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CARO BASKET TI SCRIVO

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BARONE, PER SEMPRE

BARONE, PER SEMPRE

FOCUS di Alice Pedrazzi

“L’ANNO VECCHIO È FINITO ORMAI” E QUELLO CHE VERRÀ CI PORTERÀ AD UN CAMPIONATO EUROPEO PER SOGNARE L’OLIMPIADE. NEL PERIODO DEI BILANCI E DELLE LETTERE A BABBO NATALE, IL PRESIDENTE GIANNI PETRUCCI CI PARLA DEI PROGETTI DEL BASKET FEMMINILE

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L'anno che verrà... Tutti i numeri ed i progetti del basket femminile, del nostro basket, guardando alle spalle l’anno che se ne va e che ci lascia in eredità la qualificazione ai Campionati europei, mentre, davanti quello che verrà ci porterà direttamente a disputare la quarta competizione continentale di fila. E sullo sfondo il grande sogno olimpico. In mezzo un campionato appassionante e per nulla scontato: tante giocatrici che cercano spazio a suon di canestri, progetti di crescita e ampliamento della base. Senza dimenticare vecchie e mai risolte questioni (dovremmo abbassare i canestri, così come la pallavolo ha fatto con la rete, per incrementare la spettacolarità – soprattutto televisiva – di alcuni gesti tecnici, come la schiacciata?). In primo piano, ad illuminare il cielo azzurro del nostro “pink basket”, mille storie di “ragazze di basket”, appunto. Nel periodo dell’anno in cui milioni di bambini di tutto il mondo sono impegnati a scrivere la loro letterina a Babbo Natale, piena di resoconti e promesse, desideri da esaudire come ricompensa per essersi comportati bene, anche noi, purtroppo (e troppo) adulti, vorremmo indirizzarne una: al nostro basket. Quello femminile, s’intende. Anche noi cariche di belle speranze e buona volontà. E così, parafrasando un grande e mai dimenticato appassionato di pallacanestro, figlio di Basket City, come Lucio Dalla, potremmo attaccare dicendo: “Caro amico ti scrivo…”.

Già, caro basket femminile “l’anno vecchio è finito ormai”, e senza soluzione di continuità un altro se ne aprirà, che ci porterà a disputare un Campionato europeo con il sacrosanto diritto (ed anche il dovere…) di provare a sognare. Di pensare in grande. Quanto bello (e forse anche giusto) sarebbe, infatti, se tutte le bambine che giocano a pallacanestro, quest’anno nella loro letterina a Babbo Natale, avessero aggiunto la frase: “E infine, caro Babbo, ti chiedo di portami un Campionato europeo in cui le Azzurre possano regalarci almeno la speranza di giocare una Olimpiade”? Una Olimpiade, caro basket femminile, che ti manca dal lontano 1996, quando le Azzurre guidate da Riccardo Sales sfilarono ad Atlanta. Da allora ad oggi sono passati 22 lunghissimi anni. E tu, non ne senti la mancanza? In realtà, vorremmo chiederti proprio questo: come ti senti, vecchio amico?

Naturalmente, a rispondere a nome tuo (di tutto il basket femminile) non può che essere il Presidente di tutto il movimento cestistico italiano, Gianni Petrucci. Voce autorevole e fare gentile, come sempre mostrando tutta la sua competenza e disponibilità nell’individuare le mille potenzialità e tante fascinazioni del nostro movimento, come una meravigliosa farfalla, che tuttavia fatica ad uscire dal bozzolo: “Quella agli Europei 2019 – spiega il presidente della Fip – non è stata solo una qualificazione, ma un’ottima qualificazione”. E dall’accento che pone sull’aggettivo, a sottolinearne la qualità assoluta, si capisce che la soddisfazione è reale e profonda. “È la quarta qualificazione consecutiva ad un Campionato Europeo per la nostra nazionale rosa - ribadisce Petrucci – ma questa, devo dirlo, ha davvero un sapore particolare: abbiamo disputato un girone di qualificazione entusiasmante. L’amore per la Nazionale di tutte le giocatrici è emerso forte e prepotente in ogni momento”.

Dunque, caro basket femminile azzurro, dopo gli Europei in Francia (2013) e in Ungheria e Romania (2015), disputati sotto la guida di coach Roberto Ricchini, e dopo quelli in Repubblica Ceca (2017), quando l’allora cittì Andrea Capobianco vide svanire il sogno della qualificazione al Mondiale per un soffio ed un sol punto (perdendo 67-68 contro la Lettonia l’Italia finì 7°, mentre alla competizione iridata si qualificavano le prime 6), il fatto che tu sia di nuovo qui, pronto a fare la tua parte in Europa, significa programmazione e continuità di lavoro. Significa che giocatrici di “livello” ne abbiamo. Significa che le giovani “che vincono solo nei campionati di categoria ma poi si perdono”, come dicono in molti, forse da qualche parte stanno arrivando. Allora cosa manca per fare il piccolo-grande passo che può proiettarti (e proiettarci, perché noi verremmo con te, lo sai?) in orbite di grande successo e, perché no, anche visibilità? A rispondere è sempre la saggezza, pacata ma decisa, del Presidente federale:

“Negli ultimi due Europei – ricorda Petrucci – abbiamo avuto una notevole dose di sfortuna. E siccome la sfortuna è un elemento aleatorio dello sport, che viene e che va, ora ci auguriamo che sia la volta per un giro giusto a nostro favore”. Non è vero, dunque, come qualche nostalgico (o maligno?) vocifera, che al basket femminile di oggi, manca qualcosa per vincere a livello senior come fece, per ultima, la nazionale di Pollini e Fullin? “È una questione di generazioni – analizza il presidente – ci sono annate di particolare valore, in cui le giocatrici si ritrovano a compiere insieme un intero percorso, a crescere, sempre insieme, dalle giovanili in avanti”.

Le generazioni si possono costruire, o quantomeno agevolare, con un preciso e metodico progetto di reclutamento? “Certo – prosegue il Numero uno di via Vitorchiano – Le iniziative per il settore femminile ci sono: molte e di qualità. Come l’High School Lab, un progetto che prevede un collegiale permanente di 10 mesi presso il Centro di Preparazione Olimpica “Giulio Onesti” di Roma, con le atlete che possono frequentare il Liceo Scientifico sportivo promosso dal Coni e dal Convitto Nazionale ‘Vittorio Emanuele II’, o la detassazione prevista per le società maschili che decidono di investire nel femminile”. Già, sarebbe bello (e importante) che sempre più società maschili di alto livello, avessero anche una squadra femminile (come ad esempio la Reyer Venezia), generando così un circolo virtuoso ed un volano di passione positivo. Il gap tra cestisti e cestiste, numericamente parlando, è così ampio?

Parlano i numeri. Che ci raccontano di un movimento che, nel suo complesso, fa giocare a minibasket 155.582 bambini, di cui 23.519 sono bambine. Dopo il minibasket, il movimento tessera in totale 162.559 atleti, di cui 21.910 ragazze. In sintesi: solo il 15% di chi gioca a minibasket è una bambina, mentre è donna il 13,8% dei tesserati. Dunque, caro basket femminile, non sei esattamente “l’altra metà del cielo”, ma piuttosto 1/7 scarso del cielo dei canestri. Insomma, tra le bimbe dopo il minibasket la dispersione è maggiore rispetto ai maschietti… Sarà, forse, perché fra le bambine si subisce un po’ troppo la rivalità della pallavolo, sport che non solo nell’italico immaginario comune si addice maggiormente alle ragazze (per via dell’assenza del contatto fisico?), ma è anche vincente soprattutto in azzurro dove la nazionale di volley svolge appieno la funzione di traino (ricordiamo il recentissimo argento mondiale e la conseguente impennata di visibilità). È ancora la voce del Presidente Petrucci, a fugare ogni dubbio sull’ipotizzato dualismo con il volley: “Io mi vanto – dice con una punta di orgoglio – di essere il presidente del basket italiano, disciplina bella, affascinante e popolare. Per questo non siamo gelosi del volley, bravo e vincente”. Certo, è innegabile che le tante vittorie nella pallavolo, soprattutto femminile, hanno spinto negli anni molte bambine ad avvicinarsi a questo sport, che promette sogni di gloria più tangibili e a portata di mano (o quanto meno di telecomando) rispetto a quelli del basket, dove negli ultimi anni non abbiamo visto tante volte le azzurre in tv alzare trofei o lottare in competizioni iridate o a cinque cerchi.

“È innegabile – dice schietto Petrucci – se vince la nazionale, aumentano i risultati anche in termini di reclutamento e diffusione del movimento”. Ecco, è stato toccato un punto cruciale. Ma poi? Come si dovrebbe fare a sfruttare queste vittorie, fino in fondo e per il bene e la crescita dell’intero movimento cestistico italiano? Il Presidente Fip non ha dubbi: “Saper sfruttare una vittoria, significa solo e soltanto seguitare a vincere. Perché è indubbio che le vittorie sono lo spot migliore per tutto il movimento”. Eppure di fascino ne hai anche tu da vendere, caro vecchio basket femminile. “Gli sponsor si avvicinano – sottolinea ancora Petrucci – e questo non solo è importante, ma anche significativo”. Certamente è uno degli strumenti più veritieri per misurare la temperatura del movimento e la sua capacità di esercitare forza attrattiva. Insomma, il basket femminile piace, non sappiamo se alla gente che piace, ma certamente a quella che ama lo sport vero, fatto di sacrifici e di voglia di superare i propri limiti, fatto di bambine, ragazze e donne piene di sogni e di amore per uno sport (l’unico…) che tende al cielo.

Le storie del basket femminile conquistano l’opinione pubblica e si fanno largo sui media, nuovi o tradizionali che siano. La visibilità che Cecilia Zandalasini, enfant prodige del nostro basket azzurro, si è conquistata a suon di canestri e talento dall’Europeo del 2017 in poi ne è la prova più cristallina ed inconfutabile. “Ma pensiamo anche a Sottana, Penna o a Olbis Andrè – aggiunge il presidente Petrucci –. Anche le loro sono storie bellissime”. E ricordiamo anche le 375.000 persone che hanno guardato sui social il video del commovente saluto di Chicca Macchi alle compagne, quando dovette abbandonare anzitempo l’Europeo 2017 per un grave infortunio.

Appassiona il basket femminile, conquistano cuori e spazi queste atlete, con il loro talento, la loro professionalità ma anche, e forse soprattutto, con l’amore che sanno mettere in ogni azione, sul campo e non. Così, grazie a loro o a progetti che continuino sempre a favorirne lo sviluppo, diventando strutturali e anche, perché no? con un pizzico di fortuna che ci aiuti a cogliere anche qualche risultato altisonante, il basket femminile potrà davvero diventare “l’altra metà del cielo” del meraviglioso mondo italiano dei canestri.

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