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Per una carta degli abbinamenti
Abbiamo lasciato la scorsa volta tracciando una serie di strade e di possibilità da percorrere: perché niente parte senza un piano di azione logico e ben strutturato. Ora vorremmo cercare di dare qualche esempio concreto: scendere sul campo è essenziale per capire e farsi capire e dimostrare la fattibilità di ciò che si sostiene. I nostri, di esempi, vogliamo considerarli come un semino da piantare, come un invito alla ricerca, allo studio e alla gioia nel praticare assaggi, comparazioni, abbinamenti. Costruire una carta degli abbinamenti va considerato come il frutto ultimo del lavoro che si svolge tutti i giorni all’interno del proprio locale. Ognuno ha infatti una modalità di lavoro specifica, che dipende certamente da carattere e personalità di chi lo conduce, ma che si esprime in maniera altrettanto significativa nella scelta della linea di cucina e nella selezione degli alcolici. Impostare una carta degli abbinamenti significa costruire una lista di abbinamenti che funziona e che viene consigliata perché eleva e valorizza ciò che si mangia e ciò che si beve. Ogni locale troverà il modo di comunicarlo come meglio crede: nell’osteria o nel pub magari sarà a voce o su una lavagna, mentre nel ristorante stellato ci sarà una stampa su carta pregiata. Non è questo l’importante. Quello che conta è che ci siano delle connessioni sperimentate tra i piatti e le birre proposti e comunicare che ci sono dei cibi e delle birre che accoppiati sono meglio che da soli (anche se dobbiamo tenere ben presente che, nel piacere, la soggettività è un fattore essenziale e ineliminabile).
L’aperitivo al bar
Uno spuntino preparatorio ai pasti era già previsto nel programma degli articolati pranzi-evento delle raffinate corti rinascimentali, ma è solo nella seconda metà dell’Ottocento, con gli imponenti cambiamenti socioeconomici della società di massa, che viene isolato come momento dedicato e separato, in cui decomprimere gli stress di giornata e promuovere la socialità. La birra, per via della grande varietà stilistica e delle basse gradazioni alcoliche, può affiancare in maniera degna i più consueti bicchieri di vino o i drink. Ecco allora tre esempi di abbinamenti da aperitivo, tratti da una serata-evento condotta assieme alla preziosa amica, chef e formatrice Nicoletta Laurano, che ha ideato e realizzato i piatti.
Quinoa con verdure primaverili e mandorle / Helles, Augustiner, 5.2% Birra da bere copiosamente con uno straordinario equilibrio tra i toni maltati e quelli del luppolo e un piatto perfettamente sintonizzato, leggiadro e profumato. Un’ouverture coi fiocchi, fatta di stimoli gusto-olfattivi piacevoli, stuzzicanti e poco impegnativi.
Tarte tatin alle cipolle / Nera, Birradamare, 5.5% L’aromaticità tipica e la tendenza dolce del piatto si incontrano con la maltosità e i tratti tostato/fumé di questa schwarzbier, costruendo una coppia che funziona e appaga. Purtroppo, questa birra non è più prodotta, ma sul mercato ci sono diverse, validissime compagne di stile.
Tempura di gamberi e verdure con salsa agrodolce / Migdal Bavel, Extraomnes/Stillwater, 6.7% Grandioso esempio di incontri virtuosi. La carbonica sgrassa bene l’untuoso, l’aromaticità fine di questa meravigliosa saison arricchisce il gusto del piatto, la secchezza aiuta a ripulire il palato e stimola la richiesta del prossimo boccone.
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In pizzeria
Uno dei luoghi gastronomici prediletti dalla birra (nello scorso numero abbiamo raccontato l’origine di questo storico matrimonio) e che ha conosciuto una recente rivoluzione, simile a quella dell’artigianale. Nelle migliori pizzerie, alla ricerca sulle farine, all’attenzione sulle tempistiche di lievitazione-maturazione, si è affiancata un’attenzione lodevole alla carta del bere. Scelta sensata da diversi punti di vista: perché rappresenta una contraddizione in termini mangiare bene e bere male; perché si aumentano l’offerta e le possibilità di soddisfazione; perché si alza la spesa media del singolo cliente.
Supplì classico / Gose, Ritterguts, 4.7% Da uno storico produttore di questo particolare stile, che oggi troppi interpretano con insensate aggiunte di sciroppi, una birra fresca, acidula, profumata, lievemente sapida e beverina. Il supplì, realizzato da Pizza Chef Roma, una delle migliori pizzerie al taglio della capitale, ha pochi “segreti”: panatura e frittura ben eseguite. Con la Gose compongono un vero abbinamento da street food: la birra deterge perfettamente
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la bocca e la lieve tendenza sapida non disturba il condimento, aggiungendo piuttosto una nota fresca alle tendenze dolci. Quando si dice “partire col piede giusto”.
Pizza ripiena con arrosto e bufala / Tynt Meadow, Abbazia di Mount St. Bernard, 7.4% Abbinamento fatto durante un’incantevole serata di degustazione presso Hop family, noto beer shop romano, scandita dalle splendide preparazioni culinarie di In questa ricetta, realizzata dalla già citata Pizza Chef Roma, protagonista assoluta è la particolare aromaticità di questa officinale (il cui nome viene dalla passione che gli dimostrano gli orsi): rispetto all’aglio comune, di cui è la versione selvatica, ha profumo inebriante, gusto delicato e non crea gli odiosi effetti indesiderati del dopo. L’abbinamento è fantastico: il lavoro dei malti è un accordo musicale con il lieve acidulo del pomodoro e le note tostate-caramellate lasciano opportunamente spazio alla fragranza dell’aglio.
Elettroforno Frontoni. Pizza buonissima e gustosa, con grande attenzione nella scelta degli ingredienti, e birra che è già, ormai, una garanzia. L’abbinamento le esalta: la parte maltata dialoga con quelle sapide della muzzarella e del prosciutto e le irresistibili aromaticità presenti si mescolano, lasciando in bocca un’inedita freschezza erbacea e un palato netto, pronto al prossimo giro.
Marinara con aglio ursino / American red ale, Birra Perugia, 6.0%
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Cenare al pub
Il pub, si sa, è la casa della birra. Ma in un mondo in cui si beve sempre meno e in un contesto in cui i locali di somministrazione sono sempre di più, avere la disponibilità della cucina diventa una necessità per garantire gli imprescindibili margini economici. Puntando soprattutto sulla semplicità e l’appetibilità delle fritture e dei panini. Sulle fritture c’è poco da dire, se si fa attenzione all’olio utilizzato e si evitano eccessi surgelati. Sui panini, invece, qualche problema in più si riscontra: troppo spesso vengono assemblati con altezze da media collina appenninica e composti da ammucchiate di ingredienti senza logica. Sembra che l’obiettivo principale siano i like per la foto sui social network, ma il risultato finale è fatto di impossibilità di addentare, di pani che si sfaldano come argilla bagnata e di untuosità variegate che stillano copiosamente nel piatto. Il panino è un cibo meraviglioso, ma va assemblato con una logica gastronomica e senza tentare di strafare. Il pub rimane la casa della sostanza e della semplicità e su questa impronta filosofica si dovrebbe costruire il menu. Possiamo considerare il pub come il corrispettivo birrario delle osterie della tradizione regionale italiana più autentica, con al centro di tutto: il buon bere; oste/ ostessa o publican; piatti che hanno semplicità di fruizione e protagonismo delle materie prime; socialità e convivialità.
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Vastedda del Belìce (foto di Alberto Peroli e Fabio Artusi).
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Pettola con peperoni / Terzo tempo, Argo, 4.4% La pettola, termine che conosce un ampio numero di varianti locali in tutto il Mezzogiorno d’Italia, è una palla di pasta lievitata e fritta. Pur se di provenienza ancora incerta, venne probabilmente assorbita a partire da una preparazione chiamata petullat, tipica delle comunità arbëreshë (che, secoli fa, dall’Albania colonizzarono alcune aree del nostro meridione). Le pettole sono preferibilmente servite bollenti e salate, ripiene o ad accompagnamento delle verdure, ma esiste anche la versione dolce, accoppiata al miele, allo zucchero o al mosto cotto, di vino o di fichi. Cibo di strada fantastico, la pettola risulta untuosa e aromatica: la birra, dalla beva e dalla freschezza eccezionali, deterge e aggiunge una nota erbaceo-floreale che completa il bouquet di coppia.
Panino all’olio con straccetti di pollo al tegame, erbette ripassate e pesto alla siciliana (pomodori secchi, capperi, olive, ricotta salata) / Yakima Valley, Arbor, 7.0% Il panino (ideato e realizzato da Nicoletta Laurano) risulta intrigante e gustoso; questa American IPA coniuga beva strepitosa e apprezzabile spina dorsale maltata. Così l’abbinamento funziona, esaltando entrambi: carne e salsa sono perfettamente accompagnate e valorizzate dai malti; il luppolo aggiunge aromaticità fruttata all’insieme, ampliando il portfolio di profumi che impregnano il respiro della retro-olfattiva. Come terza proposta, gli abbinamenti per una selezione di formaggi.
1) Emmentaler A.O.P. / Rochefort 6, 7.5% L’istituzione dell’Appellation d’Origine Controlée ha finalmente recintato il perimetro di magnificenza di questo formaggio (di cui esistono troppe versioni scialbe): garantisce che sia a latte crudo e da vacche allevate in montagna, due caratteristiche che restituiscono profumi tipici e uno splendido gioco tra dolcezza, grassezza, pungenza e lieve sapidità. La Rochefort 6 è una strong ale ambrata trappista complessa, con buon corpo e apprezzabile carbonazione: una birra storica e sempre affidabile. In abbinamento, le note caramellate e quelle mielate accompagnano la dolcezza lattica e la sensazione burrosa e contrastano piacevolmente la sapidità tenue. Chiusura netta, pulita che incoraggia a replicare l’assaggio “di coppia”. 2) Vastedda del Belìce Presidio Slow Food / Tripel, Casa di cura, 8.0% È l’unico formaggio italiano a pasta filata proveniente da latte di pecora. Da tradizione, i casari della Valle del Belìce (tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo) lo producono da maggio a ottobre, rilavorando ad alta temperatura i pecorini che presentano difetti: il nome, infatti, deriva dal dialettale vasta, cioè guasta. Di forma ovoidale, è da consumare fresco (tanto che può sostituire anche la mozzarella in una caprese) e risulta lattico, pastoso e dalla sapidità gentile. La Tripel de La casa di cura è una birra fatta benissimo, elegante, dalla grande persistenza gusto-olfattiva e con una maniacale attenzione ai dettagli che, assaggiata alla cieca, fa pensare alla firma dei maestri belgi: vera ed encomiabile rarità per uno stile troppo spesso mal interpretato. Si sa che le birre amano il formaggio, ma in questo caso c’è davvero un proficuo incontro tra le parti mielate e quelle lattiche, tra la sapidità e le tendenze maltate, tra la lunghezza gustativa del formaggio e quella della birra.
3) Blue d’Auvergne AOP / Quadrupel, Extraomnes, 9.3%
Proveniente dal Massiccio centrale francese, area desolata e adatta alla pastorizia, risulta tra i migliori erborinati d’oltralpe. È caratterizzato da grassezza, dolcezza, sapidità e chiusura leggermente amaricante, con una rilevante persistenza gusto-olfattiva. La birra ha la personalità di una quadrupel e la bevibilità di una strong belgian ale, con impressioni di frutta disidratata, spezie dolci, tostature, cacao e cenni vinosi. In abbinamento, i malti lavorano bene sulla sapidità, aggiungono le sensazioni tostate a quelle grasse e burrose, l’imponenza del corpo contrasta la sapidità, si assiste a un affiancamento delle lunghezze gustative e dopo aver deglutito rimane la sensazione di un panforte, di un formaggio ubriaco e di bellezza.
Stappare birre al ristorante
Quella della presenza delle birre nelle carte più prestigiose è forse la sfida più stimolante: l’abbiamo accennato nello scorso numero, la birra ha ampie potenzialità nell’alta ristorazione, ma spesso mancano le competenze per acquistarla e abbinarla, un po’ di coraggio e vige questa sorta di obbligo morale per il quale se si va a mangiare fuori e si spendono almeno 50,00 € si debba stappare del vino. Ecco idee e suggerimenti per stuzzicare i nostri cari ristoratori a fare il passo decisivo.
Polpo marinato al tabasco grigliato, con lamponi, servito su vellutata di Cicerchie Serre de’ Conti, Presidio Slow Food / Gallagher stout, Hilltop, 5.5% In una serata organizzata qualche anno fa dalla Condotta Slow Food di Civitavecchia, l’abbrivio della cena con questo piatto fu una vera Epifania: all’assaggio tutti furono pervasi da un senso di felicità, che si trasformò in incertezza quando i camerieri cominciarono a servire questa birra scura e con un vago sentore fumé. Un’inconsueta coppia, certamente, che si rivelò in tutta la sua fertilità al momento dell’abbinamento: le tostature della birra, una delle migliori stout italiane, cercano l’aromaticità del polpo e del ribes e la delicatezza della vellutata, mentre l’accordo tra la salsa piccante e la lieve affumicatura della Gallagher (data dalla dulse) si trasforma in un gioco godurioso.
Flan di zucca e gorgonzola con riduzione della Sigma di Alvinne (ricetta e realizzazione di Nicoletta Laurano) / Sigma, Alvinne, 8.0% Piatto davvero particolare, che gioca tra dolcezza, piccantezza, sapidità e una lieve vena acidula. Ad accompagnarlo un’intrigante flemish red ale sui generis, che ha molti degli elementi di sottigliezza e acidità dello stile, ma anche la forza dell’alcol e la rotondità di un’originale trama maltata. In abbinamento, i due elementi viaggiano allo stesso livello di personalità, si incrociano splendidamente dolcezze e acidità, sprigionando coinvolgenti sensazioni fruttate e speziate.
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Croccante di maiale (capocollo di maiale nero abruzzese, broccoletti, senape) / Castagnale, Birra del Borgo, 6.8% Il piatto, preparato da Franco Franciosi e Francesco D’Alessandro, cuochi del fantastico Mammaròssa (Avezzano, AQ), arrivava a dei livelli di estasi rari. E l’abbinamento (con la ricetta prima delle modifiche successive alla nota acquisizione del birrificio da parte di AB-Inbev) fu di pura gioia: la birra ha il corpo perfetto per affrontare un piatto di spessore, offre una nota leggermente affumicata che il maiale ama e i toni maltati affrontano prolificamente la pungenza della senape. ★
A HOSPITALITY 2023, birra artigianale, mixology e il mondo Ho.Re.Ca. al completo
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Hospitality - Il Salone dell’Accoglienza, la fiera internazionale leader in Italia nel settore dell’ospitalità e della ristorazione, torna dal 6 al 9 febbraio 2023 a Riva del Garda con un’offerta business oriented unica e completa. Tra i grandi protagonisti della prossima edizione di Hospitality anche la birra nell’area speciale dedicata Solobirra: un vero e proprio laboratorio di tendenza per gli operatori Ho.Re.Ca. con la partecipazione di produttori e distributori di eccellenza italiani e internazionali oltre alle soluzioni per impiantistica e imbottigliamento. Grazie ai contributi di mastri-birrai e opinion leader del settore, sta prendendo forma un ricco palinsesto di incontri che animerà la Beer Arena del Padiglione B4. In apertura lunedì 6 e martedì 7 febbraio le premiazioni dei contest Solobirra e Best Label 2023, che decreteranno le migliori birre artigianali per proprietà organolettiche e originalità di etichette e packaging. Molte le degustazioni e gli appuntamenti per approfondire il legame sempre più stretto tra birra, turismo e ospitalità, sottolineare il potenziale di crescita delle craft beer e discutere dei trend topic del settore. Qualità, artigianalità e legame con il territorio saranno tra i temi dell’incontro “La Strada della Birra della Regione Marche. La craft tourist revolution”in calendario nel pomeriggio di martedì 7 febbraio con un focus dedicato alle Marche, una delle regioni italiane principali produttrici di orzo, che con la sua Strada della Birra propone un itinerario che valorizza il settore brassicolo artigianale con iniziative legate al turismo e alla scoperta del territorio. Nella mattinata di mercoledì 8 febbraio si parlerà di “Turismo brassicolo in Italia: prospettive e opportunità”, mentre nel pomeriggio appuntamento con “HopTour e HopFood: il luppolo in cucina, nuove esperienze degustative e turistiche” con la presentazione de Il Giardino delle Luppole di Grattacoppa (Ravenna). Il programma è sempre in aggiornamento su www.hospitalityriva.it. Oltre alla birra artigianale, a Hospitality una grande attenzione è dedicata al bere miscelato con RPM-Riva Pianeta Mixology, l’area speciale con le migliori aziende italiane e internazionali produttrici di distillati e grappe, e mixologist di fama internazionale che si alterneranno in educational e free masterclass per bartending e professionisti di ristorazione e hôtellerie. Focus sull’enoturismo con l’area speciale Winescape. Hospitality rappresenta il mondo Ho.Re.Ca. a 360°: quattro aree tematiche - Beverage, Contract&Wellness, Food&Equipment e Renovation&Tech - per un percorso espositivo completo con aziende selezionate tra le eccellenze del settore, per connettere fornitori e partner e offrire opportunità di formazione e aggiornamento con l’Academy.
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