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LA FORZA DI CHI RIMANE
from PINK BASKET N.13
by Pink Basket
STORIE di Chiara Borzì
GIOCATRICE DI TALENTO E SENSO DEL GIOCO, SOFIA VINCI È STATAL’EMBLEMA DELLA FORZA E DELLA VITTORIA SICILIANA: DUE SCUDETTI E UNA COPPA CAMPIONI SEMPRE CON LA SUA BIANCOVERDE PRIOLO, LA CITTÀ CHE NON HA MAI VOLUTO LASCIARE
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Pallacanestro di ieri e pallacanestro di oggi. Throw back con Sofia Vinci!
Essere riuscita a raggiungere Sofia Vinci per scrivere quest’intervista non è stato facile. Non bastavano i messaggi, non bastavano le chiamate. Le quinte dietro cui una delle giocatrici più rappresentative della pallacanestro italiana e siciliana degli anni ‘90 vive il proprio quotidiano sono difficili da conquistare; eccezion fatta quando qualcosa accade e dall’altro capo del telefono cogli l’occasione per parlare con una donna che sa ancora restituire le emozioni di una pallacanestro forse perduta. Come può un’atleta timida vincere tanto? In campo le giocatrici si trasformano, spiegano le professioniste che hanno lavorato con lei quasi vent’anni fa. Sofia Vinci, due scudetti e una Coppa Campioni, vinte con l’Enichem Priolo, non si è mai allontana dalla sua città, centro ormai drammaticamente conosciuto solo per il petrolchimico.
Non ha mai abbandonato Priolo neanche dopo aver appeso le scarpette al chiodo nel 2003. Negli ultimi anni ha lavorato come team manager della società, esattamente fino a questa stagione, anno in cui la Nuova Trogylos (iscritta in Serie B regionale) ha optato per la rinuncia al campionato.
Se Santino Coppa fosse rimasto a Priolo.
“Se lui, Santino Coppa, fosse rimasto a Priolo forse avremmo avuto una chance – spiega l’ex numero quattordici biancoverde; la forza di Priolo era lui e non possiamo negarlo. Anche la B oggi ha troppe difficoltà perché è una serie che costa, costa l’iscrizione e costano le trasferte in regione. Chiedono di iniziare a fare attività per valutare in seguito quel che accade, ma abbiamo capito di non voler fare brutte figure. La crisi economica oggi c’è e si sente. Avere il supporto delle aziende è possibile, perché loro hanno l’occasione per scaricare i costi, ma manca proprio l’interesse. Non c’è sensibilità. Santino è ed è stato un mago. Lui inventava soluzioni in modestissime condizioni. Anche quando abbiamo vinto c’erano pochi soldi, forse qualcuno in più di ora, ma comunque pochi”.
Basket di ieri e basket di oggi.
“Quella che vedo oggi è un’altra pallacanestro, proprio un altro sport, ma non la giudico né in meglio né in peggio – scherza l’ex giocatrice azzurra. La pallacanestro è diventata molto fisica e non la riconosco. È logico che debba tenere il passo con i tempi e che qualcosa doveva cambiare, infatti lo spettacolo è migliore e forse ci si diverte di più, ma ai tempi nostri vincevi le partite tatticamente. C’erano azioni da 30 secondi per scegliere. Il più forte in campo oggi riesce a vincere fisicamente e non del tutto tecnicamente”.
Poca pallacanestro in tv.
“In serie A, oggi, abbiamo poche squadre molto forti, il resto incontra difficoltà e troppe limitazioni. Per fare un esempio – evidenzia la Vinci - la pallavolo sembra più organizzata di noi: è da considerare il fatto stesso che vada sulle reti nazionali, mentre la pallacanestro è raramente sulla tv nazionale e sempre più spesso a pagamento. Dove vogliamo andare così? Per ovvi motivi non mi sono mai occupata della pallavolo, ma quando la Nazionale ha giocato quest’estate anche io ero lì ad aspettare l’appuntamento come ogni italiana. Amo lo sport in generale, la pallacanestro ovviamente viene prima, ma quando giocava la Nazionale mi sentivo presa anche per la possibilità di poter assistere a tutte le gare facilmente”.
Come nasce un allenatore vincente?
“Per me è un po’ difficile rispondere a questa domanda, perché ho avuto un solo allenatore nella mia vita e tutti gli altri non sono esistiti. È stato molto importante Emanuele Marino, il mio allenatore in Nazionale giovanile e lo stesso vale per Vittorio Tracuzzi. Aldo Corno mi aveva chiesto di spostarmi a Vicenza, ma ho rifiutato per rimanere a casa. Il mio allenatore, Santino Coppa, allenava curando il particolare fino all’ossessione. Hortencia Marcari, che aveva già un tiro mortifero, eseguiva a fine allenamento fino a 500 tiri e io ero onorata di prenderle i rimbalzi sotto canestro. Se dei 500 ne sbagliava 3 erano tanti. Lynette Woodard (oro olimpico nel 1984, campionessa d’Italia con Priolo) era abituata agli Harlem Globetrotters, ma con Santino faceva il terzo tempo esattamente come tutte le altre. Coppa la massacrava perché era abituata ad altre “forme di pallacanestro” e divenne un mostro! L’allenatore ha la gestione psicologica. Santino lo era ed è ancora un grandissimo allenatore, perché è molto duro, molto severo. Ancora adesso riesce ad avere sei da chi può dare tre, e da chi ha talento pretendeva sicuramente molto di più. È difficile diventare allenatore al sud. Per fare un corso devi spostarti e sinceramente non ho mai analizzato come questo ruolo potesse aprire una strada per me. Ho smesso da tantissimo tempo di allenare, per mia scelta, perché non pensavo di poter fare altro. Ho un carattere particolare, alle ragazze insegnavo i fondamentali ma ci vuole polso e questa cosa non ce l’ho. Nelle giovanili, inoltre, ci sono troppe problematiche. In passato le famiglie c’entravano poco e niente, il lavoro duro si faceva, mentre oggi non piace. Pensandoci, Mara Buzzanca è un’allenatrice che stimo tantissimo”.

ALLENATA DA SANTINO COPPA CHE LA PORTÒ AI DUE SCUDETTI (1988-89 E 1999-00) E ALLA COPPA CAMPIONI (1990), LA VINCI HA ANCHE VESTITO LA MAGLIA AZZURRA CON MARINO, TRACUZZI E CORNO
Vorrei essere Mara Buzzanca!
“Lei ha un po’ lo stile di Santino e ha risultati. Ho visto le giovanili allenate da lei e sono squadre tutta grinta, forza e determinazione, buttano il cuore in campo. È riuscita a fare un miracolo, è un’aggregatrice, ha un carattere da trascinatrice, mentre io invece sono timorosa e insicura. Questo non mi ha aiutato. Non ho avuto il carattere giusto per allenare, nonostante credessi nell’importanza della cura maniacale dei fondamentali. Mara è una forza della natura. Lo sport oggi non è l’unica alternativa per una giovane. C’è molta concorrenza, ad esempio la tecnologia supera la voglia di fare sport. Se poi ho un raffreddore non mi alleno, idem se ho una festa. La voglia di lavorare si inculca fin da piccoli, partendo dalle scuole, oppure non nasce. Fin dopo l’ultimo scudetto abbiamo provato ad andare nelle scuole con il progetto Scuola Basket “Sofia Vinci”. Con Giustino Altobelli andavamo a prendere le bambine in tutta la provincia di Siracusa, a Floridia o Lentini, facevamo allenamento e poi riportavamo le ragazze a casa. Abbiamo fatto cose importanti, le coinvolgevamo in ogni aspetto della pallacanestro suscitando amore”.
Ultima giocatrice siciliana a vincere uno scudetto e una coppa europea.
“Vincere in quel modo è un’emozione che non sono mai riuscita a spiegare. Sono nata qui, dicevano che non potevo fare sport per un problema alla schiena, ma Aldo Corno mi chiamò in nazionale e poi provò a portarmi in squadre in cui mi sarei allenata per giocare contro fenomeni come Catarina Pollini. Ho preferito rimanere, non avevo intenzione di lasciare la mia famiglia e la mia squadra, che era una seconda famiglia. Vincere a casa tua dove hai visto nascere tutto, dove hai calpestato il tuo primo campo, dove ti sbracciavi per asciugare il pallone tensostatico per giocare, ricordare tutte queste cose, avvenute dai 7 ai 37 anni, è un ricordo pazzesco”.
Quasi 20 anni fa l’ultimo scudetto siciliano. Solo da quest’anno la Sicilia riparte da due squadre entrambe in serie A.
“Non conosco la dirigenza di Palermo e sono stata dispiaciuta nel vedere andare via Santino da Priolo, ma era giusto andasse lì perché non serviva che rimanesse dove c’era poco o nulla. Palermo è una bella realtà e sono felice invece per Ragusa. Quanto prima andrò a vedere una loro partita. Lo scorso anno hanno rischiato di vincere lo scudetto, spero che azzecchino le giocatrici giuste”.