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Soccorso in fondo al mare ISMERLO, l’organizzazione NATO a supporto dei sottomarini di tutto il mondo. Perché la vita umana in mare non ha bandiere di Viviana Passalacqua
ceano Atlantico, 1939. Trentatré uomini vengono tratti in salvo dal sommergibile americano Squalus, inabissato al largo di Portsmouth, New Hampshire. Si scrive la storia: è la prima operazione di soccorso all’equipaggio di un sottomarino bloccato sui fondali. Mutano mezzi, tecnologie e scenari geopolitici, ma non il valore della vita umana e del suo salvataggio in mare. Di tutto questo si occupa oggi l’organizzazione NATO “ISMERLO” (International Submarine Escape and Rescue Liaison Office), che il 17 marzo ha incontrato “a distanza” 41 Paesi membri nel
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Submarine Escape and Rescue Working Group. Ne abbiamo parlato con il capitano di fregata Gennaro Vitagliano, che da agosto 2017 a ottobre 2021 ha diretto l’ISMERLO presso Londra. Oggi è ufficiale responsabile Submarine and Rescue per l’Italia al 5° Reparto Sommergibili dello Stato Maggiore Marina. Comandante, cos’è e com’è nato ISMERLO? L’incidente occorso al sottomarino russo Kursk nel 2000 ha scaturito una serie di riflessioni sulla sicurezza dei sommergibili. Il gruppo di lavoro della NATO dedicato
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alla sicurezza dei battelli (nome in gergo dei sommergibili N.d.R.) ha individuato nella mancanza di un coordinamento globale delle operazioni di soccorso una carenza che si sarebbe potuta rivelare fatale. L’idea di raccogliere e riunire tutte le capacità di soccorso esistenti in ambito NATO e non, in un unico hub, ha dato vita all’ISMERLO che ha il compito di coordinare i soccorsi e mettere a disposizione della comunità sommergibilistica tutte le risorse disponibili a livello globale, nonché i massimi esperti del settore. Quali sono i fattori determinanti per il successo di un’operazione di salvataggio?