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Deforestazione e Amazzonia, così cresce il rischio pandemie

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Distruggere gli habitat naturali di molti animali fa salire il rischio “spillover”

di Giacomo Talignani

Per invertire la rotta è necessario prenderci cura delle nostre foreste e fermare una deforestazione che compromettere le vite di migliaia di specie

Se si distruggono gli habitat gli animali sono costretti ad entrare nello spazio urbanizzato e i rischi di spillover, di salto da animale all’uomo dei virus, si moltiplicano. Per evitare questo e per invertire la rotta di una crisi climatica che accelera, è dunque necessario prenderci più cura delle nostre foreste e fermare una deforestazione che rischia di compromettere le vite di migliaia di specie, uomo compreso.

Ad oggi il nuovo rapporto Fao sulle foreste del mondo ci avverte che la deforestazione sta rallentando in alcune parti del Pianeta ma preoccupa seriamente per i tassi registrati in Africa e in Sudamerica, soprattutto in Amazzonia. La Fao e l’Unep nella giornata mondiale della biodiversità hanno ricordato come dalle foreste dipendano la sicurezza alimentare di milioni di persone, come forniscano 86 milioni di posti di lavoro “verdi” e come delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà, il 90 per cento dipenda proprio dalle foreste come mezzo di sussistenza, che sia per procurarsi cibo oppure legna. Persone che, come gli indigeni dell’Amazzonia, oggi tra deforestazione e pandemia sono in ginocchio e

necessitano di aiuti internazionali per non rischiare di scomparire.

Oltretutto, in questo contesto, come raccontano appelli che rimbalzano dal Brasile alla Bolivia, l’emergenza Covid-19 in Sudamerica sta favorendo diversi taglialegna e minatori che, approfittandosi della situazione complicata, stanno devastando ulteriormente il territorio amazzonico. Da inizio 2020 ad oggi, rispetto all’anno scorso, si conta già il +55 per cento di deforestazione nell’Amazzonia Brasiliana che continua ad essere sventrata, bruciata e deforestata. Secondo l’Inpe (National Institute of Space Research) nel solo aprile 2020 oltre 405 chilometri quadrati della foresta pluviale sono stati deforestati, rispetto ai 248 dell’aprile 2019.

Rispetto a un anno fa nella parte brasiliana la deforestazione è aumentata sino al 64 per cento. Questo, sostengono attivisti e associazioni ambientaliste, è strettamente collegato alle politiche del presidente brasiliano Bolsonaro che favoriscono l’abbattimento degli alberi per riconvertire i terreni ad uso agricolo, per sviluppare il settore minerario e dell’allevamento di bestiame con lo scopo di favorire l’economia del Paese.

Le cifre preoccupanti per un Brasile che sta pagando un prezzo altissimo in termini di vittime per la attuale pandemia da coronavirus, dovrebbero dunque far suonare un campanello d’allarme per tutti noi, ci ricorda uno studio appena pubblicato su A bbiamo spezzato la sottile linea verde. Quella che per anni ha permesso una sintonia fra uomo e foreste e che oggi è prepotentemente in bilico. A causa della deforestazione, ci avvisano diversi studi internazionali, oggi aumenta il rischio di nuove pandemie.

La Fao ci informa che il livello di deforestazione in Afria, Sudamerica e Amazzonia è allarmente Dai polmoni verdi dipende la sicurezza alimentare e il posto di lavoro di milioni di persone

Frontiers in Medicine da un team di scienziati internazionale.

Nell’analisi “Covid-19: The conjunction of events leading to the pandemic and lessons to learn for future threats” un gruppo di ricercatori francesi e spagnoli riconosce infatti nuovamente la pericolosità della distruzione degli habitat naturali e ribadisce che la chiave per contenere future epidemie non è temere “il selvaggio”, ma riconoscere invece che l’attività antropica è responsabile dell’emergere e del propagarsi della zoonosi e delle nuove pandemie. Gli scienziati avvertono anche che o lo sfruttamento della natura da parte dell’umanità cambierà oppure ci saranno pandemie più mortali rispetto a quella in corso.

L’analisi spiega infatti che la distruzione di foreste e habitat dovrebbe preoccuparci seriamente: come avvenuto in Asia, proprio il Sudamerica è oggi uno dei continenti dove più facilmente potrebbe svilupparsi lo spillover. Altra zona a rischio, in futuro, potrebbe essere l’Africa, dove dal Congo alle zone centrali la deforestazione avanza.

In generale però, ci dicono i dati del Global Forest Resources Assessment 2020 della Fao, per fortuna c’è qualche segnale di speranza in termini di disboscamento, che in tutto il globo sembra ora muoversi a ritmi più lenti rispetto al passato: siamo a 10 milioni di ettari all’anno convertiti in altri usi dal 2015, in calo rispetto ai 12 milioni di ettari all’anno dei cinque anni precedenti.

Segnali che dovremmo cogliere e implementare per ripristinare quella sottile linea verde in difesa delle nostre preziosissime foreste che oggi contengono 60mila specie diverse di alberi, l’80 per cento delle specie di anfibi, il 75 per cento di quelle di uccelli o il 68 per cento delle specie di mammiferi della Terra.

Come ha spiegato il ricercatore italiano Giorgio Vacchiano della Statale di Milano, «è importante proteggere foreste come l’Amazzonia attraverso una cooperazione internazionale. Le foreste, e soprattutto quelle tropicali, con un 1 milione di specie ancora da scoprire, sono enormi serbatoi di potenziali virus che potrebbero fare il salto, se noi continuiamo a mutarne gli equilibri. Non sappiamo, modificando con la deforestazione le relazioni uomo-animale, cosa potrebbe accadere, con il rischio di nuove e devastanti pandemie. Dobbiamo subito avviare gli strumenti per proteggerla».

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