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BABY ORSILI, L'ORO VIVO
from PINK BASKET N.11
by Pink Basket
BABY ORSILI, L'ORO VIVO
LA RAGAZZA DELL’ESTATE, CON I DUE TRIONFI EUROPEI GIOVANILI, È UN PICCOLO CICLONE SORRIDENTE DA SCOPRIRE. COME QUANDO PARLA DEL RUOLO DA PLAY: “SE SBAGLI SONO CAVOLI TUOI, SE SBAGLIA UN’ALTRA SONO SEMPRE CAVOLI TUOI…”
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COVER STORY di Giulia Arturi
A 17 anni ci si può permettere di sognare in grande. Ma realizzare due sogni, e di quelli da una volta nella vita, in un’unica estate, è tutta un’altra storia. Ci è riuscita Alessandra Orsili, 17 anni (18 il 4 ottobre), playmaker a Lucca, mettendosi al collo due ori europei, da protagonista, in poco meno di un mese: under 18 prima, under 20 poi. È la donna, pardon la ragazza, del momento della nostra pallacanestro. Accento marchigiano, tono divertito, allegro, ancora un po’ stupito per tutto quello che le sta succedendo intorno. Ma nel suo mondo, al suono della parola magica “pallacanestro”, tutto il contorno sbiadisce, prende forza l’arancione della palla, oscurando il resto. “Sono follemente innamorata di questo sport – ci racconta Alessandra. Adesso è il basket il mio mondo, la fonte di tutte le mie gioie e delusioni, un amore folle”. Dopo un’estate di successi, ora è il momento di vivere l’anno del cambiamento con il trasferimento a Lucca e il salto in A1. Lo affronterà scanzonata, ma con le idee chiare, mai banale ma con spontaneità. Sopra le righe? No, sono le sue righe ad essere personali.
Orsili, la ragazza d’oro: che effetto fa sentirselo ripetere da mesi ormai?
“Non smetterò mai di sentirmi onorata dell’attenzione che mi è stata riservata da chi ci ha guardato e tifato. Non a me come persona, ma come giocatrice che ha fatto parte di due squadre stupende. È stata soprattutto la forza del gruppo che ha consentito di raggiungere quei risultati. Cocca (Costanza Verona, capitano dell’under 20, ndr) mi ha detto che ero il portafortuna! È stato tutto super, non potevo chiedere di meglio”.

È difficile assorbire e gestire tutta questa improvvisa cascata di attenzioni?
“Sì, e un po’ mi spaventa. Apprezzo l’attenzione che mi è stata dedicata e, se anche mi riconosco dei meriti per quello che ho fatto, lo faccio soprattutto intimamente: non voglio assolutamente staccare i piedi da terra, perché so che sarebbe la fine. Abbiano ottenuto dei risultati molto importanti, ma sarebbe inutile fermarsi a questo: la strada da percorrere è ancora lunga”.
Quella di spostarti prima della fine del liceo era un’idea su cui stavi meditando da qualche tempo?
“No assolutamente, infatti ho deciso all’ultimo. Ci ho pensato e riflettuto con molta attenzione, ho ascoltato i consigli di chi mi è vicino e poi ho deciso proprio sul filo di lana. Il progetto di Lucca era davvero una bella occasione e sono contenta di averla afferrata. Non penso esistano scelte sbagliate, quando le fai con decisione sono sempre giuste”.
La pallacanestro è al centro della tua vita, come incastri anche la scuola?
“Quando mi fanno questa domanda rispondo che mal che vada alla peggio mi bocciano! A parte gli scherzi, è ovvio che la scuola ha una grandissima importanza e avere una buona organizzazione tra sport e studio è fondamentale”.
Non hai un po’ di timore, nel salto in A1, a tornare nel ruolo di “apprendista” dopo essere stata protagonista tutta l’estate con le Nazionali giovanili?
“Sarà tutto molto diverso rispetto all’estate che ho vissuto, devo rimettermi in gioco da capo. Come quando misi piede per la prima volta in A2 e mi sono detta ‘caspita, queste sono le grandi’; ecco questa volta sono più ‘grandi’ ancora. Mi sento fortunata: ad ogni allenamento, quando commetto un errore, è quasi piacevole perché capisco che ho l’opportunità di migliorarmi. Questa paura di affrontare un mondo nuovo, me la metto nel cuore e da qui parto per costruire qualcosa di grande e di bello”.
Raccontaci questi primi mesi di preparazione, l’impatto con una realtà completamente nuova.
“Ho fatto la mia prima sessione di tiro, la prima di pesi, tutte cose che non avevo mai sperimentato. Tante prime volte! C’è molta intensità, in queste prime amichevoli, faccio ancora un po’ fatica ad entrare nel gioco ad inizio partita, ma mano a mano che passano i minuti le cose migliorano”.
Ti capita di dover guidare in campo giocatrici molto più esperte e grandi di te: come interagisci?
“Il mio asso nella manica è: ‘Fai amicizia fuori, così magari ti riesce più facile dirigerle in campo!’ (risata). Sono consapevole che devo farmi sentire e che devo gestire la squadra a modo mio, secondo quello che ritengo giusto. Ci sto lavorando, e il mio allenatore mi aiuta molto. Per me è una cosa nuova, perché, no nostante in Nazionale abbia fatto il playmaker, in A2 a Civitanova giocavo soprattutto parecchi minuti da guardia. Quindi devo superare un po’ di imbarazzo e imparare a condurre il gioco”.
Ma sino ad ora, cosa hai capito, e cosa no, del ruolo di playmaker?
“In poche parole? È quella che si sbatte più di tutte! Se sbagli qualcosa tu, sono cavoli tuoi e se sbaglia qualcosa un’altra sono sempre comunque cavoli tuoi! (risata). Battute a parte, è un bel ruolo, di grande responsabilità in campo, e questo è il lato positivo. E io non desidero altro”.
Sei una giocatrice che segna molto. Il tuo rapporto con la difesa com’è?
“Sono fortunatamente cresciuta da piccolina, quando ancora giocavo con i maschi, in una società dove si dedicava molta attenzione alla difesa e mi dovevo impegnare al massimo per farmi valere. So che si lavora tanto ovunque, ma vi giuro che io ho fatto più di chiunque (risata). Certo è più esaltante segnare un canestro, ma anche rubare un pallone, fare una difesa corretta sono gesti positivi e gratificanti”.
In questo momento di transizione della tua vita, quali sono le persone più importanti alle quali fai riferimento se hai bisogno di supporto?
“Le amiche e i miei genitori. Sicuramente non sono mai sola, anche se la lontananza un po’ mi pesa. È come se fossi sempre preoccupata di perdere qualcosa nei rapporti, nei legami affettivi. Ma so anche che tutte le persone a me care saranno sempre presenti nel momento del bisogno. Sono un tipo che apprezza anche stare da sola per riflettere, questo mi aiuta e quindi non ho la necessità di dovermi confidare continuamente con qualcuno”.

In campo sei molto sfrontata: istinto o sicurezza nei tuoi mezzi? La tensione la soffri mai quando giochi?
“Certo un po’ di paura c’è sempre, ma alla fine riesco a ritrovare la mia personalità, quando sono molto in fiducia. E a un certo punto mi succede di venir fuori con le mie qualità e uscire come giocatrice. A volte devo aspettare che la partita venga da me, comunque, dalle ultime esperienze ho capito che i miei tempi di reazione sono diventati più rapidi”.
Cosa ti diverte di più fare in campo?
“Attaccare il canestro, tutta la vita. Magari con qualche ‘zingarata’. Mi piace molto giocare il pick and roll, poi le penetrazioni o gli arresti e tiro in velocità, quelli che prendono in contropiede la difesa”.
Dal tuo esordio in A1 cosa ti aspetti, sia individualmente che di squadra?
“La società ha scommesso molto sulle giovani, quindi sulla possibilità che anche con una squadra inesperta e nuova si possano raggiungere dei risultati positivi. Vogliamo fare bella figura e provare a lottare per i playoff. Personalmente so che quest’anno sarà molto difficile: il primo lontano da casa e poi la gestione scolastica, quindi tutto sommato preferisco non pormi grandi obiettivi: penserò piuttosto a vivere ogni momento e poi si vedrà cosa succederà. Piuttosto sarà molto importante per me capire come reagirò a tutti i cambiamenti: sono molto curiosa di vedere come me la caverò”.
A 17 anni devi ancora scoprire il mondo. Da dove vorresti iniziare?
“Mi piacerebbe molto viaggiare, soprattutto in luoghi esotici pieni di verde dove poter camminare in mezzo alla natura. Così come visitare le città famose, fare un’esperienza negli USA ma non cestistica. E poi provare tutti i cibi che esistono, perché questa è proprio una mia passione (risata)”.
Hai mai preso in considerazione di andare al college?
“Ci avevo pensato, ma non sarebbe stata la scelta giusta per me. Perché andare lì e rischiare di trovare chissà quante altre giocatrici come me, avrebbe magari rallentato il mio percorso di crescita. Poi ovviamente ci sarebbero stati anche degli aspetti positivi, ma penso che restare in Italia, giocare in A1, allenarmi mi con giocatrici più grandi ed esperte di me mi farà comunque crescere di più rispetto ad un’esperienza oltreoceano”.
Un passo indietro: due flash delle cavalcate d’oro che non dimenticherai.
“Under 18. Il momento più bello è stato nell’incontro contro la Spagna, ai quarti di finale, una partita con il risultato sempre in bilico. Stavo giocando malissimo, avevo segnato solo un punto, quando l’allenatore decide di farmi entrare in campo al posto di Panzera, che al contrario aveva fatto fino a quel momento una partita stupenda. Mi è sfuggito in quell’attimo un ‘che palle’. Ilaria a quel punto mi ha preso per la maglietta e mi ha detto ‘adesso tu vai in campo e spacchi tutto’. Detto fatto: sono entrata, ho segnato sette punti di fila e abbiamo staccato le avversarie. Dovevo farlo per lei, per la squadra, per me stessa. Il secondo indimenticabile episodio con l’under 20, nella semifinale contro la Francia. È stata in assoluto la partita dove ho faticato di più. Ad un certo punto, per lo stress fisico e mentale, in panchina sono scoppiata a piangere, ma il calore della squadra e di tutto lo staff mi ha dato la forza per reagire e quando sono rientrata abbiamo chiuso la partita. Non è dipeso solo da me, ovviamente, ma è stato un sentimento che ci ha unito e reso più forti. Non eravamo tra le favorite, ma siamo state di sicuro la squadra che ha saputo vincere meglio”.
Ti consideri più una sognatrice o una con i piedi per terra?
“Una sognatrice, senza dubbio! Io lo dico continuamente a tutti: ‘Un giorno schiaccerò’. Interpretatela pure come la voglia di arrivare il più in alto possibile…”