6 Nipoti di Maritain
Editoriale di Rosario Sciarrotta
«Se non tengo presente l’universo, perdo il senso delle proporzioni» (Italo Calvino) Francesco di Sales sosteneva che è presente nell’uomo un’inclinazione naturale ad amare Dio; nell’anima esistono due parti: l’una profonda e l’altra di superficie. Henri Brémond, agli inizi del Novecento, in un’opera fondamentale che ricostruisce la formazione del pensiero religioso della Chiesa di Francia attraverso l’utilizzo della storia letteraria, attribuisce alla finezza del Santo e Dottore della Chiesa la capacità di avere introdotto una distinzione di fondamentale importanza nel cogliere le dinamiche dell’interiorità spirituale. I nostri appetiti, le sensazioni, la parte superficiale di ciò che siamo, non si esauriscono in una dimensione orizzontale, quasi impaurita nell’aprirsi alla profondità interiore. La parte profonda costituisce «oasi, fortezza e centro del nostro vero io […], un santuario. Là risiede invisibile colui che cerchiamo invano nella regione dei nostri sentimenti [la parte superficiale]»1.
1 H. Bremond, Histoire littéraire du sentiment religieux en France dépuis les guerres de religion jusqu’à nos jours, I, Paris 1916, p. 124.
Gli interventi presenti in quest’ultima pubblicazione di Nipoti di Maritain sono stati maturati nel periodo dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ancorché i temi scelti dai Lettori della pagina facebook della rivista fossero stati individuati diverso tempo prima. Tuttavia Celibato e Castità, Simbolico nel post-secolare e Sacramentalità – questi i temi scelti – ad una riflessione ex post sembrano essere quasi “caduti a fagiolo” poiché, mi pare, abbiano rivelato un’efficace complementarietà tra essi nonché una straordinaria e coerente trama col periodo che tutti abbiamo vissuto alla luce di quanto accaduto. Si potrebbe in un certo senso affermare che il numero 9 è anche “figlio” della pandemia. Il distanziamento sociale continua. I luoghi del vivere collettivo si sono andati desertificando in questo lungo arco dell’inverno, poi della primavera e adesso dell’incipiente estate del 2020. L’uscire fuori quotidiano si è rovesciato d’improvviso in un forzoso entrare e restare dentro casa per un tempo indefinito. À rebours. “Fuori” è rimasto il lavoro, gli incontri, il traffico, il movimento della vita collettiva. Ora, ci mette timore il respiro degli altri, la superficie degli oggetti, l’aria che respiriamo. Il les-