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UNA, DUE, CENTO DOTTO

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WANNA BE MVP

WANNA BE MVP

COVER STORY di GIULIA ARTURI

LA REGINA DELLE PLAYMAKER E DEI CONTRASTI: SOGNAVA DI DIVENTARE PIVOT, È UNA SOLITARIA CHE SI DIVERTE IN COMPAGNIA, UNA FURIA IN CAMPO CHE AMA GLI SCACCHI E L’ARMONIA SILENZIOSA DELLA MONTAGNA, UNA METÀ DEL RAPPORTO SIMBIOTICO CON LA GEMELLA CATERINA. “VINCENT MI STA APRENDO NUOVE VIE”

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In campo la vediamo spesso come una furia di agonismo, e si fatica ad immaginarla pensosa davanti ad una scacchiera, o al passo lento dei montanari, immersa nella contemplazione della natura. Ma questo è Francesca Dotto, un gioco di contrasti: un super playmaker, che sognava di diventare pivot, una che sa fare un passo indietro per “prendere la rincorsa” e superare tutti di gran carriera, una metà di un tutto che si completa con la gemella Caterina, un’istintiva in campo che studia ingegneria, una solitaria che si diverte in compagnia. Mentre gioca può sembrare imperturbabile, ma è lei l’anima della squadra che dà la carica alle compagne a suon di penetrazioni, passaggi, difesa. Non la troverete sui social a cazzeggiare, lei è solida, concreta, vera. Sentitela.

Ci siamo. Fra poco iniziano i playoff. Avete superato Venezia proprio l’ultima giornata, come arrivate a questo punto della stagione?

“È il momento più bello dell’anno: con i playoff quasi inizia un’altra stagione. Per agganciare il primo posto bisognava vincere a Empoli e avere un po’ di fortuna (era necessaria la contemporanea vittoria di San Martino contro Venezia ndr). È un bene avere il fattore campo a proprio vantaggio, ma conta relativamente: in queste partite è tutta questione di testa e voglia, la chiave è arrivare preparate mentalmente”.

Quest’anno la squadra è stata rivoluzionata. Avete trovato difficoltà all’inizio? In cosa siete cresciute durante la stagione?

“È stato difficile trovare la giusta chimica: eravamo solo tre reduci della scorsa stagione ad avere già assimilato il sistema di gioco di coach Vincent. C’è un tempo fisiologico necessario per riuscire a conciliare nel migliore dei modi gli stili di gioco di tutte. La squadra è giovane, con poca esperienza in coppa, e all’inizio in Eurolega lo abbiamo un po’ pagato. Ma sono sempre stata convinta che bastasse pazientare e i risultati si sarebbero visti. Infatti, già dal girone di ritorno di Eurolega e di campionato siamo cresciute tanto, anche se il nostro meglio ancora dobbiamo tirarlo fuori. L’arrivo di Allie Quigley è stato fondamentale, ci ha dato una spinta in più: sicurezza a livello realizzativo ed esperienza”.

A proposito, leggende narrano di allenamenti di tiro dove Quigley si dimostra quasi infallibile.

“Confermo. Mi piace anche solo fermarmi a osservare il suo modo di tirare. L’equilibrio è impressionante, le ho chiesto quale fosse il segreto: tanto, tanto allenamento. Sembra davvero una macchina”.

Cosa hai scoperto nelle tue prime due stagioni di Eurolega? Ti sei divertita?

“È un’esperienza bellissima: competitività e fisicità sono ai massimi livelli. Anche dal punto di vista mentale è diverso dal campionato italiano. Ricordo di averne parlato con Giulia Gatti, che mi ha aiutato molto ad affrontare l’Eurolega. Al minimo sbaglio in difesa, sai che verrai punito dall’attacco, sistematicamente. Per questo bisogna concentrarsi sui più piccoli accorgimenti: fanno la differenza. Anche gestire tutte le trasferte e i viaggi è impegnativo. Comunque, nonostante stanchezza e imprevisti, è bello passare più tempo con le compagne. È un’esperienza di squadra che arricchisce”.

Il tuo modo di giocare si è in qualche misura trasformato o adattato ad una realtà come quella di Schio dove hai delle compagne di un livello super?

“Con Pierre sto lavorando molto sull’interpretazione del ruolo di playmaker. Ero abituata a correre, attaccare, difendere, sempre a mille. Ora mi sto focalizzando su alcuni aspetti della costruzione del gioco: ad esempio fare le chiamate giuste per un certo frangente di partita o capire chi sta segnando con più facilità per sfruttarne al massimo il momento. Pierre lascia molta libertà ai playmaker di interpretare e leggere il gioco, dobbiamo essere autonome in campo. Questo mi piace molto, mi ricorda il gioco degli scacchi, con le strategie che ci sono dietro”.

Sei una scacchista?

“Sì, mi piace molto giocare, sin da quando ero piccola: mi affascina l’idea di prevedere le mosse dell’avversario mentre si pensa alla propria. Jackie Gemelos sa giocare, ogni tanto capita che ci sfidiamo. Anche se le carte vanno per la maggiore per questioni di tempi. E anche se è solo un passatempo, lo spirito di competizione non si affievolisce mai!”.

Francesca non è l’unica a ritrovare qualcosa della pallacanestro negli scacchi. L’americano Bobby Fischer, uno dei più geniali campioni di tutti i tempi, sosteneva: “I giocatori di basket si passano la palla, fino a che non trovano un varco, un’apertura verso il canestro. Proprio come negli scacchi, come in un attacco che porta al matto”.

Sei passata da un allenatore vulcanico come Diamanti a Vincent, che è tutto controllo e aplomb: che effetto fa?

“Vulcanico è un aggettivo adatto per descrivere Mirko: sempre in movimento per cercare di trasferire energia alle sue giocatrici; un modo di fare che apprezzo molto. Così come mi sono trovata benissimo con l’approccio di Pierre, mi trasmette tranquillità: entro sempre in campo con grande serenità, mai in ansia o agitata. L’ho sentito urlare credo una volta sola, si fa ascoltare senza alzare la voce e io percepisco meglio i messaggi quando mi vengono comunicati in questo modo. Sono due allenatori probabilmente con un carattere opposto, ma entrambi, seppur con metodi diversi, mi hanno trasmesso molto”.

A Schio l’obiettivo è sempre quello di vincere. Come gestisci questa pressione?

“Qui le aspettative sono alte, ma quest’anno mi faccio “condizionare” meno da questo aspetto; parlarne con Pierre mi ha aiutato molto. È vero, siamo una squadra costruita per questo, ma giochiamo contro delle avversarie che si allenano tanto quanto noi, che vogliono vincere tanto quanto noi. È giusto saper riconoscere i meriti degli altri quando dimostrano di essere stati più forti. Mi sto rendendo conto che non puoi vincere se prima non accetti di poter perdere. Anche il mio modo di gestire le sconfitte è cambiato: prima le vivevo troppo male, ci rimuginavo troppo. Ho imparato ad accettare l’insuccesso e a trasformarlo in motivazione: la partita persa diventa una tappa del cammino di miglioramento”.

Nel tuo percorso cestistico qual è stata la scelta più difficile che hai fatto?

“La decisione più sofferta è stata quella di tornare a Lucca dopo la stagione a Venezia. Tanti mi dicevano che sarebbe stato un passo indietro per la mia carriera. Ma le considerazioni che facevo in quel momento particolare erano più ampie, sia dal punto di vista del basket, sia della mia vita, che dell’università. Per me non era certo fare un passo indietro, anzi: era un prendere la rincorsa per poi correre ancora più forte e fare un salto in avanti”.

Una volta, alla domanda “qual è il regalo che desideri di più?” hai risposto: “Nessuno, l’ho già avuto alla nascita”. E alludevi naturalmente alla tua gemella Caterina. Ci vuoi spiegare meglio?

“È la persona più importante della mia vita e senza di lei non sarei chi sono adesso. Ogni tanto ci soffermiamo a pensare che siamo insieme da sempre. È incredibile realizzare che siamo nate insieme, negli stessi momenti, dentro la pancia della mamma. Davvero qualcosa di speciale. Non riesco a immaginarmi senza di lei, è la mia anima gemella. Ci capiamo al volo: basta uno sguardo, non serve neanche una parola. Naturalmente abbiamo cominciato a giocare insieme: papà, ex giocatore, portava me, Cate e nostro fratello a fare due tiri al campetto. La passione è nata così, condivisa fin da subito. Già dai primi allenamenti non riuscivamo più a uscire dal campo”.

È vero che avresti voluto essere un pivot?

“Sì (risata). C’è un motivo: da piccola vedevo papà che era alto e io avevo i piedi grandi quindi mi dicevo ‘diventerò alta anche io, potrò giocare pivot’. Poi in realtà non sono cresciuta abbastanza e mi sono adattata. Ma sono contenta così, il playmaker è il ruolo che mi piace di più. Ma se dovessi sceglierne un altro, vorrei giocare sotto canestro, prendere un po’ di botte, portare i blocchi. Un mestiere affascinante”.

Capitolo Nazionale. Che soddisfazioni ti dà indossare l’azzurro?

“È una delle emozioni più belle, un sogno, sin da quando ero piccola. Un sogno condiviso con Cate, la mia gemella; viverlo con lei è un’emozione ancora più forte. Vestire la maglia azzurra insieme è davvero qualcosa di unico, di fortissimo, difficile da descrivere. Fa venire i brividi sapere che giochi per il tuo Paese”.

Pensi che l’Italia sia alla vigilia di un salto di qualità?

“È quello che ci auguriamo tutti. Sempre a proposito di sensazioni: l’ultimo raduno è stato ricchissimo di emozioni e di energie positive. Il gruppo si sta consolidando sempre di più, siamo una squadra vera e in campo si vede. Coach Crespi ci dà tanta energia, come approccio è un allenatore della categoria di Diamanti, vulcanico. Si vede che ci tiene a fare bene: è ambizioso e ci sta trasmettendo questo modo di pensare. I presupposti per ottener buoni risultati ci sono”.

La tua vacanza ideale per staccare un po’ la spina e ricaricarti?

“La montagna, sicuramente. Mi piace raggiungere i rifugi, dove la civiltà per qualche momento si allontana un po’. Amo le camminate, mi sento in armonia con me stessa e con il mondo. Mi piace molto stare da sola, ascoltare il silenzio, con un bel panorama in quota e semplicemente rilassarmi”.

Questo aspetto del tuo carattere un po’ introverso soffre mai durante la stagione, quando il quotidiano significa vivere il gruppo e la squadra?

“A dire la verità ogni tanto sì, ma riesco sempre a ritagliarmi dei momenti solo per me, quindi non ho bisogno di staccare. Poi mi trovo così bene con le compagne di squadra che il tempo condiviso è solamente un piacere”.

In Eurocup lo scacco matto l’ha subito Schio: nella semifinale contro Orenburg non è riuscita nell’impresa di ribaltare il meno 6 dell’andata. Ma se abbiamo capito una cosa di Francesca è che sa trasformare le sconfitte in energia positiva. Aspettatevela ancora più combattiva per questi playoff.

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