7 minute read

San Pietro; Sant’Antonio Abate; Storie di Santa Caterina d’Alessandria

20. Niccolò di Segna Madonna col Bambino con San Leonardo e un Santo Vescovo; San Cristoforo; San Leonardo; San Pietro; Sant’Antonio Abate; Storie di Santa Caterina d’Alessandria

Monticchiello (Pienza), pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo Prima metà del quinto decennio del XIV secolo

Advertisement

Pittura a fresco

Sulle pareti della pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo furono ritrovati, grazie al restauro di ripristino del 1930-1934, alcuni pannelli affrescati tra la metà del Trecento e l’inizio del secolo successivo, attribuiti genericamente alla scuola senese, scialbati verso il 1726 in occasione del rimaneggiamento barocco dell’edificio1. La loro disposizione e la struttura a singoli riquadri accostati senza nesso logico o narrativo e la presenza di numerosi ritratti e nomi di committenti chiarisce l’intento devozionale delle pitture, richieste da singoli devoti e realizzate in assenza di un preciso programma iconografico2. In origine la decorazione doveva ricoprire tutte le pareti del corpo longitudinale, spartite in due ordini di riquadri, mentre la zona presbiteriale risultava affollata di soggetti diversi per numero e dimensioni ai due lati del finestrone centrale. Tra questi affreschi, nonostante il cattivo stato di conservazione, dimostrano di appartenere alla stessa mano una Madonna col Bambino con San Leonardo e un Santo Vescovo (forse da identificare con Biagio o Ambrogio) sulla parete sinistra, le Storie di Santa Caterina d’Alessandria e un San Pietro a destra, un grande San Cristoforo e un San Leonardo sulla parete di fondo del coro e un Sant’Antonio Abate posto dietro la colonna sinistra del presbiterio. Il primo ad occuparsi di queste pitture, a pochi anni dal loro ritrovamento, fu Pèleo Bacci, che le riconobbe come prodotto della scuola di Segna di Bonaventura verso il 13403. Più tardi Piero Torriti ha pensato di scorgere nella Madonna col Bambino la mano del segnesco Maestro di Chianciano e ha riferito il San Cristoforo alla fine del XIV secolo e all’ambito di Bartolo di Fredi4. Nel 1999 Paolo Torriti ha fatto il nome di Niccolò di Segna per l’organico gruppo di riquadri qui considerato, con generale consenso della critica più recente (Franci, Laclotte, Romani)5 . L’assegnazione a un momento tardo dell’attività del pittore è generalmente sostenuta, ma più che gli accostamenti col polittico di San Giovanni d’Asso (cat. 12) o con la più antica Madonna col Bambino della collezione Cini (cat. 11a), proposti da Paolo Torriti, aiuta a precisare la cronologia il confronto con le figure del polittico di San Maurizio (cat. 16), con cui quelle di Monticchiello dimostrano una buona corrispondenza nelle fisionomie decise, con occhi ben definiti e peculiarmente sagomati (in particolare nelle figure maschili). Torriti nota giustamente le affinità tra i due Bambini di Monticchiello e quelli delle Madonne dell’intera produzione di Niccolò. Il piccolo Gesù portato da san Cristoforo ha una veste svolazzante piuttosto insolita rispetto alle composte figure del pittore, ma che si può contestualizzare con

1 La chiesa dei Santi Leonardo e Cristoforo a Monticchiello, inizialmente dedicata solo al santo monaco, fu consacrata forse nel 1292, data riportata sulla campana oggi conservata all’interno dell’edificio sacro; un’iscrizione testimonia il periodo dei lavori settecenteschi, che portarono all’occultamento e alla parziale distruzione dei dipinti e alla creazione di nuovi altari, rimossi negli anni Trenta del Novecento (Torriti 1999, pp. 39-61). Gli affreschi non risultano ancora riportati alla luce in Barbacci 1932, pp. 132-144. 2 Un arrangiamento del resto non insolito nel XIV-XV secolo, come testimonia ad esempio la ricca decorazione della chiesa di San Martino a Lucignano o, al di fuori dell’area senese, la ex chiesa agostiniana di San Lorenzo a Pistoia (cfr. Matteuzzi 2015, pp. 107-120). Si veda anche Bacci 2003. 3 Bacci 1932b, p. 481. 4 Torriti 1979, p. 60. 5 Torriti 1999, pp. 45-50, 54, 57; con proposte attributive anche per gli altri affreschi. Franci, in Duccio 2003, p. 365; Eadem 2013. Laclotte-Romani 2005, pp. 62, 66, 71 nota 17. In una nota della Fototeca Zeri di Bologna relativa al San Cristoforo si ricorda l’attribuzione a Niccolò di Segna da parte di Roberto Longhi già nel 1946 (forse in riferimento a una nota manoscritta o a una comunicazione orale, poiché la proposta non è inserita nella monografia dedicata a Piero della Francesca, riedita in quell’anno, dove invece si fa cenno al polittico della Resurrezione: cfr. cat. 22).

altre opere degli anni Quaranta, in particolare con i santi maggiori del polittico di Sansepolcro, dalle pose più sciolte: segnatamente il San Giovanni Evangelista in hanchement e la Sant’Agnese, che impugna la veste in corrispondenza della spalla. Giustamente Torriti trova che le fisionomie degli angeli di questo stesso polittico siano riproposte in quelli della scena del Supplizio delle ruote di Santa Caterina; così come nell’altro riquadro con la frammentaria Disputa di Santa Caterina coi savi di Alessandria alcuni dei sapienti hanno tratti quasi sovrapponibili a quelli dei personaggi del Transito di San Giovanni Evangelista nella cappella Spinelli in Santa Maria dei Servi a Siena (cat. 21). Ciò è vero in particolare per il gruppo di sinistra dell’affresco servita, fin nel dettaglio dei veli avvolti intorno al collo dei vecchioni e tirati sulla testa (figg. 11-12); tuttavia sembra di cogliere una minore confidenza nella resa delle figure affrescate di Monticchiello, che fa pensare a una datazione precedente agli affreschi senesi, dunque verso la prima metà del quinto decennio. Il San Cristoforo ha inoltre un aspetto simile al Risorto del polittico di Sansepolcro, ma si percepisce un controllo meno sicuro nella pittura a fresco, che tradisce l’elegante distacco di quella su tavola e acquista una sorta di concitazione, trasmessa da una sensibile dilatazione dei tratti, che caratterizza anche le rovinate figure di San Pietro e Sant’Antonio Abate. Del resto le limitate testimonianze dell’attività di frescante di Niccolò, al netto delle probabili perdite, sembrano indicare una sua scarsa predilezione per la pittura murale, tuttavia caratterizzata da una buona qualità. Nella figura di San Leonardo si coglie la conoscenza del polittico di Pietro Lorenzetti realizzato per questa stessa chiesa nel secondo decennio del Trecento. L’attenzione di Niccolò verso i maggiori maestri senesi del suo tempo è stata più volte sottolineata, dunque non sorprende riconoscere nella figura del giovane santo le caratteristiche dell’omologo oggi conservato presso il Museo Horne di Firenze insieme alle Sante Caterina e Margherita (la Madonna col Bambino è esposta al Museo di Pienza e la Sant’Agata si trova in Francia al Musée de Tessé di Le Mans)6. Sembra invece da respingere la proposta di Paolo

6 Volpe 1989, pp. 110-115. Laclotte-Romani 2005, pp. 66-69. Per la ricostruzione del polittico: Brüggen Israëls,

Torriti di attribuire a Niccolò anche un San Francesco singolarmente raffigurato con il mantello dell’Ordine dei Penitenti di Gesù Cristo, i cosiddetti “Saccati”7. Tuttavia le sue caratteristiche potrebbero indicare la presenza di un collaboratore, che avrebbe derivato il gesto di aprire il foro della veste corrispondente alla ferita del costato da un modello di bottega, proposto nelle figure del santo assisiate della predella del polittico n. 38 e dell’ordine superiore di quello di San Maurizio. Resta da chiedersi se le storie di santa Caterina, che rappresentano uno dei rari esempi di pittura narrativa di Niccolò, esaurissero lo spazio dedicato alla santa con due episodi chiave della sua leggenda o fossero parte di un ciclo più ampio, esteso con altri riquadri a desta e a sinistra di quelli superstiti. Così sembra suggerire la presenza a destra di una scena frammentaria, di cui si conserva la parte inferiore con una figura femminile a torso nudo in mezzo a

in The Bernard and Mary 2015, pp. 379-383, cat. 54, fig. 543; ripresa da Corentin Dury, a cui si rimanda per la probabile Sant’Agata francese: Dury 2016, pp. 42-45. 7 Torriti 1999, p. 57.

due figure maschili, a cui si affianca a sinistra una figura paludata. La veste della donna risulta bianca per la perdita del colore originario, così come quella della santa Caterina del Supplizio delle ruote. La scena potrebbe raffigurare un momento delle torture della santa, posta tra due aguzzini. Non è facile valutare il frammento dal punto di vista stilistico, tuttavia si può rilevare la concordanza cromatica delle vesti verdi e arancio della figura a sinistra con quelle dei savi della scena più prossima al presbiterio. La disposizione eterogenea delle figure affrescate da Niccolò suggerisce che il pittore non seguisse un programma iconografico definito. Tuttavia l’unitarietà stilistica dei diversi pannelli sembra indicare un intervento unitario, per quanto probabilmente al servizio di committenti diversi, di nessuno dei quali si è conservato il nome o il ritratto. In ogni caso è possibile supporre che la campagna decorativa della chiesa di San Leonardo abbia preso avvio proprio verso gli anni Quaranta, per protrarsi senza continuità per vari decenni con l’intervento di diversi pittori, al di là di alcuni brani più antichi coperti proprio dagli affreschi tre-quattrocenteschi8 .

8 Torriti 1999, p. 54.

Bibliografia Bacci 1932b, p. 481; Torriti 1979, p. 60; Torriti 1999, pp. 45-50, 54, 57; Bagnoli 2003, p. 275; Franci, in Duccio 2003, p. 365; Laclotte-Romani 2005, pp. 62, 66, 71; Franci 2013; Bagnoli 2017, p. 468.

This article is from: