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5. Francesco di Segna
from Niccolò di Segna e suo fratello Francesco: pittori nella Siena di Duccio, di Simone e dei Lorenzetti
43. Niccolò di Segna, Madonna col Bambino (dettaglio cat. 8), Fiesole, deposito della Curia Arcivescovile 44. Niccolò di Segna, Madonna col Bambino (dettaglio cat. 9), Cortona, Museo Diocesano
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disperse in varie collezioni considerate da Federico Zeri (cat. 23), confermando la prossimità stilistica e cronologica. Il gusto della variatio già sottolineato per i polittici n. 38 e di San Maurizio è comunque presente anche in questo di Sansepolcro, in particolare nelle tavolette dei contrafforti reimpiegate come cuspidi, in cui le aureole sono rese ora a risparmio, ora con punzoni, mentre quelle che raffigurano san Giovanni Battista e un santo camaldolese hanno anche una finitura del perimetro analoga a quella delle tavole maggiori (figg. 62-63). L’assenza tuttavia della maggior parte dei punzoni usati almeno fino alla Croce n. 46 marca ancora di più la distanza maturata da Niccolò rispetto ai punti di riferimento delle opere dei decenni precedenti, pur non rinunciando a un elemento come la punzonatura, caratteristico della propria e più personale cifra stilistica.
La figura del fratello di Niccolò risulta più sfuggente: per comprenderla non possiamo contare su nessuna opera firmata e il suo nome è noto alla letteratura storico artistica solo grazie a citazioni documentarie, la più antica risalente al 132691. Siamo a conoscenza del matrimonio con Nuta di Palamede nel 1328 e dell’incarico nel 1335 di dipingere i libri del Capitano del Popolo di Siena92. “Franciscum Segnie” viene poi citato il 27 febbraio 1338 (1339 stile comune) quale autore di una tavola della Vergine da porre sotto la Loggia del Palazzo del Comune di Siena ai Bagni di Petriolo, commissionata dai Signori Nove, per cui vengono stanziate 13 libbre di denaro93. Nel 1348 viene menzionato nel contratto d’affitto di una casa in contrada San Quirico all’Olivo a Lucca, stipulato dalla moglie94. Solo recentemente Alessandro Bagnoli ha proposto in modo convincente di mettere in relazione l’ultimo documento con un frammento di affresco
91 ASSi, Registri della Casa della Misericordia, n. 1426, 18 aprile 1326. Lisini 1927, p. 302. Inoltre Bagnoli 2009b, p. 443 nota 14. 92 Bacci 1944, p. 47. Cfr. anche Lisini 1927, ibidem (ASSi, Concistoro, Polizze di pagamenti, ad annum 1335). 93 Cfr. Milanesi 1873, p. 46; Bacci 1944, pp. 46-47 (ASSi, Concistoro, n. c. 73, ad annum 1338). 94 Lazzareschi 1938, p. 140 nota 2; l’autore riferisce il documento, rogato da ser Francesco Salani, al 1344, in data 9 giugno; n. 128 s.. Concioni-Ferri-Ghilarducci 1994, p. 296, n. 68; qui la moglie viene nominata Nutina di Duccio di Rinaldo (ASLu, Notari, parte I, n. 128, c. 488).
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45. Niccolò di Segna, San Benedetto (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 46. Niccolò di Segna, San Nicola (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 47. Niccolò di Segna, San Bartolomeo (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 48. Niccolò di Segna, San Bartolomeo (dettaglio cat. 16b), Siena, Pinacoteca Nazionale
49. Niccolò di Segna, San Maurizio (dettaglio cat. 16d), Atlanta, High Art Museum
con la testa della Vergine conservato in una lunetta della chiesa di San Francesco a Lucca (cat. 34), già assegnato ad ambito senese, che viene così ad essere l’opera di riferimento per la revisione del corpus già assegnato negli anni al pittore dallo stesso Bagnoli, sviluppando gli spunti di Luciano Bellosi, Serena Padovani e Anna Maria Guiducci. Fin dal 1970 Bellosi aveva intuito la possibilità di ricondurre ad un’unica mano un piccolo gruppo di opere partendo dall’analisi della Madonna col Bambino di Lucignano (cat. 29), a cui accostava la Madonna col Bambino di Cortona, l’affresco di santa Fina nella collegiata di San Gimignano (cat. 25) e quelli della cappella Agazzari in San Martino a Siena95 (cat. 27). Pur notando affinità con Segna di Bonaventura ma scartando la possibilità di leggervi un intervento di Niccolò, il nome di Francesco non viene ancora pronunciato e bisogna attendere quasi trent’anni perché lo faccia Bagnoli96. Nel frattempo, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, Serena Padovani aveva accresciuto il catalogo dapprima con la Croce di Buonconvento (cat. 26) e gli affreschi di Santa Colomba a Monteriggioni97 (cat. 30), poi – espunta la Madonna di Cortona, già correttamente assegnata da Maginnis a Niccolò – la Croce n. 20
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95 L. Bellosi, in Arte in Valdichiana 1970, p. 9, cat. 10. 96 Bagnoli 1997, p. 18. 97 Padovani, in Mostra 1979, p. 68. Padovani-Santi 1981, p. 18.
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50. Niccolò di Segna, San Lorenzo (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 51. Niccolò di Segna, Santa Caterina d’Alessandria (dettaglio cat. 11g), Siena, Pinacoteca Nazionale
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52. Niccolò di Segna, San Giacomo (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale 53. Niccolò di Segna, Sant’Orsola (dettaglio cat. 11h), Digione, Musée des Beaux-Arts
IBS della Pinacoteca Nazionale di Siena (cat. 28), insieme ad altre opere non pertinenti quali la Madonna della Misericordia di Vertine e la Crocifissione n. 68 della Pinacoteca, rispettivamente ricondotte a Simone Martini e al Maestro di Monteoliveto, e la Madonna col Bambino dell’Orfanotrofio senese di Santa Marta (ora in Palazzo Pubblico)98. La studiosa, che scalava le opere con troppo an-
98 Padovani, in Mostra 1983, pp. 37-40. Per la Madonna dell’Orfanotrofio già Boskovits (1982, p. 502, fig. 6) aveva proposto un accostamento a Francesco di Segna e, sebbene non sia possibile confermargliela, è da notare una certa affinità tra le fisionomie di questa Vergine e quella dolente della Croce di Buonconvento. Piero Torriti ha accolto la ricostruzione di Padovani in Torriti 1990, pp. 42-43. Cfr. inoltre A.M. Guiducci, in Monteriggioni 1988, p. 38; Eadem 1998, p. 28.
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ticipo nel primo trentennio del XIV secolo, dopo un primo riferimento al Maestro della Madonna di Lucignano99 aveva adottato la denominazione convenzionale di Maestro della Croce di Buonconvento, coniata negli stessi anni da Stubblebine per riferirvi le due Croci e quella estranea di Valdipugna100. Al Maestro del Polittico di Montalcino lo studioso americano assegnava invece, oltre all’opera eponima (di cui si è già discusso), la Madonna del Museo Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma e la n. 41 della Pinacoteca di Siena (cat. 31-32), insieme alla Madonna col Bambino e Santi, ora presso il Monte dei Paschi di Siena, con la corretta attribuzione a Segna di Bonaventura, e altre tavole da riferire a mani diverse101. Sulla scia di quest’ultimo gruppo e memore del primo nu- 54. Niccolò di Segna, San Giovanni Gualcleo bellosiano, Bagnoli ha riferito a Francesco di berto (dettaglio cat. 11b), Siena, Pinacoteca Segna il polittico ilcinese, le Madonne di Roma e Nazionale di Lucignano, includendo di nuovo anche quella di Cortona, per la quale ribadirà il nome di Francesco anche nei successivi interventi. Oltre agli affreschi di San Gimignano e San Martino a Siena, ha confermato nel 2003 la pertinenza al gruppo delle Croci di Buonconvento e Siena e, come accennato, vi ha avvicinato la testa della Madonna di Lucca e inoltre le tavole del San Lorenzo del Museo d’Arte Sacra di Montespertoli e dei Santi Antonio Abate e Agostino di collezione privata provenienti da San Leonardo al Lago presso Monteriggioni, laterali più tardi della tavola eponima del Maestro della Maestà Gondi, che meritano una riflessione specifica (infra). Nel 2009 arriva, sempre ad opera di Bagnoli, il più compiuto compendio sulla figura di Francesco, che, potendo contare anche sul supporto dei pochi documenti a lui riferiti, prende defini- 55. Niccolò di Segna, Sant’Andrea (dettaglio tivamente corpo come una figura dalla produzione cat. 11b), Siena, Pinacoteca Nazionale riconoscibile e coerente, distinta con chiarezza da quella del fratello Niccolò. In questa occasione Bagnoli, oltre a individuare plausibili limiti cronologici dell’attività di Francesco tra l’affresco di San
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99 Il pittore denominato in prima battuta da Serena Padovani (in Mostra 1979, p. 68) Maestro della Madonna di Lucignano non deve essere confuso con l’omonimo autore dei gruppi lignei dell’Annunciazione in Santa Chiara a Castelfiorentino e dell’eponima Madonna col Bambino della collegiata di Lucignano individuato da Anna Maria Guiducci (1977, pp. 38-39), identificato da Bagnoli nel 1987 con Mariano d’Agnolo Romanelli (Bagnoli 1987, pp. 12-13). 100 Stubblebine 1979, I, p. 184. 101 Stubblebine 1979, I, p. 154.
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56. Niccolò di Segna, San Giacomo (dettaglio cat. 16g), S’Heerenberg, Huis Bergh 57. Niccolò di Segna, Santa Maria Maddalena (dettaglio cat. 16f), S’Heerenberg, Huis Bergh
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58. Niccolò di Segna, Madonna col Bambino (dettaglio cat. 14), Siena, Pinacoteca Nazionale
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Gimignano verso la metà del terzo decennio e il frammento lucchese collegabile al documento del 1348, tenta ulteriori ma poco condivisibili attribuzioni, accostandogli il clipeo col Redentore n. 56 della Pinacoteca di Siena102 e la piccola tavola con la Crocifissione con i due ladroni della collezione della Società di Esecutori di Pie Disposizioni di Siena103. Mancano infine da questo catalogo, sunteggiato da Franci104, solo gli affreschi di Santa Colomba – da confermare con Padovani in rapporto alla Croce di Buonconvento, ma anche alla n. 20 59. Niccolò di Segna (e bottega), IBS – e la rovinata lunetta di Santa Maria a Tressa (cat. 33). L’attività di Francesco sembra svolgersi in parallelo a quella Madonna dolente (dettaglio cat. 18), Siena, Pinacoteca Nazionale di Niccolò, che forse solo per una convenzione alimentata dalla sua più evidente abilità può continuare a essere ritenuto il maggiore dei fratelli. Certamente egli rappresenta un importante riferimento per Francesco, che dimostra i suoi debiti nella composizione e nelle fisionomie delle figure e nelle decorazioni punzonate. Emblematica la Madonna col Bambino di Roma, che palesemente ripropone a distanza di tempo la foggia dei due protagonisti della Madonna di Cortona e il singolare ornamento delle aureole, d’altro canto rifinite 60. Niccolò di Segna (e bottega), all’esterno solo con semplici e un po’ arcaici punzoni rotondi San Giovanni dolente (dettaglio cat. invece che con quelli più complessi tipici di Niccolò. Come 18), Siena, Pinacoteca Nazionale notava Padovani, dalla Madonna di Cortona deriva anche la punzonatura del nimbo della Croce di Buonconvento, analogo a quello del Bambino. La qualità della tavola cortonese è tuttavia troppo alta per Francesco, nonostante alcune schematizzazioni che ne rivelano la collocazione precoce nel percorso del fratello. Del resto molti dei pezzi del suo ormai non più esiguo corpus sono state accostate a Niccolò almeno una volta e su suggerimento di diversi studiosi: la critica ha dunque sempre colto che il solco in cui collocare le sue opere era quello segnesco, in tangenza all’autore del polittico della Resurrezione e in rapporto con Ugolino di Nerio e finalmente l’intuito di Bellosi e Bagnoli ha compreso che la soluzione di questo piccolo enigma storico-artistico – di opere che sembrano di Niccolò ma non ne raggiungono la qualità – andasse ricercata nella figura del fratello, superando le ipotesi di chi gli riferiva una parte (e non marginale) del catalogo non ancora ben definito di Niccolò105 . A ben guardare, al di là dei parallelismi compositivi e formali, che si intensificano negli anni della maturità, gli elementi stilistici dei due fratelli sono tuttavia relativamente distinguibili e Francesco dimostra un debito più forte verso il padre, soprattutto in opere come la Croce di Buonconvento, in cui la struttura fisica del Crocifisso, segnata nei dettagli anatomici – con particolare risalto dello sterno caratterizzato da ombreggiature orizzontali – e vagamente compressa, somiglia a quella delle
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102 Già riferito da Stubblebine (1979, I, p. 155) al Maestro di Chianciano, ma probabilmente del Maestro di Monterotondo (cfr. infra). 103 Assegnata a Niccolò da De Benedictis (1979, p. 94), ma non riferibile a nessuno dei due figli di Segna. 104 Franci 2013. 105 De Benedictis 1979, p. 83. Coor Achenbach (1954-1955, p. 90 nota 24), Bologna (1961, p. 36) e Stubblebine (1979, I, p. 155) avevano avanzato blandamente l’ipotesi che in Francesco di Segna si potesse identificare l’autore del polittico della Resurrezione.
numerose Croci di Segna (fig. 64). La maggior delicatezza espressa invece nella Croce n. 20 IBS della Pinacoteca senese apre all’ipotesi che nel frattempo il punto di riferimento di Francesco fosse cambiato, sostituito appunto dal fratello, dal quale potrebbe aver derivato la pacatezza di tratti e di modellato che paiono pervadere anche la Madonna di Lucignano: opere che si propone di collocare verso la prima metà del quarto decennio, quando Niccolò apre bottega a Siena dopo la morte del padre. Le figure principali della tavola della Val di Chiana richiamano a mio avviso la Madonna di Niccolò ora a Venezia, centrale del polittico n. 38, mentre il ricordo del padre è ancora ben percettibile nella foggia del trono e nella composizione generale della tavola, che rievoca anche la piccola Maestà di Ugolino 61. Niccolò di Segna, Sant’Agnese (dettaglio della chiesa della Misericordia di San Casciano. cat. 22), Sansepolcro, cattedrale di San Gio- L’accento ugolinesco a volte ravvisato nelle opevanni Evangelista re di Francesco non dimostra d’altronde radici profonde ed è forse frutto della mediazione del fratello, certamente più prossimo all’autorevole allievo di Duccio. Tra queste due “fasi” di Francesco si inserisce il piccolo ciclo di affreschi della cappella Agazzari in San Martino a Siena, fondamentale per il recupero della data 1333106, in cui il pittore dimostra nell’impaginazione della scena principale e nella creazione di un paesaggio naturale insolitamente dettagliato anche una vena del tutto personale, descrittiva più che narrativa, derivata certo dalla declinazione di elementi propri di Simone Martini e soprattutto dei Lorenzetti. Tutte le caratteristiche di queste pitture ricorrono a qualche anno di distanza nei grandi pannelli affrescati sulla parete di fondo della pieve dei Santi Pietro e Paolo a Santa Colomba, in particolare nella scena della Natività, mentre la Crocifissione è ben confrontabile, come già aveva sottolineato Padovani, con le due Croci di Francesco (figg. 65-67), il quale dimostra qui più chiaramente che altrove i suoi debiti verso Pietro Lorenzetti. Nonostante la discreta qualità in particolare del secondo riquadro, neanche adesso Francesco raggiunge i livelli di Niccolò, che tiene la distanza grazie a un disegno più abile e delicato delle linee di contorno e in generale a una più sapiente capacità compositiva delle singole figure, ma anche in virtù di un’interpretazione più aristocratica dei propri personaggi. Francesco invece ha una vena più popolaresca, che si intensifica nelle opere della maturità, che paiono tradurre in accenti più diretti i modelli di Niccolò. Per questo si fatica ad accogliere le suggestive attribuzioni di Bagnoli delle tavole cuspidate di Montespertoli e di San Leonardo al Lago (figg. 68-70). Se posseggono un’intensità che effettivamente può ricordare alcune figure di Francesco – che perlopiù non meritano di essere definite, come fa Franci, “perplesse e imbambolate” – queste opere hanno anche una qualità di modellato sia nei volti sia nei panneggi che, come nota giustamente lo stesso Bagnoli, giunge a ricordare Simone e Ambrogio nel San Lorenzo proveniente dalla chiesa di San Lorenzo a Montalbino e sembra dunque superare le capacità del pittore, dovendosi peraltro inserire con qualche difficoltà nella cronologia del suo catalogo. Questo al di
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106 Bagnoli 2003, p. 276 nota 28.
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62. Niccolò di Segna, San Paolo (dettaglio cat. 22), Sansepolcro, cattedrale di San Giovanni Evangelista 63. Niccolò di Segna, San Giovanni Battista (dettaglio cat. 22), Sansepolcro, cattedrale di San Giovanni Evangelista
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là della presenza di decorazioni punzonate nelle aureole e lungo il perimetro della tavola e nonostante alcuni precedenti accostamenti all’ambito di Niccolò di Segna107. Che il piccolo gruppo possa essere ri-
107 Il San Lorenzo (cm 113 x 42), forse una pala da pilastro sulla quale gli stemmi della famiglia Castellani in basso parrebbero un’aggiunta successiva alla redazione originaria, è stato avvicinato a Niccolò da Boskovits (1982, p. 502) e da Bellosi, secondo un parere riportato in Proto Pisani-Nesi 1995, pp. 28-29; più prudentemente Rosanna Caterina Proto Pisani riferisce la tavola a un generico anonimo senese della metà del XIV secolo (Museo 2006, p. 44), mentre Bagnoli si era già espresso a favore di Francesco di Segna, fugando in un secondo momento qualche dubbio iniziale (Bagnoli 2003, p. 277 nota 29; Idem 2009b, p. 442). Le tavole coi Santi Antonio Abate e Agostino, citate con la Maestà Gondi in una memoria ottocentesca di una fonte del 1611 sull’altare maggiore della chiesa dell’eremo agostiniano (Raccolta di memorie e documenti riguardanti la congregazione ilicetana e più particolarmente il monastero di Lecceto, dal 1414 al 1857, BCS, ms. B.IX.18,
ferito ad un medesimo ambito lo suggeriscono, oltre agli elementi già notati, alcuni dettagli del disegno, come la resa dei panneggi a pieghe verticali parallele che si affastellano sul pavimento e la costruzione un po’ capricciosa delle mani, caratterizzate dal pollice leggermente incurvato e da dita sottili atteggiate a volte in movimenti artificiosi, come quelle del bambino che affianca san Lorenzo, quella destra del Sant’Agostino che non afferra bene il pastorale e soprattutto quella sinistra del Sant’Antonio, il cui indice si piega innaturalmente sullo spigolo del libro. Sottigliezze sconosciute alle opere più sicuramente riferibili a Francesco, che propone mani ripetitive e spesso schematicamente atteggiate e al quale non sembra proprio neppure il ricco gusto decorativo delle tre tavole, espresso soprattutto negli abiti dei personaggi della tavola valdelsana e nella cappa vescovile di sant’Agostino. Per contro potrebbero costituire un’ulteriore testimonianza dell’attività di frescante di Francesco – più prolifica di quella di Niccolò – i resti della decorazione della chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo a Cuna presso Monteroni d’Arbia (ricostruita nel 1314), resi più leggibili grazie ad un recente restauro. Si conservano una teoria di dieci Santi nella zona presbiteriale, una Presentazione di Gesù al Tempio e quanto resta di una rara e precoce iconografia della Sant’Anna Metterza affiancata da due santi (figg. 71-72). Assegnati generalmente a Niccolò dai pochi autori che se ne sono occupati, tra cui da ultimi Bagnoli e Franci108, le figure non dimostrano un sufficiente livello qualitativo, né risultano confrontabili con le prove di Monticchiello e dei Servi di Siena; tuttavia i modi dei due fratelli sono adombrati nei tratti delle figure di Cuna, per i quali risulta preferibile il nome di Francesco, a cui rimanda ad esempio la testa del San Francesco tra le figure presbiteriali. A margine dell’attività di Francesco conviene considerare gli affreschi della pieve di San Polo in Rosso presso Gaiole in Chianti, già accostati alla produzione dei figli di Segna109 ma lontani dai livelli qualitativi di entrambi. Nelle sei lunette che decorano la navata centrale con Storie della Vita di Cristo la vena piacevolmente narrativa e alcuni tentativi di sperimentazione prospettica bilanciano una resa legnosa e caricaturale dei personaggi, segnati da pesanti tratti di contorno e paludati con panneggi schematici e appiattiti (figg. 73-75). Tra le scene chiantigiane110, la Natività con annuncio ai pastori e bagno del Bambino denuncia affinità compositive con l’analoga scena di Santa Colomba, dove alcune debolezze nella resa delle figure lasciano supporre l’intervento al fianco di Francesco di un collaboratore, che potrebbe essere plausibilmente individuato proprio nell’autore del ciclo di San Polo. Interessante in questo senso, ad esempio, il confronto tra il pastore anziano all’estrema destra del pannello di Monteriggioni con alcuni vecchi dal profilo aquilino, i tratti duri e le palpebre marcate delle lunette di San Polo: segnatamente un astante dell’Adorazione dei Magi e il San Giuseppe della Presentazione al Tempio (figg. 76-77). Proprio quest’ultima scena richiama quella di Cuna, per quanto il modello primigenio almeno delle storie chiantigiane dell’infanzia di Cristo vada rintracciato nella predella della Maestà di Duccio per il Duomo di Siena, che comprende anche l’episodio di Gesù tra i dottori; le scene della Passione invece non sono altrettanto sovrapponibili. Negli affreschi di San Polo si rintracciano elementi che rimandano alla produzione dell’anonimo conosciuto come Maestro di
1857 circa, c. 185r; cfr. Bacci 1927, pp. 38-39), furono ritenute dallo stesso Boskovits (1982, p. 500) vicine alla Croce di Buonconvento prima dell’attribuzione a Francesco di Bagnoli (in Duccio 2003, pp. 336-339; 2009b, ibidem). 108 Eccetto Berenson (1932, p. 313; 1936, p. 269; 1968, I, p. 226), che faceva il nome di Luca di Tommè, pensano a Niccolò: van Marle 1934, II, p. 150 (fase tarda); Guiducci 1990, pp. 93-96 (fase giovanile); Bagnoli 2003, pp. 272, 277 nota 32; Franci 2013. 109 Brandi (1933, p. 224) li assegnava a Niccolò, mentre Perkins (1933b, pp. 226-228) pensava, genericamente, a un tardo duccesco con influssi fiorentini. Inoltre M. Ciampolini, in Le chiese 1993, pp. 149-153. 110 La serie comprende l’Adorazione dei Magi, la Presentazione di Gesù al Tempio, Gesù tra i Dottori, l’Ultima Cena e la Flagellazione.
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64. Segna di Bonaventura, Croce n. 21, Siena, Pinacoteca Nazionale, depositi
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65. Francesco di Segna, Croce (dettaglio cat. 26), Buonconvento, Museo d’Arte Sacra della Val d’Arbia 66. Francesco di Segna, Croce (dettaglio cat. 28), Siena, Pinacoteca Nazionale 67. Francesco di Segna, Crocifissione (dettaglio cat. 30b), Santa Colomba (Monteriggioni), pieve dei Santi Pietro e Paolo
Monterotondo111, a cui viene correttamente assegnato il frammentario affresco agiografico-narrativo di San Nicola da Tolentino della chiesa di San Pietro all’Orto di Massa Marittima112. Quest’opera offre buoni confronti con le lunette chiantigiane per il trattamento delle figure (nonostante la diversa scala dimensionale) e per alcuni elementi accessori delle architetture e del paesaggio, di cui ricorrono rispettivamente la creazione di spazi voltati retti da sottilissime colonnine tortili e le fenditure verticali delle rocce, segnate da tratti alternati di colore chiaro e scuro, che richiamano alcune ambientazioni petrose delle scene tergali della Maestà di Duccio. Al Maestro di Monterotondo – alias Maestro di Pomarance, secondo che si consideri come opera eponima l’una o l’altra delle sue simili Madonne col Bambino conservate nelle chiese parrocchiali di questi centri della Val di Cecina, la seconda datata 1329 – sono attribuite anche le tavole coi Santi Giustino e Ugo e due Profeti, laterali di un polittico smembrato conservati nel Museo Diocesano di Volterra113, di cui si colgono i riflessi in opere più tarde, poste sotto il nome convenzionale del Maestro di Chianciano: il pentittico del Museo di Chianciano e l’affine Madonna col Bambino n. 606 della Pinacoteca Nazionale di Siena114, che rappresentano probabilmente il momento più tardo del Maestro di Monterotondo115. Queste ultime opere inoltre
111 Cfr. Stubblebine 1979, I, p. 155; II figg. 522-525. Ringrazio Nicola Bernini, per aver generosamente condiviso le sue riflessioni su questo anonimo, permettendomi di arricchire le mie di nuovi confronti. Rinvio ad un prossimo articolo per un approfondimento sul pittore, limitandomi per adesso solo a cenni essenziali. 112 L’attribuzione è di Bagnoli (2003, p. 276 nota 24). 113 Boskovits 1982, pp. 497, 502. Padovani, in Mostra 1983, pp. 40-42. 114 Per il polittico con la Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Bartolomeo cfr. M. Lenzini Moriondo, in Arte in Valdichiana 1970, p. 8, cat. 8. Per la Madonna col Bambino cfr. Torriti 1990, p. 44. 115 L’assonanza tra la Madonna di Pomarance e il polittico di Chianciano e tra queste opere e Niccolò di Segna era stata precocemente notata da De Nicola (1912, p. 147). Una proposta per il corpus del Maestro di Chianciano, in cui non rientrano gli affreschi di San Polo, era stata formulata da Brandi (1933, pp. 168-169), che gli riferiva anche gli affreschi della cattedrale di Chianciano e un affresco nella chiesa di Monticchiello e pure lui, con dubbio, gli accostava la Madonna di Pomarance (Idem 1951, p. 154 nota 33). Le riflessioni di Brandi vengono riprese da Torriti (1990, ibidem), che propone una cronologia tra 13251330 e riporta l’ipotesi di Bacci (non del tutto accolta perché indimostrabile) che possa trattarsi di Francesco di Segna. Le due