strutturale della parete, dunque, possono migliorare sensibilmente l’analisi delle prestazioni termiche, grazie anche a procedure di calcolo che consentono di superare una rigida schematizzazione in strati verticali.

Tuttavia, il regime dinamico nel quale la misura è condotta incide sulla sua durata, che per componenti massicci - quali sono ordinariamente le murature storiche - è in genere ben superiore a una settimana [6-11]. I risultati sono influenzati dall’esposizione del punto di misura alla radiazione solare e agli agenti atmosferici e la stessa norma tecnica correla un’elevata percentuale d’errore a un insieme di molteplici cause. Da queste criticità, che toccano anche l’edilizia recente, traggono spunto ricerche che mirano a modificare la procedura di misura o a sviluppare metodi alternativi per rilevare in opera le prestazioni termiche delle chiusure opache [12, 13]. Per le murature storiche, le difficoltà sono acuite dall’eterogeneità costruttiva: perché i risultati possano considerarsi attendibili è necessario replicare la prova in molteplici punti di misura, soprattutto quando la composizione della parete non è nota. Un valido supporto alla modellazione termica dell’involucro, e dunque alla diagnosi energetica dell’edificio storico, può venire allora dal calcolo della trasmittanza termica. Diverse ricerche, condotte su murature storiche in pietra e in laterizi sia in Italia sia all’estero, mostrano discrepanze non trascurabili fra la trasmittanza o la conduttanza rilevate in opera e i corrispondenti valori di calcolo. Questi ultimi, infatti, dipendono strettamente dai dati di conducibilità termica e dal modello attraverso il quale si descrivono l’apparecchio murario e la stratigrafia della parete [6-11, 14]. Le proprietà termiche e igrometriche dei principali materiali lapidei naturali e artificiali sono descritte in diverse raccolte tecniche, in particolare nelle norme UNI EN ISO 10456:2008, UNI EN 1745:2012 e UNI 10351:2015. Dati di conducibilità termica possono essere tratti anche dall’abaco di strutture murarie del rapporto UNI/TR 11552:2014, che fornisce valori di trasmittanza termica per diverse tipologie di muratura. Confrontando le raccolte citate, si osservano difformità tra i valori di conducibilità termica attribuiti ad alcuni materiali lapidei; ne sono esempio i tufi. Per le malte, alcuni dati sono riferiti alla massa volumica a secco netta del materiale (UNI EN 1745), altri considerano il legante (UNI 10351, UNI EN ISO 10456) ma, oltre a non suggerire una relazione tra massa volumica e conducibilità termica, tralasciano malte largamente diffuse nell’architettura storica, come quelle a base terrosa. Soprattutto, raccolte tecniche di carattere generale non possono tener

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Obiettivi e metodologia Obiettivo della presente ricerca è contribuire a migliorare la stima delle prestazioni termiche delle murature storiche attraverso l’integrazione con l’analisi meccanica qualitativa delle opere murarie. Il metodo proposto si basa sullo studio dell’architettura storica di comparti edilizi - in genere corrispondenti ai centri storici - nei quali possano essere individuate caratteristiche materico-costruttive tipologicamente omogenee. Attraverso l’analisi diffusa dei paramenti, dello spessore di parete e delle sezioni costruttive, si identificano i materiali lapidei, gli usi prevalenti di ciascuno nelle murature, gli apparecchi più diffusi, e dunque si individuano le tipologie murarie caratteristiche del patrimonio storico locale. Per ciascuna tipologia, mediante il confronto fra più murature a paramento visibile si redige una scheda descrittiva (figura 1), che riporta la forma

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Figura 1 - Scheda di analisi della tipologia muraria (percentuale di malta, numero di strati ed eterogeneità degli stessi) è definito sfruttando le indicazioni dell’analisi meccanico-costruttiva e i risultati di conducibilità termica rilevati in laboratorio. Delle pareti esaminate si misura anche la conduttanza termica, in conformità alla norma UNI-ISO 9869-1:2015. Pur nei limiti di precisione che le caratterizzano, le misure in opera di conduttanza termica consentono di verificare l’attendibilità dei risultati di calcolo, quindi anche l’accuratezza che si può conseguire nella modellazione della parete attraverso le informazioni desunte dall’analisi costruttiva e meccanica. In quest’ottica, pareti simili per materiali e tipologia muraria costituiscono una base omogenea di valutazione. Estendendo l’analisi a più centri è possibile esaminare l’influenza che alcune caratteristiche costruttive, in particolare il contenuto di malta e la disposizione dei conci, hanno sulle prestazioni termiche di murature riconducibili alla stessa tipologia ma realizzate con materiali lapidei differenti. Infatti gli apparecchi murari propri di ambiti locali distinti mostrano numerose analogie, che discendono dall’adozione di comuni regole del costruire. Pertanto, studiando in modo sistematico più contesti locali e verificando gli scostamenti fra calcoli e misure in opera, è possibile verificare l’opportunità di trasporre nel calcolo della trasmittanza termica i giudizi sintetici che, nella valutazione meccanica qualitativa fondata sull’IQM, si associano agli aspetti costruttivi che incidono sulle prestazioni termiche della muratura (forma, dimensione e resistenza de-

e gli intervalli dimensionali per elementi lapidei e giunti di malta, la lavorazione dei conci, l’andamento dei filari e dei giunti verticali, la presenza di elementi di ripianamento o riempimento, la disposizione e la frequenza di conci diatoni e semidiatoni. La scheda riporta inoltre una stima della proporzione fra malta e pietra, indicando ove possibile l’entità dei vuoti superficiali e di quelli - interni alla muratura - congeniti alle modalità di posa in opera. Su questa base conoscitiva si approfondiscono le proprietà dei materiali e le prestazioni delle pareti. Le proprietà fisico-meccaniche e termiche dei materiali lapidei sono indagate attraverso prove di laboratorio (porosità, resistenza meccanica a compressione, conducibilità termica). I risultati delle misure arricchiscono le raccolte tecniche esistenti, specificandole dal punto di vista locale; in tal modo, essi contribuiscono a limitare le discrepanze fra i valori di trasmittanza calcolati e quelli derivati dalle misure in opera. La raccolta di dati termofisici è utile anche a sviluppare “librerie” di “materiali” e “famiglie”, a supporto delle ricerche che mirano a estendere al costruito storico l’utilizzo del Building Information Modeling (BIM). Per quanto riguarda le prestazioni delle pareti, su alcune murature - espressive delle tipologie murarie locali - l’analisi costruttiva e meccanica è approfondita determinando l’indice di qualità muraria (IQM) [15]. Delle stesse pareti si calcola la trasmittanza termica, secondo le indicazioni della norma UNI EN ISO 6946:2018 e le precisazioni della UNI EN 1745:2012; a tal fine il modello della muratura

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sta e geologicamente varia determinava le possibilità di approvvigionamento dei materiali edilizi tradizionali e quindi ne condizionava l’impiego. Per ottimizzare le prestazioni meccaniche e i costi dei materiali, in molti centri storici siciliani le opere murarie erano realizzate con lapidei eterogenei, destinati a usi differenziati nello stesso setto murario. Questa prassi costruttiva è ampiamente documentata dalle murature storiche di Petralia Sottana, Patti, Scicli e Tusa. L’abitato di Petralia Sottana sorge in un territorio - il versante meridionale delle Madonie - costituito prevalentemente da rocce sedimentarie. Tra quelle affioranti nel territorio petralese, in edilizia si adoperavano specialmente le quarzareniti, molto compatte e composte in gran parte da granuli di quarzo, e i conglomerati calcarei con clasti di granulometria grossa. Le quarzareniti erano destinate prevalentemente agli elementi di maggiore impegno strutturale (cantonali, cornici strutturali di aperture, diatoni e ortostati), mentre i conglomerati erano utilizzati in forma di bozze lapidee per le parti correnti delle murature.

gli elementi costruttivi di base e della malta, apparecchi murari, ingranamento dei conci, sfalsamento dei giunti). La ricerca, in corso di svolgimento, è condotta sul patrimonio architettonico siciliano, attraverso lo studio di alcuni centri storici. Nel suo sviluppo attuale, essa include l’analisi dei materiali edilizi, la definizione delle tipologie murarie e il calcolo dell’IQM, che il presente contributo discute in riferimento alla possibilità di una correlazione con le prestazioni termiche delle murature. Materiali lapidei nei casi di studio La ricerca è condotta su nove centri storici siciliani: Alcamo (TP), Caltabellotta (AG), Cammarata e San Giovanni Gemini (AG), Patti (ME), Petralia Sottana (PA), Scicli (RG), Sutera (CL), Tusa (ME) (figura 2). Poiché la varietà delle murature è influenzata dalla consistenza del patrimonio edilizio, i casi di studio sono differenti per estensione, dalle dimensioni notevoli di Alcamo e Scicli a quelle più circoscritte di Sutera e Tusa. Tuttavia la distinzione più rilevante riguarda la posizione geografica, che in un’isola va-

Figura 2 - Casi di studio

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San Giovanni Gemini, nei quali tuttavia la specializzazione d’uso delle diverse pietre nella costruzione muraria è meno marcata. Nel costruito storico di Caltabellotta si osserva l’uso di calcari compatti e di più tenere calcareniti. I primi, in forma di bozze lapidee, erano i più adoperati nelle opere murarie, mentre le seconde erano utilizzate, prevalentemente in conci di medie dimensioni, per realizzare elementi a intaglio o con stereotomia più complessa. A Cammarata e San Giovanni Gemini erano attive diverse cave di rocce calcaree. Soprattutto nell’edilizia di base era molto impiegata la calcarenite del bacino su cui sorge Cammarata, proprio per l’immediata disponibilità nei siti di costruzione; a causa dell’eccessiva compattezza, questo materiale lapideo era utilizzato soprattutto in bozze ottenute a spacco. Opere murarie con apparecchio pseudoisodomo erano costruite con calcari e calcareniti più facilmente lavorabili, anch’esse provenienti da cave limitrofe all’abitato. Ad Alcamo le calcareniti, seppure disponibili localmente, trovavano un uso limitato in edilizia, ove prevaleva l’impiego di travertino, presente in un vasto deposito nel rilievo calcareo sul quale sorge il centro urbano. Cavato in diversi siti, il travertino di Alcamo varia per composizione e grado di cementazione, che ne influenzavano la lavorabilità e quindi l’impiego. Infine, diverse aree della Sicilia, specialmente nel nisseno e nell’agrigentino ma anche nel trapanese, nell’ennese e nelle Madonie, sono caratterizzate da un ampio utilizzo del gesso, sia come pietra da muratura sia come legante per malte e intonaci, anche in applicazioni esterne. Fra i casi di studio analizzati, il centro storico di Sutera si contraddistingue per l’impiego quasi esclusivo di questo materiale come pietra da costruzione. Localmente si distinguevano due tipi di gesso: l’uno con cristalli più grandi e di più agevole cottura, destinato alla produzione di legante, l’altro con cristalli più piccoli e di difficile cottura, adoperato come pietra da costruzione. Con l’eccezione delle rocce metamorfiche osservate a Patti e dei laterizi impiegati in questo centro e a Petralia Sottana, i casi di studio sono contraddistinti dall’uso di rocce sedimentarie. Per queste la norma UNI EN ISO 10456 indica valori di conducibilità termica di progetto (λ) di 0,85 W·m-1·K-1 e 2,3 W·m-1·K-1 rispettivamente per masse volumiche (ρ) di 1.500 kg·m-3 (natural, sedimentary rock, light)

Petralia è caratterizzata anche dalla presenza di calcari teneri, dalla disponibilità locale di gesso, utilizzato prevalentemente come legante, nonché dall’uso del laterizio, di cui l’area madonita era per la Sicilia uno dei principali centri di produzione; nel costruito petralese, i laterizi erano adoperati soprattutto per opere di completamento o recupero, sopraelevazioni, cornicioni ma anche elementi strutturali quali archi e volte. Per la varietà dei materiali lapidei adoperati nella costruzione storica è particolare il caso di Patti, dove, mancando cave di grandi dimensioni, era diffuso l’impiego di elementi lapidei raccolti, spesso reperiti lungo i torrenti vicini all’abitato. Risulta prevalente l’uso di rocce metamorfiche (fra queste gneiss e scisti) e sedimentarie (calcareniti). Le prime erano destinate soprattutto ai brani correnti della muratura; le seconde, essendo facilmente lavorabili, erano adoperate per cantonali, cornici strutturali ma anche, in forma di parallelepipedi allungati, ortostati e diatoni. Con funzione di ripianamento è invece ricorrente l’uso di filari, talvolta discontinui, di mattoni laterizi. A Scicli, nel ragusano, si utilizzavano essenzialmente due rocce calcaree, delle quali l’una, nota come “pietra di Modica” (o “pietra dura” o “forte”) è poco porosa e molto compatta, mentre l’altra, chiamata “pietra di Siracusa”, è tenera e molto porosa. Se impregnati di bitume, gli stessi calcari erano indicati, indipendentemente dalla compattezza, come “pietra pece”. Presente in buona parte del territorio modicano in forma di massi affioranti sul piano di campagna, la pietra “forte” era largamente impiegata per basamenti, cantonali e in generale, data la notevole durezza del materiale, per elementi che non richiedessero lavorazioni molto elaborate. Il calcare tenero, al contrario, era facilmente lavorabile e dunque era molto utilizzato per realizzare conci intagliati, paramenti murari di pregio (in alcuni casi destinati a restare a vista), elementi decorati o di stereotomia complessa. L’uso delle due pietre era invece pressoché analogo nelle murature composte da bozze lapidee o pietrame informe. Nel costruito storico di Tusa sono preminenti due rocce sedimentarie: le quarzareniti e le argilliti; queste ultime, in relazione all’eccezionale divisibilità, erano adoperate soprattutto per realizzare elementi di spessore ridotto. La disponibilità di più materiali lapidei caratterizza anche i centri storici di Caltabellotta, Cammarata e

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e 2.600 kg·m-3 (natural, sedimentary rock); per interpolazione lineare si può ottenere la λ connessa a valori intermedi di ρ. Questi dati, con i quali è opportuno confrontare tutti i lapidei sedimentari indagati, sono l’unico riferimento appropriato per le argilliti di Tusa. Per i calcari la norma UNI EN ISO 10456 riporta cinque valori di λ, compresi fra 0,85 W·m-1·K-1 (ρ = 1.600 kg·m-3, limestone, extra soft) e 2,3 W·m-1·K-1 (ρ = 2.600 kg·m-3, limestone, extra hard). Nella UNI EN 1745, nella quale la conducibilità della pietra naturale è riferita a una temperatura media di 10 °C in stato a secco (λ10,dry,mat), i dati forniti per i calcari sono simili, sebbene considerati costanti per intervalli di massa volumica. Più sensibile è la differenza rispetto alla norma UNI 10351, nella quale ai calcari si assegnano quattro valori di conducibilità utile di calcolo, da 1,50 W·m-1·K-1 (ρ = 1.900 kg·m-3) a 3,50 W·m1 ·K-1 (ρ = 2.800 kg·m-3). Con tali dati occorre confrontare i travertini alca-

mesi, i calcari di Scicli, i calcari e le calcareniti di Caltabellotta, Patti, Cammarata e San Giovanni Gemini. Per le calcareniti, tradizionalmente associate ai tufi, è utile anche il raffronto con i dati disponibili per queste rocce vulcaniche. La norma UNI 10351, in particolare, indica i valori λ = 0,63 W·m-1·K-1 (ρ = 1.500 kg·m-3) e λ = 1,70 W·m-1·K-1 (ρ = 2.300 kg·m-3); si evidenzia anche il dato λ = 0,550 W·m-1·K-1 (ρ = 1.600 kg·m-3) riportato nella UNI/TR 11552 a proposito della “muratura in blocchi squadrati di tufo” (MPI03). Mentre la UNI EN ISO 10456 dà indicazioni solo per le arenarie silicee, dati su quelle quarzose (λ = 2,6 W·m-1·K-1 per ρ da 2.600 kg·m-3 a 2.800 kg·m-3) e calcifere (λ = 1,9 W·m-1·K-1 per ρ da 2.000 kg·m-3 a 2.700 kg·m-3) si rintracciano nella UNI EN 1745. Con i primi occorre confrontare le quarzareniti di Tusa e Petralia Sottana, con i secondi i conglomerati petralesi.

Figura 3 - Tipologie murarie degli edifici storici di Alcamo

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Figura 4 - Tipologie murarie degli edifici storici di Sutera ti accuratamente, con giunti di malta di 5-7 mm, nell’altro mediamente, con giunti spessi da 5 a 15 mm. La presenza di malta, espressa come percentuale dell’area di sezione trasversale, resta limitata in entrambi i sottotipi (rispettivamente 4% e 6%) ma è sensibilmente maggiore nello strato interno rispetto all’esterno. In base alla valutazione dell’IQM, i due gruppi si classificano in categoria muraria A per azioni verticali e orizzontali fuori piano, mentre per quelle orizzontali nel piano si qualificano rispettivamente nelle categorie B e C. Nella seconda tipologia alcamese, i paramenti sono realizzati con pietrame informe di varie dimensioni, alternati a filari di conci grossolanamente sbozzati. Poiché le facce degli elementi lapidei non sono reciprocamente perpendicolari, la malta forma giunti di spessore variabile fra 2 e 25 mm e costituisce il 25% circa dell’area di sezione trasversale della parete. Anche in questa tipologia, la muratura è riconducibile a due strati irregolari, ma più omogenei rispetto a quelli della prima tipologia; le due parti del setto sono collegate da conci semidiatoni, mentre nuclei di riempimento in elementi minuti si osservano sia sui paramenti sia nell’intercapedine fra i due strati. La categoria muraria risulta A per azioni verticali e C per quelle orizzontali. La terza tipologia delle murature di Alcamo, che sulla base dell’IQM si classifica in categoria muraria C per tutti i tipi d’azione, si distingue per un assestamento caotico di elementi lapidei sbozzati di medie e piccole dimensioni, variabili da pochi centimetri ad alcuni decimetri. A causa dell’irregolarità delle bozze lapidee, lo spessore dei giunti - spesso rinzeppati - è compreso fra 3 e 34 mm e la malta costituisce circa il 26% della superficie trasversale della parete. Questa risulta composta da

Infine, le pietre di gesso di Sutera trovano un riscontro nella UNI EN ISO 10456, che, separandoli da quelli delle pietre da costruzione, riporta per il gesso (gypsum) quattro valori di conducibilità, da λ = 0,18 W·m-1·K-1 (ρ = 600 kg·m-3) a λ = 0,56 W·m-1·K-1 (ρ = 1.500 kg·m-3). Tipologie murarie Le murature di ciascuno dei casi di studio, attraverso l’analisi dei paramenti e dei loro caratteri ricorrenti, sono state associate a un numero contenuto di tipologie. Si sono così esaminati gli elementi costruttivi rilevanti per una schematizzazione accurata della parete nel calcolo della trasmittanza termica: l’eventuale suddivisione in strati, i criteri d’uso di materiali lapidei differenti nello stesso setto, la proporzione fra malta e pietra, la presenza e la diffusione di conci d’ingranamento parziale (semidiatoni) o a tutto spessore (diatoni) e di elementi di regolarizzazione (zeppe lapidee o laterizie, strati di livellamento in conci, mattoni o malta). A titolo esemplificativo si riportano i casi di Alcamo (figura 3) e Sutera (figura 4). Ad Alcamo la forma e la disposizione degli elementi lapidei osservabili sui paramenti hanno permesso d’identificare tre tipologie murarie prevalenti. Nella prima si distinguono due strati: quello esterno è composto da conci pressoché parallelepipedi di grandi dimensioni, disposti di fascia in filari regolari, con piani di posa orizzontali; quello interno è formato da elementi più piccoli e irregolari. Le due parti della muratura sono connesse da conci diatoni, le cui facce di punta possono individuarsi facilmente sui paramenti. Questa tipologia muraria si articola in due sottogruppi, in base allo sfalsamento verticale dei giunti e alla lavorazione dei conci dello strato esterno: in un caso squadra-

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ANIT Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico

CONVEGNI ANIT 2019 19 MAR.

20 MAR.

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26 MAR.

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7 MAG.

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4 GIU.

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2 OTT.

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Trento

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Erba Milano

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Lodi

Torino

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Firenze Pisa Arezzo

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Bari Olbia

Napoli

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Trento

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29 OTT.

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Modena

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19 NOV.

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Ancona

Pavia

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Belluno

Cagliari

PREVISTI CREDITI FORMATIVI PER I PARTECIPANTI

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due strati di paramento, nei quali non si individuano piani di posa orizzontali ma solo ripianamenti a tratti, realizzati con elementi lapidei minuti; interposto fra i due strati è un riempimento di pietrame informe di piccola dimensione legato con malta. Mancano invece conci diatoni o semidiatoni. Nel costruito storico di Sutera si distinguono due tipologie murarie. La prima include le murature con paramenti ad assestamento regolare, costruiti con lapidei sbozzati di forma pressoché parallelepipeda. Poiché i conci di uno stesso filare possono avere altezze differenti, lo spessore dei comenti di malta, che varia fra 10 e 50 mm, è ridotto interponendo zeppe lapidee o laterizie. Conci disposti di punta, in funzione di semidiatoni, assicurano l’ingranamento fra i paramenti. L’analisi dell’IQM riconduce tali murature alla categoria muraria B per azioni verticali e orizzontali fuori piano, alla categoria C per azioni orizzontali nel piano. La seconda tipologia muraria si caratterizza per un assestamento caotico di bozze lapidee informi, ottenute per spacco. Dall’irregolarità degli elementi resistenti deriva la variabilità dei giunti di malta, il cui spessore è compreso fra 5 e 50 mm. Possono distinguersi due sottogruppi, che l’IQM classifica in categoria muraria C per tutti i tipi d’azione. Nel primo il pietrame ha dimensioni medio-grandi (da 5 a 35 cm per la base; da 12 a 25 cm per lo spessore; da 6 a 32 cm per l’altezza) e l’apparecchio è costituito da due paramenti, dei quali l’esterno realizzato con i lapidei più grandi; fra i due strati è interposto un riempimento di malta e pietrame di piccole dimensioni. L’ingranamento è assicurato da conci semidiatoni. Nel secondo sottogruppo, gli elementi resistenti hanno dimensioni medio-piccole (rispettivamente 5-25 cm, 5-20 cm, 3-15 cm) e la muratura, priva di conci d’ingranamento, è costruita per fasce orizzontali, ripianate con ricorsi di malta di gesso a intervalli verticali compresi fra 50 e 60 cm. La percentuale stimata di malta è crescente nei tre gruppi: pari al 13% nella prima tipologia (con differenze fra gli strati interno ed esterno), aumenta al 17% e al 24% nei due sottogruppi della seconda. Tuttavia, l’omogeneità materica degli elementi resistenti e della malta, entrambi a base di gesso, lascia ipotizzare che tale variazione abbia minore incidenza sulle prestazioni termiche della parete rispetto ai centri nei quali è diffuso l’impiego di malte di calce e lapidei compatti.

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Conclusioni L’analisi costruttiva e meccanica è fonte di informazioni preziose per calcolare la trasmittanza termica delle murature storiche. Fondata sull’analisi diretta delle costruzioni di un comparto edilizio locale, l’identificazione di tipologie murarie consente di schematizzare in modo accurato la stratigrafia della parete, la presenza di strati eterogenei (UNI EN ISO 6946), il rapporto fra malta ed elementi lapidei (UNI EN 1745). D’altro canto, attraverso l’analisi termica delle tipologie è possibile specificare l’abaco della norma UNI/TR 11552 in relazione al costruito storico locale, a supporto delle attività di diagnosi e certificazione energetica, nei frequenti casi nei quali esigenze conservative e difficoltà operative limitino il ricorso a indagini strumentali. In tutti i centri analizzati, secondo una pratica comune dell’edilizia storica, si osserva l’uso di elementi lapidei variamente lavorati, dal pietrame informe ai conci squadrati. Le tipologie murarie, di conseguenza, sono accomunate da alcuni caratteri invarianti, declinati diversamente in funzione della disponibilità e lavorabilità dei materiali locali. Pertanto, le misure in opera di conduttanza termica saranno condotte dapprima su murature ascrivibili a tipologie omogenee, per esaminare - al variare del materiale lapideo prevalente - l’influenza degli aspetti costruttivi e della qualità esecutiva sulle prestazioni termiche della parete. La ricerca, in corso di svolgimento, si concentra su centri storici contraddistinti dall’impiego diffuso di pietre da costruzione compatte, poiché la conducibilità termica di queste può differire in modo marcato da quella delle malte poste in opera. Lo studio delle rocce porose, presenti specialmente nei casi di Alcamo, Caltabellotta e Scicli, sarà ampliato attraverso l’analisi dell’architettura storica palermitana. Questa, infatti, è caratterizzata da una ricca varietà di apparecchi costruttivi e dall’uso pressoché esclusivo di calcareniti conchiliari, le cui proprietà variano sensibilmente con la cava d’estrazione. Infine, la caratterizzazione dei materiali lapidei e delle malte dovrà essere estesa alle proprietà igrometriche, attraverso prove di permeabilità al vapore, assorbimento capillare e igroscopicità, affinché i risultati dello studio possano contribuire in modo efficace a valutare la compatibilità del miglioramento energetico con la conservazione dell’architettura storica.

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historical stone masonries: A comparison among standard, calculated and measured data. Energy and Buildings, 151, pagg. 393-405. [11] Genova, E., Fatta, G., 2018. The thermal performances of historic masonry: In-situ measurements of thermal conductance on calcarenite stone walls in Palermo. Energy and Buildings, 168, pagg. 363-373. [12] Albatici, R., Tonelli, A.M., Chiogna, M., 2015. A comprehensive experimental approach for the validation of quantitative infrared thermography in the evaluation of building thermal transmittance. Applied Energy, 141, pagg. 218-228. [13] Aversa, P., Donatelli, A., Piccoli, G., Luprano, V.A.M., 2016. Improved thermal transmittance measurement with HFM technique on building envelopes in the Mediterranean area. Journal of Civil Engineering, 11(2), pagg. 39-52. [14] Baker, P., 2013. Research into the thermal performance of traditional brick walls. Research report 2. Thermal conductivities of three traditional bricks. English Heritage. [15] Borri, A., De Maria, A., 2015. Indice di Qualità Muraria (IQM): correlazione con le caratteristiche meccaniche e livelli di conoscenza - Masonry Quality Index (MQI): correlation with the mechanical characteristics and knowledge levels. Progettazione Sismica, 6(3), pagg. 45-63.

Enrico Genova: “Introduzione”, “Sulla trasmittanza termica delle murature storiche”, “Obiettivi e metodologia”. Enrico Genova e Calogero Vinci: “Materiali lapidei nei casi di studio” e “Conclusioni”. Calogero Vinci, Eleonora Abbate e Giulia Catalano: “Tipologie murarie”. Bibliografia [1] Broström, T., Nilsen, L., Carlsten, S. (a cura di), 2018. Energy Efficiency in Historic Buildings: Conference Report. Visby (Svezia), 26-27 settembre 2018. Uppsala Universitet. [2] MIBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), 2015. Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale: Architettura, centri e nuclei storici ed urbani. Roma: MIBACT. [3] De Vita, M., Mannella, A., Sabino, A., Marchetti, A., 2018. Seismic retrofit measures for masonry walls of historical buildings, from an energy saving perspective. Sustainability, 10(4), 984. [4] Moschella, A., Gagliano, A., Lo Faro, A., Mondello, A., Salemi, A., Sanfilippo, G., 2018. A methodology for an integrated approach for seismic and energy refurbishment of historic buildings in Mediterranean area. Sustainability, 10(7), 2448. [5] Raffler, S., Bichlmair, S., Kilian, R., 2015. Mounting of sensors on surfaces in historic buildings. Energy and Buildings, 95, pagg. 92-97. [6] Baker, P., 2011. Technical Paper 10. U-values and traditional buildings: In situ measurements and their comparisons to calculated values. Edimburgo: Historic Scotland. [7] Baker, P., 2013. Research into the thermal performance of traditional brick walls. Research report 1. Research into the thermal performance of traditional walls: solid brick walls. English Heritage. [8] Rye, C., Scott, C., 2012. The SPAB research report 1. U-value report (revisione del novembre 2012). Society for the Protection of Ancient Buildings (SPAB). [9] Lucchi, E., 2017. Thermal transmittance of historical brick masonries: A comparison among standard data, analytical calculation procedures, and in situ heat flow meter measurements. Energy and Buildings, 134, pagg. 171-184. [10] Lucchi, E., 2017. Thermal transmittance of

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* Enrico Genova, ricercatore presso l’ENEA, cultore di Architettura tecnica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo. Calogero Vinci, ricercatore di Architettura tecnica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo. Eleonora Abbate, dottoressa in Ingegneria edile-Architettura. Giulia Catalano, dottoressa in Ingegneria edile-Architettura.

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BASTA RISPETTARE LE PRESCRIZIONI DI LEGGE PER OTTENERE COMFORT ACUSTICO ABITATIVO? di * Matteo Borghi

Introduzione Il documento legislativo che definisce a livello nazionale i limiti da rispettare per i requisiti acustici passivi degli edifici è il ben noto DPCM 5-121997. Un decreto entrato in vigore 21 anni fa (il 20 febbraio 1998) che specifica le prescrizioni per isolamento ai rumori aerei, facciate, calpestio e impianti. In questo articolo non approfondiremo i contenuti del DPCM. Chi ancora non lo conosce può fare riferimento alle Guide ANIT che i Soci possono scaricare dal sito www.anit.it . Vogliamo invece proporre alcune considerazioni in merito a una domanda che spesso viene posta da chi opera nel mondo dell’edilizia. Se rispetto i limiti del Decreto ottengo comfort acustico? O serve qualcosa di più?

molto silenziosa in periodo notturno. Il DPCM 5-12-1997 prende in considerazione questi aspetti? La risposta è no. I limiti del Decreto sono indipendenti dai livelli sonori sopra citati. La prestazione di isolamento ai rumori aerei (R’w) riguarda il solo sistema costruttivo. L’isolamento di facciata (D2m,nT,w) non considera il livello di rumore esterno. Il livello di calpestio (L’nw) si misura azionando una sorgente standardizzata e i limiti sugli impianti (LASmax e LAeq) non considerano il livello di rumore esistente nell’ambiente ricevente. Pertanto in alcune situazioni i valori limite potranno essere considerati adeguati. In altre risulteranno necessariamente insufficienti.

Da cosa dipende il comfort acustico? Quando si parla di “Comfort acustico abitativo” generalmente ci si concentra sulla necessità di non essere disturbati dai rumori che provengono dall’esterno e da altre unità immobiliari. Ma la percezione del disturbo dipende da molti aspetti, alcuni del tutto soggettivi. In questo articolo evidenziamo soltanto che la sensazione di comfort dipende in modo significativo dal livello sonoro della sorgente disturbante e dal livello presente nell’ambiente disturbato (a sorgente spenta). Semplificando molto: una sorgente di rumore non viene percepita se nell’ambiente ricevente c’è un livello di pressione sonora piuttosto elevato. Si pensi ad esempio a un ufficio piuttosto rumoroso nel quale, a finestre chiuse, non si percepisce il rumore del traffico stradale. Oppure, al contrario, una sorgente poco disturbante può essere chiaramente udita in un ambiente con un basso livello di rumore, come una camera da letto

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Siamo solo “recettori sensibili” o anche “sorgenti di rumore”? Oltre alla necessità di isolarsi rispetto ai rumori estranei all’unità immobiliare, a nostro avviso è altrettanto importante considerare anche un altro aspetto. Una abitazione acusticamente confortevole deve dare la possibilità a chi la abita di poter fare “un po’ di rumore” senza il timore di disturbare i vicini di casa. Non sempre infatti una casa isolata dai rumori altrui non genera disturbo verso le altre U.I. Si pensi ad esempio ad un appartamento all’ultimo pia-

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no, perfettamente isolato rispetto ai rumori aerei. Gli utilizzatori non sentono i vicini al piano di sotto, ma li possono disturbare con rumori da calpestio e scarico del WC. Il DPCM 5-12-1997 prende in considerazione questo aspetto? In questo caso la risposta è sì. Tutte le unità immobiliari che compongono un edificio di nuova costruzione devono rispettare i limiti del Decreto, e quindi devono essere considerate sia come ambienti “riceventi” che “emittenti”. Raccomandiamo quindi particolare attenzione quando si affronta la ristrutturazione di un singolo appartamento. A volte viene sottovalutato il tema dell’acustica e il possibile disturbo generato verso i vicini di casa. Ricordiamo però che varie circolari ministeriali, leggi regionali e regolamenti edilizi dei comuni, indicano chiaramente che è obbligatorio rispettare il DPCM 5-12-1997 in caso di ristrutturazione. Due esempi molto semplici da non trascurare: se con l’intervento si introduce una nuova sorgente di rumore (ad esempio un nuovo WC) e non ci si preoccupa di isolarla, oppure per errore si peggiora la prestazione di isolamento al calpestio del solaio, la lite tra vicini è praticamente assicurata. E se dovesse nascere una causa in tribunale il coinvolgimento del professionista che ha seguito i lavori verrà di conseguenza.

mostatica che “fischia” sul termosifone. Su questo aspetto però il DPCM di fatto non prescrive limitazioni. Il Decreto infatti specifica che le misure devono essere eseguite in un “ambiente diverso da quello in cui il rumore si origina”. I limiti del DPCM sono troppo elevati o troppo permissivi? Non esiste una risposta univoca. Proponiamo quindi alcune semplici considerazioni di carattere generale. Per l’isolamento ai rumori aerei e il livello di calpestio il Decreto impone per gli ambienti residenziali prescrizioni oggettivamente non molto elevate (R’w ≥ 50 dB e L’nw ≤ 63 dB). Altri Paesi infatti individuano limiti più restrittivi. Al contempo occorre considerare che gran parte del patrimonio edilizio nazionale (e in particolare molti immobili costruiti prima dell’entrata in vigore del decreto) è caratterizzato da prestazioni decisamente più scadenti rispetto ai limiti imposti dal DPCM. Vi sono quindi ampi margini di intervento. Per l’isolamento acustico delle facciate invece ci risulta che i limiti del Decreto italiano sono tra i più restrittivi a livello mondiale. Sono quindi troppo elevati? Dipende anche in questo caso dal livello di rumore presente nell’ambiente esterno e nell’ambiente abitativo. Per i rumori degli impianti si ribadisce che i limiti del Decreto non considerano il rumore presente in ambiente. Ad esempio per gli impianti a funzionamento discontinuo il picco massimo di rumore non deve superare 35 dBA (LASmax ≤ 35 dBA). Ma se in una camera da letto di notte si ha un livello di rumore di circa 23 dBA, e lo scarico del WC raggiunge i 34 dBA il rumore dell’impianto, anche se rispetta il limite di legge, verrà chiaramente percepito.

Rumori interni agli ambienti abitativi Il “comfort acustico abitativo” è anche legato ai rumori prodotti all’interno degli ambienti abitativi. Ad esempio in una camera da letto non si può trascurare il disturbo generato da impianti regolati o progettati male, quali l’impianto di ventilazione meccanica controllata (VMC) o una valvola ter-

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Conclusioni Quindi le prescrizioni del DPCM 5-12-1997 determinano comfort acustico abitativo? Sulla base delle considerazioni appena esposte risulta difficile rispondere in modo semplice alla domanda. Di certo si può evidenziare che, in molti casi, i committenti hanno l’esigenza di raggiungere prestazioni di isolamento sensibilmente maggiori rispetto ai limiti di legge. Sia per non essere disturbati, che per non disturbare i vicini di casa. Se quindi l’obiettivo della progettazione è quello di ottenere in opera un adeguato comfort abitativo, raccomandiamo di seguire quattro semplici passaggi:

Correlazione dei requisiti Un’ultima considerazione. Per ottenere un adeguato comfort acustico molto spesso occorre analizzare contemporaneamente più requisiti. Ad esempio un intervento di isolamento acustico di facciata comporta un abbassamento del livello di rumore nell’abitazione che, di conseguenza, può far “emergere” rumori generati dai vicini di casa che prima non si percepivano. Si raccomanda particolare attenzione nel considerare anche questo aspetto.

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TR 11175), e per gli interventi di ristrutturazione il modello può essere tarato con misure fonometriche ante-operam. Ricordiamo che per queste valutazioni i soci ANIT possono utilizzare il programma ECHO.

1. Definire quali sono le richieste del committente 2. Realizzare un progetto acustico previsionale 3. Controllare la corretta posa in opera di materiali e sistemi costruttivi

Infine controllo in cantiere e misure in opera sono aspetti fondamentali per raggiungere a fine lavori i risultati previsti a progetto. In alcuni casi può anche essere opportuno eseguire misure in corso d’opera per valutare l’andamento dei lavori.

4. Verificare al temine dei lavori il risultato ottenuto. Per il primo punto occorre definire al meglio possibile quali sono le effettive richieste di isolamento ai rumori del cliente, e se è stato indicato qualcosa a capitolato. Inoltre è sempre necessario controllare se vi sono ulteriori obblighi legislativi in aggiunta al DPCM (ad es. leggi regionali, regolamenti edilizi, Decreto CAM, ecc.).

Ricordiamo che i Soci ANIT possono approfondire l’argomento con le GUIDE ANIT DI ACUSTICA, recentemente aggiornate e ripubblicate. Il tema verrà inoltre trattato dal vivo anche agli oltre 50 CONVEGNI ANIT 2019, di cui è possibile trovare l’elenco sul sito www.anit.it

Il progetto acustico può essere eseguito utilizzando software di calcolo basati sulle norme tecniche in vigore (UNI EN ISO 12354 e UNI

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* Matteo Borghi, Esperto ANIT.

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ISOLAMENTO DI UNITÀ ABITATIVE PER CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO di * Giovanni Dibennardo

Premessa Il cambio di destinazione d’uso in residenziale, scolastica, o ospedaliera richiede sempre attenzione al comfort acustico. In alcuni Comuni questa attenzione si traduce in una richiesta di predisposizione di valutazione di clima acustico (DPCM 14.11.97) e studio previsionale dei requisiti acustici passivi sul progetto di ristrutturazione (DPCM 5.12.97). La diagnosi acustica attraverso misure in opera e calcoli previsionali permette di individuare quali sono gli elementi della struttura che richiedono priorità di intervento, e di progettare l’isolamento raggiungibile. Lo scopo ultimo è di garantire un adeguato confort acustico a chi vive nell’unità e limitare il disturbo verso le unità adiacenti. La diagnosi acustica adatta il progetto di isolamento alle specifiche caratteristiche dell’immobile. Il mercato offre varie soluzioni tecnologiche e la scelta del prodotto più adeguato deve tenere in conto sia fattori tecnici che vincoli di varia natura posti dalla committenza o dai piani regolatori. La certificazione del raggiungimento degli standard acustici di legge consente non ultimo di accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge.

da uffici. L’intervento edilizio consiste nella ristrutturazione di complessive 4 unità immobiliari di cui una al 2° e tre al 3° piano dell’edificio di un palazzo degli anni 60 in centro città. La trasformazione strutturale non apporta sostanziali modifiche ai divisori verticali e orizzontali; i divisori sono realizzati con pareti in laterogesso da 10 e 8 cm con solai in laterocemento. Quasi tutte le unità si affacciano su una via urbana con intenso traffico veicolare e attività commerciali. Sono queste sorgenti a influenzare maggiormente il clima acustico dei futuri recettori. Per la classificazione acustica del territorio, l’area di intervento è in classe IV “area di intensa attività umana” per la quale i limiti assoluti di immissione sonora sono riportati in tabella 1: Valutazione di clima acustico Per determinare i livelli di rumore nell’area in esame, è stata realizzata una misura fonometrica con il metodo dell’integrazione continua. La durata della misura è stata di circa 61 ore e comprende 3 periodi diurni e 3 periodi notturni in giorni feriali, che sono stati preferiti rispetto ai giorni festivi per rilevare il maggior traffico veicolare della zona. I rilievi sono stati eseguiti a 1 m dalla facciata del terzo piano, facendo uscire il microfono da una finestra di uno degli appartamenti che si affaccia sulla via principale (immagine 1). Di seguito il tracciato fonometrico completo della misura (immagine 2)

Caso studio Il caso studio affrontato in questo articolo riguarda la zona uffici trasformata in residenza in un condominio esistente occupato prevalentemente

Tabella 1 – limiti assoluti di immissione per la zona in esame

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L’area presenta, quindi, livelli sonori superiori ai livelli previsti dalla zonizzazione acustica sia in periodo diurno che in periodo notturno. Considerato che il superamento è dovuto al traffico veicolare, in accordo con il DPR 142/2004, in caso di impossibilità di intervenire con opere di mitigazione (come in questo caso dove l’edificio è a filo strada) si deve assicurare con un idoneo isolamento di facciata il comfort acustico interno (tabella 3). L’isolamento di facciata minimo previsto dal DPCM 5.12.97 sarà sufficiente a garantire comfort interno anche in presenza di livelli sonori esterni come quelli misurati.

Immagine 1 – posizione del microfono

Potere fonoisolante apparente del divisorio tra differenti UI - R’w stato di fatto Il divisorio interno è una parete in laterogesso con blocchi in gesso dello spessore di 10cm. Il laterogesso consente, rispetto alla partizione con laterizio e intonaco, di realizzare velocemente divisori interni perfettamente planari che non richiedono intonaci ma solo di una leggera rasatura a velo. Il potere fonoisolante Rw del tavolato, dichiarato dai costruttori è di 37dB per gli spessori da 10 cm. Tutte le partizioni verticali dell’edificio sono in latero gesso. Nell’immagine 3 gli ambienti coinvolti e le stratigrafie delle pareti. La partizione, segnata in rosso, ha una superficie 12m2 mentre il volume dell’ ambiente ricevente è pari a circa 50m3. Nell’immagine 4 l’esito della misura di R’ in terzi di ottava.

Immagine 2 – tracciato fonometrico completo Nel tracciato complessivo si evidenzia una buona ripetibilità del profilo di rumorosità della zona. Sono visibili i livelli sonori tipici dei periodi notturni e i livelli sonori diurni con sporadici eventi molto rumorosi. Le analisi restituiscono i livelli sonori della tabella 2:

Tabella 2 – risultati delle misure e analisi

Tabella 3 – verifica rispetto DPR 142/2004

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Immagine 3 – ambienti e stratigrafie

Immagine 4 – R’ della partizione in opera

Dal grafico delle distribuzioni spettrali è possibile osservare come la parete, in tutto lo spettro di frequenza abbia un comportamento non performante. La valutazione, secondo UNI EN ISO 717-1, fornisce un indice di potere fonoisolante apparente R’w = 35dB (-1,-4).

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Potere fonoisolante apparente del solaio divisorio - R’w stato di fatto La valutazione è stata condotta posizionando la sorgente al terzo piano e misurando il livello indotto nella camera sottostante (immagine 5)

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Immagine 5 – potere fonoisolante apparente

Immagine 6 – R’ del solaio in opera forme al limite di legge. Non saranno quindi previsti interventi di adeguamento.

L’ambiente ricevente ha una superficie di 17,6 m2 e un volume = 56,3 m3 L’indice di potere fonoisolante valutato secondo UNI EN ISO 717-1, fornisce un indice di potere fonoisolante apparente R’w = 52dB (-2,-6). Nell’immagine 6 è riportato il grafico del potere fonoisolante in terzi d’ottava.

Livello di calpestio del solaio L’nw stato di fatto La misura è stata eseguita secondo la UNI EN ISO 16283-2 e in accordo con la proprietà si è utilizzata la medesima partizione orizzontale analizzata per il potere fonosiolante. La rilevazione è effettuata nel range di frequenze tra 100 e 3150 Hz e i e 16 differenti valori di livello di calpestio L’n sono di seguito riportati, immagine 7.

Il DPCM 5 dicembre 1997 indica che per ambienti classificati come “Categoria A – Residenze e assimilabili” è necessario avere un R’w ≥ 50 dB. Quindi il solaio analizzato nello stato di fatto risulta già con-

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Immagine 7 – L’n del solaio in opera I 16 dati, seguendo le indicazioni della norma UNI EN ISO 717-2, vengono raggruppati in un “unico valore” (L’nw), da confrontare con i limiti di legge. L’indice di livello di calpestio L’nw = 78dB (-11), è confrontato con il DPCM 5/12/ 1997 che indica per ambienti classificati come “Categoria A – Residenze e assimilabili” un L’n,w ≤ 63,0 dB. L’ambiente valutato risulta non conforme al limite indicato dalla legge. Questa partizione infatti a richiesto un adeguamento.

L’n,w livello di calpestio La soluzione proposta è l’impiego di un materassino anticalpestio sottopavimento, dallo spessore di 5 mm costituito da cascame di tessuti ottenuto da una miscela di filamenti di cotone, lino e lana, mantenuti in lastre di dimensioni 1,20 m x 2,00 m per mezzo di collante polipropilenico. Il campione di prova è adatto per applicazioni con stratigrafia a secco e per la posa di pavimenti in legno flottante (senza uso di collanti). Schema solaio e posa del materassino nell’immagine 8:

Soluzioni individuate per l’adeguamento dell’isolamento R’w divisorio monostrato tra differenti UI Per il divisorio monostrato al terzo piano si sono proposte alla committenza due soluzioni, riportate sulla relazione dei requisiti acustici passivi, e che saranno verificate con misura in opera a fine lavori. 1.Controparete autoportante con doppia lastra ad alta densità e materiale fibroso in intercapedine. La controparete interessa il divisorio con gli uffici. 2. Parete in muratura costituita da pannello fonoassorbente doppio strato in lana di roccia spessore 40 mm e densità 9 kg/m2 e da uno strato in laterizio da 8cm appoggiato su base antivibrante scanalata su cui costruire il tavolato. 3. Per i divisori interni tra le nuove ui e verso le aree comuni si adotteranno soluzioni in aderenza a singola o doppia lastra.

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Immagine 8 – intervento sul solaio

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Sul campione di materiale anticalpestio è stato sovrapposto per circa 1m2 un pavimento flottante in legno dallo spessore di 1,5 cm senza l’impiego di collanti (immagine 9). È stata poi eseguita una misura fonometrica nell’unica posizione possibile, i risultati saranno poi da verificare con il collaudo completo a fine lavori. I dati tecnici del materassino sono: s’=47MN/m3 ( rigidità dinamica) ΔLw =22 dB (attenuazione del livello di rumore da calpestio)

Immagine 10 – L’n con sistema anticalpestio

Immagine 9 – misura di livello di calpestio su campione di prova

Immagine 11 – confronto tra misure ante e post operam

L’immagine 10 riporta il risultato della misura con sistema anticalpestio in posa. L’immagine 11 confronta quest’ultima con la misura senza anticalpestio. Dalla distribuzione in frequenza in terzi di ottava si può notare come dai 200Hz l’attenuazione introdotta dal sistema riduca il valore L’n in modo notevole. Mentre dai 100 a 160 Hz sia del tutto ininfluente. La valutazione secondo la ISO 717-2, sulla base dei risultati di misura in opera, riporta per lo stato post opera, i seguenti valori: L’nw=58dB Ci=(0 dB) La partizione con la messa in opera del sistema anticalpestio risulta conforme al limite indicato dalla legge e nell’intervallo di frequenza considerato migliora il suo comportamento rispetto al valore medio ponderale.

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Conclusioni L’occasione per migliorare le prestazioni acustiche dell’immobile, passa anche per la presenza di specifici limiti di legge. Una diagnosi acustica preventiva è uno strumento che, nelle ristrutturazioni o nei cambi di destinazione d’uso, consente di individuare quali interventi hanno priorità per il miglioramento delle prestazioni dell’edificio e quali soluzioni tecnologiche, tra le molteplici che il mercato rende disponibile, meglio si adattano alle caratteristiche dell’edificio e alle specifiche richieste del committente.

* Giovanni Dibennardo, Socio ANIT

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IL BIM COME APPROCCIO AL PROGETTO ARCHITETTONICO A 360°. Applicazione alla progettazione multifisica di * Matteo Bellè, Marco Caniato.

In questo articolo verrà presentata e discussa una panoramica che introduca al meglio il Building Information Modeling e la sua possibile applicazione alla progettazione multifisica. Si intende non trattare tale strumento come qualcosa di a sé stante, ma contestualizzarlo all’interno dell’ambito progettuale che gli appartiene, con un esempio che ne possa mettere in luce i pregi, gli aspetti in ombra e migliorabili e le differenze con ciò che lo ha preceduto.

sistemi di progettazione precedenti, sia informatici che non, va specificato come si possa quindi definire il BIM, sviluppando perciò i punti, solo abbozzati nelle poche righe riportate, che nello specifico lo contraddistinguono da ciò che lo ha preceduto. Il Building Information Modeling, non è un software, un formato o un tipo di rappresentazione. Il BIM è un processo, un metodo di lavoro, che sfrutta mezzi informatici, ovvero dei software idonei ed appositi, per sviluppare un progetto approcciabile da più utenti possibile e da più punti di vista possibili. Consta sostanzialmente nel creare una copia virtuale della costruzione da realizzare, che ne abbia le stesse peculiarità, non solo d’aspetto o unicamente formali. Si intende infatti replicarne anche tutte le caratteristiche intrinseche (di materiali ed elementi costruttivi) e simularne nella maniera più veritiera possibile l’intero ciclo di vita, per poter estrapolare e prevedere informazioni come deterioramento, consumi, costi e tutto ciò che può risultare come una variabile se si prende in esame un arco temporale e non più un istante puntuale (Figura 1).

Un’introduzione al BIM “Una rappresentazione computabile delle caratteristiche fisiche e funzionali di una struttura e delle sue informazioni relative al ciclo di vita previsto utilizzando standard aperti per il processo decisionale d’impresa rivolto alla migliore profittabilità. Un unico contenitore di dati grafici - disegni - e attributi - specifiche tecniche, schede e caratteristiche. Modello di dati grafici e attributi riguardanti l’intero ciclo di vita della struttura, strutturato in forma di database.” Con queste parole esordiscono quasi tutti gli scritti (vedi bibliografia) chiamati ad introdurre l’argomento BIM (Building Information Modeling), siano essi trattati generici o manuali diretti all’uso di determinati software. Più che di una definizione vera e propria, trattasi in effetti di una breve descrizione che tocca i punti nevralgici circoscriventi questo tipo di software. Ognuno di essi risulta necessario per scindere in maniera netta il mondo CAD (Computer Aided Design, o Drafting in un’accezione più ristretta), di cui in seguito si tratteranno le generalità, da quello BIM, per far intendere con maggior semplicità possibile le difformità fra i due ambiti da qualunque lato si approcci la questione. Se da ciò si evince che esiste una rottura con i

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Figura 1 – Fasi di progettazione/gestione/dismissione

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cessariamente la perdita dell’elaborato originale. Non avendo più a che fare con un supporto fisico (che non fosse il computer stesso) un altro aspetto che trasse giovamento da tale innovazione fu la mobilità e la possibilità di interscambio dei dati: anche se i cosiddetti “portatili” che avessero una certa capacità operativa apparirono sul mercato successivamente, i files potevano però lo stesso essere “trasportati”. Il computer era ed è, infatti, nient’altro che il mezzo di lettura e di interazione, la “stazione” dove il “treno” delle informazioni virtuali trova sbocco e dà all’utente la possibilità di interagire con esso. Tale “trasporto” è da intendere nel senso letterale e fisico del termine, mediante le prime schede di memoria, fino all’arrivo della rete evolutasi poi nel World Wide Web e dei più moderni metodi di file sharing messi a disposizione da moltissime piattaforme virtuali. Quando il CAD e l’informatica entrarono nel mondo della progettazione e anche l’archiviazione dei dati cominciò a venire digitalizzata (processo molto più lento, ancora oggi non ultimato in tutti gli ambiti e in tutti i settori), questioni come una diffusione più agevole degli elaborati o una loro replicabilità sicuramente più facile e veloce trovarono quindi parziale soluzione.

Dal cartaceo al digitale Si volesse spiegare concettualmente che cosa sia il BIM e collocarlo temporalmente, si potrebbe quindi dire che è di fatto il passo successivo al CAD nei metodi di progettazione moderni. Quest’ultimo vede la propria evoluzione negli anni ’80 e ’90 (anche se i primissimi esempi molto rudimentali possono essere fatti risalire già agli anni ’60), sviluppandosi di fatto parallelamente al sempre crescente uso dei computer e all’evoluzione tecnologica che di pari passo rendeva le macchine sempre più a “misura d’uomo”. Questo costante avvicinamento fra l’utilizzatore ed il mezzo avveniva (e avviene tutt’ora) grazie ad alcuni fattori che risultano determinanti per una diffusione a più ampia scala possibile del prodotto: a partire dal dato fisico non trascurabile delle dimensioni (e quindi della maneggevolezza e praticità); per poi passare alla facilità di utilizzo, che trasse notevole giovamento da avvenimenti come l’introduzione della GUI (Graphical User Interface) ad implementazione della meno user-friendly CLI (Command Line Interface), o dalla novità che apportò l’indicatore di posizione nel piano in xy dello schermo (chiamato comunemente mouse). Tutte queste migliorie hanno quindi innalzato la reperibilità sul mercato anche per quell’utilizzatore medio che non si può definire di settore (al giorno d’oggi praticamente tutti possono usufruire di un sistema operativo informatico, sia esso quello di uno smartphone oppure quello di un personal computer professionale). Per CAD non si intende quindi nient’altro che la trasposizione di ciò che prima veniva fatto con carta e penna, trasposto in ambito informatico. Il passaggio al mondo digitale portò senza dubbio molti benefici, primo fra tutti la possibilità di replica di un disegno (non era più su un foglio di carta bensì su un file) per un numero potenzialmente infinito di volte e che una sua modifica non comportasse ne-

Disegno ≠ Modellazione Si può quindi senz’altro affermare che il digitale abbia portato passi in avanti positivi nell’ambito della progettazione, che permettevano un risparmio in termini di tempo e di versatilità. Si noti però come il procedimento di lavoro non abbia di fatto subito cambiamenti rispetto al modo di operare precedente. Le novità maggiori riguardavano infatti principalmente la gestione del materiale e non la sua elaborazione; si continuava a lavorare sempre e soltanto con piante, prospetti e sezioni, immagini bidimensionali del progetto totalmente separate fra di loro (Figura 2).

Figura 2 – Procedimento di lavoro CAD che punta allo sviluppare prospetti (es. “sud”) e sezioni (es. “AA’”) partendo dalle planimetrie (es. “PT”) per poi unire il tutto in elaborati in 3D

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comune, la possibilità di incongruenze in caso di sovrapposizioni è più elevata di ciò che accadrebbe nel caso opposto.

Anche con la nascita dei primi software di modellazione 3D, la resa del costruito nello spazio veniva sempre intesa come un fine, un punto d’arrivo al quale si giungeva al termine del processo progettuale e compositivo; è vero che modelli di studio e degli ingombri di massima sono sempre stati strumento molto utilizzato dai progettisti, ma essi per forza di cose non comprendono tutti i particolari dell’oggetto finito, tralasciando quindi molte informazioni che potrebbero in qualche modo essere utili a chi progetta fin dal principio.

Il BIM si spinge proprio in questa direzione. Il fondamento su cui si basa è quello di realizzare virtualmente un oggetto “intelligente” che in qualche modo “conosca” la sua funzione. Queste premesse fanno sì che ciò che si realizza tramite il software sia una copia molto fedele di quello che accadrà nella realtà, non solamente nell’aspetto, ma anche nelle sue proprietà intrinseche e nel comportamento a cui i vari elementi vanno incontro in determinate condizioni ambientali. Questa descrizione molto astratta sta ad indicare che sostanzialmente ogni oggetto, elemento o materiale che si possa trovare nel modello digitale, avrà un corrispettivo fisico a lavoro ultimato del quale rispecchierà le caratteristiche estetiche, fisiche e chimiche. La “I” di “Information” nell’acronimo sta infatti ad indicare che il modello deve includere al suo interno quante più informazioni possibili, per fare in modo che il maggior numero possibile di professionisti ed operatori possano comprenderlo e trarne beneficio. La maggior parte dei software che lavora mediante tale procedimento ha, a questo proposito, al proprio interno più ambiti operativi, che coprono i vari settori professionali che possono avere a che fare con un intervento edilizio architettonico o urbano. Questo accade per la volontà di far interfacciare tutti gli stakeholders con lo stesso metodo di lavoro e soprattutto con lo stesso file. In questa

Altra mancanza non indifferente è che la maggior parte delle volte un modello o un disegno bidimensionale, fisici o virtuali che siano, sono orientati ad analizzare perlopiù un solo aspetto dell’oggetto che rappresentano; per fare alcuni esempi un modello concettuale può porre l’accento sulla forma, mentre un’immagine di rendering derivante dalla modellazione solida è focalizzata di più sulla materialità e la luce. Il problema che emerge quindi con l’utilizzo di metodi di progettazione tradizionale, sia essa intesa in 2D o in 3D, è che l’elaborato che ci si trova davanti risulterà “muto” riguardo a molti aspetti (Figure 3-4). Questo comporta che esso non sia utile, o perlomeno comprensibile, da tutti gli operatori che potrebbero entrarci in contatto e che quindi risulti molto “settoriale”. Solitamente infatti i disegni e gli elaborati che vengono utilizzati da professionisti diversi sono differenti fra loro, risultando essere delle rappresentazioni “tematiche”. Trattandosi quindi di materiale che non ha sostanzialmente una base

Confronto fra planimetrie che puntano il focus su aspetti differenti

Figura 3 – Pianta architettonica di un appartamento con arredo e pavimentazione

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Figura 4 – Pianta con indicazione della rete elettrica, punti di allacciamento e tubature dell’acqua

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sionali differenti entrino in contatto con lo stesso medesimo materiale, evitando così possibili fraintendimenti o errori anche solo per quanto riguarda la collocazione degli elementi costruttivi in questione. In questa circostanza sarà infatti impossibile che venga lasciato troppo poco spazio per il posizionamento dei macchinari di areazione, o che una trave ed un canale dell’aria debbano passare per lo stesso punto, in quanto tutte queste situazioni verranno rese evidenti nel modello digitale prima che in fase di costruzione. Con il BIM non si intende fermarsi al coinvolgere solamente più professioni possibili della fase di progettazione, ma si vuole estendere il raggio d’azione anche lungo la linea temporale, andando quindi a trattare l’intero ciclo di vita del costruito, non interrompendosi alla pura realizzazione. La novità, anche in questo caso, è riconducibile ai diversi ambiti per mezzo dei quali un software BIM permette l’avvicinamento alla progettazione. Spiccano infatti in questo senso la computazione e le aree di calcolo, che permettono un’analisi di ciò che si va a modellare, riuscendo quindi ad ottenere una progettazione denominata in “7D”, dove la quarta dimensione è quella temporale e con la quinta si intende l’aspetto economico.

maniera ogni aspetto della costruzione viene tenuto sotto controllo contemporaneamente, rendendo possibile un confronto nell’immediato (Figura 5). Questo passo risulta molto importante, di fatto il BIM lavora trattando l’edificio come fosse una macchina e quindi avvicinandosi molto di più ai software di progettazione meccanica piuttosto che a quelli architettonici di stampo classico. Il grande ostacolo che si riscontra in edilizia, se la si confronta con ambienti di stampo più ingegneristico, è proprio questa non coesione di tutti i professionisti coinvolti, causata dalla vasta gamma di ambiti che vengono toccati in un processo di progettazione architettonica. Questi il più delle volte sono anche carenti per quanto riguarda un background di formazione comune, basti pensare ad esempio ai percorsi formativi diversissimi fra loro da cui provengono architetti, ingegneri civili, geometri, urbanisti e così via. Un esempio pratico di procedura che avviene in ambito BIM è il calcolo e la progettazione degli elementi portanti di un edificio che solitamente verrà effettuato dagli ingegneri strutturisti sullo stesso modello che vedrà anche il dimensionamento degli impianti di ventilazione controllata da parte degli impiantisti. Si noti come anche in questo esempio semplificato due figure profes-

Figura 5 – Il BIM come manager di progetto fra gli stakeholders

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Si aggiungono poi ulteriormente l’ambito energetico come sesto punto cardine e la manutenzione (che torna in qualche modo a ricollegarsi all’aspetto temporale), intesa come gestione del costruito (figura 6). Visto che in simili software si parla di “Modeling”, quindi di modellazione di un oggetto tridimensionale unico, si intuisce quindi facilmente come si possano ottenere illustrazioni dettagliate di settore e tematiche a partire però da una fonte in comune che racchiude al suo interno già di per sé tutte queste informazioni che hanno bisogno solo di essere esplicitate ed isolate, per poter essere messe in luce. Ecco il perché non si parla più restrittivamente di “Design”, ma di “Modeling”, non si tracciano più delle linee su un foglio, sia esso fisico o virtuale, che vadano a comporre e a raffigurare muri, scale, infissi, ma si posizionano proprio tali elementi in un modello digitale, ognuno di essi completo delle sue caratteristiche, che visualizzati da angolature differenti daranno vita ad una vista in pianta piuttosto che ad un prospetto. Si può perciò forse azzardare un paragone fra questi strumenti digitali e il mondo dell’economia, non essendo totalmente fuori luogo affermando che nel BIM si attua un processo “top-down”, creando i materiali da esportare in differenti contesti tutti da una base comune (Figura 7). Si contrappone quindi un metodo deduttivo della sfera BIM, ad uno maggiormente induttivo se si guarda al CAD e a ciò che lo ha preceduto.

Limiti? L’utilizzo della maggior parte dei software BIM, oltre che permettere una progettazione completa a tutto tondo, prevede una differente distribuzione delle tempistiche e della mole di lavoro. Anche se nelle primissime fasi che precedono il modellare vero e proprio, si necessita di un’impostazione più complessa rispetto ad un ambiente CAD, come la creazione di livelli e piani di riferimento, la costruzione dell’intero modello, una volta superato questo primo momento, sembrerà un processo più compatto e logico rispetto a quello che avviene con altri programmi. Ciò è riconducibile al fatto che la modellazione BIM sfrutta oggetti standard, ovvero elementi costruttivi raggruppati in famiglie con determinate caratteristiche, modificabili con più o meno semplicità. Osservando il diagramma (Figura 8), si nota che la velocità di esecuzione sembrerebbe incrementata, anche e soprattutto grazie al doversi curare principalmente di un solo modello invece che di tanti disegni a sé stanti, da aggiornare di volta in volta. Risulta però necessario per l’utente essere in grado di interagire nella maniera più opportuna possibile con il modello. Questo vuol dire riuscire a modificare e creare a sua volta quegli oggetti standard che prendono posto all’interno di un file di progetto, per non risultare troppo veicolati nella modellazione da quello che il software mette a disposizione di default.

Figura 6 – Progettazione in 7D

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Figura 7 – Procedimento di lavoro BIM che punta allo sviluppare un modello 3D dal quale estrapolare poi le viste 2D componenti tecniche,…). Il controllo e l’interazione poi con gli elementi così realizzati, una volta importati nel progetto, avviene mediante valori, misure e caratteristiche preimpostate, che possono essere modificabili (e in questo caso si parla di parametri) o meno anche in fase post-modellazione. Seguendo tale ragionamento si capisce come per poter sfruttare in toto tali software si rende necessario saper “scendere di scala”, per essere in grado di interagire con il progetto ad ogni grado di progettazione.

Il processo di realizzazione necessiterà quindi di conoscenze tanto più approfondite, quanto più singolare sarà l’oggetto della progettazione, ovvero quanti più degli elementi costruttivi che lo compongono dovranno essere modellati anch’essi ex-novo, senza potersi accontentare di utilizzare oggetti già modellati e reperibili nelle librerie oppure messi a disposizione dai siti delle aziende di produzione. Metodo di lavoro di un software BIM Se l’acronimo BIM indica una metodologia di lavoro nel mondo della progettazione, si capisce come la maggior parte delle software house e delle aziende che hanno accesso a questa branca del mercato tentino di presentare un proprio prodotto in tale ambito. Essendo tutti programmi creati in circostanze differenti, sono dunque varabili e diverse fra di loro anche le impostazioni generali di ognuno di essi, i modi di operare ed anche i formati digitali di output. Si possono però individuare delle linee comuni che caratterizzano in maniera più o meno accentuata ognuno di tali software. Per prima cosa, è necessaria una “frammentazione” della modellazione attuabile mediante tali programmi, ossia una divisione più o meno marcata fra delle aree di progetto che nella maggior parte dei casi si possono racchiudere in due macrogruppi: uno adibito al progetto di edilizia vero e proprio e uno che permetta la realizzazione degli elementi minori che vanno poi a comporlo (elementi costruttivi, arredo,

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Figura 8 – Distribuzione della quantità di lavoro BIM/CAD

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costruttivi (portanti e non), differenti fra loro per dimensione, forma e materiale. Ognuno di tali elementi necessita di una propria modellazione, che avviene per vie diverse, in modo tale da facilitare il più possibile la stessa, tenendo quindi conto non solo della forma finale dell’oggetto, ma anche della sua funzione e di come si dovrà comportare nello spazio, una volta inserito nel contesto.

Un esempio: modellazione della skin di un’ampia tensostruttura Per fornire anche un caso pratico di ciò che si ha illustrato finora è bene presentare un esempio adatto al caso. Si presta bene allo scopo la copertura esterna con fini fonoassorbenti e fonoisolanti pensata per un auditorium da 2300 posti. Trattasi di un corpo esterno alla struttura esistente voluto per proteggere le abitazioni limitrofe dalle emissioni sonore che, essendo la struttura del teatro in questione paragonabile a quella di una costruzione temporanea, non subivano smorzamenti o impedimenti di sorta che ne ostacolassero il propagarsi durante le ore di attività sul palcoscenico. Il design della copertura parte dalla volontà di prendere spunto dal fine della stessa per giungere al suo aspetto finale. Formalmente essa simula infatti il propagarsi sinusoidale di un’onda sonora sia nel disegno della planimetria che in quello delle sezioni lungo i due assi principali. Il volersi ricondurre alla funzione della costruzione ritorna anche da un punto di vista “energetico” per così dire, non solo nell’aspetto. Si è tentato infatti di creare un filo conduttore fra ciò che la copertura ha il compito di bloccare, ovvero le onde sonore e ciò che poi rilascia all’esterno, coinvolgendo anche l’illuminotecnica nel progetto. Va fatta la premessa che la copertura è sostanzialmente composta da due tipi di elementi: opachi e riflettenti. Si è fatto quindi in modo che gli elementi riflettenti fossero anche illuminanti in assenza di luce solare, in corrispondenza delle ore in cui l’auditorium ospitasse eventi all’interno. Uno dei maggiori ostacoli nel lavorare con strumenti BIM si presenta quando non si può far affidamento su modelli già disponibili nelle librerie. La tensostruttura citata racchiude bene al suo interno questa problematica, non relativamente agli elementi costruttivi presi singolarmente (archi lamellari e pannellatura sono infatti piuttosto ricorrenti in un certo tipo di edilizia), ma per il metodo di assemblaggio degli stessi e per il dimensionamento da adattare all’esistente. Analizzando più da vicino la forma dell’oggetto ci si renderà conto di come l’immagine finale della struttura sia chiaramente delineata dal risultato della giustapposizione di più elementi

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Le modalità di approccio al modello La geometria dell’oggetto è volta a linee sicuramente di impronta più “naturale” che non “razionale”, o comunque di matrice più antropologica e artificiale. Essa porta con sé l’esigenza di adattare elementi costruttivi reali che nella maggior parte dei casi sono di stampo ortogonale, con presenza di angoli e spigoli, ad una figura complessiva dove tali spigoli devono lasciare posto a linee continue ed arrotondate. Si può quindi affermare che la difficoltà stia in primo luogo nel realizzare la forma complessiva dell’oggetto e successivamente anche nel fare in modo che i moduli costruttivi scelti per la realizzazione si adattino in maniera ottimale alla stessa. Ai fini del superamento di tali problematiche è necessario non rimanere vincolati ad operare unicamente in un ambito denominato di “progetto”. Si deve bensì cominciare a modellare anche nelle sezioni del programma parallele e complementari a quella nella quale si svilupperà poi in via definitiva il progetto del corpo edilizio. Così facendo si scende di scala, andando ad operare sui singoli componenti edilizi ed elementi costruttivi, modellandoli però in file nei quali i riferimenti e i procedimenti di modellazione stessi sono differenti da quello utilizzato fino ad ora. Trattandosi di realizzare elementi differenti fra di loro sia nella forma che nella funzione, il procedimento stesso di modellazione sarà spesso differenziato, in modo da agevolare oltre alla creazione dell’oggetto anche la sua gestione e catalogazione in ottica futura. Dimensioni e conformazione arcuata della tensostruttura si pongono sicuramente come primo ostacolo, dettando un’alternativa alla

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Figura 9 – Sezione longitudinale che pone il focus sulla variazione delle dimensioni in profondità a vincoli. Il procedimento fin qui illustrato può rivelarsi sostanzialmente sufficiente per costruzioni che prevedono una sorta di struttura “autoportante” o comunque qualcosa dove gli elementi portanti risultino distaccati o comunque “altri” rispetto all’elemento curvo in sé. Se invece, come in questo caso, si tratta di una copertura che include al proprio interno sia un ordine strutturale che il tamponamento, quindi sia l’ordito che l’impalcato e non trattandosi quindi di un solo elemento omogeneo nella composizione, serve chiaramente uno strumento con il quale si possano individuare le venature, il reticolato lungo il quale inserire la struttura e i vuoti dove trovino spazio gli elementi portati. Questo risulta essere sicuramente uno dei punti in cui il BIM mostra i propri vantaggi rispetto al CAD in maniera più rilevante; nel caso preso in esame il software utilizzato propone la suddivisione delle masse precedentemente create mediante un pattern, che vi individui i singoli moduli (figura 11). Una superficie resta suddivisibile anche mediante strumenti di disegno informatico tradizionali, ma il BIM tratta questa divisione parametrizzando dimensioni e linee generatrici e senza “scindere” l’elemento a priori. Mentre con il CAD infatti, se si decide di frammentare una superficie essa nella gran parte dei casi cessa di essere un elemento unitario (e quindi viene reso più complesso modificare a posteriori quanto fatto), nel nostro caso il reticolato viene trattato quasi come un elemento

normale modellazione tramite elementi di chiusura verticale ed orizzontale. Per qualsiasi architettura del genere risulta necessario svincolarsi quindi dai livelli di riferimento inseriti nei file di progetto, se non altro in fase iniziale, per poter definire la forma, le linee dell’oggetto, potendosi muovere liberamento nello spazio in tutte le tre dimensioni. Si rende ancora più evidente questa necessità se, come in questo caso, la sezione trasversale varia per tutta la profondità della copertura (Figura 9). Così facendo viene a mancare anche la possibilità di operare tramite una sola figura piana generatrice, costringendo quindi di fatto il progettista, in condizioni normali, a modellare le varie parti ognuna singolarmente, per poi dover quindi fare un passaggio in più ed unirle in qualche maniera. Tramite il BIM in casi come questi si ricorre a modellazioni, per lo più tramite delle NURBS (Non Uniform Rational Basis – Splines), di forme che successivamente fungeranno come piani di appoggio ausiliari per adattarci poi attorno i vari elementi costruttivi. Il software nello specifico utilizzato per questo caso denomina questo modo di procedere “modellazione di masse” (figura 10). Chiaramente in questa maniera non si avrà a che fare con i livelli di appoggio che normalmente il software imposta di default, non solo come potrebbe risultare scontato in fase di modellazione di tali forme, ma anche una volta importate nell’ambiente di lavoro definitivo di progetto potranno essere mosse e gestite in maniera autonoma, senza essere soggette

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Figura 10 – Modello di masse

Figura 11 – Modello basato su pattern

a sua volta, distinto dalla superficie sulla quale si appoggia e come conseguenza resta modificabile nelle dimensioni e nell’aspetto anche nelle fasi successive del lavoro. Questo comporta per esempio che si possa passare da una maglia quadrata ad un triangolare solamente modificando alcuni valori, invece che dover ricreare una nuova superficie dall’inizio e poi appena procedere con la suddivisione. Altro vantaggio si riscontra anche al momento di dover effettivamente modellare gli elementi da inserirsi su tale maglia. Invece di dover editare ogni frazione di superficie singolarmente, cosa che avviene nel CAD nel caso non si abbia a che fare con una parcellizzazione perfettamente omogenea a causa dalla forma irregolare, si può importare un modello creato una tantum appositamente in uno spazio che replica la trama del reticolato adottato mediante dei punti base di riferimento. Tale elemento si ripeterà poi per tutta l’area interessata a cui verrà applicato. Come accennato in precedenza, l’architettura trattata presenta una sezione trasversale variabile e ciò influenza in maniera diretta anche la realizzazione di altri elementi differenti dalla copertura, che pur dovendosi ripetere in maniera seriale hanno in qualche modo interazioni con la forma della stessa. Un valido esempio possono essere le travi portanti del primo ordine strutturale: la loro sezione resta sempre uguale ma la lunghezza e la concavità si modificheranno a seconda dell’andamento della copertura. Si sopperisce ad esigenze di questo tipo con una classe di modelli che nel caso di alcuni dei software BIM più conosciuti prendono il nome di “masse adattative” (figura 12). A questi ele-

menti vengono associati dei punti di ancoraggio e durante il posizionamento della famiglia nel progetto tali punti dovranno essere posizionati su una traiettoria che definirà poi la forma che prenderà l’elemento. È evidente come l’operare in questa direzione abbia il vantaggio di far passare attraverso la fase di vera e propria modellazione del singolo elemento una volta sola, invece che doverne costruire uno nuovo che abbia le dimensioni adatte ad ogni sezione dove lo si vuole inserire. Oltre ai casi illustrati in cui ci si offre la possibilità di operare con elementi particolari, spesso non veri e propri oggetti fisici (per l’appunto le masse di vario genere), anche nei software BIM si ha la possibilità di lavorare mediante modelli per così dire “classici”, realizzati tramite le operazioni di modellazione solida presenti anche nella maggior parte dei CAD. Le varianti in questo caso includono la possibilità di modellare famiglie di oggetti in un file proprio a sé stante e quindi potendole poi importare in ogni file di progetto in cui si abbia la necessità, oppure di crearle direttamente all’interno del progetto in cui serve l’oggetto (potendolo quindi adattare a spazi e posizioni più specifiche, avendo a disposizione il resto delle costruzioni come riferimento). Quando si decide di creare un nuovo progetto solitamente, all’apertura del software, ci si confronta con un file con un template già installato che non si presenta del tutto vuoto, ma con varie famiglie già importate di default, come possono essere una buona gamma di infissi, arredo e altri modelli che possono tornare utili in molti casi. Una delle famiglie cosi impostate che più ricorrono e che più spiccano per differenze con

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Figura 12 – Modello di massa adattativa

Figura 13 – Modello di curtain wall

il mondo CAD sono quelle che a seconda dei software vengono chiamate curtain walls o simili: con ciò si intendono le chiusure verticali, oblique ed orizzontali con pannellatura (spesso vetrata) e montanti (figura 13). La loro forte connessione con l’ambiente BIM sta nel fatto che sono di fatto superfici modulari che, come nell’esempio della tensostruttura trattata in precedenza, possono essere modificate nella suddivisione globale ma anche nell’editare un singolo modulo (un pannello) e che la modifica di dati parametri può avvenire in qualunque fase della progettazione senza che si necessiti di grandi stravolgimenti o di un’elevata mole di lavoro. Proprio la parametrizzazione ora nominata risulta essere l’elemento cardine sul quale si basa il concetto del Building Information Modeling nella pratica. Si è già esplicitato il significato di “information”, che da un punto di vista operativo di chi si va poi ad interfacciare con il software, tende ad identificarsi poi proprio con i parametri di cui ogni oggetto è dotato. I parametri non sono altro che tutti i valori, gli attributi che risultano modificabili dall’utente senza intaccare la modellazione base, il disegno in sé dell’elemento: come già reso esplicito nel caso della maglia dei pattern, o la suddivisione delle facciate continue, ma anche per cose di utilizzo magari più frequente e banale come le dimensioni editabili di un oggetto (infissi, arredi, oggettistica) o i materiali di cui è costituito. In tutti questi esempi ognuno dei dati elencati non è altro che un parametro, reso tale, quindi modificabile, in sede di modellazione della famiglia. Nel caso infatti non si specifichi che un dato

attributo necessità dell’etichettatura di “parametro”, la modifica non sarà più attuabile a prescindere da un intervento sulla modellazione dell’oggetto. Il metodo di costruzione e l’opportuna parametrizzazione dei vari elementi all’interno di un tale ambiente sono quindi in sostanza la chiave attraverso la quale si riesce ad usufruire di uno strumento BIM utilizzandone tutti i tratti distintivi; riuscendo quindi a sfruttare questo strumento per realizzare modelli poliedrici nei metodi costruttivi, come può essere l’esempio qui riportato (figure 14-15).

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Conclusioni La giusta attenzione prestata alla parametrizzazione diventa importante anche nei momenti riguardanti la gestione del costruito, successivi alla modellazione. Uno dei tratti distintivi del BIM è l’operare nello spazio a cosiddette “7D”, quindi avere una buona overview sul modello ultimato risulta fondamentale. Questo avviene se i vari elementi, importati o creati ad hoc che siano, vengono da subito utilizzati nella maniera più opportuna, facendo sì che ognuno ricopra esattamente il ruolo per cui è stato pensato, in aggiunta ad una corretta impostazione dei parametri. In questo modo il software riuscirà a catalogarli in maniera esatta, facendoli rientrare negli insiemi corretti e si sarà in grado quindi di stabilire quantità e misure nella maniera corretta in qualunque fase della vita dell’oggetto costruito; inoltre anche grazie a questo fatto sarà possibile sviluppare un processo di progettazione su più livelli, oltre che compositivo, anche energetico, piuttosto che meccanico. Opportunità che viene fornita dai parametri intrinseci non

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Figura 14 - Panoramica dello stato di progetto

Figura 15 - Particolare dello stato di progetto

solo agli elementi costruttivi, bensì ancora più specificamente ai materiali che li compongono. Il caso particolare della tensostruttura analizzata ora, solleva poi una di quelle che possono essere le frontiere per il futuro di questi software. Aspetti come l’acustica (di rilevanza notevole in questo esempio), come molti altri ambiti della fisica tecnica edilizia che risultano più complessi, risultano ancora marginali e non coinvolti direttamente in un procedimento di progettazione BIM. Le diverse aziende sopperiscono a tali questioni mediante plug-in e con i vari aggiornamenti riscontrabili man mano nei costanti release dei software che spesso semplificano e migliorano il modo in cui il loro prodotto si approccia ad una determinata questione. Chiaramente più la tematica presa in considerazione è complessa o innovativa per l’edilizia e maggiore sarà la difficoltà con la quale verrà coperta anch’essa dalle funzionalità di questi software. Date le differenze fra i metodi di approccio delle software house al BIM, i programmi che incanalano l’utente lungo binari più facili all’utilizzo ma allo stesso tempo dai quali risulta più difficile variare nel metodo di lavoro, risultano essere spesso quelli che necessitano di più tempo per recepire ed adeguarsi ad eventuali nuovi ambiti. Al netto quindi delle inevitabili differenze circa le linee di sviluppo fra i vari software, coinvolgere sempre più anche tali aspetti, insieme ad un orientamento volto maggiormente all’Open BIM, sono sicuramente le frontiere verso le quali si spingerà questo metodo di progettazione, rendendo, ad avviso di chi scrive, sempre più approfondito il controllo sul progetto da più punti di vista, ma allo stesso tempo, più accessibile a possibili stakeholders non necessariamente legati al mondo dell’edilizia.

BIBLIOGRAFIA - Mario Caputi, Paolo Odorizzi, Massimo Stefani, Il Building Information Modeling – BIM, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2015 - Angelo Luigi Camillo Ciribini, L’information modeling e il settore delle costruzioni: IIM e BIM, Maggioli Editore, Segrate 2013 - Chuck Eastman, Paul Teicholz, Rafael Sacks, Kathleen Liston, Il BIM, Hoepli, Lavis 2016 - Adriane Gasteiger, BIM in der Bauausführung, Innsbruck University Press, Innsbruck 2015 - Brad Hardin, Dave McCool, BIM and construction management, Wiley, Indianapolis 2015

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* Matteo Bellè, Marco Caniato. Affiliazione: Università di Trieste, Dipartimento di Ingegneria e Architettura.

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A N I T Strumenti ANIT di supporto alla professione.

SOFTWARE ANIT PER I SOCI I software ANIT permettono di calcolare tutti i parametri energetici, igrotermici e acustici degli edifici. I software sono utilizzabili in base alla tipologia di associazione (Socio Individuale o Socio Individuale Più) per 12 mesi e su 3 computer. I software sono sviluppati per ambiente Windows (da Windows 7 in poi).

Software ANIT

Sviluppato da TEP s.r.l.

PAN 7

Analisi termica, igrometrica e dinamica dell’involucro opaco. L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Software ECHO 8

Software PAN 7

- Progettazione e verifica delle caratteristiche acustiche degli edifici, secondo il DPCM 5.12.97. - I calcoli sono eseguiti per indici di valutazione. - Determinazione della classe acustica dell’unità immobiliare. Software aggiornato con le UNI EN ISO 12354 (del 2017).

Software ANIT

- Calcolo dei parametri estivi ed invernali delle strutture opache - Trasmittanza EN ISO 6946; - Attenuazione e sfasamento la UNI EN ISO 13786; - Verifica termo-igrometrica secondo UNI EN ISO 13788;

Sviluppato da TEP s.r.l.

IRIS 4.1

Simulazione dei ponti termici agli elementi finiti secondo UNI EN ISO 10211. L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Software IRIS 4

Software LETO 4

Sofware per il calcolo del fabbisogno energetico degli edifici secondo UNI/TS 11300 (aggiornato al DM 26/6/15) La versione di Leto è stata protocollata al CTI e quindi impiegabile ai fini della certificazione energetica e della compilazione delle Legge 10/91.

- Calcolo dei Ponti Termici agli elementi finiti - Calcolo del rischio di condensa e muffa

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Software ANIT

Sviluppato da TEP s.r.l.

Software ANIT

APOLLO 1.0

Sviluppato da TEP s.r.l.

Socio PIÙ

ICARO 1.0

Analisi dell’involucro trasparente e controllo delle schermature.

Simulazione dinamica oraria degli edifici secondo UNI EN ISO 52016-1:2018

L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

L’uso del presente software e dei relativi risultati sono di esclusiva competenza e responsabilità dell’utente. Tutti i diritti riservati. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è vietata.

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Maggiori informazioni e contatti: www.anit.it - software@anit.it

Software APOLLO 1

Software ICARO 1

- Calcolo del valore di trasmittanza termica del serramento Uw in accordo con norma di calcolo UNI EN 10077-1 - Calcolo del valore di coefficiente di trasmissione solare totale ggl+sh secondo UNI EN 133363-1

Simulazione dinamica oraria degli edifici secondo UNI EN ISO 52016-1:2018. ICARO è il software della suite ANIT per la simulazione dinamica oraria degli edifici in accordo con UNI EN ISO 520161:2018. I dati climatici utilizzati per la simulazione sono presi in accordo con UNI 10349:2016 oppure possono essere caricati dall’utente in formato .xls.

Scarica le versioni DEMO 30 GIORNI da www.anit.it - Per ricevere i software diventa SOCIO ANIT. neo-Eubios 67

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A N I T Strumenti ANIT di supporto alla professione.

Volume 1 - I materiali isolanti

Volume 2 - Guida alla nuova Legge 10 A 10 anni dall’emanazione del Dlgs 192/05, il mondo dell’efficienza energetica applicata all’edilizia cambia nuovamente le regola del gioco.

- I meccanismi di trasmissione del calore - Gli isolanti - La reazione al fuoco 27 schede di materiali isolanti con le relative caratteristiche principali.

270 pp., Ed. TEP srl, 2015 ISBN: 978-88-905300-9-8 25 euro (IVA incl.) 20 euro (per i soci ANIT)

Nuova edizione, pubblicata a breve

Volume 3 - Manuale di acustica edilizia Il manuale è stato sviluppato con l’intento di fornire informazioni specifiche, in maniera semplice e chiara, ai tecnici che decidono di approfondire il tema ell’acustica edilizia. 256 pp., Ed. TEP s.r.l., 2018 ISBN: 9788894153644 25 euro (IVA incl.) 20 euro (per i soci ANIT)

Volume 3 Manuale di acustica edilizia

Volume 4 Muffa, condensa e ponti termici

Guida completa all’analisi dei requisiti acustici passivi

Guida pratica per capire e rispettare le regole sull’efficienza energetica degli edifici e degli impianti

153 pp., Ed. TEP s.r.l. 2017 ISBN: 978-8894153613 25 euro (IVA incl.) 20 euro (per i soci ANIT)

Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico

Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico

Volume 5 - Prestazioni estive degli edifici - Efficienza estiva: l’inquadramento legislativo - Prestazioni estive delle strutture opache - Prestazioni estive delle strutture trasparenti - Il bilancio energetico della zona termica

Volume 4 - Muffa, condensa e ponti termici La Guida completa all’analisi igrotermica degli edifici. Completamente rinnovato nei contenuti per offrire ai professionisti un valido strumento sull’importanza del controllo delle prestazioni igrotermiche delle strutture. 176 pp. Ed. TEP srl, 2016 ISBN: 978-88-941536-2-0 25 euro (IVA incl.) 20 euro (per i soci ANIT)

Volume 6 - La classificazione acustica delle unità immobiliari

Volume 5 Prestazioni estive degli edifici

Volume 6 Classificazione acustica delle unità immobiliari

Guida pratica per capire e progettare il comfort e il fabbisogno estivo degli edifici

Guida pratica alla norma UNI 11367 - 2010

Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico

Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico

Vengono spiegati i contenuti della norma UNI 11367/2010 che definisce per la prima volta in Italia le procedure per classificare acusticamente le unita’ immobiliari sulla base di misurazioni fonometriche eseguite sull’immobile. 176 pp., Ed. TEP s.r.l., 2018 ISBN: 9788894153637 25 euro (IVA incl.) 20 euro (per i soci ANIT)

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Strumenti per i SOCI ANIT I soci ANIT ricevono: LA SUITE DEI SOFTWARE ANIT

I programmi ANIT permettono di affrontare tutti gli aspetti della progettazione termica e acustica in edilizia. La SUITE è utilizzabile durante i 12 mesi di associazione e può essere installata su 3 computer.

TUTTE LE GUIDE ANIT

Le GUIDE ANIT spiegano in modo semplice e chiaro la normativa del settore e sono costantemente aggiornate con le ultime novità legislative. I Soci possono scaricare tutte le GUIDE dal sito www.anit.it

SERVIZIO DI CHIARIMENTO TECNICO I SOCI possono contattare lo Staff ANIT, via mail o per telefono, per avere chiarimenti sull’applicazione della normativa di settore.

LA RIVISTA NEO-EUBIOS

I Soci ANIT ricevono 4 numeri della rivista Neo-Eubios. Neo-Eubios è «La rivista» per l’isolamento termico e acustico. Si rivolge ai professionisti con un taglio scientifico e approfondito e prevede 4 uscite ogni anno.

I SOCI possono accedere a tutti gli strumenti effettuando il LOGIN al sito www.anit.it con le proprie credenziali. Nella pagina “Il mio account” sono riportate le informazioni per ottenere software, chiarimenti tecnici e Guide ANIT. Tutti i servizi sono attivi durante i 12 mesi di associazione.

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Chi è ANIT ANIT è l’Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e Acustico. Fondata nel 1984, essa fornisce i seguenti servizi:

- stabilisce un centro comune di relazione tra gli associati; - promuove e diffonde la normativa legislativa e tecnica; - assicura i collegamenti con le personalità e gli organismi italiani ed esteri interessati alle problematiche di energetica e acustica in edilizia; - effettua e promuove ricerche e studi di carattere tecnico, normativo, economico e di mercato; - fornisce informazioni, consulenze, servizi riguardanti l’isolamento termico ed acustico ed argomenti affini; - organizza gruppi di lavoro all’interno dei quali i soci hanno la possibilità di confrontare le proprie idee sui temi dell’isolamento termico e acustico; - diffonde la corretta informazione sull’isolamento termico e acustico; - realizza e sviluppa strumenti di lavoro per il mondo professionale quali software applicativi e manuali. I SOCI Sono soci ANIT individuali: professionisti, studi di progettazione e tecnici del settore. Ogni Socio può, a titolo gratuito, promuovere localmente la presenza e le attività dell’Associazione. Sono Soci Onorari: Enti pubblici e privati, Università, Ordini professionali, ecc. Sono Soci Azienda: produttori di materiali e sistemi del settore dell’isolamento termico e/o acustico. Tutti i soci ricevono comunicazione delle novità delle normative legislative e tecniche, delle attività dell’Associazione - in tema di risparmio energetico, acustica, e protezione dal fuoco - oltre che gli strumenti e i servizi forniti quali volumi, software, e sconti. LE PUBBLICAZIONI ANIT mette a disposizione volumi di approfondimento e di supporto alla professione, manuali divulgativi, sintesi di chiarimento della legislazione vigente per i requisiti acustici passivi degli edifici e per l’efficienza energetica degli edifici, scaricabili dal sito internet (per i soli Soci) e distribuite gratuitamente in occasione degli incontri e dei convegni ANIT. I CONVEGNI ANIT organizza convegni e incontri tecnici di aggiornamento GRATUITI per gli addetti del settore. Gli incontri vengono organizzati in tutta Italia presso gli Ordini professionali, le Provincie e i Comuni sensibili alle tematiche del risparmio energetico e dell’acustica in edilizia. Ad ogni incontro viene fornita documentazione tecnica e divulgativa fornita dalle Aziende associate ANIT.

Maggiori info su

www.anit.it


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´ neo-EUBIOS Periodico trimestrale anno XX - n. 67 Marzo 2019 Direttore Responsabile Susanna Mammi Redazione TEP s.r.l. via Lanzone 31 20123 Milano tel 02/89415126

Grafica e impaginazione Claudio Grazioli Distribuzione in abbonamento postale Associato A.N.E.S. - Associazione Nazionale Editoriale Periodica Specializzata Stampa INGRAPH srl - via Bologna 104/106 - 20038 Seregno (MB)

Registrazione Tribunale di Milano n. 524 del 24/7/1999 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna sezione della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma senza l’autorizzazione dell’Editore.


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