Quando i Giganti cadono. Fenomenologia della Memoria FRANCESCO DEL SOLE
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Il Gigante è colui che riesce a vedere tradotta la propria visione del mondo in un modello architettonico, a plasmare il territorio con monumenti che testimoniano il potere di autorappresentarsi ed esibirsi in un’immagine. Quando si usa la parola monumento, di solito si ha in mente l’immagine di una “cosa degna di esser vista”, distinta dal resto dei manufatti artistici, poiché possiede alcune caratteristiche specifiche: è solitamente un oggetto di grandi dimensioni; appartiene allo spazio pubblico, occupandone un posto ben preciso; è realizzato in materiali durevoli; è destinato a commemorare un evento o un personaggio importante per la comunità in cui è inserito [R. Koselleck, I monumenti: materia per una memoria collettiva?, in “Discipline filosofiche”, 13, 2, pp. 9-33]. Sironi definisce il monumento “una voce sopra ad altre voci”. [M. Sironi, Monumentalità fascista, in La rivista illustrata del popolo d’Italia, pp. 84-93]. Questa definizione è utile per risalire al significato più profondo di questo termine, che deriva dal latino monere, rimandando al senso del ricordare, far presente, ammonire ed esortare1. È il fulcro di uno spazio che diviene luogo di memoria, posizionato in modo da essere una fonte diretta della storia, prodotta volontariamente dalla società secondo un processo di intenzionalità diretta della memoria [P. Nora, a cura di, Les Lieux de Mémoire, Gallimard, Parigi 1997]. Il monumento pubblico deve essere analizzato in relazione al suo ambiente, non solo nella sua componente scultorea, ma anche nello spazio costruito attorno ad esso, per mezzo del quale