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IIch gräich nu a Seidla

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L’OPINIONE

L’OPINIONE

“IICH GRÄICH NU A SEIDLA!” Bamberga e la Franconia, vero paradiso birrario

Questo articolo non è una guida di viaggio per super esperti della Franconia; essi non ne hanno bisogno e comunque esistono numerosi libri e siti web in tedesco, inglese e italiano, aggiornati e ricchi di informazioni sulle storie, le birre, i birrifici. Non è nemmeno il diario di un viaggio in particolare o un resoconto puntuale dei birrifici visitati e delle birre assaggiate in una determinata occasione. Si tratta invece di pagine che mettono insieme un po’ di esperienze vissute che spero incuriosiranno i lettori e li spingeranno a visitare quei luoghi magici. La prima parte dell’articolo è dedicata a Bamberga, una delle principali città del distretto dell’Alta Franconia e capitale birraria indiscussa della regione; la seconda parte racconta dei birrifici situati nelle cittadine e nei villaggi della Franconia rurale. La Franconia (Frankenland) è davvero il paradiso per l’appassionato di birra. Ormai lo posso dire con buona dose di sicurezza. Basta un unico viaggio ad avvalorare questa affermazione, ma non ne bastano una decina per scoprire tutti i tesori nascosti di quel territorio. La Franconia è una regione con forti tradizioni culturali e linguistiche e, pur non avendo limiti spaziali ufficialmen

mastri maestri & birrai

La variante umana della birra

Da un’idea di Luca Grandi

26/29 Novembre 2020 Bologna Fiere, EXPOGUSTI, Salone delle Eccellenze Agroalimentari ed Enogastronomiche, Area Birra Nostra

BIRRA ARTIGIANALE ITALIANA DI QUALITÀ

te definiti, occupa grossomodo la parte più settentrionale della Baviera. É costituita dai distretti dell’Alta Franconia (Oberfranken), Bassa Franconia (Unterfranken) e Media Franconia (Mittelfranken), oltre che dall’area nord-orientale della regione Heilbronn-Franconia nel Baden-Wüttemberg e Turingia meridionale e da alcune parti dell’Assia. Ci sono stato la prima volta parecchio tempo fa: all’epoca, reduce da un breve corso propedeutico all’assaggio della birra, io e alcuni amici ci eravamo incuriositi per questa zona e per la sua “capitale” Bamberga (Bamberg). Il relatore del corso aveva presentato l’argomento con un’enfasi e una dovizia di particolari che avevano immediatamente acceso il nostro interesse e ci avevano fatto venire una grande sete. Per chi pratica il turismo birrario e non è un professionista del settore, le occasioni per viaggiare a caccia di birra solitamente non sono molte: bisogna incastrare gli impegni e le scadenze della vita quotidiana con la nostra passione: le mete papabili sono molte ed è quindi abbastanza raro che si ritorni più volte nello stesso luogo. Quando, a distanza di quasi un decennio, mi sono reso conto che in media sono stato in Franconia più di una volta l’anno, ho capito che evidentemente, quella terra mi era entrata nel cuore.

Bamberga: la città dei sette colli e dei tre fiumi “Iich gräich nu a Seidla!” in dialetto francone significa pressappoco “Portami un altro mezzo litro!”. È una frase che sentirete spesso viaggiando da quelle parti: il mezzo litro, tradizionalmente servito in un boccale di coccio detto Steinkrug, è infatti la misura standard per il consumo di birra, che a Bamberga supera abbondantemente la media nazionale tedesca attestandosi oltre i 280 litri a testa annui. Se a inizio XIX secolo il numero di birrifici cittadini oltrepassava la sessantina, oggi ne sono rimasti attivi dodici. Nove sono i produttori tradizionali (Spezial, Schlenkerla, Keesmann, Mahr, Fässla, Greifenklau, Kaiserdom, Klosterbräu, Ambräusianum), cui bisogna aggiungere il maltificio Weyermann che, al proprio interno, possiede un impianto pilota su cui produce una serie di birre a marchio omonimo, la Gasthaus zum Sternla, Hopfengarten e Kronprinz (quest’ultimo di proprietà di Kaiserdom, come del resto anche Klosterbräu). Un bel numero, comunque, per una popolazione di circa 75.000 abitanti! Bamberga è una città edificata su sette colli (Domberg, Michaelsberg, Kaulberg/ Obere Pfarre, Stefansberg, Jakobsberg, Altenburg e Abtsberg), percorsa da tre fiumi (il Regnitz, il canale che collega il Meno al Danubio e un terzo fiume... che

trasporta birra), vivace, universitaria, artisticamente rilevante e risparmiata in buona parte dalle devastazioni della seconda guerra mondiale. Il centro storico conserva, intatti, molti edifici e monumenti di assoluto valore, tanto da essere iscritto nel patrimonio UNESCO. Già citata in documenti del 769 col nome di Castrum Babenberg, ha un’antichissima tradizione birraria: pare che l’Abbazia di San Michele sul Michalesberg detenesse il diritto di produrre birra fin dal 1154. La prima volta che sono entrato da Schlenkerla, è questo il nomignolo della taverna che serve le birre della Brauerei Heller-Turm, sono rimasto colpito da due cose: l’atmosfera insolita e la quantità di persone stipate nel meraviglioso edificio che ospita la taverna del birrificio. Era il 31 dicembre, faceva molto freddo e c’era coda fino all’esterno del palazzo. Una volta dentro, superata la doppia porta d’ingresso, si apre un corridoio che sulla sinistra mostra una specie di finestra senza vetri con la scritta Schänke. La fila di persone terminava proprio di fronte ad essa. La gente si fermava lì, pagava e in cambio riceveva da una mano misteriosa un bicchiere biconico pieno di una birra tra il color ramato e il marrone. Quella birra era la famosa Aecht Schlenkerla Rauchbier Märzen, emblema dello stile, servita rigorosamente a caduta da una grande botte di legno. L’avevo già assaggiata altre volte in Italia quella birra, quasi sempre in bottiglia però. Che emozione vedere finalmente il rituale, con il cambio della botte, il rubinetto infisso a colpi di mazza e infine la mescita. Dopo la lunga attesa, ormai con l’acquolina in bocca, ho finalmente ricevuto il bicchiere… ma il vetro bagnato mi è scivolato sui guanti e tutto è finito per terra. Un bel battesimo, non c’è che dire. Col senno di poi, probabilmente, il piccolo incidente mi ha fatto affezionare ancora di più a quel luogo. Schlenkerla rappresenta, nell’immaginario collettivo degli appassionati, “La Birra” di Bamberga: la quintessenza

dello stile Rauchbier, con profonde note che ricordano il fumo di camino spento, la scamorza affumicata o lo speck, ingentilite dal servizio a caduta dalla botte.

Conviene davvero partire da Schlenkerla nel vostro primo tour della città. La posizione centralissima, in un edificio che ospitava una congregazione di Domenicani nel cuore di Bamberga, proprio sotto al Duomo Imperiale intitolato ai santi Pietro e Giorgio favorisce questo approccio: la taverna è una tappa di passaggio quasi obbligata e la logistica degli itinerari turistici gioca a suo favore. In realtà il nome Schlenkerla è un appellativo attribuito nella seconda metà del XIX secolo alla locanda del birrificio di proprietà della famiglia HellerGraser/Trum, che si trova ora sul colle Stephansberg (il nomignolo Schlenkerla pare fosse il soprannome del birraio Andreas Graser, il quale zoppicava su una gamba: schlenkerln, zoppicare in francone). All’interno delle numerose sale e salette, sempre affollate di indigeni e turisti, si mangiano saporite pietanze e soprattutto si beve senza sosta, se c’è posto, seduti, altrimenti in piedi nei corridoi, nel cortiletto interno o, d’estate, nel piccolo Biergarten im Dominikanerhof. Ebbene, se si parte da Schlenkerla, si osserva il volto affascinante e ricco di storia della tradizione birraria di Bamberga, si apprezza il servizio a caduta (almeno per alcuni tipi di birra), si assaggiano l’emblema di uno stile birrario e le sue declinazioni stagionali (tutte più o meno affumicate, dalla Helles Lagerbier alla Rauchweizen, dalla Urbock invernale alla sontuosa Eiche Doppelbock natalizia, fino alla Fastenbier quaresimale e al Kräusen estivo o alla Hansla, che riprende la pratica antica di produrre birre a bassissima gradazione alcolica), ma si vede anche il lato più noto e turistico della medaglia, con l’affollamento e i ritmi a volte frenetici che ne conseguono.

Brauerei Spezial: mangiare e bere come a casa Un’altra realtà cittadina meno turistica, ma altrettanto nota e imperdibile, è la Brauerei Spezial, dal 1898 di proprietà della famiglia Merz, ma fondata nel lontano 1536: splendido esempio di piccolo birrificio familiare che produce birre meravigliose e le accompagna a cibi succulenti in una piccola e affollatissima locanda. L’atmosfera è per certi versi simile a Schlenkerla, ma qui la presenza di stranieri è più bassa (grazie forse alla posizione decentrata) e a causa delle dimensioni ristrette della taverna si ha un senso di maggior raccoglimento. Non mancano le note folkloristiche: prestate attenzione alle cameriere, poiché da Spezial non incontrerete studentesse alle prime armi, ma signore dal piglio decisamente energico, a tratti quasi rude, che sono anche protagoniste di alcuni fumetti locali dell’illustratore Marc Buchner. Di pochissime parole e sempre indaffarate a trasportare piatti e boccali stracolmi, difficilmente vi daranno retta se chiedete loro dove potete sedervi con malsicuro accento tedesco. Etichettati come turisti, vi diranno di cercarvi un posto libero o di andare via e tornare in un altro momento. Anche questo fa parte del fascino genuino del posto. Qui sarete colpiti dalle birre in stile Lager, Märzen e Bock (quest’ultima è la specialità invernale), il cui malto è affumicato direttamente in birrificio con legno di faggio stagionato, pratica antica e ormai desueta, poiché i birrifici di solito acquistano il malto già affumicato in maltificio. Tuttavia, ho sempre pensato che la vera perla di Spezial fosse la Ungespundet (letteralmente “non tappata”, cioè una birra che in tempi passati veniva maturata in botti non completamente chiuse con conseguente fuga di abbondante CO2 e servizio con carbonazione naturalmente ridotta), dorata, leggermente velata, con un intenso aroma caratterizzato sì da malti e luppoli, ma anche dall’azione del lievito. Pur non essendo servita a caduta, questa birra è di valore assoluto e risulta difficile non ordinarne un secondo boccale. Se giunti ad un certo punto della giornata riuscirete a resistere al canto di questa bionda sirena francone, potreste decidere di dirigervi verso Wunderburg, sobborgo nella zona sud-est di Bamberga.

Wunderburg: un sobborgo da degustare Lì, a poche decine di metri l’uno dall’altro, si trovano due birrifici: Brauerei Mahr e Brauerei Keesmann. La zona è davvero molto tranquilla e si respira un’aria rilassata, ben diversa dai viottoli affollati del centro storico cittadino. Keesmann, birrificio familiare attivo dal 1867, si fa notare soprattutto per un gioiellino che nulla ha a che vedere con le birre affumicate. La Herren Pils è infatti una Pilsner purosangue, teutonica in tutto e per tutto, che si presenta limpidissima nel bicchiere, con una compatta schiuma bianca: ammalia con un bouquet che pone in primo piano la fragranza erbacea dei luppoli nobili tedeschi, con note floreali e sentori di malto chiaro, miele e camomilla sullo sfondo.

Sul lato opposto della strada, a pochi passi, si trova il cancello bianco con l’arco recante l’insegna Mahr’s Bräu. Di proprietà della famiglia Michel dal 1895, il birrificio affonda le proprie radici nel XVII secolo. D’estate ci si accomoda volentieri sotto gli alberi del delizioso Biergarten esterno, mentre d’inverno si cerca un rifugio sicuro all’interno della Wirtshaus. Nelle sale di legno, manco a dirlo sempre affollate, con cimeli storici alle pareti, lampadari con corna di cervo, si mangiano piatti di sostanza al caldo di una stufa di maiolica: per ordinare da bere basta pronunciare la formula magica “A’U”. Anche qui, come da Spezial, la reginetta del ballo non è una Rauchbier, ma la Ungespundet della casa: per i clienti fissi semplicemente “U”. Dorata, alcuni anni fa era servita a caduta da botti di legno poste sul bancone di mescita, mentre in tempi più recenti all’interno delle botti, sempre di grande impatto ma ormai solo decorative, è stato incorporato un impianto di spillatura. Il servizio a caduta, oltre a essere storicamente corretto, rispetta maggiormente le caratteristiche di questa tipologia di birra, donando sensazioni boccali morbide e agevolando la bevuta in modo determinante. La normale spillatura lascia invece la birra finale leggermente sovracarbonata rispetto a ciò che dovrebbe essere, ma la U rimane comunque una birra iconica, più maltata rispetto alla versione di Spezial, dorata con riflessi ambrati, con note di luppolo decisamente in secondo piano e ancora spunti fruttati dati dal lievito. Il birrificio Mahr è forse quello che tra i nomi storici cittadini si è più ammodernato, sia nel marketing sia nelle tipologie di birra prodotte, impostando anche collaborazioni con birrifici esteri (ricordo una Nero Chocolate Stout prodotta alcuni anni fa col Birrificio Lambrate). Notevolissima infatti è la Pils, interpretazione contemporanea

dello stile, tanto che in etichetta compare bene in evidenza la scritta Kalt gehopf, cioè luppolata a freddo (in pratica con dry hopping), tecnica non certo tradizionale a quelle latitudini. Paglierina, con un taglio amaro abbastanza secco e mediamente persistente e aromi di panificato bianco a supportare una

luppolatura fresca in bella evidenza, erbacea e citrica, è una birra che strizza l’occhio ai bevitori abituati a certe Pils che vengono dal mondo craft (in Italia da questo punto di vista siamo abituati molto bene). Altra realtà legata al passato ma con un piede verso il futuro è la Brauhaus zum Sternla, situata al numero 46 di Lange Strasse, che vanta essere la più antica locanda di Bamberga, attiva dal 1380 e rinominata “zum Stern” nel 1857. Il progetto è ora nelle mani di Uwe Steinmetz, che gestisce la Gasthaus zum Sternla dal 1999 e nel 2019 ha deciso di installarvi un piccolo impianto e trasformarla in un brewpub. Accanto a una cucina assolutamente locale da gustare in un’atmosfera raccolta e calda, a oggi la lista delle birre si compone di Export e Märzen, entrambe interpretazioni corrette, ben caratterizzate, piacevoli e al tempo stesso poco impegnative da bere. Bamberga, insomma, rappresenta una roccaforte della tradizione e della cultura birraria tedesca, rifugio sicuro per l’appassionato e il beerhunter in cerca di un luogo che, in una cornice di grande bellezza, racchiuda alta qualità, sufficiente varietà e prezzi modici: una serie di fattori che difficilmente si presentano tutti insieme. Eppure, proprio in questa stupenda cittadina adagiata sui colli franconi la magia si compie ed ecco che si manifesta a noi un riflesso di paradiso birrario. Riflesso ammaliante, senza dubbio. Ma per varcare le porte del paradiso vero e proprio bisogna seguire le strade che portano fuori da Bamberga, verso uno dei tanti villaggi e le centinaia di birrifici che costellano la Franconia.

Birrifici rurali: un’atmosfera unica e sospesa nel tempo Con oltre 250 birrifici attivi, centinaia tra locande, Biergärten e Bierkellern, ricorrenze e festività birrarie sparse lungo tutto l’arco dell’anno, la Franconia è una meta che non ha eguali per l’appassionato beerhunter. Dimenticatevi il chiasso e le frotte di turisti che affollano i viottoli del centro storico di Bamberga, quindi. Lungo le strade che portano fuori dalla città incontrerete pochi stranieri e conoscerete luoghi di antica e radicata tradizione brassicola: qui la birra è davvero una componente quotidiana della vita delle comunità locali. Brauerei Heckel di Waischenfeld, piccolo comune nel circondario di Bayreuth, capoluogo dell’Alta Franconia, è un esempio emblematico di un birrificio contadino francone. La produzione avviene all’incirca una volta al mese su un impianto alimentato a legna e prevede l’utilizzo della tradizionale vasca

aperta per il raffreddamento del mosto bollente. L’unica birra della casa si chiama Vollbier (o meglio, verrebbe da dire, non si chiama: non ha cioè un nome di fantasia, ma viene identificata semplicemente con la tipologia o lo stile, come consuetudine da quelle parti). Si tratta di una bevuta per certi versi rustica ma estremamente piacevole, servita a caduta nella minuscola locanda del birrificio, anch’essa a conduzione familiare. La birra si presenta di color oro antico, con sentori di pane e cereali, luppolo e fiori di campo; la carbonazione natu-

ralmente contenuta e il taglio amaro le donano una bevibilità assoluta. Si entra qui in una dimensione altra rispetto al mondo della birra cui siamo abituati; una dimensione che profuma di casa, di mobili vecchi, di senso di comunità, di abitudini protratte nel tempo: basta osservare i clienti della locanda, che sembrano conoscersi tutti da una vita (e probabilmente si conoscono davvero) e hanno ciascuno il proprio boccale personale e il proprio posto a sedere preferito, che magari arrivano con contenitori improbabili per portarsi a casa la birra d’asporto, che giocano a carte, fiutano tabacco o parlano del più e del meno mangiando un boccone rigorosamente portato da casa poiché, come accade in talune locande, non esiste una cucina. La birra è una componente talmente radicata in questo ecosistema da diventarne parte integrante e fondamentale: quei signori bevono birra con la naturalezza con cui in Italia ci si incontra per un caffè o per un calice di vino al circolo del paese. Paese che vai... naturalmente. È in occasioni come questa che si può apprezzare la valenza culturale della birra in paesi di antica tradizione brassicola. Brauerei Zehendner: aria di casa dal 1939 Altro luogo del cuore è la Brauerei Zehendner di Burgebrach-Mönchsambach, la quale produce l’omonima Mönchsambacher Bier. Entrando nel cortile del birrificio si può intravedere l’impianto di acciaio attraverso le vetrate, si può osservare il vapore che fuoriesce dall’edificio e dalle trebbie fumanti e annusare il profumo di mosto che si spande nell’aria. Una produzione familiare dal 1939, quantitativamente più ampia rispetto a quella di Heckel (circa 6000 hl/anno) e anche tipologicamente più varia, pur restando saldamente all’interno dei canoni bavaresi, con Lagerbier, Export, Hefeweizen, Mai-, Weizen- e Weihnachtsbock. Diverso anche l’approccio gastronomico: nella casetta rossa e gialla che ospita la locanda si mangia cibo genuino, casereccio, spaziando dal tipico piatto freddo francone di salumi (fränkische Brotzeit) alle specialità come la trota affumicata. L’aria che si respira è invece sempre la stessa: aria di casa, di convivialità, di abitudinarietà ritratta sui volti dei tanti clienti fissi. Eccoci alle birre, tutte notevolissime, in particolare se servite a caduta da una piccola botticella che spesso incontrerete appena entrati, vicino alle scale. Capolavoro assoluto è la Lagerbier, una Kellerbier (“birra di cantina” non filtrata, chiamata così perché in passato tali prodotti erano maturati al freddo in cantine sotterranee) dorata, che profuma di Franconia, con note mielate ed erbacee di fieno ed erba tagliata, un bilanciamento che tende all’amaro senza eccessi e una bevibilità ai massimi livelli. Avrete capito che quest’ultima caratteristica è fondamentale in questi contesti così particolari: la maggior parte delle birre franconi “di base” (fatte salve cioè le produzioni stagionali e speciali, come ad esempio le birre invernali e le birre dedicate a particolari festività, come il Natale, la Pasqua, la Quaresima etc.) è prodotta proprio per poter essere consumata in modo continuativo, durante lunghe sessioni, senza fretta. Lagerbier, Kellerbier, Landbier, Ungespundet, pur essendo declinate in modo abbastanza vario da ciascun birrificio, non devono mai affaticare troppo il palato e gli esempi migliori sono quindi birre sobrie, senza fronzoli, ma estremamente gustose e assolutamente piacevoli. Per le bevute più impegnative bisogna guardare alle birre più alcoliche in stile Bock – e varianti – o alle specialità affumicate.

Birra per tutte le stagioni Uno dei grandi pregi della Franconia, è che si offre al turista birrario in tutte le stagioni. Se d’inverno le giornate corte e le temperature rigide invitano a trascorrere molte ore nelle locande sparse nei villaggi, magari sorseggiando una Landbier (“birra del territorio”, “birra contadina”, una denominazione generica che ricomprende una pluralità di interpretazioni, chiare e scure, ma sempre a bassa fermentazione), con i primi caldi e il bel tempo rifioriscono Biergärten e Bierkellern e si preferisce quindi bere all’aria aperta, scaldati dal sole di maggio o riparati dall’afa agostana sotto gli alberi della foresta francone.

Anche in questo settore la Franconia vanta un primato: il Kellerwald è infatti il Biergarten più grande del mondo per numero di birrifici e si trova a Forchheim, splendida cittadina nel cuore della Svizzera Francone (Fränkische Schweiz). Lì, su una collina coperta di castagni e ippocastani, sono assiepate 23 Felsenkellern, cantine scavate nella collina che per oltre 400 anni sono servite ai birrifici per maturare le loro birre al freddo e ora, con panche, tavoli e piccole casette con cucina, servono invece ad accogliere indigeni e turisti affamati e assetati. Caotica durante l’Annafest di fine luglio, con migliaia e migliaia di persone sulla strada che risale la collina, l’atmosfera è invece piacevolmente rilassata durante un normale giorno dei mesi estivi. Atmosfera è un termine che, avrete notato, ritorna più volte in queste pagine. Durante i miei viaggi in Franconia, oltre alle birre è proprio l’atmosfera a essermi rimasta impressa. Nei Bierkellern si è partecipi, una volta di più, di un mondo birrario culturalmente radicato, che ha i suoi ritmi e i suoi protagonisti. Esistono realtà più raccolte e altre più vivaci, ma un tratto comune è il piacere di stare insieme e consumare ottima birra immersi nella natura. Che si tratti della Kellerbier del birrificio Griess di Geisfeld, da gustare freschissima sotto agli alberi in una calda giornata estiva, per apprezzarne a pieno il profilo in equilibrio tra cereale, camomilla ed erbaceo da luppoli, con un taglio amaro che invoglia irrimediabilmente a chiederne un secondo boccale, o piuttosto della dunkles Lagerbier della BrauereiGastwirtschaft Kathi-Bräu di Heckenhof, bruna, con note tostate che si spingono ai limiti del cioccolatoso, pur mantenendo grande agilità nel sorso, quello che è importante è rilassarsi, rallentare i ritmi e godersi il momento. L’immagine rurale del birrificio KathiBräu, che da lontano si confonde quasi con il panorama boschivo, mi aveva davvero emozionato la prima volta che ci sono passato. Esso è il crocevia di numerosi itinerari di biking, hiking e trekking birrario nella zona di Aufseß (ebbene sì, in Franconia esistono guide, siti e agenzie dedicate all’escursionismo birrario, che è attività assai praticata nei mesi caldi), nonché meta di raduni di motociclisti e camperisti nei week-end, così che non è inusuale incontrare anziane signore che sorseggiano un bricco di caf

fè con una fetta di torta sedute accanto a rudi motociclisti e a snelli viaggiatori in abbigliamento sportivo, con zaini e racchette, che si rifocillano con Gulasch e birra per recuperare le energie. Altra meta caldamente consigliata è la Brauerei Knoblach di Litzendorf-Schammelsdorf, nella cui mitologica locanda è facilissimo entrare e difficile uscire data la bontà delle birre prodotte. Il canovaccio francone viene rispettato: in lista troverete ungespundetes Lagerbier, Urlager, Räuschla affumicata, Hefeweizen, dunkles Landbier, Bockbier e altre specialità stagionali, come la deliziosa Festbier natalizia, rotonda, con accenni tostati che ricordano la frutta secca, il caramello, il cioccolato al latte ed è davvero un buon modo per coccolarsi durante una fredda serata invernale. Cucina casalinga e sostanziosa e clientela sempre allegra e propensa alla chiacchiera rendono la sosta in questo luogo un’esperienza davvero piacevole. Qui il futuro sembra prospettarsi felice, poiché una nuova generazione sta prendendo in mano la produzione e grazie al lavoro meritorio di alcuni importatori, il marchio Knoblach si intravede anche in alcuni locali altamente specializzati alle nostre latitudini.

Un territorio ricco di storia locale ma dall’equilibrio fragile Per un birrificio che porta avanti la tradizione e la cultura brassicola francone, molti altri hanno invece cessato l’attività negli ultimi decenni. Non bisogna infatti dimenticare che questo paradiso birrario è in realtà un universo fragile e bisognoso di protezione, valorizzazione e fruizione rispettosa. Non bisogna dare per scontata la sopravvivenza di tutte le centinaia di piccoli produttori indipendenti e anche se negli ultimissimi anni ci sono segnali di attenzione e probabilmente anche un lieve ricambio generazionale tra i produttori e la clientela, la storia anche recente parla di numeri in costante calo. Verrebbe da dire: approfittiamone, finché ne abbiamo la possibilità! Quando scompare un birrificio di questo tipo, infatti, scompare un pezzo di storia locale, magari minuscolo, ma pur sempre in qualche modo significativo. Alcuni anni fa ho visitato la locanda Zum Välta della Brauerei Fößel-Mazour di Appendorf. L’anziano proprietario e birraio Herr Edmund Fößel ci accolse nella sua fattoria con un boccale di Välta-Bier servita a caduta: una birra rustica, come il luogo in cui era prodotta. Dopo averci mostrato orgogliosamente la propria collezione di motorini e mezzi agricoli, condotti nel minuscolo e colorato Bier

garten (in pratica il giardino di casa), reidratati con una seconda dose di birra, l’arzillo signore ci ha svelato quello che per lui era il pezzo pregiato: una collezione di strumenti musicali notevole (a detta sua la più grande collezione privata della Franconia) conservata in una sala della locanda. La Gasthaus era infatti solita ospitare serate musicali e il birraio era l’anima dell’orchestrina che

si esibiva d’abitudine in quel luogo. Ebbene, solamente al termine di tutto ciò, il padrone di casa ci accompagnò nella casetta bianca dall’altra parte della strada, aprendo letteralmente le porte su un modo di fare la birra vecchio di un secolo, con caldaie alimentate a legna, vasche di raffreddamento aperte nel sottotetto, maturatori posti in buie cantine scavate nella roccia. Nessun imbottigliamento, solo confezionamento in piccoli barilotti che venivano poi conservati al freddo e trasportati all’interno del locale di mescita. Ebbene, quella realtà oggi non esiste più: nessuno ha raccolto l’eredità del signor Edmund. La Franconia è quindi un paradiso per il turista birrario, che non deve però trasformarsi in un paradiso perduto. Le centinaia di piccole realtà che costituiscono il suo tessuto culturale e birrario vanno preservate con attenzione. Se si ha l’accortezza di accostarsi ad esse con rispetto e curiosità, la Franconia birraria è davvero una regione che sa regalare emozioni uniche.★

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