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VITTORIA E FELICITÀ

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ORIZZONTE MONDIALE

ORIZZONTE MONDIALE

PALLA E PSICHE - DI ALICE BUFFONI - CENTRO STUDI E FORMAZIONE IN PSICOLOGIA DELLO SPORT

Sono felice perché vinco! Chi potrebbe mettere in dubbio una tale affermazione? Nell’immaginario comune Vittoria e Felicità sono due concetti strettamente legati. Le immagini di gioia, entusiasmo, commozione degli atleti dopo una vittoria scatenano in noi spettatori sentimenti molto potenti. È facile essere portati a credere che la vittoria sia l’unica e naturale via per ottenere quella felicità travolgente. Ma facciamo un passo indietro: come si fa a ottenere, invece, la vittoria?

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Risposta comune: con impegno, spirito di sacrificio, programmazione, duro allenamento e così via, continuando sulla linea della fatica e della perseveranza. Oppure: con il talento. Il concetto di gioia viene sempre posto alla fine del viaggio, come conseguenza logica del trionfo.

E se invece il rapporto andasse invertito?

Le neuroscienze ci rivelano che è vera la formula opposta: quando troviamo quel senso di pienezza, soddisfazione ed equilibrio, che in modo semplificato definiamo felicità, il nostro cervello produce dopamina. La dopamina è l’ormone che accende i nostri centri dell’intelletto rendendoci più attenti, più creativi, più capaci e quindi più pronti a mettere in campo una prestazione in grado di portarci con molte più probabilità alla vittoria. Dunque è vero anche il contrario: vinco perché sono felice!

Si, ma... come facciamo a diventare giocatori felici?

Una prima cosa da sapere è che la dopamina si attiva in modo specifico quando festeggiamo un obiettivo raggiunto. Possiamo allora cominciare proprio da qui: stendiamo una lista di obiettivi tecnici, fisici e mentali. Dividiamoli poi in sotto-obiettivi a breve, medio e lungo termine: è un piccolo trucco non solo per assicurarci di non perdere la rotta o di poterla modificare e adattare in corso d’opera, ma soprattutto per moltiplicare le occasioni di festeggiare ogni volta che facciamo progressi.

Lavorando per obiettivi di prestazione, crescerà con il tempo anche la fiducia in sé, la sensazione di autoefficacia. Sentirsi capaci aiuta a performare e farlo al meglio ci permette di ritagliarci un ruolo preciso e riconosciuto nel team. Ecco la pienezza e la soddisfazione, con cui abbiamo definito la sensazione di felicità. Non ci resta che affrontare la questione dell’equilibrio.

Per quanto totalizzante possa sembrare la vita da atleti, rimaniamo pur sempre persone; l’espressione della nostra identità non si esaurisce con la prestazione in campo. È opportuno non dimenticarlo mai e ricordarsi di dedicare del tempo ad attività extra-sportive: studiare, frequentare persone esterne al gruppo squadra, visitare musei o città, pianificare un viaggio, dedicarsi a hobby che siano in grado di coinvolgerci in modo profondo. La spiegazione ancora una volta arriva dalle neuroscienze: il nostro cervello si rigenera imparando cose nuove. Rimanendo concentrati per troppo tempo su uno stesso ambito, le risorse mentali tenderanno a esaurirsi, lasciando un senso di stanchezza molto simile alla demotivazione e all’esaurimento, elementi decisamente lontani al concetto di felicità e quindi... di vittoria!

Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori,dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, permigliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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