9 minute read

A UN PASSO DAL CIELO

Next Article
AFFARE DI FAMIGLIA

AFFARE DI FAMIGLIA

STORIE - DI ROBERTO LURISI

ALL’INIZIO DEGLI ANNI DUEMILA, LA LAVEZZINI PARMA VIVE IL SUO MOMENTODI MAGGIORE SUCCESSO. DOPO LO SCUDETTO DEL 2001, LE EMILIANE ARRIVARONO ALLA FINAL FOUR DI EUROLEGA L’ANNO SEGUENTE, ESSENDO TUTTORA L’ULTIMA ITALIANA A CENTRARE IL TRAGUARDO

Advertisement

C’era una volta una squadra che vinceva poco in Italia, ma in Europa sapeva sempre farsi rispettare. C’era una volta una città in cui il basket era soltanto “al femminile” ed era comunque una realtà di primo piano, nonostante la concorrenza del calcio, della pallavolo, del rugby e del baseball spesso vincenti nei rispettivi campionati. C’era una volta il Basket Parma, 54 anni di storia vissuti con onore, prima del clamoroso fallimento societario del 2016. Non solo, ma soprattutto l’ultima squadra italiana in grado di conquistare una Final Four di Eurolega, nel 2002 a Lievin nel Nord della Francia, conclusasi con un terzo posto finale.

Il tutto in un mix di grande gioia per essere arrivati lì e di delusione per quel risultato non ritenuto all’altezza: “I ricordi sono talvolta rarefatti e non nego che di quell’annata ho molti più buchi nella mente rispetto alle due stagioni precedenti, quella della vittoria in Coppa Ronchetti nel 2000 e quella dello scudetto del 2001. Sarà un caso?”. Parla così Valentina Gardellin, play, mestrina di nascita ma ormai parmigiana di adozione, una carriera lunga e prestigiosa tra Nazionale (argento europeo nel 1995 a Brno) e squadre di club (Spinea, Cesena, Ancona, Faenza e soprattutto Parma). No, la sensazione è che non sia un caso perché quel 2002 che oggi ha ancora un valore da record, fu in realtà l’anno dei grandi contrasti, quasi a voler annebbiare un risultato ugualmente prestigioso.

SQUADRA CHE VINCE... SI TOCCA Parma aveva vinto l’unico scudetto della sua storia il 29 maggio del 2001, sconfiggendo la corazzata Comense di quegli anni e ci era riuscita grazie ad un clamoroso colpo di mercato: l’ingaggio a gennaio di Yolanda Griffith, stella delle Sacramento Monarchs ed una delle giocatrici americane più forti di allora. Una straniera che aveva la capacità di essere una lunga di sostanza, in grado di far giocare bene le compagne e non eccessivamente individualista sul piano tecnico e tattico. Perlomeno a determinate condizioni: “Lei arrivò con le orecchie basse, come si dice, e si inserì in un gruppo che era solido e coeso e la mise all’interno di un meccanismo in cui non poteva camminare da sola. C’era una straniera come Yerushia Brown che era davvero molto concreta ed era sempre disponibile per tutti. C’era una giocatrice importante come Gordana Grubin ed il gruppo italiane era di livello con Balleggi, Schiesaro, Nicosia, Costalunga, Magaddino, Arcangeli (e Gardellin, aggiungiamo noi ndr). Il tutto con un allenatore come Paolo Rossi che aveva vinto e sapeva come vincere. Insomma fu davvero la ciliegina sulla torta per uno scudetto che nessuno a Parma può dimenticare”.

Ma l’anno dopo l’Eurolega aveva altre pretese e se l’arrivo di Griffith fu una scelta forte della dirigenza, definizione dello stesso Rossi, ecco che le idee diventano tre. A Griffith si aggiungono la playmaker portoghese di scuola USA Ticha Penicheiro (compagna di Griffith in WNBA) e l’ala Delisha Milton (Los Angeles Sparks), che fecero triplicare la spesa per la squadra. D’altronde si gioca l’Eurolega (per Parma è la seconda partecipazione) e perché non si può pensare di rivincere il campionato? “L’Eurolega andava onorata al meglio – precisa Gardellin – e l’obiettivo era realmente, anche se nessuno lo dichiarava, quello di puntare alla Final Four. D’altronde se fai ingaggi del genere, non ti puoi nemmeno nascondere. Ma le condizioni erano diventate diverse sotto molti punti di vista. Una di queste è che erano cambiate due straniere come Brown e Grubin che probabilmente a livello tecnico puro e semplice potevano apparire inferiori, ma erano una chiave fondamentale per Parma. In verità Grubin era andata in rotta con Rossi e quindi per lei il discorso fu diverso. E poi noi italiane a livello di Eurolega non avevamo tanta esperienza. Eravamo forti, sì, ma non abbastanza”.

CAMBIO DI REGOLE E... ROSSI le differenze di cui parla Gardellin affondano le loro radici in un cambio di regola. Nella stagione precedente si potevano tesserare 3 straniere (2 extracomunitarie e 1 comunitaria FIBA), ma solo 2 potevano giocare in quintetto. Dall’annata 2001-2002 i 3 spot stranieri occupavano insieme i 3/5 dello starting five: “Noi italiane abbiamo sempre dato un supporto, anche con questo cambio di regola, ed è altrettanto vero che in Eurolega tre straniere in campo erano già una regola fissa.

Ma nel nostro caso la novità cambiò gli equilibri della squadra dello scudetto, e Griffith, Milton e Penicheiro fecero “gruppo” tra loro. Non tanto fuori dal parquet, quanto in campo e sul piano tecnico. Un atteggiamento che le fece andare in rotta di collisione con l’allenatore”. Paolo Rossi, il vincente dalla personalità ingombrante, non amava i compromessi ed essendo sempre stato una persona concreta, mal digeriva i funambolismi indisciplinati delle sue straniere: “Lamentavano che gli schemi proposti non si adattassero alle loro caratteristiche – racconta Valentina - Rossi rispondeva che loro non erano in grado di imparare quelli che lui proponeva e come potevano pretendere di farne altri. La replica era che in WNBA con un pick&roll alto, e un paio di blocchi, la guardia si liberava per il tiro, la lunga riceveva il pallone giusto. Era un conflitto dai toni duri e non sanabile. La società scelse le straniere”.

IL CAMMINO IN EUROLEGA E...VESKOVIC Rossi il suo dovere lo aveva già fatto e con gli interessi, portando in anticipo Parma alla qualificazione ai quarti di finale. Un girone che la squadra cominciò con 7 vittorie su 10 partite. Le tre sconfitte furono quella risicata a Valenciennes (59-55) ed una leggermente più netta in casa (62-74) sempre contro le francesi, oltre ad una batosta a Sopron (94-55) che si rivelò un clamoroso colpo di fortuna a posteriori. Esonerato l’11 febbraio 2002, Rossi fu avvicendato con il bosniaco Miodrag Veskovic, allenatore di fama nella ex Jugoslavia e a più riprese alla guida della nazionale femminile.

Al 100% uno slavo nelle logiche (o illogiche) concezioni della pallacanestro: “L’opposto di Rossi perché lasciava andare il talento e lo assecondava senza regole, potendo così gestire meglio le tre straniere. A proposito del suo pensiero, mi ricorderò sempre quando mi diceva che, se difendevo su una giocatrice che cercava di segnare una tripla, potevo lasciarle tranquillamente spazio perche tanto avrebbe segnato la prima, magari anche la seconda, ma dopo avrebbe cominciato a sbagliare. Paradossale e per certi versi fantastico!” racconta Gardellin.

IL CAPOLAVORO DEI QUARTI E... GRIFFITH Si diceva del colpo di “fortuna” della sconfitta pesante a Sopron. Proprio così perché per la differenza canestri avversa contro le ungheresi, Parma arrivò 4 a , incrociando la 1 a dell’altro girone Bourges, ovvero l’unica squadra che pur avendo lunghe importanti come Antibe (protagonista nelle stagioni successive anche da noi) e Dijon, aveva poco gioco interno e non poteva togliere possessi alle esterne.

Laddove aveva tanta qualità e personalità con Melain, Souvrè, Korstin e l’australiana Poto. Veskovic giocò l’andata con sole 6 giocatrici, la settima, Schiesaro restò in campo la miseria di 5’. Griffith, al rientro dopo un infortunio al ginocchio che l’aveva tenuta fuori due mesi, ne segnò 29, con 21 tiri effettuati sui 52 di squadra. Si rivelarono fondamentali anche i 10 chirurgici di Gardellin ed un secondo quarto (9-22) in cui il pubblico francese non proferì parola. Un 66 a 58 che al ritorno fu bissato da un più netto 72 a 57 (35 di Griffith con 24 rimbalzi) e minutaggi più spalmati: “Ricordo l’inizio del pezzo sulla Gazzetta di Parma – confida Gardellin – recitava... Griffith, Penicheiro e una spruzzata di Magaddino (in campo per 8’ decisivi con una tripla pesante ndr) portano il Lavezzini al sogno dell’Eurolega. Eravamo queste con straniere definibili alla pari di “tre cavalli pazzi”, pur con sfumature diverse, e noi italiane che cercavamo di ritagliarci uno spazio. Magari ogni tanto lo trovavamo. Però non nego che a quel punto, un po’ tutti stavamo facendo un pensierino alla vittoria finale”. Parma fu l’unica in quella stagione ad arrivare alla Final Four senza far ricorso alla “bella”.

Eravamo queste con straniere definibili alla pari di “tre cavalli pazzi”, pur con sfumature diverse, e noi italiane che cercavamo di ritagliarci uno spazio. Magari ogni tanto lo trovavamo.

IL TRADIMENTO DELLE STRANIERE E... GRUBIN dal 26 al 28 aprile si gioca a Lievin in Francia, pochi chilometri da Valenciennes, squadra qualificata insieme alle slovacche del Ruzomberok ed alle polacche di Gdynia. Qui Gardellin va a ruota libera: “La partenza per la Francia è stata un vero evento, con la società che aveva lavorato perfettamente per portare i tifosi in aereo in trasferta, tanta attenzione in città sui media locali e tanta voglia di fare il tifo da parte di tutti. Noi sentivamo questo e la cosa ci caricava. I problemi sono arrivati dopo perché una volta in Francia eravamo in un albergo a 45 minuti dal campo con le stanze ed i letti piccoli e le straniere hanno cominciato a lamentarsi, dicendo che non avrebbero giocato. Poi hanno giocato ma...”.

Ma la semifinale con Gdynia della compianta Dydek e dell’americana utile Katie Smith, si rivelò un disastro. Dopo un primo quarto equilibrato e 20’ centrali allucinanti (39-14 per Gdynia), Parma uscì dai giochi. Male Griffith, male Penicheiro, assente ingiustificata Milton per un 74 a 58 senza repliche. E dall’altra parte la vendetta di Gordana Grubin (9 assist in una gara ineccepibile), il play scaricato da Rossi l’anno prima che si vendica con la squadra guidata da quel Veskovic, legato sentimentalmente a lei.

Per Parma una beffa dietro l’altra: “Tornammo in pullman verso l’albergo e ho un ricordo nitido di quel rientro, con Griffith, Penicheiro e Milton che tutte insieme si rivolsero a noi chiedendo scusa per la brutta prestazione che avevano offerto e per averci in qualche modo tradito. Devo dire che non ce l’aspettavamo ed in un certo senso queste scuse, sicuramente sentite, ebbero un peso dentro di noi. Ma capimmo che quella squadra era un insieme di due mondi diversi e con troppi contrasti”.

E ancora la conclusione di Gardellin: “Alla fine rimane la soddisfazione di esserci arrivati in una stagione in cui vincemmo comunque la Coppa Italia e rimane la soddisfazione che se dopo 19 anni, con una pallacanestro oggi molto più fisica, nessuna squadra italiana ha raggiunto quel traguardo, qualcosa di buono abbiamo fatto”.

TITOLI DI CODA L’anno successivo Griffith e Milton vinsero l’Eurolega con Ekaterinburg. Parma disputò altre edizioni di Eurolega (2003, 2004 e 2005), spingendosi al massimo fino agli ottavi nel 2005. Valentina Gardellin ha chiuso la carriera nel 2003, riprendendo a giocare 15 anni dopo nel 2018 nella Magik Parma di serie B, squadra di cui oggi è l’allenatrice.

This article is from: