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Zero margini d’errore di Michele Davino

L’attrezzatore navale: un artigiano del mare

L’Arsenale di Taranto: uno scrigno prezioso di mestieri e professionalità legati all’arte marinaresca

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di Fabio Dal Cin

Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti: tecnologie sempre più avanzate e sistemi automatizzati rendono sempre meno necessaria la presenza dell’uomo. Eppure esistono realtà, mestieri, che sfidando il tempo conservano il loro fascino, la loro utilità. Siamo in ambiente navale, all’interno dell’officina porto dell’Arsenale Militare di Taranto, per conoscere da vicino un mestiere antico, tramandato di generazione in generazione: l’attrezzatore navale. A spiegarci nel dettaglio alcuni segreti di questo mestiere è l’assistente tecnico per le lavorazioni, Cosimo Fornaro, il quale, tra utensili tradizionali e un antico banco da lavoro in legno massello di fine ‘800, continua a svolgere il suo lavoro in supporto alle navi della Marina. Classe 1962, il signor Fornaro è entrato a far parte della “famiglia” degli attrezzatori a 19 anni, quando, come operaio, ha seguito da vicino gli insegnamenti di un “maestro” del mestiere, carpendone i segreti, e imparando a realizzare paraeliche, parabordi, biscaggine, reti giapponesi e molto altro. Sig. Fornaro, chi è l’attrezzatore navale? E’ colui che si occupa di costruzioni e lavorazioni di tutto ciò che riguarda i cavi in acciaio, fibra o cordame che servono sia per ormeggi che per qualsiasi altro uso a bordo di mezzi navali minori. Effettua manutenzioni e messe in opera di cavi per gru, per sollevamento, e qualsiasi altra attività che riguardi l'arte marinaresca su funi e cavi. Si occupa pertanto di lavorare su cavi impalmandoli (o impiombandoli) realizzando gasse, sbirri, braghe, penzoli...e avvalendosi di attrezzature che ormai appartengono a vecchie e nostalgiche memorie. Quali sono queste attrezzature? Gli attrezzi che non possono mancare su un banco attrezzatori sono innanzitutto: morse, arganelli a mano, caviglie (punteruoli di ferro che servono ad aprire i trefoli dei cavi d'acciaio), borelli in legno (coni di legno che servono ad aprire i legnoli dei cavi in cordame o in fibra), cordame per fasciare l’estremità dei trefoli impiombati, coltelli, manette (strumento che serve per avvolgere, stringere e preservare funi di comando di macchina merlino o semplicemente sfilacci di canapa), morsetti mobili quando non è disponibile per la lavorazione una morsa da banco. Sulle morse di ogni banco attrezzatori ci sono dei paranchi in legno che terminano con delle pastecche e con dei ganci che servono a sostenere i cavi che saranno successivamente sottoposti a lavorazioni di impiombatura. Che tipo di lavorazione sta svolgendo in questi giorni? Mi è stato chiesto di realizzare dei penzoli in grado di sollevare carichi di peso non eccessivo. Nello specifico parliamo di 4 penzoli destinati a sollevare sia motobarche che distanziatori. L’esigenza è di sollevare circa 20 tonnellate (diametro del cavo di 24/26 millimetri). In questo caso stiamo costruendo delle gasse per poterci “appigliare” a quelli che sono i ganci di traino o sollevamento di una gru. Per farlo, abbiamo necessità di aprire il cavo (ogni cavo di acciaio è formato da 6 trefoli dotati di anima centrale in canapa), tagliarlo, effettuare una perfetta fasciatura che lo fermi non consentendogli di aprirsi, lavorarlo con gli attrezzi di cui ho già parlato fino a

realizzare l’impiombatura finale, dopodiché il prodotto è pronto per l’utilizzo in mare. Non crede che le nuove tecnologie possano far tramontare questo mestiere? Sono convinto che per quanto le nuove tecnologie possano migliorare le lavorazioni marinaresche, nulla potrà mai eguagliare la visione di un natante che mette in bella mostra i suoi “nodi” lavorati a mano. Paraeliche, parabordi, biscaggine, reti giapponesi sono ancora oggetto di ammirazione da parte delle navi straniere. Nello svolgere le mie mansioni, continuo a seguire i dettami e i materiali in uso fino al secolo scorso. Il mio desiderio è riuscire a passare il testimone a personale più giovane, oppure, come è successo a me per via di un maestro geloso che pretendeva che gli ‘rubassi’ il mestiere, mi auguro possa esserci qualche amante dell’arte marinaresca che, raccogliendo qualche mio manufatto, possa studiarlo riproducendolo a regola d’arte e rigorosamente a mano.

In alto: “bozzello” corredato da “canestrello” con “stroppo” e “nodo alla portoghese”. In basso da sinistra: Cosimo Fornaro, attrezzatore; “arganello” a mano e l’inizio “impiombatura” su cavo d’acciaio con l’uso della “caviglia”.

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