01 20 CNETO Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera
Organizzazione, tecnologia, architettura
ISSN: 17206642
Le azioni da intraprendere per gli ospedali del futuro / Tradizione e innovazione nel nuovo ospedale di Cordova / La rivoluzione digitale nelle aziende sanitarie e sociosanitarie / Perché non decolla il Fascicolo Sanitario Elettronico / I pazienti affetti da AMD nel progetto NEXTVISION / Progetto Attiva-Mente: l’arte come terapia / Aspetti impiantistici nel bunker di radioterapia / Gestione delle cronicità nella ASL di Foggia / L’informatizzazione nelle Unità Farmaci Antiblastici / Progettazione antincendio degli ospedali: la valutazione dei materiali di finitura
Il nuovo Ospedale di Cordova Progetto Enero Arquitectura
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EDITORIALE
Sanità in emergenza con il Coronavirus
Il nuovo ospedale di Cordova
La tragica esperienza che stiamo vivendo con la pandemia da Covid-19 ci sta facendo riflettere sullo stato della Sanità italiana e sulle risposte che essa è in grado di fornire a situazioni di inaspettata emergenza come questa. Sebbene da più parti venga denunciata la politica di contrazione di risorse destinate alla Sanità, recentemente la Fondazione Gimbe ha evidenziato come, in realtà, il finanziamento pubblico del SSN nel periodo 2010-2019 sia aumentato ma ad un tasso inferiore rispetto all’andamento dell’inflazione. Il vero problema è quindi il taglio degli investimenti e degli aumenti di spesa, delle nuove assunzioni di personale, del numero complessivo di posti letto e anche quelli di terapia intensiva. Non mi soffermo su considerazioni a riguardo che ormai fanno parte del dibattito quotidiano ma vorrei solo fare una riflessione sulla
capacità di incredibile risposta che, in primo luogo, le regioni del nord-Italia hanno messo in atto in una inedita situazione di crisi come quella che si è verificata. La notizia dell’ospedale dei record realizzato in soli 10 giorni nella zona di Wuhan per fronteggiare l’emergenza coronavirus ha fatto il giro del mondo. Un dibattito serrato di giornalisti ed esperti di settore hanno così confrontato la rapidità cinese con la lentezza che troppo spesso caratterizza la realizzazione delle nostre strutture sanitarie. Certo le anacronistiche tempistiche che intercorrono tra l’aggiudicazione di una gara e la messa in funzione di un ospedale pubblico sono un problema che riguarda il nostro Paese (e non solo) ma il paragone fatto in questa occasione ritengo sia decisamente fuori luogo. Il centro di Wuhan è stato costruito utilizzando moduli prefabbricati accostati per contenere l’epide-
mia: una struttura di isolamento e confinamento che nulla ha a che vedere con l’ospedale caratterizzato da ben altre complessità tecnologiche, logistiche e organizzative. L’esperienza cinese è piuttosto assimilabile alla risposta emergenziale che anche alcune delle nostre regioni stanno attuando per contrastare il previsto picco dei contagi: per citarne alcuni, l’ospedale da campo a cui stanno lavorando Spedali Civili e Poliambulanza di Brescia, la nuova terapia intensiva del San Raffaele di Milano, l’ospedale temporaneo presso i padiglioni della ex Fiera di Milano. Il plauso a tutte queste iniziative è doveroso ma sicuramente, in tempi più sereni, una riflessione sulla programmazione e sulla riorganizzazione dell’intero sistema sanitario dovrà necessariamente essere fatta. Margherita Carabillò
Organo ufficiale del C.N.E.T.O.: Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera Direttore Responsabile Giorgio Albonetti Direttore Scientifico Margherita Carabillò Coordinamento Editoriale Chiara Scelsi Redazione Fabio Chiavieri redazione@progettareperlasanita.it Comitato scientifico Stefano Capolongo, Margherita Carabillò, Albert de Pineda, Eric de Roodenbeke, Gilles Dussault, Tiziana Ferrante, Giuseppe Manara, Maurizio Mauri, Paolo Pettinelli, Walter Ricciardi, Aymeric Zublena Comitato di redazione Architettura: Cristina Donati Nuove tendenze: Stefano Carera Impiantistica: Simone Cappelletti
marzo-aprile 2020
Information Technoloy: Fabrizio Massimo Ferrara Organizzazione e management: Federico Lega Servizi e facility management: Arturo Zenorini
Hanno collaborato a questo numero: A.Russo, A.Zenorini, S.Carera, C.L.D’Errico, G. Del Castillo, G.Forni, G.Polifrone, G.De Gennaro, N.Tiwana, L.Baldessin, S.Cappelletti, P.Marra, S.Marconcini, S.Monterisi, T.Petrosillo, T.Ferrante, T.Villani, T.Tacconi, V.Bettamio, V.Piazzolla Stampa & Produzione Paolo Ficicchia p.ficicchia@lswr.it Tel. 02 88184.222 Pubblicità Stefano Busconi (responsabile vendite) dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.404 Archivio immagini Shutterstock
Traffico Donatella Tardini d.tardini@lswr.it Tel. 02 88184.292 Stefania Bruno s.bruno@lswr.it Tel. 02 88184.261 Abbonamenti Tel. 02 88184.233 | Fax 02 56561173 e-mail: abbonamenti@quine.it Costo copia singola: euro 2,50 abbonamento annuale Italia euro 40,00 abbonamento annuale Europa euro 60,00 Stampa Aziende Grafiche Printing Srl, Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI) ©2020 Quine Business Publisher Progettare per la sanità www.progettareperlasanita.it Reg. Trib. Milano n. 767 del 09/11/1998 Iscrizione al ROC n. 12191 del 29.10.2005
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Testata Associata
Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST - Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica
Progettare per la Sanità
2 SOMMARIO
Sommario 12
NUOVO OSPEDALE DI CORDOVA: TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE A Cordova, un ex califfato nel sud della Spagna, un progetto di Enero Arquitectura prende come riferimento i motivi geometrici dei tradizionali mashrabiya arabi e li trasforma nella seconda pelle di un ospedale pubblico di Stefano Carera
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QUALE FUTURO PER I NOSTRI OSPEDALI Quali sono le azioni da intraprendere per adeguare i nostri ospedali alle nuove esigenze dei pazienti in un contesto sociale in cui sta facendo da padrona la digitalizzazione. E quali opportunità offre l’innovazione tecnologica per contrastare situazioni di emergenza come quella legata alla pandemia di Covid-19? di Margherita Carabillò
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FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO: OTTO ANNI DI GESTAZIONE E MOLTI PROBLEMI IRRISOLTI Nonostante il decreto del 2012, il FSE stenta a decollare. Cerchiamo di capire i motivi di Gianluca Polifrone
LA DIGITAL TRANSFORMATION DEVE PARTIRE DAL VERTICE La rivoluzione digitale apre sfide e opportunità per le aziende sanitarie e sociosanitarie, richiedendo nuove competenze e abilità ormai imprescindibili per la classe dirigente. Nasce così l’esigenza di gestire i percorsi formativi nella fase di transizione e porre le basi culturali in cui formare il management futuro di Gabriele Del Castillo, Giovanni Forni, Navpreet Tiwana
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RIPROGETTARE I PROCESSI GESTIONALI DEL REPARTO CON LA FORMAZIONE SUL CAMPO L’esperienza in ambito oftalmico per la gestione dei pazienti affetti da Degenerazione Maculare senile nel progetto NextVision di Ludovico Baldessin, Simona Monterisi
Progettare per la Sanità
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3 SOMMARIO
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IL PROGETTO “ATTIVA-MENTE” Realizzato nell’Area di Attività a Ciclo Diurno dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, il progetto “Attiva-Mente” è un Laboratorio di ricerca di Terapeutica Artistica atto a sottolineare la valenza sociale e rieducativa dell’arte come terapia di Tiziana Tacconi, Valentina Bettamio
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Al Sud le criticità diventano opportunità: dalla start up del Distretto Socio-Sanitario di San Marco in Lamis alla realtà consolidata del progetto Diomedee di Vito Piazzolla, Paolo Marra, Girolama De Gennaro, Carla Lara D’Errico, Stefano Marconcini, Anna Russo, Tommaso Petrosillo
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SOLUZIONI IMPIANTISTICHE PER IL BUNKER DI RADIOTERAPIA
PERCHÉ È IMPORTANTE INFORMATIZZARE LE UNITÀ FARMACI ANTIBLASTICI (UFA) Mettere in Rete le UFA dei centri oncologici e ottimizzare i processi. Le priorità secondo Stefano Collatina, Country Lead Italy di Baxter S.p.A. di Arturo Zenorini
Gli elementi che caratterizzano maggiormente il bunker di radioterapia sono in estrema sintesi riconducibili alla necessaria continuità della radioprotezione offerta dagli elementi civili e al conseguimento di alti livelli di affidabilità dell’attività diagnostica. Vediamo in rassegna una serie di elementi fondamentali dell’assetto impiantistico di tali spazi alla luce di quella che nel tempo è andata in un certo senso concretizzandosi come prassi di Simone Cappelletti
54 RUBRICHE
GESTIONE DELLE CRONICITÀ: UN NUOVO MODELLO NELLA ASL FOGGIA
LA SICUREZZA INCENDI IN AMBITO OSPEDALIERO Tra gli interventi più urgenti richiesti agli edifici ospedalieri esistenti quelli relativi alla sicurezza antincendio risultano essere prioritari. Un tema importante, quindi, è la valutazione dei materiali di finitura per i connettivi degli ospedali nella progettazione antincendio di Tiziana Ferrante, Teresa Villani
I PROGETTI IN GRANDE FORMATO DELLE ARCHITETTURE DI QUESTO NUMERO
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News 4 News aziende 59 Normativa commentata 68
Le aziende presenti in questo numero Cadolto IV cop. www.cadolto.com
marzo - aprile 2020
Exposanità pag. 47 www.exposanita.it
Harpaceas II cop. www.harpaceas.it
Paradigma pag. 35 www.paradigmaitalia.it
Valsir www.valsir.it
III cop.
Progettare per la Sanità
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NEWS
A ROMA IL 26° CONGRESSO INTERNAZIONALE IFHE Nei giorni 23-28 maggio 2020, fatto salvo il proseguimento delle restrizioni governative legate al Coronavirus, si svolgerà a Roma il 26° Congresso internazionale di IFHE - International Federation of Healthcare Engineering, organizzato da S.I.A.I.S., che avrà come tema principale “Global climate action and energy requirements”. Sarà l’occasione per confrontarsi a livello internazionale, tra tecnici di ingegneria ospedaliera e professionisti del settore, su questo importante tema che sta coinvolgendo l’intero pianeta. Tutti i partecipanti avranno modo di condividere interessanti spunti di riflessione con esperti internazionali del settore. L’obiettivo è quello di lanciare idee e progetti, da realizzare in modo
coordinato, per un maggiore coinvolgimento in questa battaglia cruciale. Le attività scientifiche del 26° Congresso internazionale IFHE prevedono una vasta gamma di tematiche e attività: parleremo di nuovi progetti per la costruzione di ospedali sostenibili, saranno presentate nuove tecnologie in ambito sanitario e ci saranno numerosi workshop tematici ed eventi collaterali. Il Congresso sarà anche l’occasione per visitare alcune strutture di grandi ospedali a Roma, Firenze e Napoli. Inoltre, durante il Congresso, verrà celebrato il 50° anniversario della fondazione dell’International Federation of Healthcare Engineering, nata proprio a Roma, nel 1970. Per informazioni: https://www.ifhe2020roma.info
LIBRI
TAMassociati. Taking Care. Architetture con Emergency Questa è storia di cantiere. È narrazione di visioni, di passione “civile”, di architettura tra realtà e utopia. Il volume racconta le architetture realizzate dallo studio TAMassociati per Emergency ed espone le ragioni, i contesti e i processi che hanno portato al loro compimento: dal confronto con le condizioni geografiche e sociopolitiche alle scelte progettuali; dalla difficoltà di avviare un cantiere utilizzando il più possibile le risorse locali, fino alla necessità di prendere decisioni dalle quali dipende un pezzo di futuro di terre provate da guerre e povertà. Il libro prende così la forma del diario di un viaggio che parte dall’Africa e tocca tre continenti, con narrazioni e testimonianze che rileggono, a posteriori, gli appunti delle tante trasferte che ogni incarico ha comportato. Alla narrazione strutturata per tappe segue, nella seconda parte del volume, un manuale umanistico che mette a sistema “tracce” e principi progettuali proponendo un nuovo ordine di lettura e tentando di definire le linee guida comuni a tutti gli ospedali presentati: un aspetto umano e ludico dell’architettura, che renda gli spazi più vicini a chi li abita; l’introduzione del colore negli interni, un dettaglio che scalda gli ambienti e li rende meno asettici; il verde
A cura di Francesca Serrazanetti Testi di Francesca Serrazanetti e TAMassociati Edizione in italiano e in inglese Collana: Architetti e architetture 192 pagine
come elemento indispensabile, capace di creare oasi di pace che difendano dall’arsura del deserto. La funzione educativa del cantiere e l’uso di materiali e tecniche disponibili in loco sono condizioni inscindibili dalla buona riuscita di ogni progetto, affinché esso sia in grado di indicare la strada per un futuro migliore, che non sia solo un’illusione di passaggio. L’architettura diviene quindi mezzo “comunicante” per costruire una “visione” del mondo, in cui la possibilità di esercitare i propri diritti costituisce la ragione prima del progetto, inteso come percorso collettivo in cui condividere le proprie competenze tecniche, la propria sensibilità estetica, le proprie capacità inventive, ma anche il proprio coinvolgimento emozionale. Nel volume, il racconto delle parole, la storia di un’architettura che si crea e si costruisce con
la gente, in un dialogo continuo tra obiettivi e risorse locali, s’intreccia a quella delle immagini: non fotografie asettiche e disabitate ma scatti che ricoprono diversi livelli narrativi. TAMassociati - Massimo Lepore, Raul Pantaleo e Simone Sfriso Fondato a Venezia nel 1996, TAMassociati coniuga impegno civile e professione, operando nell’architettura sostenibile, nell’urbanistica, nella progettazione del paesaggio, nella conduzione di processi partecipativi e didattici, nella grafica e nella comunicazione sociale. Emergency Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata nel 1994 per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. Francesca Serrazanetti PhD in architettura, insegna e svolge attività di ricerca al Politecnico di Milano, occupandosi di temi legati ad architettura e teatro. Collabora con case editrici, riviste e istituzioni culturali (La Triennale di Milano 2016, La Biennale di Venezia 2014, FAI-Fondo Ambiente Italiano 2009-2014). Dal 2010 per Moleskine dirige la collana editoriale “Inspiration and Process in Architecture”, curando diverse monografie. È fondatrice della rivista “Stratagemmi”.
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NEWS
MICHELE FERRARESE ELETTO CONSIGLIERE DI CONFINDUSTRIA DISPOSITIVI MEDICI Classe 1954, Michele Ferrarese, Europe Cluster Manager di Carestream, è stato nominato consigliere di Confindustria Dispositivi Medici, federazione che riunisce sette associazioni di categoria tra i principali settori della filiera dei dispositivi medici, rappresentando un comparto che conta circa 4.000 aziende che generano un mercato di oltre 16,5 miliardi di euro tra export e mercato interno. Tra gli obiettivi al centro del mandato c’è la focalizzazione sull’analisi di mercato degli specifici settori al fine di dare strumenti previsionali dei trend del comparto; l’integrazione e la cooperazione attraverso la creazione di sinergie di rete, puntando sul coinvolgimento degli associati e sull’apertura al territorio; e, infine, la collaborazione con gli operatori sanitari e le associazioni di pazienti.
INGEGNERIA CLINICA E INGEGNERIA PER LA SANITÀ
██ Michele Ferrarese Europe Cluster Manager di Carestream, neoconsigliere di Confindustria Dispositivi Medici
IL ROBOT CHIRURGICO DEBUTTA ALL’OSPEDALE DI PARMA Ridotte incisioni, minor dolore post-operatorio, ripresa più rapida delle attività quotidiane, eccellente visualizzazione e miglior accesso alle aree anatomiche difficili. Questi i principali vantaggi del robot chirurgico che ha debuttato con il primo intervento. Grazie al prezioso contributo di Fondazione Cariparma l’innovazione tecnologica di ultimissima generazione entra quindi in sala operatoria, amplificando le mani del chirurgo e aumentandone la precisione. La tecnica robotica rappresenta l’evoluzione naturale della chirurgia mininvasiva laparoscopica, tecnica da lungo tempo utilizzata presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, già considerata centro di riferimento e formazione nell’ambito chirurgico. I chirurghi che, dopo aver intrapreso e portato a termine un articolato piano di formazione, utilizzano anche la chirurgia robotica hanno ora uno strumento in più al servizio dei pazienti dell’Ospedale di Parma. “Con l’arrivo del Robot – precisa Massimo Fabi, direttore generale dell’azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma – si completa il percorso di innovazione tecnologia e organizzativa intrapreso in area chirurgica. Affidiamo nelle mani dei nostri professionisti uno strumento importante al servizio dei pazienti. Ringrazio Fondazione Cariparma per aver ancora una volta sostenuto un progetto importante dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria donando un milione di euro.” Il sistema robotico da Vinci consente al chirurgo, seduto a una console di manovrare a distanza quattro bracci robotici che migliorano i gesti umani garantendo una visione 3D e immersiva del campo operatorio, con la possibilità di raggiungere aree anatomiche difficili. “Questo - sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi - è un esempio concreto di cosa intendiamo quando parliamo di investimenti in sanità, che abbiamo posto da subito in cima alla nostra agenda: nuovo personale, strutture pensate per la funzionalità e il comfort dei pazienti e di chi ci lavora, tecnologie sempre più all’avanguardia, in grado di alzare ulteriormente la qualità e l’efficacia delle cure e dell’assistenza”.
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LIBRI
Il libro offre un aggiornato strumento agli operatori del settore volto innanzi tutto a fare chiarezza sull’uso delle definizioni di ingegnere biomedico, clinico e della sanità, anche a valle della Legge 3 gennaio 2018, così detta Lorenzin. L’ingegnere clinico infatti non è semplicemente un addetto al funzionamento e alla riparazione di apparecchiature medicali, ma una figura professionale che fa parte integrante dell’equipe che gestisce le strutture della sanità. Dopo una sintetica analisi del Servizio Sanitario nazionale, il libro tratta le tematiche del D.Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 e della Legge n. 55 del 14 giugno 2019 con approfondimenti sui temi della progettazione e della realizzazione delle strutture, offrendo in aggiunta alcune semplici formule per il dimensionamento di massima degli ospedali e la valutazione dei loro costi di costruzione e gestione. Le schede dedicate agli ospedali “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo e “Nuovo Galliera” di Genova aggiornano il cultore della materia su due modernissime strutture, una da poco realizzata ed una in fase di progettazione basata sulla intensità di cura ed utilizzo tecniche BIM. I capitoli successivi affrontano le tematiche del Global Service, delle strutture sanitarie mobili e il Bilancio delle aziende sanitarie senza tralasciare l’HTA e i necessari approfondimenti su EUnetHTA, Joint Actions, Work Package, Core Model, AdHopHTA, RIHTA ed un capitolo dedicato alla gestione dei rischi derivanti dal funzionamento delle strutture sanitarie. Il libro riporta in chiusura una serie di schede utili a mostrare le principali apparecchiature presenti in ospedale tramite foto, descrizione e costo. Autore: Stefano Scillieri Casa editrice: Dario Flaccovio Editore
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ATTUALITÀ
di Margherita Carabillò
Quale futuro per i nostri ospedali Quali sono le azioni da intraprendere per adeguare i nostri ospedali alle nuove esigenze dei pazienti in un contesto sociale in cui sta facendo da padrona la digitalizzazione. E quali opportunità offre l’innovazione tecnologica per contrastare situazioni di emergenza come quella legata alla pandemia di Covid-19? In Italia esiste un ingente patrimonio di strutture sanitarie datate, parte delle quali edificate prima del ‘900 o prima della Seconda guerra mondiale: il 60% dei nostri edifici per la salute ha più di 40 anni, la metà dei quali ha dimensioni tali che mal si adattano ai moderni standard. La nostra sfida più importante (e anche, probabilmente, la più difficile) è saper cogliere che è in atto un importante cambiamento, sapere interpretarlo e, soprattutto, riuscire a tradurlo in esempi concreti. Ma verso quale modello di ospedale stiamo andando? L’opinione comune è piuttosto concorde nell’individuare alcuni aspetti caratteristici: ██ pochi letti e degenze brevi; ██ “Patient oriented” (in base alle specificità dei pazienti); ██ elevata qualità “alberghiera”; ██ strettissima integrazione con la ricerca (come dicono gli anglosassoni, from bench to bedside); ██ alta tecnologia digitale; ██ massima accessibilità (nei diversi orari del giorno e della notte); ██ forte integrazione con la rete dei servizi sul territorio. Tuttavia, mentre nel secolo scorso pensavamo (forse con una certa presunzione) di conoscere con certezza la configurazione che l’ospedale del futuro avrebbe assunto, oggi la maggiore consa-
pevolezza risiede nel fatto che sicuramente sarà molto diverso da quello attuale a causa di fattori determinanti quali le tecnologie in rapida evoluzione, il cambiamento nello “stile di vita”, l’incremento delle cure ambulatoriali e a domicilio, la “migrazione” dei pazienti un tempo ospedalizzati verso altre strutture (per la cronicità, patient hotel, Maggie’s centres ecc.), la nascita dell’ospedale digitale. Allora, come ripensare l’ospedale alla luce della necessità di integrare le tecnologie digitali e creare connessione in quello che si sta configurando come un sistema sanitario “senza muri”? Alcuni aspetti stanno cambiando molto il nostro modo di rapportarci alle strutture sanitarie: ██ la rilevanza del benessere dei pazienti e dello staff: questo di traduce nell’enfasi sull’importanza dell’ambiente nel processo di guarigione; ██ l’esperienza digitale del paziente: attraverso le tecnologie che consentono al paziente di restare connesso con il mondo esterno e di condurre un’esperienza positiva all’interno dell’ospedale (pazienti pediatrici) ma anche di interagire con lo staff “a richiesta”; ██ i cambiamenti nelle modalità assistenziali: attraverso il monitoraggio clinico continuo del paziente con dispositivi portatili e uso di APP, l’utilizzo di BIG DATA, i trattamenti mirati e personalizzati;
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ATTUALITÀ
██ l’automazione
dei processi robotici a favore di una gestione più efficiente, di un servizio più attento al paziente e il risparmio di tempo per le attività “no core” da parte degli operatori.
Oggi il benessere del paziente si traduce anche in un maggior comfort interno, verso una degenza “customizzata” in cui è possibile personalizzare lo spazio (soprattutto nel caso di camere pediatriche), ascoltare musica, fare videochiamate, avere a disposizione sistemi per l’intrattenimento ecc. La progettazione di spazi intelligenti ed ergonomici con attraenti sale visitatori e vedute di ambienti naturali, rende la permanenza in ospedale più friendly: è ormai universalmente riconosciuto il ruolo terapeutico del “verde” con la creazione di healing garden e la progettazione secondo le “regole” del design biofilico (cioè ispirato dall’istintiva inclinazione umana a entrare in relazione con i sistemi, i processi e le forme della natura). Il benessere dello staff richiede luoghi di lavoro ergonomici, flessibili, condivisi (per agevolare lo scambio di informazioni e sapere) ma anche caratterizzati da differenti livelli di privacy (per svolgere le diverse attività di studio, relax, colloqui privati e non ecc.). L’Ospedale è sempre più “intelligente”: le informazioni vengono archiviate su cloud in modo sicuro; le cartelle cliniche sono informatizzate; la connessione internet è disponibile anche per gli ospiti. In alcuni ospedali del nord-Europa e degli Stati Uniti, quando i pazienti entrano in camera li attende un i-pad con il quale possono comunicare con il personale, apprendere circa la programmazione di visite ed esami, avere notizie sul proprio piano di cura, contattare la famiglia con video chiamate, chattare con parenti e amici, comandare sistemi di illuminazione, collegarsi a internet e ai social e – per i pazienti più piccoli – migliorare e approcciare il processo di cura attraverso il gioco. L’ospedale digitale sta producendo e produrrà radicali cambiamenti perché sta modificando profondamente l’esperienza del paziente, la sua modalità di gestione all’interno e fuori l’ospedale, ma anche la rapidità con cui possono essere prese le decisioni cliniche e operative. Inevitabilmente queste trasformazioni avranno una notevole influenza sul progetto: se prima, si portava la vita quotidiana dentro l’ospedale, con le grandi hall e hospital street su cui si affacciavano i negozi, la libreria, gli spazi espositivi ecc.; oggi, il paziente si connette con il mondo esterno direttamente dalla propria camera attraverso un semplice dispositivo mobile. Le rapide trasformazioni nel settore tecnologico e bio-medico, così come l’avvento della tecnologia 5G e delle smart technologies, stanno cambiando le modalità assistenziali e i tradizionali percorsi di cura grazie alla possibilità di realizzare cure “su misura”, l’utilizzo di wearable devices e di APP per la gestione
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ATTUALITÀ
del paziente a domicilio e il monitoraggio quotidiano dei sintomi, l’analisi dei cosiddetti Big Data. La percezione di queste trasformazioni è evidente al Docrates Cancer Centre di Helsinki, un ospedale sostanzialmente senza letti in quanto non prevede attività operatoria al suo interno. Il piano di trattamento del paziente viene definito dalla struttura programmando l’attività chirurgica in altri ospedali, in caso di bisogno. La dimissione dei pazienti è supportata e accelerata dall’utilizzo di devices portatili e sistemi in grado di fare monitoraggio e vigilanza a distanza (anche dei sintomi), di intervenire tempestivamente anche attraverso supporto analitico con Big Data (set di dati raccolti e archiviati). In questo modo il paziente si sente accudito anche una volta tornato a casa. Gli ambienti per la cura sono molto confortevoli e dal carattere “poco ospedaliero”; i luoghi per il soggiorno prevedono la permanenza in un patient hotel adiacente, la cui gestione è totalmente alberghiera. Questa modalità recepisce un indirizzo ormai diffuso in alcuni Paesi in cui si è presa consapevolezza che ogni anno vengono
ricoverati nelle unità di degenza, pazienti che non hanno necessità di essere ospedalizzati; un’indagine del Sistema sanitario inglese ha stimato tali pazienti in circa 30.000 unità e ha messo in evidenza che la gestione di 30 letti in un patient hotel determina un costo medio per l’ospedale pari al 20% in meno rispetto d una unità di degenza convenzionale. Sono facilmente comprensibili i benefici che una tale gestione comporta in termini di riduzione della “pressione” sull’ospedale, massimizzazione dell’uso efficiente dei letti e del turn-over dei pazienti, permanenza in un ambiente più distensivo per coloro che non necessitano di medicalizzazione, riduzione dei costi. Certo, la situazione di emergenza che stiamo vivendo con la pandemia di Covid-19 ci impone una riflessione sulla continua contrazione del numero dei posti letto ospedalieri che ha caratterizzato il decennio 2010-2017 nel nostro Paese. Il rapporto “State of Health in the EU – Italy”, frutto del lavoro congiunto dell’OCSE e dell’Osservatorio Europeo delle Politiche e dei Sistemi Sanitari in collaborazione con la Commissione Europea ha messo in evidenza che tale tendenza, sebbene in linea con quasi tutti i paesi dell’UE, ha portato ad una riduzione pari a circa il 30 %, attestandosi su 3,2 posti letto per 1.000 abitanti, ovvero su un valore nettamente inferiore alla media dell’UE. Per quanto attiene i posti letto in terapia intensiva, sempre secondo i dati Ocse, nel 2017 l’Italia poteva contare su 2,6 posti letto ICU totali ogni 1.000 abitanti, classificandosi al 19° posto su 23 paesi europei, appena sopra la Spagna (2,4 p.l. per 1000 abitanti) e ben lontana dalla Germania (6 p.l. per 1000 abitanti). Se è vero che non è probabilmente sostenibile modellare il nostro sistema sanitario in base alle esigenze che derivano da situazioni di emergenza, forse si potrebbero rivalutare forme di flessibilità già sperimentate, ad esempio, negli Stati Uniti e che poco successo hanno avuto in Europa e in Italia a causa degli eccessivi costi di realizzazione. Mi riferisco, per esempio al cosiddetto universal bed care delivery model che è stato adottato in alcuni ospedali americani, allo scopo di gestire il paziente nei diversi livelli di intensità assistenziale ed anche nella fase critica. Questo modello è nato con lo scopo di garantire maggiore sicurezza e minor stress per il paziente, limitandone i trasferimenti durante il percorso di cura e affidandone la gestione a un unico staff medico-infermieristico adeguatamente formato. In questo momento di crisi, la universal room avrebbe potuto costituire un interessante modello di rapida conversione dei posti letto da ordinari a intensivi. Certo, un esempio di questo tipo, mal si adatta ad un sistema sanitario che deve continuamente “fare i conti” con contrazione degli investimenti e degli aumenti di spesa, alla luce del fatto che i maggiori oneri riguardano non soltanto la fase di attuazione
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ATTUALITÀ
(maggiori spazi, maggiori requisiti in termini di finiture, attrezzature ed impiantistica) ma anche in termini organizzativi (personale in grado di gestire anche la fase critica del paziente). Lo “tsunami” generato dalla pandemia ha sicuramente fornito un’accelerazione e un impulso alle tecnologie digitali, anche in Italia. Per quanto ci riguarda, risale al 2016 il Patto per la Sanità Digitale, inteso a gestire e promuovere la diffusione della sanità elettronica (eHealth) in modo coordinato in tutto il paese. Sebbene le Linee Guida Nazionali per la Telemedicina siano state elaborate nel 2014, da allora si è fatto poco in termini di implementazione. La situazione di necessità che si è venuta a creare con la “gestione” della infezione di coronavirus ha fatto rapidamente prendere coscienza delle opportunità offerte grazie all’utilizzo di modalità “smaterializzate” quali, ad esempio, il teleconsulto e il rafforzamento dell’assistenza territoriale e dei servizi al cittadino “a distanza”. In questi giorni di grave emergenza sanitaria, la telemedicina può sicuramente svolgere un ruolo molto importante nell’assistenza dei pazienti potenzialmente infetti direttamente al domicilio. Certo, un simile approccio, non costituisce una novità per i Paesi tecnologicamente più avanzati: ██ HealthVillage.fi è una rete di 24 comuni finlandesi che utilizzano soluzioni cloud Microsoft per creare un ospedale virtuale in grado di fornire servizi sanitari digitali al fine di migliorare l’accesso dei pazienti, ridurre i costi, aumentare l’efficienza del sistema (in quanto gli operatori sanitari possono trattare più pazienti in meno tempo). La tecnologia digitale fornisce così servizi sanitari remoti in combinazione con cure mediche più tradizionali, in una forma di approccio ibrido; ██ Airedale NHS Foundation Trust collega una serie di residenze per anziani via Telemedicina alla struttura ospedaliera 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 attraverso un contatto video tra medici e pazienti. Il risultato ottenuto da una simile gestione è stata la riduzione del 35% degli accessi ospedalieri e del 53% al DEA, oltre ad una riduzione delle giornate di degenza pari al 59%; ██ Telemedicina a Bassa Intensità nel SUSSEX è una sperimentazione durata otto mesi di “telemedicina a bassa intensità” condotta nel periodo 2013-14 che ha coinvolto 92 residenti in case di cura e assistenza a cui sono stati forniti tablet Android dotati di un’app personalizzata, che ha consentito al personale di porre domande ai pazienti su come si sentivano. Attraverso l’analisi in remoto e l’attivazione di specifici alert (252 avvisi per insufficienza cardiaca, 181 per problemi respiratori, 36 per infezioni del tratto urinario e 20 per il diabete) si è ottenuto un calo del 75% dei ricoveri ospedalieri dovuto alla rapidità di intervento del personale. Un interessante articolo pubblicato nel 2018 da Simon Wilson (Cto, Uk&I At Hpe Aruba) ha stigmatizzato i cambiamenti nell’in-
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dustria sanitaria al 2030. “…Nel prossimo decennio probabilmente passeremo a controlli medici più automatizzati al fine di soddisfare la maggiore domanda di medici a causa della carenza di personale e dei budget ridotti... il futuro sarà molto più snello...i tuoi organi vitali saranno monitorati utilizzando la tecnologia di imaging in grado di valutare la frequenza cardiaca, la temperatura e la frequenza respiratoria; i sensori eseguiranno un test della pressione sanguigna e dell’elettrocardiogramma (ECG) entro 10 secondi, e in seguito sarà possibile eseguire il triage automatico o persino la diagnosi. Con questa diagnosi più rapida,
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non ci sarà attesa per i risultati o un appuntamento di follow-up per condividerli con il medico. ... Gli operatori sanitari avranno più tempo per concentrarsi sui pazienti ... avranno migliori repository di dati digitali e quindi informazioni molto più ricche per il processo decisionale. Meglio ancora, saranno in grado di accedere a tutti i record digitali dei pazienti sui loro dispositivi mobili. I pazienti stessi non dovranno nemmeno entrare in ospedale per la diagnosi. Con strumenti basati su app indossabili saremo in grado di monitorare la salute..”. Anche l’utilizzo della tecnologia in ambito logistico, in particolare per quanto attiene il controllo dei costi, è diventato imprescindibile. Gli ospedali movimentano continuamente grandi volumi di materiale tra laboratori, farmacia, cucina, lavanderia, amministrazione ecc. La funzione logistica (“no core” per l’ospedale) determina notevoli implicazioni in termini di costi, qualità e sicurezza. Una stima condotta dalla società di consulenza Deloitte mette in evi-
denza che gli infermieri, in genere, trascorrono meno di due ore di un turno di 12 ore nella cura diretta del paziente. Già alcune realtà estere molto avanzate hanno compreso che l’uso della robotica costituisce uno strumento estremamente valido per l’automatizzazione dei servizi ospedalieri ausiliari e di back-office oltre che l’efficientamento dei processi, il miglioramento dell’affidabilità, la riduzione dei tempi e dei costi. Ma l’attualità degli eventi ci spinge ad ulteriori considerazioni circa l’impiego e la versatilità di tali automazioni. È notizia recentissima l’utilizzo di “robot-medici” in corsia presso l’Ospedale di Circolo di Varese al fine di aiutare il personale medico nella gestione dei malati infetti da Coronavirus: i robot entrano nelle camere e grazie alla telecamera di cui sono dotati, permettono il monitoraggio a distanza dei parametri da parte di medici e infermieri, oltre a fare un minimo esame obiettivo. Un sistema videocitofonico consente al personale di interagire con il malato, risparmiando tempo, limitando il consumo di dispositivi di protezione e, soprattutto, il rischio
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di infezione per gli operatori sanitari. Come ha spiegato il professor Francesco Dentali, direttore del reparto di Medicina ad Alta Intensità “I robot non eliminano il contatto umano con il paziente, ma riducono gli accessi. Anzi, facendoci risparmiare il tempo di vestizione e svestizione, che ha un impatto notevole sulla nostra attività, a migliorare sarà anche la qualità del tempo che dedicheremo ai nostri pazienti”
PROGETTARE GLI OSPEDALI GUARDANDO AL FUTURO L’ospedale digitale ha cambiato le “domande” di chi si accinge a pensare all’ospedale del futuro. Se la domanda del passato era: “di quanti letti abbiamo bisogno?”, le domande del futuro sono: “Come migliorare la qualità dell’assistenza? Come creare processi più efficienti? Come migliorare l’esperienza del paziente e dello staff?” Allo stesso modo, cambiano anche le risposte: non più ospedali con tanti posti letto ma ospedali pensati in funzione dell’attività e dei processi di cura, con maggiori spazi per i servizi clinici (diagnostica, terapie, sale operatorie, imaging, laboratori, ambulatori ecc.) e la ricerca (health hub, acceleratori di ricerca); ospedali sempre più connessi con la rete e con il cittadino. Esagerando un po’ si può immaginare un futuro in cui “…sarà l’ospedale, in parte, ad andare dal paziente”: in alcuni Paesi esistono già forme ibride in cui ospedale reale e ospedale “virtuale” collaborano nel percorso clinico del paziente.
CONCLUSIONI Nel nostro Paese abbiamo un tempo medio che va dai 12 ai 20 anni dalla data di aggiudicazione di una gara per la realizzazione di un ospedale pubblico e alla sua messa in funzione e questo dipende da svariati motivi: tempi della gara e ricorsi, tempi di validazione e approvazione Enti, scelta dell’area spesso “infelice”, programmazione non efficace a monte della gara. Il risultato è che tanti “nuovi” ospedali, appena inaugurati, sono già “vecchi”! Del resto, le numerose iniziative messe in atto per fronteggiare in tempi record l’emergenza sanitaria creata dalla pandemia, seppure nella specificità dei casi, ci sta dimostrando che l’accelerazione dei tempi è realmente possibile e non costituisce una pura fantasia. In alcune realtà più avanzate siamo in presenza di una profonda ma soprattutto rapida trasformazione nell’approccio alla malattia e nel rapporto col malato. E in Italia, a che punto siamo? La sensazione (ma forse, la certezza) è che predominino ancora la cultura della ristrutturazione, la resistenza - anche psicologica -
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Fonte: https://valori.it/scarse-competenze-e-capitale-umano-non-fannocrescere/ (elaborazione su dati Eurostat)
alle dinamiche di cambiamento, la disponibilità limitata di risorse economiche e talvolta la cattiva allocazione di quelle disponibili, una non elevata propensione alla trasformazione digitale (conoscenza, connettività, infrastrutture e dimensione del mercato). I dati OCSE mettono in evidenza che l’Italia è all’ultimo posto tra i paesi del G7 per investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, con un irrilevante 1,3% del PIL orientato al futuro; la Francia spende il 2,2%, la Germania il 3%; la Finlandia destina all’innovazione finanziamenti prossimi al 3,5% del suo prodotto interno lordo. Questo gap non significa che si debbano ignorare le trasformazioni in atto perché in altri paesi sono già ampiamente iniziate. Il politico americano William Drayton sosteneva “Il cambiamento comincia quando qualcuno vede il passo successivo” L’auspicio è che l’approccio inedito che ha interessato anche il nostro Paese in quest’ultimo frenetico mese di lotta alla pandemia, non sia riservato solo alla fase emergenziale ma costituisca un punto di partenza per ulteriori sviluppi innovativi nella presa in carico del paziente durante il suo percorso di cura.
L’autrice
MARGHERITA CARABILLÒ Architetto, specializzata nella progettazione del settore sanitario e delle strutture Socio-assistenziali
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di Stefano Carera
Nuovo ospedale di Cordova tra tradizione e innovazione A Cordova, un ex califfato nel sud della Spagna, un progetto di Enero Arquitectura prende come riferimento i motivi geometrici dei tradizionali mashrabiya arabi e li trasforma nella seconda pelle di un ospedale pubblico
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DATI GENERALI Titolo HOSPITAL QUIRÓNSALUD CÓRDOBA Progettisti in RTP Enero Arquitectura Importo lavori 23.650.000 € Luogo di esecuzione Avenida del Aeropuerto,17 Còrdoba, Spain Committente privato Ariza Directorship, S.L. Periodo di esecuzione del servizio Inizio lavori: novembre 2016 Fine lavori: ottobre 2018 Prestazioni del servizio 115 posti letto Superficie sanitaria 18.650 mq
██ Vista notturna dell'ingresso principale
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Durante i secoli di dominazione islamica, la penisola iberica vide un grande sviluppo artistico in tutto il dominio omayyade del Califfato di Cordova, con la loro sede nell’omonima città. Oggi, la città andalusa conserva alcuni esempi eccezionali di architettura moresca, che anche in tempi di attrito con la comunità musulmana in Spagna e in Europa occidentale, fungono da ispirazione per l’architettura contemporanea.
IL CONTESTO Il nuovo ospedale di Cordova è stato sviluppato a partire dalla fine del 2014 dal principale fornitore di servizi sanitari spagnolo, Quironsalud, che ha scelto lo studio Enero Arquitectura per realizzarlo. Con oltre 12 anni di esperienza nella progettazione e costruzione di strutture sanitarie, Enero ha completato l’attività secondo i più alti standard di qualità, rispondendo alla domanda di un programma funzionale complesso elaborato da Quironsalud. Enero è uno studio composto da oltre 40 professionisti che si concentrano sui settori della sanità, dell’hotellerie e del patrimonio cul-
turale. Nel febbraio 2019, il nuovo ospedale della città andalusa ha iniziato gradualmente ad aprire alcune aree sanitarie e al termine dello stesso anno tutti i servizi medici sono stati attivati fornendo la totalità delle cure ai pazienti. La proposta sviluppata da Enero ricerca la qualità degli spazi interni in tutte le aree previste dal programma funzionale, favorendo l’ingresso della luce naturale, un design accogliente per i pazienti e per tutti gli altri utenti e un utilizzo intelligente dell’energia necessaria ad alimentare l’ospedale. Gli spazi aperti dell’impianto sono stati organizzati in maniera coerente con quelli interni, favorendo le connessioni urbane e prestando particolare attenzione al paesaggio e alle aree ombreggiate pedonali disposte in continuità visiva e funzionale con gli spazi interni. Tutti questi fattori, oltre alla dimensione umana, sono stati fortemente considerati durante la progettazione, generando uno spazio architettonico moderno e attraente che ha permesso anche di valorizzare le rovine archeologiche ritrovate in prossimità dell’area, e la struttura storica vincolata collocata nella zona sud-orientale adiacente alla necropoli sotterranea.
██ I due volumi dell'ospedale. A sinistra il poliambulatorio e a destra gli spazi sanitari. Nell'intersezione dei due volumi l'ingresso all'atrio principale
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██ Il modulo geometrico della facciata declinato anche sulla superficie orizzontale della copertura di ingresso
ORGANIZZAZIONE SPAZIALE Il progetto ha optato per organizzare le funzioni sanitarie in 2 volumi distinti intersecanti. Da un lato il blocco tecnico ospedaliero più grande e più alto, mentre accanto si trova l’edificio più piccolo destinato all’attività ambulatoriale. I due volumi sono disposti in modo divergente: il primo segue le regole geometriche dello sviluppo urbano, allineandosi con il confine orientale della proprietà. Il secondo è ruotato rispetto al primo, parallelo con il bordo opposto, oltre il quale si trovano i resti archeologici dell’antico nucleo islamico e la porzione della necropoli. La superficie complessiva dei due blocchi è di 23.500 metri quadrati, ovvero 18.650 metri quadrati al netto delle aree a parcheggio e delle superfici destinate a elementi tecnici e impianti. Questa disposizione volumetrica organizza nei punti di contatto tra gli edifici i due ingressi principali: nella parte anteriore quello per il pubblico pedonale esposto a sud e sul fronte opposto, da nord, l’ingresso dell’emergenza raggiungibile attraverso percorsi e flussi di traffico dedicati. L’involucro esterno si espande anche nelle zone di contatto tra i due edifici, fungendo da pergola che protegge entrambi gli ingressi sottostanti. Vi è un accesso pubblico aggiuntivo a servizio dell’area parcheggio posta al livello sotterraneo, mentre la logistica ha percorsi in entrata e in uscita dedicati, collocati su Airport Avenue. I due volumi sono stati sviluppati planimetricamente seguendo la medesima logica, ovvero attraverso la presenza di una grande corte centrale, simile a un chiostro, su cui si affacciano le varie funzioni primarie. La struttura ambulatoriale a un piano fuori ter-
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██ Dettaglio della seconda pelle della facciata metallica
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Planimetria piano seminterrato | (pag. 62)
Planimetria piano terra | (pag. 63)
Planimetria primo piano fuori terra | (pag. 64)
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Planimetria piano secondo fuori terra | (pag. 65)
Planimetria piano terzo fuori terra | (pag. 66
Planimetria piano quarto fuori terra | (pag. 67)
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██ Interno di una sala operatoria
ra gestisce in maniera autonoma tutte le attività di accoglienza, consultazioni e amministrative legate ai pazienti, mentre nell’edificio principale, sono presenti due livelli dedicati ai dipartimenti di degenza, collocati di sopra alle aree di emergenza, diagnostica e terapia intensiva. Entrambe le unità incorporano strutture di servizio, tra cui reception e accettazione, servizi igienici e aree di stoccaggio, nonché le connessioni verticali in modo che ognuno sia completamente indipendente dall’altro. Al piano seminterrato sotto l’edificio principale sono collocati tutti i servizi ausiliari e di supporto, mentre il garage si trova sotto l’edificio ambulatoriale. Complessivamente l’ospedale presenta sette piani fuori terra, 115 posti letto, 7 sale operatorie, 1 unità di radiologia vascolare, 2 unità di endoscopia, sale TC, risonanza, 1 area di fecondazione artificiale, 3 sale parto e 8 sale per diagnostica per immagini.
L’INVOLUCRO Il design architettonico dell’intervento ha perseguito l’obiettivo di massimizzare i benefici della luce naturale all’interno degli ambienti. L’ospedale è distribuito intorno ad una serie di interni cortili che, combinati con le superfici vetrate della facciata e i numerosi lucernari, riescono a illuminare praticamente tutti gli spazi distributivi e le aree di attesa. Il complesso ospedaliero è stato sviluppato con un linguaggio architettonico unitario su tutti i fronti, compresa la copertura, costituita da un doppio strato, che gli consente di sfruttare al meglio le condizioni climatiche locali filtrando il forte sole di Cordoba attraverso la pelle esterna reticolare. La luce artificiale viene controllata automaticamente in base alle condizioni di luce esterna. Lo strato più interno della pelle è realizzato con cellule costituite da porzioni opache e trasparenti prefabbricate. Il rivestimento ha un valore complessivo di trasmittanza U basso, pari a
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1,1 W/mqK che contribuirà a fornire un controllo eccezionale sulla temperatura all’interno dell’edificio, mantenendo gli utenti a proprio agio durante tutti i periodi dell’anno. Il pannello sandwich fissato ai bordi della cellula costituisce il principale involucro termico. Lo strato esterno è invece un reticolo metallico, con un design che ricorda un disegno islamico ispirato ai mashrabiya arabi - motivi geometrici astratti che riflettono e modulano la luce solare verso l’interno. Il reticolo è color bronzo e oro, le cui tonalità cambiano a seconda dell’inclinazione del sole. Il vetro per la facciata (Guardian SunGuard® High Performance (HP) Amber 41/29) è stato scelto con cura per la sua combinazione di qualità estetica e prestazionale e per abbinarsi ai colori e alle sfumature del reticolo. È stato quindi selezionato un vetro ad elevato controllo solare combinato con un ottimo isolamento termico, rivestito da una pellicola con aspetto bronzo chiaro. Se è vero che il clima è stato il vincolo principale che ha indirizzato tutte le scelte costruttive dell’elemento, l’intervento non si concen-
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tra solamente nel dare risposte tecnologiche, ma guarda piuttosto ad integrarsi positivamente nel tessuto urbano e sociale, incoraggiando anche lo sviluppo generale del quartiere. L’involucro esterno dialoga direttamente con la città e con la sua storia ottimizzando l’inserimento dell’ospedale all’interno del paesaggio andaluso. Il contesto culturale e storico ha infatti un grande peso in una realtà come Cordoba, che è stata nominata Patrimonio dell’Umanità quattro volte. Il modello triangolare della facciata rappresenta l’evoluzione tecnologica dell’architettura mudéjar, e il suo design raggiunge un aspetto uniforme nonostante la presenza dei suoi spazi vuoti, fornendo quindi all’ ospedale unitarietà di linguaggio e grande versatilità e adattabilità alle esigenze interne.
L’autore
STEFANO CARERA Architetto, Project Manager presso Tecnicaer Engineering
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ORGANIZZAZIONE
di Gabriele Del Castillo, Giovanni Forni, Navpreet Tiwana
La digital transformation deve partire dal vertice La rivoluzione digitale apre sfide e opportunità per le aziende sanitarie e sociosanitarie, richiedendo nuove competenze e abilità ormai imprescindibili per la classe dirigente. Nasce così l’esigenza di gestire i percorsi formativi nella fase di transizione e porre le basi culturali in cui formare il management futuro La digital transformation si configura come la rimodulazione digitale dei processi produttivi, organizzativi e culturali in risposta alle esigenze di aziende e utenti, resi possibili dalle nuove tecnologie disponibili nell’era digitale. Mentre diversi settori produttivi hanno saputo da tempo sfruttare le possibilità della digital transformation come strumento di innovazione strategica globale, le organizzazioni sanitarie non sembrano ancora cogliere le reali potenzialità di questa rivoluzione. Proprio a causa della mancanza di visione prospettica e strategica dell’utilizzo delle nuove tecnologie, in ambito sanitario i tentativi di adeguamento digitale si sono spesso limitati ad una trasposizione da cartaceo a paperless dei tradizionali processi di acquisizione delle informazioni, prenotazione di esami e refertazione. Gli sforzi profusi finora appaiono in larga parte dettati da necessità di adattamento contingente a pressioni competitive esterne e direttive istituzionali, determinando forme di digitalizzazione parziali e inefficienti. Si avverte il bisogno di un cambio di paradigma in cui la digital transformation diventi una scelta consapevole in chiave strategica per un miglioramento del servizio offerto all’utente e dei processi produttivi che lo sostengono. Un adeguato sfruttamento degli strumenti digitali troverebbe nell’ambito sanitario terreno fertile per lo sviluppo di strategie volte da un lato all’efficientamento di processi quali la pianificazione aziendale e l’operation management e dall’altro all’implementazione dell’offerta assistenziale, partendo dalla riduzione dei tempi di
attesa e dal miglioramento della patient experience fino alle nuove frontiere di e-health e telemedicina. Questi processi di innovazione non possono basarsi sulla semplice raccolta di informazioni, ma necessitano di una corretta data governance capace di una rilettura integrata dei dati al fine di generare valore, come dimostrano gli ingenti investimenti da parte di aziende private nei meccanismi di raccolta e analisi dei big data. Al fine di perseguire tale obiettivo è necessario garantire sicurezza, integrità e disponibilità del dato, auspicando, soprattutto per l’ultimo elemento, sforzi ulteriori da parte dei policy maker che possano garantire una efficace condivisione interaziendale e interregionale dei dati sanitari, problema annoso e mai completamente risolto. Si consideri a titolo esemplificativo il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento pensato per raccogliere la storia clinica e la documentazione sanitaria in formato digitale del cittadino regolamentato dal DPCM n.178 del 29 settembre 2015. Se da un lato emergono notizie incoraggianti, considerando che 18 regioni Italiane su 20 hanno completato la sua attivazione, dall’altro lato l’effettiva implementazione e utilizzo da parte di cittadini, medici e aziende appare ancora eterogenea con percentuali di assistiti che hanno effettivamente attivato il FSE che oscillano tra il 97 % del Trentino e l’1% della Basilicata, con differenze nei contenuti, modalità di accesso e linguaggi di programmazione che impediscono una significativa interoperabilità a livello nazionale, sebbene siano trascorsi più di quattro anni dalla sua introduzione1.
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È ormai assodata la convinzione per cui la possibilità di accedere e interpretare l’ingente mole di dati resi disponibili dai processi di digitalizzazione rappresenti la vera ricchezza della digital transformation, permettendo l’elaborazione di modelli di decision making che siano effettivamente data-driven. In questo contesto, la consapevolezza e le competenze digitali sono skills essenziali tanto per gli operatori sanitari quanto per chi gli operatori sanitari li dirige. Si consideri a proposito lo studio Cost of a Data Breach report 2019 condotto da IBM Security e Ponemon Institute in cui si evidenzia come il 24% dei casi di perdita di dati digitali sia imputabile ad errori umani, con un costo medio per singolo data breach di 4,52 milioni di dollari in Italia, ponendo il nostro paese all’ottavo posto a livello globale per costi sostenuti per recupero di dati persi2. Dallo studio emerge inoltre che le aziende impiegano mediamente 283 giorni per identificare e contenere la causa del data breach e che i costi conseguenti alla perdita di dati di natura sanitaria sono sensibilmente più elevati rispetto a quelli di altri settori. Il ritardo nell’adozione della digital transformation in ambito sanitario è da ascrivere almeno in parte ad una carenza di digital skills del management stesso. Questa considerazione deriva da una più ampia lettura suggerita dai risultati del DESI 2019 (Digital Economy Society Index) pubblicati dalla Commissione Europea che dipingono un quadro culturale che vede l’Italia quintultima in Europa per competenze digitali3.
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È quindi necessaria un’assunzione di responsabilità da parte delle figure direttive al fine di traghettare il sistema sanitario al di fuori di questo contesto di stagnazione digitale. Diventa quindi categorico e imperativo per tutti i manager sanitari l’acquisizione di competenze digitali per il raggiungimento di una e-leadership efficace e incisiva.
LE COMPETENZE DELL’E-LEADER La digital transformation si innesta su assetti ed abitudini che hanno caratterizzato la vita dei manager fino ad oggi. La cultura della transizione necessita che questa integrazione tenga conto dei modelli di business e dei processi decisionali fin qui sviluppati. La ricerca di competenze digitali deve quindi essere portata avanti alla luce della necessità di rafforzare e innovare questi modelli. Una ricerca dell’Osservatorio di Managerial Learning sviluppata da ASFOR e CFMT evidenzia come la digital transformation nella percezione dei manager intervistati occupi un ruolo significativo ma non ancora prioritario4. D’altronde, lo scenario cambia se si considerano le priorità strategiche per il prossimo triennio, per cui i manager esprimono la volontà di porre una maggior attenzione nei confronti della sfera digitale. Quindi, condizione necessaria e imprescindibile è lo sviluppo di conoscenze e abilità digitali non più confinate al ruolo di strumento tecnico, ma elevate a base trasversale di tutte le articolazioni del
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ORGANIZZAZIONE
Tab. 1 - Cruscotto di competenze appannaggio dell’e-Leader6. SOFT SKILLS Intelligenza emotiva “Carisma” e capacità di stimolare negli altri il bisogno di cambiamento e innovazione Problem Solving Individuare soluzioni rapide efficaci a problematiche e colli di bottigili amministrativi. Flessibilità Capacità di applicare le diverse best practice a contesti territoriali, sociali e lavorativi differenti Vision Visione prospettica di lungo termine capace di orientare percorsi di innovazione a efficientamento. HARD SKILLS Conoscenza degli elementi di IT user-oriented Strumenti web di comunicazione, ricerca, gestione dati e informazioni). Basi di Digital Transaction Strumenti di compravendita di online, strumenti di pagamento online, strumenti di online finance). Nozioni di online collaboration Strumenti collaborativi online, team management, supporto remoto). Concetti sull’interoperabilità dei dati Sapere da dove vengono i dati, a cosa possono servire e come renderli aperti e interoperabili). Conoscenza della normativa italiana ed europea in materia di diritto dell’informazione.
core business dell’impresa. Al fine di sviluppare al meglio la rivoluzione digitale il manager non può fare solo affidamento a figure esperte di soluzioni ICT, ma deve essere lui stesso un early adopter dei sistemi digitali agendo da guida al cambiamento delle logiche aziendali. L’E-leadership si delinea, quindi, come la comprensione non superficiale delle logiche di transizione digitale, ossia l’insieme di capacità e competenze dei manager che permette di interpretare la realtà alla luce delle nuove tecnologie e delle possibilità che queste offrono, consentendo loro di governare il cambiamento destreggiandosi negli ambienti digitali. L’Osservatorio delle Competenze Digitali sviluppato da AICA, ANITECH-ASSIMFORM, ASSIMTEL e ASSIMTER nel 2018 ha individuato le 4 dimensioni su cui si innestano le competenze dell’e-leader5:
██ proficiency
del digitale – conoscenza del mondo digitale, dei suoi strumenti e dei potenziali sviluppi; ██ pensiero critico digitale – capacità di investire in soluzioni digitali adeguate alle specificità dell’azienda; ██ equilibrio tra innovazione e tradizione; ██ capacità trasformativa – rilettura in chiave digitale delle dinamiche aziendali. Le 4 dimensioni individuate dall’Osservatorio sono congruenti con le linee guida sulle competenze digitali promosse nel 2018 dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), organo preposto alla realizzazione dell’Agenda Digitale Italiana. Il documento identifica 5 aree di competenza essenziali dell’E-leadership6: ██ cultura e conoscenza del mondo digitale;
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ORGANIZZAZIONE
██ capacità
individuali di relazione e di comunicazione - “soft
skills”; ██ organizzazione
e gestione del cambiamento – leadership organizzativa; ██ abilità gestionali nel contesto della pubblica amministrazione; ██ conoscenza dei processi digitali nella pubblica amministrazione. AgID nello specifico delinea il cruscotto di competenze su cui plasmare l’e-leader, distinguendo “soft” e “hard” skills (tab. 1). Per guidarne lo sviluppo è necessario anzitutto accompagnare parte dei manager attuali verso l’alfabetizzazione digitale. AgID individua, infatti, una serie di strumenti e percorsi formativi da calibrare sulla base del livello di competenza digitale già presente all’interno delle aziende (tab. 2), per approfondimenti si rimanda al documento integrale). In questa fase di transizione si individua la necessità di sviluppare un sistema di reti intra e interaziendale per la condivisione di know-how e best practices. Appare chiaro che un’eccessiva semplificazione potrebbe portare ad identificare la figura dell’E-leader con quella di un esperto tecnico in strumenti digitali. Questo tipo di impostazione mancherebbe però della visione strategica necessaria all’implementazione e allo sfruttamento della transizione digitale, propria delle figure direttive tradizionali che negli anni hanno individuato best practices funzionali a generare valore per le aziende. Si tratta quindi non tanto di una sostituzione della figura professionale del manager, quanto di una modifica della forma mentis e del background culturale che garantiscano plasticità di intervento adattabile a qualunque contesto e prospettiva di cambiamento.
SCENARI FUTURI Lo scenario descritto finora si contestualizza all’interno di una risposta adattativa del sistema tradizionale che necessariamente deve far fronte ai cambiamenti imposti dall’innovazione digitale. Pertanto, in un momento di grande discrepanza fra tecnologie a disposizione e capacità di sfruttarle, urge intervenire per abbattere il digital divide riducendo il rischio di possibili resistenze da parte dell’attuale classe dirigente tramite l’adozione di una strategia graduale. Alla risposta in fase emergenziale va però affiancata una strategia ben strutturata di formazione per la futura classe dirigente sanitaria. La ridefinizione degli schemi formativi in chiave manageriale delle scuole di specializzazione, in atto in alcune università, potrebbe essere l’occasione per integrare lo sviluppo di una nuova cultura di E-leadership. Si verrebbero quindi a creare i presupposti per la costituzione di una classe dirigente in grado finalmente di cavalcare l’onda del cambiamento e non venirne travolta.
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Tab. 2 - Progettazione di attività di formazione interna e percorsi formativi personalizzati.6 STRUMENTI
OBIETTIVI
Corsi di formazione almeno semestrali
Adeguamento e sviluppo di nuove competenze.
Smart Working
Velocizzazione e autonomizzazione dello sviluppo di competenze digitali.
Apprendimento autonomo (MOOC, webinar on demand), Apprendimento assistito (comunità di pratica, world café, barcamp), Apprendimento in presenza di consulenti (mentoring, coaching, classi invertite),
Condivisione e sviluppo delle competenze a livello intra ed interaziendale.
Apprendimento on the job.
Questionari online
Verifica dell’apprendimento e adeguamento agli standard internazionali.
Bibliografia 1 Fonte dei dati: www.fascicolosanitario.gov.it 2 Ponemon Institute, Cost of a Data Breach Report, 2019 3 European Commision, Digital Economy and Society Index Report, 2019 4 ASFOR-CFMT, Osservatorio Managerial Learning, 2018-2019 5 Aica, Anitec-Assinform, Assintel, Assinter, Osservatorio per le competenze digitali, 2018 6 AgID – Agenzia per l’Italia digitale, Competenze digitali, 2018
Gli autori
GABRIELE DEL CASTILLO Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli studi di Milano GIOVANNI FORNI Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli studi di Milano NAVPREET TIWANA Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli studi di Milano
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di Gianluca Polifrone
Fascicolo Sanitario Elettronico: otto anni di gestazione e molti problemi irrisolti Nonostante il decreto del 2012, il FSE stenta a decollare. Cerchiamo di capire i motivi È proprio il caso di dirlo: “correva l’anno 2012 e in Italia si istituiva con apposito decreto il Fascicolo sanitario elettronico quale strumento di sanità digitale finalizzato a gestire e supportare i processi operativi con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e contenere significativamente i costi della sanità pubblica”. Dopo otto anni di gestazione, recentemente Agid ha annunciato che tutte le Regioni hanno aderito al progetto del Portale Nazionale per l’accesso al FSE. Però, come spesso capita in Italia, fatto salvo i ripetuti proclami della politica sul digitale, se si osservano i dati reali si capisce che i problemi irrisolti ancora permangono e i benefici sperati sono ancora molto lontani. Difatti se l’attuazione del Fascicolo sanitario nelle Regioni lascia ben sperare sotto il profilo della attivazione delle infrastrutture, risolto grazie alla sussidiarietà di Sogei che ha messo a disposizione il proprio hub per sopperire ai problemi infrastrutturali di molte Regioni che hanno dimostrato incapacità oggettiva, i dati nel dettaglio consultabili sul sito “fascicolosanitario.gov.it” sono decisamente da far riflettere: 263 milioni di referti digitalizzati, 13 milioni di fascicoli sanitari attivi e si tenga presente che ogni anno in Italia si effettuano oltre 1 miliardo di prestazioni specialistiche ambulatoriali (fonte Ministero della Salute anno 2016). Per non parlare di quel 22% di prestazioni private che in pochi conoscono o omettono di conoscere. Insomma, ci sono voluti otto anni per raggiungere solo il 21% degli italiani che ha attivato il proprio fascicolo; con le provincie di Trento
e Bolzano che fanno spiccare le percentuali di utilizzo più elevate mentre in alcune aree del paese le percentuali restano ancora nulle. Difatti non è un caso che Agid abbia dichiarato a fine ottobre 2019 che il 47 per cento della popolazione non sa nemmeno cosa sia un FSE.
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ORGANIZZAZIONE
I MAGGIORI OSTACOLI Sembra ormai opinione diffusa che i diversi livelli di consensi unito a un percorso abbastanza articolato a cui il cittadino deve sottoporsi disincentivi all’attivazione. Per cui l’attenzione, per sbloccare definitivamente questa situazione stagnante, va focalizzata sul tema del consenso e sull’opportunità di rendere il FSE più attrattivo per il cittadino ampliandone il ventaglio dei servizi, atteso che l’utente a oggi può solo alimentarlo e scaricare i propri referti una volta attivato. In considerazione delle regole vigenti, e senza entrare nel ginepraio di norme in tema di consenso e tutela della privacy, proviamo a immaginare lo scenario nel quale nessuno in Italia presti il proprio consenso alla redazione del FSE, a oggi necessario per la sua attivazione. Questo implicherebbe che le disposizioni di legge prodotte in questi otto anni rimarrebbero inattuate e le risorse economiche impiegate inutili. Questo caso, chiaramente estremo e provocatorio, insieme alle basse percentuali di diffusione poc’anzi accennate deve porre in essere la necessità, non più procrastinabile, che il legislatore intervenga definitivamente con una norma ad hoc, alfine di chiarire il delicato bilanciamento tra il diritto del singolo alla tutela della privacy dei propri dati sanitari e l’interesse della collettività alla tutela della salute pubblica. È opinione diffusa che la possibilità, per uno Stato, di utilizzare una mole gigantesca di dati aggregati rinvenibili sui FSE dei cittadini italiani rappresenterebbero una fonte di ricchezza cruciale per le decisioni di politica sanitaria del nostro Paese. Questo certamente non vorrebbe dire disconoscere l’ambivalenza della tecnologia ed i rischi ad essa connessi; ma la necessità di guardare alla salute quale diritto individuale sancito dall’articolo 32 della Costituzione che pone necessariamente una seria riflessione. Motivo per cui invito a dare uno sguardo, per esempio, come avviene la raccolta dei dati sulle dichiarazioni dei redditi e sui versamenti delle imposte rese dai cittadini allo Stato al fine di garantire un buon andamento dell’esercizio delle funzioni pubbliche. Stiamo parlando del c.d. “cassetto fiscale” che contiene certamente dati sensibili di ognuno di noi visto che si tratta dei nostri redditi e delle nostre spese. Ad attivare il cassetto fiscale è l’Amministrazione finanziaria della Stato al fine di eseguire una serie di attività, utilizzando certamente dati sensibili dei contribuenti, cruciali per garantire il buon andamento della “macchina pubblica” nell’interesse collettivo. Questo è il caso in cui il diritto generale della collettività si pone ragionevolmente al di sopra del diritto dei singoli e non mi sembra che vi sia una preventiva autorizzazione dei cittadini per attivare il cassetto fiscale. Ma proprio in virtù di quel diritto generale è l’Amministrazione dello Stato che, attraverso i propri funzionari pubblici, attivano questo strumento.
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C’è da chiedersi se questo principio di interesse pubblico non si possa attuare pure al Fascicolo Sanitario Elettronico atteso che la mole di dati aggregati in esso contenuti rappresentano un asset cruciale per gestire il nostro SSN, uno dei pochi sistemi universalistici al mondo, in modo efficace e sostenibile. Bisogna pertanto riflettere se non sia opportuno che il legislatore metta nelle condizioni gli operatori sanitari pubblici, quelli privati convenzionati ad eseguire le operazioni di attivazione del fascicolo sanitario elettronico che a mio avviso andrebbe assegnato ad ogni nascituro. A riguardo si pensi all’importanza dei vaccini, resi oltretutto obbligatori proprio per garantire giustamente i livelli di salute pubblica. Bisogna uscire da questa situazione stagnante e rendere il FSE molto più attrattivo implementandone i servizi che vadano al di là dallo scaricare semplicemente i propri referti. Se si osservano le percentuali europee relativamente allo scambio di informazioni mediche con ospedali ed altri medici in via telematica in Italia è al 30 per cento. Mentre i Paesi più virtuosi come la Danimarca sfiorano il 100 per cento, seguita dalla Svezia 81 per cento e il Regno Unito 70 per cento. In teoria, la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico (FSE), previsto dal D.L. 179 del 2012, nasce anche per centrare questo obiettivo che a oggi resta un miraggio.
L’autore
GIANLUCA POLIFRONE Autore del saggio “Sanità digitale prospettive e criticità di una rivoluzione necessaria” - edizioni LSWR
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ORGANIZZAZIONE
di Ludovico Baldessin e Simona Monterisi
Riprogettare i processi gestionali del reparto con la Formazione Sul Campo L’esperienza in ambito oftalmico per la gestione dei pazienti affetti da Degenerazione Maculare senile nel progetto NextVision WAMD: CRONICIZZAZIONE DELLA PATOLOGIA DEGENERATIVA E NECESSITÀ DI OTTIMIZZARE IL PATIENT JOURNEY La Degenerazione Maculare Senile essudativa, definita anche neovascolare o umida e identificata dall’acronimo wAMD (dall’inglese wet Age-related Macular Degeneration), è una patologia dell’occhio che interessa la macula. La wAMD è generata dalla formazione di nuovi capillari che tendono a rompersi facilmente, provocando la perdita di siero e di sangue con conseguenti processi di cicatrizzazione e distruzione della macula. Questo processo rappresenta una delle principali cause di cecità e affligge il 16,2% della popolazione europea con età ≥ 70 anni, approssimativamente 67 milioni di persone [1, 2]. La terapia di prima scelta consiste nella somministrazione di farmaci anti- Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) o di corticosteroidi a rilascio prolungato mediante l’esecuzione di iniezioni intravitreali (IVT). I corticosteroidi hanno un’azione antinfiammatoria; nel caso degli anti-VEGF il meccanismo d’azione è mediato dall’inibizione dei fattori di crescita, con conseguente arresto dell’angiogenesi e la regolarizzazione della permeabilità dei vasi. La terapia intravitreale con i farmaci anti-VEGF ha determinato una svolta nella prognosi dei pazienti affetti da AMD neovascolare: prova manifesta ne è la riduzione del 50% dell’incidenza di cecità legale dovuta a wAMD dal 2000 al 2010 riportata in uno studio danese, risultato ottenuto principalmente grazie all’introduzione della terapia con antiVEGF [3]. Il beneficio clinico della terapia con anti-VEGF è strettamente legato ad un uso tempestivo e continuativo nel tempo di tali farmaci
[4, 5]. Ciò comporta notevoli implicazioni a livello organizzativo, dovendo tenere conto del bisogno di cura in rapporto alla capacità di presa in carico dei pazienti da parte dei centri. Entro il 2050, a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita e di altri fattori di rischio (i.e. il fumo e l’obesità), si prevede che l’incidenza di AMD aumenterà del 15% [2], ponendo le basi per una delle maggiori sfide sia dal punto di vista clinico sia socioeconomico. Proprio per ottimizzare il patient Journey nella cura dell’AMD, è stato sviluppato il percorso formativo NextVision, che ha coinvolto cinque centri su territorio italiano per due anni, focalizzandosi sull’organizzazione di procedure e tempi nella gestione dei pazienti affetti da wAMD. Il progetto NextVision, attraverso l’analisi di indicatori specifici e la raccolta di dati di gestione del paziente, ha tenuto conto dell’eterogeneità organizzativa dei Centri oftalmici aderenti, in termini di risorse professionali e tecnologiche disponibili, così come dei diversi flussi organizzativi. L’analisi ha consentito l’elaborazione di un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) ospedaliero, che recepisce le Linee Guida nella specifica realtà organizzativa di un Centro di Oculistica.
COSA È NEXTVISION NextVision è un progetto ECM di Formazione sul Campo (FSC) con Gruppi di Miglioramento sviluppato da EDRA S.p.A. con la sponsorizzazione non condizionante di Novartis Farma S.p.A.
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ORGANIZZAZIONE
Patient Journey
FASE
Efficienza organizzativa
Date da raccogliere
Valore ottimale di riferimento
Fase 1: Diagnosi
Tempo attesa diagnosi
Data visita / data diagnosi
Entro 10 giorni dalla I visita
Esecuzione esame visus
Data (+ Acuità Visiva)
Esecuzione esame OCT
Data esame
Esecuzione FAG
Data esame
Fase 2: Primo trattamento
Tempo di attesa primo trattamento
Data I trattamento
Entro 14 giorni dalla I visita
Fase 3: Accessi successivi
Trattamenti
Date trattamenti successivi
28-35 giorni da trattamento precedente (fino al III)
Controlli
Date primo controllo e successivi
██ Fig. 1: Definizione delle tre fasi del Patient Journey oggetto di indagine durante il progetto: 1) Diagnosi, 2) Primo trattamento e 3) Accessi successivi
RISULTATI Definizione dei KPI e gli standard da raggiungere Il progetto NextVision ha consentito di applicare un nuovo modello clinico-organizzativo di gestione del Patient Journey con degenerazione maculare, centrato sulle necessità del paziente. Il percorso formativo ha supportato i Centri di oftalmologia con un approccio metodologico e strumentale, attraverso la definizione di Key Performance Indicator (KPI) e il loro monitoraggio. Sono state identificate 3 fasi di indagine sull’efficienza organizzativa utili all’identificazione degli step del percorso di cura del paziente con AMD: 1) il tempo necessario alla diagnosi; 2) i tempi di attesa per il primo trattamento; 3) i tempi di attesa per i trattamenti e controlli successivi. I valori ottimali di riferimento descritti da L. Baldessin e C. Ricci [6] (fig. 1), emergono dal confronto tra i dati di Real-word e di studi clinici [4, 5, 7, 8]. In particolare: ██ dal sospetto di AMD all’arrivo in un centro macula non deve trascorrere più di un giorno; ██ 14 giorni è la finestra massima tra la diagnosi e il primo trattamento; ██ il secondo e il terzo trattamento devono avvenire tra la terza e la quarta settimana dal trattamento precedente. Nella pratica clinica, lo scenario si differenzia per i trattamenti successivi al terzo in base principalmente a due distinti regimi terapeutici: il regime Treat-and-Extend (T&E) e il regime di trattamento
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individualizzati al bisogno o Pro Re Nata (PNR) [9]. Se i pazienti sono in trattamento secondo un regime T&E, al raggiungimento della massima acuità visiva e/o in assenza di segni di attività della patologia, se non risulta una presenza di liquido durante l’esame OCT, gli intervalli di trattamento possono essere gradualmente estesi fino al raggiungimento di un intervallo massimo di 12 settimane. Al contrario, se il fluido è presente, l’intervallo tra i trattamenti viene ridotto. Il PNR prevede un protocollo di trattamento guidato con monitoraggio mensile. Il sistema di analisi appositamente sviluppato ha permesso di identificare eventuali passaggi organizzativi critici nel Patient Journey tenendo conto della specifica realtà organizzativa del Centro. L’analisi, oggetto di discussione con il personale del reparto di Oculistica, ha consentito di individuare azioni di miglioramento, la cui messa in opera è stata poi seguita per un ulteriore anno e validata attraverso il progetto di formazione sul campo NextVision Step Up.
RACCOLTA DATI Il progetto biennale ha consentito di analizzare i percorsi di trattamento relativi ad un totale di 721 occhi affetti da wAMD, afferenti ai Centri da giugno 2016 a dicembre 2018 (tabella 1). L’attività, inserita in un progetto di Formazione Sul Campo – Gruppi di Miglioramento, ha previsto una prima fase di indagine per fotografare la gestione del paziente con wAMD all’interno dei reparti. I dati si riferiscono a pazienti presi in carico da giugno
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ORGANIZZAZIONE
Tab. 1 - Dati inseriti nel database durante i due anni di progetto NextVision 2017 e NextVision Step Up 2018 e relativi a 5 Centri partecipanti. DATI INSERITI NEL DATABASE
PERIODO
PERIODO
TOTALE
2017
2018
2017-2018
N. occhi inseriti nel database
367
354
721
N. Diagnosi Effettuate
403
294
697
Tipologia AMD specificata
326
353
Dati inseriti nel Database nel periodo 2017 - 2018 N. occhi inseriti nel software…
721
N. Diagnosi Effettuate
697
Tipologia AMD specificata
617
I Trattamento IVT
691
617
I Trattamento IVT
383
308
691
II Trattamento IVT
677
II Trattamento IVT
356
321
677
III Trattamento IVT
634
III Trattamento IVT
311
323
634
IV Trattamento IVT
377
IV Trattamento IVT
153
224
377
V Trattamento IVT
248
V Trattamento IVT
91
157
248
VI Trattamento IVT
153
VI Trattamento IVT
41
112
153
VII Trattamento IVT
14
76
90
VII Trattamento IVT
90
2016 a settembre 2017. L’analisi dati, descritta in L. Baldessin e C. Ricci [6], ha permesso di mettere a fuoco i passaggi organizzativi responsabili di eventuali ritardi e criticità del patient journey e di mettere in atto azioni di miglioramento volte al superamento di tali snodi. Ne è quindi seguita una seconda indagine relativa agli accessi dei pazienti avvenuti tra ottobre 2017 e dicembre 2018. L’analisi a confronto ha permesso di rilevare l’efficacia delle azioni proposte.
Diagnosi La prima fase prende in considerazione il tempo necessario alla formulazione di diagnosi di wADM a partire dalla prima visita presso il reparto di oculistica. Le percentuali di diagnosi confermate il giorno stesso della prima visita raggiungono la quasi totalità dei casi analizzati, raggiugendo il 98% delle diagnosi totali (a fronte del 93% registrato nel primo periodo).
1° trattamento RISULTATI A CONFRONTO: PRIMA E DOPO MESSA IN ATTO DI AZIONI DI MIGLIORAMENTO L’analisi dei KPI evidenzia una netta riduzione delle percentuali delle attese con tempi superiori ai valori ottimali (Figura 2) e dei giorni medi di attesa tra fasi successive del Patient Journey (tabella 2).
Per il primo trattamento intravitreale, il tempo di attesa è calcolato a partire dalla Diagnosi di wAMD. Confrontando i dati raccolti tra giugno 2016 e settembre 2017 con la seconda raccolta da ottobre 2017 a dicembre 2018, la percentuale di occhi che riceve il primo trattamento al di fuori della finestra ottimale di rifermento scende dal 45% al 39% (figura 2). Il tempo medio di
Tab.2 - Riduzione in giorni dei tempi di attesa tra la fase iniziale e finale del progetto nelle diverse fasi del Patient Journey, a confronto con i valori ottimali di riferimento. SCENARIO INIZIALE GIUGNO 2016 – SETTEMBRE 2017
RISULTATO FINALE OTTOBRE 2017 DICEMBRE2018
VALORE OTTIMALE DI RIFERIMENTO [4, 5, 7, 8]
Da Prima Visita a Diagnosi
1,4
0
Entro 10 giorni
Da Diagnosi a 1° IVT
17,6
15,8
Entro 14 giorni
Da 1° IVT a 2° IVT
39,8
35,7
Tra 28 e 35 giorni
Da 2° IVT a 3° IVT
41,4
36,0
Tra 28 e 35 giorni
Da Controllo a 4°IVT
38,5
29,7
-
TEMPI MEDI DI ATTESA (IN GIORNI)
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ORGANIZZAZIONE
attesa si riduce da 17, 6 a 15,8 giorni, avvicinandosi quindi all’indicazione ottimale pari a 14 giorni di attesa massima.
Riduzione delle Attese con tempi superiori ai valori ottimali di rifermento
2° trattamento
3° trattamento Anche tra la seconda e la terza intravitreale è contenuto il numero di pazienti che vengono sottoposti a controllo intermedio ed è pari al 5% allo stato iniziale del progetto e all’1% a seguito della messa in atto delle azioni di miglioramento. Il terzo trattamento (riportato in database per il 91,7% degli occhi che iniziano il trattamento con anti-VEGF, n=634) avviene in media con un tempo di attesa dalla precedente IVT pari inizialmente a 41,4 giorni e a 36 giorni in seconda analisi, con una riduzione della percentuale di occhi che supera il valore ottimale di riferimento dal 29% al 21% (figura 2).
4° trattamento Il quarto trattamento è stato inserito a database per 377 occhi (il 54,5% degli occhi che iniziano il trattamento con anti-VEGF) con un tempo medio di attesa di 65 giorni dalla terza IVT. Il quarto trattamento è stato effettuato nel 67% dei casi previo controllo OCT (figura 3). Dall’analisi dei dati raccolti ne è emerso che nel 2018 il 75% degli occhi sottoposti a controllo ha poi proseguito con una successiva iniezione intravitreale. L’inserimento preventivo a calendario del quarto trattamento, confermato poi in sede di controllo, ha permesso di ridurre i tempi di attesa successivi al controllo OCT di quasi 10 giorni (da 38,5 giorni a 29,7 giorni di attesa media da OCT a quarta IVT).
AZIONI DI MIGLIORAMENTO IMPLEMENTATE Diverse le azioni di miglioramento messe in atto per ridurre i tempi di attesa, in particolare hanno avuto un ruolo fondamentale: i) l’attivazione di una agenda per i trattamenti e controlli gestita internamente dal reparto di oculistica; ii) l’impostazione del piano terapeutico a medio termine, mettendo a calendario più
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50% % casi con tempi di attesa superiori a valori ottimali di rifermento
Dopo la prima iniezione, sono stati riportati indicazioni in merito alla seconda iniezione per il 98% degli occhi (n=677). Il tempo di attesa per la seconda IVT diminuisce da una media di 39,8 giorni a 35,7 giorni dal primo trattamento a fonte di una finestra ottimale di 28-35 giorni. Questo dato si traduce nell’aumento dal 59% al 75% di occhi con un tempo di attesa per il secondo trattamento all’interno della finestra temporale ottimale di riferimento (figura 2). Da notare che solo il 6% degli occhi esegue un controllo OCT tra la prima e la seconda IVT, percentuale che scende al 2% nel secondo periodo di raccolta dati, contribuendo al contenimento dei tempi di attesa.
40%
30%
45% 41%
39%
29% 25% 21%
20%
10%
0% Giugno 2016 Settembre 2017 1° Trattamento
Ottobre 2017 Dicembre 2018 2° Trattamento
3° Trattamento ██ Fig. 2: Grafico Percentuali di pazienti con tempo di attesa per il primo, secondo e terzo trattamento IVT superiore al valore ottimale di riferimento (NICE 2018)
trattamenti; iii) la predisposizione di un ciclo di tre IVT per tutti i pazienti, eliminando controlli intermedi; iv) la messa a calendario preventiva del quarto trattamento, da confermare in sede di controllo OCT; v) l’aumento delle risorse strumentali di personale dedicate alla gestione delle maculopatie; vi) la sensibilizzazione del paziente e dei famigliari al rispetto del calendario di trattamenti e visite.
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ORGANIZZAZIONE
NUMERO OCCHI CHE PROSEGUONO CON TRATTAMENTO SUCCESSIVO 1° Trattamento AntiVEGF
691
Controllo
26
2° Trattamento AntiVEGF
677
Controllo
20
3° Trattamento AntiVEGF
634
Controllo
253
4° Trattamento AntiVEGF
377
n. 134 occhi vanno al 4° trattamento senza controllo intermedio + n. 243 occhi vanno al 4° trattamento dopo il controllo
██ Figura 3: Alternanza Trattamento IVT / Controllo. Il grafico riporta in blu il numero di pazienti che effettuano il trattamento e in arancione il controllo, fino alla quarta iniezione intravitreale.
NUMERO DI TRATTAMENTI PER OCCHIO NEI 10 MESI DALLA DIAGNOSI Appare chiaro che i risultati migliori in termini di Acuità Visiva si ottengono con il trattamento mensile continuo ed il numero medio di iniezioni somministrate è un indicatore di appropriatezza terapeutica per l’efficacia del trattamento nella pratica clinica [10]. Se il numero medio di iniezioni nei principali trials clinici con antiVEGF si attesta tra 7 e 8 iniezioni nel primo anno dalla diagnosi di AMD [11, 12, 13], nella pratica clinica vi sono da tenere in considerazione delle difficoltà pratiche e gestionali che il monitoraggio mensile può implicare nella normale pratica clinica quotidiana. Durante il progetto, per 110 occhi sono stati registrati accessi alla struttura oculistica di riferimento per almeno 10 mesi consecutivi. Di questi, meno dell’1% (n=1) ha raggiunto l’obiettivo di un trattamento intravitreale al mese e il 3% riceve 9 IVT in 10 mesi (figura 4). La media di iniezioni con anti-VEGF è pari a 5,4 intravitreali in 10 mesi, indipendentemente dal centro che ha partecipato al progetto.
CONCLUSIONI Cogliendo il patient journey nel suo complesso, il progetto NextVision ha rimodellato gli aspetti clinico-organizzativi dei reparti di oculistica di cinque Centri ospedalieri italiani. Grazie alla partecipazione attiva del personale sociosanitario e attraverso momenti di analisi e discussione, il percorso di formazione ha permesso di far emergere criticità e soluzioni nell’iter terapeutico del paziente con AMD. Questo approccio ha consentito al personale di prendere contezza delle proprie performance e quindi
di ragionare in una logica di miglioramento continuo. Ciò si è tradotto in una significativa riduzione dei tempi di attesa per l’accesso alle diverse fasi del patient journey, con il risultato netto di una maggiore percentuale di pazienti trattati all’interno delle finestre ottimali di riferimento. Per ogni Centro, a conclusione del progetto è stato redatto un PDTA-AMD strutturato come Disciplinare tecnico volontario. Tale strumento ha permesso di delineare, rispetto alla degenerazione maculare senile (wAMD), il miglior percorso praticabile all’interno dell’organizzazione ospedaliera, garantendo conformità a standard organizzativi, di servizio e di risultato. L’acquisizione di una maggiore consapevolezza della performance organizzativa da parte dell’equipe medica e sanitaria coinvolta nella gestione del paziente con AMD è stata la chiave per l’individuazione di percorsi di ottimizzazione del patient journey. L’azione di sensibilizzazione a dinamiche gestionali svolta direttamente nei confronti del clinico ha avuto un riscontro immediato a livello di reparto. Le azioni di miglioramento messe in atto più velocemente hanno, infatti, riguardato spesso aspetti organizzativi del reparto stesso, ad esempio attraverso la digitalizzazione del patient journey con l’implementazione di una agenda elettronica di reparto. In seconda analisi, si è avuta una ripercussione a raggera in primis sui pazienti, sensibilizzati a loro volta al rispetto del calendario di trattamenti e visite, e quindi sulle direzioni sanitarie delle strutture ospedaliere. In questo senso il PDTA-AMD si è rivelato un prezioso strumenti di reportistica del progetto formativo, utile alla sensibilizzazione delle direzioni ospedaliere sulle eventuali necessità da parte del reparto di maggiori risorse strumentali e/o di personale.
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ORGANIZZAZIONE
N. TRATTAMENTI PER OCCHIO (Dati relativi ai 10 mesi successivi alla diagnosi) 10 Trattamenti con AntiVEGF 9 Trattamenti con AntiVEGF 8 Trattamenti con AntiVEGF 7 Trattamenti con AntiVEGF 6 Trattamenti con AntiVEGF 5 Trattamenti con AntiVEGF 4 Trattamenti con AntiVEGF 3 Trattamenti con AntiVEGF 2 Trattamenti con AntiVEGF 1 Trattamento con AntiVEGF 0
0.05
0.1 1
2
3
0.15 4
0.2
0.25
0.3
5
██ Figura 4: Numero di Trattamenti intravitreali cui sono stati sottoposti 110 occhi (dato riportato in %) i cui accessi a 5 centri ospedalieri (in legenda da 1 a 5) sono stati seguiti per almeno 10 mesi dalla diagnosi.
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Gli autori
LUDOVICO BALDESSIN CBCO, Edra S.p.A. SIMONA MONTERISI Scientific Project Manager, Edra S.p.A.
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ATTUALITÀ
di Tiziana Tacconi, Valentina Bettamio
Il Progetto “Attiva-Mente” Realizzato nell’Area di Attività a Ciclo Diurno dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, il progetto “AttivaMente” è un Laboratorio di ricerca di Terapeutica Artistica atto a sottolineare la valenza sociale e rieducativa dell’arte come terapia
Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore. L’arte è il sangue del nostro cuore; io non credo in un’arte che non nasce dal desiderio dell’individuo di rivelarsi all’altro. Io non credo in un’arte che non nasce da una forza, spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore. Edward Munch
L’Accademia di Belle Arti di Brera ha istituito il Biennio in Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica, in collaborazione con la Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università degli Studi di Pavia e con il Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione dell’Università di Milano Bicocca. Per le sue finalità, è unico in Italia e anche in Europa: formare artisti terapisti in grado di dialogare attraverso il linguaggio dell’arte con chiunque abbia il desiderio d’incontrarsi con la propria potenzialità creativa. La creatività è la condizione prima per riempire momenti di solitudine, per dare forma a quella sensazione di vuoto che può trovare soluzione aprendosi all’universo espressivo, foriero di emozioni positive. Per questo la creatività viene ritenuta terapeutica. L’essere artisti terapisti comporta un saper fare, ovvero una conoscenza pratica e teorica, e allo stesso tempo una partecipazio-
ne consapevole a ciò che si fa, al fine di trasmettere il piacere di “prendersi cura di sé” con l’arte. Gli artisti della Terapeutica Artistica sono presenti con progetti laboratoriali, atelier sperimentali, strutturati in diversi luoghi di cura: reparti di psichiatria, pediatria, neurologia, oncologia, geriatria, patologia della gravidanza, e nelle carceri. La particolare attenzione ai luoghi della sofferenza e alla relazione di tutti i partecipanti che concorrono alla costruzione di un’attività artistica, porta a riflettere sul valore umano e culturale della Terapeutica Artistica e a sottolinearne la valenza sociale riabilitativa. Comunicare e condividere risorse e potenzialità individuali, creare le condizioni affinché i processi di partecipazione rendano praticabile un’esperienza comune e la realizzazione di un’”Opera Condivisa”, significa essere strumento e dare strumenti per costruire un progetto di possibile cambiamento al presente. Il focus dell’arte terapeutica, oltre che sul prodotto artistico finale, è sul processo creativo, già terapeutico in sé. L’impronta creativa permette all’individuo di accedere agli aspetti più intimi di sé, di contattare ed esprimere le emozioni più recondite e spesso inaspettate, e di sperimentare e potenziare abilità ignorate o inutilizzate. “L’Opera Condivisa” è tale poiché prevede l’attuazione di un laboratorio artistico di espressione individuale, che al contempo coinvolge tutti i componenti presenti.
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ATTUALITÀ
A fine 2018 è stato avviato un Laboratorio di ricerca di Terapeutica Artistica nell’Area di attività a Ciclo Diurno dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, organizzato nella sala d’attesa e nella sala delle terapie. Il progetto “Attiva-Mente” si è sviluppato con una presenza di due giornate a settimana. All’attività artistica, diretta e condotta dallo studente Riccardo Maschietto per un progetto di tesi, sotto la supervisione della Prof.ssa Tiziana Tacconi, hanno partecipato più di 100 persone. Ogni incontro, aveva una durata variabile fra 2 e 5 ore. L’affluenza e l’adesione dei pazienti era costantemente variabile poiché dettata dai tempi dell’assistenza sanitaria e delle terapie. Il progetto “Attiva-Mente” è stato formulato dopo un’attenta osservazione dell’area e dopo aver valutato con il personale sanitario la scelta dei materiali utili per realizzare l’”Opera Condivisa” con i pazienti. L’attività sanitaria che si svolge nell’Area di attività a Ciclo Diurno è caratterizzata da lunghe pause che coinvolgono sia i pazienti che i loro accompagnatori, che rimangono in attesa sulle poltrone per le terapie o in sala di attesa. Il progetto doveva pertanto affrontare l’aspetto dei lunghi tempi d’attesa senza essere invadente e senza usare materiali liquidi o solidi che avrebbero potuto creare reazioni al tatto. L’attività doveva essere possibile anche durante le terapie, in presenza di Medici e Infermieri, e soprattutto essere igienicamente conciliabile nell’ambito ospedaliero. Essendo il Besta un Istituto di Ricerca nell’ambito delle Neuroscienze, la denominazione “Attiva-Mente” poteva essere significante di contenuto analogico, in quanto stimolo per i pazienti ad una attività artistica e metafora simbolica della mente nella scelta dello schema del labirinto per attuare l’Opera Condivisa. Il labirinto, come rappresentazione simbolica della natura psichica e del travagliato percorso che l’uomo affronta nell’arco della vita. L’intuizione ha trovato immediatamente la risposta nel “filo” per la creazione dell’Opera Condivisa, logos e corpo che da Arianna ad oggi ha sciolto i mille nodi della mente. L’Opera sarebbe nata da un intreccio di fili all’interno di forme geometriche vuote, quali quadrati, rettangoli o forme a “L” in supporti di cartoncino vegetale, con bordi forati su tutta la superficie così da permettere di far passare i fili con semplicità. L’unione di questi, avrebbe formato un grande labirinto cretese, dove non ci si perde ma al contrario ci si trova. L’attività artistica si è svolta con grande partecipazione e serenità. La tessitura è avvenuta sia individualmente che in coppia, coinvolgendo tutti i presenti, compresi medici e personale sanitario. Arte e colore all’interno delle mura ospedaliere, hanno rapidamente alleggerito la permanenza nell’area sanitaria.
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Attraverso il connubio tra arte, medicina e scienze psicologiche, si possono porre le basi per il raggiungimento di diversi obiettivi terapeutici: ██ trasformare il tempo d’attesa, che a volte sembra interminabile, in tempo della creazione, in cui creare e comunicare individualmente trasformi lo scorrere del tempo in qualcosa di ancora più grande e significativo, come un’Opera Condivisa; ██ permettere di portare il pensiero e l’attenzione lontano dalla condizione di malattia;
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ATTUALITÀ
██ favorire l’espressione creativa portando alla catarsi da angosce,
stati d’ansia, traumi e in generale da stati d’animo negativi; e amplificare le capacità comunicative e collaborative, permettendo all’individuo di lavorare al contempo sulla materia e su sé stesso, imparando a prendersi cura di sé con piacere. La persona ha l’opportunità di passare dall’essere curata al prendersi cura di sé, andando oltre la malattia. Vi è cioè un implicito richiamo alla responsabilità del paziente di fronte a sé stesso che si traduce, da parte del conduttore, in un’attenzione costante a valorizzarne le risorse. La restituzione al paziente di un ruolo attivo, gli riconsegna anche la sensazione di essere valorizzato come persona; ██ aiutare il paziente a manifestare vissuti difficilmente traducibili nel linguaggio verbale, immergendolo in un’atmosfera in cui sono più favorevoli le condizioni per vivere in modo intenso i propri contenuti profondi, ridurre la tensione psichica, favorire lo sviluppo di un senso di identità, incrementare la consapevolezza di sé, aiutare a fronteggiare situazioni di stress ed esperienze traumatiche, migliorare le abilità cognitive; ██ dare sfogo a pulsioni quali aggressività, rabbia, frustrazione, paura, sofferenza, liberandosi pian piano dall’emozione negativa che viene proiettata e riversata sul foglio, sulla tela, sul supporto artistico. Comunque, espulsa. Si acquisisce così un’immagine di sé esterna. Durante il processo creativo si attua ██ favorire
un distacco emotivo che permette di riconquistare uno stato di benessere ed equilibrio, e un contatto più autentico e obiettivo nei confronti delle situazioni e della realtà. L’Opera Condivisa doveva essere inizialmente installata in una singola parete di 8 metri della sala d’attesa, ma vista l’intensità dell’attività, è stata estesa a tutte le pareti dell’area, compresi i corridoi, rendendola più ospitale e allegra. Da questo progetto la Direzione dell’Istituto ha voluto farne nascere altri, attualmente in essere in diverse aree della struttura, allo scopo di continuare a coinvolgere pazienti ed operatori in un percorso di benessere psicologico e di condivisione, di percezione del proprio tempo interno che possa alleviare lo stato psico-emotivo che caratterizza la permanenza breve o lunga in Ospedale, e rendere al contempo più accogliente la struttura.
Le autrici
VALENTINA BETTAMIO Direttore Medico di Presidio Ospedale San Leopoldo Mandic di Merate (ASST Lecco) , già Responsabile Direzione Medica di Presidio Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta TIZIANA TACCONI Artista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano
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TECNOLOGIE
di Simone Cappelletti
Soluzioni impiantistiche per il Bunker di Radioterapia Gli elementi che caratterizzano maggiormente il bunker di radioterapia, oltre alle basilari funzioni di controllo dei parametri di comfort, sono in estrema sintesi riconducibili alla necessaria continuità della radioprotezione offerta dagli elementi civili e al conseguimento di alti livelli di affidabilità dell’attività diagnostica, di cui i componenti impiantistici rappresentano un determinante insieme di servizi accessori. Vediamo quindi in rassegna una serie di elementi fondamentali dell’assetto impiantistico di tali spazi alla luce di quella che nel tempo è andata in un certo senso concretizzandosi come prassi
CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO DI CLIMATIZZAZIONE Gli impianti a servizio dei bunker non devono costituire una discontinuità del sistema di radioprotezione. Il nodo più delicato è rappresentato dall’interferenza che i canali di mandata e ripresa aria presentano con il perimetro di radioprotezione del bunker. Al fine di evitare che il “buco” creato dai canali dell’aria non determini un punto di emissione si è soliti organizzare un labirinto in cui i canali, con un caratteristico disegno a “collo d’oca”, serpeggino. Da tale labirinto avranno poi accesso anche tutti gli altri servizi impiantistici. Geometria e caratteristiche del labirinto dovranno essere determinate dall’esperto in radioprotezione che redige una specifica relazione che accompagna il progetto esecutivo dell’opera.
Per quanto attiene la climatizzazione del locale è generalmente preferita la realizzazione di sistemi a tutt’aria che provvedano anche all’abbattimento del carico termico generato in ogni stagione dal macchinario stesso. La portata d’aria di mandata sarà quindi consistente e difficilmente inferiore a 6 vol/h senza miscela (tutt’aria esterna). Il disegno dei canali nello spazio nascosto racchiuso nel controsoffitto dovrà prestare particolare attenzione alla presenza degli staffaggi dei monitor che vengono messi a disposizione degli operatori sanitari e dei pazienti e che si dimostrano generalmente particolarmente robusti e ingombranti per resistere alle consistenti sollecitazioni del sisma di progetto. La diffusione dell’aria può essere affidata a diffusori ad effetto elicoidale, soluzione che garantirà la migliore movimentazione dell’aria senza per questo creare fastidiose correnti che po-
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TECNOLOGIE
trebbero disturbare il paziente. Trattandosi d’impianto a tutt’aria senza miscela l’attenuazione di funzionamento (ad esempio notturna) potrà essere ottenuta provvedendo alla riduzione della velocità dei ventilatori dell’UTA, oppure, se tale modalità produce effetti indesiderati su altre zone dell’impianto, potrà essere preferita l’installazione di una coppia di cassette VAV (mandata e ripresa) che permettano il mantenimento di una minima portata sanitaria nelle ore di attività diagnostica e una minima portata di depressurizzazione nelle ore di attenuazione; naturalmente nel caso di installazione di cassette VAV con tali finalità lo studio della diffusione dell’aria dovrà essere ancor più approfondito al fine di evitare campi di portata in cui i diffusori non riescono ad esprimere tutte le loro potenzialità. Come accennato, al fine di assicurare la migliore protezione verso l’esterno, dovrà essere
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mantenuto in depressione e, di consueto, 10 Pa sono considerati una misura congrua, ma comunque da condividere con l’esperto qualificato di radioprotezione. Al bunker non viene di norma richiesta una particolare classe di pulizia dell’aria ma, nel caso lo fosse, per effetto della necessaria depressione dovrà essere studiata una anticamera con funzione di air-lock pulito che permetta di evitare l’infiltrazione di aria sporca nel locale stesso. La depressione viene operativamente conseguita provvedendo ad un classico sbilanciamento di portate (portata di ripresa maggiore della portata di mandata) che trova il principale nodo di dimensionamento nella pesante porta di accesso al bunker. Lo sbilanciamento è opportuno che venga regolato almeno mediante regolatori meccanici da installare al di fuori del bunker e, in caso di eccessiva rigenerazione di rumore, accoppiati a silen-
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TECNOLOGIE
██ Fig. 1: Schema bifilare dell’impianto meccanico di ventilazione di reparto di radioterapia con 4 bunker (i due bunker rimanenti sono perfettamente simmetrici). Si possono notare il labirinto pedonale di accesso preceduto dalla pesante porta scorrevole, la diffusione dell’aria in mandata mediante diffusori ad effetto elicoidale, la presenza di batterie di post-riscaldamento per ogni ambiente
ziatori a canale. All’esterno del bunker sarà installata anche la relativa batteria di post e da una sonda di temperatura limite a canale che eviti nella stagione estiva che negli ambienti possa arrivare dalle UTA aria troppo fredda. Una coppia di serrande a tenuta di intercettazione risulterà inoltre comoda nel caso in cui si presenti necessario il fermo di un singolo bunker della batteria, ad esempio perché interessato da una operazione di igienizzazione e pulizia profonda o per una manutenzione.
LE UNITÀ DI TRATTAMENTO ARIA Le Unità di Trattamento Aria (UTA) assumono un ruolo centrale dell’impiantistica a servizio del reparto, la loro installazione è certamente preferibile sia all’interno di un locale tecnico coperto, al fine di offrire le migliori condizioni di conservazione del
bene, di pulizia, di agevole manutenzione e sicurezza per gli operatori. Dal punto di vista della affidabilità di funzionamento l’UTA tutt’aria esterna a cui è affidata la ventilazione della batteria dei Bunker, dei relativi locali tecnici, dei connettivi e degli spogliatoi per i pazienti può essere ridondata completamente; alternativamente è frequente il solo frazionamento su due UTA, capaci ciascune del 50% della portata e, infine, si potrà ricorrere al raddoppio dei soli ventilatori, avendo cura di inserirli in sezioni singolarmente intercettabili al fine di permetterne una minima ispezionabilità anche quando il motore gemello sia in funzione. Il locale di installazione dovrà permettere la presenza di un ampio lato libero per manutenzione, largo quanto una batteria completamente estratta, e gli organi di regolazione e ausiliari delle batterie se installati a quota maggiore delle stesse ne permetteranno la semplice estraibilità. La pulizia dovrà resa agevole dalla presenza di ampi raccordi accoppiati a una serie di accorgimenti di disaccoppiamento termico del telaio che permettano l’assenza di condensazioni superficiali interne, elementi questi riassumibili con la prescrizione delle migliori classi TB di isolamento dei ponti termici. L’adozione di ventilatori plug-fun e la conformazione anti-ristagno delle bacinelle sono da considerare ormai una consolidata prassi. Considerato il fatto che per il reparto di radioterapia non è necessario conseguire una classe di pulizia e sterilità pari a quella delle aree più critiche dell’ospedale (SS.OO., Terapie intensive ecc.), si potrà preferire alla umidificazione a vapore pulito, gravata da un grande impatto energetico e manutentivo, l’adozione di un sistema di umidificazione ad acqua atomizzata, quando accompagnato da evidenze documentali della propria igienicità, quali la presenza di certificazione VDI 6022. In alternativa a tale sistema si potrà fare ricorso ai più dispendiosi, dal punto di vista energetico, sistemi a resistenze (alimentati da acqua demineralizzata) o a elettrodi immersi (alimentati da acqua potabile e più onerosi per quanto concerne la manutenzione collegata alla formazione di depositi di calcare). Il recupero di calore potrà essere sia di tipo a flusso incrociati che del tipo a doppia batteria. La prima tipologia sarà caratterizzata da maggior efficienza e funzionamento estremamente semplice, con grande vantaggio manutentivo, mentre la seconda da minor ingombro, facile gestione del free-cooling e dalla migliore protezione nei confronti della cross-contamination. Nel caso si prediliga, come effettivamente ormai spessissimo avviene, la tipologia a doppia batteria i rischi collegati al gelo dovranno essere affrontati provvedendo alla completa glicolazione dell’acqua del circuito, alla presenza di un carico d’acqua di reintegro manuale (non automatico, potrebbe sortire l’indesiderata diluizione del glicole) e alla presenza di un pressostato collegato al BMS che metta subito in allarme in caso di calo della pressione.
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TECNOLOGIE
ze come l’installazione di microfoni orientabili e di cavi schermati. Per il controllo del paziente, infine, l’operatore dovrà disporre di telecamere brandeggiati ad alta risoluzione che permettano una osservazione da più angolazioni. A completamento dell’impianto termico dovrà essere prevista la presenza di un circuito di raffreddamento e dissipazione dei sistemi di alimentazione e controllo degli acceleratori, capace di dissipare calore tutto l’anno e da ridondare al fine di offrire la massima affidabilità. In generale le macchine diagnostiche già prevedono un attacco per l’allaccio di acqua potabile a perdere da far defluire negli organi di dissipazione. Le apparecchiature diagnostiche dovranno ricevere alimentazione elettrica e segnale dal pavimento. Dovrà quindi essere prevista la presenza di una specifica e generosa predisposizione per lo stendimento dei relativi cavi. Concludono la dotazione impiantistica la presenza delle tre canoniche presa gas medicali (aria, vuoto, ossigeno) oltre che tutte i consueti servizi elettrici generali (prese di forza motrice e dati, WiFi ecc.).
██ Fig. 2: Nell’immagine è riprodotto il labirinto che a soffitto del bunker, in corrispondenza alla sua porta d’accesso, può essere realizzato da elementi in calcestruzzo e il conseguente disegno dei canali, detto a “collo d’oca” che permette di assicurare la radioprotezione. La radiazione non ha infatti alcuna traiettoria che non determini l’attraversamento dello spessore minimo di calcestruzzo necessario alla radioprotezione
ELEMENTI IMPIANTISTICI DI COMPLETAMENTO Un elemento di estrema importanza per assicurare le migliori condizioni al paziente è rappresentato dall’impianto illuminotecnico. Sono infatti particolarmente sgradevoli le sensazioni che questi ambienti chiusi possono provocare in pazienti molto sensibili, soprattutto se bambini. L’adozione di apparecchi illuminanti con ottiche a bassa luminanza, caratterizzati dall’uniformità delle luminanze, genererà un effetto decisamente simile a quello della luce naturale, evitando l’abbagliamento molesto sui pazienti sdraiati. Soffitto e pareti potranno essere inoltre sede di scenari di luce mutevoli, fino ad arrivare alla realizzazione di un vero e proprio soffitto luminoso oltre che ad una illuminazione d’accento di possibili decorazioni alle pareti. Altro elemento generalmente percepito dal paziente come critico per il comfort risiede nella qualità dell’impianto audio, che deve essere ad alta fedeltà. Il paziente deve sentire in maniera nitida e chiara le parole dell’operatore, interpretandone immediatamente le indicazioni, i consigli e suggerimenti. Generalmente l’operatore tiene semplicemente aperto l’ascolto del paziente durante la visita, il paziente non sentirà quindi alcuna conversazione dell’operatore, ma all’occorrenza la comunicazione dovrà diventare bidirezionale eliminando rumori di fondo (elemento particolarmente consistente con le apparecchiature diagnostica di vecchia concezione) e l’eco, prestazioni ottenibili, oltre che con il software di elaborazione del segnale, con una serie di accortez-
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SICUREZZA ANTINCENDIO Le norme di sicurezza antincendio attualmente vigenti (D.M. 18/09/2002 per ospedali nuovi e D.M. 19/03/2015 per ospedali esistenti) prevedono senza dubbio che le aree siano protette da impianti idranti, da installare all’esterno del bunker previa verifica che lo stendimento della manichetta protegga tutte le aree del bunker), estintori, rivelazione incendi ed allarme e impianto di illuminazione di sicurezza. La presenza di impianti di spegnimento automatico viene prescritta in particolari condizioni per ospedali esistenti (Titolo III – punto 15.4). Si segnala inoltre come di recente sia stata diffusa una bozza di Regola Tecnica Verticale che una volta pubblicata e abbinata alla Regola Tecnica Orizzontale di cui al D.M. 19/10/2019 (Nuovo Codice di Prevenzione Incendi) permetterà in un prossimo futuro una più moderna e rigorosa disciplina della sicurezza antincendi negli ospedali.
CONCLUSIONI Sono stati passati in rassegna alcuni degli elementi impiantistici che maggiormente caratterizzano l’impiantistica del bunker, ponendo particolare evidenza agli aspetti di radio protezione, comfort e affidabilità, e rendendo evidente come tale reparto sia contraddistinto da un livello di complessità certamente superiore rispetto a quella di base ospedaliera.
L’autore
SIMONE CAPPELLETTI Ingegnere, Direttore tecnico Impianti Meccanici Steam
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INFORMATICA
di Vito Piazzolla, Paolo Marra, Girolama De Gennaro, Carla Lara D’Errico, Stefano Marconcini, Anna Russo, Tommaso Petrosillo
Gestione delle cronicità: un nuovo modello nella ASL Foggia Al Sud le criticità diventano opportunità: dalla start up del Distretto Socio Sanitario di San Marco in Lamis alla realtà consolidata del progetto Diomedee
Assicurare adeguati livelli di assistenza alla popolazione è una sfida complessa, soprattutto in territori caratterizzati dalla forte frammentazione delle comunità locali, dalla disomogeneità orografica e dalla atavica debolezza infrastrutturale delle vie di comunicazione. È il caso della provincia di Foggia: terza in Italia per estensione (dopo quelle di Sassari e Bolzano), costituisce un unicum su tutto il territorio nazionale per le peculiarità demografiche e orografiche. La popolazione è distribuita in modo disomogeneo tra 61 comuni (30 dei quali con meno di 3.000 abitanti). Al 1° gennaio 2019 ammontava complessivamente a 622.183 persone (dati ISTAT): di queste, 132.565 avevano età pari o superiore a 65 anni; 65.680 erano gli ultrasettantacinquenni. Da un’analisi effettuata sull’andamento demografico dal 1980 al 2019, si evidenzia il progressivo incremento del numero di anziani: gli ultrasessantacinquenni sono aumentati del 35%, gli ultrasettantacinquenni del 154%. La complessità orografica del territorio e le caratteristiche demografiche hanno reso necessaria la riorganizzazione e rifunzionalizzazione delle strutture distrettuali attraverso l’adozione di nuovi modelli organizzativi di integrazione dell’assistenza distrettuale, ospedaliera e di emergenza urgenza. Il processo di riorganizzazione, intrapreso già da alcuni anni, ha previsto attività di ammodernamento infrastrutturale e di potenziamento delle dotazioni tecnologiche per la diagnostica specialistica e per l’assistenza domiciliare.
██ Figura 1: Il DG della ASL di Foggia, dr. Vito Piazzolla
La direzione generale ha avviato un programma assistenziale integrato di gestione delle cronicità anche attraverso l’utilizzo di sistemi ICT, telemedicina e monitoraggio remoto, al fine di assicurare adeguati livelli di assistenza, soprattutto alle persone anziane, fragili ed affette da patologie croniche.
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INFORMATICA
Obiettivo è la creazione di una “rete di servizi sanitari di prossimità” più vicini ai cittadini, in particolar modo in quei comuni che, proprio a causa di una rete viaria poco sviluppata, non consentono un facile accesso ai servizi sanitari di secondo livello (rete ospedaliera). «Assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute – dichiara il Direttore Generale della ASL Foggia Vito Piazzolla – è da sempre una priorità di questa Direzione Generale, soprattutto in quei territori disagiati e con un contesto di elevata complessità come le Isole minori e i piccoli comuni del Gargano e del Subappennino Dauno. Garantire l’accesso ai servizi sanitari anche in queste specifiche realtà rappresenta una sfida per una Sanità pubblica innovativa, una sfida che abbiamo raccolto e che sta portando già i suoi frutti». La gestione dei pazienti cronici attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici e organizzativi è stata avviata in via sperimentale con successo presso il Distretto Socio Sanitario di San Marco in Lamis ed è diventata, oggi, una realtà consolidata. Un solido punto di partenza da cui ha preso il via il “Progetto Diomedee” che, a sua volta, evolverà nel sistema di telemedicina aziendale e-Health Care e che mira ad implementarsi con la teleassistenza e la teleriabilitazione. ██ Figura 2: Aree territoriali della asl foggia interessate dal progetto diomedee
L’EVOLUZIONE INFORMATIZZATA DELLA GESTIONE TERRITORIALE DELLE PATOLOGIE CRONICHE Con il progetto “Diomedee” si capitalizza sulla esperienza e la struttura organizzativa defjnita, implementando un sistema informativo e modello innovativo di gestione dei pazienti cronici sul territorio della ASL della provincia di Foggia e realizzando percorsi di cura multi-professionali che favoriscano la continuità di cura, il controllo e la stabilizzazione della patologia, operando in proattività e in prossimità. In provincia di Foggia sono presenti due grandi strutture ospedaliere (Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia e I.R.C.C.S. “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo), due ospedali di primo livello nelle città di Cerignola e San Severo, un ospedale di base nel comune di Manfredonia ed un ospedale di zona disagiata a Lucera. A causa delle caratteristiche orografiche del territorio e della struttura viaria, 11 comuni soffrono di particolari condizioni di disagio nell’accesso all’assistenza sanitaria, con tempi superiori ad un’ora per raggiungere l’ospedale più vicino. L’area interessata dal progetto comprende (inizialmente) proprio i comuni “disagiati”: Accadia, Carlantino, Celenza Valfortore, Ischitella, Isole Tremiti, Monteleone di Puglia, Panni, Peschici, Rodi Garganico, Vieste, Vico del Gargano, coprendo una popolazione di oltre 40.000 persone, di cui l’insieme di pazienti affetti da cronicità è valutabile fra le 12.000 e le 15.000 persone.
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Il progetto “Diomedee” riprende e valorizza l’esperienza nella gestione dei pazienti cronici già consolidata nella ASL presso il Distretto Socio Sanitario di San Marco in Lamis, con l’introduzione di nuovi strumenti sia tecnologici che organizzativi: è così che il “dossier clinico multi-professionale”, in uso presso il Distretto, si arricchisce di nuove componenti tecnologiche di automazione e di collaborazione. Tra queste si segnala l’utilizzo della telemedicina (nelle sue varie declinazioni), l’interazione con il paziente attraverso APP, l’adozione di un repository clinico standard realizzato sul modello di riferimento ISO-CEN EN-12967 (HISA, “Health Informatics Service Architecture”), realizzando un sistema moderno, completo, flessibile e, soprattutto, applicabile all’intero territorio provinciale.
IL MODELLO ASSISTENZIALE Le patologie croniche gestite dal progetto Diomedee nella prima fase realizzativa riguardano: lo scompenso cardiaco, l’ipertensione, il diabete, l’insufficienza respiratoria e le bronco-pneumopatie croniche ostruttive (BCPO). Il progetto utilizza un modello organizzativo, già sperimentato con successo in Regione Puglia, basato sulla collaborazione tra i diversi operatori sanitari sul territorio ed il paziente stesso (o il suo care-giver), che cooperano sinergicamente nel dare attuazione al percorso di cura ed assistenza, ognuno per le attività di propria competenza.
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INFORMATICA
Nel modello una figura di riferimento è rappresentata dal care-manager, in grado di coniugare le capacità professionali infermieristiche con quelle di informazione, educazione al “self-management” e “coaching” del paziente. Una figura professionale di assistenza diretta, quindi, ma anche di collegamento tra i diversi attori del percorso assistenziale, favorendo l’integrazione e fungendo da “tutor” del paziente. La rete nel suo complesso comprende i servizi sanitari distrettuali, i medici di famiglia, gli specialisti ambulatoriali ed ospedalieri, gli infermieri, gli operatori di assistenza domiciliare, gli assistenti sociali (ma anche, se necessario, altri operatori sanitari come psicologi, fisioterapisti, fisiatri, dietisti, farmacisti di distretto ecc.), con l’obiettivo di realizzare un ambiente di lavoro integrato, collaborativo e multi-professionale. Attraverso l’educazione e la responsabilizzazione del paziente e la sua attiva collaborazione diventa possibile migliorare l’aderenza ai percorsi di cura e al trattamento, ponendo attenzione anche agli
stili di vita salutari e al benessere, con il fine di ottenere i migliori outcome clinici. Nascono nella rete gli Ambulatori delle Cronicità, luoghi fisici di contatto presenti nei comuni interessati dal progetto, ai quali sono assegnati i seguenti compiti: ██ costituiscono il luogo di riferimento per le attività di arruolamento dei pazienti cronici (segnalati dai medici di famiglia o in dimissione protetta dai reparti ospedalieri) e di gestione dei percorsi di cura; ██ stabiliscono una forte collaborazione con i Medici di Medicina Generale, responsabili della gestione clinica dei pazienti; ██ costituiscono un luogo di erogazione delle prestazioni ambulatoriali per i propri pazienti, con spazi opportuni e strumentazione dedicata; ██ coordinano le cure domiciliari, gestendo il canale ADI, il paziente e il suo care-giver.
DALLA CARTA AL TABLET La Direzione Generale della ASL Foggia ha autorizzato nel 2016 il progetto presentato dal Distretto Socio Sanitario di San Marco in Lamis relativo all’adozione di un unico sistema informativo informatizzato sia nei setting assistenziali distribuiti nei Comuni di competenza distrettuale che nel P.T.A. (Presidio Territoriale di Assistenza nato dalla riconversione dell’ospedale locale per fornire una risposta integrata ai bisogni di salute della popolazione aggregando e/o integrando funzionalmente le diverse componenti dell’assistenza territoriale). Il progetto prevedeva l’adozione di una “Scheda Clinica Territoriale Multiprofessionale” informatizzata in tutti i servizi distrettuali. Uno strumento, costruito sul “Modello dei vasi comunicanti a livelli differenziati”, che prende il via dal principio della multiprofessionalità e che varia in relazione all’evoluzione/involuzione del bisogno di salute del cittadino che afferisce ai servizi. Partendo dal presupposto basilare che la figura del caremanager è elemento essenziale nella gestione dei processi di assistenza delle cronicità, è stata introdotta anche l’adozione di una anamnesi infermieristica universale definita “soma/psiche/relazione” e un sub set di diagnosi infermieristiche ICNP® per omogeneizzare il metodo di valutazione dei bisogni ed il linguaggio adottato. La multiprofessionalità è stata rappresentata dalle seguenti figure: medici, infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali, psicologi, O.S.S., personale amministrativo. I setting assistenziali del Distretto Socio-Sanitario di San Marco in Lamis individuati per tale nuovo processo
operativo sono: l’ambulatorio infermieristico, l’ambulatorio fisioterapico, ambulatorio delle cronicità, Ospedale di Comunità, Assistenza Domiciliare Integrata, RSA estensiva, RSA per le demenze, Hospice. L’ampliamento a tutti i setting assistenziali distrettuali ha garantito: ██ una valutazione multiprofessionale sociosanitaria coerente con gli obiettivi della presa in carico, omogenea per le funzioni di base della persona ma con caratteristiche specifiche per ciascun setting assistenziale distrettuale, differenziabile in base al livello di complessità; ██ l’adozione di linguaggi internazionali professionali standardizzati tra cui l’ICNP®; ██ la promozione e la facilitazione della continuità assistenziale tra servizi sanitari e sociali, tra setting distrettuali e tra ospedale e territorio. L’adozione del sistema informatizzato è stata preceduta dalla formazione e dall’addestramento degli operatori nell’utilizzo della nuova scheda. Data la complessità e ampiezza del processo di cambiamento messo in atto, nella prima fase è stato garantito un servizio di tutoring h24 per 365 giorni all’anno. Dal 2016 ad oggi nel Distretto Socio-Sanitario di San Marco in Lamis molto è cambiato, soprattutto nella gestione delle patologie croniche. A Dicembre 2019 l’adozione della “Scheda Clinica Territoriale Multiprofessionale” informatizzata è stata attivata nel 90% dei servizi distrettuali.
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INFORMATICA
Una Centrale Operativa Territoriale (C.O.T.) fornisce supporto costante al paziente ed agli operatori sanitari ed esegue il monitoraggio del percorso di cura, registrando il verificarsi di eventi o allarmi e, se necessario, attiva il care-manager o il medico di famiglia.
IL SISTEMA INFORMATIVO E LE RETI DI TELECOMUNICAZIONE In un tale scenario è del tutto evidente che il sistema informativo e le reti di telecomunicazione costituiscano l’elemento aggregante e unificante: lo strumento telematico permette ad operatori sanitari diversi, presenti in luoghi diversi, nonché al paziente stesso e al suo care-giver, di poter agevolmente collaborare ed operare in modo coordinato, assicurando la circolarità delle informazioni e dei dati. Pertanto, il sistema informativo del progetto Diomedee è in grado di: ██ definire, programmare, controllare e valutare i singoli percorsi di cura, elaborati sulla base delle linee guida nazionali, regionali e delle società cliniche per le singole patologie (P.D.T.A.) e personalizzati secondo le esigenze cliniche e logistiche dei singoli pazienti; ██ condividere le informazioni e i dati clinici di interesse dei pazienti assistiti; ██ monitorare costantemente lo stato del paziente;
██ Figura 4: Esecuzione del percorso di cura, monitoraggio e controllo
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██ Figura 3: Modello assistenziale
██ acquisire
automaticamente i dati clinici registrati dai dispositivi di misurazione (telemedicina); ██ coinvolgere il paziente nella gestione del proprio percorso, rendendolo parte attiva del processo;
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INFORMATICA
██ disporre
di funzioni di collaborazione, anche mediante funzionalità di teleconsulto e telerefertazione; ██ interagire con i sistemi informativi già operanti nelle strutture coinvolte nel percorso del paziente e con il sistema sanitario regionale “Edotto”, per facilitare la continuità dei processi e lo scambio automatizzato dei flussi informativi; ██ aggregare informazioni utili al supporto decisionale.
LO SCENARIO OPERATIVO Lo scenario complessivo implementato mediante il progetto è riassumibile come segue.
Processi di presa in carico e registrazione del percorso di cura Il paziente cronico viene visitato e preso in carico presso l’ambulatorio delle cronicità (paziente autosufficiente) o l’U.VM. (paziente non autosufficiente) del Distretto Socio-Sanitario di riferimento, ove viene stabilito il suo percorso di cura che comprenderà la terapia da seguire, la programmazione degli accessi all’ambulatorio, degli interventi di assistenza domiciliare, degli esami diagnostici e delle comunicazioni con il MMG. Lo stesso iter viene eseguito in caso di dimissione protetta, a fronte della quale sarà cura dell’ospedale dimettente registrare il piano iniziale del paziente ed indirizzare lo stesso al presidio.
Processi di esecuzione del percorso di cura Gli operatori (il care-manager, il medico di famiglia, i medici specialisti, gli operatori della C.O.T., l’ADI, le strutture residenziali territoriali, etc.) collaborano nella gestione ed attuazione del percorso assistenziale mediante l’esecuzione delle attività programmate;
l’interazione reciproca e con il paziente/care-giver; la registrazione e condivisione dei documenti (es. referti, immagini, etc.) e dei dati clinici sul dossier, acquisibili anche mediante dispositivi di misurazione connessi. Tutti pazienti assistiti sono dotati di una APP operante su smartphone (IOS o Android) in grado di interagire con il sistema territoriale, ricevere comunicazioni sulla terapia e sulle attività da compiere, comunicare con la struttura sanitaria (chat, immagini, audio e video), registrare informazioni e trasmettere, nei casi previsti, i risultati delle misurazioni effettuate tramite i dispositivi bluetooth.
Processi di controllo e revisione del percorso di cura Le informazioni e i dati clinici sono monitorati dagli operatori sanitari della C.O.T., con l’evidenziazione automatica di eventi o situazioni di allarme (es. per valori anomali, per mancanza di comunicazioni da parte del paziente, etc.), attivando, quando necessario, il personale sanitario che ha in carico il paziente o, in caso di emergenza, la Centrale Operativa 118. Il care-manager, il medico di famiglia e gli operatori interessati, nonché il paziente stesso, dispongono di specifiche “viste” del percorso assistenziale e del dossier, accessibili anche in mobilità. Gli operatori sanitari e/o il medico di famiglia possono richiedere prestazioni ulteriori alle strutture in rete (ospedale, presidi, ADI) e il supporto specialistico dell’ospedale di riferimento che, da parte sua, avrà accesso alle informazioni sul paziente e potrà intervenire con strumenti di teleconsulto e telerefertazione. In caso di ricovero, l’ospedale ha accesso mediante il sistema informativo aziendale al dossier del paziente contenente tutti i dati raccolti fino a quel momento.
OBIETTIVI DEL PROGETTO DIOMEDEE ██ Dare
attuazione ai paradigmi della medicina di iniziativa (proattiva, di prossimità, incentrata sul paziente, integrata e collaborativa, sanitaria e sociale); ██ Garantire equità di accesso all’assistenza sanitaria, superando i limiti imposti dalla distanza dalle principali strutture di cura ed assistenza; ██ Migliorare le condizioni di salute dei pazienti, stabilizzandone le condizioni, disegnando un percorso di cura appropriato e coerente che consideri ogni aspetto, anche il contesto familiare e sociale; ██ Favorire l’aderenza al follow-up da parte del paziente, rendendo i servizi assistenziali più facilmente fruibili nel territorio di residenza, evitando la mobilità; ██ Assicurare l’erogazione di prestazioni appropriate e coerenti;
██ Monitorare
ed intervenire proattivamente al fine di prevenire gli episodi acuti ed il ricorso al pronto soccorso o al ricovero ospedaliero; ██ Ridurre i tempi di degenza ospedaliera, favorendo il trasferimento del paziente dall’ospedale al territorio; ██ Ridurre l’attesa per i pazienti coinvolti, incidendo anche sulle liste d’attesa aziendali; ██ Ridurre i costi associati a ricoveri o prestazioni inappropriate, nonché i costi sociali; ██ Costruire le basi tecniche ed organizzative sulle quali elaborare un programma assistenziale unico ed esteso a tutto il territorio provinciale, capitalizzando l’esperienza e gli investimenti effettuati.
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INFORMATICA
██ Figura 5: Integrazione del sistema informativo per la gestione della continuità assistenziale
██ Figura 6: Processi di presa in carico, esecuzione, controllo e revisione del percorso di cura
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INFORMATICA
Tabella 1 - ASL Foggia dotazione dispositivi di telemedicina CANALE EROGATORE
Ambulatorio delle Cronicità
Medici di medicina generale
ADI
Home-care
N.RO DI KIT
COMPOSIZIONE DEL KIT
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PC, ECG 12d, termometro, sfigmomanometro, pulsiossimetro, bilancia, stetoscopio, glucometro, holter cardiaco, holter pressorio, misuratore dell’emoglobina glicata, spirometro, tempo di protrombina (PT-INR).
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Tablet 10’’, ECG 12d, termometro, sfigmomanometro, pulsiossimetro, bilancia, stetoscopio, glucometro, holter cardiaco, holter pressorio, misuratore dell’emoglobina glicata, spirometro, tempo di protrombina (PT-INR).
150
Tablet 10’’, ECG 12d, termometro, sfigmomanometro, pulsiossimetro, bilancia, stetoscopio, glucometro.
200
Smartphone 6’’, misuratore palmare dell’ECG, termometro, sfigmomanometro, pulsiossimetro, bilancia, glucometro, holter cardiaco e pressorio, spirometro.
I dispositivi connessi
getto è molto orientato alla condivisione e alla collaborazione, anche tra figure afferenti a diversi soggetti titolari, per lungo tempo e in luoghi diversi; ██ è necessaria una gestione logistica e manutentiva di numerosi piccoli dispositivi a basso costo, la cui disponibilità, precisione ed efficienza devono essere assicurate durante l’intero percorso di cura; ██ prerequisito per l’home-care è la disponibilità di un canale di trasmissione dati presso il domicilio del paziente (es. copertura rete mobile 4G o wi-fi su rete fissa); ██ l’interazione diretta via app con il paziente/care-giver è una nuova frontiera da esplorare.
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA Il progetto Diomedee evolverà nel sistema di telemedicina aziendale e-Health Care e si svilupperà in modo progressivo lungo numerose dimensioni. Tra le principali: ██ copertura territoriale; ██ pazienti arruolabili; ██ patologie gestite; ██ canali erogatori; ██ analisi dei dati clinici della popolazione; ██ proattività e supporto alle decisioni con l’impiego di tecnologie di intelligenza artificiale (AI); ██ integrazione di dispositivi di nuova generazione (IoT). Bibliografia disponibile presso gli autori
Sono dispositivi medici in dotazione agli ambulatori delle cronicità, ai MMG, all’ADI e, nei casi previsti, al paziente stesso, connessi via bluetooth ad uno smartphone o tablet, in grado di misurare e contestualmente trasmettere al repository i dati clinici rilevati. Il dimensionamento inizialmente previsto è riportato nella tabella 1.
Gli autori
I FATTORI DI RISCHIO
GIROLAMA DE GENNARO Dottoressa, Dirigente servizio infermieristico territoriale
L’innovazione tecnologica ed organizzativa porta sempre con sé dei fattori di rischio verso i quali è indispensabile mantenere un’attenzione e controllo costanti: ██ Il progetto Diomedee definisce un modello organizzativo innovativo che richiede il coinvolgimento e la motivazione di tutti gli attori interessati dai processi implementati (MMG, care-manager, specialisti, infermieri, operatori ADI ecc.), nonché di tutte le figure di coordinamento e controllo; ██ è necessario consolidare i processi operativi con gli ospedali del territorio; ██ occorre porre un’attenzione particolare al trattamento dei dati, nonché alla sicurezza dei sistemi e delle comunicazioni: il pro-
VITO PIAZZOLLA Dottore, Direttore Generale ASL di Foggia PAOLO MARRA Ingegnere, SS Sistemi Informativi Aziendali
CARLA LARA D’ERRICO Dottoressa, Coordinatore servizio infermieristico DSS San Marco in Lamis STEFANO MARCONCINI Dottore, Coordinatore infermieristico SC Ortopedia P.O. Manfredonia ANNA RUSSO Dottoressa, Addetto stampa ASL di Foggia TOMMASO PETROSILLO Ingegnere, Dirigente responsabile SS Sistemi Informativi Aziendali
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sicomunica.com
BOLOGNA Capitale della Salute
22a mostra internazionale al servizio della sanità e dell’assistenza
21|22|23 aprile 2021 Il 23 aprile in contemporanea con
®
25a edizione dell’evento leader europeo per il mondo della farmacia nell’ambito Health Care, Beauty Care, Servizi della farmacia e Formazione
23|24|25 aprile 2021
In collaborazione con
e
Progetto e direzione
www.exposanita.it
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INTERVISTA
di Arturo Zenorini
Perché è importante informatizzare le Unità Farmaci Antiblastici (UFA) Mettere in Rete le UFA dei centri oncologici e ottimizzare i processi. Le priorità secondo Stefano Collatina, Country Lead Italy di Baxter S.p.A.
██ Cappe per la preparazione di farmaci antiblastici
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INTERVISTA
Le Unità Farmaci Antiblastici (UFA) costituiscono un elemento cruciale nell’ambito della farmacia ospedaliera delle strutture dedicate (interamente o con specifici reparti) al trattamento di pazienti oncologici. Il loro allestimento a norma di legge richiede un’elevata competenza ingegneristica, alla quale poi devono seguire un’appropriata formazione del personale e la manutenzione degli impianti. Sono solo alcuni aspetti di una realtà articolata e complessa, sulla quale abbiamo chiesto spiegazioni a uno dei maggiori esperti del settore, Stefano Collatina, Country Lead, Italy, Baxter S.p.A., azienda che si occupa di progettare e realizzare UFA in vari Paesi tra i quali il nostro. ██ Dottor
Collatina, può descriverci innanzitutto che cos’è un’UFA e quali aspetti fondamentali le caratterizzano in termini di sicurezza? UFA sta per Unità Farmaci Antiblastici ed è essenzialmente un laboratorio dotato di determinati standard definiti per legge all’interno del quale si preparano le formulazioni finali di farmaci antiblastici destinati alla terapia per il singolo paziente. Questo ambiente è necessario perché la maggior parte dei farmaci antiblastici sono tossici e quindi vanno maneggiati con cura ai fini della protezione del lavoratore che li tratta. In primis c’è quindi un tema di sicurezza per gli operatori che va rispettato ed esiste infatti un numero importante di regole che definiscono la gestione di questi farmaci, con standard molto chiari e abbastanza consolidati. In particolare, la Raccomandazione ministeriale n.14 esplicita come il prodotto biologico tossico e pericoloso deve essere gestito e manipolato. Un secondo aspetto riguarda ovviamente la necessaria sicurezza dei pazienti: dato che questi prodotti originano molto spesso da polveri contenute in fiale che devono arrivare nella formulazione finale con tutte le caratteristiche di sicurezza e integrità per poter essere iniettati, il processo di ricostituzione prevede la presenza di cappe a flusso laminare che mantengono la sterilità della formulazione e consentono di ricostituire la polvere all’interno di un solvente per avere il prodotto che poi verrà somministrato.
██ Sotto
il profilo tecnologico, invece? Come sono costituiti questi laboratori? Una UFA è un laboratorio particolarmente complesso in cui le aree vengono trattate in ambienti progressivamente più protetti: da quello esterno nel quale l’operatore si veste con tutte le attrezzature che sono richieste per poter manipolare i farmaci, via via verso l’interno spostandosi in ambienti classificati e protetti fino ad avere una condizione sterile. In particolare, questi ambienti comunicano tra di loro e necessitano di livelli di depurazione e pressurizzazione dell’aria gradualmente negativi per consentire la preparazione finale e quindi prevedono un sistema di trattamento aria e di filtri sopra il laboratorio piuttosto sofisticata. Tutti aspetti molto tecnici previsti
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██ Stefano Collatina, Country Lead, Italy, Baxter S.p.A.
dalla normativa e che devono essere rispettati. Quindi costruire una UFA è un’operazione complessa sia per l’ottimizzazione delle manipolazioni sia perché gli spazi che solitamente sono concessi da parte degli ospedali sono decisamente ristretti, fattore che nelle UFA è reso ancora più complicato dalla necessità di avere ambienti con pressioni differenti. Una UFA è dunque un ambiente di una discreta intensità tecnologica che richiede esperienza da parte sia di chi la progetta ma anche di chi la realizza. In generale quelle che noi realizziamo sono fatte in maniera sartoriale, quindi utilizzando gli spazi che ci vengono concessi, ma ovviamente sempre nel rispetto di tutti i requisiti di qualità definiti dalla normativa, in particolare di protezione del lavoratore. Ovviamente quanto maggiori sono lo spazio e le risorse disponibili tanto più una UFA è in grado di sopportare un numero importante di preparazioni giornaliere. Molto dipende anche dalla grandezza dell’ospedale e dal numero di pazienti che sono gestiti: sulla base di queste variabili cambiano i volumi degli spazi ma gli standard non possono non essere presi in considerazione, che la UFA sia piccola o molto grande con livelli di complessità crescente per via degli alti livelli produttivi e la gestione dei flussi di persone e materiali d’ingresso e in uscita. ██ La
manutenzione delle UFA è complessa? Anche questo aspetto è importante: le apparecchiature devono essere sottoposte a manutenzione periodica e le validazioni - tra cui la qualità dell’aria e quindi le classi A,B, C e D che caratterizzano l’UFA - vanno rifatte periodicamente. Inoltre, gli operatori devono essere formati e le formazioni stesse devono essere poi convalidate nel tempo Un’industria non si limita quindi a costruire il laboratorio: è molto più il processo produttivo che deve essere
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██ Ingresso all’area principale dell’UFA a pressione differenziata (sulla destra, indicatori dei principali parametri dei locali interni)
validato. A questo proposito esistono livelli più o meno stringenti: le industrie devono sottostare ai criteri GMP (Good Manufacturing Practices), le farmacie ospedaliere devono sottostare ai criteri del SGP (Standards of Good Preparation), quindi a norme di buona preparazione e non di manifattura. Quando un’industria costruisce un’UFA tiene più presente quanto più possibile i criteri di GMP perché in questo modo tanto meno ci si espone alla possibilità di errori (ovviamente tali pratiche correlate alle risorse disponibili, perché la qualità costa).
delle strutture che manipolano farmaci antiblastici ha qualche elemento fuori standard, alcune di queste addirittura molti. La Raccomandazione 14 prevede che, nel caso in cui la struttura che eroga farmaci oncologici non sia in grado di manipolarli secondo quanto previsto dalla raccomandazione stessa, debba approvvigionarsi di prodotti finali da parte di altre strutture che invece sono in grado di mantenere questi livelli di qualità. È da queste considerazioni che nasce il tema del “mettere in reti le UFA”. ██ Che
██ Al
di là degli aspetti relativi alla sicurezza, quali altri aspetti rilevanti sono normati per legge? Naturalmente molti altri. Uno fondamentale riguarda il processo dell’utilizzo di questi farmaci che sono spesso prodotti ad alto costo (anche migliaia di euro al milligrammo). Per questo motivo il processo di ricostituzione deve evitare sprechi che possono determinare forti perdite economiche. Abbiamo commissionato una survey che è entrata in dettaglio negli aspetti legati a questa catena di produzione del prodotto finale. La conclusione è stata che probabilmente le strutture che sono in linea al 100% con la Raccomandazione 14 in Italia non superano il 40%. In altre parole, il 60%
cosa si intende esattamente con rete di UFA? È una realtà già esistente? Dato che il processo inizia dal dotarsi delle materie prime per preparare il farmaco fino al loro utilizzo, quindi alla possibilità di creare una rete di un centro maggiore rispetto a centri satelliti, si può prendere in considerazione anche la possibilità di avere una struttura più grande per i prodotti prefiniti e poi di finirli nelle strutture satelliti più piccole. L’alternativa è preparare il prodotto finito nel centro grande e poi gestire in termini di logistica questi prodotti finiti in cabina fredda al luogo della somministrazione. Posto che si conservi l’integrità di tutto il processo di manifattura, che questo sia scomposto in luoghi differenti o lo si esegua in un luogo cen-
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trale non è rilevante, si tratta di stabilire qual è l’hub e quali sono gli spoke: come si vogliono utilizzare i flussi è un’opera ingegneristica e le consulenze che noi facciamo sono di tipo ingegneristico. Nella mia esperienza non ho ancora lavorato a una rete di centri così organizzata. Oggi spesso i centri produttivi servono strutture minori vicine, in un’ottica più di tipo logistico e gestione differenziata della produzione, ma in via teorica è assolutamente possibile lasciare ai centri piccoli la parte finale della preparazione partendo da prodotti intermedi. Di fatto, però, questo al momento non succede forse anche perché ogni ospedale preferisce avere la propria struttura UFA che in qualche modo non cede il potere. Si potrebbe fare molto meglio se fosse organizzata una rete però in una situazione in cui al massimo il 40% dei centri sono a norma prima di perseguire l’obiettivo di efficienza va perseguito quello di efficacia, cioè dotarsi di requisiti minimi standard per poter operare e solo dopo ottimizzare il sistema con il criterio della rete. ██ Il
percorso delle realizzazioni delle UFA è riservato alle strutture di eccellenza private o è compatibile con una partnership pubblico-privato, per esempio? È assolutamente compatibile. La realizzazione delle UFA trova oggi un possibile percorso sostenibile attraverso l’avvio di partnership pubblico-privato con aziende esperte nella progettazione, realizzazione e gestione delle UFA. In Italia i centri che gestiscono pazienti oncologici, e quindi farmaci oncologici, sono più di 400, con 1.200 ospedali tra pubblici e privati. Evidentemente per motivi di risorse non è possibile realizzare un’UFA in ogni struttura. In effetti, costruire una struttura di questo genere ha un costo e quindi dipende dalle risorse disponibili e dal volume di attività su cui spalmare il costo stesso. È possibile comunque fare strutture molto piccole ma efficienti, quindi il numero di preparazioni minime può
██ Area per l’elaborazione e l’analisi dei dati di produzione
essere a un livello compatibile anche con una struttura media. Se però le preparazioni sono molto poche, probabilmente non solo non ha senso realizzare lì una UFA perché il rischio associato a un basso livello di preparazioni è ovviamente maggiore rispetto al rischio di preparazioni in una struttura più grande e strutturata. Qui nuovamente si riaggancia il tema della rete ma questo concetto è valido per tutte le altre attività specialistiche. Non ha senso fare della cardiochirurgia in centri che facciano solo un basso numero di interventi che non siano compatibili con l’expertise di chi fa questa attività e questo concetto è alla base della progressiva concentrazione in centri terziari di attività specialistiche.
FILIERA PRODUTTIVA SIMILE ANCHE PER I FARMACI BIOLOGICI Un ulteriore aspetto evidenziato da Stefano Collatina – che ricopre anche la carica di coordinatore dell’Italian Biosimilars Group e di vicepresidente di Assogenerici – è che non soltanto i farmaci oncologici chimici devono essere ricostituiti in ambiente sicuro ma anche i prodotti biologici. Anche questi ultimi, pertanto, andrebbero inseriti nel processo di ricostituzione centralizzata. Del resto, aggiunge Collatina, esiste una raccomandazione della SIFO, secondo cui anche i biologici e i biosimilari devono essere ricostituiti in ambiente protetto centralizzato. Questo in realtà non succede sempre, specifica, soprattutto per il fatto che molto spesso i prodotti biologici per malattie autoimmuni vengono ricostituiti nel reparto (per esempio nel caso di anticorpi monoclonali usati per diverse
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indicazioni: reumatologiche, gastro-intestinali, ematologiche, più le loro combinazioni). Questo è scorretto per due motivi, sottolinea Collatina: il primo è perché non è sicuro, il secondo perché si associa a sprechi elevati da comportamenti non virtuosi (impiego dell’avanzo di una fialetta per il paziente successivo ecc.). Esistono studi che condotti su situazioni di questo genere dimostrano che si può arrivare a sprechi anche di oltre il 10% il cui costo di qualche migliaio di euro si associa un costo nascosto che nessuno traccia in una sanità che ha il grande tema della sostenibilità. è un problema non piccolo. La mancanza di controlli di questa filiera su prodotti ad altissimo costo comporta il rischio di sprecare prodotti che invece andrebbero utilizzati, conclude Collatina.
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IL PROBLEMA DELLA DISOMOGENEITÀ DELL’INFORMATIZZAZIONE Nella complessa produzione dei farmaci antiblastici l’aspetto informatico è importante. Non tutte le UFA però lavorano con sistemi informatici, osserva Collatina, e ci sono alcune strutture (peraltro a norma come struttura di produzione) che ancora usano la carta: ciò è associato al rischio di errori avvenuti nella trascrizione delle informazioni. Le UFA, sottolinea, in qualche modo nascono anche per diminuire tali errori. Quando si parla di UFA non ci si riferisce soltanto all’involucro ma anche a tutti i processi che portano a standardizzare la produzione e la sicurezza. Se il sistema è informatizzato, questo è più sicuro e più protetto e si hanno minori probabilità di errori. Quando una UFA è dotata di un software – sottolinea Collatina dovrebbe avere una interoperabilità integrata con il software dell’ospedale e dovrebbe potersi connettere con il braccialetto che il paziente ha al polso (idealmente dalla sua presa in carico all’ingresso in ospedale fino alla sua dimissione) in modo tale che tutti i prodotti da
██ Rispetto
alla realtà italiana, ci sono altri Paesi dove mediamente c’è un livello qualitativo delle UFA più sicuro ed efficiente o le problematiche che ha descritto sono diffuse? Non solo sono problematiche diffuse ma verosimilmente la situazione italiana è una delle migliori. La presenza di specifiche leggi e decreti e soprattutto il grande lavoro eseguito da enti a supporto quali la SIFO (Società Italiana dei Farmacisti Ospedalieri) , con la missione di coinvolgimento, condivisione e diffusione delle buone norme di fabbricazione e gestione, e la Raccomandazione 14 che determina gli standard - oltre al fatto di fare verifiche periodiche per valutare se questi standard vengano perseguiti - sicuramente porta il livello medio di qualità del nostro sistema a una posizione abbastanza alta nel ranking dei vari Paesi. Tra le realtà che conosco, sicuramente molte non hanno i livelli italiani. In realtà non si può rispondere in modo esaustivo perché non ci sono dati relativi ad altre nazioni che riportino la percentuale di strutture UFA con compliance relativamente buona o completamente fuori standard. Proprio per la complessità del sistema dovrebbe essere l’ente pubblico a occuparsi di fare delle verifiche periodiche. La survey commissionata da noi a IQVIA è stata fatta perché c’era oggettivamente una mancanza informativa che dovrà essere colmata. Probabilmente la grande novità di informazione che abbiamo richiesto in questa indagine ci ha portato anche a identificare dei problemi che in indagini meno dettagliate e granulari non erano stati identificati. In alcune
somministrare al paziente siano effettivamente quelli prescritti. Anche qui, se si entra in dettaglio, non tutti gli ospedali sono dotati di sistemi di questo genere, rimarca Collatina, quindi il vero problema è quello della sicurezza. Per risolvere il grande problema degli errori in sanità appare auspicabile poter far interagire i software di gestione dell’UFA con quelli dei pazienti in ospedale perché questo ulteriormente genererebbe elementi di sicurezza e quindi di qualità. Esiste poi ancora un tema importante, rileva Collatina: la fruibilità dei dati che derivano dall’analisi di questo processo e portano alla sua ottimizzazione. Basandosi sul concetto del “miglioramento continuo” lean manufacturing (Six Sigma) applicato ai sistemi di produzione, ciò implica il poter definire obiettivi, implementarli, controllarli, avere indicatori di qualità da misurare periodicamente e materiale per pensare, il tutto finalizzato a migliorare il processo: validare la qualità del sistema è un fatto importante.
si chiedeva qual era il livello di compliance delle normative delle strutture delle farmacie ospedaliere, con una risposta attestata al 70%. Quando siamo andati a vederlo nel dettaglio, basandoci sulle raccomandazioni per realizzare una griglia per un audit di valutazione, questo scenario è sceso con un livello sotto il 40%. Poiché si parla della salute degli operatori e dei cittadini, sarebbe auspicabile essere poco indulgenti con sé stessi. ██ Qual
è l’aspetto principale su cui intervenire per migliore la situazione, a suo avviso? Solo il 40% solo delle strutture oncologiche sono a norma relativamente alla produzione di prodotti così importanti come prodotti antiblastici, che poi non sono gli unici prodotti da includere in questo perimetro in quanto vanno compresi i prodotti immunologici e tutti quelli somministrati per via parenterale: quindi effettivamente la dimensione del problema non è piccola. Ciò che dobbiamo fare per migliorare la qualità del nostro sistema sanitario molto probabilmente è mettere in sicurezza i processi, creare dei percorsi di qualità sui quali non fare sconti perché su certi requisiti si deve esigere il massimo altrimenti si possono causare gravi danni ai pazienti.
L’autore ARTURO ZENORINI Giornalista freelance, medico specialista in medicina nucleare
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LA GESTIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE SANITARIA: TRA RISK MANAGEMENT E ASSICURAZIONE L’attuazione, non ancora completa, del contenuto innovativo della legge per quanto concerne l’importanza attribuita al sistema di gestione del rischio, prodromica e successiva al sorgere della responsabilità civile degli operatori sanitari, è stata l’occasione per affrontare, in tale rinnovata ottica, la tematica relativa a quella delle strutture sanitarie e dei loro dipendenti, ma anche dei medici liberi professionisti. Lo sforzo degli autori è stato di cogliere gli aspetti più innovativi della legge e di coordinarli con la giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi nel corso degli anni, sulla responsabilità civile dei professionisti interessati, degli ospedali e delle cliniche private. Il lavoro degli autori del “Gruppo Litigation in materia assicurativa” di ASLA è aggiornato con il richiamo al contenuto dei primi decreti attuativi della Legge Gelli (il terzo istitutivo del SNLG, del Febbraio 2018) e con la pronuncia di Cassazione a Sezioni Unite n. 22437 del 24 Settembre 2018 (sulle clausole applicabili ai contratti di assicurazione della responsabilità civile sanitaria), con il coordinamento e la cura di Michele Sprovieri.
Pubblicazione: febbraio 2019 Pagine: 320 Formato: 17 x 24,5 cm Prezzo: 30,00 euro
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TECNOLOGIE
di Tiziana Ferrante, Teresa Villani
La sicurezza incendi in ambito ospedaliero Tra gli interventi più urgenti richiesti agli edifici ospedalieri esistenti quelli relativi alla sicurezza antincendio risultano essere prioritari. Un tema importante, quindi, è la valutazione dei materiali di finitura per i connettivi degli ospedali nella progettazione antincendio La vetustà e l’obsolescenza della maggior parte degli ospedali presenti sul territorio nazionale, alle quali si somma sovente la scarsità di azioni manutentive, rendono molte strutture inadeguate1 a funzioni che a fronte dell’evoluzione delle tecnologie biomedicali e dei protocolli terapeutici richiedono interventi urgenti di ammodernamento e rifunzionalizzazione. In questo quadro articolato e complesso si colloca l’operato di chi responsabilmente vuole contribuire a rendere gli ospedali luoghi sicuri e protetti rispetto a situazioni di rischio che potrebbero verificarsi e, nel contempo, sempre più efficienti e in grado di erogare servizi di qualità a soggetti in condizioni di particolare fragilità fisica e psicologica [1]. Ciò comporta un organismo edilizio concepito come sistema plurifunzionale sulla base di criteri di carattere prestazionale attraverso i quali la funzione sociale svolta nei confronti dei singoli pazienti e dell’intera comunità, trovi risposta in termini di qualità degli spazi [2]. Tra le qualità inderogabili, la sicurezza rappresenta per un ospedale - purtroppo - un problema ancora oggi irrisolto che vede da un lato, la presenza di finanziamenti dedicati dall’altro, poderosi
tagli sugli investimenti che occorrerebbero per la progettazione e la realizzazione. Tra gli interventi più urgenti richiesti agli edifici ospedalieri esistenti quelli relativi alla sicurezza antincendio risultano essere prioritari, ribaditi dal DM 19 marzo 2015 con specifiche tempistiche e finanziamenti. Molti degli interventi di adeguamento risultano però di difficile praticabilità, tra cui la selezione dei materiali di finitura degli spazi di distribuzione che richiede una reazione al fuoco molto restrittiva, limitando spesso il progetto. Numerosi sono gli organismi internazionali (NFPA, British Standard) che hanno prodotto normative e manuali dedicati al tema della sicurezza antincendio negli ospedali. In particolare, esiste un consistente apparato di linee-guida, norme e best practices a supporto della fase di progettazione che individua le prestazioni da garantire in ospedale, che tuttavia non approfondisce (se non in parte) le questioni inerenti alla valutazione delle alternative tecniche molto importanti per verificare la fattibilità delle ipotesi progettuali2. Inoltre, ancora pochi sono gli studi che affrontano il tema della gestione delle emergenze in condizioni “straordinarie” che potrebbe-
Corte dei Conti. Deliberazione 9/03/ 2018, n. 4/2018/G come raccomandato dall’art. 23 del Codice dei contratti pubblici.
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TECNOLOGIE
██ Fig 1: Great Ormond Street Hospital for Children, London Llewelyn Davies
ro determinarsi in ospedale in caso di incendio (cfr. Review of five London hospital fires and their management, 2015, NHS). In altri termini, si continua a progettare, costruire e mantenere in esercizio ospedali che non sono in grado di garantire tutte le necessarie “risposte” al suddetto requisito. Diventa quindi importante individuare criteri di progettazione che tengano conto di situazioni in cui il contesto ospedaliero deve essere in grado di fronteggiare condizioni emergenziali, attraverso le prestazioni di sicurezza che l’edificio e le sue parti debbono garantire3.
In tal senso, all’interno delle strutture ospedaliere, gli spazi dedicati ai sistemi di distribuzione (orizzontali e verticali) che collegano le Aree Funzionali assumono un ruolo determinante, poiché svolgono non solo la funzione di vie d’esodo, ma anche di spazi di connessione tra gli ambienti di cura, accoglienza, socializzazione e relazione. La loro configurazione, insieme alla loro costituzione in termini materici, si completa attraverso una connotazione che deriva dalle caratteristiche degli elementi di finitura (pavimenti, rivestimenti di pareti verticali, controsoffitti).
L’importanza di disporre di strumenti adeguati, informazioni, ecc..in grado di supportare l’attività progettuale nel settore ospedaliero è testimoniata anche da alcuni studi internazionali (cfr.HaCIRIC, The Health and Care Infrastructure Research and Innovation Centre, Londra, 2013) nei quali viene sottolineata, tra gli errori progettuali più ricorrenti, l’inappropriatezza nella scelta dei materiali.
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TECNOLOGIE
stione [4-5]; oppure all’igiene e alla qualità indoor dell’aria [6], oppure agli effetti che possono produrre sull’orientamento [7]. Partendo appunto da questa osservazione, si è ritenuto interessante approfondire in sede di ricerca universitaria4 uno studio che, nel considerare le inderogabili caratteristiche prestazionali degli spazi di distribuzione in ambito ospedaliero rispetto al comportamento al fuoco(definite dal DM 19 marzo 2015)e legate ai criteri di selezione dei materiali degli elementi di finitura, ha inteso contestualmente approfondire ulteriori prestazioni, ancora poco considerate in ambito progettuale, per fornire ulteriori indicazioni ai professionisti impegnati negli interventi di adeguamento delle strutture esistenti.
METODOLOGIA E PRIMI RISULTATI
██ Fig. 1: Strutturazione delle informazioni tecniche riferite alle scelte di materiali di finitura dei sistemi di distribuzione in progetti di adeguamento e messa a norma di ospedali nazionali e internazionali, a partire dal requisito di reazione al fuoco. Pavimenti.
Elementi che, in rapporto a un’incidenza media pari al 40% dei costi di ristrutturazione, dovrebbero essere opportunamente selezionati per garantire la necessaria rispondenza rispetto alle normative antincendio. Non solo. Parallelamente, bisognerebbe ottemperare tutte quelle caratteristiche che fanno capo agli aspetti percettivo sensoriali (di comunicazione, di facilitazione nell’orientamento, di riconoscibilità delle Aree Funzionali ecc.) con quelli legati all’igiene, alla manutenibilità e alla gestione. Numerosi studi condotti a livello internazionale hanno approfondito il tema dell’appropriatezza nell’uso di particolari materiali nelle strutture ospedaliere, ma si sono rivolti (quasi esclusivamente) ai loro comportamenti in termini di partecipazione alla combu-
Rispetto al tema specifico della progettazione degli spazi di distribuzione di un ospedale, il suddetto Decreto al punto 15.2 a) affronta il tema della “Reazione al fuoco dei materiali di atri, corridoi, disimpegni, scale, rampe, passaggi in genere” sottolineando che è consentito l’impiego, in ragione del 50% massimo della superficie totale (pavimento, pareti, soffitto, proiezioni orizzontali delle scale) di prodotti da costruzione classificati secondo il sistema europeo di cui al D.M. 10.03.2005 e s.m.i. e comunque rispondenti al sistema di classificazione italiano di cui al D.M.26.06.1984 e s.m.i., classificati in classe 1 di reazione al fuoco. Per le restanti parti devono essere impiegati materiali incombustibili. Una prescrizione che, in fase progettuale, può rappresentare una forte limitazione rispetto alle scelte dei materiali di finitura da adottare per partizioni orizzontali, verticali, inclinate, se si considera la necessità di valutare, in fase di fattibilità degli interventi, misure passive che rispondano al requisito di “sicurezza al fuoco”, ma che assolvano contestualmente altri requisiti come per esempio l’igiene, la manutenibilità, l’aspetto, nel rispetto della sostenibilità ambientale ed economica. A partire da tale riflessione è stato impostato uno studio per la messa a punto di strumenti di supporto alla valutazione di alternative tecniche per i suddetti spazi di distribuzione, pre-valutandole attraverso opportuni passaggi logici di verifica, confronto e selezione dei materiali, tali da considerare contestualmente, attraverso le specifiche di prestazione, oltre alla capacità di reazione al fuoco, anche gli altri requisiti. In una prima fase lo studio è stato rivolto a esempi di best practices che hanno affrontato il tema della sicurezza antincendio degli spazi di distribuzione attraverso l’adozione di soluzioni
Ricerca finanziata dall’Ateneo “Sapienza”, 2018-2020. Responsabile scientifico prof.ssa Tiziana Ferrante.
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TECNOLOGIE
██ Fig.2 - Fig.3: Schede tipo elaborate dal gruppo di ricerca che sintetizzano l’impostazione del repertorio.
passive. Esempi di interventi realizzati in Europa e in USA nei quali, per tali spazi, sono stati impiegati materiali di finitura rispondenti sia ai requisiti di sicurezza al fuoco che di igiene, manutenibilità, aspetto, sostenibilità. Questo ha permesso di strutturare le informazioni tecniche relative ai materiali utilizzati, suddividendole in base alle diverse categorie di spazi di distribuzione (percorsi orizzontali, verticali, inclinati) e in base ai componenti e/o elementi di finitura degli elementi tecnici interessati (pavimenti, rivestimenti murali, protezioni murali, controsoffitti, parapetti, corrimano). La struttura delle informazioni tecniche è stata organizzata per livelli di approfondimento. Una prima parte relativa alle caratteristiche materiche, dimensionali e morfologico-percettive, una seconda parte dedicata alle specifiche prestazionali, una terza parte contenente informazioni su pulizia e manutenzione. Per tutti i materiali sono state rintracciate le certificazioni e i documenti di conformità. A partire dalle risultanze dello studio e sistematizzazione di materiali utilizzati, sono stati selezionati quelli adottati negli
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interventi di adeguamento, di cui sono stati organizzati i dati tecnici. Successivamente, per ampliare la scelta, è stata condotta un’indagine di mercato specificatamente rivolta alle aziende più accreditate nel settore ospedaliero in ambito europeo su materiali di finitura adottabili (in quanto rispondenti ai dettami normativi) per le partizioni interne dei sistemi di distribuzione. Attraverso contatti diretti con le aziende produttrici e attraverso il loro supporto tecnico è stato possibile costruire un repertorio di prodotti e soluzioni tecniche corredato da informazioni (specifiche tecniche, certificazioni, ambiti di applicazione ecc.) che sono state uniformate e normalizzate (per convenzione grafiche, unità di misura, normativa tecnica ecc.) in modo da facilitare il confronto nella fase di valutazione delle alternative tecniche. La struttura del repertorio (che comprende per ora più di 200 prodotti) consta di una parte identificativa (denominazione, caratteristiche materiche e dimensionali); una parte che raggruppa tutte le specifiche prestazionali connotanti l’uso (sempre a partire dalla reazione al fuoco); una parte relativa all’impatto
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TECNOLOGIE
ambientale e sulla salute (riciclabilità, emissioni nocive); una sezione che illustra le caratteristiche funzionali, morfologicopercettive che ne descrivono l’aspetto, nonché le informazioni sull’igiene e la manutenzione. La selezione dei materiali è stata sottoposta anche alla supervisione del Corpo Nazionale dei VVF per una prima validazione dal punto di vista normativo. I prodotti di finitura sono stati selezionati in modo tale che, a parità di funzione e nel rispetto delle prescrizioni normative del DM 19.03.2015, assicurano la contestuale rispondenza ai requisiti di igiene, manutenibilità, aspetto, nel rispetto della sostenibilità ambientale ed economica.
REPERTORIO DI MATERIALI DI FINITURA PER SPAZI DI DISTRIBUZIONE OSPEDALIERA: SVILUPPI FUTURI Dalla struttura del repertorio si sta attualmente lavorando verso l’implementazione digitale delle informazioni attualmente in forma analogica e verso la realizzazione di un database di materiali di finitura interfacciabile con la piattaforma BIM (Building Information Modeling), per poi verificarne il suo funzionamento in termini di interoperabilità con gli attuali software. Questo passo è oggetto delle successive fasi della ricerca,per rispondere alla domanda di rinnovamento degli strumenti di progettazione e gestione del processo edilizio richiesti nel Piano Nazionale Industria 4.0 e di gestione di consistenti flussi di informazioni e dati. Il database potrà agevolare in modo particolare i progettisti nella redazione degli elaborati del progetto di fattibilità tecnica ed economica nell’individuare, tra più soluzioni, quella che presenta il migliore rapporto costi/benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire, che significa valutare, da parte dei progettisti, le alternative tecniche in base anche a criteri prioritari come la sicurezza al fuoco. La possibilità di comparare le caratteristiche tecniche e architettoniche dei materiali e prodotti di finitura, già preselezionati in base alla reazione al fuoco, può ridurre il margine di errore progettuale, preparando le basi per i successivi livelli di approfondimento del progetto, per verificare la congruità di un materiale rispetto a un determinato quadro prestazionale. Può facilitare inoltre i progettisti nell’affrontare le consistenti limitazioni normative di sicurezza al fuoco rispetto alle scelte dei materiali di finitura da adottare per partizioni orizzontali, verticali, inclinate (misure passive), che spesso conducono il progetto verso soluzioni standard o all’incremento delle misure attive (impianti).
La digitalizzazione permetterà di avere informazioni sempre aggiornabili, trasformandole in “oggetti dinamici” connessi alla modellazione geometrica degli spazi di distribuzione degli ospedali. Il database, oltre a essere consultabile all’interno degli stessi strumenti di progettazione (software Revit ecc.) potrà infine presentare i vantaggi di essere strutturato con un linguaggio univoco (dato dalla codifica e dalla denominazione normalizzata degli elementi), con informazioni standardizzate (contenute negli attributi informativi) e facilmente consultabili.
Bibliografia [1] Ferrante, T. (2010), “Prefazione”, in Villani T., Riqualificazione degli edifici ospedalieri.La sicurezza antincendio, Gangemi Editore,Roma, pp. 11-25; [2] Palumbo, R. (2010), Architettura e salute. Convegno “Come alla corte di Federico II, 7°ed.,Napoli,marzo 2010,http://www.comeallacorte.unina.it/upload_ file/100303085631DISPENSA%2004_03_2010_ROBERTO%20 PALUMBOridotta.pdf. [3] Ferrante, T. (2005), “La programmazione degli interventi di riqualificazione per migliorare la sicurezza e l’accessibilità”, in AA.VV.,Contaminazioni culturali. Materiali di studio del Dottorato di ricerca in Riqualificazione e Recupero insediato, Palombi Editore, Roma,pp. 221-226; [4] Nam S., Bill R. G. JR (2009). “A New Intermediate-scale Fire Test for Evaluating Building Material Flammability”, Journal of FireProtection Engineering, Vol 19, (3), pp. 157 - 176 [5]Shepel, S.V., Wakili, K.G., Hugi, E. (2011), Investigation of heat transfer in gypsum plasterboard exposed to fire for three nominalfire scenarios, Journal of Fire Sciences, Vol. 30, (3), pp 240-255. [6] Leung, M., Chan, A H.S.. (2006). “Control and management of hospital indoor air quality”, Medical Science Monitor, Vol. 12, (3),pp 17-23. [7] NHS (2005), Wayfinding: effective wayfinding and signing systems: guidance for healthcare facilities, London, TSO, Enterprise IG.Information Design Unit.
Le autrici
TIZIANA FERRANTE Dipartimento di Pianificazione Design Tecnologia dell’Architettura (PDTA) – “Sapienza” Università di Roma TERESA VILLANI Dipartimento di Pianificazione Design Tecnologia dell’Architettura (PDTA) – “Sapienza” Università di Roma
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NEWS AZIENDE
3TI PROGETTI NELLA NUOVA COMPAGINE PROGETTUALE PER L’OSPEDALE DI BACAU 3TI Progetti - società di ingegneria employee owned che da oltre 20 anni offre servizi di consulenza nella pianificazione, progettazione e project & construction management di infrastrutture per il trasporto (ferrovie, aeroporti, porti e strade), nell’edilizia e nell’ingegneria ambientale - consolida la propria presenza in Romania, siglando il contratto per l’importante opera di completamento dell’Ospedale municipale di Bacau. La costruzione del nosocomio, dopo una lunga battuta d’arresto, riprende ora con la nuova compagine progettuale che vede 3TI Progetti in partnership maggioritaria con lo studio rumeno Popaescu & Co. Le opere su cui la società di ingegneria italiana andrà a eseguire le progettazioni sono legate all’architettura esterna, agli impianti e alle installazioni tecniche. Il contratto prevede anche l’assistenza tecnica in fase di costruzione. La struttura ospedaliera si estende su di una superficie complessiva di 23.400 mq, distribuiti fra seminterrato e sei piani fuori terra. Con un’offerta di 340 posti letto e 1.040 stanze, lo “Spitalul Municipal Bacău” risulterà, a costruzione ultimata, come una delle più importanti strutture sanitarie del distretto.
██ Ospedale Comunale di Bacau
Per 3TI PROGETTI si tratta del consolidamento della propria presenza in Romania. Dopo una serie di incarichi che hanno visto la società di progettazione protagonista nel processo di infrastrutturazione rumeno (con gli interventi, tra gli altri, per gli aeroporti di Bucarest, Kraiova e Bacau), il primo progetto in ambito sanitario è stato quello relativo all’ospedale “Targu Mures” cui è seguito, poco dopo, quello di ultimazione della struttura di Bacau.
STAMPA 3D, CHIRURGIA ROBOTICA E MONITORAGGIO VIRTUALE DEI PAZIENTI Creare sinergie per facilitare l’adozione di tecnologie innovative in Sanità. GE Healthcare, divisione medicale di General Electric, ha annunciato investimenti e collaborazioni con le società Formlabs, CMR Surgical Ltd e Decisio Health, specializzate rispettivamente nella stampa 3D, nella robotica chirurgica e nel monitoraggio virtuale delle cure. Formlabs è un produttore del Massachusetts che produce stampanti 3D avanzate e convenienti che possono aiutare i medici a stampare facilmente e rapidamente i modelli anatomici sul punto di cura. GE Healthcare ha recentemente partecipato, in qualità di investitore di minoranza, a un round di finanziamento di 240 milioni di dollari per CMR Surgical Ltd., lo sviluppatore con sede nel Regno Unito di un sistema chirurgico robotico chiamato Versius che mira a migliorare ed espandere l’uso della chirurgia mininvasiva, con l’obiettivo di ridurre i traumi e accelerare i tempi di recupero dei pazienti. GE Healthcare sta infine investendo in Decisio Health, una società di software con sede a Houston, Texas, specializzata nella sorveglianza clinica, per espandersi nello spazio di cura virtuale e rivoluzionare il monitoraggio dei pazienti. Le soluzioni di Decisio forniscono una visione consolidata e in tempo reale dei pazienti da più sistemi di un’area di cura, un ospedale o un’intera rete. Combinando le piattaforme clini-
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che digitali di GE Healthcare con il software di visualizzazione Decisio, i team clinici saranno in grado di fondere dati latenti e retrospettivi (es. EMR) e dati del paziente in tempo reale (es. pressione arteriosa e livelli di latticità) per contribuire a migliorare il processo decisionale clinico e ad avere un impatto positivo sulla cura del paziente.
██ GE Healthcare ha annunciato investimenti nella stampa 3D, nella robotica chirurgica e nel monitoraggio virtuale delle cure
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NEWS AZIENDE
ABB PROTAGONISTA DEL NUOVO POLIAMBULATORIO DELLA FONDAZIONE COLLEONI La fondazione Colleoni di Castano Primo (MI) è un’organizzazione attiva nel settore socioassistenziale e sanitario da oltre un secolo. Nella struttura di Castano Primo vengono ospitate persone anziane non autosufficienti, che non possono essere assistite in casa, garantendo loro una completa assistenza sanitaria ai massimi livelli. La Fondazione ONLUS Colleoni nel tempo è rimasta fedele alla propria mission di fornire servizi adeguati ad accogliere le persone, garantire assistenza medico-sanitaria, oltre che benessere in termini di inclusione sociale. Con lo stesso spirito di attenzione alle necessità della comunità, la direzione ha deciso di rinnovare una parte della struttura per adibirla a poliambulatorio specialistico aperto a tutti. ABB è stata scelta per fornire il pacchetto completo di building automation, oltre al sistema di distribuzione elettrica per il nuovo edificio, perchè in grado di soddisfare tutte le richieste di comfort, sicurezza ed efficienza energetica. Il poliambulatorio sarà aperto a tutta la popolazione e offrirà servizi legati alle principali discipline, tra cui cardiologia, ginecologia, ortopedia, neurologia, piccoli interventi chirurgici, fisioterapia e assistenza infermieristica. L’utilizzo di specifiche apparecchiature, quali ad esempio l’ecografo, ECG e la necessità di attivare e disattivare la strumentazione a mani libere, ha portato all’installazione di un impianto ABB di building automation, abbinato alla serie civile Mylos. “Il sistema di automazione ABB-free@home® è la soluzione ideale per questa applicazione. Con free@home è possibile
configurare e gestire degli scenari che permettano di alzare e abbassare le tapparelle, variare l’intensità delle luci o spegnere completamente i dispositivi, garantendo massima sicurezza e semplicità di utilizzo, durante l’attività lavorativa.” Spiega Fabrizio Rossi, titolare di Fast Impianti azienda da sempre attenta all’innovazione tecnologica, che oltre ad aver curato l’installazione dell’impianto elettrico, offre un servizio di assistenza H24.
DUSSMANN SCEGLIE LA TECNOLOGIA DI UNA STARTUP DI BOLOGNA che di polveri sottili) e contribuendo a tutelare la Dussmann, multinazionale specializzata nel campo dei salute di studenti, insegnanti e pazienti delle strutservizi integrati e del facility management (con 17mila ture sanitarie. dipendenti e un fatturato consolidato nel 2018 di 507 miDa qualche settimana, il progetto Radoff è sbarlioni di euro), sceglie una startup di Bologna per integrare cato su CrowdFundMe, il primo portale di equity i propri servizi di monitoraggio e bonifica dell’aria indoor. crowdfunding quotato alla Borsa italiana. ObietSta prendendo forma proprio in questi giorni, infatti, una tivo di CrowdFundMe è quello di sostenere impartnership tra Dussmann Italy e Radoff, azienda altaprenditori e investitori con tutti gli strumenti e le mente innovativa che ha fatto della lotta al gas Radon e garanzie necessarie per il buon esito del progetdel miglioramento della qualità di vita dei cittadini, sia in to. La campagna di Radoff è ufficialmente operaambiente domestico che lavorativo, la sua mission princi██ Domenico Cassitta CEO di Radoff tiva e gli investitori che vogliono supportare l’inipale. Grazie alla partnership con Dussmann, nei prossimi ziativa possono portare il loro contributo alla lotta mesi partirà una sperimentazione e la tecnologia Radoff entrerà all’interno di scuole e cliniche ospedaliere italiane, al fine al gas Radon. Da quando è stato inaugurato, CrowdFundMe ha di mantenere sotto controllo le condizioni di salubrità dell’aria (con già raccolto oltre 20 milioni di euro di investimenti, con 60 progetti riferimento particolare a possibili infiltrazioni di gas Radon ma an- di successo e partner nazionali e internazionali.
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Le schede di architettura
Uno strumento di consultazione pensato per progettisti e health planner: la pubblicazione dei disegni di progetto in grande formato assicura la completa leggibilitĂ e comprensione degli schemi grafici a corredo delle realizzazioni presentate nella rivista Il nuovo ospedale di Cordova pag. 12
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62 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 16 Planimetria piano seminterrato
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63 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 16 Planimetria piano terra
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64 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 16 Planimetria primo piano fuori terra
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65 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 17 Planimetria piano secondo fuori terra
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66 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 17 Planimetria piano terzo fuori terra
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67 APPROFONDIMENTO
Il nuovo ospedale di Cordova
Pag. 17 Planimetria piano quarto fuori terra
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NORMATIVA COMMENTATA
di Antonella Crugliano, Sara Capizzi, Arianna Laurenti Ufficio Legale e Appalti Dipartimento Tecnico Patrimoniale AUSL di Bologna
Appalti, sentenze e aggiornamenti normativi Ufficio Legale e Appalti Dipartimento Tecnico Patrimoniale AUSL di Bologna
APPALTI PUBBLICI. NOVITÀ NORMATIVE Il Decreto Legge fiscale n. 124/2019, convertito dalla legge 157/2019 ha introdotto nuove regole sugli appalti in vigore dall’ 1/01/2020. Le nuove regole si applicano ai committenti che affidano servizi di importo annuo superiore a 200mila euro, caratterizzati dall’uso prevalente di manodopera nelle sedi di attività del committente e di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo. Nelle fattispecie rientranti in detto novero il committente ha l’obbligo di acquisire dall’impresa appaltatrice o affidataria copia delle deleghe di pagamento (modelli F24) delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente (e assimilati) dei lavoratori impiegati nell’appalto, al fine di verificare l’ammontare totale degli importi versati dalle imprese. In caso di mancata trasmissione o omissione o insufficienza nei versamenti, il committente deve sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria. Oltre alle copie delle deleghe di pagamento, occorre acquisire anche l’elenco di tutti i lavoratori impiegati e la retribuzione loro versata collegata alla prestazione del caso di specie.
NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI Tar Puglia Bari, sezione I n.237/2020 - Attività assistenza al Responsabile del Procedimento Le attività di assistenza al responsabile unico del procedimento costituiscono servizi di natura intellettuale e per il loro affidamento si applicano le procedure del codice dei contratti pubblici, non quelle per gli incarichi professionali. L’elemento che qualifica l’appalto di servizi, oltre alla complessità dell’oggetto e alla predeterminazione della durata dell’incarico, è la circostanza che l’affidatario dello stesso necessiti, per il suo espletamento, di apprestare una specifica organizzazione finalizzata a soddisfare i bisogni dell’ente. Ne deriva che il confine fra contratto d’opera intellettuale e contratto d’appalto è individuabile sul piano civilistico in base al carattere intellettuale delle prestazioni oggetto del primo e in base al carattere imprenditoriale del soggetto esecutore del secondo.
L’appalto di servizi, pur presentando elementi di affinità con il contratto d’opera, rispetto al quale ha in comune almeno il requisito dell’autonomia rispetto al committente, si differenzia da quest’ultimo in ordine al profilo organizzatorio, atteso che l’appaltatore esegue la prestazione con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, rivestendo normalmente la qualità di imprenditore. Consiglio di Stato, Sezione V, n.7497/2020 - Corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione Negli appalti di servizi e forniture non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara” (cfr., Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8249; V 13 novembre 2019, n. 7805; III, 17 giugno 2019, n. 4025; III, 23 aprile 2019, n. 2599). Corte di Cassazione Ordinanza n.22093/2019- responsabilità appaltatore ex art.1669 c.c. La Cassazione osserva che l’articolo 1669 c.c. configura una responsabilità extracontrattuale e afferma che il costruttore risponde dei difetti che, anche se non compromettono la stabilità degli edifici, possono essere comunque qualificati gravi. E in questo caso il vizio deve essere denunciato entro un anno dalla scoperta che deve avvenire entro dieci anni dall’ultimazione dell’opera. I difetti possono essere carenze costruttive dell’opera che ne pregiudicano in modo grave il normale godimento o l’abitabilità: tale ipotesi ricorre se la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei o non a regola d’arte, anche se incidenti su elementi secondari. Proprio questo è il caso di difetti costruttivi nella tamponatura delle pareti esterne dell’edificio che hanno causato la riduzione termica del 50 per cento. Tale elemento incide così negativamente sulla qualità della vita nell’edificio, anche in relazione alla sua destinazione economica, da rendere necessaria l’adozione di opere di manutenzione ordinaria, con opere di riparazione e di sostituzione delle finiture.
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NORMATIVA COMMENTATA
Consiglio di Stato, VI Sezione n.3984 del 13 giugno 2019 Vexata quaestio partecipazione gara operatore economico con domanda di concordato preventivo in bianco. La procedura di concordato preventivo è disciplinata dal R. D 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. Legge fallimentare). Si tratta di una procedura che consente all’imprenditore commerciale che versi in una situazione di difficoltà economica e finanziaria di evitare che la crisi evolva in fallimento, procedendo, a tal fine, alla regolazione, in maniera concertata con i creditori, dei rapporti con i medesimi. Gli istituti del concordato c.d. in bianco (detto anche “prenotativo” o “con riserva”) e del concordato con continuità aziendale sono stati introdotti, nell’articolato della Legge fallimentare, dal decreto-legge 22 giugno 2012, n, 83 (c.d. Decreto sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. L’istituto del concordato c.d. in bianco consente all’imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, riservandosi di presentare la proposta concordataria, il piano e la documentazione prescritta ex lege successivamente, entro un termine a tal fine appositamente fissato dal giudice. L’istituto del concordato con continuità aziendale è espressione del favor del legislatore per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, prosecuzione che deve essere accompagnata da una serie di cautele inerenti il piano, volte ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività deve essere funzionale. L’articolo 186-bis della Legge fallimentare è teso a incentivare le imprese in crisi a denunciare la propria situazione di difficoltà economica e finanziaria al fine di agevolare il raggiungimento, sotto il controllo dell’Autorità giudiziaria, di una soluzione regolamentata che consenta la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa, garantendo, nel contempo, i diritti dei creditori. “Le aziende ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale possono partecipare alle gare, sottoscrivere contratti di appalto o proseguire i contratti già stipulati, in quanto l’ammissione alla procedura e l’attuazione della stessa sono una garanzia sufficiente per gli interessi dell’Amministrazione” (in termini Cons. Stato, III, 5 aprile 2018, n. 2106; IV, 3 luglio 2014, n. 3344). La legge n. 134 del 2012 ha infatti sottratto l’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale dal novero delle cause che determinano l’esclusione dell’impresa dalla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nonché dalla stipula dei contratti» (in termini, Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 5371 del 13 settembre 2018). La giurisprudenza amministrativa è intervenuta in merito all’applicabilità della deroga prevista dalla suddetta disposizione anche all’ipotesi di presentazione di domanda di concordato c.d. in bianco. Secondo un orientamento ‘estensivo’ presupposto per
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l’applicabilità della deroga è il deposito di un’istanza di ammissione al concordato, con riserva con riserva di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 186-bis, l.fall. (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 1772 del 20 marzo 2018). L’opposto orientamento ‘restrittivo’ esclude l’assimilabilità dell’operatore economico che abbia presentato una domanda di concordato c.d. in bianco a quello che abbia presentato una domanda di concordato con continuità aziendale. Tale orientamento è stato di recente ribadito dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3984 del 13 giugno 2019: “l’istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo costituisce una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione delle commesse pubbliche, ma tale situazione ostativa può essere superata solo mediante l’adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione”. Si aggiunga che con il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. Decreto sblocca cantieri), convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, la questione dell’assimilabilità dell’operatore economico che abbia presentato una domanda di concordato c.d. in bianco a quello che abbia presentato una domanda di concordato con continuità aziendale è stata risolta in via normativa. Pertanto, per le procedure di gara per l’affidamento di pubblici contratti indette post Decreto sblocca cantieri la deroga prevista dall’articolo 186-bis della Legge fallimentare è applicabile anche alle imprese che hanno presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco. Per le procedure indette in epoca antecedente, invece, l’estensione della deroga continua ad essere rimessa all’applicazione giurisprudenziale.
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Perché associarsi al C.N.E.T.O. Il CNETO è un’associazione culturale che riunisce architetti e ingegneri interessati ai problemi dell’edilizia e della tecnica ospedaliera, tecnici, igienisti, amministratori ed economi di direzioni ospedaliere. Il CNETO ha come obiettivo primario la promozione dell’informazione e della conoscenza nello specifico settore della sanità, settore in continua e rapida evoluzione, che richiede il costante aggiornamento di tutti gli operatori. È proprio con questa finalità che l’Associazione organizza convegni nazionali e internazionali, viaggi di studio presso le strutture all’avanguardia sia italiane che estere, attiva contatti ufficiali con le altre associazioni e le istituzioni più rappresentative, anche straniere. Il CNETO è stato fondato quale Associazione multidisciplinare proprio perché la progettazione ospedaliera e socio-sanitaria esige la sinergia tra le diverse figure professionali coinvolte nella valutazione e risoluzione di tutti gli aspetti che concorrono a definire il progetto. La presenza delle Aziende, in qualità di soci collettivi, permette di stabilire uno stretto legame anche con il mondo della produzione e del mercato, le cui tendenze in atto costituiscono un indispensabile strumento di cultura tecnica.
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NOTIZIE DAL CNETO A conclusione delle votazioni del CNETO per il triennio 2019-2021, sono risultati eletti i seguenti consiglieri: Presidente: Maurizio Mauri Past President: Giuseppe Manara Segretario Generale: Stefano Capolongo Vice Presidenti: Margherita Carabillò e Roberto Righini Direttore Rivista Progettare per la Sanità: Margherita Carabillò Tesoriere: Roberto Righini Vice Segretario Generale: Marco Gola • GIUNTA ESECUTIVA ARK.ING.81 SrL - Roberto Righini Susanna Azzini Gilberto Bragonzi Stefano Capolongo Margherita Carabillò Tiziana Ferrante Marco Gola Monica Ingaglio Giuseppe Manara Maurizio Mauri
Gabriella Peretti Stefano Sibilla Andrea Taddia Chiara Tognolo Marco Vitali Revisori dei conti Giuseppe Chiota Cesare Taddia Gaetano Ingaglio
• CONSIGLIO NAZIONALE In rappresentanza dei Soci ordinari Maurizio Mauri Susanna Azzini Valentina Bettamio Federica Meoli Gilberto Bragonzi Grifone Oddi Baglioni Margherita Carabillò Daniela Pedrini Gianfranco Carrara Gabriella Peretti Luigi Colombo Roberto Ravegnani Morosini Nicoletta Dubini Stefano Sibilla Tiziana Ferrante Andrea Taddia Marco Gola Chiara Tognolo Egisto Grifa Manuela Torti Monica Ingaglio Marco Vitali Lino Ladini Gabriele Zingaretti Giuseppe Manara In rappresentanza dei Soci collettivi ACOTEC SrL - Massimo Cremonini AHSI SpA - Renato Biffi AIRNOVA - Antonio Zotti ARK.ING.81 SrL - Roberto Righini BININI & PARTNERS SrL - Tiziano Binini CAIREPRO - Mauro Nasi POLITECNICO DI MILANO - Dipartimento ABC - Stefano Capolongo PROGER SpA - Diana Tamburi SAGICOFIM SpA - Roberto Merici TECNICAER ENGINEERING SrL - Fabio Inzani
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ESTRATTO DALLO STATUTO Art. 1 Denominazione Il “C.N.E.T.O. - Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera” è una Associazione culturale, apartitica e senza scopo di lucro, nata sotto gli auspici dell’ANIAI. L’Associazione è retta dal presente statuto la cui attuazione operativa è demandata, se necessario, ad appositi regolamenti operativi.
Art. 2 Sede La sede legale del C.N.E.T.O. è stabilita in Roma. L’Associazione può aprire sedi operative periferiche.
Art.3 Scopo L’Associazione ha come scopo, a beneficio della collettività: la promozione dello studio dei problemi organizzativi, gestionali e progettuali connessi con l’edilizia socio sanitaria; di stabilire e mantenere contatti in campo nazionale e internazionale fra esperti italiani e stranieri e altre Associazioni che si interessano ai problemi attinenti allo scopo sociale; di porre a disposizione e di favorire la diffusione delle conoscenze e del progresso delle arti dello specifico settore anche attraverso l’uso dei propri mezzi e strutture; la promozione e/o la partecipazione al capitale sociale di società e/o associazioni che abbiano il fine statutario di approfondire, diffondere la cultura tecnico – architettonica, gestionale e organizzativa dell’edilizia socio-sanitaria, anche a scopi didattici ed editoriali. la qualificazione e il riconoscimento delle professionalità, svolgendo un ruolo di formazione e di informazione degli operatori. Per il raggiungimento dello scopo sociale il C.N.E.T.O. indice, promuove e organizza convegni, seminari, giornate di studio, viaggi, visite tecniche, pubblicazioni proprie o di terzi e diffonde la rivista organo ufficiale dell’associazione.
Art.4 – Ammissione e Soci Sono ammessi a far parte del C.N.E.T.O. le persone fisiche e giuridiche che, condividendone gli scopi, ne faranno domanda scritta, o tramite il sito ufficiale, alla Giunta Esecutiva e la cui domanda sarà dalla stessa accettata. I soci C.N.E.T.O. si distinguono in ordinari, studenti, collettivi, sostenitori, onorari. Soci ordinari, le persone fisiche esperte nel campo oggetto dello scopo associativo che ne fanno richiesta e che corrispondono annualmente la quota sociale ordinaria. Soci studenti e neo laureati, gli iscritti a corsi di studio universitari attinenti le materie interessanti lo scopo sociale che ne fanno richiesta e che corrispondono una quota associativa pari al 50% della quota sociale ordinaria. La qualifica di studente decade dopo tre anni dal termine degli studi e comunque entro il 30° anno di età. Soci collettivi, le persone giuridiche, gli Enti pubblici e privati, le Associazioni scientifiche e tecniche che ne fanno richiesta e che operano nel campo oggetto dello scopo associativo e che corrispondono la quota sociale collettiva pari a tre volte l’ordinaria; hanno diritto a tre voti. Soci sostenitori, i soggetti individuati alle lettere precedenti che si impegnano a corrispondere, per almeno cinque anni, una quota sociale annua pari a due volte la quota collettiva; hanno diritto a tre voti. Soci onorari, le personalità che per merito scientifico o professionale o per aver acquisito particolari meriti verso l’associazione vengono nominati tali. La loro nomina è proposta dalla Giunta Esecutiva, approvata dal Consiglio Nazionale e ratificata dall’Assemblea dei soci; i Soci Onorari non pagano la quota associativa e non hanno diritto di voto.
Art. 5 Organi del C.N.E.T.O. Sono: l’Assemblea dei Soci, Il Consiglio Nazionale, Il Presidente, La Giunta esecutiva, Il Collegio dei revisori
ABBONAMENTI
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Organo ufficiale del C.N.E.T.O Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica ospedaliera
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