Produzione & Igiene Alimenti n. 3/2021

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Produzione & Igiene

SPECIALE

PACKAGING Dalla carta alla plastica: percorsi virtuosi di economia circolare per conservare il valore degli imballaggi

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FOCUS ON INDICAZIONE DI ORIGINE Il lungo cammino delle denominazioni protette

TECNOLOGIE CARNI E DERIVATI L’arte (e la tecnica) dello Speck Alto Adige IGP

CONTROLLI UFFICIALI L’impatto del D.Lgs. 27/21 sull’operatore

N°3 GIUGNO 2021


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Nuove frontiere nel controllo di qualità: Gas Cromatografia a mobilità ionica Programma Introduzione - Cesare Rossini

Analisi targeted e non-targeted mediante GC-IMS: applicazioni nel settore alimentare e nutraceutico Marco Arlorio - Università del Piemonte Analisi non-targeted all’interno del Lab. Coop: l’idea di partenza, l’evoluzione e lo stato attuale Fernando Gottardi - COOP Italia Tecniche di Machine learning applicate alla GC IMS: caso studio Olio Extravergine di Oliva Andrea Giomo - Euranet

Conclusioni e Q&A Moderazione a cura di Vincenzo Bozzetti Direttore tecnico di Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia

P R E N O TA

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EDITORIALE PROFESSIONE

Nasce “ProfessionItaliane” LA FORZA CON L’UNIONE

N

el febbraio 2021, la Rete Professioni Tecniche (RTP) ed il Comitato Unitario Professioni (CUP) danno vita a “ProfessionItaliane”, un’associazione in rappresentanza per le istanze di tutti i professionisti dei Consigli Nazionali degli Ordini e dei Collegi e le Federazioni professionali aderenti, permettendo in tal modo una alleanza più forte e proficua per tutti i professionisti che operano in settori

Condivisione di etica, codice deontologico e obiettivi lavorativi

DARIO POSILLIPO Vicepresidente Consiglio Nazionale Ordine Tecnologi Alimentari ROSA CINZIA BORRELLI Commissione Comunicazione Ordine Tecnologi Alimentari

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tecnico-scientifici. Basti pensare che il CUP interviene come attore principale nel processo di riforma del sistema ordinistico italiano, anche in rapporto alla legislazione concorrente Stato-Regioni, e nell’elaborazione della Direttiva Europea in materia di professioni. Gli Ordini e i Collegi Professionali in Italia sono 27 che rappresentano più di 2.100.000 iscritti, con un indotto occupazionale di 4.000.000 di persone che nell’insieme producono un volume d’affari di circa il

15% del PIL italiano. I Tecnologi Alimentari rientrano a pieno titolo tra i professionisti aderenti a ProfessionItaliane, puntando come sempre sull’unione di valori, di forze comuni e condivise, nonché sulle interprofessionalità delle multi-discipline di pertinenza, per puntare sulla qualità del proprio operato e la crescita del settore alimentare. Gli elementi essenziali per l’unione di professioni, apparentemente lontane, rientrano nella condivisione di etica, codice deontologico ed obiettivi lavorativi. Li elenchiamo, per portare a conoscenza di tutti i Tecnologi Alimentari lo scopo e l’importanza di tali unioni: § coordinare la presenza a livello istituzionale degli Enti rappresentativi delle professioni tecniche e scientifiche, assicurando che essa sia adeguata al ruolo preminente di tali professioni nel contesto economico e sociale in cui operano; § promuovere e incentivare l’utilizzo delle conoscenze tecniche e scientifiche del settore nell’intero territorio nazionale, affinché le attività riconducibili alle professioni dell’area tecnica e scientifica siano coerenti con i principi dello sviluppo sostenibile e della bioeconomia; § promuovere l’integrazione delle professioni dell’area tecnica e scientifica nella società civile per rispondere sollecitamente a tutte le sue esigenze;

Produzione & Igiene

Giugno 2021


25 ANNI

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EDITORIALE PROFESSIONE

È stata costituita in data 4 febbraio 2021, presso la sede del CNI, l’Associazione “ProfessionItaliane”. Nata per iniziativa del CUP e della RPT, rappresenterà le istanze di tutti i professionisti dei Consigli Nazionali degli Ordini e dei Collegi e le Federazioni professionali aderenti. Firmatari dello Statuto sono stati Armando Zambrano per la RPT (nella foto) e Marina Calderone per il CUP, nominati rispettivamente Presidente e Vicepresidente.

§ f ornire consulenza e assistenza agli Associati; § promuovere la regolazione ed autoregolamentazione delle competenze professionali anche mediante un tavolo permanente di concertazione e arbitrato; § promuovere politiche globali riguardanti le costruzioni, l’ambiente, il paesaggio, il territorio e le sue trasformazioni, le risorse e i beni naturali, i rischi, la sicurezza, l’agricoltura, l’alimentazione; § promuovere il coordinamento interprofessionale per la formazione di base e l’aggiornamento continuo, anche in relazione ai rapporti con il mondo accademico; § rappresentare, per competenza, il settore delle professioni tecniche e scientifiche, nei limiti dello Statuto, nei confronti delle istituzioni e amministrazioni, delle organizzazioni economiche, politiche, sindacali e sociali, incluse le associazioni di categoria re-

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lative a professioni non appartenenti all’area tecnica scientifica; § organizzare conferenze professionali, simposi e ogni altro evento utile a promuovere e diffondere le conoscenze tecniche e scientifiche dei diversi settori di competenza; § creare le condizioni per il reciproco sostegno e la proficua collaborazione tra le professioni dell’area tecnica e scientifica e tra queste ed il mondo della ricerca scientifica e tecnologica, anche attraverso il coordinamento dei Centri Studi e commissioni ad hoc per tematiche di interesse comune, ed eventualmente con la costituzione di un Centro Studi comune. I Tecnologi Alimentari, inoltre, interloquiscono sia in maniera autonoma sia all’interno di “ProfessionItaliane” con gli Organi Parlamentari, con il Governo e con diverse Autorità.

I rappresentanti dei Tecnologi Alimentari sono stati spesso auditi dalle competenti Commissioni Parlamentari su Disegni di Legge o Proposte di Legge inerenti alle materie di interesse dell’Associazione. “ProfessionItaliane” è inoltre interlocutrice del Ministero della Giustizia sulle tematiche che interessano gli Ordini e Collegi Professionali. Particolare attenzione merita il raccordo che “ProfessionItaliane” sta attuando tra l’Autorità Nazionale Anti Corruzione e i singoli Ordini e Collegi Nazionali, sulle tematiche connesse appunto alla trasparenza e anticorruzione. “ProfessionItaliane” ha lo scopo, in sintesi, di rivendicare la funzione socioeconomica, sociale e sussidiaria dei professionisti iscritti agli Ordini e ai Collegi, mettendo a disposizione competenze per la ripresa del paese duramente colpito dalla crisi sanitaria ed economica. I Tecnologi Alimentari ci sono!

Produzione & Igiene

Giugno 2021


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Produzione & Igiene

GIUGNO 2021

IN QUESTO NUMERO...

PROFESSIONE Nasce ProfessionItaliane. La forza dell’unione 4 Rosa Cinzia Borrelli, Dario Posillipo

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INSIGHT Il Tecnologo Alimentare tra le sfide e le opportunità della resilienza 10 Massimo Artorige Giubilesi

INGRANDIMENTI La buca l’è minga straca se la sa no de vaca 12 Benedetta Bottari

NEWS DAL MONDO

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20

a cura della Redazione 14

MERCATI & TRENDS Tutti con le mani in pasta 16 Elaborazione dei dati Cerved Marketing Solutions a cura di Diletta Gaggia

SPECIALE PACKAGING & TRACCIABILITÀ

FOCUS ON

INCHIESTA

Le protezioni dei prodotti agroalimentari con Indicazione Geografica 20 Vincenzo Bozzetti

Economia circolare per conservare il valore della plastica 28 Francesca De Vecchi

NORMATIVA

RICERCA

Controlli ufficiali: arrivano le novità. L’impatto del D.lgs. 27/21 sull’operatore 24 Chiara Marinuzzi

Carte alimentari ed eco-compatibilità Patrizia Fava, Fabio Licciardello, Emanuela Lo Faro, Camilla Menozzi 34

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Produzione & Igiene

Giugno 2021


CASE HISTORY Rintracciabilità senza lacune 38 a cura di CSB System

ATMOSFERA MODIFICATA I gas alimentari. Applicazioni e vantaggi 42 Luca Ilorini

TECNOLOGIE/CARNI E DERIVATI L’arte dello Speck Alto Adige (IGP) 46 Consorzio Tutela Speck Alto Adige

PEST MANAGEMENT Rodenticidi anticoagulanti 50

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Direttore Responsabile Giorgio Albonetti

Pubblicità Luigi Mingacci - dircom@lswr.it

Direttore Scientifico Massimo Artorige Giubilesi

Traffico Ornella Foletti ornella.foletti@quine.it

Comitato tecnico scientifico Giancarlo Belluzzi, Vincenzo Bozzetti, Francesco Fiorente, Gaetano Forte, Luciano Negri, Erasmo Neviani, Serena Pironi, Daniele Roseghini

ABBONAMENTI Tel. 02 88184.117 Fax 02 70057190 www.quine.it abbonamenti@quine.it www.igiene-alimenti.it

Coordinamento editoriale Chiara Scelsi c.scelsi@lswr.it

Costo copia singola: € 2,80 Abbonamento annuale Italia: € 40

Redazione Cristina Cardinali redazione.food@quine.it

Stampa Aziende Grafiche Printing Srl Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI)

Produzione Paolo Ficicchia p.ficicchia@lswr.it

Francesco Fiorente Quine Srl

PRODOTTI E SOLUZIONI 56 CONTROVENTO Il digitale e il naturale 60 Vincenzo Bozzetti

Produzione & Igiene Alimenti - Bimestrale Rivista ufficiale del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 510 del 29-10-1983 Iscrizione al ROC n. 23531 dal 6 Maggio 2013 Tutti gli articoli pubblicati su Produzione & Igiene Alimenti sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dal GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via Spadolini 7 - 20141, Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.

Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica Periodo 1/1/2019-31/12/2019 Tiratura media: 3029 copie Diffusione media: 2821 copie Certificato CSST n. 2019-3051 del 24/2/2020 Società di Revisione: Fausto Vittucci

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46 Giugno 2021

Produzione & Igiene

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pag. 55 II Copertina pag. 53 pag. 15 pag. 5 pag. 1

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INSIGHT

Il Tecnologo Alimentare tra le sfide e le opportunità della resilienza

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l concetto di resilienza che nell’ultimo anno, segnato dalla pandemia, ci accompagnava nei pensieri e ci dava coraggio per andare avanti nonostante le incertezze e le difficoltà che, speriamo, ci stiamo lasciando alle spalle, necessita ora di essere trasformato in azioni concrete. La speranza che “andrà tutto bene” deve lasciar spazio ad un agire consapevole e mirato, a interventi precisi, tempestivi e puntuali nel presente per far sì che il futuro abbia quella prospettiva migliore che tutti quanti auspichiamo. Perché parlo di resilienza, che ormai sentiamo pronunciare da tutte le parti? Sfogliando il dizionario, troviamo un significato intrigante: “Resilienza - capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi”. Altro che urto, direi! La pandemia ha messo in ginocchio l’economia globale con conseguenze negative a tutti i livelli della nostra vita, dell’intera umanità. Siamo diventati testimoni di uno scenario che mai avremmo potuto immaginare nei tempi pre-Covid, dove un protagonista invisibile ha ribaltato il nostro mondo abituale, costringendoci a rivalutare alcune delle certezze che consideravamo immutabili. Dal termine resilienza, deriva l’aggettivo resiliente (dal latino resiliens, participio passato di resilire “saltare indietro”) che esprime al meglio il concetto di ciò che abbiamo bisogno adesso: essere resilienti, ovvero capaci di prenderci la nostra responsabilità e di andare avanti, imparando dagli errori e trovando nuove forze e opportunità per ribaltare la situazione.

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E se ci sono poche certezze in questo periodo di transizione e di ripartenza, di sicuro non mancano segnali forti che ci indicano la strada e la via d’uscita dalla crisi. Un fortissimo segnale in questo senso sono le recenti modifiche introdotte dalla Commissione Food Hygiene del Codex Alimentarius che ha revisionato il Codice di Buone Prassi relativo ai “General Principles of Food Hygiene”, “CXC 1-1969”, recepito dalla Commissione Europea con la pubblicazione del regolamento UE 2021/382 che a sua volta ha provocato la necessità di aggiornare, dopo 15 anni dalla entrata in vigore, il Regolamento CE 852/04. Con l’obiettivo di approfondire questi importanti argomenti per la nostra professione, l’Ordine dei Tecnologi Alimentari (Lombardia e Liguria) ha organizzato lo

MASSIMO ARTORIGE GIUBILESI Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria

Produzione & Igiene

Giugno 2021


scorso 7 maggio, un evento formativo che ha riscosso grande successo con più di 220 partecipanti. Il webinar dal titolo “La gestione del sistema della sicurezza alimentare: luci e ombre delle modifiche legislative” aveva come focus l’attuale panorama normativo rivolto alla sicurezza alimentare, con la trattazione di due grandi temi: la modifica dello storico Reg. 852/2004 con l’emanazione del Reg.382/2021, che pone la sua attenzione su tre punti cardine: la gestione degli allergeni, la riduzione degli sprechi alimentari e gli obblighi in materia di cultura della sicurezza alimentare. Durante l’evento si è evidenziato come gli sforzi a livello legislativo si concentrano intorno ad obiettivo di introdurre e promuovere una cultura della sicurezza alimentare intesa come un nuovo paradigma da costruire tra convinzione e convenienza. Questi elementi necessariamente trovano riflesso anche su tutto ciò che riguarda il processo di verifica che è stato il secondo tema affrontato nel webinar, che si è soffermato sui controlli ufficiali secondo il Reg. 625/17 e il successivo adeguamento nazionale avvenuto con D. Lgs.27/ 2021. Tornando al tema della resilienza, si stanno delineando dunque le basi di un necessario e radicale cambiamento nel settore agroalimentare, usufruendo della leva imposta anche dalla pandemia. Lo mostrano i dati del rapporto OCSEFAO sulle prospettive agricole 20202029 che ipotizza nei prossimi dieci anni

Giugno 2021

Produzione & Igiene

un aumento della domanda e dell’offerta grazie a tecniche di produzione più sofisticate. Aumenteranno i raccolti (+10%), le terre coltivabili (+5%) e il bestiame (+14%). Crescerà il bisogno di proteine vegetali a complemento di quelle animali e l’acquacoltura supererà la pesca. Il rapporto ha provato a prevedere come potrà essere questo decennio, iniziato con il coronavirus ma dove ci saranno molte altre sfide da affrontare per il settore agricolo e alimentare. Le questioni legate alla sostenibilità, in primis quella ambientale, ma anche quella economica, insieme agli approcci olistici OneHealth (animale-uomo-ambiente) basati su collaborazione, comunicazione e coordinamento in tutti i settori e discipline pertinenti, saranno le sfide e le opportunità lanciate alla nostra figura professionale. Secondo i dati ISTAT, il comparto agroalimentare italiano è strategico per l’economia del paese con quasi 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione, 230mila punti vendita al dettaglio. Un insieme che genera 538 miliardi di valore lungo la filiera e garantisce 3,6 milioni di posti di lavoro. È evidente quindi come in questo scenario la figura del Tecnologo Alimentare (TA) si debba collocare in prima linea nei processi di “governance della filiera” che

diventerà sempre più complessa ed interdisciplinare. In questo senso il periodo di pandemia ha evidenziato, anche per noi TA, alcuni limiti e barriere da superare legate soprattutto alle scarse risorse destinate alla ricerca e un sistema infrastrutturale e digitale decisamente da migliorare, che insieme alla normativa non chiara e farraginosa, rischiano di emarginarci. Vista l’intrinseca responsabilità che abbiamo nella nostra professionalità verso la società, dovremo agire consapevoli delle nostre competenze di eccellenza come punto di riferimento per le Imprese, interfaccia autorevole per le Istituzioni, garanti verso i consumatori. Lo slogan con il quale ci indentifichiamo con orgoglio da sempre, come “specialisti moderni e multidisciplinari che mettono al servizio del Pubblico Interesse le proprie competenze per garantire il miglioramento continuo della qualità e della sicurezza degli alimenti” non sarà sufficiente per il futuro, che richiederà nuove abilità e competenze. Il Tecnologo Alimentare deve trasformarsi, mostrando tutte le sue capacità di resilienza, da una figura multifunzionale in una indispensabile risorsa multipotenziale in grado di far emergere, dirigere, controllare gli aspetti più importanti della complessa filiera agroalimentare.

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INGRANDIMENTI

La buca l’è minga straca se la sa no de vaca

C’

è un vecchio detto milanese (ma ce ne sono altre varianti in giro per l’Italia, con il medesimo significato) che dice che il pasto va concluso con un pezzo di formaggio. Non è una novità che un alimento solido, sapido, ricco in grassi e proteine come il formaggio, in particolar modo se stagionato, sia in grado di conferi-

re un senso di sazietà, permettendoci di arrivare non affamati al pasto successivo. I meccanismi alla base di tale effetto sono stati a lungo studiati, e in parte compresi, e coinvolgono aspetti di palatabilità, di composizione in macronutrienti dell’alimento, ma anche legati alla produzione e regolazione ormonale conseguente al pasto.

Mangiamo perché ci (e “li”) dobbiamo nutrire, ma anche perché cerchiamo stimoli gratificanti

BENEDETTA BOTTARI Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma

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DA

AMUCHINA PROFESSIONAL

Ma se il desiderio di quel pezzettino di cacio non fosse proprio solo nostro, bensì anche del nostro microbiota intestinale? Sono sempre di più, infatti, gli studi che sembrano dimostrare che questi numerosissimi micro-invitati alla nostra tavola si prendano il permesso, e talvolta il merito, di scegliere il menù. Attraverso le complesse relazioni instaurate lungo l’asse intestino-cervello, il microbiota utilizza le risorse alimentari introdotte con la dieta stimolando la produzione di metaboliti ed ormoni determinanti per la nostra salute, influenzando anche molti aspetti del nostro comportamento, tra i quali anche l’approccio edonistico al cibo. Mangiamo perché ci (e “li”) dobbiamo nutrire, ma anche perché cerchiamo stimoli gratificanti, secondo il cosiddetto sistema di ricompensa, lo stesso che ci suggerisce di consumare un quadretto di cioccolata. Il formaggio, come esempio di “premio”, è un’inestimabile fonte di peptidi, molti bioattivi, e aminoacidi essenziali, molto appetibili per il nostro microbiota, ingolosito dalla possibilità di trasformarli in composti utili per la nostra salute, che ci tengano lontani dall’eccesso e ci facciano alzare da tavola pienamente soddisfatti. Sfida per le tecnologie alimentari del futuro sarà inevitabilmente trovare i modi opportuni per soddisfare al meglio gli “appetiti” di questi nostri ospiti.

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E se la voglia di quel pezzettino di cacio non fosse solo un “nostro” desiderio?

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NOTIZIE DAL MONDO

IMBALLAGGI, ETICHETTATURA E INFORMAZIONE AMBIENTALE Il ministero della Transizione ecologica è intervenuto recentemente con la circolare del 17 maggio 2021 in merito all’obbligo di etichettatura degli imballaggi, previsto dall’art. 219 del Testo unico ambientale. In particolare l’obbligo ricade sui produttori ma anche sugli utilizzatori degli imballaggi, al fine di assicurare un’adeguata e idonea informazione ambientale. I produttori di imballaggi sono obbligati a identificare correttamente il materiale, con la codifica alfanumerica prevista dalla decisione 97/129/Ce perché sono a conoscenza dell’effettiva composizione dell’imballaggio, sia esso finito che semilavorato, e quindi devono fornire informazioni complete a favore di tutti i soggetti della filiera. Le informazioni previste per una corretta etichettatura degli imballaggi sono spesso condivise tra il produttore e l’utilizzatore dell’imballaggio stesso, in ragione del suo effettivo utilizzo. Per garantire la corretta etichettatura ambientale di imballaggi neutri, privi di grafica o stampa con particolare riferimento a quelli da trasporto, il produttore deve inserire le informazioni sui documenti di trasporto che accompagnano la merce, o su altri supporti esterni, anche digitali. Ciò vale anche nei casi in cui ci si trova di fronte a imballi impossibilitati alla stampa

dell’etichettatura. Si tratta in sostanza di una via alternativa alla tradizionale etichettatura da apporre sull’imballaggio stesso. (a cura di F.Metta)

#EUChooseSafeFood In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare svoltasi lo scorso 7 giugno, l’Efsa ha avviato la campagna di comunicazione #EUChooseSafeFood che si svolgerà per tutta l’estate 2021. La campagna si prefigge di sensibilizzare i cittadini alla scienza alla base dei nostri alimenti e di raccontare la storia degli scienziati che si adoperano per garantirne la sicurezza. L’obiettivo generale è incoraggiare i cittadini a pensare in modo critico alle loro scelte quotidiane riguardanti gli alimenti. (fonte: Efsa)

BENESSERE DEGLI ANIMALI Lo scorso 26 aprile, i ministri dell’agricoltura dell’UE hanno sostenuto una revisione della legislazione sul benessere degli animali, in particolare durante il trasporto su lunghe distanze. Il commissario europeo per la salute Stella Kyriakides ha confermato che la Commissione europea presenterà una proposta di revisione della legislazione sul benessere degli animali del 2005 nel 2023. Sempre in merito al benessere animale, il mandato del gruppo di esperti della Commissione è esteso di 4 anni, fino al 30 giugno 2025. (fonte: OriGin)

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Produzione & Igiene

Giugno 2021


PLASTIC TAX RINVIATA DI ALTRI 6 MESI A causa delle difficoltà che i settori economici stanno vivendo a causa della pandemia, la tassa è stata ulteriormente prorogata ed entrerà in vigore dal 1 gennaio 2022. Dopo un primo rinvio, la plastic tax, prevista inizialmente per il 1° gennaio 2021 e posticipata al prossimo 1 luglio, è stata differita di altri 6 mesi, per sostenere la delicata ripartenza delle aziende. Questa tassa impatterà sui MACSI, manufatti destinati ad avere una funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, anche in forma di fogli, pellicole o strisce realizzati, anche parzialmente, in plastica. Di questo gruppo fanno parte ad esempio bottiglie, tetrapak, contenitori in polistirolo e vassoi per alimenti, con l’esclusione dei manufatti compostabili e medicali.

PIANO D’AZIONE DELL’UE VERSO L’INQUINAMENTO ZERO PER ARIA, ACQUA E SUOLO

Soddisfatto della proroga Ettore Prandini di Coldiretti, che al Sole24 ore ammette di temere che il costo della plastic tax possa venire scaricato sui più deboli: gli agricoltori e i consumatori finali. Ivano Vacondi, presidente di Federalimentare, dichiara al quotidiano la sua soddisfazione: “Tiriamo sospiro di sollievo: bene questo rinvio. È il momento della ripartenza e siamo contenti che il governo ci aiuti in questa situazione così delicata”. (fonte: AlimentiNews.it)

Il 12 maggio, la Commissione europea ha adottato un piano per ridurre l’inquinamento dannoso per la salute e gli ecosistemi naturali entro il 2050. Per quanto riguarda l’agricoltura, un inquinante su cui la Commissione si concentra in particolare è l’ammoniaca. La CE prevede misure riguardanti le pratiche di alimentazione degli animali, la gestione del letame e l’uso di fertilizzanti e vuole facilitare l’immissione sul mercato di materie prime per mangimi alternativi e additivi per mangimi innovativi. Un altro obiettivo è quello di ridurre del 25% gli ecosistemi dell’UE in cui l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità. (fonte: OriGin)

MACCHINE A VA P O R E S E C C O

Giugno 2021

Produzione & Igiene

pulizia e sanificazione

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Mercati&trends / Pasta

Tutti con le mani in pasta La pandemia da Covid-19 e il conseguente lockdown hanno influenzato notevolmente l’andamento dei consumi e causato un temporaneo azzeramento del canale fuori casa: in esclusiva i dati dell’analisi Cerved Market Intelligence

L’

Italia rimane il maggiore produttore mondiale di pasta. La necessità di realizzare elevati volumi di vendita, date le condizioni generali del mercato (eccesso di capacità produttiva), tende a mettere al centro la competizione sul prezzo. Nel 2020 il fatturato settoriale mostra un significativo incremento, 4.937,8 milioni di euro (+10,8%). Sul fatturato complessivo, le vendite estere hanno un’incidenza del 58%.

Segno più per consumi domestici ed esportazioni Nel corso del 2020 la crescita dei volumi prodotti è stata dell’8,6%. Cresce anche il mercato interno del 4,1% in valore, raggiungendo i 2.154 milioni di euro circa, e dell’1,4% in termini reali. Questo trend deriva anche dai grandi cambiamenti nell’andamento dei consumi verificatisi a causa del Coronavirus e del conseguente lockdown. Cambiamenti che hanno portato anche a un temporaneo azze-

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ramento del canale fuori casa, in Italia e nei principali stati esteri. Nel complesso i consumi fuori casa nel nostro Paese hanno mostrato una tendenza al ribasso del 25-30%. Diverso andamento hanno mostrato invece i consumi domestici, che si sono incrementati in misura significativa per un mercato maturo come quello pastario. Tutti i segmenti (pasta secca, fresca e secca ripiena) hanno registrato buoni andamenti, a eccezione della pasta surgelata, fortemente legata ai con-


Elaborazione dati Cerved Marketing Intelligence a cura di Diletta Gaggia

RIORGANIZZARE LA STRUTTURA PRODUTTIVA

Le importazioni si confermano poco significative (3%), anche se in crescita. Si tratta prevalentemente di prodotti etnici, rivolti a un target diverso da quello della pasta nazionale. Per il 2021 si prevede una fase di assestamento, dopo i forti cambiamenti dell’anno precedente, con una flessione del fatturato del 3,4% (e della produzione in termini reali dell’1,2%). Si prevede un calo delle vendite estere (-2,1% in termini reali, -6,9% in valore), mentre il mercato interno dovrebbe mantenere un andamento stabile in termini reali, con un incremento dell’1,2% in valore. Nel 2022 si assisterà a una lieve ripresa delle esportazioni in termini reali, che traineranno la produzione, mentre il mercato interno tornerà a un andamento di lievissima flessione, che dovrebbe confermarsi come tendenza di lungo periodo. Ma il lieve incremento dei prezzi medi porterà ad andamenti positivi dei flussi in valore. sumi fuori casa e quindi in crisi. Ovvero, la pasta secca cresce del 5,8% (2,5% in termini reali); quella fresca del 3,7% (2% in termini reali) e la pasta secca farcita cresce del 7,4% (4,4% in termini reali). Le esportazioni rappresentano uno sbocco estremamente importante per le aziende del settore (58% circa della produzione). Nel 2020 hanno trainato ancora una volta la produzione, con un incremento del 16,6%, mentre in termini reali sono cresciute del 14,3%.

Giugno 2021

Produzione & Igiene

Canali distributivi Con l’avvento della pandemia il comportamento di acquisto dei consumatori e di conseguenza l’andamento dei canali distributivi ha subito un drammatico cambiamento rispetto agli anni precedenti: il lockdown attuato tra marzo e maggio ha comportato una riorganizzazione degli acquisiti, con un minor numero di uscite e crescita significativa della battuta di cassa.

Nel settore si sono registrati diversi cambiamenti nella proprietà di stabilimenti produttivi o nella loro capacità produttiva, in un’ottica di riorganizzazione. Tra gli altri si segnalano i seguenti: § nel gennaio 2020 è stata accettata la richiesta di concordato preventivo di Pasta Zara. Del piano fa parte la cessione per 118 milioni di euro dello stabilimento di Riese Pio X da parte di Pasta Zara a Barilla G.E.R. F.LLI; § nell’aprile 2019 è stata siglata da Newlat Food l’acquisizione dalla multinazionale argentina Molinos Río de la Plata del 100% della società Delverde Industrie Alimentari, storica azienda alimentare italiana specializzata nella produzione di pasta premium con sede a Fara San Martino in Abruzzo. A fine dicembre 2019, con effetto contabile da aprile 2019, Delverde Industrie Alimentari è stata incorporata nella controllante; § a marzo 2018 Nestlè Italiana ha finalizzato la cessione a Pastificio Rana Spa dello stabilimento di Moretta, dedicato alla produzione di pasta fresca ripiena e salse a marchio Buitoni. Insieme alla cessione del ramo d’azienda, la società ha siglato con Pastificio Rana un accordo di natura commerciale in virtù del quale tutte le referenze di pasta fresca e salse a marchio Buitoni sono state distribuite e commercializzate da Nestlé Italiana in Italia.

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Mercati&trends / Pasta

In particolare: § il modern trade ha subito un incremento del 6,3% con andamenti più positivi per Supermercati, Discount Superette e meno per gli ipermercati; § le vendite di alimentari hanno registrato un fortissimo incremento nei negozi di vicinanza: il canale tradizionale ha avuto una crescita del 7,7%; § è cresciuto il ricorso al porta a porta e a consegne a domicilio, non solo per quanto riguarda i prodotti surgelati ma anche per la normale spesa alimentare (ad esempio presso Esselunga online) e delle vendite dirette online delle aziende di pasta; § sono cresciute le consegne a domicilio tipo Deliveroo o Glovo, con punte

superiori al 40%, dopo un primo momento di incertezza. Per contro si è assistito a un blocco quasi totale del canale fuori casa, fatta eccezione per l’asporto e per la ristorazione collettiva degli ospedali, delle RSA e per alcune mense aziendali. Nel settore pastario il canale fuori casa nel complesso ha avuto un calo del 26% con punte maggiori per la ristorazione commerciale.

Sono pochi i grandi operatori In Italia operano circa 120-130 pastifici, solitamente specializzati in un solo segmento di mercato, anche se circa 10-20 aziende presidiano sia il segmento della pasta fresca che quello della pasta secca. Gli stabilimenti sono localizzati in tutta Italia, con

una prevalenza numerica nell’Italia meridionale, vicino alle zone di produzione del grano duro. Si rileva la presenza di alcuni distretti produttivi, in particolare a Gragnano per la pasta secca di semola, nel Barese per la pasta secca e fresca di semola e in Veneto per la pasta fresca all’uovo. Il settore storicamente si caratterizza per un eccesso di capacità produttiva per i continui investimenti tecnici. Gli addetti sono circa 7.500, numero che si mantiene piuttosto stabile. La struttura produttiva cambia a seconda del segmento considerato: § il segmento della pasta secca si caratterizza per la presenza di un leader mondiale, Barilla, seguono De Cecco e due gruppi di grandi dimensioni diversificati, Colussi (diversificato prin-

Tabella 1. Principali operatori nazionali, 2019 Dati in migliaia di euro, fatturato consolidato dove disponibile (Fonte: Cerved)

Denominazione

Marchi

Attività

GUIDO M. BARILLA E F.LLI S.R.L. & C. SAPA di cui:

Barilla, Voiello

Pasta secca. Opera anche in altri settori (pane, sughi, fette biscottate, merendine)

3.629.374

4,11

Barilla, Voiello

Pasta secca. Opera anche in altri settori (pane, sughi, fette biscottate, merendine)

2.620.908

3,96

PASTIFICIO RANA SPA

Rana, private label

Pasta fresca

777.297

10,22

F.LLI DE CECCO DI FILIPPO SPA di cui:

De Cecco

Pasta secca

458.501

4,51

De Cecco

Pasta secca

86.463

5,46

COLUSSI SPA

Agnesi, Misura, Festaiola

Pasta secca. Opera anche in altri settori

313.788

6,09

F. DIVELLA SPA

Divella

Pasta secca e fresca

282.372

1,53

NEWLAT FOOD SPA [1]

Buitoni, Pezzullo, Corticella, Orodinapoli, Birkel, 3 Glocker

Pasta secca. Opera anche in altri settori (yogurt, formaggi freschi)

272.842

7,29

PASTA ZARA SPA

Zara, private label

Pasta secca

205.061

4,96

PASTIFICIO LUCIO GAROFALO SPA

Garofalo, S. Lucia

Pasta secca

160.555

5,06

BERTAGNI 1882 SPA

Bertagni, Belcanto

Pasta secca

93.714

15,68

DE MATTEIS AGROALIMENTARE SPA

Baronia, private label

Pasta secca

150.878

34,78

BARILLA G. E R. FRATELLI SPA

MOLINO E PASTIFICIO DE CECCO SPA PESCARA

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Fatturato

Var. % rispetto all’anno precedente

Produzione & Igiene

Giugno 2021


cipalmente nei prodotti da forno) e Newlat Group (diversificato principalmente nel lattiero caseario). A questi si affiancano circa quaranta aziende di dimensione media e numerosi produttori di dimensione contenuta, che rendono l’offerta frammentata; § il segmento della pasta fresca è presidiato da un produttore leader di mercato, Pastificio Rana, tre aziende di medie dimensioni e una trentina di aziende di dimensione contenuta, oltre alla multinazionale del food, Nestlé Italiana, che presidia il segmento con il marchio Buitoni; § il segmento della pasta surgelata vede la presenza di un numero limitato di aziende, di dimensione media o medio piccola.

Quasi tutte le aziende di media dimensione operano almeno in parte conto terzi, la quale permette di perseguire economie di scala, abbattendo i costi fissi, oltre a rappresentare una chiave di ingresso per il canale moderno.

Il costo delle materie prime Il settore pastario si caratterizza per un’incidenza molto elevata del grano duro sulla struttura dei costi. Questa materia prima raggiunge circa il 40-50% di incidenza sul fatturato (60% circa per la pasta secca, 40% circa per la pasta fresca e per la pasta surgelata). È, di conseguenza, uno degli elementi che influenza maggiormente i prezzi del prodotto finito. La scelta del grano duro è fondamentale, perché determina colore, gusto e tenu-

ta in cottura. Una quota consistente del grano duro utilizzato è di importazione (il grano canadese si caratterizza per un elevato contenuto proteico, che permette la formazione della rete glutinica che conferisce la tenuta di cottura). Le quotazioni di questa materia prima sono estremamente volatili.

Le scelte dei consumatori Dopo anni in cui la domanda si è incentrata verso prodotti particolari, nutraceutici, o funzionali, mostrando una tendenza generale a un calo del consumo giornaliero di carboidrati, con lo scatenarsi della crisi in atto si evidenziano andamenti opposti: la domanda tende a spostarsi verso prodotti normali, caratterizzati da un buon rapporto qualità/prezzo.

Denominazione

Marchi

Attività

LA MOLISANA SPA

La Molisana

Pasta secca

130.456

20,53

VOLTAN HOLDING SPA

Voltan, Giordani

Pasta fresca

126.742

0,14

PASTIFICIO DEI CAMPI SPA di cui:

Pasta dei Campi

Pasta secca

125.904

-2,95

PASTIFICIO DI MARTINO GAETANO & F.LLI SPA

Antica pasta di Gragnano fratelli Di Martino, Antonio Amato

Pasta secca

76.424

6,94

GRANDI PASTAI ITALIANI SPA

Italgnocchi, Bertarini, private labels

Pasta fresca

43.000

-19,78

RUMMO SPA

Rummo

Pasta secca

93.198

27,14

ALDINO SRL di cui:

Fazion, Mennucci

Pasta secca

86.229

5,59

Pasta Rigo

Pasta secca

8.303

13,29

SURGITAL SPA

Pastasì, Laboratorio Tortellini, Il Pastaio del Paese, Divine Creazioni

Pasta surgelata. Produce anche altri prodotti surgelati

84.595

6,55

PASTIFICIO GUIDO FERRARA SPA

Guido Ferrara

Pasta secca

74.771

25,82

PASTIFICIO ATTILIO MASTROMAURO PASTA GRANORO SRL

Granoro

Pasta secca

66.883

4,66

PASTIFICIO ANTONIO PALLANTE SRL

Pasta Reggia, Spighe di Campo, Nutri Bio

Pasta secca

65.667

12,23

PASTIFICIO RIGO

Fatturato

Var. % rispetto all’anno precedente

Nel settore opera anche la Nestlè Italiana Spa che commercializza il marchio di pasta fresca Buitoni (prodotta da Pastificio Rana) [1] NEWLAT FOOD Spa: Nel corso del 2019 ha acquisito la DELVERDE Industrie Alimentari Spa, incorporata il 31/12/2019

Giugno 2021

Produzione & Igiene

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Focus on

Le protezioni dei prodotti agroalimentari con Indicazione Geografica Dalle indicazioni di provenienza alle Indicazioni Geografiche: il lungo cammino delle denominazioni protette che oggi interessano oltre 3800 prodotti agroalimentari

I

l 20 marzo 1883 a Parigi è stata firmata la Convenzione per la protezione delle proprietà industriali. Detta anche l’”Unione di Parigi”, riguardava solo i brevetti, i disegni industriali, i marchi di fabbrica e i marchi commerciali. Dopo le successive revisioni e integrazioni ha potuto continuare il proprio cammino come Organizzazione Mondiale Proprietà Intellettuale.

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Il 1° giugno 1951 a Stresa veniva firmata la Convenzione Internazionale sull’uso delle designazioni d’origine e delle denominazioni dei formaggi. La convenzione stresiana affonda le sue radici nel Congresso di Berna del 1914 della Federazione Internazionale di Latteria e, successivamente recepita dalle legislazioni nazionali, si è poi evoluta nei regolamenti comunitari europei.

Nel 2015, le due diverse filosofie di protezione hanno trovato unità d’intenti con l’Atto di Ginevra del Trattato di Lisbona, gestito dall’ Organizzazione Mondiale Proprietà Intellettuale. Oggi, i diritti di proprietà intellettuali includono: i diritti d’autore, i brevetti, i marchi, i disegni industriali, le indicazioni geografiche, i segreti commerciali.

Produzione & Igiene

Giugno 2021


Vincenzo Bozzetti

La Convenzione di Parigi del 1883 e le sue evoluzioni Il 20 marzo 1883, a Parigi, fu firmata l’adesione alla Convenzione per la protezione delle proprietà industriali, conosciuta anche come Unione di Parigi. Successivamente la convenzione è stata rivista sei volte: a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, a L’Aia il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Lisbona il 31 ottobre 1958 e a Stoccolma il 14 luglio 1967. E, proprio con quest’ultima revisione, l’Unione di Parigi confluisce unitamente all’Unione di Berna, in OMPI-WIPO (Organizzazione Mondiale Proprietà Intellettuale - World Intellectual Property Organization), in qualità di agenzia specializzata dell’ONU. A sua volta, l’Unione di Berna era nata come Convenzione di Berna nel 1886 per la protezione delle proprietà intellettuali, meglio conosciuta con l’acronimo BIRPI (Bureaux internationaux réunìs pour la protection de la propriété intellectuelle), operativo dal 1893. Nel 1883 aderirono all’Unione di Parigi 11 Paesi: Belgio, Brasile, Francia, Guatemala, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Salvador, Serbia, Spagna, Svizzera. Le protezioni della proprietà industriale riguardava solo quattro oggetti: i brevetti, i disegni industriali, i marchi di fabbrica e i marchi commerciali; mentre i modelli d’utilità, le indicazione di provenienza, la repressione della concorrenza sleale furono aggiunti con l’Accordo di Washington del 1911. In merito all’“indicazione di provenienza” è doveroso precisare che si riferiva al paese di provenienza del prodotto, come ad esempio: “Made in France”, “Brussels Lace”, ecc. Successivamente, con la Conferenza de’ L’Aia del 1925, si elencavano le sette protezioni e si puntualizzava: “indicazione di provenienza o appellazione d’origine”. Quest’ultima però, non diventava un’ottavo oggetto, quindi manteneva il genus della fonte di prove-

Giugno 2021

Produzione & Igiene

TAPPE E PERCORSI Data Evento 20.03.1883 Convenzione di Parigi sulla protezione delle proprietà Industriali 09.09.1886 Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche 09.09.1886 Istituzione di BIRPI - Bureaux Internationaux réunìs pour la protection de la propriété intellectuelle 14.04.1891 Accordo di Madrid sulla repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza 14.12.1900 Atto addizionale di Bruxelles 02.06.1911 Revisione di Washington, estensione delle protezioni a sette oggetti 06.11.1925 Revisione de’ L’Aia sull’indicazione di provenienza o di origine 02.06.1934 Revisione di Londra sull’esenzione dei diritti di terze parti 01.06.1951 Convenzione di Stresa, sulle Denominazioni d’Origine dei formaggi 31.10.1958 Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine 18.11.1953 Recepimento Convenzione di Stresa con il DPR n. 1099/1953 10.04.1954 Legge n. 125/1994 sulle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi 14.07.1967 Accordo di Stoccolma: Unione di Parigi e BIRPI continuano come OMPI-WIPO 17.12.1974 OMPI-WIPO diventa agenzia della Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) 14.07.1992 Regolamento CEE 2081/1992 per i prodotti DOP e IGP 15.04.1994 Accordo TRIPs di Marrakech con l’inclusione delle Indicazioni Geografiche 29.12.1994 Ratifica italiana con la Legge n. 747/1994 dell’accordo di Marrakech 20.03.2006 Regolamento CE 510/2006 per la protezione delle Indicazioni Geografiche 21.11.2012 Regolamento UE 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agroalimentari 31.10.2015 Atto di Ginevra per l’aggiornamento dell’Accordo di Lisbona 20.05.2015 Adozione dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona 17.09.2019 Voto del Parlamento Europeo per l’accesso al Sistema Internazionale di Registrazioni IG 07.10.2019 Normativa del Consiglio Europeo per accedere all’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona 26.11.2019 Adesione dell’Unione Europea all’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona 26.02.2020 Entrata in vigore dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona, detto “Sistema di Lisbona”

nienza, come nell’esempio del “Pizzo di Bruxelles”. Un vero “garbuglio per azzeccagarbugli internazionali”. In parole semplici, l’indicazione di provenienza, o appellazione d’origine, non era riferita alla “denominazione d’origine”, vincolata al territorio, alla tradizione e alla tipicità, come nel caso delle denominazioni casearie. E questo è proprio uno dei punti focali da considerare per capire il percorso parallelo delle “denominazioni d’origine” che avevano bisogno di una tutela maggiormente aderente, che facesse riferimento alle denominazioni collettive già in uso, sin da tempi

remoti e ben distinte dalle denominazioni registrate nello spirito della Convenzione di Parigi, per sua natura orientata alle proprietà industriali private, alle registrazioni di nuovi marchi e denominazioni commerciali. In ogni caso, l’importanza dell’evoluzione della Convenzione di Parigi potrebbe anche essere vista nei numeri: all’Unione di Parigi aderirono 11 Paesi, a OMPI-WIPO i Paesi aderenti sono 193, dei quali 35 (tra cui l’Unione Europea), aderiscono al “Sistema di Lisbona” per la protezione dei prodotti agroalimentari con Indicazioni Geografiche!

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Focus on

La Convenzione di Stresa del 1951 e le sue evoluzioni Come abbiamo visto sopra, i prodotti lattiero caseari con denominazioni d’origine non trovavano idonea protezione nella Convenzione di Parigi. Quindi, cercarono protezione per altre vie, per altri percorsi. Chiare esigenze di distinzione tra prodotti con denominazione d’origine e generici sono riportate negli Atti del VI Congresso della Federazione Internazionale di Latteria (FIL), di Berna nel 1914, anche se quelle riflessioni rimasero bloccate dalla Prima Guerra Mondiale e anche dalla “influenza spagnola”. Così, durante i primi Anni 20, l’industria lattiero casearia italiana subì la dura concorrenza del formaggio “Reggianito”, una chiara imitazione, prodotta in Argentina, prima nelle colonie degli emigranti italiani e poi dall’industria lattiero casearia che moltiplicò 8 volte le sue produzioni. Anche per questo, durante il Congresso Mondiale Lattiero Caseario di Washington nel 1923, la coalizione di sette paesi (Danimarca, Francia, Italia, Olanda,

Norvegia, Svezia e Svizzera), riprese e affinò le proposte di Berna, e ottenne l’approvazione di due importanti mozioni per prevenire la concorrenza sleale e l’inganno ai consumatori. Con una, i formaggi di imitazione dovevano essere etichettati con l’aggettivo della nazione di produzione, per esempio: Roquefort danese, Cheddar olandese, Gouda svedese e, via di seguito. Con l’altra, la costituzione della Commissione Internazionale per i Formaggi (CIF) per approfondire il tema delle denominazione d’origine. La CIF si concretizzava in occasione del VII Congresso Internazionale della FIL a Parigi nel 1926. Dal 1928 al 1939 la CIF si riunì una decina di volte sotto la presidenza dell’olandese A. J. Swaving ed elaborò uno schema di Convenzione presso l’Istituto Internazionale dell’Agricoltura (IIA) di Roma. Lo schema rimase inattuato per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Dopo di che, ad ottobre 1945 l’IIA fu sostituito dalla FAO (Food and Agriculture Organization) la nuova agenzia delle Nazioni Unite.

Nel nuovo contesto, nel 1947, il progetto di Convenzione del 1939 venne modificato e stravolto. Per gli italiani era l’ora di “stringiamci a coorte”, per andare al Congresso Internazionale della FIL, a Stoccolma nel 1949, in una sessantina con il Ministro dell’Agricoltura On. Antonio Segni. La ventina dei delegati Assolatte era guidati dal presidente Ercole Locatelli e dal direttore Antonio Masutti. A Stoccolma si parò la stoccata e si cominciò a tessere l’alleanza con francesi, olandesi e svizzeri, con la quale si ribaltò nuovamente la situazione durante la Sessione estiva della FIL ad Amsterdam nel 1950. L’Italia fu quindi incaricata di convocare la Conferenza Diplomatica a Stresa a fine di maggio 1951 che arrivò alla firma della Convenzione del 1° giugno 1951. Ora, al di là della nemesi dell’accordo stresiano, ad esso viene pacificamente riconosciuto il ruolo propulsore delle protezioni per le denominazioni di origine agroalimentari emanate prima dalla Comunità Economica Europea e poi dall’ Unione Europea.

Indicazioni Geografiche

Indicazioni Geografiche per tipologie

(Fonte: eAmbrosia-Commissione Europea)

(Fonte: eAmbrosia-Commissione Europea)

80

280

267

1985 1490 3.571

Unione Europea

22

Paesi Terzi

DOP

IGP

TSG

IG

Produzione & Igiene

Giugno 2021


Top 20 dei Paesi con Indicazioni Geografiche 1

Italia

927

2

Francia

786

3

Spagna

403

4

Grecia

280

5

Portogallo

227

6

Germania

186

7

Cina

110

8

Ungheria

100

9

Regno Unito

92

10

Romania

77

11

Bulgaria

76

12

Austria

72

13

Croazia

66

14

Rep. Ceca

49

15

Slovenia

49

16

Polonia

46

17

Belgio

45

18

Paesi Bassi

38

Indicazioni Geografiche per categorie

19

Slovacchia

31

(Fonte: eAmbrosia-Commissione Europea)

20

Svezia

30

Restanti 38 Paesi

145

Totale

3835

Il Registro della Commissione Europea ed il Lisbon Express Database

Ginevra dell’Accordo di Lisbona (2015) e oggi i prodotti agroalimentari con “Indicazione Geografica ” inseriti nel Registro delle Indicazioni Geografiche della Commissione Europea sono 3835. Parte di loro, circa 1135, sono già stati inseriti nel Lisbon Express Database di OMPI-WIPO. Altri, anche se non tutti, lo saranno nei tempi e nei modi necessari. Domanda: Allora il tema Italian Sounding troverà pace nel Lisbon Express Database?

I percorsi inizialmente distinti, paralleli e su piani diversi, delle Convenzioni di Parigi (1883) e di Stresa (1951) cominciarono a tendere alla convergenza con l’Accordo di Lisbona (1958) e successivamente con l’Accordo TRIPs di Marrakech (1994). Divennero decisamente convergenti invece con l’Atto di

257

5

(Fonte: eAmbrosia-Commissione Europea)

1834 1721

DOP

Giugno 2021

Produzione & Igiene

IGP

TSG

IG

Risposta: Forse si, forse no! L’Italian sounding è come un poliedro irregolare dai contorni scaleni, sicuramente bisognoso di approcci articolati. Inoltre, non tutti i Paesi aderenti ad OMPI-WIPO aderiscono al “Sistema di Lisbona”, per cui nuovi equilibri e mediazioni bisognerà pure cercarli e trovarli. In ogni caso, volendo, saranno meno difficili oggi, rispetto a ieri.

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Normativa

Controlli ufficiali: arrivano le novità L’impatto del D.lgs. 27/21 sull’operatore

D

al 2017 abbiamo imparato a conoscere l’imponente corpus normativo contenuto nel Reg. Ue 625/2017 che, come noto, ha ridisciplinato i controlli ufficiali ampliando il campo di applicazione ed introducendo nuovi strumenti. Fino ad oggi sono stati emanati altri 8 regolamenti delegati e di esecuzione e 4 decreti legislativi nazionali di attuazione. Indubbiamente quello più atteso era il D.lgs 27/21 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’11.03.2021, che si è distinto non solo per il contenuto relativo ai prelievi, alla controperizia e alla controversia, ma

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anche per aver, inopinatamente, abrogato tra gli altri, anche la Legge 283/62 cancellata senza alcuna nuova corrispondente struttura sanzionatoria, ma poi salvata in extremis dal DL 42/2021. Ripristinato il quadro sanzionatorio, per il quale peraltro sono in corso lavori per realizzare un nuovo sistema di reati alimentari, il D.lgs. 27/2021 è così articolato:

a) Disposizioni sulle Autorità § individua le autorità competenti, delineando le aree di intervento del Ministero della Salute e il Ministero delle Politiche Agricole;

§ definisce le modalità di elaborazione del Piano di controllo nazionale pluriennale (PCNP); § elenca le modalità di esecuzione dei controlli ufficiali ribadendo il principio della frequenza adeguata e dell’assenza di preavviso. Di interesse l’obbligo di procedure documentate per garantire l’omogeneità e l’efficacia dei controlli nonché di elaborare una documentazione scritta. Dato più importante è che tale documentazione deve comunque essere resa disponibile all’operatore.

Produzione & Igiene

Giugno 2021


Avv. Chiara Marinuzzi Studio Legale Avv. Gaetano Forte Diritto penale agroalimentare e sicurezza alimentare

Il decreto disciplina la registrazione dei trattamenti sui farmaci veterinari e sull’uso di sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e sul controllo dei residui negli animali vivi e nei loro prodotti.

Viene inoltre sancito il principio di trasparenza che comporta la messa a disposizione del pubblico, almeno una volta l’anno, delle informazioni anche mediante la pubblicazione su internet. Nessun cenno al tema del rating dell’operatore previsto dall’art. 11 Reg. UE 625/17, i cui contorni risultano ancora oggi molto sfumati; § sul tema e-commerce il Ministero della salute, in caso di non conformità, potrà disporre la cessazione per un adeguato periodo di tempo della totalità o di una parte dell’attività dell’ope-

Giugno 2021

Produzione & Igiene

In caso di esito sfavorevole delle analisi,l’OSA ha diritto a una controperizia presso un laboratorio di propria fiducia ratore o l’oscuramento dei siti internet gestiti o utilizzati dall’OSA; § nuova la classificazione delle non conformità con la distinzione tra: Non conformità minori (nc): che non comportano un rischio immediato per la salute umana o per la salute e il benessere degli animali, Non conformità maggiori (NC): che comportano un rischio immediato per la salute umana o per la salute e il benessere degli animali; § in merito ai provvedimenti, le Autorità competenti possono altresì disporre il sequestro amministrativo o penale a seconda dell’illecito rilevato, utilizzando il blocco ufficiale nei casi residuali.

b) Disposizioni sugli operatori Per quanto concerne gli operatori viene ribadito l’obbligo di: § assicurare l’accesso alle attrezzature, ai mezzi di trasporto, ai locali e agli altri luoghi sotto il proprio controllo e relative adiacenze; ai propri sistemi

informatici di trattamento delle informazioni; agli animali e alle merci sotto il loro controllo; ai propri documenti, anche informatizzati, e a tutte le altre informazioni pertinenti. § effettuare la notifica all’Autorità competente comunicando i propri dati e quelli dell’attività; § fornire assistenza e collaborazione con il personale delle autorità competenti § garantire una formazione adeguata al personale operante presso i propri stabilimenti

c) La controperizia e la controversia La principale novità del decreto è indubbiamente la controperizia che stravolge il sistema fino ad oggi vigente in Italia. I passaggi sono così articolati: Prelievo e formazione delle aliquote In fase di prelievo va prelevata una quantità sufficiente per formare tutte le aliquote previste, compresa quella destinata all’operatore per consentire allo stesso

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Normativa

l’esame di parte presso un laboratorio di sua fiducia accreditato e quella per consentirgli l’espletamento dell’eventuale fase relativa alla controversia. In caso di espressa rinuncia, tali aliquote non vengono prelevate. Nell’allegato 1 al decreto sono stabilite le modalità delle operazioni di campionamento: per ciascun campione prelevato è compilato un verbale di campionamento contenente tutte le informazioni (autorità competente con generalità e qualifica delle persone che hanno eseguito il prelievo, identificazione univoca, data, ora e luogo del prelievo, nome e forma giuridica dell’OSA, generalità di chi ha presenziato alle operazioni, firma o annotazione relativa al rifiuto della sottoscrizione, analisi, prova o diagnosi richiesta, ragioni che hanno portato alla costituzione di un’unica ali-

quota e/o dichiarazione dell’operatore di rinuncia alle aliquote per la controperizia/controversia ecc.). Non riproducibilità dell’esito analitico (analisi unica) Il prelievo del campione in aliquota unica impone l’indicazione, nel verbale di campionamento, dei motivi che escludono l’opportunità, la pertinenza o la fattibilità tecnica della ripetizione dell’analisi o della prova o, come in precedenza, si applicano le disposizioni dell’articolo 223 delle disp disp att. C.p.p. Il Laboratorio ufficiale deve comunicare tempestivamente il risultato delle analisi, prove, diagnosi all’Autorità competente la quale effettua la valutazione del risultato e comunica il più tempestivamente possibile alle parti interessate l’esito favorevole o sfavorevole delle stesse.

Controperizia In caso di esito sfavorevole, l’OSA ha diritto, a proprie spese, di fare condurre una controperizia a cura di un esperto di parte qualificato, consistente nell’esame documentale delle registrazioni inerenti le attività condotte dal momento del campionamento sino all’emissione del rapporto di prova relativo alla singola analisi, prova o diagnosi. Tale esame viene richiesto all’Autorità competente che ha effettuato il campionamento entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito sfavorevole. Rientra nella controperizia l’esecuzione a proprie spese presso un laboratorio accreditato di propria fiducia dell’analisi, prova o diagnosi fatta effettuare dall’operatore sull’aliquota eventualmente resa disponibile al momento del campionamento. Le disposizioni relative alla controperizia non si applicano alle attività diverse dai controlli ufficiali di cui all’art. 2 paragrafo 1 del Regolamento (ad es. alle attività tese ad accertare la presenza di malattie animali o organismi nocivi per le piante, a rilasciare autorizzazioni, certificati o attestati. Controversia Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito sfavorevole, l’OSA può attivare la procedura di controversia, richiedendo alle autorità competenti di potere far effettuare, a proprie spese, il riesame della documentazione relativa alla analisi, prova

Gli operatori hanno l’obbligo di assicurare l’accesso alle attrezzature, ai mezzi di trasporto, ai locali e agli altri luoghi sotto il proprio controllo e relative adiacenze e fornire assistenza e collaborazione al personale delle autorità competenti.

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Il Laboratorio ufficiale deve comunicare tempestivamente il risultato delle analisi, prove, diagnosi all’Autorità competente la quale effettua la valutazione del risultato e comunica il più tempestivamente possibile alle parti interessate l’esito favorevole o sfavorevole delle stesse.

o diagnosi iniziale da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il quale si esprime entro 30 giorni dal ricevimento della documentazione, trasmettendo l’esito della valutazione documentale alle parti interessate, all’Autorità competente e, per conoscenza, al laboratorio ufficiale che ha effettuato la prima analisi, prova o diagnosi. A questo punto l’operatore entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dell’esito della valutazione della documentazione, può chiedere allo stesso ISS, utilizzando l’eventuale apposita aliquota del campione, la ripetizione dell’analisi, anche avvalendosi di un altro laboratorio ufficiale diverso da quello che ha condotto la prima analisi prova o diagnosi. Entro 60 giorni dal ricevimento dell’istanza, l’ISS notifica all’operatore gli esiti della ripetizione dell’analisi prova o diagnosi effettuata in sede di controversia. La procedura, che, come visto, prevede una serie di nuovi termini, sostituisce le procedure stabilite dall’art. 15 Legge 689/1981 e dall’art. 223 D.lgs. 271/1989 fino ad oggi vigenti.

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d) Le altre disposizioni Il decreto disciplina inoltre: § i laboratori ufficiali, i laboratori nazionali di riferimento e i laboratori di autocontrollo del settore mangimistico; § l’anagrafe degli stabilimenti e degli operatori e banche dati relative ai controlli ufficiali; § le navi officina e navi frigorifero; § la registrazione dei trattamenti sui farmaci veterinari e sull’uso di sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e sul controllo dei residui negli animali vivi e nei loro prodotti. La principale novità è l’introduzione del registro elettronico di somministrazione agli animali d’azienda di medicinali veterinari. Vengono inoltre rivisti gli obblighi di registrazione degli operatori e disciplinate le registrazioni da parte dei veterinari nonché degli allevatori con introduzione delle modalità di registrazione elettronica; § la macellazione per il consumo domestico privato; § gli alimenti addizionati di vitamine e minerali e altre sostanze ai sensi del

regolamento (ce) 1925/2006 definendo le modalità di notifica degli stessi al ministero della salute.

e) Abrogazioni Numerose le abrogazioni previste dal D.Lgs. 27/2021 su cui, come detto, è intervenuto il DL 42/2021 che ha fatto salvi gli artt. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 12-bis, 13, 17, 18, 19 e 22 della legge 283/62.

Conclusioni Il decreto 27/21 costituisce indubbiamente una novità per il panorama legislativo nazionale in materia di controlli ufficiali. Sarà ora molto importante prendere dimestichezza con i nuovi strumenti riconosciuti a livello comunitario e tradotti dalla normativa nazionale che peraltro introduce una serie di termini prima non definiti. Si rimane in attesa ora del quadro sanzionatorio, originariamente previsto nelle prime bozze dei decreti attuativi del Reg. CE 625/17, anche al fine di capire se e come lo stesso sarà coordinato con la riforma dei reati agroalimentari oggi in discussione nelle aule parlamentari.

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Speciale Packaging & Tracciabilità / INCHIESTA

Economia circolare per conservare il valore della plastica

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on esiste una sola via o un unico approccio alla sostenibilità del packaging alimentare. Ma una cosa è certa: un modello di business sostenibile deve generare valore, riducendo l’impatto negativo sull’ambiente e aumentando i benefici per la società, che si tratti di imballaggio, di tecnologie di trasformazione o di sistemi di produzione primaria. Lo sanno bene le aziende della filiera che devono affrontare la difficile transizione verso un’economia circolare. Non è semplice identificare e soprattutto passare a

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modelli di business sostenibili, per i quali servono mezzi, strumenti e competenze adeguati alla valutazione quantitativa dei benefici e dei rischi. Le barriere sono di diverso tipo: dall’organizzazione interna aziendale che deve essere coinvolta nel suo complesso; alle competenze tecniche e tecnologiche; dalle barriere poste dal mercato per il passaggio ad un’economia circolare, alla necessità di disporre di risorse economiche che supportino i costi di gestione di tutto il piano. Nell’ambito di un webinar organizzato dall’Università di Bologna lo scorso

6 maggio è stato presentato il progetto “Ricircola - Plastic Waste Free”, che ha riportato i risultati della prima sperimentazione di un modello di gestione delle vaschette alimentari in plastica lungo l’intera filiera, pensato per ridurre gli scarti e mantenere il valore del packaging in plastica. Il progetto Ricircola ha scelto di puntare al recupero di vaschette attraverso l’implementazione di una filiera integrata secondo i principi di economia circolare. L’iniziativa ha coinvolto 6 aziende dell’Emilia-Romagna (Amadori, Apofru-

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di Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

La plastica è diffusa per la sua funzionalità ed economicità in ogni settore produttivo

it, BPER, Cia-Conad, Hera, Ilip), ognuna con un ruolo fondamentale per la buona riuscita del progetto, dimostrando, attraverso numeri, benefici e potenziali barriere il possibile sviluppo su scala industriale di un modello di recupero di vaschette alimentari in plastica che costituiscono uno dei packaging maggiormente diffusi, con almeno il 50% di plastica riciclata da bottiglie (rPET), ma che risultano difficili da riciclare (Figura 1). «L’obiettivo principale della sperimentazione - dice Augusto Bianchini, Dipartimento di Ingegneria Industriale

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Sicuri che possiamo farne a meno? O dovremmo più che altro focalizzarci sul corretto smaltimento e sull’efficiente recupero?

dell’Università di Bologna a capo del progetto - era capire in quanto tempo saremmo potuti arrivare a regime e con quale sforzo». Il progetto ha puntato sulla completa tracciabilità delle vaschette 100% PET - monomateriale, dal produttore alla fase di post-consumo, grazie a un tag RFID posto sulla vaschetta stessa; sul coinvolgimento del consumatore finale, definendo un incentivo economico per la riconsegna e infine, sull’efficienza di riciclo delle vaschette tramite l’implementazione di una logistica inversa dedicata.

Oggi la plastica è diffusa per la sua funzionalità, economicità in ogni settore produttivo. L’imballaggio da solo copre circa il 40%, ricorda Loris Giorgini, Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Bologna. Sicuri che possiamo farne a meno? O la questione dovrebbe più che altro focalizzarsi sul corretto smaltimento (per non inquinare) e sull’efficiente recupero, perché le materie prime che la generano non sono infinite e i processi di produzione di nuovi polimeri hanno a loro volta un certo impatto sull’ambiente?

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Speciale Packaging & Tracciabilità / INCHIESTA

La richiesta di plastica non accenna a diminuire

I risultati della sperimentazione

ll mondo al momento consuma circa 450 milioni di tonnellate di polimeri per anno (soprattutto nei paesi sviluppati), con la previsione di raggiungere 1.2 miliardi di tonnellate nel 2050, spiega ancora Giorgini. Per non parlare dell’indotto economico: nella sola Europa il fatturato 2018 dell’industria della plastica valeva 340 miliardi euro e 63 per l’Italia. D’altra parte, non si può negare che la plastica sia oggi ad un bassissimo livello di percezione sociale, nonostante la presenza di rifiuti polimerici nell’ambiente dipenda da una scorretta gestione del fine-vita anche da parte degli utilizzatori.

L’economia circolare fornisce una risposta, perché mantiene il valore dei prodotti e dei materiali più a lungo. In questa logica il progetto Ricircola - Plastic Waste Free ha rivisto le attuali modalità di gestione del packaging plastico per alimenti, responsabilizzando tutti gli attori coinvolti nella filiera, incluso il consumatore. I risultati di questa prima sperimentazione su piccola scala sono stati incoraggianti: il modello consente di aumentare l’efficienza di recupero della plastica del +120%, grazie alle modalità di raccolta e separazione del rifiuto. Inoltre, proiettando su un anno i

risultati ottenuti in soli 2 mesi di sperimentazione, si potrebbe arrivare ad un aumento del +126% della plastica riciclata, una riduzione del -57% del rifiuto inviato in discarica e la sostituzione del 36% di plastica vergine con plastica secondaria. Abbiamo però evidenziato dei limiti che sono prevalentemente logistici, spiega Bianchini. «Non in tutti i punti vendita, infatti, è possibile destinare spazio per il recupero delle vaschette. E anche la gestione della raccolta dei rifiuti è un punto che richiede particolare attenzione». Ora il progetto dovrebbe proseguire. Spiega ancora Bianchini: «Riteniamo

CIA CONAD: SOSTENIBILITÀ A LUNGO TERMINE CIA, Commercianti Indipendenti Associati, una delle cinque cooperative socie del consorzio Conad, nasce a Forlì nel 1959 e associa gli imprenditori al dettaglio a marchio Conad nei territori della Romagna, San Marino, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, con 274 negozi (al 31/12/2020). Abbiamo chiesto a Maurizio Pelliconi, Presidente CIA Conad, di parlarci di come CIA Conad interpreta i valori della sostenibilità

Perché avete partecipato al progetto Ricircola? C’è una consapevolezza che guida sempre più le scelte politiche e governative, quelle di molti privati cittadini e delle imprese; una consapevolezza che guarda al rispetto dell’ambiente, delle persone, della qualità delle relazioni. Ci siamo quindi trovati in sintonia con quanto il progetto ha voluto proporre, anche per la forte connotazione territoriale. I tre punti vendita coinvolti sono negozi gestiti da soci imprenditori, che sono anche consiglieri di amministrazione della cooperativa, con delle sensibilità abbastanza mature verso la tematica. CIA Conad ha rappresentato il punto di contatto fra la produzione e il cliente, impegnandosi anche nell’at-

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tività di sensibilizzazione, svolta dal personale dei punti vendita, a supporto delle ragazze e dei ragazzi dell’Università. Come interpretate il concetto di sostenibilità come CIA? Pensiamo che bisogna ragionare e agire in termini di sostenibilità a livello ambientale (tutela dell’ambiente), sociale (inclusione sociale) ed economica (crescita economica), nel locale e su scala più ampia, con un orizzonte temporale di lungo periodo. Sono questi i temi che ci riguardano come cooperativa; temi comuni al consorzio Conad nel complesso, che è largamente impegnato sulla sostenibilità in modo strutturato: per esempio ha attivato il progetto “Sosteniamo il fu-

Maurizio Pelliconi, Presidente CIA Conad

turo”, un sito web nel quale sono raccolte tutte le iniziative che Conad realizza in ambito ambientale, economico e sociale; attività che ci vedono impegnati anche come CIA. Tutte le iniziative di sostenibilità ambientale, sociale ed economica svolte vengono comunicate anche in punto vendita, a riprova di quanto sia importante l’aspetto della relazione con il territorio che ci circonda. Quali sono i vostri progetti? Partiamo dalla sostenibilità economica Per noi “sostenibilità economica” significa ragionare in un’ottica di lungo periodo

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che ci siano i presupposti per ragionare su scala industriale e per questo abbiamo presentato una proposta di progetto europeo per portare la sperimentazione a livello regionale: 30/40 supermercati di diverse tipologie per avere risultati che possono essere usate da tutti». RICIRCOLA si avvalso anche dell’utilizzo di un sistema innovativo della valutazione della sostenibilità. Si chiama VIVACE ed è stato messo a punto dal Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna. Vivace permette la visualizzazione e quantificazione dei flussi di risorse in diversi scenari di business, rendendo immediatamente visibili opportunità nuove

con risorse che la cooperativa reinveste per dare continuità nel tempo alla crescita. Siamo un’azienda fortemente patrimonializzata - 770 milioni di euro - che quindi riesce a fare investimenti e sviluppo; che distribuisce sul territorio ricchezza anche sotto forma di contratti di lavoro, per lo più a tempo indeterminato. Come Cia lavoriamo con oltre 600 fornitori locali, che valgono circa 175 milioni di fatturato, che vanno a sostenere aziende locali di dimensioni anche medio piccole, legate al territorio e che devono rispondere a disciplinari definiti da Conad, che richiedono anche il rispetto degli aspetti di sostenibilità ambientale e qualità del lavoro in termini di eticità. Uno dei temi di cui si parla meno è quello della sostenibilità sociale... Sì. Lo scambio è nelle due direzioni: il cliente ci sceglie e noi restituiamo una serie di risorse che vanno a finanziare iniziative solidaristiche, culturali e sportive a beneficio della collettività. Si pensi che solo negli ultimi 3 anni CIA e i soci sul

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RICIRCOLA IN BREVE Da metà settembre a metà novembre 2020, in 3 punti vendita Conad della Romagna, sono stati commercializzati 2 prodotti aventi il packaging innovativo (una referenza Amadori e una Apofruit). Ai consumatori è stato richiesto di riconsegnare, dopo l’utilizzo, la vaschetta in plastica vuota presso i punti di raccolta allestiti negli stessi supermercati, a fronte di un rimborso di 0.20 euro/vaschetta riconsegnata. Le vaschette raccolte, prodotte da Ilip, sono state portate, tramite una gestione dedicata da parte di Hera, all’impianto di recupero del produttore stesso, chiudendo quindi il ciclo per produrre altre vaschette. L’intero progetto, completamente sviluppato in Emilia-Romagna, è stato sponsorizzato anche da BPER Banca.

territorio hanno erogato oltre 13 milioni di euro tra sponsorizzazioni, erogazioni e devoluzione di merce. Siamo fortemente impegnati infatti anche nel recupero a fini solidaristici della merce vicina a scadenza: una buona percentuale dei nostri punti vendita svolge in maniera strutturata il recupero della merce che può essere ancora consumata devolvendola a ONLUS, per un’equivalente ogni anno di circa 2 milioni di euro. Per quanto riguarda gli impatti ambientali? In termini di sostenibilità ambientale come CIA ci siamo attivati per una serie di iniziative ad ampio spettro su più fronti. In ambito logistico collaboriamo con partner attenti e impegnati a sviluppare soluzioni sempre meno negative per l’ambiente, specie per quanto concerne il sistema degli imballi per la consegna della merce sulla rete e i trasporti; per la riduzione dei consumi energetici abbiamo adottato diverse strategie: dal chiudere i frigoriferi dei murali in punto

vendita fino a soluzioni costruttive energeticamente più efficienti, sia nelle ristrutturazioni sia per la costruzione dei nuovi punti vendita. Per la nuova sede della Cooperativa, in fase di ultimazione a Forlì, sono stati adottate soluzioni per l’autosufficienza energetica (dai pannelli fotovoltaici a materiali e scelte costruttive che vanno in questa direzione). Parteciperete all’eventuale prosieguo del progetto? La tematica del packaging ci vede allineati con le politiche di Conad che, da questo punto di vista, si sta muovendo verso la promozione di soluzioni di prodotti che permettano la maggior differenziazione possibile del packaging e verso una riduzione del consumo delle plastiche e l’utilizzo di plastiche riciclate. Probabilmente non seguiremo il progetto semplicemente per motivi organizzativi perché rimaniamo comunque impegnati sulle attività territoriali, lasciando a Conad l’impegno e la gestione su progetti nazionali di più ampio respiro.

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e/o inesplorate e fornendo i dati per il calcolo di KPI di interesse (ambientali, economici, sociali). «Vivace non lavora sull’indicatore finale ma sui dati di base- dice Bianchini. Quindi da un lato organizza i dati, dall’altro permette di certificarli con qualsiasi standard specifico per ogni categoria e settore merceologico”. Fornisce alle organizzazioni una struttura dati utile alla gestione e comunicazione. Soddisfatte anche le aziende che hanno partecipato al progetto. Per Amadori, azienda leader del comparto avicolo, che ha confezionato in vaschette 100%PET un petto di pollo Qualità10+ da 400g, il progetto potrebbe aprire nuovi scenari di sviluppo di una filie-

ra a ciclo chiuso, secondo l’approccio «dalla culla alla culla», in cui la vita del prodotto packaging viene valorizzata all’infinito in ottica di economia circolare. Apofruit Cooperative ortofrutticola ha distribuito una bianca senza semi; nell’applicazione su scala industriale di un simile schema intravede una riduzione dei costi della materia prima delle confezioni; ma anche un importante strumento di comunicazione che valorizza maggiormente i brand del Gruppo. Nei box riportiamo le testimonianze delle altre due aziende della filiera, CIA Conad e Ilpa Group. Interessante in prospettiva anche la risposta dei consumatori: solo il 7% ha detto di aver preso parte all’iniziativa

per il rimborso economico, il 67%per il prodotto stesso e il 26% per la volontà di aiutare l’ambiente. Ben l’86% degli intervistati ha dichiarato infine che avrebbe riconsegnato le vaschette anche per meno denaro o gratis. Ricircola è un esempio di approccio che mette al centro la plastica e il suo corretto smaltimento e ricircolo. Un’analisi su cosa significhi essere “circolari”, quali siano ad oggi i limiti del sistema, e quali gli strumenti per affrontare un passaggio ad un modello sostenibile misurabile e realmente innovativo. È necessario un approccio diverso perché lo sviluppo economico conservi le risorse della terra e Ricircola può essere un esempio virtuoso al quale ispirarsi.

ILIP: IL VALORE DELLA RICERCA Ilip, azienda del Gruppo ILPA, è stata partner del progetto Ricircola, fornendo vaschette in rPET post-consumo per le carni fresche avicole in MAP e clamshell in rPET postconsumo per il confezionamento di uva. Abbiamo chiesto a Luigi Garavaglia, Quality Assurance e R&D Manager del Gruppo, di spiegare i motivi di questa partecipazione e di come l’azienda interpreta la sostenibilità del packaging alimentare.

Chi è Ilip e quali tipologie di materiali e packaging alimentare produce? Ilip fa parte del Gruppo ILPA, realtà presente sul territorio emiliano dal 1962 ed esporta in più di 60 paesi nel mondo. Produce per la filiera agroalimentare e i settori della ristorazione, del foodservice e della Moderna Distribuzione, ogni tipo di packaging rigido/vaschette e cestelle per carni, ortofrutta e prodotti lattiero caseari (PP, rPET, PS, biopolimeri compostabili). Del gruppo fanno parte anche MP3, specializzate nella produzione di lastre per termoformatura di articoli industriali per arredamento, automotive, e foglie per il comparto alimentare ed

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AMP recycling (Ferrara) che opera nel riciclo di bottiglie di pet post-consumo (25.000 ton/anno). AMP recycling acquista balle di bottiglie di PET provenienti dalla raccolta differenziata di plastica da Corepla, Coripet (consorzio volontario, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, tra produttori, converter e riciclatori di bottiglie in PET) e da altri operatori; ne fa una selezione, un lavaggio sino a produrre flakes per un successivo reimpiego. Il Gruppo Ilpa, con un fatturato di 205 milioni di euro/anno, è uno delle poche realtà europee ad essere integrata verticalmente, dal riciclo del PET sino alla produzione di foglie e vaschette per alimenti.

Luigi Garavaglia, Quality Assurance e R&D manager di Ilip

Come è nata la vostra partecipazione al progetto Ricircola? La nostra presenza sul territorio e i contatti con le principali Università dell’Emilia-Romagna ci hanno consentito di essere coinvolti sin dall’inizio nel progetto Ricircola. Ilip è tra i principali fornitori di imballaggi in rPET post consumo/riciclabili della filiera agro-alimentare dell’Emilia-Romagna, italiana ed europea. Inoltre, disponiamo dei packaging monoPET riciclabili per le due applicazioni richieste e

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MODELLO TIPICO

MODELLO RICIRCOLA

Estrazione MP e raffinazione Produzione del materiale plastico

Produzione del packaging

Produzione del packaging Produzione di alimenti confezionati

Produzione di alimenti confezionati

Grande distribuzione Utilizzo Raccolta

Grande distribuzione

Separazione Riciclo

Utilizzo

Discarica

Fig. 1 - Economia circolare nella filiera della plastica – il modello Ricircola

delle soluzioni per applicare sulle singole vaschette l’etichetta con i TAG RFID. A suo tempo, in forma di ricerca, avevamo già avviato la sperimentazione sul riciclo delle vaschette, che oggi fa registrare una quantità elevata di vaschette multistrato che riducono la frazione utile monomateriale (Corepla ha avviato la separazione della frazione vaschette dalla raccolta differenziata). La raccolta sul punto-vendita, infatti, permette un recupero totalmente utile per un efficace riciclo tray to tray. Qual è il vostro approccio ai temi della sostenibilità? Da anni Ilip è impegnata sul tema della sostenibilità. Come azienda diamo molto valore alla ricerca. Abbiamo collaborazioni con Università Italiane (Torino, Tuscia, Bologna, Modena, Parma, Tor vergata-Roma) in molti temi di ricerca e sviluppo. Siamo parte di Unionplast, siamo associati al Consorzio Bioplastica e partecipiamo attivamente in Pro Food (gruppo di azien-

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de associate a Unionplast, produttrici di contenitori e stoviglie in plastica per cibi e bevande). In Europa, infine siamo associati a PET Sheet Europe (PSE), un gruppo settoriale di produttori di pellicole e fogli in PET con impianti di produzione, nell’UE e nell’EFTA/AELE (Associazione europea di libero scambio). È stato creato nel 2016 come gruppo settoriale di EuPC (European Plastics Converters) e rappresenta gli interessi dell’industria presso i legislatori europei e altre organizzazioni professionali. Sviluppiamo il concetto di sostenibilità in tre distinte aree: la riduzione del food waste, la riduzione del packaging waste, l’utilizzo di risorse rinnovabili abbinando anche studi di LCA (un esperto in azienda è formato per l’uso di SimPro software per lo studio del LCA - e per condurre gli studi di LCA). Quali soluzioni proponete alle aziende alimentari per un packaging “sostenibile”?

Per quanto riguarda la riduzione del food waste lavoriamo sull’estensione della shelf life, il monitoraggio della qualità, la protezione agli urti e sulla mitigazione della rottura della catena del freddo. Parlando di riduzione del packaging waste invece siamo focalizzati su soluzioni di riduzione del peso, uso di monomateriali, impiego di Pet da riciclo (da bottiglie e vaschette post consumo). E poi sistemi per il riconoscimento e gestione del rifiuto sul punto vendita e sulla progettazione in base a criteri di ecodesign e LCA. In ultimo, siamo presenti anche nel settore dell’utilizzo delle risorse bio-rinnovabili con l’impiego di biopolimeri biodegradabili, compostabili per carni fresche, prodotti caseari, ready meals, monouso e capsule caffè. Di conseguenza, la nostra proposta varia da vaschette ecosostenibili monomateriale alleggerite in rPET, a vaschette ed articoli monouso piatti e bicchieri in biopolimeri compostabili.

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Speciale Packaging & Tracciabilità / Ricerca IN COLLABORAZIONE CON GSICA Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare

Carte alimentari ed eco-compatibilità

L

a carta è un materiale leggero, flessibile, ha buone proprietà meccaniche, ed è la compatibilità ambientale di cui vanta a confermarla molto spesso come prima scelta per diverse applicazioni alimentari, sia come imballaggio primario che secondario (Khwaldia, Arab-Tehrany and Desobry, 2010; Deshwal, Panjagari and Alam, 2019). La natura idrofilica e la struttura porosa, però, non la rendono adatta al contatto diretto con alimenti umidi e con grassi in superficie, senza opportuni trattamenti. Fra le strategie più efficaci ed economiche c’è il rivestimento con materiali funzionali come polietilene e composti fluorurati per le eccellenti proprietà barriera e processabilità che offrono. Purtroppo, l’elevata efficienza offerta da questi stessi materiali ha portato a sacrificare, quasi come in un drammatico baratto, il benessere ambientale, umano e degli esseri viventi in generale: sono ben note le preoccupazioni legate all’impatto delle materie plastiche e dei composti fluorurati e derivati sull’ecosistema e sugli organismi viventi che lo popolano. La gestione del

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fine vita di queste carte speciali comporta alcune criticità: il riciclo, infatti, è reso difficoltoso dalla loro composizione eterogenea e dalla contaminazione con residui alimentari, che possono eludere i sistemi di filtrazione e separazione dalle fibre degli impianti di riciclo e andare a interferire con la formazione del foglio di carta o ad aumentare il carico organico degli impianti di depurazione delle acque reflue. Questo spiega il ridotto desiderio delle cartiere di ricevere materiali cartacei utilizzati per contatto alimentare (CONAI, 2020).

Il desiderio di cercare possibili alternative ha orientato diversi progetti di ricerca verso lo studio e lo sviluppo di bioplastiche compostabili che possano fungere da rivestimenti barriera per imballaggi in carta, siano in grado di preservare la qualità dei prodotti alimentari, ma con un occhio di riguardo verso la sostenibilità ambientale (Nicu et al., 2013; Nechita and Iana-Roman, 2020). Queste bioplastiche possono, in alcuni casi, essere ottenute a partire da materiali di scarto o da risorse rinnovabili, riducendo ulteriormente il carico ambientale (Bugnicourt et al., 2014).

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Camilla Menozzi, Emanuela Lo Faro, Patrizia Fava, Fabio Licciardello* Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia *Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare - GSICA

Fig.1 Preparazione delle soluzioni filmogene

Presso i laboratori del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia è stato condotto uno studio con l’obiettivo di valutare le proprietà di carte alimentari rivestite con bioplastiche compostabili quali poli (3-idrossibutirrato-co-3-idrossivalerato) (PHBV) e policaprolattone (PCL), due diverse tipologie di poliesteri. Soluzioni dei biopolimeri sono state applicate tramite bar coating su fogli di carta calandrata e dopo evaporazione del solvente i fogli sono stati lasciati condizionare a temperatura ambiente per 24 ore. In una prima fase sono stati applicati rivestimenti in PHBV a differenti spessori, per un successivo

Fig. 2 Immagini al microscopio a scansione elettronica (SEM) di un campione di carta non trattata (a sinistra) e di uno rivestito con biopolimeri (a destra)

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confronto delle proprietà con due testimoni commerciali di carta politenata e fluorurata, rispettivamente. Nella seconda fase della ricerca si è ottimizzata la strategia di preparazione delle soluzioni filmogene (Fig. 1), realizzando rivestimenti di uguale spessore a base di PHBV e PCL, valutando anche l’incorporazione di polietilenglicole (PEG) come plasticizzante con l’intento di migliorare l’uniformità e le proprietà tecnologiche dei rivestimenti. Per tutti i campioni realizzati sono stati valutati: la struttura mediante SEM (Fig. 2), la trasmissione del vapore acqueo (WVTR) mediante cup method (ASTM E96) modificato, la resistenza alla trazione mediante dinamometro e le proprietà di superficie, mediante misurazione dell’angolo di contatto con acqua e olio (Fig.3). I campioni di carta rivestita hanno mostrato livelli di trasmissione del vapore acqueo generalmente inferiori rispetto al testimone di carta commerciale fluorurata, ma nettamente superiori rispetto al campione di carta politenata; tuttavia, la strategia di ottimizzazione attuata è risultata avere un impatto positivo sulle proprietà di barriera al vapore acqueo e sull’uniformità dei

Fig. 3 Angolo di contatto di acqua su carta fluorurata (sinistra) e su carta rivestita con PHBV con aggiunta di plasticizzante (destra)

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Il rivestimento di carte alimentari con biopolimeri rappresenta una strategia promettente nel solco dell’innovazione sostenibile rivestimenti. L’aggiunta di plasticizzante è stata associata a un miglioramento delle proprietà strutturali e a una riduzione dell’idrofilicità superficiale apparente, ma a un impatto negativo sulle proprietà di barriera all’umidità: sembra, infatti, che la bagnabilità e la permeabilità al vapore acqueo siano due proprietà non collegate tra loro, ma basate su meccanismi propri legati alla rugosità/liscezza della superficie e alla tensione superficiale, da una parte, e alla natura e struttura del materiale dall’altra parte.

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Il rivestimento di carte alimentari con biopolimeri rappresenta una strategia promettente nel solco dell’innovazione sostenibile dei materiali a contatto con alimenti. In particolare, le soluzioni sviluppate si pongono come potenziali alternative alle convenzionali carte politenate e fluorurate, con possibili applicazioni nel settore dei prodotti alimentari freschi (es., macelleria, pescheria e salumeria), offrendo un’alternativa di finevita attraverso compostaggio industriale, scenario sicuramente più consono per

prodotti che, per la contaminazione con essudati e residui organici alimentari, mal si prestano al riciclo.

BIBLIOGRAFIA 1. Bugnicourt, E. et al. (2014) ‘Polyhydroxyalkanoate (PHA): Review of synthesis, characteristics, processing and potential applications in packaging’, Express Polymer Letters, 8(11), pp. 791–808. doi: 10.3144/expresspolymlett.2014.82. 2. CONAI (2020) Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi a prevalenza cellulosica. Available at: http:// www.progettarericiclo.com/docs/lineeguida-la-facilitazione-delle-attivita-diriciclo-degli-imballaggi-prevalenza-cellulosica. 3. Deshwal, G. K., Panjagari, N. R. and Alam, T. (2019) ‘An overview of paper and paper based food packaging materials: health safety and environmental concerns’, Journal of Food Science and Technology, 56(10), pp. 4391–4403. doi: 10.1007/ s13197-019-03950-z. 4. Khwaldia, K., Arab-Tehrany, E. and Desobry, S. (2010) ‘Biopolymer Coatings on Paper Packaging Materials’, Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety. doi: 10.1111/j.1541-4337.2009.00095.x. 5. Nechita, P. and Iana-Roman, M. R. (2020) ‘Review on polysaccharides used in coatings for food packaging papers’, Coatings. doi: 10.3390/COATINGS10060566. 6. Nicu, R. et al. (2013) ‘Alkyl-chitosan as paper coating material to improve water barrier properties’, Cellulose Chemistry and Technology.

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Con il supporto incondizionato di

SAVE THE DATE L I V E

W E B I N A R

16 settembre

dalle ore 16.30 alle 18:00

Sanificazione nelle produzioni alimentari Introduzione a cura di

Relatore

Vincenzo Bozzetti

Prof. Vittorio Zambrini

Direttore tecnico di Scienza

Professore a contratto, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

PA R L E R E M O D I :

GHP: igiene come prerequisito per la sicurezza alimentare classificazione dello sporco e adesione batterica principi base della sanificazione detergenti e disinfettanti modalità di sanificazione e misura dell'efficacia

P R E N O TA

IL TUO POSTO

9:21

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Si utilizzerà GoToWebinar, è possibile partecipare alla sessione tramite qualsiasi dispositivo. Per informazioni: redazione.food@quine.it

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Speciale Packaging & Tracciabilità / Case history

Rintracciabilità senza lacune

B

atteri nel latte, fipronil nelle uova, parti in plastica nella carne macinata: sono casi limite, certo, ma se un richiamo è inevitabile, le aziende devono sapere esattamente quali prodotti hanno consegnato e a chi. Queste cinque raccomandazioni aiutano a raggiungere una rintracciabilità senza lacune indipendentemente dalle dimensioni aziendali.

1. Fissare gli obiettivi Innanzitutto vanno individuati i punti deboli dell’azienda. Poi va chiarito quali sono gli obiettivi da raggiungere tramite la tracciabilità: maggiore sicurezza alimentare e richiami più rapidi? Standard qualitativi più alti? Adempimento di nuove leggi o linee guida? Oppure come spesso accade una combinazione di questi? Le esigenze delle aziende sono però molto diverse: il quadro giuridico di un produttore italiano di formaggi e salumi, per esempio, è diverso da quello di un produttore di carne americano; un’azione di richiamo in Italia deve essere completata in tempi diversi rispetto ad un altro paese. Poi ci sono le tendenze condizionate dal commercio o dai consumatori, come i nuovi sigilli di qualità. È consigliabile, quindi, formare un team di progetto ben assortito con diverse competenze e conoscenze operative, possibilmente composto dal personale di vari reparti. Sarebbe inoltre opportuno coinvolgere il fornitore del software per la tracciabilità già in questa fase.

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CSB TRACEABILITY Gli esperti CSB conoscono nel dettaglio il settore alimentare e i suoi processi specifici, e sono quindi in grado di supportare le aziende nella realizzazione di una soluzione personalizzata per la rintracciabilità. Già nella versione standard “chiavi in mano” il CSB-System soddisfa tutte le esigenze del settore e grazie alla totale integrazione dei suoi moduli operativi Acquisti, Magazzino, Produzione, Vendite, Logistica, Controllo Qualità, Contabilità generale e industriale, Cespiti, Archiviazione documentale, Rilevazione presenze, Business Intelligence, i clienti CSB-System hanno raggiunto notevoli effetti di razionalizzazione dei processi, drastici tagli dei costi e veloci tempi di implementazione.

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Speciale Packaging & Tracciabilità / Case history

2. Definire le dimensioni dei lotti La qualità della tracciabilità dipende dalla definizione del lotto e dalle sue dimensioni. Chiaramente lotti più piccoli e omogenei consentono una tracciabilità più mirata. Con piccoli lotti, però, aumenta lo sforzo per l’acquisizione dei dati e crescono i costi. Nella definizione o delimitazione dei lotti, gli esperti raccomandano un compromesso tra la gestione del rischio aziendale da un lato e l’efficienza economica dall’altro. Una pratica spesso utile e comprovata a livello internazionale è la formazione di lotti giornalieri o lotti ancora più piccoli. Raccomandazioni più ampie che possano essere valide per qual-

siasi azienda hanno poco senso perché qui le differenze strutturali e organizzative sono troppo grandi. Ad esempio, il latte da bere proveniente da grandi aziende agricole, che viene lavorato e distribuito da un’unica industria lattiero casearia, è più facile da rintracciare, nonostante le grandi dimensioni dei lotti, rispetto a un formaggio biologico prodotto in piccoli lotti e commercializzato attraverso appositi negozi biologici.

3. Scegliere il tipo di identificazione Prerequisiti per una tracciabilità completa sono l’etichettatura e l’identificazione univoca dei prodotti interessati.

Questo è possibile solo usando numeri di identificazione, codici a barre o RFID secondo gli standard GS1, numero dell’unità di spedizione SSCC e EPCIS. Nel caso ideale, le materie prime in entrata sono già contrassegnate dal fornitore: il ricevimento della merce è decisivo, infatti, per tutti gli ulteriori processi di identificazione. È qui che, supportati dalle giuste tecnologie informatiche, si gettano le basi per il trasferimento di informazioni al magazzino, alla produzione, all’imballaggio e all’etichettatura fino al picking. In linea di principio, la tracciabilità può essere documentata anche su carta. Ma con l’aumento dei volumi di produzione, del numero di reparti e di persone coinvolte

Prerequisiti per una tracciabilità completa sono l’etichettatura e l’identificazione univoca dei prodotti 40

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nel processo di documentazione e del numero di lotti di materie prime presenti nel prodotto, aumenta anche la complessità del processo di rintracciabilità. E al più tardi in caso di eventi sfavorevoli, la carta mostra tutti i suoi limiti rispetto all’elaborazione elettronica dei dati.

4. Raccogliere i dati giusti nei luoghi giusti Organizzare la tracciabilità diventa complicato ovunque si mescolino diversi lotti di materie prime per la produzione di un alimento. Qui vengono creati nuovi lotti, che un gestionale idoneo deve gestire e trasferire alle fasi successive di produzione e/o di confezionamento. È consigliabile avere delle postazioni IT per la raccolta dati in tutti i punti rilevanti del processo operativo (i cosiddetti Critical Control Points) al fine di raccogliere ed elaborare le informazioni online ed in tempo reale. Optare per l’utilizzo di terminali mobili o di un PC o di lettori fissi di codici a barre dipende dalle condizioni spaziali dell’azienda e dal concetto individuale di flusso di materiale: importante è che i dati vengano registrati direttamente nel processo. Solo in questo modo diviene semplice provare quale lotto e quali ingredienti siano presenti nel prodotto finito. Ciò include anche la documentazione delle quantità di semilavorati che confluiscono nel processo di produzione. Vi è anche un ulteriore vantaggio: registrando e controllando i dati

nelle varie fasi di produzione, le criticità sono rilevate rapidamente o addirittura evitate.

5. Utilizzare i dati e creare valore aggiunto Qualsiasi sistema di tracciabilità è valido solo se la qualità dei dati è valida. In più, la tecnologia informatica in uso deve consentire di analizzare e visualizzare questi dati in qualsiasi momento: solo così si possono organizzare e automatizzare i processi di richiamo. Grazie all’utilizzo di un gestionale è sufficiente la semplice pressione di un pulsante per adempiere all’obbligo di prova che le caratteristiche

pubblicizzate di un prodotto siano state davvero rispettate; si pensi addirittura anche alle informazioni sulla quantità di emissioni di CO2 durante la produzione. L’importanza dei sistemi di tracciabilità continuerà quindi a crescere anche in futuro. In Europa, molte aziende stanno già fornendo i loro dati a banche dati per i consumatori come fTrace, mynetfair o ATC. Presumibilmente queste o sistemi simili avranno prima o poi un ruolo anche a livello internazionale. Allora una tracciabilità senza lacune non solo fornirà un valore aggiunto critico per le vendite, ma diventerà anche un requisito fondamentale per essere competitivi.

Per concludere Ultimo ma non meno importante: i sistemi di tracciabilità offrono anche la grande opportunità di ottimizzare i processi e di trarne profitto economico. Ottimizzazione degli acquisti, informazioni aggiornate sulle giacenze di magazzino, basi di pianificazione affidabili, valutazioni e statistiche significative, calcoli esatti dei lotti sono tutti effetti positivi di una tracciabilità senza lacune.

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Speciale Packaging & Tracciabilità / Atmosfera modificata

I gas alimentari Applicazioni e vantaggi

N

ell’industria alimentare la capacità di fornire prodotti di elevata qualità, con caratteristiche costanti nel tempo e in spazi molto distanti fra di loro è diventata una necessità sempre più impellente. Numerosi sono gli impieghi e gli utilizzi dei gas alimentari nel settore, testimonianza di un mondo in costante sviluppo dal punto di vista tecnologico per adeguarsi a mercati sempre più demanding sia in termini di nuove tecnologie che di rispetto verso claim legati all’universo del green e della sostenibilità.

I gas nel mondo alimentare Sono svariate le applicazioni dei gas nel mondo alimentare, con una storicità iniziale legata a utilizzi di base che si è evoluta presto per l’avvento di nuove tecnologie. Tra le numerose attività in cui sono coinvolti i gas alimentari è necessario citare il loro utilizzo come additivi per numerose lavorazioni, caratteristica che li ha resi primari nell’impiego anche come

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coadiuvanti di processo e ingredienti a contatto con gli alimenti. Nel corso del tempo i gas si sono rivelati essenziali per permettere il mantenimento della shelf life di numerosi prodotti, conservando allo stesso tempo l’aspetto di genuinità sempre ricercato dai consumatori e preservando gli aromi in maniera eccezionale. Intuizione straordinaria è stata quella di utilizzare alcuni gas, come ad esempio miscele di azoto ed ossigeno, in qualità gas di confezionamento per atmosfere modificate, rappresentando un’indubbia svolta per il settore. I gas trovano impiego

come propellenti per le bevande, per processi di surgelazione e per l’idrogenazione dei grassi e si dimostrano, senza dubbio, un coadiuvante per l’accelerazione e la semplificazione di molteplici processi produttivi. Fondamentale è l’attività che i gas sono in grado di svolgere per quanto concerne l’allungamento della shelf life del prodotto, infatti grazie al confezionamento in atmosfera protettiva, le miscele di gas permettono di sostituire l’aria nel contatto con gli alimenti, e in questo modo sono in grado di aumentare la freschezza dei prodotti confezionati

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di Luca Ilorini Chimico e divulgatore scientifico

in modo molto naturale e atossico. Tra i nuovi orizzonti in cui ci sarebbe molto margine di crescita è corretto citare il mondo degli aerosol in ambito alimentare: il confezionamento aerosol nell’industria alimentare è limitato ad applicazioni di nicchia come la panna montata che è molto apprezzata in tutto il mondo grazie all’elevata solubilità di N2O che consente il ritorno della schiuma dopo che la crema è stata espulsa dalla lattina. Non a caso la restituzione del prodotto piatto è più diversificata negli ingredienti culinari e richiede solo un gas propellente non solubile come l’azoto. Le molecole gassose per questa applicazione necessitano di essere autorizzate per legge per l’uso in aerosol alimentari, tenendo conto che le molecole propellenti del petrolio liquefatto sono dedicate ai cosmetici e ai prodotti tecnici.

Gas come packaging Un gas di confezionamento viene utilizzato per imballare materiali sensibili come il cibo in un ambiente con atmosfera modificata. Il gas utilizzato è solitamente inerte, o di natura che protegge l’integrità della merce imballata, inibendo reazioni chimiche indesiderate come il deterioramento o l’ossidazione degli

alimenti. È interessante comprendere come il gas scrubbing preveda l’uso di un gas conservante per modificare l’ambiente all’interno degli imballaggi alimentari. Il sistema di confezionamento dell’azoto prevede essenzialmente la sostituzione dell’ossigeno con l’azoto nell’imballaggio degli alimenti. Per cominciare, il cibo da conservare viene posto in una confezione o confezione non sigillata: una volta fatto ciò, nell’imballaggio viene introdotto azoto alimentare, che espelle l’aria ricca di ossigeno e l’umidità presente. La sigillatura della confezione del cibo intrappola l’azoto al suo interno e garantisce un ambiente povero di ossidanti che consente ai materiali alimentari di essere conservati più a lungo. Come con qualsiasi unità di stoccaggio del gas, esiste il rischio di fuoriuscita accidentale di gas quando le bombole di azoto vengono immagazzinate per lunghi periodi. Sebbene l’azoto gassoso sia tipicamente innocuo all’aria aperta, è necessario prendere ulteriori precauzioni per prevenire una perdita di gas quando l’azoto viene conservato in spazi ristretti. Alte concentrazioni di gas rappresentano un serio pericolo industriale per il personale esposto e devono essere osservate rigorose procedure di sicurezza per l’azoto.

Primari come coadiuvanti di processo, i gas alimentari sono essenziali a garanzia della shelf life di numerosi prodotti Giugno 2021

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Speciale Packaging & Tracciabilità / Atmosfera modificata

Anidride carbonica ed estrazione supercritica Alcuni tipi di gas sono fondamentali a livello estrattivo, al fine di ottenere nel mondo alimentare l’isolamento di determinati principi attivi attraverso la tecnica dell’estrazione supercritica: una tecnologia innovativa che lavora a particolari condizioni di pressione e temperatura. Di derivazione alimentare, il principio base dell’estrazione super critica trova applicazione in numerosi ambiti che abbracciano il settore cosmetico, nutraceutico e farmaceutico per fare alcuni esempi e fra i diversi gas che vengono utilizzati l’anidride carbonica rappresenta una delle soluzioni d’eccellenza. Quest’ultima è infatti in grado, a determinate condizioni di temperatura e pressione, di comportarsi come ibrido tra gas e liquido, caratteristica essenziale proprio dei fluidi supercritici, facendo si che variando leggermente le condizioni dei due parametri indicati si possa utilizzare la CO2 come solvente liquido di estrazione

che, una volta saturato, può evaporare spontaneamente senza lasciare alcun tipo di residuo o tracce. Una tecnologia di estrazione che deriva dal mondo alimentare e che risulta perfettamente green, indicata per l’emergente richiesta di sostenibilità e rispetto dell’ambiente che ha investito la filiera produttiva a 360°. Le applicazioni più comuni in ambito alimentare di questa tecnologia sono rappresentate, ad esempio, dall’estrazione della caffeina dal caffè oppure nell’industria birraria per separare alcune componenti del luppolo; versatilità straordinaria che ha reso la tecnologia molto utilizzate anche nel mondo degli oli essenziali per estrarre da fiori e spezie, elementi molto delicati, prodotti di utilizzo per l’universo della profumeria di pregio. Oltre ai vantaggi sopraccitati riguardanti l’atossicità e il green profile dell’anidride carbonica, è doveroso considerare che la stessa mostra una spiccata attività antibatterica, in fase di continua indagine e approfondimento: in questo modo sa-

rebbe possibile riuscire a inattivare molti microrganismi a temperature prossime a quelle ambiente, con notevoli vantaggi al fine di eliminare i patogeni che potrebbero portare ad alterazioni organolettiche significative dei prodotti trattati, oltre ad impatti possibili sulle loro qualità nutrizionali. Questo procedimento è davvero utile anche nel momento in cui sia necessario valorizzare i sottoprodotti alimentari, che sempre più rappresentano un valore aggiunto per tutta la filiera e presentano numerosi destini differenti, che vanno dalla produzione di energia alla realizzazione di mangimi per il settore zootecnico e concimi organici. Un ottimo esempio è quello rappresentato dalle vinacce nel settore enologico, dal momento che grazie alle tecniche estrattive in modalità supercritica è possibile andare a recuperare quantitativi superiori e a livelli di purezza assoluti se comparati con quelli ottenibili con i normali procedimenti di estrazione con tecniche tradizionali.

Gas food-grade: qualità ed esigenze normative Come accade per numerose materie prime di comune utilizzo in un settore altamente regolamentato, come quello rappresentato dal mondo alimentare, esistono determinate specifiche legate alla tipologia di gas che può essere utilizzato, con indicazioni precise e dettagliate a seconda dell’applicazione dello stesso. A tal proposito è fondamentale considerare quanto indicato dalla Doc. 126/20 (revisione della versione 126/18) redatta da EIGA (European Industrial Gases Association) che dettaglia con grande dovizia di particolari le specifiche necessarie all’utilizzo dei gas nel mondo food. In primo luogo affinché i gas possano essere utilizzati come additivo alimentare, ad esempio come propellente o come gas di confezionamento, devono essere approvati ai sensi della legislazione dell’UE

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e vengono assegnati numeri E, ad es. E941 per l’azoto. Anche l’UE, ovviamente, decide criteri minimi di purezza per i gas utilizzati come additivi alimentari ed oltre ai criteri di purezza stabiliti Ai sensi dei regolamenti dell’UE sugli additivi alimentari, definisce anche le specifiche minime per i gas che sono pubblicate dal JECFA – Joint Expert Committee for Food Additives. Per quanto concerne invece l’utilizzo come coadiuvanti tecnologici alimentari, la legge definisce che gli aiuti per la trasformazione degli alimenti sono legalmente definiti come “Qualsiasi sostanza non consumata come alimento in sé, intenzionalmente utilizzato nella lavorazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti per soddisfare un determinato scopo tecnologico durante l’elaborazione che può coinvolgere il non intenzionalmente ma presente come tecnicamente inevitabile di residui della sostanza o dei suoi derivati ​​nel prodotto finale, a condizione che questi residui non presentino rischi per la salute e non abbiano alcun effetto tecnologico sul prodotto finito”, con riferimento al Regolamento CE 1333/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 sugli additivi alimentari. I gas sono considerati coadiuvanti tecnologici quando vengono utilizzati durante la lavorazione di un alimento, ad esempio azoto liquido o anidride carbonica per il congelamento, il raffreddamento e il controllo della temperatura oppure la procedura di inertizzazione di materiali sfusi durante la lavorazione ma essi stessi non vengono consumati come parte del cibo. In questo ultimo caso l’unico requisito legale è che il gas non lasci residui nel prodotto che lo farebbero rappresentare un rischio per la salute. Un concetto da sempre molto dibattuto è quello riguardante la purezza dal momento che sebbene i requisiti della legislazione alimentare siano generalmente applicabili, nessun criterio di purezza è

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I MATERIALI PER IL CONFEZIONAMENTO IN ATMOSFERA MODIFICATA In linea con le scelte ambientali, numerosi players hanno scelto differenti materiali per il confezionamento in atmosfera modificata, scegliendo ove possibile monocomponenti, aventi una filiera capillare e consolidata per lo smaltimento e il successivo recupero. Un materiale plastico molto utilizzato per il confezionamento in atmosfera modificata è il PET (polietilentereftalato), un polimero ottenuto dalla policondensazione dell’acido tereftalico con glicole etilenico. Ha struttura amorfa (APET) o cristallina (CPET) a seconda della velocità di cristallizzazione e presenta caratteristiche di bassa permeabilità ad acqua, aria e ossigeno e notevole inerzia nei confronti del cibo con cui viene a contatto. In alternativa si utilizzano molto i biopolimeri e quello più di tendenza per il confezionamento in atmosfera modificata è il PLA (acido polilattico); chimicamente appartiene alla famiglia dei poliesteri alifatici ed è un polimero termoplastico di origine vegetale biodegradabile e compostabile che viene prodotto mediante processi di

fermentazione e distillazione a partire dall’amido, principalmente mais. Dai microrganismi presenti in natura viene naturalmente convertito in CO2 e H2O. Si presenta come un materiale trasparente ed è il primo polimero a impatto zero sull’ambiente, essendo 100% derivato da fonti rinnovabili; offre quindi un’alternativa interessante ai tradizionali polimeri a base di petrolio. Il prodotto PLA è utilizzato principalmente nell’industria del packaging, che trova applicazione negli imballaggi alimentari per le sue ottime proprietà meccaniche. È particolarmente indicato per il confezionamento in MAP (Modified Atmosphere Packaging) di quei prodotti alimentari che necessitano di miscele comprendenti l’ossigeno. Infine può essere utilizzato come materiale per il confezionamento in atmosfera modificata, l’alluminio. È un materiale morbido, leggero ma resistente. Per le sue caratteristiche quali bassa densità, alta conducibilità termica, atossicità, ottima duttilità e malleabilità, numerosi players lo ritengono idoneo allo sviluppo di numerose gamme di contenitori.

stabilito dalla legislazione dell’UE per l’uso di gas come coadiuvante tecnologico. Rimane, tuttavia, il caso in cui la legislazione nazionale possa richiedere un allineamento dei criteri di purezza con quelli applicati agli additivi alimentari. Infine un gas viene descritto come ingrediente quando viene utilizzato nella preparazio-

ne di un alimento ed è ancora presente nel prodotto finale, anche in forma alterata, ad esempio nella carbonatazione di bevande. I requisiti legislativi sono generalmente applicabili e nessun criterio di purezza specifico è stabilito dalla legislazione dell’UE per l’uso dei gas come ingrediente.

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TECNOLOGIA APPLICATA / Carni e derivati

L’arte dello Speck Alto Adige (IGP)

U

nico nella produzione e nel gusto, lo Speck Alto Adige IGP è un prodotto con enorme potenziale, garantito dal Consorzio Tutela Speck Alto Adige. Eccellenza gastronomica caratteristica della tradizione altoatesina, è il risultato di antiche ricette tramandate di generazione in generazione. Lo Speck Alto Adige IGP deve il suo gusto unico e inconfondibile alla leggera speziatura – tra i cui ingredienti figurano frequentemente rosmarino, ginepro, alloro, poco sale e pepe - e al preciso metodo di produzione che unisce una leggera affumicatura, una particolare stagionatura e l’aria fresca di montagna.

Una strada verso la specialità La preparazione di questo salume in Alto Adige coniuga due metodi di produzione molto diversi tra loro: da un lato quello utilizzato nei Paesi mediterranei e dall’altro quello tipico dei Paesi del Nord e Centro Europa. Con il metodo mediterraneo, il prosciutto viene prodotto facen-

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do asciugare le cosce di suino con aria e sale; con il metodo nordico, la preparazione del prosciutto avviene con sale, spezie e fumo. In Alto Adige, terra d’incontro tra queste due culture, si è sviluppato un processo di produzione tipico locale che unisce entrambi i metodi di preparazione del prosciutto, sfruttandone i pregi. Una combinazione che rende lo Speck Alto Adige un prosciutto unico e inconfondibile. Ancora oggi, ciascun produttore conserva la propria ricetta di famiglia, tramandata nel tempo. Grandi e piccoli produttori di Speck Alto Adige IGP hanno però una cosa in comune: l’artigianalità e il pieno rispetto del disciplinare di produzione dello Speck Alto Adige IGP secondo la tradizione. Controlli rigorosi garantiscono infine un’eccellente qualità.

I passi della produzione La produzione dello Speck Alto Adige IGP è una vera e propria arte, che si basa su cinque fasi distinte: dalla scelta della materia prima, alla salmistratura, all’affumicatura, fino alla stagionatura dello speck e al controllo qualità.

IL MARCHIO DI QUALITÀ DELL’ALTO ADIGE Garantito dal Consorzio Tutela Speck Alto Adige, il Marchio Alto Adige IGP certifica la provenienza e la qualità di prodotti unici e inimitabili. La sigla IGP - Indicazione Geografica Protetta – è un riconoscimento che l’Unione Europea attribuisce a quei prodotti alimentari che vengono elaborati secondo metodi tradizionali, in una determinata area geografica. In particolare, dal 1996 può utilizzare la denominazione “Speck Alto Adige IGP” soltanto quel prosciutto prodotto in Alto Adige da cosce suine in base al procedimento tradizionale; solo quando tutti i criteri di qualità sono soddisfatti e tutti i controlli sono stati superati, allo speck può applicarsi la denominazione.

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Consorzio Tutela Speck Alto Adige

Il Consorzio Tutela Speck Alto Adige ha sviluppato in collaborazione con l’Istituto indipendente IFCQ Certificazioni, un sistema di controlli che verifica il rispetto di tutti i criteri di qualità in ogni fase della lavorazione del prosciutto: dalla selezione della carne, fino al prodotto finito. Solo il prosciutto affumicato che rispetta tutti i criteri di qualità e che ha superato tutti i controlli viene marchiato a fuoco in più punti sulla cotenna

Passo 2: la tipica speziatura

Passo 1: selezione accurata della materia prima Tutto inizia con la selezione della materia prima, basilare per un prodotto di qualità e definita, in Alto Adige, secondo un preciso disciplinare. Numerosi sono i fattori che concorrono a far diventare lo speck una vera specialità: dall’alimentazione dei suini, alla macellazione e stagionatura della carne. Per questo motivo, per lo Speck Alto Adige IGP vengono utilizzate soltanto cosce suine magre, sode e provenienti da allevamenti consoni alla specie. Le cosce vengono selezionate in base a rigorosi cri-

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teri di qualità e tagliate secondo i metodi tradizionali. La lavorazione del prosciutto avviene esclusivamente a partire da cosce suine che sono state macellate in conformità con i controlli previsti - solo così si garantiscono gli elevati standard di qualità della produzione e il sapore specifico dello Speck Alto Adige; infine le baffe vengono marchiate con un timbro indelebile che riporta la data d’inizio della produzione, che è il punto di riferimento per successivi controlli e prova della stagionatura, oltre ad essere per il consumatore finale strumento di tracciabilità del prodotto.

La tipica crosta speziata conferisce allo Speck Alto Adige IGP il suo aroma davvero particolare. Le cosce di suino vengono accuratamente cosparse di sale e spezie, in genere alloro, rosmarino e ginepro, talvolta anche aglio rosso, coriandolo o cumino. Mentre gli ingredienti base per la salatura di questo prosciutto, come sale e pepe, rimangono sempre gli stessi, la miscela delle spezie cambia molto da un produttore all’altro. Ed è proprio nella speziatura che ogni produttore aggiunge un tocco personale al suo speck. Prima di essere affumicate, le baffe di speck vengono salmistrate a secco per tre settimane. Durante questo tempo, i prosciutti vengono girati diverse volte, in modo da consentire la penetrazione uniforme della salamoia; la frequenza con cui viene ripetuta questa operazione nella preparazione del prosciutto, dipende dalla ricetta del singolo produttore di speck: mentre alcuni continuano

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TECNOLOGIA APPLICATA / Carni e derivati

Le cosce di suino vengono accuratamente cosparse di sale e spezie, in genere alloro, rosmarino e ginepro, talvolta anche aglio rosso, coriandolo o cumino. Nella speziatura ogni produttore aggiunge un tocco personale al suo speck. Il contenuto di sale nel prodotto finale non deve superare il 5%

Passo 4: una lenta stagionatura

ad aggiungere la salamoia ai lati dello speck, altri preferiscono evitare questo passaggio. La salatura nella produzione dello Speck Alto Adige si basa su ricette personali di ciascun produttore, fatto che rende ogni speck un pezzo unico. Comune a tutti, è che il contenuto di sale nel prodotto finale non debba superare il 5%.

rature più elevate verrebbero chiusi. Le baffe vengono esposte alternativamente al fumo e all’aria fresca delle montagne altoatesine, per poter raggiungere un aroma perfettamente equilibrato.

Dopo l’affumicatura, lo Speck Alto Adige IGP ha bisogno di tempo per sviluppare le sue straordinarie caratteristiche, in armonia con la natura. In passato questa fase della preparazione del prosciutto avveniva nelle cantine delle aziende agricole altoatesine, dove la temperatura si manteneva sempre fresca e l’umidità dell’aria raggiungeva le condizioni ottimali e ancora oggi il prosciutto viene

Passo 3: l’affumicatura Un fattore decisivo per il gusto dello speck è la leggera affumicatura a conclusione della fase di salmistratura. L’affumicatura dello Speck Alto Adige IGP segue la tradizionale regola aurea: poco fumo e tanta aria fresca di montagna. I prosciutti vengono sottoposti consecutivamente a fasi di affumicatura e asciugatura all’aria e l’affumicatura, leggera, avviene solo con legno poco resinoso, per conferire allo Speck Alto Adige IGP il suo inimitabile sapore delicato ma tipicamente affumicato. Ancora oggi, viene utilizzato principalmente legno di faggio e la temperatura del fumo non deve superare i 20°C, così il fumo può penetrare nei pori del prosciutto, che invece a tempe-

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L’affumicatura, leggera, avviene solo con legno poco resinoso; ancora oggi, viene utilizzato principalmente legno di faggio e la temperatura del fumo non deve superare i 20°C, così il fumo può penetrare nei pori del prosciutto

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stagionato in luoghi ben areati e pervasi dall’aria fresca e pura delle montagne altoatesine. La durata della stagionatura dipende dal peso finale delle baffe ed è in media di 22 settimane. In questa fase del processo di preparazione del prosciutto, lo Speck Alto Adige IGP perde circa un terzo del suo peso iniziale e acquisisce la sua tipica consistenza. Durante la stagionatura, sul prosciutto crudo si forma uno strato naturale di muffa aromatica, che viene rimosso alla fine del processo: è un segno delle corrette condizioni ambientali in cui si svolge la stagionatura e dell’ottima qualità dello Speck Alto Adige IGP. La muffa protegge infatti lo Speck Alto Adige IGP nel corso della stagionatura, evitando che si asciughi troppo e consentendo la formazione di una crosta aromatica sulla sua superficie che fa maturare in maniera uniforme la carne all’interno. Inoltre, la muffa è fondamentale per il sapore di questo prosciutto stagionato, in quanto armonizza e arrotonda le intense note speziate e affumicate. Così lo Speck Alto Adige IGP conquista il suo tipico sapore: delicato, equilibrato e con una sottile nota di noci.

Passo 5: bontà e qualità scrupolosamente controllate Il marchio è per il consumatore una garanzia. Esso assicura che lo Speck Alto Adige IGP sia di alta qualità e che la produzione sia stata controllata severamente. Proprio per garantire la qualità e l’autenticità dello Speck Alto Adige, il Consorzio Tutela Speck Alto Adige ha sviluppato in collaborazione con l’Istituto indipendente IFCQ Certificazioni, un sistema di controlli che verifica il rispetto di tutti i criteri di qualità in ogni fase della lavorazione del prosciutto: dalla selezione della carne, fino al prodotto finito. Gli addetti ai controlli hanno sempre libero accesso agli stabilimenti di produzione. Durante la preparazione del

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La durata della stagionatura dipende dal peso finale delle baffe ed è in media di 22 settimane. In questa fase del processo di preparazione del prosciutto, lo Speck Alto Adige IGP perde circa un terzo del suo peso iniziale e acquisisce la sua tipica consistenza

CONSORZIO TUTELA SPECK ALTO ADIGE L’associazione, conosciuta come “Consorzio Tutela Speck Alto Adige”, fu costituita nel 1992 da parte di 17 produttori, con sede presso la Camera di Commercio di Bolzano, sulla base di una preesistente associazione nata già nel 1980 per opera di quattro produttori altoatesini che intendevano tutelarsi contro i prodotti non controllati. Il successo non si fece attendere: nel 1996 lo Speck Alto Adige ottenne dall’UE il riconoscimento della denominazione “Indicazione geografica protetta”. Nel 2003, il Consorzio Tutela Speck Alto Adige venne autorizzato ufficialmente dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali a rappresentare gli interessi dei produttori di speck, ai sensi della legge 526/99. Tra le attività di competenza del Consorzio rientrano la politica di qualità, la tutela del marchio e le iniziative promozionali, che sono regolamentate da linee guida dell’UE (Reg. 510/2006), dello Stato (Legge 526/99) e della Provincia Autonoma di Bolzano. L’obiettivo principale del consorzio è tutelare la qualità dello Speck Alto Adige IGP e rafforzare sempre di più la fiducia dei consumatori. Oggi il Consorzio conta 28 associati, produttori grandi e piccoli di Speck Alto Adige IGP che si sono consociati con lo scopo di tutelare l’artigianalità e soprattutto il rispetto dei metodi di produzione tradizionali: quelle generali comuni e quelle uniche, peculiari e familiari, tramandate tra le generazioni, proprie di ogni singolo produttore.

prosciutto e al termine del processo di produzione, controllano la stagionatura, il rapporto tra parti magre e grasse, il contenuto salino, la consistenza, l’aroma e naturalmente il sapore. Solo il prosciutto affumicato che rispetta tutti i criteri di qualità e che ha superato

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Pest Management

Rodenticidi anticoagulanti Spunti di riflessione per una corretta pratica di impiego

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a gestione integrata e sostenibile di un infestante dovrebbe prevedere un approccio critico all’impiego dei prodotti chimici, privilegiando, laddove possibile, misure di gestione alternative. Nell’ottica di contribuire agli obiettivi di sostenibilità, le attività di gestione dei roditori sono certamente utili per contribuire a raggiungere gli obiettivi n.2 (“Fame zero”) e n.3 (“Salute e Benessere”), considerando gli impatti di natura sanitaria e merceologica che i roditori possono avere in ambito di Sicurezza Alimentare e Salute Pubblica. Anche il goal

n.15 (“La vita sulla terra”) coinvolge tali attività, sia in termini di protezione della fauna non-bersaglio durante le attività di “derattizzazione” ma anche per la tutela stessa della biodiversità, talvolta minacciata dalle stesse popolazioni di roditori (ratti), quali predatori di animali con status di protezione. Le interconnessioni e le considerazioni da fare sono pertanto molteplici ed è chiaro che un’efficace ed efficiente azione di contrasto ai roditori infestanti sia assolutamente necessaria. Per queste

motivazioni, nonostante alcune caratteristiche tossicologiche ed eco-tossicologiche non favorevoli, i rodenticidi ad azione anticoagulante sono tutt’ora presenti nel mercato italiano ed europeo. Tuttavia, questa disponibilità non dovrebbe essere interpretata quale lasciapassare per un impiego quasi esclusivo di questi strumenti. A monte della progettazione di un sistema di misure di gestione alternative, è necessario conoscere adeguatamente lo scenario operativo e l’infestante da

In ottica di gestione integrata e sostenibile, laddove possibile, sono preferibili misure di gestione alternative all’uso di prodotti chimici 50

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Francesco Fiorente Consulente in Pest Management

I rodenticidi rappresentano ancora lo strumento maggiormente impiegato per il controllo dei roditori

gestire, le aspettative delle Parti interessate, le condizioni di impiego e tutte le implicazioni derivanti dalla selezione di ogni metodo di monitoraggio e controllo considerato.

Condizioni di impiego Con specifico riferimento alla gestione dei roditori sinantropici, quali ratti e topi, è possibile già da tempo avere a disposizione diversi strumenti tecnici diversi dai prodotti biocidi ad azione rodenticida: trappola per la cattura di vario tipo (anche con rilevamento remoto), adescanti non tos-

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sici, strumenti di tipo fisico, alcune tipologie di disabituanti, ecc. Tuttavia, i rodenticidi rappresentano lo strumento maggiormente impiegato per il controllo dei roditori, sebbene nel corso degli ultimi anni, molti aspetti siano stati modificati circa le loro condizioni di impiego, grazie a modifiche normative di un certo rilievo. Il loro uso diffuso è certamente giustificato anche dall’efficacia, soprattutto a breve-medio periodo, di questi prodotti e dal costo contenuto. Ad oggi, sembra che le modifiche normative, che in qualche misura limi-

tano una certa modalità di impiego di questi prodotti, rappresentino un elemento ostico relativamente alla loro applicazione e alla conseguente riduzione dell’impiego dei rodenticidi. Sul mercato italiano si stima la disponibilità di oltre 300 formulati biocidi rodenticidi che nella quasi totalità sono rappresentati appunto da rodenticidi ad azione anticoagulante (AVK). Essi sono soggetti a numerose condizioni di impiego, differenziate anche per tipologia di utilizzatore. Quest’ultima è determinata anche dalle concentrazioni di sostanza attiva in essi contenuti.

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Pest Management

In sintesi, si tratta per lo più di anticoagulanti di seconda generazione che comprendono le sostanze attive brodifacoum, bromadiolone, difenacoum, difetialone e flocoumafen; sono in grado di controllare roditori che sono resistenti ad alcuni altri anticoagulanti (I generazione), ma che hanno una tossicità e persistenza nell’ambiente maggiore rispetto agli anticoagulanti di prima generazione. Sono state individuate tre tipologie di utilizzatori per questi prodotti, partendo dalla premessa che i formulati con concentrazioni ≥ 30 ppm (es. 0,005%) sono da considerarsi ad esclusivo uso di utilizzatori professionali e utilizzatori professionali formati (in quest’ultima categoria rientrano i “derattizzatori professionisti”, con le dovute differenze relative alle modalità di impiego), in virtù anche delle disposizioni derivanti dai Regolamenti CLP e REACH, per cui prodotti classificati H360D (“Può nuocere al feto”) siano destinati al solo uso professionale. § “General Public”, ovvero l’utente domestico non professionale, al quale è concesso l’acquisto di prodotti con concentrazioni < 30 ppm di AVK, in confezioni di dimensioni massime di 150 g (per formulati in pasta, grano, pellet) e 300 g (per blocchetti). § Utilizzatore “Professional”, ovvero le persone che usano i prodotti nell’ambito di un’attività professionale (agricoltori, coloro che sono coinvolti in zootecnia, nelle imprese alimentari, ecc.), ai quali sono accessibili formulati contenenti formulazioni ≥ 30 ppm in grandi confezioni. § Utilizzatore “Trained Professional”, il professionista formato. In tale figura è collocato il Derattizzatore professionista, ovvero quelle persone che utilizzano i biocidi nell’ambito dell’esercizio di impresa di derattizzazione, come individuata ai sensi della vigente normativa (L. 82/1994 e DM 274/1997). Anche in questo caso sono utilizzabili i for-

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È consigliabile che le aziende alimentari si affidino ai servizi di operatori professionisti, prevedendo un referente interno a coordinamento delle attività

mulati contenenti AVK in concentrazioni ≥ 30 ppm ed in grandi confezioni. Per ogni categoria di utilizzatore sono previste condizioni di impiego ben specifiche, riportate sulle etichette dei prodotti stessi. Sebbene non costituisca una novità in senso assoluto, emerge come l’impiego permanente di esche anticoagulanti sia di fatto non consentito, se non a particolari condizioni operative nell’ambito delle quali solo un’Impresa professionale di Derattizzazione può agire entro limiti. Infatti, solo in caso di infestazioni o di condizioni particolari che ne possano dimostrare la necessità, i Professionisti formati della Derattizzazione potranno stabilire, documentandola, la necessità di mantenere in maniera permanente questa tipologia di esche. Prima che questo accada, viene espressamente richiesto ai Fornitori di Servizi

di applicare queste sostanze nell’ambito di un approccio integrato che veda la limitazione dell’uso degli AVK (a partire dalle limitazioni nelle aree interne delle Imprese alimentari) a vantaggio di altre tecniche di controllo (per es. impiego di trappole) e che incoraggi le pratiche di prevenzione e corretta gestione degli ambienti, formalizzando i rilievi e le decisioni intraprese.

L’impatto ambientale Il tutto poi assume ulteriore rilievo se si considerano gli impatti delle esche rodenticide sulla fauna non-bersaglio, sia in caso di intossicazione primaria (consumo diretto delle esche) che di intossicazione secondaria (consumo di roditori intossicati ancora vivi e/o di loro carcasse). La limitazione all’uso permanente delle esche AVK presuppone da parte del Fornitore Professionale del Servizio di De-

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rattizzazione, un approccio integrato che non preveda l’automatismo dell’impiego dei rodenticidi in qualsiasi situazione potenzialmente “a rischio”. È necessario, invece, approfondire mediante ispezioni preliminari e successivamente mediante riesami periodici dell’andamento del servizio, la reale necessità di impiegare le esche rodenticide, senza replicare schemi consolidati che poco poggiano le loro motivazioni su un’analisi oggettiva dei dati derivanti dagli eventuali consumi di esca rodenticida. Tra gli altri aspetti da considerare vi è poi l’ampio capitolo, tutt’ora in fase di “scrittura”, sulla prevenzione e sulla gestione della resistenza agli anticoagulanti. Paradossalmente, un approccio “acritico” alla derattizzazione che si serva solo di esche rodenticide, potrebbe portare a distribuire esche in luoghi in cui non sia necessaria la loro presenza, senza di-

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Presidio Medico Chirurgico (Reg. Ministero della Salute n. 8020133, 8020123, 8020135). Prima dell’uso, leggere attentamente l’etichetta e le informazioni sul prodotto.


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stinzioni tra aree a maggiore o minore rischio, considerando anche la possibilità che una parte del rodenticida possa essere consumato da altri animali, tra cui insetti, molluschi e animali non-target propriamente detti. Anche relativamente alle quantità di esca presenti in ogni erogatore (comunque sempre indicate nelle etichette ministeriali), si potrebbe configurare anche la possibilità che in alcuni di essi sia presente una quantità di esca non adeguata per la tipologia di area, anche esponendo i roditori stessi a quantità di rodenticida di molto superiore a quella necessaria per il suo controllo. È quindi necessario impostare un corretto sistema di monitoraggio, non necessariamente basato sull’impiego “automatico” di esche rodenticide utilizzate in modalità permanente, che possa fornire

delle fotografie significative della presenza dei roditori, per poi programmare azioni conseguenti che possano anche prevedere anche (e non solo) l’impiego dei rodenticidi. Nella modalità di applicazione, inoltre, anche l’impiego mediante la tecnica del “Pulsed baiting” sarebbe auspicabile: la tecnica prevede l’eliminazione progressiva della popolazione di roditori, evitando distribuzioni di prodotto eccessive e inutili, ottimizzando i quantitativi di esca, limitando così i rischi per le specie non bersaglio. Ad oggi, la maggior parte delle etichette dei prodotti rodenticidi non prevede l’applicazione di questa tecnica. Nel mitigare i rischi derivanti dall’uso dei rodenticidi con anticoagulanti, è possibile anche fare riferimento all’impiego di prodotti che contengono quantità ridotte di sostanza attiva (per es. 25 ppm); in

questo caso, essi possono essere indicati come utili laddove vi sia una bassa competizione alimentare. Quanto finora indicato è di fatto riportato sulle etichette ministeriali dei prodotti. La lettura attenta delle etichette dei prodotti rodenticidi è fondamentale. Dovrebbero essere utilizzati per controllare ratti e topi solo prodotti autorizzati per tale uso, considerando tutte le indicazioni di etichetta che prevalgono su qualsiasi guida sulla buona prassi disponibile da altre fonti. In questo contesto, è evidente che questo nuovo approccio debba essere condiviso sia dai derattizzatori professionisti che dai clienti che usufruiscono di questa tipologia di servizio: è auspicabile pertanto che entrambi gli attori, coadiuvati anche dalle Autorità di controllo, possano confrontarsi a riguardo, stabilendo le migliori strategie che siano allo stesso tempo conformi alle disposizioni cogenti, ma anche coerenti con gli obiettivi di un piano di gestione dei roditori, in funzione delle attività svolte presso un sito e le sue caratteristiche peculiari.

Scegliere la strategia migliore In sostanza, la proposta di “abbandonare” un metodo consolidato di gestione dei roditori può alle volte creare delle resistenze al cambiamento, temendo un peggioramento “automatico” delle condizioni igienico-sanitarie di un sito, immaginando scenari con elevate infestazioni da roditori in assenza di esche.

L’implementazione di un corretto sistema di monitoraggio consente di evitare il ricorso “automatico” alle esche rodenticide

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In realtà, un’accurata valutazione dei rischi, può fornire indicazioni utili sulla migliore strategia che potrà anche prevedere l’impiego di sostanze rodenticide ma non solo, magari limitandole a particolari aree di un sito o in determinati periodi dell’anno. In questo aspetto, andrà comunque considerato anche l’eventuale impatto economico di alcune strategie alternative all’impiego di esche rodenticide, che dovrà essere necessariamente valutato e che potrebbe rappresentare uno dei freni al cambiamento. Qualsiasi scelta di tipo tecnico dovrebbe essere supportata da una documentazione attestante un esame delle condizioni operative, in modo da applicare razionalmente questa tipologia di prodotti che, nonostante le varie limitazioni, è ancora legittimamente presente nel mercato italiano ed europeo.

Per un’adeguata progettazione di un sistema di misure di gestione alternative è necessario conoscere bene lo scenario operativo e l’infestante da gestire

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Unico fornitore per gli acquisti professionali Manutan Italia è una filiale del Gruppo Manutan International: una multinazionale francese fondata nel 1966 con oltre 2300 dipendenti. Il gruppo è presente in 17 paesi europei con 26 sedi. In Italia Manutan è presente da 30 anni con oltre 10.000 clienti aziendali. Leader nella vendita a distanza di forniture industriali (MRO), Manutan offre i suoi prodotti a varie realtà e si propone come unico fornitore ad aziende private, enti pubblici e liberi professionisti. La gamma di prodotti, unica nel suo genere e in continua espansione, comprende 8 categorie merceologiche: sicurezza (dell’ambiente e delle persone), magazzino, igiene, ufficio, imballaggio, forniture industriali e utensili, spazi esterni e ristorazione. Sicurezza e igiene sono da sempre due cardini su cui l’azienda fonda il proprio know-how e mai come in questo momento storico, assumono un’importanza cruciale nelle scelte d’acquisto delle aziende. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria il team di specialisti di Manutan si è subito attivato per garantire ai propri clienti la fornitura di tutti i dispositivi di protezione individuale atti ad evitare il contagio, oltre che di detergenti, gel igienizzanti e prodotti per garantire la massima igiene e il rispetto delle normative in vigore, sia in ambito personale che lavorativo al momento della ripartenza. Più di 2000 prodotti e accessori per la pulizia, oltre 2500 articoli per la raccolta differenziata pratici e resistenti per l’esterno e gradevoli alla vista per gli uffici e le aree comuni. Un aspetto non trascurabile è la gestione di rifiuti pericolosi, per cui Manutan propone contenitori per liquidi pericolosi, pile, RAEE e rifiuti sanitari che rispettino in primis le norme vigenti. A rafforzare l´importanza della protezione dell´ambiente, Manutan offre una vasta gamma di assorbenti industriali, la soluzione più semplice ed immediata in caso di sversamenti di sostanze pericolose e inquinanti. L’importanza di un intervento tempestivo, e con i giusti prodotti, garantisce un risultato efficace e immediato nelle operazioni di ripristino di terreni, falde acquifere e di qualsiasi ambiente di lavoro. Il concetto di protezione dell´ambiente si allarga poi alla categoria dell’imballaggio/packaging, in cui l’offerta di Manutan

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spazia dal materiale di riempimento biodegradabile in fibra di legno, ideale alternativa al pluriball, ai contenitori monouso compostabili per l´industria alimentare. Grazie a un magazzino di 190.000 m², Manutan è in grado di consegnare in 48 ore gli oltre 100.000 prodotti visibili sull´ecommerce di proprietà www.manutan.it Oltre al canale digital, Manutan Italia vanta una rete di professionisti su tutta Italia e un team dedicato a soddisfare le richieste di prodotti su misura, personalizzazioni e servizi a valore aggiunto (progettazione, montaggio, smaltimento). Manutan supporta le aziende anche con diverse soluzioni di e-business che permettono di risparmiare tempo e denaro in un’ottica di TCO. MANUTAN ITALIA SPA

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Un prodotto per la massima igiene Molto più frequenti di quanto non si creda o si sappia, le tossinfezioni alimentari – ne esistono oggi al mondo più di 250 - si possono manifestare con differenti sintomi e sono causate da diversi agenti patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti. Sono diversi, i modi in cui può avvenire la contaminazione dei cibi: può avere origine sia durante la fase di manipolazione e preparazione degli alimenti, sia per contatto con gli strumenti della cucina, utilizzati nella preparazione di diversi alimenti e non disinfettati a dovere. Anche gli ambienti dove gli alimenti vengono trattati possono essere fonte di contaminazione, per gli scarti che la lavorazione comporta. Per esempio, nei caseifici, nei macelli, nelle pescherie, negli oleifici, lo sporco più comune e tenace è rappresentato dal grasso, animale e vegetale, che può creare sulle superfici un biofilm che favorisce la proliferazione batterica. Grande efficacia sgrassante e igienizzante

Fondamentale, quindi, mettere in atto pratiche di pulizia adeguate, utilizzando strumenti e prodotti che garantiscano il conseguimento della massima igiene. Il prodotto ideale è lo “Sgrassante per industria alimentare” di Amuchina Professional, la divisione di ACRAF Spa, che vanta oltre ottant’anni di storia e di esperienza in fatto di igiene e sanificazione. Si tratta di un detergente sgrassante e igienizzante, uno schiumogeno concentrato che sgrassa e pulisce a fondo pavimenti e ogni tipo di superficie, compresi macchinari e attrezzature delle industrie che lavorano carni e pesci, oli, latte e derivati. Per ottimizzare la sua azione, il

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prodotto deve essere diluito in acqua nella proporzione di 1 a 5 o di 1 a 10, a seconda del grado di sporco da rimuovere. La soluzione deve essere applicata sulle superfici da trattare, ricoprendole uniformemente, si lascia agire per il tempo indicato (qualche minuto) e quindi si risciacqua abbondantemente con acqua corrente. L’efficacia dell’azione schiumogena, che consente al prodotto di aggrapparsi allo sporco, di rimuoverlo e di trascinarlo con sé, è già ottimale se il prodotto viene utilizzato “manualmente”, ma può essere ulteriormente potenziata dall’utilizzo dell’idropulitrice. Una garanzia che tutela la salute di tutti. ACRAF

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PRODOTTI E SOLUZIONI

Un ottimo alleato nella produzione di Bevande Atlas Filtri, azienda con sede a Limena e attiva nel mercato

internazionale della filtrazione e del trattamento acqua dal 1975, produce e commercializza una perfetta alternativa alle tecniche tradizionali di estrazione: un innovativo estrattore solido-liquido, il Naviglio Estrattore. A differenza dei classici processi estrattivi, come la macerazione, la distillazione e la percolazione, Naviglio Estrattore dà luogo a un processo attivo, per cui sfruttando la differenza di pressione che viene generata dalla compressione del liquido estraente sulla matrice solida, le sostanze da estrarre sono forzate ad uscire per un effetto di “risucchio”. In questo processo, la materia prima rimane inalterata e la velocità di produzione notevolmente ridotta. Grazie al processo di estrazione attivo su cui si basa l’estrattore rapido solido-liquido dinamico Naviglio Estrattore, le applicazioni a cui può essere destinato sono molteplici e diversificate, spaziando nei settori della ricerca, della tecnologia e dei laboratori chimici. Il suo utilizzo si estende dal campo della cosmetica alle industrie alimentari, dalle industrie delle bevande all’erboristeria e fitoterapia fino a trovare una valida applicazione anche nell’ambito dei laboratori di analisi chimiche e della ricerca nella fase di preparazione del campione. Naviglio Estrattore consente di trattare materiale fresco e secco, come fiori, frutti, foglie, radici, bacche, cortecce di piante officinali ed erbe aromatiche. Inoltre, il materiale solido da estrarre può essere intero o suddiviso, può contenere acqua oppure essere liofilizzato. Nell’ambito del settore delle bevande è possibile realizzare liquori a partire dall’estratto alcolico ottenuto in tempi brevi - poche ore rispetto ai giorni previsti, per esempio, nel caso della macerazione - come il limoncello, il liquore di mirto, il finocchietto, la liquirizia, gli amari. In più, è possibile aromatizzare vini e grappe con diverse matrici vegetali e, data l’elevata efficienza del processo estrattivo, è possibile accelerare il processo di invecchiamento di grappe, vini e distillati. In particolare, Naviglio Estrattore introduce molteplici vantaggi nella produzione del limoncello. Innanzitutto è possibile impiegare una quantità inferiore di limoni di circa il 33%, ottenendo allo stesso tempo un liquore gradevole e aromatico, senza la perdita delle caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Grazie a questo metodo estrattivo la materia prima rimane inalterata e la velocità di produzione, rispetto alle classiche tecniche usate in questo ambito, è sicuramente una risorsa da

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considerare: per ottenere 6 litri di limoncello, a fronte dei classici 7 giorni di macerazione, sono sufficienti 2 ore e 30 minuti, un sicuro vantaggio in termini di efficienza, senza rinunciare alla qualità e al gusto del prodotto finito. ATLAS FILTRI

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Monitoraggio di umidità e temperatura Pur vivendo ormai da tempo in un mondo dalle sconfinate possibilità digitali, continuiamo a monitorare la temperatura e l’umidità con metodi antiquati e molto dispendiosi. Ad esempio, tramite misure spot con termometri, i cui valori di misura devono poi essere riportati manualmente in un elenco. Un metodo molto inaffidabile e incline agli errori. Quando si ha a che fare con generi alimentari freschi e facilmente deperibili, è indispensabile garantire sempre condizioni climatiche ottimali, in modo che non giungano sul mercato merci di qualità scadente. Con i data logger WiFi testo Saveris 2 sarete sempre sicuri che la temperatura risponde esattamente ai valori previsti in tutti i principali punti di misura del freddo. Viene così garantita la qualità della vostra merce e la soddisfazione del cliente. testo Saveris 2 è ideale per negozi di alimentari e supermercati, macellerie, panetterie e aziende di trasformazione di generi alimentari.

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CONTROVENTO

Il digitale e il naturale

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ella saggistica pandemica, oltre alle ridondanti opinioni di chi fingeva di sapere, furono eccessivi anche inni e canti in onore del digitale! In effetti, il virus, obbligandoci a vivere a distanza, ci ha indirettamente insegnato a viaggiare meno e ad usare meglio il digitale per le videochiamate ed i webinar. Con risultati buoni quando è sufficiente la semplice comunicazione verbale (parole emesse a voce o scritte). Con risultati insufficienti nella didattica a distanza, nel commercio (trattative e fiere), laddove la comunicazione paraverbale (toni e modi) e la comunicazione non verbale (mimica, postura ed atteggiamenti), sono determinanti, in questi casi la presenza resta un prerequisito! Come dire, il digitale avvicina la realtà, ma non la sostituisce, per fortuna! Limiti solo tecnologici? No, soprattutto sensoriali, intellettuali e filosofici! Infatti, tutti gli operatori del sistema agroalimentare italiano, conoscono i tempi e le complessità della natura. E proprio grazie alla loro esperienza, alla loro intelligenza sensoriale, al loro intelletto, alla loro cultura, hanno potuto e saputo interpretare l’andamento naturale della coltivazione, dell’allevamento, della trasformazione delle materie prime alimentari in modo induttivo, aggiuntivo, equilibrato. Così, quell’interazione olistica e consapevole del flusso naturale ed umano, cioè quella cultura agroalimentare italiana che, forse non è la prima, ma sicuramente non è l’ultima sulla “biglia blu”, come l’hanno definita gli astronauti di Apollo 17. Certo, anche quella missione spaziale fu realizzata grazie al digitale; però è anche vero che fu l’Uomo a realizzare quelle inconsapevoli tecnologie. Allora, affiorano anche altre riflessioni, cioè che il digitale è prodotto dall’Uomo e non trascende l’Uomo e, che l’Uomo dovrebbe essere consapevole mentre il digitale resterà inconsapevole! Forse il secondo illuderà il primo, con la velocità della rete, con la semplicità del click, con l’intelligenza artificiale. Forse lo indurrà a fraintendere l’onnipotenza. Però, noi sappiamo bene che intendere una cosa per un’altra, vuol dire scivolare nell’illusione, nell’inganno fatale. Quindi, l’Uomo invece di venerare il digitale, lo dovrebbe semplicemente rispettare nella sua realtà, usare nei suoi limiti, esattamente come dovrebbe rispettare realmente il fluire del naturale. Anche perché da sempre, la mancanza di rispetto e l’abuso, non portano da nessuna parte! Non è vero?

L’uomo dovrebbe rispettare il fluire del naturale

VINCENZO BOZZETTI

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Volete dire la vostra? Scrivete a: redazione.food@quine.it

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