30 minute read

Tecnologia e dintorni Valerio Maria Urru

CURIOSITÀ Internet è ovunque. Persino sull’Everest, dove un ripetitore della “Everest Link” può inviare 50 megabyte al secondo. Inoltre, funziona grazie a pannelli solari.

1SEMPRE MENO CHIP SUL MERCATO MONDIALE La crisi ha colpito soprattutto la produzione di auto elettriche

La carenza mondiale, dovuta all’arresto - totale o parziale - durante la pandemia dell’attività di estrazione delle materie prime con cui sono prodotti chip e semiconduttori, ha messo in crisi un mercato da 600 miliardi di dollari. La domanda ha poi visto una forte ripresa, ma la carenza di chip da 50 centesimi ha rallentato la produzione di auto elettriche. I colossi mondiali del silicio stanno investendo decine di miliardi di euro, ma la strada resta piuttosto lunga.

2UN’APP PER FACILITARE LE PULIZIE DI CASA Non farà le pulizie al posto nostro, ma ci aiuterà a pianificarle

Ottimizzare i tempi per pulire casa sarebbe l’ideale. L’App Tody-Smarter Cleaning non fa le pulizie al posto nostro, ma sicuramente funge da timer e tracker preciso. Pratica e intuitiva, consente di “tenere sotto controllo” l’igiene della nostra abitazione, aggiungendo stanze e attribuendo loro le varie attività. Interagendo, lo stato di pulizia viene costantemente aggiornato, mentre attività come passare l’aspirapolvere o pulire i bagni sono generate automaticamente.

https://play.google.com

3ARTE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE Meta può trasformare i testi in video

Rapporto sempre più stretto tra arte digitale e Intelligenza Artificiale. Da mesi spopolano programmi in grado di creare opere digitali partendo da una semplice “riga di comandi”, ossia una descrizione in codice informatico. La piattaforma Meta ha presentato da poco Make-a-Video, nuova IA capace di trasformare istruzioni scritte in clip video in alta qualità. Anche se ancora in fase embrionale, questo genere di tecnologia ovviamente solleva tante riflessioni etiche.

https://about.meta.com

4TODOIST, UN’APP PRODUTTIVA E UTILE Come organizzare (e armonizzare) vita e lavoro con pochi “tap”

Todoist è un’App realizzata per gestire attività e liste di cose da fare. Un prodotto semplice e potente al tempo stesso, con cui organizzare la propria vita familiare e lavorativa, e non solo. Todoist, infatti, è un task manager che facilita anche la condivisione con colleghi o familiari attraverso un’interfaccia lineare. È disponibile su tutti i dispositivi e compatibile con App, estensioni e widget vari. Per portare a termine obiettivi, anche la tecnologia può essere d’aiuto.

https://play.google.com

LO SAPEVATE CHE?

IAB Forum, il principale evento sull’innovazione digitale in Italia, quest’anno compie 20 anni e si svolge a Milano dal 15 al 16 novembre. https://iab.it/eventi/iab-forum-2022

Focus

LO STATO DELL’ARTE

di

«Ero già in una sorta di estasi all’idea di trovarmi a Firenze (…). Assorbito nella contemplazione della bellezza sublime, la vedevo da vicino, la toccavo per così dire. Ero giunto a quel livello di emozione, dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere». Era il 1817 quando uno scrittore francese all’epoca semi sconosciuto, un certo Marie-Henri Beyle, descrisse le sensazioni violente che gli aveva procurato visitare una delle più belle basiliche del nostro Paese, Santa Croce a Firenze. La città toscana faceva parte di un l’Italia e di questo viaggio teneva un diario che poi diede alle stampe, col titolo Roma, Napoli e Firenze uno pseudonimo: Stendhal. Il “malessere” che colpì lo scrittore francese è oggi conosciuto come Sindrome di Stendhal (che da lui prese il nome), ed è un disturbo psicosomatico che si manifesta in alcune persone particolarmente sensibili alla visione della bellezza scaturita dalle opere d’arte, siano esse statue, dipinti, opere architettoniche o monumenti. A ben guardare nel nostro Belpaese, tutti dovremmo essere in un costante stato di estasi solo per l’essere circondati da un patrimonio artistico-culturale di ineguagliabile valore. Basta scorrere i numeri: in Italia ci sono oltre 3.400 musei, circa 2.100 aree e parchi archeologici e 58 siti Unesco, riconosciuti Patrimonio dell’Umanità. Nessun’altra Nazione eguaglia la nostra ricchezza artistica. Eppure, in base agli ultimi dati Istat, la spesa pubblica che il nostro Paese assegna alla tutela e alla valorizzazione del proprio patrimonio artistico è pari a 5,1 miliardi di euro, il 2,9 per mille del suo Pil (la media europea è del 4 per mille). Non un granché, se si pensa che Francia e Germania investono nel loro patrimonio artistico rispettivamente 14,8 e 13,5 miliardi. La realtà è che la maggior parte degli italiani non ama frequentare musei e aree archeologiche, e in troppi credono che la cultura non sia fondamentale nella vita delle persone. Una credenza che colpisce tanto il cittadino quanto la classe dirigente, poco incline a considerare anche l’alto valore economico che ha il nostro patrimonio artistico e a valorizzarlo. È importante cambiare rotta, e dare la possibilità alle nuove genera abbiamo goduto noi. Facciamo provare anche a loro che cosa

BENVENUTI AL MUSEO ITALIA!

di Anna Costalunga

Italia e cultura rappresentano nell’immaginario collettivo un binomio inscindibile. Del resto U.S. News & World Report, storica rivista statunitense nota per le sue il nostro Paese primo al mondo per primato decisamente invidiabile, che non rappresenta certo una novità: dai viaggi degli Umanisti al Grand Tour del Sette/Ottocento, le opere d’arte e i paesaggi archeologici hanno attirato un numero sempre crescente di viaggiatori. Ma quali sono oggi i musei più visitati del nostro Paese?

THE BEST OF: CHI SALE …

Giornale dell’Arte vede al primo posto (quinta posizione assoluta al mondo) che, con oltre 1,7 milioni di visitatori, “battono” i Musei Vaticani e il Colosseo, retrocessi al decimo e nono posto. Questo inaspettato disamore verso i gladiatori trova peraltro conferma nella altre strutture sul podio: le Gallerie dell’Accademia di Firenze, il Museo della Triennale di Milano e l’ormai celebre Museo Egizio di Torino. Il capoluogo piemontese, inoltre, rimane nella top ten con il Museo Nazionale del Cinema e i Musei Reali. Ottima performance per le aree all’aperto: Villa d’Este e Villa Adriana a Tivoli compaiono tivamente al 13° e al 32° posto. Una città ricca di tesori come Roma è sesta con Castel Sant’Angelo (e nona con la Galleria Borghese), Napoli arriva poco fuori dai primi dieci posti con il Museo Archeologico Nazionale, mentre il Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano guadagna la 14ª posizione, seguito dalla Pinacoteca di Brera. Grande successo anche per il Museo Archeologico di Venezia, il Palazzo Ducale di Mantova e i Musei del Bargello di Firenze.

… E CHI SCENDE

Ma in questo giro virtuale per l’Italia, c’è anche chi perde posizioni, come il castello di Miramare a Trieste, la Galleria di Urbino, Palazzo Madama a Torino e il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma. Un fatto da segna delle istallazioni e delle strutture d’arte contemporanea, fanalino di coda del

TRA MUSEI, AREE ARCHEOLOGICHE E SITI UNESCO, IL BELPAESE VANTA UN PATRIMONIO CULTURALE, NATURALE E ARTISTICO SCONFINATO

sistema culturale italiano. È questo il caso di Pirelli HangarBicocca, seguito dalla Gam di Torino, dalla Galleria Nazionale di Roma, dalla GAMeC di Bergamo e dal MaGa di Gallarate, mentre il MAMbo di Bologna si trova in 51ª posizione.

DIAMO I NUMERI!

Secondo i dati Istat riferiti all’anno in corso, un comune su quattro ospita una struttura museale. Di queste, quasi la metà si trova nelle regioni del Nord (46,2%), il 28,9% è al Centro e il 24,9% al Sud e nelle Isole. Nel Mezzogiorno, però, si concentrano oltre la metà delle aree archeologiche (51,5%) mentre in Italia settentrionale si trovano il 49,4% dei musei e il 40% dei monumenti. La più alta concentrazione di strutture è in Toscana (541), Emilia-Romagna (402), Lombardia (387), Piemonte (346) e Lazio (357). Probabilmente in nessun altro Paese è possibile incontrare un patrimonio culturale e artistico più vario. L’Italia, culla di culture millenarie e ca merevoli musei e parchi archeologici, anche localizzati nelle zone più interne del Paese, da tempo oggetto di un turismo ecologico e slow. Naturalmente non tutti i musei contengono opere d’arte: li archeologici, i musei antropologici e i musei degli strumenti musicali, i musei storici e persino gli ecomusei, che tutelano interi ambienti naturali, insieme alle tradizioni delle piccole comunità.

IL PATRIMONIO UNESCO IN ITALIA

culturale italiana si trovi solo nei musei e nelle aree archeologiche, dal momento che il nostro Paese detiene ben 58 siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Quella di “patri nasce nel 1972, quando l’ONU adotta la Convenzione per la Protezione del Patrimonio Culturale e Naturale, con l’intento di salvaguardare i siti di “eccezionale valore universale”. Una missione importante per valorizzare e conservare siti archeologici, ville e dimore storiche, piccoli borghi, e persino paesaggi naturali, come catene montuose e vulcani. Ed ecco che, in questo lungo elenco (consultabile sul sito www.unesco.it), compaiono le Dolomiti, l’Etna, i portici di Bologna, Mantova e Sabbioneta, le Residenze Sabaude e la Basilica di San Francesco ad Assisi. Tuttavia non bisogna dimenticare che la cultura di un popolo non è solo un patrimonio, per così dire, tangibile, ma passa anche attraverso le tradizioni orali, il folklore, le pratiche religiose e i riti ancestrali, trasmessi da una generazione all’altra. Per questo, nel 2003 l’Unesco trimonio culturale immateriale”, dando vita ad una lista che in Italia comprende antiche arti e mestieri come la ricerca del tartufo, la transumanza, l’arte dei piazzaioli napoletani e persino la dieta mediterranea.

UN PATRIMONIO SEMPRE PIÙ DIGITALIZZATO

“La cultura non si ferma” non è solo uno slogan, ma una affermazione che nasce dai fat vid hanno previsto la chiusura do appena possibile - e con successo - al pubblico, no La pandemia ha accelerato la digitalizzazione dei servizi, incrementando le prenotazioni sione di immagini e percorsi stenuta anche dai fondi del 500 milioni di euro entro il del patrimonio culturale, alla dotazione tecnologica delle

DI FRONTE ALLA SFIDA DEL FUTURO

Non più solo luoghi di esposizione, i musei hanno cambiato da qualche tempo la loro missione:

di Ersilia Rozza

Nicolas Bourriaud, già direttore dell’École nationale supérieure des Beaux Ar una recente intervista: «L’opera d’arte è come la sporcizia: non è mai al posto giusto», teorizzando che, nell’attuale era dell’antropocene, «non può esserci osservazione senza partecipazione» e bisogna riarticolare il dialogo tra soggetti e oggetti «per porsi come laboratorio in cui l’ideologia viene messa in discussione». Sono questi i punti di riferimento da cui bisognerebbe partire per dare una nuova “vita” ai musei, dopo lo tsunami del lockdown, alla ricerca di un equilibrio tra educazione, intrattenimento, sostenibilità economica, impatto sociale e territoriale. Dopo gli storici mutamenti dettati dalla riproducibilità tecnica dell’opera d’arte - il celebre saggio di Walter “perdita dell’aura” - e dalla “performing art”, che spostò negli Anni ’60, il baricentro del gesto artistico dall’oggetto all’azione, il processo di fruizione dell’arte da parte del pubblico è in continuo mutamento. E proprio il pubblico, i visitatori, sono il punto di attenzione di chi è chiamato a dirigere e a gestire le strutture che dell’arte non possono più essere solo custodi: i musei. La ricercatrice Deborah Agostino, recentemente impegnata in un progetto teso a individuare come possano creare sei, negli ultimi anni, hanno cambiato sformandosi da musei che mettono al centro della propria attività la tutela della collezione in musei che mettono al centro il visitatore/utente: que di educarli/intrattenerli». L’edutainment del pubblico è prospetticamente determinante. Se oggi i musei attraggono soprattutto una platea femminile, di nazionalità italiana, di età media e che dedica loro circa tre uscite all’anno, la scettico”, da chi non ha mai neppure sentito parlare del museo a chi preferisce occupare il tempo libero con lo sport, gli amici, in casa, a chi, pur interessato al consumo culturale, non sceglie i musei oppure non ritiene utile visitarli una seconda volta. Se da un lato non bisogna minimamente demonizzare la pura contemplazione estetica delle opere - che è già, come ricordava Bourriaud, “partecipazione” a un universo di segnali, insegnamenti, memoria -, è ormai indispensabile produrre una programmazione, e anche un percorso di attraversamento e visione, che sappia educare, intrattenere, coinvolgere. Programmazione che ha il compito di confrontarsi e di integrarsi con quelle di altre istituzioni culturali, pubbliche e private, presenti nella zona, in particolare con chi organizza esposizioni

e mostre in maniera spesso continuativa. Se allargare l’utenza in maniera sinergica rischia di produrre un’ec sbagliato qualcosa nella proposta. Dovremmo invece assistere a una contemporanea e innovativa continuazione della formidabile intuizione illuministica secondo la quale l’arte può essere per tutti, da cui sono nate le gallerie pubbliche e private, di raccolta e libera visione. «Il museo che verrà dovrà essere sempre di più un’intelligenza viva, attenta a quello che succede fuori, pronta a recepire e raccontare i cambiamenti. Ripensare un museo vuol dire interrogarsi su come produrre cultura». Così diceva Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI, ai festeggiamenti per il decennale dell’istituzione romana. E dettava anche una ricetta: «Fare ricerca, coltivare incontri culturali, rinforzare la sezione educativa e didattica»; e ancora: «cucire rapporti con il territorio, farsi interprete di bisogni reali». Il museo come teatro della realtà, in cui le opere esposte non sono semplici simulacri (né, per quel che riguarda le mostre organizzate all’interno delle strutture, semplici oggetti di un viavai frenetico da un continente all’altro), bensì strumenti sensibili per capire il presente, siano esse capolavori del passato oppure realizzazioni contemporanee. Nella nostre città i musei sono chiamati ad assumere un sempre maggiore ruolo sociale, arrivando a coinvolgere le periferie e persino le realtà carcerarie, anche con iniziative di arte pubblica che li portano a superare i loro miche dettate dal “turismo culturale”, li renda soggetti attivi nelle politiche territoriali. La provocatoria sporcizia di Bourriaud indica, oltre alla sinergia tra natura e cultu il pensiero occidentale, la capacità di estrarre segni da un territorio e la continua ricerca di uno spazio “giusto” in quello stesso habitat dove collocarli. Attività questa che richiede un nuovo utilizzo e nuove specializzazioni del personale, che non dovrà più limitare le proprie attività lavorative a vigilanza, sorveglianza e segreteria. Le relazioni con il territorio (per i musei maggiori anche tramite la delocalizzazione di opere in piccole realtà locali), così come il “fundraising” e il marketing per un ampliamento delle possibilità economiche e la visibilità online, dovranno essere potenziate e sostenute da specialisti ad hoc, non solo dai direttori come è “Uno dei luoghi che danno l’idea più elevata dell’uomo”,

scrittore che da ministro della Cultura permise l’esposizione della Gioconda al Metropolitan di New York, avrà sempre maggior bisogno di visi come Il codice da Vinci o The Dreamers, di video musicali come Apeshit di Beyoncé e Jay-Z (nonostante le 267 milioni di visualizzazioni), di terminante nella rete, sfruttando le e dalle piattaforme. Le modalità sono numerosissime, partendo dalla creazione di app dedicate.

Abbiamo chiesto il parere a guidare: James Bradburne, il museologo e manager culturale anglo-ca di una delle maggiori pinacoteche italiane, la milanese Brera, e la sto febbraio alla direzione del piccolo e

Conservazione ed esposizione, tutela e ricerca, piacere ed educazione: quale

James Bradburne: «Brera è un grande museo nazionale, con personale dalle molteplici competenze, per cui nessu na ha le sue esigenze, ognuna ha le mente dialoghi che invitano i nostri ricerca e pubblichiamo regolarmente, Dalla semplice, indispensabile digitalizzazione della collezione e dalla creazione di percorsi tematici, su periodi storici oppure artisti, alla programmazione di interventi di approfondimento sulle opere, che potrebbero diventare podcast scaricabili o addirittura veri e propri canali YouTube. Ancora, la realizzazione di show culturali radiofonici e visuali, di ricostruzioni storiche grazie alla realtà aumentata, di viaggi immersivi, di giochi intelligenti, di collaborazioni-confronto con altre social più frequentati dai giovanissimi, come TikTok o il cinese Douyn.

massive open online courses), corsi accademici gratuiti e accessibili. ale - magari con il suo patrimonio riallestito e con i depositi e gli archivi valorizzati - a essere la fonte di quanto immesso in rete. Internet è ancora mezzo di informazione di qualcosa che si trova al di fuori di Internet. Almeno tarsi con l’avvento degli Nft, le opere “not-fungible token” di realizzazione digitale conservate in banche dati collocate nelle cloud di conservazione dei

LA PAROLA AI DIRETTORI

e abbiamo uno straordinario servizio grammi che vanno dai bambini più : «Devo dire, senza presun lavorare più che altro sulla conservazione, anche perché abbiamo alcune un Nivola gigantesco, che hanno ne Dobbiamo fare molta comunicazione, però dobbiamo - come missione numero uno - tutelare e custodire le ope vincere il bando del ministero per il stemare degli spazi e di fare nuove ac

Le esigenze delle opere e quelle del pub

James Bradburne conservare e proteggere le opere non ho mai incontrato una situazio fosse un impedimento per rendere posizione, perché tante opere che i visitatori vorrebbero guardare da un re o interagire con esse, non posso mostra opere girevoli, che dovrebbero il visitatore non ha contezza che co

James Bradburne colo che impedisce ai musei stata pubblico è la mancanza di autonomia saranno mai in grado di servire pie soldi - o è in grado di trovarli - ha tonomamente il proprio budget per assegnare alle persone giuste il lavo deguamento di sistemi ambientali - za… - con apparecchiature sempre

James Bradburne non può e non deve essere una scuo informale, come una biblioteca o un dimento può essere o meno presen turismo è la conseguenza della creazione di un museo amato dai suoi : «Bisogna cercare di far museo deve sicuramente aprirsi alle di pubblico, proponendo diversi li lezione, ogni mostra, ogni apparato pubblico va educato, senza abbassare la guardia, tenendo sempre un

L’ARTE (S)CONOSCIUTA DEI DEPOSITI

Quello che vediamo nei musei è solo una piccola parte delle opere a disposizione, spesso relegate in ricchissimi magazzini. Molte di queste raramente verranno esposte. Un problema risolvibile con la disponibilità di maggiori risorse e spazi necessari

di Raffaello Carabini L’arte in Italia, ma spesso anche per le maggiori istituzioni museali del mondo, è un iceberg. Se ne può vedere solo il 10-15%, la parte restante è sommersa nei depositi e negli archivi. La funzione di conservazione, considerata sempre la più importante, ha spesso travalicato quella sancita dall’International Council of Museums (ultimo aggiornamento del 22 agosto scorso), la quale afferma che un museo, per essere tale, debba promuovere la diversità e la sostenibilità, operare e comunicare «in modo etico, professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo svariate esperienze di educazione, divertimento, riflessione e condivisione delle conoscenze». E sottolinea che, «senza fini di lucro, al servizio della società, ricerca, raccoglie, conserva, interpreta ed espone un patrimonio materiale e immateriale». È già della fine dell’800 la regola che caratterizza l’operatività dei musei: le opere d’arte più celebri sono esposte al pubblico, quelle che rivestono principalmente un interesse scientifico finiscono in deposito, ad uso e consumo degli studiosi. Le collocazioni museali italiane, spesso in palazzi di antica edificazione e vincolati - i cui spazi sono stati riadattati - non consentono quasi mai la fruizione della maggior parte delle opere, ormai pressoché stabilmente divise in tre categorie: i capolavori intoccabili, quelle che possono ruotare nell’esposizione (o che possono essere concesse in prestito a musei minori del territorio) e quelle stabilmente confinate nei depositi. Con la variante delle opere di cui è valutabile la concessione per mostre temporanee, reperibili, ma di rado, anche nell’ultima fascia. In queste condizioni è ovvio che esporre tutto il patrimonio è impossibile. Già un semplice ampliamento delle superfici visitabili comporterebbe costi sempre elevatissimi. La situazione non è paragonabile a quella del museo etnografico della British Columbia University di Vancouver che, nel 1976, progettò il primo deposito completamente accessibile ai visitatori. Per il visible storage serve una predisposizione precisa fin dalle istruzioni date agli architetti progettisti, come avvenuto per il MUDEC di Milano sull’esempio di grandi musei americani (e del parigino Musée du quai Branly dell’archistar Jean Nouvel, che ospita in una torre di vetro alta 27 metri e divisa in sei livelli, oltre che 10mila strumenti musicali etnici provenienti da tutto il mondo). In questa direzione ha fatto scalpore, giusto un anno fa, l’apertura del Depot del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam (espone in sede solo il 7% della raccolta), perché la nuova costruzione vede i quadri conservati su tre piani in rastrelliere disposte a seconda delle esigenze di conservazione e non per periodi storici, e offre un giardino delle sculture, laboratori per il restauro e ottimi servizi per i fruitori, tra cui un ristorante stellato. E restiamo in attesa di vedere completate le nuove

storehouse del Louvre e del Victoria & Albert Museum londinese. Ben diversa è la generalizzata situazione italiana, nonostante la parole d’ordine lanciate da Matera, Capitale europea della Cultura 2019: «L’essenziale è invisibile agli occhi». Purtroppo, viene da aggiungere, perché gli spazi sono quelli che sono, anche se si sta cercando di aumentarli e razionalizzarli. Quali interventi attuare nell’immediato? Almeno due, come afferma Eike Schmidt, il direttore degli Uffizi di Firenze, tra i più attivi nella valorizzazione dei depositi: la rotazione e soprattutto l’allestimento dislocato, «inteso come una vera e propria operazione scientifica: esporre opere finora inaccessibili in luoghi vicini a dove le persone vivono e lavorano». Come corollario, determinante rimane la digitalizzazione di quanto conservato (il suo impulso è stato l’unico, o quasi, effetto positivo del lockdown), la cui visibilità virtuale non è certamente paragonabile a quella de visu. Però è anche un mezzo per attuare quelle attività di studio e ricerca che sono alla base delle rotazioni, dei prestiti e le esposizioni tematiche che vari musei attuano come metodo di presentazione dei propri patrimoni “occulti”. Non sono numerosi gli esempi felici, come la Pinacoteca Brera di Milano, il cui direttore James Bradburne dice: «Rispetto ad altri musei, Brera espone gran parte della sua collezione, ben oltre i due terzi. Tuttavia, non tutta la collezione è visibile nel Palazzo di Brera, poiché gran parte di essa si trova nei cosiddetti “depositi esterni”, aperti al pubblico in chiese, uffici pubblici e altri musei. Attualmente stiamo lavorando a un grande progetto di mappatura ed etichettatura di tutti gli oggetti esposti nei depositi esterni, a partire da quelli presenti nelle chiese e nei musei milanesi». Va però detto che nei depositi, oltre a importanti nuclei di difficile conservazione - dalle stampe ai disegni - e di impossibile esposizione continuativa, una certa percentuale delle opere avrebbe bisogno di un restauro e un’altra parte poco aggiungerebbe a quelle già visibili, senza dire delle croste di bassissimo livello artistico e culturale, frutto di acquisizioni più ampie. Questo induce diversi operatori a spingere per consentire e regolamentare il deacessioning, diffuso nel mondo anglosassone, ma in Italia proibito dall’articolo 54 del Codice dei Beni Culturali, che ne prevede l’inalienabilità. Paolo Manazza, direttore di ArtsLife. com ed esperto del mercato dell’arte per il Corriere della Sera, è «assolutamente d’accordo con chi pensa che una certa parte minore delle opere conservate nei depositi potrebbe essere venduta per finanziare una migliore fruizione di quelle esposte». E specifica: «Il problema sarebbe quello di istituire un comitato di esperti che, insieme ai direttori museali, possano scegliere quali. Negli Usa, ad esempio, vendono delle opere minori o di artisti già ben rappresentati nelle sale, per compiere ulteriori acquisti di capolavori da esporre».

PATRIMONIO CULTURALE: QUANTO SPENDIAMO IN ITALIA?

di Ilaria Romano

Secondo le stime del Fondo ambientale italiano, il nostro Paese detiene il primato mondiale per ricchezza culturale e ambientale, con 58 siti che rientrano nella lista Unesco dei patrimoni mondiali dell’umanità, contro i 56 della Cina e i 50 della Germania, al secondo e al terzo posto. L’Italia possiede un inestimabile ricchezza distribuita su tutto il territorio nazionale e può contare su una rete di oltre 4 mila musei, 600 aree archeologiche, 85 mila chiese soggette a tutela e 40 mila dimore storiche. Il valore in termini economici si aggira intorno ai 990 miliardi di

La pandemia ha messo a dura prova la tenuta dei musei e delle

euro, e solo le opere d’arte classi turale, biblioteche e archivi valgono 174 miliardi di euro, una cifra pari al 10,4% del nostro Pil. Eppure la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura è sempre agli ultimi posti nella media europea, e spesso guidata dalla logica delle emergenze. Nel 2020 la Corte dei Conti aveva istituito un’indagine sul Fondo per la tutela del patrimonio culturale, istituito dalla Legge di Stabilità del 2015, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro annui dal 2016 al 2020: l’obiettivo era la manutenzione e conservazione del patrimonio culturale del Paese. Le criticità individuate riguardavano proprio l’orientamento degli interventi in termini di emergenzialità e con carattere d’urgenza, oltre alla scarsità di risorse disponibili e ai ritardi negli stanziamenti. La pandemia ha poi ulteriormente peggiorato la situazione, per la sua ricaduta negativa sul patrimonio artistico, dovuta all’impossibilità di effettuare le visite in presenza durante i periodi di lockdown, e causando di conseguenza un’ulteriore riduzione dei fondi a disposizione, oltre che una perdita di posti di lavoro pari a 55 mila, il 6,7%, oltre il triplo rispetto al calo dell’occupazione totale, che è stato del 2,4%. La scorsa estate ha però segnato una ripartenza dei consumi culturali, che con una spesa media di 125 euro pro capite si sono riavvicinati ai livelli del 2019: secondo i dati dell’indagine dell’Osservatorio di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, realizzata in collaborazione con Swg, la frequentazione di mostre, musei e siti archeologici è cresciuta del 14%, quella del cinema del 13%, del teatro del 5% e degli eventi dal vivo, in particolare all’aperto, del 7%. A oggi l’ossigeno dovrebbe arrivare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, che include una missione dedicata a turismo e cultura, per un investimento di 6,7 miliardi di euro. Ma questi interventi di natura straordinaria devono essere sostenuti da azioni locali mirate, perché anche nei bilanci dei Comuni ci sono due voci di spesa legati a “valorizzazione dei beni di interesse storico” e “attività culturali e interventi diversi nel settore culturale”. A livello locale, la spesa media pro capite è di 28,21 euro (dati 2020), con picchi di 108,40 euro per i comuni della provincia autonoma di Bolzano, seguiti da quelli della Sardegna (85,50 euro) e della Valle d’Aosta (71,60 euro). Gli enti locali che riportano le spese più basse sono quelli del Piemonte (16,18 euro), del Molise (15,82 euro) e della Liguria (14,23 euro).

INTERVENTI E INVESTIMENTI PREVISTI DAL PNRR

Le misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nel campo dei beni culturali riguardano il sostegno al patrimonio per la prossima generazione, la rigenerazione di miliardi di euro, prevede la creazione di un sistema di digitalizzazione della cultura, per favorirne la fruizione e lo sviluppo me e strategie di accesso alla cultura (500 milioni di euro), la di culto si guarda alla sicurezza sismica, al restauro del pa

A TUTELA DI UN PATRIMONIO INFINITO SOTTO ATTACCO

Mentre Napoleone rastrellava opere d’arte dai territori conquistati con le sue Campagne, lo studioso francese Quatremère de Quincy scriveva che un museo «è composto dai luoghi, dai siti, dalle montagne, dalle strade, dalle vie antiche, dalle rispettive posizioni delle città in rovina, fra tutti gli oggetti, dai ricordi, dalle tradizioni locali, dagli usi ancora esistenti, dai paragoni e dai confronti che non si possono fare se non nel Paese stesso». Una denuncia forte di come la perdita di “pezzi” del patrimonio artistico e archeologico di un popolo sia

le protezioni e i sistemi in misura minore del Patrimonio Culturale dei Carabinieri

di un depauperamento della sua identità, della sua storia, della sua cultura, e un impoverimento del suo futuro. Non sembri retorica ma piuttosto un invito alla sua valorizzazione e preservazione, perché nel tempo il patrimonio storico-artistico (e anche paesaggistico) italiano è sempre stato, ed è tuttora, costantemente a rischio. Sue nemiche giurate, di volta in volta, sono state le guerre e le calamità naturali, l’incuria e la polvere del tempo, ma soprattutto, ieri oggi domani, l’umana ingordigia. Non solo, da più parti si lamenta che in Italia si stia a poco a poco perdendo, da parte della gente, e dei giovani in particolare, l’attenzione e la conoscenza dei valo attenzione e conoscenza che costituiscono la loro più importante difesa. Oggi i musei sono protetti piuttosto bene - gli ultimi furti sono delle ra-

pine, effettuati bloccando l’addetto alla vigilanza e non perché l’impianto d’allarme non funzionava o non era inserito -, ma per gli scavi e le chiese la situazione è differente, perché gli uni sono diffusi su ampie zone e le altre sono numerosissime e non di rado non presidiate. Non c’è lo stesso livello di sicurezza di un museo, dove però ci sono numero-

se opere importanti, mentre in altre situazioni magari ce n’è una sola o non si sa neppure se sotto terra c’è qualcosa. Il dossier Attività operativa 2021 del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri è il più recente specchio della situazione in Italia dei traffici illeciti di beni culturali e del loro contrasto. I dati dicono di oltre 2.000 persone denunciate e più di 1.200 deferite all’autorità giudiziaria, con quasi 7.000 controlli (38 gli scavi clandestini chiusi) e 565 perquisizioni. Il NTPC, solo lo scorso anno, ha recuperato quasi 34.000 beni (tra cui 23.441 reperti archeologici) e di 1.748 falsi (particolarmente importante l’operazione contro una banda di contraffattori delle opere di Francis Bacon), per un valore di circa 550 milioni di eu-

ro. Risultati importanti, che da alcuni anni fanno sì che le azioni illegali legate ai beni artistici siano in calo, e per il 2021 il confronto è con il 2020, annus horribilis della pandemia, in cui qualunque attività si era come sospesa, comprese quelle criminali. E, se i furti sono aumentati da 287 a 346, quasi uno al giorno, si è dimezzato il numero delle opere trafugate. Il NTPC ha recuperato di tutto, dalle statuette di epoca precolombiana a vari reperti archeologici romani, dai sarcofagi ai crateri, dalle antefisse alla preziosa Testa dell’Imperatore Settimio Severo (tra le principali restituzioni ottenute da numerosi stati), dalle monete ai libri antichi, dagli affreschi strappati agli elementi architettonici, fino a quadri più recenti, tra cui un fondo oro del maestro del Quattrocento senese Sano di Pietro e un importante dipinto del XVI secolo di Key Willem, trafugato dalle truppe naziste nel giugno 1944 ai danni di Villa San Marco di Perugia. E fino ai 658 falsi Bacon in tecnica mista, pronti a essere immessi sul mercato per un valore valutato attorno ai 240 milioni di euro. Inoltre, la recente approvazione del progetto di legge A.C. 893-B riforma le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, contenute prevalentemente nel “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (D.Lgs. n. 42 del 2004), e le inserisce nel Codice penale, con un inasprimento delle sanzioni e la possibilità di utilizzare nuovi strumenti d’indagine, tra cui l’attività sotto copertura e l’attivazione di siti civetta per i reati di riciclaggio e auto-riciclaggio di beni culturali.

È L’ENERGIA IL TEMA DELLA QUINTA EDIZIONE DI “CORTI DI LUNGA VITA”

Èin cantiere la quinta edizione dei Corti di Lunga Vita, il concorso internazionale di cortometraggi - firmato 50&Più - che ha l’obiettivo di promuovere la realizzazione di lavori audiovisivi incentrati su argomenti legati all’anzianità. Il tema scelto per il 2023 è “energia”. La parola, che in greco significa “forza in azione”, contiene sfaccettature e possibili interpretazioni che solo la fantasia di singoli e gruppi potrà rappresentare in ogni aspetto. Aperto a soci e addetti ai lavori, il Concorso rientra nell’ambito dei grandi eventi che 50&Più organizza da anni per valorizzare l’impegno, la condivisione e la partecipazione tra

L’attualità sembra spingerci verso un diffuso pessimismo nei confronti del futuro. E allora usiamo “l’energia” per invertire questo circolo vizioso. Perché proprio l’energia - e le sue molteplici sfaccettature - sarà il filo conduttore del prossimo Concorso

di Grazia Capuano gli iscritti. È Gabriele Sampaolo, il segretario generale 50&Più, ad anticipare dettagli e riflessioni sulla quinta edizione del Concorso internazionale.

Come mai la scelta della tematica, quest’anno, è ricaduta su “energia”?

È un tema di fortissima attualità. Solo pronunciare questa parola significa richiamare ognuno di noi a un mondo di preoccupazioni e di notizie che ci raggiungono di continuo. Già, perché c’è un tema “energia” che richiama una situazione attuale legata alle angosce. Non possiamo non pensare alla guerra, all’impoverimento dopo la pandemia. Ma c’è anche un tema che richiama molto altro e mi

te umano del termine. L’energia, per esempio, è ciò che ci consente di vivere e, a ben guardare, anche il rapporto tra persone ha bisogno di ener consumiamo per accendere una luce da noi stessi e incontrando gli altri. cosa scontata. Non solo. L’energia è anche un momento creativo che si compie quando ciascuno utilizza la propria creatività: anche questo ha bisogno di una spinta. E inevitabili diventano degli interrogativi. Cos’è che produce energie e cosa, invece, le time elezioni ne sono prova con la registrazione di un massiccio assenteismo, chiaro segno di una mancanza gia da un punto di vista della psicologia sociale, ci rendiamo conto che lare o diminuire l’energia.

Come si collega il tema dell’energia a quelli delle edizioni precedenti?

Il tema dell’incontro tra persone è il che unisce le varie edizioni dei Corti di Lunga Vita. L’energia dell’abbraccio, quella dell’incontro. “incontro”. Ce ne siamo resi conto in maniera particolare durante la pandemia quando l’incontro è mancato. E il titolo della scorsa edizione - Abbracciami - è stato un modo per richiamare la volontà di tornare ad abbracciarsi perché anche la disponibilità all’abbraccio, insieme allo slancio, richiede energia. Oggi è come se entrassimo dentro questo abbraccio chiedendoci cosa c’è. E c’è l’energia di venirsi incontro. Allo stesso tempo c’è altresì l’energia che si sprigiona dall’abbraccio.

Anche l’energia della condivisione?

Le società che condividono i valori comuni sono società che hanno più energia perché producono quello dua le soluzioni. Come associazione tutto questo e incentrarlo sul tema dell’energia. Chi vorrà cimentarsi gomento.

Cosa si aspetta di vedere dai corti del prossimo anno?

Ho imparato che le visioni soggettive sono sempre belle ma restano soggettive e quando queste aprono un sipario dove tante opinioni soggettive si esprimono, c’è sempre da imparare. nelle edizioni precedenti, sono stati eccezionali superando le aspettative. Nelle opere in concorso abbiamo col collettivo. In realtà, non lo so cosa mi aspetto e mi piace non saperlo. Mi entusiasma aspettare e vedere cosa viene prodotto. Il tema è certamente molto intrigante.

Rispetto ai tanti sinonimi della parola “energia”, secondo lei qual è quello più adatto?

La vitalità. È la rappresentazione esteriore di un’energia interiore. La nostra è un’associazione che non si rivolge solo alle persone vitali in ma è un’associazione di anziani vitali che mostra vitalità già dall’aspetto interiore.

Come uno stato d’animo?

Certo. Tutti possiamo ottenere vantaggi uscendo dalla nostra zona di

Questo ci consente anche di avviare un discorso di condivisione

Assolutamente sì. La matematica non conta molto, in questo ambito uno ciazione che vive al proprio interno questi temi è un’associazione che dà molto all’esterno: è un riscontro che otteniamo. I soci sono contenti. E la contentezza cos’è se non provare dentro di sé una energia nuova?

Le iniziative di 50&Più testimoniano da decenni la vitalità dei soci. Rispetto a tutto questo, cosa c’è nel futuro dell’Associazione dal punto di vista dello sviluppo dell’energia?

maggiore attività di tutela e di rappresentanza. Si tratta di un progetto strategico che dobbiamo portare avanti a livello locale e nazionale, che si traduce in una assistenza delle reali problematiche. Faccio un esempio. Da pochi giorni è stato approvato un disegno di legge che riguarda gli anziani. E il nostro impegno non si traduce solo nel seguire l’iter ma anche sia un’applicazione reale. Poi c’è un altro aspetto che riguarda deciso di imprimere sui nostri grandi eventi. Il meeting di novembre è occasione per ricaricare le batterie anche a livello locale dopo la pandemia. Perché il tempo del lockdown sogno di un processo che lo accom di questo. Avvertiamo una diminu cologico. Non possiamo accettarlo. È nostro dovere riaccendere l’entusiasmo. L’appuntamento di novembre è importante perché individua le linee operative e strategiche dei prossimi due anni: una coalizione di volontà sul rilancio della vita associativa a seguito della pandemia che ci ha segnato tantissimo.

This article is from: