IoArch 88 Jun-Jul 2020

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ioArch

Anno 14 | Luglio 2020 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano

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TERRITORIO E APPARTENENZA RIALLINEARE I LUOGHI E RICONSIDERARE LE REALTÀ LOCALI

DIVERSI MODI DI ABITARE BRICOLO FALSARELLA | ALFONSO FEMIA | LOMBARDINI22 | MDU | GEZA | PETER PICHLER | KM429 RRA | STEFANO FERA | CRISTINA MITTERMEIER | GIANLUCA BRINI | WOLFGANG MERANER ARCHICURA | ALFREDO VANOTTI | COSTANTINO PATESTOS | FOKSTROT | LORENZO BERGAMINI


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36 SOMMARIO ioArch 88

WORK IN PROGRESS 16 Treviso | STUDIO COSTA ARCHITECTURE, RESIDENZA TARVISIUM 18 Castelguelfo di Bologna | POLITECNICA , COOP RENO 20 Roma Eur | IT’S, ACTIVE HOUSE 22 San Lazzaro di Savena | MC A, CAMPUS KID 24 Cornedo Vicentino | PELUFFO&PARTNERS, BORGO SOLIDALE

ARCHIWORKS 26 Spazio pubblico galleggiante | BLECHER, FOKSTROT 28 La bocciofila cambia pelle | KM429 ARCHITETTURA 30 Into the wild | PETER PICHLER ARCHITECTURE 32 Dialogo tra la terra e il cielo | LORENZO BERGAMINI

54

APPARTENENZA a cura di Carlo Ezechieli

35 Riallineare i luoghi 36 Il senso delle cose | BRICOLO FALSARELLA ASSOCIATI 44 Un minareto in cotto sui tetti di Panzano | MDU ARCHITETTI 50 Urbanità diffusa | STEFANO FERA 54 Potere alle immagini | CRISTINA MITTERMEIER

DESIGNCAFÈ 8 Eventi 34 - 120 Libri

FOCUS 9 Blocchi Ytong Climagold | XELLA 10 Alluminio in facciata | PREFA 12 Facciate ventilate Isotec Parete | BRIANZA PLASTICA 14 Finestre per la nuova Londra | UNIFORM

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› OCCH

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SOMMARIO

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I PROFILI DI LPP

PROGETTARE IL PRESENTE

a cura di Luigi Prestinenza Puglisi

116 Back to work or safe at home? | LOMBARDINI22

60 Gianluca Brini

ELEMENTS

RESIDENZE

a cura di Elena Riolo

70 Lo studio delle ombre | WOLFGANG MERANER ARCHITEKT

121 Residenze

76 Living in the Blue | ATELIER(S) ALFONSO FEMIA 80 Modernità senza tempo | REJULF RAMSTAD ARKITEKTER 84 Volumi bianchi | ARCHICURA 90 Terrazza abitata | ALFREDO VANOTTI 94 Architettura sospesa | STUDIO67 96 Tra terra e mare | MORQ 100 Abitare in un attico con vista | GEZA GRI E ZUCCHI 104 La luce di Atene e la purezza delle forme | AK PRAXIS

116

108 L’altra Villa Adriana | COSTANTINO PATESTOS 113 Architettura per tutti | MAURIZIO BARBOTTI

121 In copertina Casa G, arch. Alfredo Vanotti Foto di Marcello Mariana

Direttore editoriale Antonio Morlacchi

Contributi Pietro Mezzi Luigi Prestinenza Puglisi Elena Riolo

Direttore responsabile Sonia Politi

Grafica e impaginazione Alice Ceccherini

Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi

Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa

Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00 Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386

© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi non verranno restituiti.

Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano

ISSN 2531-9779



› DESIGNCAFÈ

Questo mese online Grandi immagini, un motore di ricerca semplice e efficace, l’intero archivio di articoli e notizie degli ultimi dodici anni: aggiornato di recente e fruibile anche da tablet e smartphone, www.ioarch.it è aggiornato quotidianamente con le ultime notizie dal mondo della progettazione, dell’arte, delle costruzioni, degli investimenti immobiliari e del mercato, oltre che con la pubblicazione di progetti di architettura e di interni.

(foto ©Alex Fitz)

Il valore del tempo Riaperta al pubblico fino al prossimo 3 gennaio, al Cube Design Museum di Kerkrade, in Olanda, la mostra Time Matters, organizzata in collaborazione con la IMF Foundation di Roma con circa trenta opere realizzate da designer internazionali tra i quali Maarten Baas, Nacho Carbonell, Mischer’ Traxler, Sander Mulder, Humans Since 1982. Se la filosofia si è sempre interrogata sul senso del tempo, la situazione creata dalla pandemia, con il ribaltamento di abitudini quotidiane, una diffusa sensazione di perdita del presente e le incertezze sul futuro hanno reso la questione universale. Allestiti all’interno di un percorso suddiviso in sei sezioni (change, personal,

valuable, now, tangible, measurable), i lavori riassumono filosofia, citazioni classiche e visioni sul futuro. Concept e allestimento di Elisabetta Pisu, Gene Bertrand e Wouter van Dillen. Info: www.cubedesignmuseum.nl

La schwimmhütte di noa* sul lago di Fiè In una riserva naturale protetta in Alto Adige, un piccolo lido comunale interamente in legno e una terrazza sul lago che tutto l’anno è méta di turisti e di appassionati del tempo libero, per nuotare o pattinare sul ghiaccio.

(img © Margot Krasojević Architects)

Architettura per l’acqua, un progetto in Nepal Nel progetto di Margot Krasojević Architects gran parte dell’involucro architettonico è costituito da reti in polipropilene che trasformano in acqua, conservata in bacini utili sia per attività termali sia per irrigare le coltivazioni, l’umidità presente in atmosfera.

Urbanpromo 2020, date confermate Ma in modalità ibrida. Urbanpromo Green, incentrata sulle modalità di applicazione della sostenibilità alla pianificazione e alla progettazione di città e territori e il cui programma è frutto della collaborazione tra l’Inu e l’Università Iuav di Venezia, si terrà in forma digitale il 17 e 18 settembre. La decima edizione di Urbanpromo social housing e di Urbanpromo Progetti per il Paese si svolgeranno invece il 17 e 18 novembre (fino al 20 Urbanpromo Progetti) sia ‘in presenza’, alla Triennale di Milano, sia in modalità virtuale. Urbanpromo Progetti per il Paese e Urbanpromo social housing sono promossi da Inu con Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo e Fondazione Sviluppo e Crescita Crt.

Partecipano alla realizzazione delle manifestazioni Cdp Investimenti Sgr, Fondazione Housing Sociale e Fondazione Crc. La piattaforma web: www.urbanpromo.it

A Napoli il 19° Congresso AIDI

(foto ©Matteo Piazza)

Una teca trasparente aperta sul paesaggio L’ultimo progetto di Federico Del Rosso, che conservando la memoria del passato trasforma un rustico agricolo in posizione panoramica sulle colline del Biellese in una casa trasparente fatta di vetro, cemento e acciaio. [8]

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Si svolgerà lunedì 19 e martedì 20 ottobre alla Città della Scienza di Napoli – date posticipate a causa dell’emergenza Covid-19 – il 19esimo Congresso di Aidi, Associazione Italiana di Illuminazione. Il ruolo della luce nell’era digitale; l’efficacia nel rapporto con le città e il territorio; le relazioni tra luce, architettura e benessere sociale; i cambiamenti indotti dalla tecnologia Led; gli strumenti di progettazione e verifica delle qualità illuminotecniche: questi i temi

che architetti, lighting designer, docenti, amministratori di enti pubblici e utilities e imprenditori affronteranno. Tra i relatori Alfonso Femia, Andrea Boschetti, Walter De Silva, Gian Marco Revel (Università Politecnica delle Marche), Tony Toro (head of marketing di Enel X), Alessandro Marata del Cnappc e i lighting designer Cinzia Ferrara, Pietro Palladino, Alberto Pasetti, Elettra Bordonaro, Roger Narboni. Programma e iscrizioni: www. congressonazionale.aidiluce.it


› FOCUS

PRODOTTI XELLA UTILIZZATI Ytong Climagold 48 Malta Leggera Multipor Intonaco LP 120 Nastro Ytofor Tavelle Ytong

Blocchi Ytong Climagold per un ampliamento NZeb A pochi chilometri dal centro storico e dal mare, in anni recenti Gaiofana, una frazione del Comune di Rimini, è diventata una zona a rapida espansione residenziale, con una conseguente maggiore richiesta di servizi pubblici. Tra questi la piccola scuola primaria della frazione, a cui mancava uno spazio per la mensa (e relativi servizi di somministrazione) utilizzabile anche come ambiente al coperto per attività sportive. Sviluppato su un solo piano, l’ampliamento – ente appaltante e studio di progettazione Anthea Srl – include un ambiente polifunzionale di 172 mq e un piccolo spazio per servizi accessori di 27 mq. Realizzato in prefabbricazione, con una struttura

in acciaio e blocchi di tamponamento monostrato Ytong Climagold di 48 cm, spessore che garantisce elevate prestazioni di isolamento. Alle ottime prestazioni energetiche contribuisce anche la semplice geometria dell’edificio, l’apporto di luce naturale delle ampie finestrature e il sistema schermante interno che controlla il soleggiamento diretto nei mesi caldi. Oltre alle eccellenti prestazioni passive, i blocchi Ytong sono stati scelti anche per l’ottima e facile lavorabilità. Il cantiere ha fatto uso anche di malta leggera multipor, tavelle Ytong, nastro Ytofor e intonaco LP 120 di Xella. www.ytong.it

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› FOCUS

Alluminio in facciata estetica e performance A PADOVA I PROSPETTI DI QUATTRO NUOVI EDIFICI RESIDENZIALI SONO RIVESTITI CON DOGHE PREFA, SCELTE PER LA LORO RESISTENZA, LEGGEREZZA E AFFIDABILITÀ. L’ELEGANZA DEI COLORI VALORIZZA I VUOTI E I PIENI DI UN’ARCHITETTURA ORDINATA E LINEARE

Una grande piazza verde al centro e quattro nuovi edifici residenziali di cinque piani fuori terra disposti ai lati. È questo l’esito di un intervento edilizio realizzato a Padova, i cui corpi di fabbrica mettono in risalto forme architettoniche ordinate e lineari. Il colore bianco panna, che caratterizza le facciate e tutti gli elementi di chiusura come i parapetti dei balconi e gli avvolgibili, domina l’estetica dei palazzi, in armonico dialogo con le tonalità marrone delle cortine avanzate che avvolgono i balconi. La configurazione formale di tali elementi disegna sulle facciate interessanti alternanze di vuoti e pieni. Dopo avere preso in esame altri materiali, per i 1.600 mq di rivestimenti esterni sono state scelte le doghe di alluminio Prefa, preferite per la loro planarità, robustezza e leggerezza oltre che per una posa in opera meno onerosa rispetto alle alternative. Una delle richieste architettoniche più stringenti era quella di realizzare un rivestimento privo di fissaggi a vista, obiettivo raggiunto [ 10 ]

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DOGHE PREFA

grazie all’esperienza dei maestri lattonieri di Monetti Group, a cui è stato affidato il montaggio. Realizzare una lattoneria a incastro perfettamente planare richiede infatti precisione e elevata manualità. Per velocizzare il lavoro di taglio e giunzione delle doghe i posatori hanno messo a punto una piegatrice manuale, costruita in esclusiva per questo cantiere. Tra gli altri fattori di scelta delle doghe Prefa l’efficace barriera alla pioggia, la resistenza agli urti, alla forza di trazione del vento e alla grandine. L’adozione dello spessore di 1,2 millimetri, oltre a garantire elevata resistenza alle intemperie, ha favorito la totale planarità delle superfici (anche delle grandi dimensioni delle specchiature da rivestire). Apprezzata anche la scelta della tonalità opaca del marrone P.10: l’opacità della verniciatura evita la rifrazione della luce diretta del sole e i fastidiosi riverberi. www.prefa.it

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0,7 × 138 mm; sp/larghezza a vista, goffrato, rigato a scelta con fuga - P.10 anche liscio 1,0 × 200 mm; sp/larghezza a vista, liscio, rigato o goffrato, a scelta con fuga 1,2 × 300 mm; sp/larghezza a vista, liscio, a scelta con fuga 1,2 × 400 mm; sp/larghezza a vista, liscio, a scelta con fuga, montaggio con clip antivento

Formati fuori standard 120 - 400 mm, a richiesta Peso da 3,30 a 4,30 kg/mq, in funzione di formato e spessore

Modalità di posa obliqua, verticale o orizzontale Gamma colori disponibile in 24 colori standard Garanzia 40 anni contro rottura, corrosione e

congelamento; estesa anche alla verniciatura, contro la scheggiatura e la formazione di bolle sui rivestimenti per le colorazioni della gamma P.10


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› FOCUS

Facciate ventilate Isotec Parete per le residenze di Riva San Vitale A RIVA SAN VITALE, IN CANTON TICINO, UN NUOVO COMPLESSO CON MAGNIFICA VISTA SUL LAGO DI LUGANO È STATO ISOLATO CON ISOTEC PARETE

Il complesso è formato da due palazzine di dimensioni diverse, poste a quote differenti lungo il pendio, per un totale di 22 appartamenti. Ogni palazzina prevede un piano interrato e due piani fuori terra dedicati alle unità abitative. Il fronte, orientato a valle, è caratterizzato da ampie vetrate con portici e terrazze, da cui si gode un’incantevole vista sul lago di Lugano e sulle pendici del monte Generoso. Gli edifici, circondati da spazi verdi, presentano una struttura in cemento armato che si è scelto di isolare con il sistema per facciate ventilate Isotec Parete di Brianza Plastica nello spessore 140 mm, rivestito con lastre di grès dall’originale formato allungato 186x26 cm. Il sistema è costituito da pannelli termoisolanti in poliuretano espanso rigido ad elevate prestazioni termoisolanti, rivestiti da una lamina di alluminio goffrato e corredato da un correntino strutturale in acciaio protetto preforato, integrato nel pannello in stabilimento. Il profilo metallico fornisce elevata resistenza meccanica e consente il fissaggio degli elementi di finitura della facciata, il correntino è forato, allo scopo di creare il flusso di ventilazione naturale tra isolante e finitura esterna che contribuisce a ottimizzare il [ 12 ]

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comfort abitativo in tutte le stagioni. Per la messa in opera degli 850 mq di facciate ventilate posate sui due volumi, l’impresa Favent di Mendrisio, distributore ufficiale dei sistemi Isotec per la Svizzera, ha impiegato poco più di 3 mesi di lavoro. I pannelli termoisolanti della gamma Isotec sono conformi ai requisiti CAM e possiedono la mappatura Leed V.4, eseguita e curata da Quality Net. isotec.brianzaplastica.it

CREDITI Località Riva San Vitale, Svizzera Superficie di facciate isolate 850 mq Impresa di costruzione Barella SA - Chiasso Posa Facciate ventilate Favent SA - Mendrisio Isolamento facciate Isotec Parete, sp. 140 mm Rivestimento facciate Lastre in grès Il correntino nero, fornito su richiesta, dona un elegante effetto di invisibilità fra le fughe della ceramica.


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› FOCUS

Finestre per la nuova Londra serramenti uni_one by Uniform

A DEPTFORD, NELLA ZONA SUD-EST DI LONDRA, È IN CORSO UN’IMPORTANTE TRASFORMAZIONE EDILIZIA CHE CAMBIERÀ ULTERIORMENTE IL VOLTO DELLA CAPITALE BRITANNICA

Si tratta della riqualificazione di un’area industriale dismessa che in passato, a partire dal 1831, aveva ospitato una fonderia che produceva eliche, tombini e componenti metallici dei treni. L’area sta per trasformarsi in un nuovo quartiere residenziale, con abitazioni di pregio ed edifici ad elevate prestazioni in termini di comfort e benessere. Il nuovo complesso edilizio, che si compone di otto edifici e una torre, ospiterà 276 appartamenti di differente taglio e tipologia (con una, due, tre camere da letto e con balcone o terrazza), cui si aggiungeranno oltre 450 laboratori per artisti e artigiani (progetto di Second Floor Studio & Arts); verrà infine realizzato un giardino condominiale con aree gioco per bambini. Il richiamo alla storia industriale del sito è rintracciabile nella scelta del corten con il suo tipico colore rosso scuro ruggine. La realizzazione dell’involucro degli edifici è affidata a Ocl Facades che ha posato i serramenti uni_one by Uniform, che si integrano perfettamente con il design del[ 14 ]

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la facciata in particolare nella definizione delle aperture, delle dimensioni e delle proporzioni imposte tra parti fisse e mobili. Eleganti e robuste, le porte balcone in legno-alluminio del sistema uni_one by Uniform studiate per il mercato inglese, sono dotate di apertura verso l’esterno e di cerniere a scomparsa. Un risultato ottenuto grazie alla flessibilità di uni_one di Uniform, un sistema per serramenti in legno-alluminio, realizzato con barre in pino lamellare finger-joint da 6 metri, finite e pronte per il taglio e l’assemblaggio (il legno degli infissi Uniform proviene da foreste certificate Fsc). Il sistema associa quindi performance tecniche di alto livello – permeabilità all’aria, tenuta all’acqua, abbattimento acustico, risparmio energetico – e soluzioni formali adatte all’architettura contemporanea e all’interior design.

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Uniform ha fornito finestre e porte-finestre per i 276 alloggi. Il sistema uni_one garantisce tenuta all’aria e all’acqua e un design contemporaneo.

CREDITI Località Deptford, Londra Progettisti Anthology, Second Floor Studio & Arts Programma Complesso residenziale e laboratori Appartamenti 276 Laboratori 450 Realizzazione involucro edilizio OCL Facades Sistema di facciata Uniform uni_one


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› WORK IN PROGRESS

TREVISO LE NUOVE RESIDENZE DI STUDIO COSTA ARCHITECTURE Il nuovo complesso edilizio Residenza Tarvisium, che sta sorgendo a pochi passi dal centro cittadino, fa parte della riqualificazione dell’ex sede della provincia di Treviso. Il progetto, realizzato da Studio Costa Architecture, dopo un intervento di demolizione e ricostruzione dell’edificio principale, prevede la realizzazione di residenze high-end con giardino privato, una grande piazza ad uso pubblico e la ristrutturazione dell’ex sala consiliare ed ex sala Marton, un edificio storico

progettato da Marcello Piacentini. Le scelte architettoniche e compositive rispondono alle esigenze abitative contemporanee per il mercato di fascia alta. Dal punto di vista tipologico l’intervento ricerca il legame con il tessuto urbano della città sia attraverso la riproposizione del portico che caratterizza molte vie del centro storico sia con la presenza di superfici d’acqua, che richiamando la natura anfibia di Treviso, connotano il cortile e il giardino e sottolineano la continuità tra interno ed esterno.

Il concept della facciata si basa su un doppio linguaggio: il fronte ovest, che corre lungo via San Liberale, è caratterizzato da una griglia composta da un doppio ordine di elementi verticali e orizzontali distribuiti secondo una modularità che ricorda quella del precedente fabbricato; il fronte est, che si affaccia sul giardino privato, è invece caratterizzato da balconi continui che sottolineano l’orizzontalità del complesso. Le facciate dialogano tra loro attraverso la presenza di brise-soleil, su cui si cresce la vegetazione.

Località Treviso Committente Numeria Sgr Progettazione Studio Costa Architecture Progettazione strutture Giulio Contini Progettazione impianti BSA Studio Bovo ingegneri Associati Progettazione paesaggistica Paisà Superficie area 11.770 mq Impresa di costruzioni Lovisotto Giancarlo Costruzioni Generali Costo 21,9 milioni di euro Cronologia progettazione (2015-2017), gara (2018) inizio lavori (2019) Rendering Opifex Laboratorio Digitale

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› WORK IN PROGRESS

Il masterplan dei nuovi Hq di Coop Reno e un render dell’auditorium da 300 posti (courtesy Politecnica).

Località Castel Guelfo di Bologna Committente Coop Reno Progettazione Politecnica Ingegneria e Architettura e Fabrica Edifici 4 Piani 2/3 Superficie area 19.000 mq Progetto 2019 Fine lavori 2021

CASTEL GUELFO DI BOLOGNA POLITECNICA FIRMA IL QUARTIER GENERALE DI COOP RENO Politecnica, in collaborazione con la cooperativa Fabrica, ha vinto il concorso per la progettazione del nuovo centro direzionale di Coop Reno a Castel Guelfo di Bologna. La cooperativa emiliana di consumatori, che da oltre trent’anni opera nel campo della grande distribuzione, trasferirà il proprio quartier generale – concepito come un quartiere aperto anche a imprese innovative e start-up – nel comune della cintura bolognese con l’obiettivo di estendere la sua influenza di mercato nelle aree dell’appennino modenese e romagnolo. La nuova sede, articolata in quattro edifici su un’area di 19mila metri quadrati, ospiterà uffici, un auditorium, spazi di co-working e per start-up, magazzini, aree verdi e servizi ricreativi e sportivi. Il progetto prevede un percorso principale, [ 18 ]

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libero e aperto, da cui si dipartono i vari lotti funzionali, collegati tra loro da una pensilina e collocati all’interno di un parco dedicato alle attività ricreative, sportive e di aree gioco per bambini. In pianta, i singoli fabbricati hanno forme organiche, che ricordano le foglie e i frutti delle piante, mentre i rivestimenti esterni, equipaggiati con lamelle frangisole di dimensioni, colore e geometrie variabili, si ispirano agli anelli di accrescimento dei tronchi degli alberi. Il primo edificio, che ospiterà gli uffici del quartier generale della cooperativa, si articola su una superficie di circa 3.500 metri quadrati e su tre livelli, dove troveranno posto spazi di lavoro, sale riunioni, aree relax e di servizio. Un passaggio, coperto da una duna artificiale,

integrato al parco esterno, collega il primo fabbricato al secondo. È prevista la realizzazione di un auditorium di circa 300 posti. La terza palazzina, su due livelli, ospiterà al piano terra gli spazi destinati alle famiglie e alle attività ludiche per bambini; al piano superiore sono previsti spazi di co-working per giovani imprenditori e start-up. Il quarto edificio accoglierà i magazzini della cooperativa. Gli impianti sono stati progettati con l’obiettivo di minimizzare i consumi energetici e idrici. È prevista la realizzazione di un impianto idricosanitario, con il recupero e il riciclo delle acque piovane. L’impianto solare termico potrà essere completato da un impianto fotovoltaico per la produzione di energia rinnovabile.


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› WORK IN PROGRESS

Render del progetto di It’s per il nuovo edificio residenziale che sta sorgendo nel quartiere dell’Eur. Sarà la prima active house della capitale.

ROMA EUR L’ACTIVE HOUSE DI IT’S È Live Living Eur il nuovo progetto di It’s. È la prima active house della Capitale. Attualmente in costruzione, il complesso residenziale è stato pensato secondo i principi della casa passiva. L’intervento parte dalla demolizione di un fabbricato per uffici degli anni Sessanta, non riconvertibile ai fini abitativi. Il nuovo edificio è inserito nel quartiere Eur, in una zona residenziale a bassa densità, caratterizzata da una forte presenza di aree verdi e da un alto livello di vivibilità. In linea con queste caratteristiche, il progetto prevede l’arretramento del complesso rispetto al fronte strada, lasciando spazio al giardino circostante. Con una struttura in cemento armato e un rivestimento esterno in intonaco ceramico nero, l’edificio mostra una volumetria semplice e rigorosa, omaggio all’architettura romana degli anni Cinquanta e Sessanta. Il nuovo fabbricato è organizzato su sette piani fuori terra e si compone di 12 alloggi, suddivisi fra trilocali e quadrilocali, oltre a un attico e un superattico agli ultimi due piani. L’edificio sarà alimentato da pompe di calore e dotato di impianto fotovoltaico; la domotica contribuirà a ridurre gli sprechi energetici grazie alla regolazione [ 20 ]

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automatica di temperatura interna, illuminazione e frangisole. È previsto inoltre un sistema di recupero dell’acqua piovana. Le piante degli alloggi prevedono un doppio affaccio nord-est/sud-ovest, con la zona giorno che si estende da un lato all’altro dell’appartamento.Le grandi terrazze raddoppiano la superficie delle abitazioni, mentre le ampie vetrate a filo pavimento contribuiscono a creare una relazione fluida tra interno ed esterno. La ricercatezza degli interni si esprime anche nella scelta di finiture e materiali di pregio, tra cui il legno di Rovere e il travertino Navona.

Località Roma Eur Committente BMV Immobiliare Programma Edificio residenziale pluripiano Progettazione It’s (capogruppo), Lorenzo Busnengo Progettazione strutturale Nozza Bielli Progettazione impiantistica ed energetica AAkhon Superficie 1.600 mq (più parcheggio interrato) Cronologia 2018 - in corso Certificazione Active House Costo 3,5 milioni di euro Render ©It’s, Marco Tripodi


WOOD


› WORK IN PROGRESS

SAN LAZZARO DI SAVENA IL CAMPUS KID DI MARIO CUCINELLA ARCHITECTS Porta la firma di Mario Cucinella Architects il progetto del nuovo polo scolastico Campus Kid di San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna. Si tratta di un intervento che verrà realizzato per lotti: i primi due, dedicati alla costruzione di un polo scolastico integrato, prenderanno il via entro l’estate e uniranno in un unico plesso la media Jussi e la primaria Donini; il terzo interesserà la realizzazione della palestra, l’ultimo le altre aree del campus. L’idea del Comune è ancora più ambiziosa: dar vita a un intervento di rigenerazione di un quadrante urbano di circa 100mila metri quadrati, con stadio, piscina, palestre, campi sportivi e teatro-auditorium.

È la sottile copertura in legno uno degli elementi centrali del progetto di MC A: una leggera struttura protettiva ondulata che copre sia la nuova scuola sia quella esistente. A caratterizzare il progetto è anche la grande piazza coperta, che diventa spazio condiviso ed elemento di connessione tra i due edifici scolastici e l’auditorium. Nell’impostazione progettuale rimane intatto il concetto di aula tradizionale, alla quale si affiancano spazi ibridi per un apprendimento di relazione. Sono questi i luoghi deputati allo scambio: pensati per essere flessibili, integrati con la didattica tradizionale e dotati di aree comuni a

servizio anche della comunità. Altri elementi centrali del progetto sono la luce, i colori, i cortili, i giardini e il contatto con la natura. All’ingresso della futura primaria Donini è prevista un’ampia gradonata polifunzionale: spazio teatrale, biblioteca aperta e collegamento verticale. Stessa soluzione anche per la secondaria di primo grado. Anche l’auditorium è stato pensato come uno spazio flessibile e multifunzionale, utilizzabile per conferenze aperte al pubblico e laboratori didattici. L’edificio è stato progettato secondo gli standard prestazionali degli edifici Nzeb (a energia quasi zero) e secondo criteri di minimo impatto ambientale. Le chiusure finestrate saranno caratterizzate da brise soleil di legno disposti verticalmente, mentre gli impianti di climatizzazione (a pompa di calore) e ventilazione saranno alimentati dall’energia prodotta dal parco fotovoltaico in copertura.

Località San Lazzaro di Savena, Bologna Committente Comune di San Lazzaro di Savena Progetto MC Architects, Mario Cucinella Valore opere 1° lotto 2milioni e 875mila euro, finanziati da Ministero (2,048 milioni) e Comune (827.000) Valore opere 2° lotto 5milioni e 560mila euro, finanziati da Regione (3 milioni), Ministero (760.000 per antisismica), Comune (1,8 milioni)

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Residenze Hadid – CityLife Milano


› WORK IN PROGRESS

CORNEDO VICENTINO IL BORGO SOLIDALE DI PELUFFO&PARTNERS Nel 2017 la Fondazione Domani per Voi Onlus affidò allo studio Peluffo&Partners un progetto di comunità comprendente residenze per famiglie con persone con diversi gradi di disabilità, strutture di assistenza e riabilitazione, luoghi di lavoro e di commercio. L’ascolto delle difficoltà personali e relazionali è stato alla base di una progettualità collettiva che si sviluppa per luoghi più che per funzioni, evitando principi di zonizzazione urbanistica per creare un quartiere autonomo, protetto ma aperto all’intera comunità della Val d’Agno, che insieme all’Ast, cooperative e imprese sociali del territorio ha sostenuto l’iniziativa. Organizzato in tre stralci, il progetto include, sull’area del lotto più vicina alla strada provinciale, alcuni edifici a destinazione produttiva e commerciale dove potranno trovare lavoro i residenti della comunità. Attualmente è in via di completamento il primo lotto, che include residenze ad alta protezione, con centro diurno al

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piano terra (zona accoglienza, uffici, laboratori, palestra per la fisioterapia, la riabilitazione, odontoiatria, mensa, cucina) e alloggi autonomi al primo piano per 20 ospiti in totale, con spazi comuni centrali, e tre unità destinate ad appartamenti protetti, per il “sollievo temporaneo” delle famiglie e progetti di vita in autonomia. Successivamente prenderà il via la costruzione di residenze a bassa protezione e infine sarà la volta del comparto produttivo-commerciale. Secondo le indicazioni del Pii che prescrive un’altezza massima di 8,50 metri, la maggior parte degli edifici del borgo sarà di due piani. Rifiutando il ricorso a forme e materiali – calcestruzzo in primis – dell’edilizia residenziale diffusa nella valle, l’architettura esprime l’identità e l’unicità del progetto con l’uso del legno, utile anche per i tempi di cantiere, e del rame per i dettagli di facciata: materiali che invecchieranno con il tempo dichiarando in tal modo la propria storia e appartenenza.


Località Cornedo Vicentino Committente
Fondazione Domani per Voi Onlus Progetto architettonico e paesaggistico Peluffo&Partners
con Diego Peruzzo, Pierluca Battilana Design team
Gianluca Peluffo, Domenico Faraco, Diego Peruzzo, Pierluca Battilana Programma
Centro per l’integrazione, autonomia, impiego cura e residenza delle persone con disabilità Area del lotto 21.500 mq Superficie lorda edificata 6.600 mq Volumetria complessiva
30.000 mc Costo complessivo 10.300.000 euro Cronologia
2017 – in corso Render
© Peluffo&Partners

SISTEMI DI CERNIERE A SCOMPARSA PER PORTE INTERNE

Il masterplan e due sezioni dell’intervento. Il progetto, unico in Italia, prefigura un’idea di comunità autosufficiente non solo nella residenza e nella cura ma anche nelle possibilità di lavoro e creazione di reddito. L’architettura ne esprime l’identità.

〉 a scomparsa totale 〉 per porte interne a filo 〉 versioni per porte con struttura in alluminio 〉 portata fino a 80 kg con due cerniere 〉 angolo di apertura 180°

www.anselmisrl.it


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Render © MIR (www.mir.no) Foto aerea (sotto) © Airflix (airflix.com)

Marshall Blecher Australiano di nascita, laureato all’Università di Sidney e con un master in architettura conseguito alla Reale Accademia Danese di Belle Arti, Marshall Blecher vive e lavora a Copenhagen, dove, insieme all’architetto Magnus Maarbjerg di Fokstrot, ha ideato il ‘Parkipelago’. www.marshallblecher.com Fokstrot Fondato nel 2015, Fokstrot ha sede in un cantiere navale del porto di Copenhagen, in uno spazio che unisce lo studio di progettazione e un laboratorio artigianale. L’esperienza stessa dei tre fondatori – l’architetto Magnus Maarbjerg, il costruttore di yacht Lauge Falkentorp e lo scenografo teatrale Christian Lacoppidan – aiuta a comprendere il carattere non convenzionale dello studio, la vocazione alla sperimentazione e all’incrocio delle discipline. La comune passione per la vela aumenta l’interesse verso i temi di un’architettura legata all’acqua. Non solo: i fondatori considerano i valori e le funzioni della marineria tradizionale di insegnamento nello sviluppo dei progetti: la buona costruzione e l’afflato sociale che consentivano di navigare a lungo e in acque sconosciute; l’essenzialità; la multifunzionalità dei mezzi a disposizione. www.fokstrot.dk [ 26 ]

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PARKIPELAGO, COPENHAGEN

L’IDEA DI MARSHALL BLECHER E MAGNUS MAARBJERG: LUOGHI PER TRASCORRERE IL TEMPO ALL’APERTO SULL’ACQUA E RIFUGI NATURALI PER ALBERI E VITA SOTTOMARINA. ALLA PRIMA GIÀ REALIZZATA SI AGGIUNGERANNO ALTRE ISOLE ARTIFICIALI CHE POTRANNO ESSERE AGGREGATE PER OSPITARE FESTIVAL E EVENTI

SPAZIO PUBBLICO GALLEGGIANTE CPH-Ø1, il prototipo di un futuro ‘parkipelago’, è già stato messo in acqua, suscitando la curiosità degli abitanti di Copenhagen. L’esemplare in legno, costruito a mano nel laboratorio dello studio Fokstrot che ha messo a punto il progetto ideato con l’architetto australiano Marshall Blecher, ha una superficie di 20 mq e un albero di tiglio nel mezzo, un archetipo dell’isola disabitata raggiunta dal naufrago. E in fondo, se il naufragio è il risultato di una perdita, i cittadini che attraccano a CPH-Ø1 per trascorrervi del tempo libero un po’ naufraghi lo sono, dal momento che anche a Copenhagen, come nei centri storici di molte altre città, i processi di valorizzazione fondiaria aumentano la privatizzazione dello spazio e portano a una ‘gentrificazione’ che modifica la natura pubblica dei luoghi urbani. Se con le isole artificiali aumentano gli spazi per il verde in città, sarà favorita anche la biodiversità: gradatamente le isole diventeranno rifugio anche per forme di vita sottomarina, alghe, pesci e mol-

luschi che si aggrapperanno alle bottiglie di plastica che ne garantiscono il galleggiamento. La prima isola per il momento è semplicemente una nuova attrazione, mèta di set fotografici, ma l’intero progetto – sviluppato in forma non-profit con il sostegno della Danish Arts Foundation e di un fondo per la rivitalizzazione culturale delle aree portuali di Copenhagen – è un’idea realmente innovativa di spazio pubblico. Le nuove isole che si aggiungeranno a CPH-Ø1 diventeranno ambienti per nuotare, giardini, caffè o saune galleggianti ancorate ai bordi dell’esteso waterfront urbano. Raggruppate insieme in occasione di concerti e festival diventeranno nuove piazze, dando origine a un innovativo modello di spazio pubblico. Il principio, replicabile ovunque, si confronta anche con l’idea di ‘resilienza’ che le città devono essere in grado di sviluppare di fronte al cambiamento climatico e all’innalzamento del livello dei mari

Più informazioni su www.copenhagenislands.com

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RECUPERO EDILIZIO, LUZZARA

LA BOCCIOFILA CAMBIA PELLE CON INTERVENTI TECNOLOGICI E ARTISTICI KM429 CAMBIA VOLTO A UN’ANONIMA SCATOLA PREFABBRICATA E TRASFORMA L’EX-CIRCOLO ARCI DI LUZZARA IN CENTRO CULTURALE POLIVALENTE Il recupero della bocciofila di Luzzara, piccolo centro della bassa reggiana sulle rive del Po, rappresenta l’opportunità di riqualificare uno spazio collettivo dal forte valore simbolico. Luogo di svago e ritrovo, la sala è stata nel corso degli ultimi quarant’anni sede di un circolo Arci e di una bocciofila. Le sue caratteristiche sono rimaste inalterate fino ai giorni nostri, senza alcuna modifica. La volontà dell’amministrazione comunale e lo scarso utilizzo della struttura hanno dato impulso al suo recupero con la creazione di una sala polivalente. Il progetto di riqualificazione si fonda sull’applicazione di tre nuove texture: la prima leggera e acustica per gli interni dei nuovi locali; la seconda, in lastre grecate di colore grigio antracite, per le facciate; la terza infine artistica, con un grande murales che, usando come supporto il cemento armato della facciata posteriore, ripropone il paesaggio, la flora e la fauna tipici della zona del Po, il grande fiume che scorre poco distante

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Nelle foto di Davide Galli, il murales che decora la facciata posteriore dell’edificio, un dettaglio del grigliato metallico che riveste il fronte e alcune viste degli interni, trattati anch’essi con una pelle metallica leggera, con proprietà acustiche.


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Km429 architettura Lo studio è stato fondato nel 2013 da Simona Avigni e Alessio Bernardelli, entrambi laureati nel 2005 al Politecnico di Milano, dove negli anni successivi svolgono attività didattica. Nel 2012 newItalianblood inserisce Alessio Bernardelli tra i migliori dieci studi italiani emergenti under 35. Km429 architettura manifesta il carattere locale e l’approccio fluido alle varie scale e ai diversi contesti nei quali opera. Attraverso il concorso di architettura, l’innovazione tecnologica e un consapevole uso dei materiali, lo studio elabora una continua attività di ricerca progettuale; numerosi i premi e le menzioni fin qui ricevuti. www.km429architettura.com

CREDITI Località Luzzara, Reggio Emilia Committente Comune di Luzzara Progettazione KM429 architettura Team di progetto Simona Avigni, Alessio Bernardelli

Superficie edificata 1.000 mq Impresa di costruzioni Società Cattolica Costruzioni Spa Murales Scilla Alberini (Cantine creative) Davide Ghiacci

Anno 2019 Lastre grecate Alubel SpA, Bagnolo in Piano (RE)

ALLUMINIO IN FACCIATA Le facciate ventilate in lastre di alluminio Alubel hanno modificato radicalmente l’aspetto dell’anonimo edificio che ospita il nuovo centro polivalente di Luzzara. L’alternanza di lastre grecate profilo Alubel 44 forate e di lastre ondulate Ond_All 33 piene, sempre nello spessore 11/10 mm e tutte colore grigio antracite RAL 7016, montate in verticale su una sottostruttura metallica con fissaggi puntuali, movimenta l’aspetto altrimenti uniforme del volume. L’alternanza riguarda anche i fronti laterali, dove al contrario del fronte principale le ondulate piene sono collocate in altezza. In continuità materica, anche gli interni sono in parte rivestiti in lastre forate profilo Alubel 44. Il montaggio è stato eseguito da GAL Srl, azienda di Cavriago specializzata nella realizzazione e montaggio di coperture, rivestimenti metallici e opere di lattoneria. www.alubel.com

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DAWSON LAKE, WEST VIRGINIA

INTO THE WILD

Peter Pichler Architecture Dopo la laurea a Vienna con Zaha Hadid, nel 2005 Peter Pichler (Bolzano, 1982) apre lo studio di Milano con sua moglie Silvana Ordinas (Mallorca, 1987). Convinto che l’architettura debba avere uno stretto legame con la storia e la cultura del luogo, Pichler combina forme e materiali dell’architettura tradizionale con le moderne tecnologie per esprimere un’interpretazione contemporanea del passato. Finalista al premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2018 della Triennale e ai Dezeen Awards for Emerging Architect of the Year nel 2018, con il suo studio Peter ha già vinto numerosi concorsi di progettazione. www.peterpichler.eu [ 30 ]

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Una nuova interpretazione che va oltre l’idea romantica e la realizzazione un po’ scomoda della casa sull’albero: nel progetto di Peter Pichler Architecture per l’ampliamento di un resort turistico sulle pendici occidentali degli Appalachi, sulle rive del piccolo lago di Dawson, confluiscono decenni di riflessioni sul concetto di ‘habitat’, avviate ben prima che si cominciasse a parlare di ‘sostenibilità’, e le possibilità costruttive offerte dalla moderna tecnologia, racchiuse in una forma architettonica non nuova allo studio milanese. La tipica forma ‘a capanna’ e i grandi sbalzi ricordano ad esempio l’Obereggen Mountain Hut realizzato pochi anni fa da Pichler insieme all’architetto Pavol Mikolajcak e all’ingegnere strutturista Andreas Erlacher sulle Dolomiti. Più che case sull’albero, queste residenze individuali saranno case tra gli alberi: tetraedri saldamente piantati nel terreno di un bosco di aceri e querce, saranno realizzate interamente in legno

ECOLOGIA INTEGRALE NEL PROGETTO PER UN RESORT TURISTICO IN UN’AREA NATURALE PROTETTA DEGLI STATI UNITI locale e off-grid. Alte più di 10 metri – ma buona parte della volumetria è destinata a spazi tecnologici – le diverse unità disporranno di una superficie calpestabile variabile tra i 35 e i 45 metri quadrati, raggiungibile da una passerella in legno e organizzata su due livelli collegati tra loro da una piccola scala interna: il livello inferiore è un’area lettura/lounge e al livello superiore si trova la zona notte con il bagno. Se per anni il turismo è stato un fenomeno di massa basato sul consumo, di risorse così come di ‘paesaggi’, l’approccio si sta oggi orientando verso forme di ‘turismo lento’ (in Italia e in Europa basti pensare alle ciclovie e alla riscoperta dei ‘cammini’ medioevali, da percorrere a piedi) la cui premessa culturale è lo stretto legame con la natura e le tracce del passato. Il vero lusso, si sa, è la dimensione del tempo disponibile per scoprire chi siamo, dove siamo diretti e come siamo parte di un tutto che chiamiamo natura


› ARCHIWORKS

Alcune visualizzazioni del progetto di Peter Pichler Architecture per un resort turistico a Dawson Lake. Sotto, un prospetto a una sezione trasversale (render e disegni courtesy Peter Pichler Architecture).

«Riteniamo che il futuro del turismo si basi sul rapporto tra l’essere umano e la natura. Un’architettura ben integrata e sostenibile può amplificare questo rapporto, nient’altro è necessario» Peter Pichler

+ 10.80 m

+ 10.80 m + 1 0 .8 0 m

6

+ 4.60 m

+ 4.60 m + 4 .6 0 m

5

1

+ 1.50 m

+ 1.50 m

0.00 m

0.00 m

+ 1 .5 0 m

0 .0 0 m

3

2 4

- 1.50 m

- 1.50 m

-1 .5 0 m

6

- 4.60 m

- 4.60 m -4 .6 0 m

0

1 - Entrance 2 - Kitchenette 3 - Living Area 4 - Storage 5 - Bedroom 6 - Technical Space

5m

Front View 0

Section A

2m

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› ARCHIWORKS

Lorenzo Bergamini Nel 1994 si laurea in architettura all’Università Iuav di Venezia. Con una consolidata esperienza nel campo della progettazione architettonica, del paesaggio, dell’arredo e del design d’interni, la ricerca di Bergamini si concentra su concept di progetto, sostenibilità e mitigazione delle isole di calore urbano. Tra le opere realizzate, i progetti di rigenerazione del paesaggio al Lido degli Estensi (2018) e l’ampliamento del porto turistico di Marina degli Estensi (2015). Con il progetto per una casa unifamiliare a Ferrara, nel 2006 è stato finalista per il Premio Speciale Opera Prima alla seconda edizione della Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana. L’ampliamento del cimitero di Comacchio è candidato al Premio di Architettura In/Arch 2020.

Accanto, il masterplan dell’ampliamento e, sotto, il progetto dei prospetti. Nella foto in alto il portico dei loculi, con i doccioni che adducono acqua piovana ai cipressi. A destra il manufatto simbolico in cemento colorato in pasta.

CREDITI Località Isola di Comacchio, Ferrara Committente Comune di Isola di Comacchio Progettazione architettonica Lorenzo Bergamini Progettazione strutturale Franco Giudici Importo opere

1 milione di euro (1° lotto), 486.000 euro (2° lotto)

Cronologia

2011 - 2013 (1° lotto), 2017-2018 (2° lotto) Fotografie Davide Menis

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› ARCHIWORKS

AMPLIAMENTO DEL CIMITERO DI ISOLA DI COMACCHIO

DIALOGO TRA LA TERRA E IL CIELO UN SOLO SEGNO SIMBOLICO IN CALCESTRUZZO DEL COLORE DEL LUOGO, UN RECINTO CHE PROLUNGA IL PERIMETRO CURVILINEO DELL’INSEDIAMENTO STORICO E MATERIALI MINERALI E VEGETALI IN CONTINUITÀ CON IL PAESAGGIO. IL PROGETTO DI AMPLIAMENTO È DI LORENZO BERGAMINI Dalla strada che da Comacchio conduce a Porto Garibaldi, sulla costa adriatica, è possibile percepire con uno sguardo la bidimensionalità del paesaggio composto di terre umide dai confini incerti e mutevoli e dalla ciclicità delle colture nei campi coltivati. Qui dominano l’acqua salmastra, le erbe palustri e la salicornia che in ottobre tinge di rosso la terra. Rosso come i mattoni e i coppi della massa lineare del cimitero di Isola di Comacchio, nel 2003 oggetto di un progetto di ampliamento curato da Lorenzo Bergamini di cui due anni fa è stato completato il secondo lotto, su una porzione di terreno immediatamente a nord del cimitero esistente. Ricercando un’unitarietà smarrita nelle precedenti estensioni, il masterplan

dell’ampliamento riprende l’andamento curvilineo del recinto storico e rimarca l’asse di simmetria longitudinale originario con una croce di aria e di luce in cemento colorato in pasta nei toni del laterizio che, ergendosi da un boschetto di cipressi piramidali, diventa il nuovo traguardo visivo dell’espansione. L’alto e invalicabile recinto, a sua volta, adiacente ma distaccato dalla cinta muraria esistente, si compone di ‘placche’ esterne – contenenti i loculi – ritmate da fenditure verticali che consentono il passaggio di lame di luce. All’interno, i blocchi dei loculi sono accompagnati da un portico curvilineo continuo – cui si accede dal secondo ingresso del camposanto – che diventa luogo di coesione sociale per i visitatori e che delimita

le corti interne, a loro volta definite da setti in cemento colorato che creano aree di intimità per la zona delle cappelle di famiglia. La scelta dei materiali discende dal linguaggio compositivo e dalla volontà di coniugare tecnologie e tecniche attuali con manufatti in cotto antico esistenti: texture e cromie del calcestruzzo armato producono sintonie materiche con il paesaggio circostante; il travertino di Rapolano delle pavimentazioni richiama nei colori i terreni agricoli circostanti. Acciaio effetto ruggine per i cestini e le fontane, mentre la pioggia, raccolta da compluvi in copertura dei blocchi dei loculi, confluisce verso il prato e i cipressi attraverso un sistema di sedici doccioni

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› DESIGNCAFÈ AUTOMATON E ORGANON L’ARCHITETTURA DI MARCO VISCONTI

ALFONSO FEMIA ARCHITETTURA E GENEROSITÀ

La monografia dedicata all’opera di Marco Visconti, con una prefazione di un pioniere dell’architettura ecologicamente responsabile come Thomas Herzog, un’introduzione di Paolo Gallo e foto, tra gli altri, di Gianni Berengo Gardin, è una rassegna tra le più complete dell’opera di uno degli architetti italiani più meritevoli di attenzione. Il lavoro di Marco Visconti ha avuto forme di espressione notevoli nel campo dell’industria, dal quale l’architettura è normalmente esclusa, con opere esemplari come lo Stabilimento FCA di Melfi, o i numerosi interventi, in particolare la mensa, realizzati per il campus Ferrari di Maranello. Il volume è sia una riflessione che un’esplorazione, dalle quali emerge il filo conduttore di progetti profondamente legati al mondo delle macchine, ma che in modo altrettanto profondo sono ispirati dalle forme della natura. Una ricerca di principi strutturali e compositivi che nell’architettura di Visconti trovano compiutezza espressiva. Ed è qui che si scopre che le macchine, in greco l’automaton, non possono prescindere – come già in innumerevoli altri autori nella storia dell’architettura e dell’ingegneria – dall’osservazione attenta e consapevole dell’organon, il mondo organico, dalle forme che si sviluppano e si evolvono in natura. È questo il punto di collegamento, con l’interessante contributo di Eija Tarkiainen, la studiosa finlandese di mitologia e simbologia e delle loro analogie con le dinamiche umane, nell’analisi delle opere di Visconti raccolte in questo volume.

Secondo Alfonso Femia, l’architettura è un atto di sentimento. Animato fin dagli albori da quello che chiama ‘pragmatismo visionario’, consapevole dunque che l’architettura deve esprimere la realtà, Alfonso è tuttavia convinto, come Leonardo da Vinci, che ‘ogni nostra cognizione principia da’ sentimenti’. Nei venticinque anni di progettazione che il volume riassume, prima con lo studio 5+1 AA e oggi con gli Atelier(s) Alfonso Femia, al contrario di Léon Krier Femia è architetto prima di tutto perché costruisce. Lo fa con spirito aperto e generoso, privo di autoaffermazione e rifuggendo dalla dittatura delle mode. Piuttosto, facendo della materia il principale strumento di dialogo, tra pari e come mano tesa verso l’altro, perché in fondo si tratta della stessa materia da cui ha tratto origine, miliardi di anni fa, la nostra stessa specie.

Introdotto da un più che documentato contributo di Fritz Neuemeyer, uno dei più noti studiosi della vita e dell’opera di Mies van der Rohe, il contenuto inedito promesso dal titolo prende avvio a pagina 86, con la trascrizione, tradotta in inglese, delle conversazioni che il nipote Dirk Lohan ebbe con il nonno nel 1969 a Chicago. Incompleta, la trascrizione, qui riprodotta anche nella versione originale, realizzata la prima volta da qualcuno che aveva evidenti difficoltà con la lingua tedesca, è ciò che resta dei nastri registrati da Lohan, consegnati all’archivio Mies van der Rohe del MoMA ma poi andati perduti (forse sottratti?). Sufficiente però a sollecitare la curiosità degli storici perché si tratta di conversazioni private e non di pubbliche prolusioni, condotte (forse) senza fini autocelebrativi, che senza contraddire la proverbiale laconicità di Mies aprono più di uno scenario sulla sua idea di architettura e sulle sue relazioni.

Paul Ardenne I’m an architect. Alfonso Femia, architettura e generosità Marsilio Editori, Venezia, 2019 176 pp, 24 euro ISBN 978-8-8297-0487-3

Fritz Neumeyer The lost, Last Words of Mies van der Rohe. The Lohan Tapes from 1969 DOM Publishers, Berlino, 2020 112 pp, 70 ill, EN, 28 euro ISBN 978-3-86922-767-2

Marco Visconti: valore umano e natura in architettura Casa editrice Libria, Melfi, 2020 200 pp, 40 euro ISBN 978-8-8676-4201-4

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IL LATO SCONOSCIUTO DI MIES

STORIE DI APERTURA IN GIAPPONE Il progetto di architettura si adatta agli stili di vita o li condiziona? Se l’architetto non può che cogliere le istanze del proprio tempo, d’altra parte il progetto, da tali istanze traendo ispirazione, può dare vita a spazi che ne agevolino il pieno manifestarsi. L’esplorazione delle sperimentazioni in corso, soprattutto in ambito residenziale, dell’architettura giapponese nell’epoca del post-individualismo – che gli autori chiamano ‘co-dividuality’ – condotta in questo volume da Salvator-John Liotta e Fabienne Louyot offre risposte degne di riflessione: agli ambiti privati si aggiungono spazi dove coltivare l’orto, cucinare insieme, avviare nuove attività lavorative tra residenti in un mix sorprendente (e rigenerante) tra sfera privata e sfera pubblica. Con progetti, tra gli altri, di Kengo Kuma, Kazuyo Sejima, Ryue Nishizawa, Shigeru Ban, Sou Fujimoto, Satoko Shinohara, Ayano Uchimura, Taichi Kuma, Junya Ishigami, Suppose Design, Naruse Inokuma e Masuda + Otsubo.

SPERIMENTAZIONI RESIDENZIALI TRA PRIVATO E PUBBLICO

Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot What is Co-Dividuality? Post-Individual Architecture, Shared Houses, and Other Stories of Openness in Japan Jovis Verlag, 2020, 160 pp, 150 ill, EN/F, 32 euro ISBN 978-3-8685-9621-2


› APPARTENENZA

RIALLINEARE I LUOGHI LE LIMITAZIONI IMPOSTE DALLA QUARANTENA HANNO FAVORITO LA RISCOPERTA DI UNA DIMENSIONE LOCALE E LA CONSAPEVOLEZZA DI APPARTENERE SIA AL TERRITORIO SIA ALL’AMBIENTE. DUE PREMESSE SULLE QUALI È POSSIBILE RIFONDARE UN FUTURO

Carlo Ezechieli

Bricolo Falsarella Associati, restauro del rustico di Villa Saccomani (foto© Atelier X, Y, Z).


› APPARTENENZA

Riallineare i luoghi e riconsiderare le realtà locali per un ripensamento profondo “Il Trionfo della Città: come la nostra più grande invenzione ci rende più ricchi, più intelligenti, più verdi, più sani e più felici” era il titolo di un libro bestseller del 2012 che in realtà, alla luce dei fatti degli ultimi mesi – specialmente intorno al tema più sani – fa un po’ sorridere. Due condizioni, reciprocamente interferenti, si sono venute a determinare durante e in seguito alla quarantena. La prima è la riscoperta – in forma del tutto inedita, mediata dal mondo digitale in cui ci troviamo ormai completamente immersi – di una dimensione locale e di piccola scala, contrapposta a quella metropolitana, imponente, luccicante, in uno stato di congestione e agitazione permanente. L’altra invece è rappresentata dalla forte limitazione agli spostamenti di lungo raggio, e pertanto alla globalizzazione, dove appunto le grandi metropoli trionfano in quanto gangli vitali del sistema. I territori interni, i luoghi alternativi alle grandi metropoli, di cui l’Italia è così ricca, si sono in breve tempo, anche se forse in forma transitoria, ripopolati. A livello turistico i centri minori, snobbati negli ultimi vent’anni a favore di destinazioni più ambiziose ed esotiche, sembrano aver acquisito una nuova linfa vitale. Sembra insomma che si sia verificato una specie di reset, un ritorno a forme di frequentazione dei luoghi, se non addirittura di organizzazione della società, fondate, come una quarantina di anni fa, su una dimensione locale, spesso caratterizzata da un’altissima qualità di vita, come sottolinea Stefano Fera, e capace di picchi culturali tanto inaspettati quanto eccezionali, come dimostrano le opere ‘di campagna’ di Filippo Bricolo e Francesca Falsarella. Un fondamentale principio di riallineamento enunciato in questo numero da Cristina Mittermeier, uno dei più celebri pionieri della fotografia orientata alla tutela ambientale – nel suo straordinario quanto speciale contributo – sembra percorrere nello stesso modo la nostra consapevolezza di appartenere sia al territorio che all’ambiente. L’Italia è caratterizzata da un’incredibile concentrazione di tesori: una ricchezza culturale da scoprire, e sulla quale, malgrado tutto, è possibile rifondare un futuro. CE

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Bricolo Falsarella Associati Filippo Bricolo e Francesca Falsarella, coppia nel lavoro e nella vita, lui veronese lei trevisana, si sono conosciuti in occasione degli studi universitari presso l’Università Iuav di Venezia dove si sono laureati, entrambi con 110/110 e lode, con una tesi congiunta sull’ampliamento del Museo degli Eremitani di Padova. Nel 2003 consolidano il loro sodalizio fondando lo studio Bricolo Falsarella Associati con sede nella loro casa studio presso Sommacampagna sulle colline moreniche del Garda in provincia di Verona. L’attività dello studio si concentra sul tema del riuso e degli interventi sul patrimonio storico, curando recuperi di giardini e antiche dimore, allestimenti museografici, rigenerazioni di spazi pubblici. Le loro architetture sono caratterizzate da atmosfere pacatamente sofisticate basate programmaticamente sulla messa in scena della costruzione e sulla ricerca di materialità povere e di suggestive sequenze narrative. www.bricolofalsarella.it

IL SENSO DELLE COSE I QUADERNI, IL DISEGNO, LA RICERCA SULLA QUALITÀ DEI MATERIALI, IL LAVORO DEGLI ARTIGIANI, SONO PROCEDURE E TERMINI CHE CARATTERIZZANO PROFONDAMENTE IL LAVORO DI QUESTO STUDIO DI SOMMACAMPAGNA. UNA CONVERSAZIONE CON FILIPPO BRICOLO di Carlo Ezechieli

In tutti i paesi industriali e post-industriali la forma di artigianato evoluto, che ancora fortunatamente sopravvive in Italia, è andata progressivamente scomparendo, cancellata da pratiche di fabbricazione dove la qualità delle maestranze è stata sostituita da procedure e la realizzazione dell’opera da pratiche di costruzione off-site. In questo contesto il lavoro di Filippo Bricolo e Francesca Falsarella è un esempio di rinascita della Baukunst allo stato più puro.

Rappresenta la riscoperta gloriosa della qualità dello spazio e della materia con cui viene realizzato, secondo il chiaro principio che, se è impossibile fare un’architettura senza un’idea, un’idea da sola non è sufficiente per fare un’architettura. Una dimensione forse impossibile senza un contatto diretto con i luoghi e con una dimensione territoriale interna, dalle radici profonde, come emerge da questa conversazione con Filippo Bricolo.


› APPARTENENZA

La gente lavora in un certo modo per qualche motivo. Qual è il tuo motivo?

Il motivo è forse quello di rendere il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato. Ciò che vedo nell’edilizia di tutti i giorni e che ci circonda, specialmente in questo territorio, sono una serie di inerzie e di abitudini, di cose che vengono fatte perché si fa così. Tutto questo rientra infine nell’architettura ma corrisponde a prassi che è importante scardinare. Chiedersi ogni volta cosa significa fare un intonaco, una maniglia o una soglia: è importante ripartire dall’essenza delle cose. Ed è il senso del nostro lavoro. Non si tratta di un pensiero intellettualistico, né di mettere tutto in dubbio, né tantomeno di fare gli originali, ma di onorare le questioni progettuali.

Mi piaceva la tua definizione di architetto di campagna, di cui già mi parlavi.

Nasce dal fatto che il nostro campo di azione è nei dintorni del Lago di Garda. Sono contesti agricoli, legati al turismo, in particolare al turismo del vino. Lavoriamo anche a contatto con le città, la prima è Verona, che comunque è un capoluogo di provincia e non una metropoli, ma il nostro contesto è rurale, di campagna. E il termine si riferisce alla figura del curato di campagna, quello che va via per studiare, impara il latino, ma poi torna nei suoi luoghi di origine cercando di diffondere il verbo, collegando quello che aveva imparato con la vita delle persone. Come architetto, non sono uno di quelli che cerca il nuovo a tutti i costi, il glamour, la cosa attuale. Vivo qui, e di questo luogo cerco di leggere i contesti, paesaggisticamente

straordinari. E vista la situazione amo definirmi un architetto di campagna. Come e dove vive un architetto di campagna?

Io abito e lavoro a Sommacampagna, sono sempre stato qui. Detto così sembra un posto fuori dal mondo, ma guarda caso è dove si incrociano i principali corridoi europei, quelli da Lisbona a Kiev. Stiamo nel centro storico di questo paese, in una casa dell’Ottocento, secondo una formula casa-bottega. Tutti qui: la casa, la famiglia, lo studio con i collaboratori e un cane che si chiama Utzon. Utzon per l’appunto è noto per essere una tua influenza. Chi sono i tuoi maestri?

Da sempre ho un forte legame con Carlo Scarpa. Risale a quando avevo 11 anni, ai tempi in cui mio padre, architetto, aveva

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› APPARTENENZA

allestito delle mostre di scultura lavorando in stretto contatto con Arrigo Rudi, che con Scarpa aveva realizzato il Museo di Castelvecchio e la Banca Popolare di Verona. Dai tempi dell’università sono rimasto letteralmente folgorato dal Museo di Castelvecchio. Sempre a Castelvecchio ho iniziato a realizzare alcuni allestimenti per mostre come quella di Consagra e di Caccia Dominioni, finché non ho avuto l’occasione di completare una parte, l’ala Est, rimasta incompiuta da Carlo Scarpa. Insomma, Scarpa mi è sempre rimasto nel cuore e in tutto quello che faccio. L’altro aspetto è che ho fatto un dottorato di ricerca, a Venezia, con Luciano Semerani, e mi è sempre rimasto anche questo aspetto della ricerca, un po’ più aulico. Cerco di integrare l’aspetto artigianale, pratico, e un altro che riguarda la ricerca dell’architettura. E come architetti mi piacciono quelli che tengono un piede nel presente e l’altro in tutti i tempi possibili. Tendenzialmente gli architetti meno noti, quelli che lavorano sulla materia, sulla narrativa, sul senso delle cose. Cosa ti ispira di più?

Spesso ci sono riferimenti all’architettura nel cinema, nell’arte, sono campi che fre[ 38 ]

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quento assiduamente. E anche la musica, dato che sono stato musicista per molti anni. Ho anche fatto un concerto a Castelvecchio. Mi interessano di più i racconti relativi all’esperienza, al vissuto dei singoli autori. Cosa diresti a un principiante, a uno studente o un architetto a inizio carriera?

Dopo tanti anni che insegno all’università, quello che dico sempre ai giovani è di cercarsi. Di stare attenti perché questo è un mondo in cui ogni giorno riceviamo una quantità enorme di informazioni e di immagini. Questi giovani sono abituati a vedere cose molto velocemente. È una condizione che rappresenta la contemporaneità, ma quello che si sta perdendo è la profondità. Quando vedi un’immagine che ti colpisce si tratta di cercare di capire perché ti colpisce, di capire la profondità e di andare dentro noi stessi. Com’è organizzato il tuo studio?

È uno studio associato, con mia moglie Francesca Falsarella. Studiavamo insieme, ci siamo laureati insieme, in pratica lavoriamo insieme da sempre. Circa la prassi di lavoro, il tutto si sviluppa a partire da un quaderno, il quaderno è il racconto del progetto, dove poniamo

le domande, ci sono idee ma anche schizzi di esecutivi, insomma tutto quello che passa per la testa. Il quaderno viene poi sviluppato dai nostri collaboratori. Ma all’inizio c’è una ricerca ossessiva di una domanda. Ci si chiede sempre qual è l’inizio. E nonostante tutto, il disegno a mano è sempre la cosa più diretta che ci possa mai essere. In fase di realizzazione lavoriamo moltissimo con gli artigiani, lavoriamo sui materiali, su tecniche costruttive, anche antichissime. A ogni passo cerchiamo di chiederci il significato di ogni cosa. E immagino, dato un lavoro così diretto con la materia e con gli artigiani, che dedichiate ben poco tempo allo sviluppo di plastici

Si esatto, facciamo pochissimi modelli, mentre lavoriamo moltissimo con gli artigiani. E data la difficoltà a comunicare il risultato finale ai nostri committenti, dedichiamo molta attenzione ai rendering. Come del resto al controllo della luce, al suo rapporto con le superfici, sia con le superfici murarie sia con i metalli, al rapporto dinamico con lo scorrere del tempo. Di fronte ai mattoni che oggi sono tutti lineari, impeccabili, mi incantano opere come la Baker House di Alvar Aalto, che ebbi l’occasione di visitare anni fa: mattoni


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artigianali, pieni di irregolarità, che compongono una superficie muraria incredibile, vibrante, viva. E infine sono contrario al concetto che un principio costruttivo debba diventare l’ostentazione di un’idea. Un edificio non dev’essere un’idea, ma uno spazio dove si sta bene, che trasmette un senso: non sono granché interessato al concetto di esposizione didattica di una tecnica o di un principio. È per questo che negli edifici tentiamo sempre di far scomparire le idee dai progetti per dare risalto all’esperienza. Uno spazio è fatto col linguaggio di sempre dell’architettura, di spazi, di attese, di ombre e di luci. Dalle tue parole percepisco lo spirito di Carlo Scarpa

Per l’appunto credo che circa l’opera di Scarpa ci sia un grandissimo equivoco. Spesso le persone guardano di Scarpa il virtuosismo e il dettaglio e questo genera o grandi amori o odi profondi. Mentre da una visita a Castelvecchio si capisce che è innanzitutto un sistema per guardare il mondo, sono espedienti espositivi che non si dovrebbero mai guardare con occhi da architetto, vale a dire in modo totalmente mediato dall’intelletto, ma semplicemente colti così come sono.

Dal quaderno di Filippo Bricolo e Francesca Falsarella, idee, riflessioni e dettagli intorno al progetto per la ristrutturazione del rustico di Villa Saccomani (nella foto ©Atelier X, Y, Z della pagina precedente e nelle due pagine seguenti).

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Trame in dialogo IL PROGETTO DI BRICOLO E FALSARELLA PER IL RECUPERO E AMPLIAMENTO DI UN RUSTICO DELLA SETTECENTESCA VILLA SACCOMANI RIPORTA L’EDIFICIO AL SUO CARATTERE INIZIALE Il progetto ha previsto il riuso ai fini abitativi degli annessi rustici della settecentesca Villa Saccomani, sita sulle colline moreniche a pochi chilometri dal Lago di Garda e dalla città di Verona. Il fabbricato, un pittoresco rustico del XVIII secolo, sbrigativamente ampliato nel XX secolo, aveva perso qualsiasi valore architettonico. Col demolire le aggiunte recenti, in blocchi di cemento, l’intervento ha per prima cosa riportato l’edificio al suo carattere iniziale, per poi realizzare le nuove volumetrie in laterizio faccia a vista. Il contrasto materico delle nuove superfici, chiaramente distinte da quelle in pietra dell’involucro originario, è stato attenuato coprendo entrambe con una scialbatura (un’antica tecnica di tinteggiatura a calce) color canapa. Questa soluzione ha permesso di confermare la coerenza dell’intervento nel suo complesso, pur mantenendo la possibilità di distinguerne le trame da vicino. La sterile omogeneità dei nuovi materiali, mattoni lunghi 30 cm prodotti industrialmente, è stata rotta da una rotazione dei blocchi, apparentemente casuale, generando in tal modo un’irregolarità dinamica, capace di reagire con la luce e di integrarsi con le antiche superfici. I materiali identificano gli ambienti interni: le antiche pareti in pietra coincidono con il soggiorno e gli spazi comuni, mentre i mattoni del sopralzo identificano le camere da letto al primo piano. I telai delle finestre, posate completamente dall’interno, non sono visibili dall’esterno ed enfatizzano in tal modo l’idea di un’architettura senza tempo. L’unica nuova apertura praticata nell’antica muratura in pietra coincide con una grande finestra scorrevole, il cui telaio non è visibile dall’esterno, rivolta verso il parco della villa e una nuova piscina. L’apertura interrompe la continuità di una fascia di bordo in cemento armato che, oltre a servire da rinforzo strutturale, segna la linea di congiunzione tra la vecchia e la nuova muratura.

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Restauro dei rustici di Villa Saccomani. Sopra, l’unica apertura praticata nell’antica muratura in pietra. A sinistra, un ambiente interno e il contrasto dei materiali, attenuato con una scialbatura leggibile, che racconta la storia dell’edificio (foto ©Atelier X, Y, Z).

Progetto finalista del premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana Vincitore del Brick Award 16 Menzione Speciale del Fritz-Höger-Preis 2017 für Backstein-Architektur.

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SEMPRE DI BRICOLO E FALSARELLA L’INTERVENTO PER LA CANTINA GORGO A CUSTOZA. UN EDIFICIO LETTERALMENTE MONTATO, COME UN GIGANTESCO LEGO

Ricchezza essenziale Quando di parla di prefabbricazione ci si riferisce normalmente all’assemblaggio di grandi componenti, per realizzare opere di alta qualità costruttiva in tempi rapidissimi. Un procedimento di grande efficacia dal punto di vista della qualità tecnica di realizzazione dell’opera ma dove spesso la stessa tecnica assume un ruolo talmente prevalente da mettere in secondo piano sia i particolari che il senso di utilizzo dei materiali. Nel caso della cantina Gorgo – un progetto di ormai più di dieci anni fa, ma non per questo meno notevole, dello studio Bricolo Falsarella – è un edificio letteralmente montato, come un gigantesco Lego, in soli 10 giorni, e rappresenta, rispetto alle pratiche convenzionali di fabbricazione off-site, un’interessante eccezione. Composto da 118 blocchi monolitici estratti dalle vicine cave di Vicenza, squadrati con precisione meccanica, riprende non solo la materia ma anche i particolari della tradizione. I basamenti, cornicioni e spalle sono nel tipico Nembro Veronese, e l’architettura è una sequenza di grandi aperture che dialogano con il paesaggio. Un’architettura che pur essendo ridotta all’essenziale con una equilibrata alternanza tra pieni e vuoti, non rinuncia alla ricchezza di particolari di estrema raffinatezza, capaci di conferire all’opera un carattere del tutto particolare.

Premio Giovani Architetti dell’Accademia di San Luca, Roma 2006 XII Bienal Internacional de Arquitectura de Buenos Aires 2009

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BELL’ITALIA

UN MINARETO IN COTTO SUI TETTI DI PANZANO IN CHIANTI

Utilizzando il linguaggio dell’arte MDU architetti trasforma una questione funzionale in un gesto estetico che si inserisce con originalità in un paesaggio consolidato e tutelato, nel rispetto dei colori e dei materiali della tradizione locale

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Quando Dario Cecchini, patron dell’Antica macelleria più famosa del mondo e dell’attigua Officina della Bistecca, si rende conto che i fumi della sua cucina e l’odore acre della cottura della carne minacciano di incrinare le relazioni con i vicini di casa, prende il toro per le corna. E com’è nel suo carattere pensa di fare a modo suo, perché non gli va di limitarsi al semplice innalzamento della canna fumaria. “Visto che si deve fare, facciamo qualcosa di meglio”, pensa. Ci vuole un architetto, e chi meglio di Cristiano Cosi e dei suoi soci di MDU? Insieme, a tavola, ne parlano e pian piano prende forma il progetto. Siamo a Panzano, a metà strada tra Firenze e Siena, “zona – secondo il DM 27/04/1974 G.U. 239-1974 – di notevole interesse pubblico costituita da colline olivate e vitate … di tipica tradizionale bellezza toscana”. Il gesto deve essere coraggioso e contemporaneo ma allo stesso tempo legato a questa terra, interprete di un sistema di relazioni che diventi vessillo, riferimento, segno e richiamo. Bisogna coinvolgere l’amico Marco Manetti, che nella sua fornace di Greve lavora – secondo l’antica tradizione dell’Impruneta – quella particolare argilla che dà vita al cotto di qui, uno dei tanti meravigliosi prodotti di questo territorio. Nasce così il progetto della Torre Minareto di Panzano in Chianti, la canna fumaria che si innalza di 7 metri dal colmo del tetto del locale di Cecchini, un edificio di tre piani fuori terra privo di particolari caratteristiche decorative, fatte salve le fasce pittoriche sovrapposte che lo distinguono nell’abitato. Il tubo portante della canna fumaria, imbullonato alla struttura muraria per mezzo di una piastra inghisata alla muratura e opportunamente controventato da quattro tiranti metallici, è rivestito con elementi di cotto che riproducono varie fogge dei tipici conchini della produzione locale (cotto del Ferrone). Di varie dimensioni e sovrapposti in modo articolato intorno al tubo in acciaio, cui sono saldamente fissati, gli elementi in cotto creano una sorta di ciminiera per questo “opificio gastronomico” che richiama visitatori da tutto il mondo. Senza interferire con le visuali del borgo e con il profilo del crinale e dell’abitato, la singolare canna fumaria si fa landmark con il linguaggio dell’arte, che trasforma in elemento estetico un componente altrimenti solo funzionale. L’uso del cotto infine uniforma il colore e la tessitura del nuovo elemento al colore dei tetti e dei comignoli della zona, entrando in sintonia con i colori del paesaggio. [ 46 ]

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Da sinistra. Dario Cecchini con i suoi sulla porta dell’Antica Macelleria. La foto di una portatrice d’acqua evocativa dell’opera e diverse immagini della Torre Minareto che spunta dai tetti di Panzano e si inserisce nel paesaggio.


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MDU Architetti Fondato a Prato nel 2001, MDU Architetti è formato da Alessandro Corradini, Cristiano Cosi e Marcello Marchesini. Si occupa di progettazione architettonica alle varie scale. Tra le opere realizzate si segnala il Teatro polivalente di Montalto di Castro (vincitore del premio Property Awards, The Architecture Award - Public Services 2010), la Biblioteca comunale di Greve in Chianti, la Galleria d’Arte-Contemporary Art Association dedicata alle opere di Giuliano Vangi, il Circolo ricreativo di Castelnuovo vicino a Prato, la nuova sede della Camera di commercio di Prato, il Centro espositivo permanente Italian Trade Centre a Quanjiao in Cina e l’Aula Magna del rettorato dell’Università degli Studi di Milano. Attualmente lo studio sta lavorando alla realizzazione del Teatro comunale di Acri vicino a Cosenza, al Piano di sviluppo integrato per lo sviluppo sostenibile di Lucca, alla sede degli uffici dell’impresa Cgf Costruzioni, al progetto del nuovo complesso parrocchiale della Chiesa della Visitazione a Prato e al restauro della Villa di Vitigliano a Greve in Chianti. www.mduarchitetti.it

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› APPARTENENZA distanziatori vasi dettagli costruttivi

FORO PER CANNA FUMARIA

In alto, Dario Cecchini, patron dell’Antica macelleria, durante i lavori di messa in opera. I disegni di MDU con i dettagli costruttivi.

Dalle argille dell’Impruneta, piccolo territorio a poca distanza da Firenze, da secoli si realizza il Cotto imprunetino: un materiale compatto, solido, resistente, longevo e naturale, dalla vivida resa cromatica di un particolare punto di rosso. Dalla materia e dalle mani esperte degli artigiani del luogo nascono orci, tegole, coppi, mattoni, elementi decorativi e artistici. In questa secolare tradizione si inserisce la storia della Manetti Gusmano & Figli (foto accanto) azienda attiva al Ferrone da ben otto generazioni nella produzione di pavimenti in cotto di straordinario pregio. La recente acquisizione del marchio Sannini ha aperto l’attività alla progettazione, produzione e montaggio a secco di rivestimenti per l’architettura, in forma di involucri in cotto dal linguaggio fortemente contemporaneo. www. cottomanetti.com

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COPERTURA

www.lualdi.com

distanziatori vasi profili per taglio laser


COTTO DAL 1780

Tradizione e innovazione per l'architettura

cottomanetti.com Abitazione privata, Lucerna, Svizzera / Architetto Scheitlin Syfrig / Finitura Pelle di luna


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Stefano Fera Stefano Fera, architetto, ha collaborato da studente e a inizio carriera con Ignazio Gardella e Aldo Rossi, quindi col padre Cesare Fera. Attivo soprattutto nel campo del restauro architettonico e urbano, è specializzato nello studio dell’architettura premoderna e degli ordini architettonici. Sull’argomento ha curato la riedizione digitale della Regola del Vignola. Ha insegnato in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con riviste e quotidiani su temi d’architettura e urbanistica. È stato recentemente invitato da Sergio Maifredi e Corrado d’Elia a contribuire alla rassegna online Racconti in Tempo di Peste col video Il virus, grande urbanista! Ha in corso di pubblicazione il saggio Gusto architettonico per GUP (Genoa University Press).

www.stefanofera.it

URBANITÀ DIFFUSA Le considerazioni di Stefano Fera riscoprono il fascino e l’attualità delle città storiche d’Italia di Carlo Ezechieli

Meglio evitare ormai il termine virale, anche se qualche eccezione va fatta, come per il contributo di Stefano Fera, sviluppato in ambito teatrale e rilanciato online (bit. ly/2WLqyZV) affermandosi come un positivo contagio culturale. Nel suo racconto Fera solleva importanti interrogativi sul modo in cui oggi pensiamo e sviluppiamo le città e mette in luce l’unicità del modello di ‘urbanità diffusa’, alternativo alle grandi concentrazioni metropolitane, che caratterizza profondamente il sistema insediativo italiano. Temi che abbiamo deciso di approfondire con lui in questa intervista. I capoluoghi italiani sono stati per secoli centri di cultura e arte. Negli ultimi tempi sembravano aver perso terreno rispetto alle metropoli, questo almeno finché una circostanza come il Covid-19 ha rimescolato le carte. Come vede il futuro prossimo di queste piccole capitali d’Italia?

Lo vedo bene, perché il futuro delle città italiane è legato alle loro caratteristiche storiche, del tutto uniche. Abbiamo città non [ 50 ]

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solo belle, ma anche efficienti, con una qualità della vita eccezionale, che non ha pari in molte altre parti del mondo. Penso ad esempio alle città della Pianura Padana, poste a pochi chilometri l’una dall’altra, lungo la Via Emilia. Ricordo, inoltre, che le più antiche e importanti università italiane sono in città di medie dimensioni, quali Pavia, Bologna, Padova e Pisa, non in grandi città come Milano e Roma. Abbiamo una fortuna incredibile – che in verità non credo sia stata mai compresa fino in fondo – data da quella che chiamo urbanità diffusa, cioè da una qualità della vita urbana distribuita in modo abbastanza omogeneo su tutto il territorio nazionale. Tale urbanità diffusa è stata prodotta, nell’arco di due millenni, dalla rete delle strade consolari romane, ossia il sistema infrastrutturale terrestre più antico del mondo che da sempre facilita il collegamento tra i vari centri urbani. Questo il motivo per cui in Italia non si è mai sentita la necessità di megalopoli come Parigi, Londra o Madrid. È anche vero che Francia, Spagna

e Inghilterra, a differenza dell’Italia, hanno avuto per secoli organizzazioni statali fortemente centralizzate. Ma è pure vero che l’accentramento amministrativo, culturale e politico, se da un lato esalta le città capitali, dall’altro impoverisce e rende marginali gli altri centri. Se prendiamo metropoli come Parigi, e ancor più Madrid, vediamo che al loro intorno c’è il vuoto. Da noi, al contrario, anche attorno a una grande città come Milano si ha un reticolo di piccole e antiche capitali tuttora dotate di fortissima identità sociale e culturale. Ricordiamoci che in Italia abbiamo la parola ‘campanilismo’ che è intraducibile in altre lingue, se non ricorrendo a perifrasi. I Francesi hanno inventato, invece, lo ‘sciovinismo’, che è il suo opposto. In Italia, infatti, c’è un deficit di nazionalismo, mentre sentiamo tutti un attaccamento viscerale ai nostri luoghi di origine. Per noi Italiani il rapporto con la città è, nel bene e nel male, identitario. Ciò si deve al fatto che le antichissime città italiane, nonostante le invasioni, le guerre, i terremoti e le tante


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sciagure, mantengono tutt’oggi un’immagine nitida, distinta, caratterizzata e caratterizzante, prodotta da quell’eccezionale fenomeno tipicamente italiano che è stata la ‘civiltà di corte’; fenomeno che le ha rese tutte piccole patrie. Sebbene fossero costantemente in guerra tra loro, è stata proprio la competizione tra città a farle diventare sempre più belle e uniche, generando una continua migrazione di intellettuali e artisti da una corte all’altra, come nel caso illustre del Bramante che sessantenne, caduto Ludovico il Moro, trasloca e inizia una seconda vita a Roma, alla corte papale. Nonostante tutto, le metropoli sono diventate sempre più polarizzanti sia a scala globale che nazionale. Milano ad esempio è ormai una sorta di buco nero rispetto ai centri, anche importanti, che le stanno intorno.

Questa trasformazione penso dipenda soprattutto dal passaggio dal capitalismo industriale al capitalismo finanziario. Il che spiega anche la parabola discendente di

Genova all’interno del cosiddetto ‘triangolo industriale’. Milano non è mai riuscita a diventare capitale unica dell’industria italiana, mentre oggi al contrario è l’indiscussa capitale finanziaria del Paese. La stessa rilevanza dei progetti architettonici milanesi, da poco realizzati o in fase di realizzazione, dipende dal fatto che qui si concentrano le capitalizzazioni immobiliari dei principali fondi d’investimento internazionali. Ormai questi processi seguono dinamiche singolari, quasi o del tutto inedite, almeno in Italia, fino a pochi anni fa. Oggi non si costruisce più per vendere o affittare, ma per creare asset immobiliari da mettere a libro. I nuovi edifici che vediamo sorgere a Milano hanno una funzione analoga a quella dei lingotti d’oro nei caveau. Importa poco che entrino nel circuito del normale mercato immobiBologna, portico di via Saragozza (ph. CC 4.0, autore Loris Quartieri. In alto, Cesena, piazza del Popolo, ph. CC 4.0, autore Lorenzo Gaudenzi.

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› APPARTENENZA Fabriano, tracce di decorazioni a fresco del XII/XIII secolo sul voltone a sesto acuto che si apre sotto il corpo centrale del duecentesco Palazzo del Podestà e immette sul corso della Repubblica (ph. CC licenza 2.0, autore Heinz Bunse).

liare basato su domanda e offerta, quel che conta è che tali edifici siano realizzati in aree il cui rating sia certificato secondo standard dettati dalla finanza internazionale. Faccio un esempio che ho seguito dall’inizio del cantiere, essendo un luogo in cui passo abbastanza spesso. A Parigi, lungo la Senna, di fronte all’Île Seguin, su una delle ex aree Renault, tra il 2004 e il 2007 Hines ha realizzato il Meudon Campus, un tipico baraccone da uffici all’americana: 18.000 mq distribuiti in cinque edifici su quattro ettari di landscaped park. Da quando è stato ultimato a oggi non è mai stato affittato e nessuno sembra preoccuparsene. Se una cosa del genere l’avesse fatta un classico investitore immobiliare del passato sarebbe fallito o avrebbe cambiato mestiere, invece Hines e soci continuano imperterriti a fare operazioni analoghe, a Parigi come altrove. Tutto ciò contraddice i criteri in base ai quali, per secoli, si sono costruite le città. Si può perciò parlare di finanziarizzazione selvaggia che, insieme alla turistificazione selvaggia (Airbnb e simili), sta cannibalizzando le principali città europee. Da ciò le bolle immobiliari che si susseguono con sempre più devastante intensità, ma anche i tanti quartieri antichi deserti e i nuovi nati morti che vediamo a Milano, come in tutte le altre città europee prese di mira dai fondi d’investimento internazionali. Certo che, se costruire senza nessuna necessità abitativa è una prassi che sfiora l’assurdo, anche costruire per vendere, in senso speculativo, ha avuto e ha impatti tremendi sulla qualità abitativa e ambientale. Si tratta di rifondare i presupposti di partenza. Come si dovrebbe sviluppare oggi una città?

La risposta, a mio avviso, è semplice: le città devono essere ripensate senza automobili, punto. È inutile scervellarsi a inventare pannicelli caldi di varia e fantasiosa ispirazione ambientalista/ecologista. Dobbiamo semplicemente smettere di pensare che le automobili siano indispensabili, questo è il grande tema urbanistico di maggiore urgenza e attualità. Tema che a gente di età maggiore o pari alla mia risulta utopico e inconcepibile, mentre per i ventenni è del tutto logico ed evidente. Ed è qui che le nostre antiche città, che fino a ieri consideravamo obsolete e sventravamo per renderle accessibili al traffico, ridiventano moderne e pienamente funzionali. Perché qui sta l’enorme differenza tra la metropoli nordamericana e nordeuropea e l’urbanità diffusa delle nostre città [ 52 ]

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medio-piccole. Mentre in una città americana, senza automobile sei morto, in qualsiasi centro storico italiano se non la possiedi stai benissimo, anzi, meglio. Se poi, come sembrerebbe, il telelavoro riducesse davvero la necessità di continui spostamenti, allora la dipendenza dal mezzo di trasporto privato diventerebbe quasi nulla, o per lo meno gestibile con sistemi di condivisione come il car-sharing o il bike-sharing. Qual è la chiave per far rinascere queste nostre piccole capitali?

Credo che la chiave stia nel non avere chiavi. Voglio dire, gli architetti devono smetterla di sentirsi i demiurghi del futuro e del sociale. Va già bene quando riescono a fare il loro mestiere senza causare troppi danni, figuriamoci risolvere i problemi di società complesse come le nostre. Questa forma di presunzione e d’egolatria culturale nasce nel momento in cui si afferma la figura dell’urbanista come soggetto professionale distinto e alternativo all’architetto. A partire dal ‘68 l’architetto è visto, infatti, come un vecchio aggeggio borghese, buono solo a far case per le signore bene. L’urbanista, al contrario, appare come il nuovo interprete della lotta di classe e l’artefice della società futura: a lui spetta il ruolo di veggente, quindi programmatore, pianificatore e regolatore di qualsiasi forma di sviluppo socioeconomico. Da questo equivoco sono emersi disastri immani. L’Italia è un paese ricco di differenze, da regione a regione: come in ambiente naturale esiste una grande biodiversità, così in ambiente urbano si ha altrettanta ricchezza e differenziazione edilizia, architettonica e urbanistica. Bisogna quindi evitare ricette precostituite, valevoli ovunque e comunque. In ogni caso, bisogna impedire agli urbanisti di predire il futuro. Esiste una letteratura che, se non avesse causato i danni che ha causato, sarebbe anche involontariamente umoristica. Si tratta delle previsioni, sbagliatissime, dei vari Piani Regolatori prodotti in Italia negli ultimi 60 anni. Un esempio per tutti: se Malpensa oggi è l’aeroporto di Novara, invece che di Milano, si deve al fatto che gli urbanisti dell’epoca fossero convinti che nel Duemila i due centri si sarebbero saldati dando vita a un’unica città-regione. Per fortuna ciò non è avvenuto, ma il risultato è che Malpensa oggi è uno degli aeroporti europei più scomodi da raggiungere, con qualsiasi mezzo. Ritengo insomma necessa-

rio essere pragmatici, assecondare il nostro passato e soprattutto evitare di farci colonizzare culturalmente proprio nei campi in cui siamo più ricchi: architettura e città. Porto ancora un esempio che conosco bene: i quartieri di edilizia economica popolare realizzati a Genova negli anni ’80, in seguito alla legge Nicolazzi sugli sfratti. La maggior parte dei complessi progettati dagli architetti di partito sull’esempio di new towns e villes nouvelles è oggi fatiscente e da demolire, mentre i due quartieri disegnati da


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Ignazio Gardella e Gianfranco Caniggia seguendo la logica delle città italiane sono in buono stato e offrono le migliori condizioni abitative. Gardella e Caniggia non hanno fatto nulla di eccezionale, hanno semplicemente disposto gli edifici come si è sempre fatto in Liguria: allineando le case a strade tracciate seguendo le curve di livello e l’orografia del terreno, quindi infischiandosene dell’asse elio-termico e di tutte le altre fesserie moderniste. Purtroppo, tali fesserie si sono spesso tradotte in leggi e norme urba-

nistiche che oggi ci impediscono di operare nel modo più logico. Per molto tempo non ci siamo resi conto dei tesori che avevamo. Inoltre la città storica era del tutto flessibile: in ogni edificio, finito un utilizzo se ne insediava un altro e non c’era nessuna legge che lo impedisse. Talvolta si procedeva con alterazioni, anche pesanti, che tuttavia consentivano agli edifici di sopravvivere: conventi espropriati diventavano prigioni, laboratori, scuole, ospedali, musei. In questo modo diversi monumenti, sebbene malconci, si

sono salvati e sono arrivati fino a noi. Visti nell’insieme, noi Italiani siamo un po’ come certe vecchie famiglie decadute che, affittati malamente i piani nobili del palazzo avito, si riducono a vivere nei locali della servitù lasciando meravigliosi mobili antichi a marcire in cantina, quindi arredandosi le loro quattro stanze con carabattole dell’Ikea. Questo è quanto abbiamo fatto finora, quasi dappertutto, con le nostre città e col nostro immenso patrimonio storico-artistico. Sarebbe ora di smettere e invertire la rotta

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Amazzonia brasiliana, giovane della popolazione Kayapó (© Cristina Mittermeier).


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POTERE ALLE IMMAGINI DIALOGO CON CRISTINA MITTERMEIER, PIONIERE DELLA FOTOGRAFIA RIVOLTA ALLA TUTELA AMBIENTALE. UN TEMA MOLTO ATTUALE, SOPRATTUTTO PER GLI ARCHITETTI

Un passo alla volta, un po’ senza volerlo ma più spesso in modo del tutto deliberato, abbiamo sistematicamente, non solo eliminato, ma tolto il diritto di esistere a tutto ciò che è ‘selvaggio’. Non solo i luoghi, non solo gli animali, ma anche le popolazioni non urbane e non rurali di questo mondo. Le foto di Cristina Mittermeier, biologa di formazione, diventata inaspettatamente uno dei più influenti e seguiti fotografi del mondo, porta inevitabilmente a riflettere su quanto sia importante il ruolo delle immagini e della loro narrativa nel farci considerare in modo differente sia luoghi incontaminati ma sempre più minacciati, sia i pochi individui che, ormai ridotti al lumicino, vivono ancora liberi su questo pianeta. In questa intervista Mittermeier rivela l’emergere di un approccio concettuale che si sta consolidando in molti campi disciplinari e denso di sviluppi, anche per l’architettura. CE


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Da secoli il genere umano si è ritenuto qualcosa di differente, se non antagonista, a tutto ciò che chiamiamo natura, vale a dire l’ambiente che è scampato alle nostre molteplici modificazioni e alterazioni. È una sorta di racconto collettivo che per un po’ ha funzionato a meraviglia. Oggi tuttavia, data la pressione alla quale stiamo sottoponendo l’ambiente, viene messo in dubbio. Quale potrebbe essere un nuovo racconto?

Credo che le basi di un modo nuovo di vedere le cose derivino innanzitutto dalla consapevolezza, molto recente e del tutto inesistente fino a 20-30 anni fa, che condividiamo questo mondo con milioni, anzi decine di milioni di altre specie. L’immagine che abbiamo oggi del mondo dipende per buona parte dalla nostra cultura, e questa è molto radicata in profondità, anche nella religione. Nel Cristianesimo, ad esempio, la Bibbia ci insegna che siamo padroni della Terra ed è un concetto che, per l’appunto, per un po’ ha funzionato molto bene. La situazione attuale in realtà è abbastanza diversa ed è pesantemente condizionata dal fatto – di cui la gente non ama molto parlare – che al mondo siamo in troppi e consumiamo troppo. Questo è il motivo per cui ogni racconto che riguarda la “natura” deve assolutamente [ 56 ]

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cambiare. Mi piace pensare che questo possa avvenire secondo una nuova modalità di comprensione che coinvolga anche la sfera religiosa e spirituale. Questo non significa che dobbiamo liberarci del Cattolicesimo, del Giudaismo o di qualsiasi altra religione, ma è fondamentale guardare alla base, ai presupposti di rispetto e venerazione per la natura che, per quanto mi riguarda, è la mia vera religione. Sono cresciuta come cristiana cattolica, ma è una fede in cui a fatica posso rintracciare questo tipo di mentalità. Credo pertanto di essermi orientata verso una forma di religiosità che corrisponde molto di più al mio modo di pensare e di essere al servizio del pianeta, che in fin dei conti è ciò che provvede a tutto quello di cui ho bisogno. Dobbiamo infine capire che invece di sfruttare la natura, noi siamo al suo servizio: senza una forma mentale di questo tipo non potremo mai sopravvivere.

mentalità prevalentemente sintonizzata sulla vecchia maniera. Hanno vissuto le grandi guerre, hanno conosciuto veri e propri disastri economici, provengono da un’impostazione basata sull’accumulo di beni. È una specie di indottrinamento: diventi grande, hai un lavoro, una famiglia, un conto in banca, un mutuo, compri una casa, compri una macchina. Quelli invece un po’ più giovani di noi crescono in un mondo altamente digitalizzato, con un livello di inter-connettività che sta modificando profondamente il modo in cui si sentono parte del mondo. E tutti questi ragazzi – compresi i miei figli, ormai tra i 23 e i 24 anni – hanno piena consapevolezza dei problemi ambientali. Un bel giorno prenderanno il posto dei vecchi, assumeranno un ruolo a livello decisionale, e le cose cambieranno. Penso che già ora siamo in questa fase di transizione.

A quale punto pensi che siamo, in questo processo di cambio di mentalità?

E sperando che succeda molto velocemente.

La generazione intorno ai quaranta e i cinquant’anni, alla quale peraltro apparteniamo tu ed io, segna una specie di linea di confine. Quelli più anziani di noi hanno una

…Sperando che non sia troppo tardi

Cosa ci puoi raccontare della tua esperienza con la popolazione Kayapó dell’Amazzonia, con cui hai vissuto per lunghi periodi, e delle altre tue esperienze dirette con popolazioni native?


› APPARTENENZA

Cristina Mittermeier Fin dall’inizio della mia carriera come fotografa sono stata molto attratta dalla fotografia di persone. Questo dipende dal mio percorso che è iniziato come biologa marina ed in seguito, dato che sono stata sposata con un antropologo [il celebre ambientalista e antropologo Russell Mittermeier, NdR], ho trascorso molto tempo a stretto contatto con le comunità indigene. Non è gente che necessariamente va in giro vestita di piume o cose del genere. Si vestono come noi, viaggiano come noi, guidano automobili, ma hanno un senso di identità molto forte. Quello che fa la differenza è che sono ancora collegati al sistema operativo del pianeta, sanno ancora bene come funziona in un modo che noi abbiamo ormai dimenticato da generazioni e generazioni. Mi piace il termine “collegarsi con il sistema operativo del pianeta”, significa quanto sia importante recuperare un livello di consapevolezza dal quale siamo sempre più distanti.

È un termine bellissimo, coniato da Peter Seligmann, uno dei miei mentori ed uno dei miei primi datori di lavoro. Ogni società dipende, come ovvio, dai propri sistemi di produzione, e credo che gradualmente e

sinceramente nell’ambito delle aziende stia penetrando un nuovo tipo di consapevolezza. Ad esempio, tra una settimana sarò tra i relatori di una conferenza sulla sostenibilità: concetto ormai scontato, dato che ogni azienda ha qualcosa dedicato a questo tema. Per molti dei presenti si tratterà solamente di fare presenza, ma qualcuno in sala avrà valori del tutto allineati con la propria attività. La chiave è precisamente l’allineamento dei valori con le cose che si fanno, e questo è il presupposto dal quale proviene un vero cambiamento. Un conto è mettere sul proprio sito una frase carina sulla sostenibilità, un altro è allineare i valori e la cultura con la produttività, dato che il capitalismo è precisamente progettato in modo da contraddire questi principi. Si ricompensa solamente una cosa: il profitto, per sé e per i propri azionisti, e questo dà origine sia ad una tremenda disuguaglianza sia al degrado ambientale. Vorrei pertanto incoraggiare i giovani a prendere le redini di una radicale ridefinizione del sistema di produzione. Non possiamo pensare di prosperare, come del resto si è fatto finora, sulla base della distruzione sistematica dell’ambiente: questo è un punto fondamentale.

Cristina Goettsch Mittermeier è nata a Città del Messico ed è cresciuta nella vicina città di Cuernavaca. Formatasi inizialmente come biologa marina in Messico presso la Università Itesm e in seguito come fotografa presso il Corcoran College for the Arts a Washington, è stata fondatrice nel 2005 della International League of Conservation Photographers (Ilcp) con la quale ha dato un contributo fondamentale al ruolo dei fotografi attivi nel campo della tutela ambientale. Nel 2015 ha fondato, con il fotografo canadese Paul Nicklen, Sea Legacy, una non-profit attiva nella protezione degli oceani. Nel 2010 Mittermeier è stata insignita del Mission Award dalla North American Nature Photography Association (Nanpa) e del Smithsonian Conservation Photographer of the Year Award. Nel 2016 ha ricevuto l’Imaging Award for Photographers who Give Back. Membro della World Photographic Academy, il suo lavoro è stato pubblicato su centinaia di riviste, in particolare su National Geographic Magazine, McLean’s e Time. È stata indicata dalla Outdoor Magazine tra i World’s top 40 Most Influential Outdoor Photographers e dal National Geographic tra gli ‘Adventurers of the Year’ 2018. www.cristinamittermeier.com

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› APPARTENENZA

Ogni futuro ha radici nel passato, tanto che l’arte Moderna traeva ispirazione delle culture primitive. Secondo la tua esperienza cosa potremmo imparare oggi dalle culture indigene?

Ci sono moltissimi insegnamenti, e ogni volta che andavo, imparavo qualcosa. Credo ci siano tre lezioni fondamentali. La prima è che in quanto occidentali, “colonialisti”, parliamo troppo, tanto che spesso i miei interlocutori finivano per alzare gli occhi al cielo. La cosa principale è ascoltare: le persone, la natura, tutto quello che ci circonda. La seconda riguarda il denaro. Il denaro è un concetto astratto. È una costruzione della società moderna e in molte comunità non esiste. Tutto si basa sulla costruzione di relazioni e sulla capacità di restituire, sul bisogno e sull’assistenza reciproca. Gli scambi si basano principalmente sul baratto e credo che la costruzione di relazioni basate sui servizi e sul concetto di restituzione sia una grandissima lezione, molto importante, che dovremmo recuperare dalle popolazioni indigene. Un altro grande errore della società moderna è stato quello di riporre così tanta fiducia nell’eccezionalità dell’individuo che è un concetto molto americano, dove prevale la mania del consumo e di essere eccezionali come individuo e non come comunità. E la terza lezione è un concetto che chiamo enoughness [traducibile come “avere tutto [ 58 ]

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ciò che basta”, ndr]. Per secoli abbiamo fatto coincidere il valore individuale su quanto possediamo, su quanto siamo riusciti ad accumulare. Pensiamo costantemente a quanti soldi guadagniamo e ci confrontiamo con gli altri sulla base di questo. E questo genera inevitabilmente una società di infelici perché è sempre presente la sensazione di non averne mai abbastanza. Pensiamo che sia inevitabilmente così ma non è per niente vero. Le popolazioni indigene possiedono solo l’essenziale e ciononostante sono molto più felici di noi, hanno solo le cose che contano veramente e su queste prosperano. Essere parte di una famiglia, essere parte ed essere utili ad una comunità, avere un ruolo e relazioni dense di significato. Sono tutte cose che, al contrario del denaro e dei beni materiali, rendono felice un essere umano. Conta di più quanto uno può dare anziché prendere alla comunità. Enoughness significa in breve avere abbastanza da poterlo restituire e condividere. Penso che il tuo lavoro sia fondamentale nell’aprire nuovi punti di vista nel rapporto tra società e ambiente. Qual è il rapporto tra l’espressione artistica delle tue foto e la loro narrativa?

Quando ho iniziato il mio lavoro come fotografa non esisteva ancora un concetto di

conservazione. Andavo alle conferenze di fotografia naturalistica, parlavano di filtri, di macchine fotografiche, fondamentalmente di tecnica, ma quando chiedevo se potessimo utilizzare le immagini per proteggere i luoghi dove lavoravamo, la risposta era quasi sempre no. La comunità dei fotografi non era interessata alla tutela. Malgrado ciò, ho iniziato ad interessarmi a questo tema seguendo le orme di grandi fotografi come Peter Dombrovskis della Tasmania, autore di immagini stupende, come quelle del Franklin River, sempre in Tasmania, utilizzandole come strumento di difesa ambientale. O fotografi come Michael Nichols, uno dei miei colleghi del National Geographic, che ha camminato per 2.000 miglia (circa 3.200 chilometri) sulla costa tra il Camerun e il Gabon seguendo la pista degli elefanti africani. Attraversando luoghi dove nessun occidentale, o probabilmente nessun essere umano era mai stato, utilizzando le immagini realizzate e il racconto di questa esperienza per sostenere la creazione di ben 13 parchi nazionali. D’altro canto, penso alla mia vicina: fotografava fiori nel suo giardino. Anche lei era definita una fotografa naturalista. E qui c’è un’enorme discrepanza tra la gente che comprende la relazione tra le cose e vuole utilizzare la fotografia col proposito


› APPARTENENZA Tutte le foto che accompagnano l’intervista sono © Cristina Mittermeier. A sinistra e in basso a destra, decorazioni in uso tra le popolazioni degli altopiani di Papua Nuova Guinea (2006). Accanto, abitanti del villaggio di Kubenkrajké, Brasile (2009). Alle pagine precedenti, Ta’kaiya Blaney, attivista della Tla A’min Nation, British Columbia; Cristina Mittermeier con la comunità indigena Kaiapó, in Amazzonia.

di difendere la natura incontaminata ed altri che fanno fotografie con finalità tecniche o artistiche. È questo il motivo per cui ho proposto la definizione Conservation Photography: dando un nuovo nome era possibile identificare un nuovo proposito, una forma di forte attivismo. E la cosa interessante è che immediatamente centinaia, migliaia di fotografi si sono identificati con questo proposito definendosi Conservation Photographers e questo credo sia stato davvero un ottimo contributo. Fino a che punto pensi che l’arte, nel tuo caso attraverso immagini stupende, piuttosto che la tecnologia e le soluzioni, possano innescare un cambiamento?

Il punto per me è che quando ho iniziato veramente a studiare la fotografia ho studiato anche la storia dell’arte, imparando che l’arte nella storia dell’umanità ha sempre giocato un ruolo fondamentale in termini di orientare il pensiero, i riferimenti e i comportamenti della società. Oggi, almeno dal mio punto di vista, credo che questo ruolo sia ricoperto in amplissima misura dalla fotografia. Credo che la fotografia possa dare un’immagine molto viva dei nostri valori e delle nostre aspirazioni, incluso il mondo in cui vorremmo vivere. Penso che la bellezza sia un grande strumento per coinvolgere le persone. E se riusciamo a comunicare alle persone quanto siamo fortunati ad abitare in un pianeta meraviglioso, questa stupenda bolla blu, è più orientata a prendersene cura. Ultima domanda. Immagina di trovarti nel futuro, 200 anni avanti: puoi mandare un messaggio all’epoca presente?

Direi che abbiamo ancora tempo per svegliarci, e quando andate a votare … pensate ai candidati. Quando gli elettori in una democrazia pensano a cose come l’economia, o “mi piace questo tizio”, sono mal indirizzati. Dovrebbero invece pensare che ogni azione e ogni pensiero abbiano un riferimento all’obiettivo, fondamentale, di sopravvivenza della nostra specie. Ma innanzitutto spero che tra duecento anni saremo ancora tutti ancora qua, e che non si vada a finire

come sull’isola di Pasqua, dove il consumo di risorse, senza alcun criterio, li ha portati alla fame e quasi all’estinzione. Abbiamo visto che queste non sono cose che capitano all’improvviso, ma sono la conseguenza di una serie di azioni scellerate che si protraggono nel tempo, per anni, per generazioni e le conseguenze sono brutali: fame, guerre, siccità o diluvi che si protraggono per lunghissimo tempo. E direi pertanto: per non trovarci di fronte a un’apocalisse tra duecento anni, svegliamoci oggi. Dicevo l’ultima domanda, ma mentre parlavi mi sono venuti in mente gli incendi, i fenomeni climatici estremi, per non parlare delle nuove malattie infettive, incluso il Covid-19, che dagli anni Settamta del secolo scorso stan-

no emergendo a un ritmo mai visto prima.

C’è un libro che si chiama The Hot Zone di Richard Preston sul tema delle malattie che prendiamo dal mondo naturale, con malattie che passano dagli animali agli esseri umani. Dal momento in cui invadiamo sempre di più aree selvagge, entriamo in contatto con queste malattie. Ma questo dipende dalla nostra intrusione in luoghi che non dovremmo assolutamente, a nostra volta, contaminare. Il mio ex marito lo ha spiegato molto bene: i batteri e i virus sono bravissimi a mutare e attaccare fonti che permettano loro di prosperare, e questo vuol dire che più siamo, più diventiamo una sorta di grande massa umana pronta per essere consumata. È un pensiero orribile, lo so, ma funziona così

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› I PROFILI DI LPP

MATTEOTTI 31 Tra i lavori più rappresentativi di Gianluca Brini, certamente l’edificio di via Matteotti 31 (20042011), un intervento di ristrutturazione globale entro sagoma e di nuova costruzione e ampliamento all’interno del lotto. Spazi commerciali al piano terra e ammezzato. Sopra un nuovo edificio residenziale, che si sviluppa in altezza, orgogliosamente dissonante e rosso.

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› I PROFILI DI LPP

LA PRATICA CHE PENSA IL NUOVO È PENSIERO DI FUTURO, QUELLA CHE CURA L’ESISTENTE È SOLO TECNICA SPECIALISTICA E DISCIPLINARE. UNA CONVINZIONE CHE BRINI PORTA AVANTI CON DETERMINAZIONE IN TUTTI I PROGETTI DELLO STUDIO MALGRADO UNA CITTÀ – BOLOGNA – FORTEMENTE TRADIZIONALISTA E UN PAESE, IL NOSTRO, DOVE VIGE LA CULTURA DELLA CONSERVAZIONE

GIANLUCA BRINI di Luigi Prestinenza Puglisi

Conosco Gianluca Brini da diverso tempo. Era uno dei più attenti lettori della presS/Tletter, un bollettino gratuito che inviavo via e-mail con cadenza settimanale prima ad un ristretto gruppo di amici e poi a un più esteso numero di abbonati. Non so come Brini fosse finito all’interno della lista di distribuzione, forse attraverso il passaparola. Certo era uno dei più assidui nel leggere e commentare gli interventi di carattere teorico e filosofico che per la presS/Tletter scrivevano due ticinesi straordinari, formatisi nel pensiero di Carlo Sini: l’architetto e critico Diego Caramma e il filosofo Stefano Malpangotti. Erano interventi teoricamente tanto specifici che immaginavo che Brini fosse un intellettuale da scrivania più che un professionista attivo tra i cantieri. E invece lo era, e lavorava in area bolognese. Me ne accorsi, credo nel 2007 o nel 2008, quando i giornali locali scatenarono una polemica contro una costruzione da lui progettata in via Albertazzi. Ecco alcuni dei titoli: “Quel palazzo è troppo moderno. Scatta la rivolta in via Albertazzi” e, poi, “Troppo moderno, a Bologna è polemica sull’edificio di Brini”. Ad aggravare il presunto misfatto compiuto da questo nuovo barbaro era il fatto che la strada, caratterizzata da villini liberty (?), aveva visto tra i suoi abitanti Sergio Cofferati, sindaco di Bologna. E proprio al sindaco di Bologna, che sarà noto alle cronache di architettura anche per aver fatto demolire le Gocce di Mario Cucinella, giunge la petizione del comitato costituitosi a difesa dei valori della Storia e dell’Ambientamento. L’intervento di Brini, occorre appena notarlo, era tutt’altro che un pugno in un occhio o, peggio, uno sfregio al carattere del quartiere. Aveva solo la colpa, in una delle città più tradizionaliste d’Italia, di parlare un linguaggio più aderente ai nostri tempi. Lo noteranno gli stessi Stefano Malpangotti e Diego Caramma che intervennero subito, insieme al sottoscritto, a difesa del progetto. Scrive Caramma: “La presenza non sussiste mai come mera presenza (allo stesso modo come non esiste l’idolatrica Architettura), ma come segno in un contesto di segni, in un tessuto di esperienza, in una concatenazione di segni, in un nodo di relazioni, di tracce, di rinvii che non conoscono interruzione, in un continuum che non ammette presenze pure”. Insomma: l’edificio di Brini è concepito non per nascondersi alla vista ma per accrescere il palinsesto dei segni del contesto urbano sempre mutevole nel quale si inserisce. Rifacendosi, aggiungerei, a una tradizione del Movimento Moderno dalla quale la gran parte delle città italiane, e Bologna in particolare, sembra voler sfuggire. Quindi nessuno sfregio alla storia, nessuna velleitaria rivoA sinistra, schizzo per la palazzina di via Albertazzi 32 a Bologna (nella foto alla pagina seguente)..

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› I PROFILI DI LPP

Gianluca Brini Gianluca Brini nel 1998 apre il proprio studio in Bologna e dal 2005 è amministratore unico della società di progettazione GBa_studio srl gianluca brini architetto, che opera nell’area del progetto urbanistico e architettonico, occupandosi di ricerca e di progettazione plurispecialistica e multilivello, spinta spesso fino al dettaglio esecutivo e sempre finalizzata alla realizzazione dell’opera, anche attraverso la direzione dei lavori. Il progetto è sempre inteso come pratica del pensiero, improntato al metodo critico propositivo, come pratica intellettuale – ben più che disciplinare – costantemente indagato anche in sede teorica. Negli anni consolida la propria struttura interna e il network esterno, ciò che consente di sviluppare progetti complessi in modo integrato e coordinato, anche con committenti pubblici. GBa_studio pratica il progetto e la sua teoria con passione e determinazione, forte di un numero straordinario di piani e costruzioni realizzate, particolarmente in Bologna e provincia. Nel 2019 nasce GBa Lab, laboratorio di formazione e ricerca la cui direzione viene affidata all’ingegnere Riccardo Brini. www.gbastudio.it

luzione in nome della stranezza e dell’arbitrio, ma solo un atteggiamento sanamente innovatore. In questa luce, riformatrice più che rivoluzionaria, credo che occorra leggere anche le successive opere di Brini, alcune delle quali sono state oggetto di critiche da parte di una cultura della conservazione e del dov’era e com’era che invece che evolversi, sembra peggiorare con il tempo. La strategia di Gianluca Brini punta all’astrazione, a togliere agli oggetti edilizi il loro carattere vernacolare (quali tetti a falde, facciate abilmente traforate da finestre, dettagli preziosi possibilmente eseguiti con i mattoni o con elementi traforati) per costituirli come gioco di volumi, come composizioni plastiche. I volumi, infatti, articolano le funzioni interne dell’edificio rappresentando così all’esterno la dinamica delle relazioni interne. Che Brini chiama l’ecologia dell’abitare. Ricercata, quindi, non tanto attraverso il prevalere del verde, come oggi tentano alcune esperienze progettuali che puntano a nascondere invece che a valorizzare l’architettura, ma attraverso la costruzione di un landscape urbano che è soprattutto artificiale. Le architetture, sostiene Gianluca Brini in uno scritto di accompagnamento al progetto di alcune ville basse in corten, non sono indifferenti al sito e viceversa. Perché ogni buona costruzione è un progetto paesaggistico, anche se a scala ridotta. Ma il paesaggio dell’architettura si configura non tramite la negazione ma, appunto, tramite l’astrazione, la dinamica dei volumi, cioè con una propria specificità rispetto alla pura natura, che l’architetto deve avere il coraggio di inventare

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Albertazzi 32 Passato il tempo delle polemiche, oggi vien da sorridere, perché già il nome della via – Albertazzi – ci riporta alle aspre e bonarie schermaglie tra Don Camillo e Peppone, Giuseppe Bottazzi sindaco comunista di Brescello, così perbene eppur così arretrato da uscire sempre, dal confronto, scornato e affondato. Un po’ come è successo qui, per questo intervento di taglio contemporaneo, che prevedeva la demolizione e ricostruzione con ampliamento del fabbricato esistente. «Il progetto – scriveva Brini – denuncia la volontà di rompere lo schema tipologico-morfologico della palazzina liberty per servire una residenzialità aggiornata ed esigente». Un nuovo edificio che vuole distinguersi dal contesto anche per forma e volumetria. Il disegno della facciata è un ‘quadro’, o meglio una composizione di volumi che sviluppando esigenze interne agli ambienti compongono, come un susseguirsi di momenti e situazioni, l’edificio nella sua totalità; il tutto negando simmetrie e specularità. Ogni lato dell’edificio ha un proprio senso e tutte le componenti sono rintracciabili, e tutte sono rapportate tra loro, non occultate o rivestite, secondo una strategia progettuale elencatoria anziché gerarchizzante. La contemporaneità dell’edificio e dell’architettura sono sostenute dalla scelta dei materiali e dal loro utilizzo senza compromessi, dal dinamismo e dalla purezza dei volumi. il progetto infine persegue finalità energetico-ambientali, rispondendo appieno alle norme nazionali vigenti sul risparmio energetico.


› I PROFILI DI LPP

L’edifico di via Azzo Gardino/ via del Rondone è denominato ‘La casa Azzurra’. Un colore non usuale per la città di Bologna. Sotto, i prospetti del primo modello di studio.

Casa Azzurra Il programma di questa costruzione, realizzata tra il 2003 e il 2006 in centro storico a Bologna e che deriva dalla demolizione di un magazzino, si presenta come progetto pilota nell’ambito di una nuova norma che consentiva, anche nel centro storico, di progettare nuove architetture fuori sagoma e di un colore diverso dalla gamma, a Bologna infinita, del rosso-rosa, dal mattone alla mortadella. Il rapporto architettonico è instaurato con il muro ‘vuoto’ sul lato opposto (ex manifattura tabacchi demolita) per richiamo al verde che ne emerge/emergerà (parco forse realizzando), con la sequenza dei vasoni posti in quota sul fronte principale per ospitare alberi di media altezza (non tanto memoria lecorbuseriana quanto uso polemico del verde e dell’azzurro al posto del rossiccio) ma che certamente richiama il giardino pensile di stampo razionalista. «Nella nostra cultura artistica e tecnica l’azzurro è forse il colore più difficile da usarsi, dunque il più concettuale, per questo è stato scelto. Ne è proprio l’effetto straniante e quindi l’eclatante stridore e la rottura contestuale il carattere suo proprio», dichiara Brini nella relazione progettuale. La pelle esterna è realizzata con intonaco a cappotto, con prodotto appositamente studiato e realizzato con pittura al quarzo di sottofondo di colore azzurro pieno, poi con tinta Ral 5024/Blu pastello. Il progetto iniziale prevedeva una grande vetrata, poi non realizzata, per alleggerire la massa del fronte su strada. Le finiture ceramiche per pavimenti e rivestimenti, prodotte a tono nei colori richiesti, sono del Gruppo Romani.

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› I PROFILI DI LPP

In via Riva di Reno, in pieno centro storico di Bologna, Brini si confronta con un lotto difficile, stretto e lungo all’interno del quale andrà a collocare funzioni abitative, commerciali e terziarie. Per le finiture ceramiche, pavimenti e rivestimenti appositamente realizzati a tono, l’architetto si è rivolto al Gruppo Romani. Nelle foto in alto, l’edificio prima e dopo l’intervento.

Casa Bianca Tra il 2007 e il 2010 Gianluca Brini affronta l’intervento di demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d’uso dell’edificio esistente, a Bologna, in via Riva di Reno 23. Anche in questo caso l’architetto dichiara, già nella relazione progettuale, l’intenzione di voler assumere una propria autonomia stilistica, che intende enfatizzare nella scelta di elementi linguistici e di materiali volti a una decisa modernità. Chiaro no? E anche questa volta niente mimetismi. Scrive: «Allo stato attuale il prospetto stradale risulta caratterizzato da fronti a forte sviluppo verticale (4 piani fuori terra oltre ai piani sottotetto). In antitesi con questa potente uniformità l’edificio in oggetto, limitato a due soli piani fuori terra, intende innescare una peculiare rottura del tessuto compatto del fronte strada col quale non rinuncia a instaurare un dialogo, pur nel deciso rifiuto di qualsiasi mimetismo cromatico/tipologico. La nuova facciata si presenta come prezioso elemento di rottura ritmica». Brini recupera un linguaggio razionalista, con citazioni lercorbusieriane filtrate attraverso la rilettura di Richard Meier. La facciata, realizzata in acciaio bianco, si accosta ai palazzi che fiancheggiano l’edificio con una propria, precisa identità e innescando una peculiare rottura del tessuto compatto del fronte strada.

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Studi per l’ampliamento dell’elegante palazzina di via Albertazzi, progettata da Melchiorre Bega negli anni Cinquanta.

Villa Cerri Sempre in quella via Albertazzi, al civico 12, con coraggiosa ostinazione Gianluca Brini mette mano al progetto di ristrutturazione e ampliamento di Villa Cerri, progettata da Melchiorre Bega nel 1951 con citazioni lecorbusieriane: i pilotis, la pianta libera, la facciata libera, la finestra a nastro e il tetto giardino. L’edificio, non vincolato, poteva essere facilmente deturpato da un intervento che mimandone le forme ne avrebbe stravolto le proporzioni e compromesso la leggibilità dell’impianto originario. Brini ha invece proposto un intervento riconoscibile senza risultare incongruo o antitetico con le linee dell’edificio e capace di includere, riqualificandole, alcune sgradevoli superfetazioni aggiunte nel corso del tempo. Per la sopraelevazione ha scelto una struttura leggera in ferro, ha recuperato le sottili ringhiere della terrazza disegnata da Bega e inserito un rivestimento modulare con doppio cristallo nero che contrasta con la muratura intonacata e dipinta di bianco, arretrato rispetto al marcapiano. Anche le finestre seguono una logica autonoma per evitare allineamenti e ammiccamenti con la facciata sottostante.

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› I PROFILI DI LPP

Ville in Corten All’interno di un’area verde di famiglia, le quattro ville organizzate attorno a una corte costituiscono le nuove residenze della proprietà in vicolo dei Prati a Bologna. Il progetto, che per matericità e scelte di facciata riprende un intervento edilizio limitrofo, è stato maniacalmente realizzato come da disegno. Nella costruzione si legge una sorta di minimalismo potente, in contrasto con l’immediato contesto davvero confuso. Alla scelta di un materiale particolare, il corten, corrisponde un suo utilizzo a lastre intere a tutt’altezza. Saranno la particolare forma a ‘elle’ aperta di due di esse ad angolo convesso o il bow window o l’accostamento a due a due o le differenze in pianta a rendere le ville ‘uguali e diverse’. Anche questo intervento partecipa alla strategia della sostituzione come scelta culturale e civica, prima ancora che architettonica o commerciale. La sostituzione ha come fini pratici efficienza, qualità e sostenibilità del patrimonio edilizio privato e dello spazio pubblico, ma soprattutto è un fine in sé. Secondo Brini il limite principale del concetto e della pratica della ristrutturazioneconservazione coincide con il valore primario del progetto di sostituzione, nella prospettiva culturale del nuovo che sostituisce il vecchio e che si autoalimenta di progetto contemporaneo. La pratica che pensa il nuovo è pensiero di futuro; quella che cura l’esistente è solo tecnica specialistica e disciplinare.

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Le quattro ville di Vicolo dei Prati a Bologna sono il frutto di uno studio accurato e quasi maniacale, in cui è stato impiegato un materiale particolare, il corten, utilizzato a tutt’altezza a lastra intera. Le finiture ceramiche, prodotte a tono nei colori richiesti, sono del Gruppo Romani. (courtesy GBa_studio).


› I PROFILI DI LPP

Il sistema costruttivo dell’azienda giapponese Suteki propone un innovativo sistema di costruzione in legno a telaio con catteristiche antisismiche che prevede di razionalizzare e rinforzare la struttura attraverso nodi di connessione in acciaio al carbonio che collegano i componenti della struttura in legno con una logica a incastro. In assenza quindi di viteria che potrebbe allentarsi nel tempo a seguito dei cicli di espansione e restringimento naturale del legno.

Housing Castenaso Un progetto residenziale interessante sia per per la destinazione a edilizia residenziale convenzionata nella forma del co-housing, sia per la tipologia costruttiva: sarà realizzato in legno con una struttura a tecnologia giapponese, brevetto Suteki. Due volumi, di nuova costruzione, nel comune di Castenaso, a est di Bologna. Due corpi e due vani scala autonomi, uniti da un porticato a formare un unico corpo edilizio, rispettivamente di quattro e cinque piani utili. Una scala condominiale distribuisce 14 alloggi, l’altra 15, di differenti metrature e tipologie distributive, dotati di terrazzi o, a piano terra, di ampi giardini. L’edificio A all’ultimo livello è dotato anche di giardino pensile e lastrico semiprotetto, raggiungibile direttamente dal vano scala, per l’uso comune/condominiale. Particolare riguardo è stato rivolto alla progettazione senza barriere architettoniche e all’accessibilità in senso lato. Non è previsto interrato, né autorimesse chiuse, ma posti auto al piano terra a raso, accessibili e indivisi, caratteristica del tutto particolare del co-housing. Non sono previste cantine private, ma ampi spazi per le attività comuni e solidali come un’attrezzeria, una lavanderia, uno spazio protetto, una plurisala, uno spazio attrezzato per attività informatiche e di altra natura. Completano le opere esterne al piano terreno rampe e scalini che accedono alla piazzetta tra i due edifici in posizione leggermente rialzata e protetta, arredata e alberata, e una vasta area verde comune attrezzata.

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› I PROFILI DI LPP

La proposta progettuale per la Nuova Villa Bellombra è per un Ospedale-Parco basso ed esteso che consenta ai degenti una relazione semplice e diretta con gli spazi esterni, facilitando la fruizione dell’ampio giardino di cui dispone.

Villa Bellombra Il progetto per il nuovo ospedale di Villa Bellombra, una struttura di ricovero per la riabilitazione, si basa su un’interessante idea di ‘Ospedale Parco’ in considerazione delle ampie superfici a verde in cui si inserisce. Una struttura innovativa, realizzata in legno e totalmente a secco, il cui progetto si svolge su uno schema a tessuto di un solo piano, sviluppato compattando la parte delle degenze attorno al vasto giardino, in modo che i pazienti possano godere di un rapporto diretto con l’esterno e con il verde. Un edificio basso quindi, con uno sviluppo verticale di tre livelli solo per due parti ben individuate: la palazzina uffici e l’atrio, entrambe collocate sull’asse carrabile di servizio est, che è anche il fronte d’ingresso e frequentazione dall’esterno, poiché i lati nord, ovest e sud confinano con la campagna. L’imponente atrio a tripla altezza con vetrata inclinata per motivi di protezione solare e dalle intemperie rappresenta il perno funzionale e il fuoco architettonico del complesso e costituisce l’orientamento e il riferimento territoriale per la sua altezza e forma. Principi di bioarchitettura, bioingegneria e bioclimatica improntano le scelte progettuali, a cominciare dalla tecnologia costruttiva fino ai singoli materiali che saranno utilizzati in un’ottica ecosistemica.

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› RESIDENZE

EDIFICIO RESIDENZIALE A BOLZANO

LO STUDIO DELLE OMBRE RARI NEL RESTO DEL PAESE, IN ALTO ADIGE I CONCORSI DI ARCHITETTURA FAVORISCONO L’EMERGERE DI PROGETTI MOLTO INTERESSANTI, COME QUESTO EDIFICIO PER ABITAZIONI PROGETTATO DALL’ARCHITETTO WOLFGANG MERANER A GRIES Generose terrazze sinusoidali, la cui forma si alterna piano per piano in modo da lasciare a ogni appartamento almeno uno spazio esterno aperto e un altro al coperto, definite da elementi prefabbricati Alpewa in alluminio anodizzato, di passo 20 o 40 cm, in diverse tonalità di verde: un taglio laser riproduce su ciascun elemento motivi ornamentali attraverso i quali la luce crea effetti di ombre diversi al variare delle ore. È la soluzione formale, apparentemente semplice, adottata da Wolfgang Meraner per conferire valore estetico al volume altrimenti estremamente semplice che ospita 37 appartamenti della cooperativa di abitazione Gries, che nel 2016 aveva indetto un concorso di architettura per la realizzazione di un condominio in questa zona di espan[ 70 ]

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sione di Bolzano promossa da KVW Arche (la sezione dell’Acli altoatesina che si occupa di abitazioni). Ma se il gioco delle ombre sui terrazzi può apparire un piacevole dettaglio, le scelte di fondo del progetto, dall’orientamento alle esposizioni alla strategia adottata per i primi due piani, nascono invece da un attento studio delle ombre volto a garantire un appropriato apporto solare e di luce naturale all’interno degli appartamenti e allo stesso tempo un’adeguata protezione nei mesi estivi. Uno studio che, insieme alle scelte costruttive, di materiali e sistemi, permette all’edificio di raggiungere la certificazione CasaClima Oro, con un consumo di 11 kwh/m²/anno. Un secondo aspetto di rilievo è la capacità del progetto – attraverso regole coerenti, tali da

conservare l’unitarietà compositiva dell’insieme – di adattarsi alle esigenze dei singoli abitanti. Si parla spesso, e spesso a sproposito, di flessibilità. In questo caso la forma semplice del volume e la scelta, anche strutturale, di realizzare due corpi scala e ascensori, ha permesso di ottenere un’ampia modulabilità delle piante interne. La facciata stessa si adatta alle esigenze individuali di ogni residente, che in base al passo di 60 o 120 cm può scegliere, ad esempio, tra un elemento fisso in vetro o una doppia porta scorrevole, o in alternativa elementi opachi, più introversi e chiusi. Disposto lungo l’asse nord-sud, l’edificio è composto dal pianoterra e da dieci piani superiori. Fino al secondo livello gran parte della struttura poggia su colonne di supporto, lasciando così al piano terra, oltre allo


› RESIDENZE Oltre a definire il carattere formale dell’architettura, le ampie balconate che corrono tutt’intorno all’edificio alternano le loro curve piano per piano, creando ombreggiamaneto al livello inferiore. La ripetizione dei pannelli in alluminio con elementi decorativi incisi a taglio laser e in diversie tonalità di verde fa delle balaustre quasi una seconda facciata (foto ©Oliver Jaist).

spazioso ambiente di ingresso, un’ampia area comune coperta. L’orientamento principale degli appartamenti è a ovest, con vista sul gruppo della Mendola. Le balconate continue, prive di ponti termici, permettono ai residenti di uscire all’aperto da ogni locale di ciascun appartamento. L’intero edificio poggia su un basamento, progettato come una vasca di cemento impermeabile, che ospita i parcheggi sotterranei. Al di sopra, uno strato di terreno di 60 o 90 cm consente la crescita degli alberi. Come da regolamento comunale, il terreno che l’impronta dell’edificio sottrae al suolo viene restituito in copertura, con un tetto verde realizzato, al pari del giardino ‘tecnico’ – disegnato con la consulenza di Maria Gantioler – dall’azienda altoatesina Climagrün

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› RESIDENZE

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› RESIDENZE

ph. ©Tomas Caracristi

Wolfgang Meraner Architekt Fare architettura significa realizzare sogni restando ancorati alla realtà. Con questa convinzione Wolfgang Meraner (Bressanone, 1971, laureato in Architettura all’Università di Innsbruck) nel 1999 ha aperto il proprio studio a Varna, a due minuti dall’abbazia di Novacella. Lo studio sviluppa prevalentemente progetti in ambito residenziale e alberghiero, senza trascurare interventi di tipo pubblico come la palestra di arrampicata di Bressanone ‘Vertikale’ (2010, con Martin Mutschlechner) o la sede della Protezione Civile di Vipiteno (2007). Numerosi i concorsi di progettazione vinti in questi anni, con un approccio innovativo attento al paesaggio e alla cultura del luogo. Un esempio recente è l’Alpine Wellness Hotel a St. Andrä (2018, con gli architetti Paul Seeber, Armin Sader e Gianni Giovannoli, interior Studio Tage). Attualmente in corso la realizzazione del complesso residenziale Agoris a Bressanone, primo premio di un concorso a chiamata cui hanno partecipato sette studi. www.archmeraner.it

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A sinistra, i primi due piani poggiano per quasi tutta la superficie su pilotis che creano un generoso spazio comune coperto (foto ©Oliver Jaist). In questa pagina le piante di due piani-tipo e, accanto, sezioni e prospetti.

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› RESIDENZE CREDITI Località Prati di Gries, Bolzano Committente Cooperativa di abitazione Gries Programma nuova costruzione per 37 appartamenti

Progetto architettonico

Wolfgang Meraner Architekt

Progetto del paesaggio Maria Gantioler Cubatura complessiva 13.182,45 mc Altezza 34 metri, 10 piani f.t. Classe energetica Casaclima A Gold Cronologia 2016 (progetto di concorso) 2020 (completamento)

Costo circa 7 milioni di euro Balaustre in alluminio perforato Alpewa Serramenti Wolffenster Ascensori Schindler Tetto verde e giardini Climagrün

DALLE BALAUSTRE IL CARATTERE ARCHITETTONICO DELL’EDIFICIO Con più di mille set di stampo Alpewa, con il marchio Forart, produce lamiere perforate e bugnate di qualsiasi forma e dimensione. Nel caso del progetto di Gries, la consulenza dell’azienda è iniziata nell’estate del 2017, quando l’architetto Meraner ha illustrato al project manager di Alpewa Lorenz Pichler l’idea di creare per i moduli delle balaustre un doppio pannello, con disegni di foglie di vite tagliati a laser sul frontale e una foratura semplice, che permettesse comunque l’ingresso della luce, su quello interno. I lavori per la realizzazione dei pannelli sono stati affidati al fabbro Roman Huber che insieme ad Alpewa ha creato un intelligente sistema di posa dei due pannelli con la struttura di carpenteria dei balconi. In tutto sono stati realizzati 6.600 pezzi in sette varianti di verde RAL. Data l’elevata quantità di moduli, ogni pezzo è stato studiato singolarmente e questo ha consentito al cantiere di procedere senza errori, con un rispamio sui tempi e i costi di realizzazione. www.alpewa.com

Immagini di dettaglio del condominio di Gries. Oltre al tetto verde, l’azienda specializzata Climagrün ha realizzato anche il giardino ‘tecnico’ che sorge sopra la platea di copertura dei box sotterranei. Uno strato di terreno di 60 e 90 centimentri consente la messa a dimora di alberi di medie dimensioni (foto ©Oliver Jaist).

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Foto Dario Conci

Oltre lo standard

Rivestiamo l’architettura EDIFICIO PER APPARTAMENTI A bOLZANO Studio di architettura Wolfgang Meraner Materiali ALPEWA FORART

www.alpewa.com


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Il nuovo complesso di edilizia residenziale convenzionata Living in the Blue nel quartiere milanese di Lambrate: i corpi a ‘L’ definiscono lo spazio pubblico, permeabile verso la città ma protetto. L’articolata composizione si ispira per materiali alla tradizione architettonica milanese e nei colori e nelle geometrie ai ‘negativipositivi’ di Bruno Munari.

DIALOGO TRA INTERNO E ESTERNO, DIMENSIONE URBANA, ARCHITETTURA DI QUALITÀ: UN INSEDIAMENTO RESIDENZIALE A UN COSTO ACCESSIBILE IN UN’AREA MILANESE IN TRASFORMAZIONE. UN PROGETTO AVVIATO DA 5+1AA E CONCLUSO DA ATELIER(S) ALFONSO FEMIA

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› RESIDENZE

RESIDENZIALE SOCIALE, MILANO

LIVING IN THE BLUE Se ciò che è accaduto negli ultimi mesi ha capovolto paradigmi consolidati, a partire dal tema della densità e della pubblica mobilità, d’altra parte ha prodotto un’accelerazione di processi già in corso. Non si spiega altrimenti il fatto che il progetto del nuovo complesso residenziale Living in the Blue, nel quartiere milanese di Lambrate, avviato nel 2017, prevedesse già ampi terrazzi e loggiati che permettono di vivere lo spazio esterno come un prolungamento dell’abitazione (impressione e luminosità accentuate dai serramenti a tutt’altezza); ambienti condivisi al piano terra, con lavanderia comune, sala giochi

e incontri, laboratorio hobby, e due alloggi plurifamiliari (co-housing) destinati a residenza temporanea (per complessivi 26 posti letto). La seconda, fondamentale osservazione riguarda la qualità architettonica dell’intervento, promosso da due cooperative di abitazione – Dorica e Ecopolis Casa. Allo studio estremamente razionale delle piante, indispensabile per assicurare l’accessibilità economica dei 150 alloggi – di cui 46 in affitto a canoni agevolati – si aggiungono strategie compositive e una scelta di materiali che, mentre conferisce al complesso un’este-

tica attraente e ottime performance edilizie, riprende in chiave contemporanea elementi delle facciate residenziali milanesi, come le piccole piastrelle ceramiche di forma tridimensionale e di un blu cangiante sotto la luce che rivestono parte dei prospetti affacciati sulla piazza interna. La piazza infine, e i portici dei due volumi a L che ne disegnano il perimetro e segnano i percorsi verso il parco pubblico a sud e a ovest, definiscono la dimensione urbana dell’intervento, che proprio sotto i portici include anche 700 mq di ambienti commerciali pubblici.

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› RESIDENZE CREDITI Località Milano Lambrate Committente

Cooperativa Dorica (Consorzio cooperative lavoratori) e Ecopolis Casa (Delta Ecopolis)

Programma Costruzione di due edifici residenziali Progetto architettonico e paesaggistico Atelier(s) Alfonso Femia (già 5+1AA)

Architetti Alfonso Femia, Simonetta Cenci Responsabile di progetto Marco Corazza Progetto strutturale, impiantistico e ambientale For Superficie dell’area 53.534 mq Slp residenziale 12.404 mq Slp commercio 700 mq Appartamenti 104 in proprietà convenzionata; 46 in

Piante di un piano-tipo e la planimetria generale dell’intervento. Nella foto in basso, i loggiati a cascata protetti da una struttura in legno si presentano come un prolungamento verso l’esterno degli spazi interni. A destra, il bianco del grigliato metallico e dei terrazzi a sbalzo si staglia sull’azzurro e blu cangiante delle piccole piastrelle ceramiche tridimensionali che rivestono la facciata. La pavimentazione della piazza è in marmo Grolla di Marmi Faedo.

affitto a canone convenzionato; 2 alloggi plurifamiliari (co-housing) per residenza temporanea (26 posti letto).

Prezzo degli alloggi 2.150 euro/mq (proprietà); 75 euro/mq/anno (affitto)

Cronologia 2017-2020 Rendering © Atelier(s) Alfonso Femia (già 5+1AA) Fotografie © Luc Boegly, © Stefano Anzini Carpenterie metalliche Cma, Cosmec, Map Serramenti e chiusure Cocif, Ecomet, Ponzi Basculanti Ballan Facciata ventilata Geos Italy Marmi Marmi Faedo Scale Mobirolo Ascensori Kone

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Via Riccardo Pitteri

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› RESIDENZE

I due edifici, che si sviluppano per nove piani fuori terra, si articolano attraverso le volumetrie dei balconi, ora come sistema a cascata e appoggiato al volume edilizio ora puntuali come spalti nel cielo, e si confrontano con il contesto urbano con ampie campiture di colori differenti, quasi trompe l’oeil di ombre giganti che ne scompongono l’imponenza. I grigliati bianchi che rivestono i corpi scala accentuano la sensazione di leggerezza dell’insieme. I parcheggi, collocati nei due piani interrati con accesso da una rampa collocata all’interno del fabbricato a nord, negano la vista delle auto dalla piazza, dedicata per intero a pedoni e biciclette. Un tempo luogo di fabbriche e laboratori artigianali – dalla celebre Lambretta ai tubi Innocenti – che richiamando grandi masse di operai aveva prodotto l’urbanizzazione accelerata della città e i grandi piani di edilizia pubblica popolare finanziata dallo Stato, il progetto di Alfonso Femia oggi trasforma un brownfield industriale di 5 ettari in un nuovo pezzo di Lambrate e della città del XXI secolo

MARMI FAEDO Il Marmo Grolla di Marmi Faedo è stato utilizzato per la pavimentazione della piazza centrale e per il rivestimento degli elementi di arredo: panche e fioriere. Scelto per la particolare matericità, la bellezza della venatura e del colore e per il vantaggioso rapporto prezzo/qualità, ha conferito allo spazio l’omogeneità desiderata. La finitura a taglio sega ha permesso di ottenere una leggera bocciardatura della texture, che lo rende non scivoloso. Da oltre 50 anni Marmi Faedo opera nel settore lapideo applicato all’architettura, coniugando esperienza professionale e innovazione tecnologica. Il Marmo Grolla, estratto nella cava di Cornedo Vicentino, è particolarmente resistente alla salsedine e agli agenti atmosferici, si distingue per le sue qualità tecnico-meccaniche certificate e per le caratteristiche estetiche di pregio. www.marmifaedo.com

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› RESIDENZE

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› RESIDENZE

Il complesso visto verso sud nello schizzo di Reiulf Ramstad. Nella pagina di sinistra il blocco principale, la monumentalità di uno dei portali di ingresso e dettaglio del trattamento della parete in uno dei giardini interni.

PILESTREDEET 77-79, OSLO

MODERNITÀ SENZA TEMPO MATERIALI E TECNICHE TRADIZIONALI, TAGLI DIVERSIFICATI CHE FAVORISCONO UN MIX RESIDENZIALE INTERGENERAZIONALE UN APPROCCIO COMPOSITIVO ELEGANTE E DISCRETO CON GRANDI AFFACCI VETRATI NEL CENTRO DI OSLO. PROGETTO DELLO STUDIO RRA Fageborg è un bel quartiere borghese di Oslo, molto verde e piuttosto centrale, tanto che la maggior parte dei servizi, così come molti locali pubblici, è facilmente raggiungibile in un raggio di 15 minuti a piedi. E in tempi di pandemia 15 minuti di distanza sembrano essere la misura intorno alla quale si vorrebbero riorganizzare le città, anche se alcuni, noi compresi, temono che questo possa modificare il concetto democratico di spazio pubblico e i meccanismi stessi di partecipazione collettiva che sono alla base di ogni organismo urbano.

In ogni modo Pilestredeet, dove sorge questo nuovo complesso residenziale progettato dallo studio Reiulf Ramstad Arkitekter, fiancheggia l’alberato Stensparken oltre il quale la più commerciale Theresesgate porta direttamente al centro storico della capitale norvegese. Composto da tre edifici di altezza da sei a quattro piani – l’altezza scende verso nord, dove il lotto è più vicino a ville dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento – Pilestredeet 77-79, frutto di un processo di demolizione e ricostruzione, sembra trovarsi lì da decenni, e che lì debba restare

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› RESIDENZE

Sezione disegnata a mano del volume principale. Sotto, l’ampio spazio interno a tutta altezza nel quale si sivluppa una scala scultorea rivestita in legno e su cui si affacciano i corridoi di distribuzione ai singoli appartamenti.

Rejulf Ramstad Arkitekter Fondato nel 1995 da Rejulf Ramstad (FAIA, laurea in architettura all’Università Iuav di Venezia nel 1995), in venticinque anni lo studio di Oslo ha sviluppato e realizzato numerosi progetti a tutte le scale, sia in aree urbane che rurali, contraddistinti da un’architettura semplice e fortemente connessa con il contesto e la forza espressiva del paesaggio scandinavo. Con un team di 15/20 professionisti e 2/4 posizioni di stage sempre aperte, RRA opera anche a livello internazionale. Lo studio affronta tutti gli incarichi conciliando gli aspetti funzionali ed economici con il concept architettonico e la qualità artistica del risultato finale. Tra i progetti realizzati, numerose opere commissionate dal National Tourist Routes norvegese, il municipio di Tønsberg, l’University College Østfold e, a Stjørdal, un centro culturale con un approccio innovativo sia in termini di complessità funzionale sia come concept generale. www.rra.no

per altre centinaia di anni. L’involucro in mattoni, assemblati a mano secondo una tecnica costruttiva tradizionale, alternando vuoti e pieni e giocando su leggere rientranze modella le facciate conferendo loro tridimensionalità. La modernità, leggibile soprattutto nei grandi bow-window dei livelli superiori, che portano luce agli appartamenti più lussuosi, che si sviluppano su doppia altezza, risulta sempre discreta. A conferma del luogo e della destinazione highend delle residenze, per gli spazi interni si fa ampio ricorso al legno e al cemento faccia-a-vista liscio al tatto, eseguito nei modi e con la precisione di Tadao Ando. [ 82 ]

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Vetrate a tutt’altezza, infissi e rivestimenti tecnici, pavimenti in parquet; cemento a vista, legno e balaustre in vetro per gli spazi comuni: il pulito minimalismo degli interni contraddice l’aspetto tradizionale dei volumi esterni.

In tutti gli edifici del blocco le unità abitative (da sei a otto per piano nell’edificio di maggiori dimensioni, quattro per piano negli altri) sono organizzate intorno a una hall centrale aperta a tutta altezza. Malgrado il prezzo elevato le piante prevedono anche appartamenti di ridotta metratura, così da creare un mix sociale variegato di residenti, che hanno a loro disposizione generosi spazi comuni e terrazze vegetate in copertura con viste sul vicino parco e sulla città. Pilestredeet 77-79 è stato completato da pochi mesi ma tutti gli appartamenti sono già stati venduti

CREDITI Località Oslo Committente Aspelin Ramm Eiendom Programma complesso residenziale, 59 appartamenti, parcheggio e caffè

Superficie edificata totale 7.100 mq Cronologia 2015 - 2020 Fotografie Ivar Kvaal, RRA

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› RESIDENZE

RESIDENZE IN LOCALITÀ SAN CASSIANO, ALBA QUATTRO EDIFICI UNIFAMILIARI CHE PUNTANO ALLE VICINE MONTAGNE. PARALLELEPIPEDI UGUALI, ADAGIATI UNO SULL’ALTRO, DALLE FORME SEMPLICI E RICCHI DI LUCE. IL PROGETTO È DELLO STUDIO ARCHICURA DI PAOLO DELLAPIANA ARCHITETTI

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VOLUMI BIANCHI Grazie a una disposizione accorta su un piccolo lotto di terra, quattro edifici unifamiliari provano a guardare lontano, fino alle Alpi. A San Cassiano, nei pressi di Alba (Cuneo), è sorto un nuovo villaggio residenziale frutto del lavoro progettuale dello studio Archicura di Paolo Dellapiana architetti. Ciascuna delle unità abitative è concepita come la somma di volumi semplici e uguali tra loro, adatta a soddisfare le diverse esigenze delle quattro famiglie che le abitano. Ogni edificio è costituito da due parallelepipedi bianchi, che si adagiano l’uno sull’altro ortogonalmente, incastrandosi e dando vita a una distribuzione interna su due piani, semplice e funzionale. Orientamenti e bucature fanno sì che ciascun ambiente della casa si affacci verso una diversa dire-

zione, ricavando il massimo della luce naturale e cogliendo le diverse viste sul paesaggio. Le estremità dei volumi ortogonali si risolvono in grandi aperture enfatizzate da profonde strombature: dei cannocchiali che si aprono sul panorama circostante. La luce che inonda gli ambienti interni e la purezza dei volumi bianchi che sembrano sospesi sono gli elementi che caratterizzano l’intervento. La climatizzazione di ciascun edificio è garantita da pannelli solari in combinazione con sistemi a pompa di calore, mentre l’involucro è molto ben isolato con prestazioni complessive all’avanguardia. Il progetto è stato gestito con la tecnologia Bim, che lo studio Archicura utilizza dalla fine degli Anni Novanta


› RESIDENZE

ArchiCura Lo studio di architettura ha sede a Torino ed è stato fondato nel 1994 dagli architetti Paolo Dellapiana e Francesco Bermond des Ambrois, con la collaborazione di Ugo Dellapiana. Lo studio si occupa di tutto il ciclo di progettazione e direzione lavori, per la realizzazione di edifici pubblici e privati di varia natura: residenziale, commerciale, artigianale, industriale, religiosa. Lo studio ha partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali. www.archicura.it

Ogni residenza si affaccia in una direzione diversa con grandi aperture enfatizzate da profonde strombature.

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› RESIDENZE CREDITI Località San Cassiano, Alba, Cuneo Progetto architettonico

Archicura, Paolo Dellapiana architetti

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Progetto strutturale Armando Volpe Progetto impianti Marco Busca Superficie residenziale di ogni unità

148 mq (piani terra e primo) + 110 mq interrato

Piani 3 Impresa costruttrice

Busca fratelli di Germano e Marino

Fotografie Barbara Corsico Fornitori Sarotto Group (elementi prefabbricati),

Griesser (tende alla veneziana)

A sinistra, planimetria completa dell’intervento con la disposizione dei quattro edifici unifamiliari e dei giardini di pertinenza. Sotto, i prospetti. Nella pagina a fianco, pianta tipo del piano interrato.

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› RESIDENZE

SAROTTO GROUP

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deposito attrezzi autorimessa

locale tecnico

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bocca di lupo

Sarotto Group nasce nei primi anni Sessanta come impresa di costruzioni; nel tempo si specializza nei settori della prefabbricazione, del commercio edile e della bioedilizia. L’azienda vanta due brevetti innovativi: la Biocasa, un edificio prefabbricato a consumo quasi zero, e il Klimasismico, un sistema costruttivo antisismico ed ecologico. Per l’intervento di San Cassiano, Sarotto Group ha realizzato diverse opere. In primo luogo la porzione interrata di ciascuna delle quattro unità abitative e le fondazioni a platea in cemento armato utilizzando cordoli prefabbricati. Per l’esecuzione delle murature di elevazione in cemento armato sono stati invece impiegati i Sarotto Muro Bilastra, elementi prefabbricati armati che si presentano con una finitura liscia fondo cassero e spigoli verticali smussati a 45°. Le bilastre sono state completate con un getto integrativo di calcestruzzo. L’esecuzione delle rampe scala delle unità abitative è avvenuta con gli elementi prefabbricati Rampref, costituiti da un corpo monolitico in calcestruzzo armato, che riproducono alzata e pedata, con finitura liscia fondo cassero e superficie grezza sull’intradosso e sui lati in spessore. I solai di copertura dei piani interrati sono stati realizzati con le tradizionali lastre prefabbricate Predalles. Infine, per l’impermeabilizzazione dei muri contro terra è stata impiegata una guaina catramata con pannello coibente di protezione di 4 cm di spessore. www.sarotto.it

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› RESIDENZE

Particolare della scala che porta alla zona notte al primo piano.

GRIESSER Per la schermatura solare di queste abitazioni sono state inserite le veneziane Metalunic V di Griesser. Questo modello di tenda ha una struttura autoportante senza collegamenti verticali; meccanismi di sollevamento e inclinazione integrati nelle guide di scorrimento. La robusta meccanica offre una sicurezza antisollevamento affidabile. Il profilo delle lamelle, particolarmente resistente al piegamento, è elegante e ideale per distinguersi da un punto di vista architettonico. Dopo la prima Fenice d’oro ricevuta nel 2018, anche quest’anno oltre 400 architetti e progettisti svizzeri hanno segnalato Griesser come Architects’ Darling nella categoria della protezione solare. Un importante riconoscimento per l’attenzione alla qualità estetica e funzionale delle proprie tende veneziane, di facciata, persiane e avvolgibili. www.griesser.it

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L’unione perfetta tra estetica e prestazioni Tende veneziane di Griesser foto ©Barbara Corsico, courtesy Archicura Prodotti: Metalunic

Vantaggio della gamma

Nuovo villaggio San Cassiano In località San Cassiano, ad Alba, è sorto un nuovo villaggio. Su un piccolo terreno, quattro edifici unifamiliari si dispongono al meglio per sfruttare tutte le viste possibili. Ogni edificio è composto da due parallelepipedi bianchi sovrapposti in cui ogni stanza è orientata in una nuova e diversa direzione, riempiendola di luce.

Gamma completa Resistenza al vento fino a 92 km/h 150 colori con possibilità di bicromia

La luce che inonda gli ambienti interni e la purezza dei volumi bianchi che paiono sospesi sono gli elementi che maggiormente caratterizzano l’intervento.

Controllo ottimale della luce naturale

Protezione solare - una scelta automatica. www.griesser.it

Riduzione dei costi energetici e Rispetto per l’ambiente


› RESIDENZE

Le piante e un disegno della villa, con i muri di contenimento e la scala esterna che abbrevia il percorso dal parcheggio, anch’essi realizzati in calcestruzzo sabbiato. Nelle foto di Marcello Mariana, il grande ingresso vetrato e il contesto in cui la villa è inserita.

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› RESIDENZE

CASA G, CASTIONE ANDEVENNO, SONDRIO

TERRAZZA ABITATA La forte urbanizzazione che negli ultimi cinquant’anni ha contraddistinto la valle dell’Adda coinvolge anche le immediate pendici collinari, con piccole località caratterizzate da un panorama edilizio povero e indistinto cresciuto intorno a scarse testimonianze storiche. Ancora più significativo, in questo senso, l’intervento di Alfredo Vanotti per una villa di nuova costruzione nel comune di Castione Andevenno, a pochi chilometri da Sondrio, su un terreno di proprietà del committente in posizione collinare, esposto a sud e rivolto verso il versante valtellinese delle Alpi Orobie. I soli materiali della casa sono il vetro e il calcestruzzo. Ad essi si aggiunge l’acqua di una piscina a sfioro e la luce della zona, che attraversando i volumi e le articolazioni spaziali collabora al minimalismo modernista del progetto. Sarebbe però un errore assimilare la costruzione a una case study di californiana memoria: al contrario di Pierre Koenig o di

CEMENTO E VETRO PER UN’ARCHITETTURA MODERNISTA AFFACCIATA SUI VIGNETI DELLA VALTELLINA. UN PROGETTO DI ALFREDO VANOTTI

Craig Ellwood, nell’articolazione degli spazi, nei percorsi e nello studio accurato della pianta e dei dettagli è possibile leggere sia il riferimento culturale che ispira il progetto sia il tentativo riuscito di creare ambienti puliti, rilassanti, privati e aperti a un tempo, e ricchi di movimento. 35 metri: è lo sviluppo lineare della costruzione, allungata a monte sul lotto, ed è la misura della grande vetrata tecnologica – completamente aperta a pacchetto lascia una luce utile di 8 metri – che apre tutti gli ambienti alla vista sui vigneti sottostanti e, di fronte, sul versante nord delle Orobie. Lunga 35 metri anche la stretta piscina a sfioro subito a valle che riflette l’ambiente circostante creando una scenografia naturale. Fermata dallo sporto sopra la vetrata, la luce zenitale raggiunge direttamente gli interni solo in inverno, quando la posizione del sole è bassa all’orizzonte. Sabbiato, il calcestruzzo a vista dell’invo-

lucro e dei muri di contenimento esterni – anch’essi parte integrante del progetto di architettura – appare poroso. Continuità materica all’interno, con pavimentazioni in resina cementizia, un’intera parete in calcestruzzo a vista, piani e rivestimenti in cemento nei bagni. Le partizioni e la coibentazione dell’involucro invece sono in cartongesso. La luce gioca anche un compito funzionale nella zona notte, con un lucernario che illumina il corridoio di distribuzione attrezzato e che si conclude con una stretta parete vetrata affacciata sul giardino. La copertura verde, che mimetizza la casa nel paesaggio, contribuisce alla coibentazione e all’efficienza energetica della costruzione, insieme al sistema di riscaldamento a pompa di calore, alla distribuzione radiante a pavimento e al solare termico per la produzione di Acs. Un sistema di ventilazione meccanica controllata infine assicura l’apporto di aria pulita limitando le dispersioni termiche.

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ph. © Laura Egger

Alfredo Vanotti Alfredo Vanotti (1978) vive e lavora in un piccolo comune della provincia di Sondrio. Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano nel 2004, dopo diverse esperienze professionali nel 2009 fonda lo studio EV+A lab - Atelier d’Architettura & Interior design, che ama definire un laboratorio. Alla base di ogni progetto ci sono lo studio e l’analisi approfondita del contesto al fine di ottenere il migliore inserimento nel paesaggio dal punto di vista ambientale e l’utilizzo dei materiali tradizionali tipici del luogo. Vanotti coltiva la passione per la realizzazione artigianale di arredi e oggetti d’uso. www.alfredovanottiarchitetto.it

In queste pagine alcune immagini degli interni: dall’alto in senso orario la vasca da bagno in cemento realizzata su disegno, la parete in cemento armato del living, una vista della zona notte e uno scorcio del living visto dall’ingresso, con le sospensioni viabizzuno sopra il tavolo da pranzo. Il proprietario è anche appassionato di auto d’epoca, come si intuisce dalla Fiat 500 che si intravede sul fondo (foto ©Marcello Mariana).

CREDITI Località Castione Andevenno (So) Progetto architettonico Alfredo Vanotti - Atelier EV+A lab

Responsabile di progetto Alfredo Vanotti Superficie 200 mq + 100 mq box Completamento 2018 Fotografie Marcello Mariana Illuminazione Viabizzuno Serramenti Wiffa – Sky-Frame Riscaldamento radiante Rehau Porte Lualdi Cucina e armadi Pezzini Arredamenti Rubinetteria Fantini [ 92 ]

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LUALDI Le porte interne che definiscono l’area più privata di Casa G sono di Lualdi. Il modello a bilico Compass segna l’accesso alla zona notte, mentre le porte a battente delle camere sono Rasomuro 55s laccate bianco, come l’armadiatura a parete del corridoio che prende luce dall’alto. Con cerniere completamente a scomparsa e stipite invisibile in alluminio, la 55s è l’evoluzione della storica Rasomuro, di cui riprende ed esaspera le caratteristiche che ne hanno decretato il successo. Del sistema Rasomuro fa parte anche il modello a bilico Compass, qui in colore grigio cemento come la parete a cui si accosta. Compass 55 è dotata di anta pivotante e autochiusura controllata; chiusa, ha l’aspetto di una quinta silenziosa. La sua ampiezza accentua l’aspetto scenico di divisorio spaziale, mentre l’integrazione architettonica mette in comunicazione gli spazi con leggerezza. www.lualdi.com

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RESIDENZE, VICENZA

ARCHITETTURA SOSPESA Fumjnanti House è una delle recenti realizzazioni di Alberto Stocco: un’architettura contemporanea sulle colline attorno a Vicenza, sospesa nella natura. Una residenza che fa dialogare il territorio vicentino con le esperienze internazionali di Studio67. Il grande portico coperto con pavimento in teak mette in relazione l’esterno con la zona giorno della casa, espandendo il living dell’abitazione. Sul lato ovest la residenza è progettata a partire dai caratteri del luogo, con l’apertura verso il verde della collina e del giardino che, grazie al portico e alle ampie vetrate borderless, sembrano entrare all’interno dell’abitazione senza soluzione di continuità. Il volume del fabbricato posto a sud si appoggia al muro di contenimento del terreno, strappando al declivio naturale della collina la superficie piana del portico e del verde. A est la grande apertura quadrata permette [ 94 ]

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di apprezzare il paesaggio dalla camera padronale, mentre verso la strada di accesso i volumi compatti del fronte di ingresso garantiscono privacy e riservatezza. Gli sporti a sbalzo, che con i loro spessori determinano il disegno estetico dei fronti, proteggono le aperture vetrate e i muri dalla pioggia e dall’irraggiamento diretto del sole. Il volume è racchiuso da un sistema di murature rivestite in parte da un cappotto di materiale fibroso e in parte da una facciata ventilata di materiale isolante. L’edificio possiede una massa muraria molto elevata, in grado di garantire il comfort abitativo nonostante le grandi vetrate. Le imbotti delle finestre, grazie a trasmittanza termica, fattore solare e trasmissione luminosa, permettono di sfruttare al meglio gli apporti solari durante la stagione invernale, proteggendo tuttavia gli ambienti dal sovrariscaldamento estivo

UN’ABITAZIONE IN OSMOSI CON L’AMBIENTE CIRCOSTANTE. AMPIE VETRATE, UN PORTICO DI DIMENSIONI GENEROSE E SPORTI A SBALZO DESCRIVONO UN EDIFICIO DAL LINGUAGGIO CONTEMPORANEO, ATTENTO AGLI ASPETTI ENERGETICI

CREDITI Progettazione Studio67, Alberto Stocco Progettazione strutturale Stefano Simone Michelotti

Progettazione energetica Emanuele Faltracco Progettazione impiantistica Riccardo Ceccato Superficie fondiaria 1.450 mq Superficie edificata 143 mq (piano terra), 190 mq (piano interrato)

Cronologia 2015 (inizio lavori), 2016 (fine lavori) Impresa di costruzioni Rem Fotografie Pietro Chilesotti Climatizzazione Mitsubishi Electric


› RESIDENZE

Studio67 Alberto Stocco si laurea in architettura allUniversità Iuav di Venezia. Nel post-laurea matura esperienze di progettazione in Italia e all’estero e nel 2007, a Vicenza, fonda Studio67, che si occupa di architettura e design, con numerosi interventi in campo residenziale, commerciale, alberghiero e industriale. Lo studio ha lavorato per il Valentino Fashion Group in occasione del Pitti Uomo di Firenze e del Bread & Butter di Barcellona. Tra gli interventi di restauro da segnalare Villa Secula e il Palazzo di Thiene. Studio67 attualmente sta lavorando in Italia, Oman e a Londra. www.studio67.eu

A destra, il grande portico coperto e pavimentato in teak mette in relazione il giardino con la zona giorno della casa e diventa un’etensione del living.

MITSUBISHI ELECTRIC L’edificio è gestito da una pompa di calore Mitsubishi Electric Ecodan con Hydrobox che soddisfa il fabbisogno di riscaldamento nei mesi invernali, di raffrescamento in quelli estivi e del fabbisogno di acqua calda sanitaria tutto l’anno, senza utilizzo di combustibili fossili o legnosi. L’acqua sanitaria è prodotta da uno scambiatore a piastre, che sfrutta il calore specifico dell’acqua accumulata dalla pompa di calore. L’impianto fotovoltaico contribuisce al mantenimento energetico dell’edificio e comunica con la pompa di calore riscaldando maggiormente l’accumulo in caso di maggior produzione elettrica rinnovabile. Lo stesso principio è adottato per gli ambienti interni, i cui materiali servono da batteria tampone per l’accumulo di energia. L’impianto di ventilazione meccanica garantisce salubrità agli ambienti e un rendimento energetico elevato tutto l’anno. L’impiantistica si completa con l’illuminazione di corpi illuminanti a led di ultima generazione. www.mitsubishielectric.it

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› RESIDENZE

In alto, il portico riparato con vista sul golfo di Squillace e, alla pagina di destra, lo spesso muro autoportante che fa da soglia alla casa. Da lì si accede a una corte interna prima di ragigungere il living (a destra), fulcro dell’abitazione e degli assi nord-sud e est-ovest lungo i quali è distribuito il programma abitativo (foto ©Givlio Aristide e ©Pep Sau). A destra, planimetria e orografia del sito (Morq).

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› RESIDENZE

VILLA RA, CALABRIA

TRA TERRA E MARE SULLE CRESTE DELL’ASPROMONTE E CON VISTA APERTA SUL MARE IONIO, UN’ARCHITETTURA CHE SI FA PAESAGGIO E ORGANIZZA GLI AMBIENTI SECONDO LO SCHEMA DELLA VILLA ITALIANA. PROGETTO DI MORQ Espressione del desiderio di ritorno alle radici dei committenti, Villa Ra sembra appartenere da sempre al luogo dove sorge: un’area isolata, a 300 metri di quota sulle ondulazioni dell’Aspromonte e a poca distanza dal mare, le cui viste contribuiscono anch’esse, insieme agli odori della vegetazione e al frinire delle cicale, alle sensazioni che nell’insieme abitarvi sollecita. Ma se anche si fosse trovata in prossimità di uno dei mille agglomerati di seconde case che in cinquant’anni hanno deturpato uno dei paesaggi più belli del mondo, la qualità della casa sarebbe distintamente apparsa come un ottimo esempio di architettura mediterranea che risale, per relazioni tra aperto e chiuso, orientamento e rapporto con i venti e il clima e distribuzione degli ambienti, all’intelligenza dei Romani.

Se dall’ingresso a nord-ovest, definito da una muratura autoportante di 60 centimetri di spessore intonacata in cocciopesto del colore della terra, appare chiusa e introversa, con ragione gli architetti di Morq definiscono però Villa RA “una casa che guarda”: le generose aperture della veranda esposta a sud e il terrazzo sul tetto piano offrono panorami eccezionali verso il mare e ambienti ideali per la pratica dell’otium com’era anticamente inteso. Oltrepassata la grave soglia muraria che ripara dai freddi venti che soffiano da nord si accede alla corte interna, segnata da due palme da dattero che, svettanti, segnalano solitarie da lontano la presenza della casa, e proseguendo lungo l’asse nord-sud si accede prima al vasto soggiorno, vero fulcro dell’abitazione, e da lì al portico affacciato 0

Site plan

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› RESIDENZE

MORQ Fondato nel 2001 da Matteo Monteduro, Emiliano Roia e Andrea Quagliola, lo studio, con sedi a Roma e a Perth in Australia opera in ambito internazionale ma con un approccio locale, dalla piccola scala al masterplan urbano. Trasformando ogni vincolo in un’opportunità creativa, lo studio sviluppa architetture in sintonia con l’ambiente, sia esso naturale o costruito, e con la luce per realizzare spazi mutevoli nel corso della giornata. Morq ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. I tre soci svolgono anche attività accademica e partecipano a conferenze ed esposizioni. www.morq.it

Il portico visto dall’esterno (foto ©Givlio Aristide). Sotto, pianta del piano terra (Morq). A'

CREDITI Località Calabria Committente Privato Progettazione architettonica Morq Impresa di costruzioni G&P Progettazione strutturale Studio tecnico Ing. A. Procopio

Paesaggio

Morq (realizzazione Luciano Chiarella)

B

B'

Superficie 400 mq Cronologia 2018 Fotografie Givlio Aristide e Pep Sau Realizzazione cocciopesto e pavimentazione Guglielmino Cooperativa

Progetto arredi Morq (realizzazione Imar) Fornitori A

Ground floor ( with furniture)

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Flos, Davide Groppi e Viabizzuno (illuminazione), ALsistem (serramenti), Cea Design (rubinetteria)


› RESIDENZE

verso il paesaggio marino. Avente come perno il soggiorno, un’organizzazione assiale est-ovest sviluppa poi il programma residenziale procedendo verso spazi progressivamente più privati: la cucina, i bagni e la zona notte, con la camera padronale e due altre camere con bagni privati riservate agli ospiti. Una scala incassata tra due spesse pareti conduce al tetto piano e ai panorami del mare e delle colline dell’interno. I colori sono quelli della terra, con ampio uso del cocciopesto per i rivestimenti, mentre la pavimentazione interna è in resina cementizia. Nella corte, nello spazio antistante il portico e in copertura graniglia di granito dell’Aspromonte riprende la severa palette di colori del progetto. L’eccellente comportamento bioclimatico è dovuto allo studio degli orientamenti, delle ombreggiature e dei percorsi della ventilazione naturale, nonché all’inerzia termica indotta dal notevole spessore dei muri, in taluni punti progettati anche per contenere al proprio interno una cavità d’aria che in estate ne mantiene fresca a lungo la faccia interna

Due ambienti interni. In alto, la scala incassata e le terrazze sul tetto piano, delimitate da bassi muri per gestire lo smaltimento dell’acqua piovana. In copertura, nella corte e nello spazio di fronte al portico una pavimentazione in graniglia di pietra locale (foto ©Pep Sau – gli interni – e ©Givlio Aristide).

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› RESIDENZE

L’esterno dell’edificio di Udine dove si trova l’attico del servizio. Nella foto grande, dalle nuove aperture viste sul centro storico della città. Sotto, il giardino d’inverno e il grande mobile rivestito in marmo che agisce sia da separazione degli ambienti sia da elemento contenitore e definisce l’identità architettonica dell’attico.

DLN PENTHOUSE È L’ESITO RIUSCITO DI UN INTERVENTO DI RISTRUTTURAZIONE ALL’ULTIMO PIANO DI UN PALAZZO STORICO DELLA CITTÀ FRIULANA. UNO SPAZIO APERTO DOVE DOMINA UN GRANDE MOBILE SCENARIO RIVESTITO IN MARMO VERDE ALPI. IL PROGETTO È DI GEZA, GRI E ZUCCHI ARCHITETTURA

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› RESIDENZE

INTERIOR DESIGN, UDINE

ABITARE IN UN ATTICO CON VISTA Udine, centro storico. Il progetto di interni dell’attico di un edificio di tre piani in stile Liberty porta la firma dello studio Geza di Gri e Zucchi Architettura. A catturare l’attenzione dei proprietari, appassionati tra le altre cose di architettura moderna e design, è stata la vista di Udine dall’alto. Ora, grazie ai numerosi lucernari e alle finestre poste lungo le pareti perimetrali, al piano attico dell’immobile è possibile abitare in uno spazio ricco di luce naturale. All’interno dell’appartamento ristrutturato il segno architettonico più evidente è dato dal grande mobile scenario rivestito in marmo Ver-

de Alpi, posto a separare le zone notte e giorno. La forma monolitica di questo elemento ne cela natura e funzione mettendo in luce invece la preziosità del materiale, che agisce da grande fondale scenografico. Al suo interno una serie di vani attrezzati, con ante a filo prive di maniglie, che consentono di avere, all’esterno, una superficie liscia e omogenea. Nella zona living la vista si apre su un ampio spazio luminoso completo di mobile service sul fondale della stanza, che contiene la cucina e i vani attrezzati, un’ampia isola che favorisce la convivialità, un grande divano modulare, un

camino e fuoco a vista. Sempre in questa area della casa è stato ricavato un giardino d’inverno, posto all’estremità finale dell’attico, che comunica con il soggiorno attraverso un’ampia vetrata a tutt’altezza. È una zona ricca di verde vivo e perfettamente insonorizzata per consentire l’ascolto della musica. La porzione risultante dell’attico è occupata dalla zona notte, costituita da bagno e camera per gli ospiti e lavanderia. La stanza padronale è accessibile direttamente dalla zona living ed è servita da un ampio bagno con vasca ovale e doccia con bagno turco.

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› RESIDENZE La pianta del vasto appartamento e due viste del giardino d’inverno. Particolarmente elegante la limitata palette cromatica, con il bianco che accentua la luminosità dello spazio e il verde delle piante ripreso nella cornice della grande parete vetrata e nel marmo Verde Alpi del mobile-scenario. Grigio antracite per il pavimento in resina.

GEZA Gri e Zucchi Architettura Nel 1999 Stefano Gri (1963) e Piero Zucchi (1965) fondano a Udine lo studio di architettura Geza Gri e Zucchi Architetti Associati, che nel 2018 diventa Geza Gri e Zucchi Architettura, con sedi a Udine e Milano. Attualmente operano in partnership con lo studio CFK di Venezia. Tra le opere realizzate dallo studio, la sede di BoschFreud di Udine (2018), il Faber Headquarter di Cividale del Friuli (2013, progetto finalista al Premio Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana nel 2015), la sede e il complesso produttivo di Pratic a Fagagna (2011 e ampliamento – che ha ricevuto un premio speciale Dedalo Minosse – nel 2018), l’allestimento New Craft a Milano (2016) e la Casa della Musica di Cervignano del Friuli (2010). Numerosi i premi e i riconoscimenti; tra i più recenti l’American Architecture Prize (2017 e 2019). Gri e Zucchi hanno svolto attività di libera docenza in Italia (Venezia e Trieste-Gorizia) e all’estero (Eindhoven e Lubiana). www.geza.it

Per sopperire alla mancanza di uno spazio esterno è stata realizzata un’altana sul tetto, a cui si accede per mezzo di una scala in ferro impostata sul mobile scenario all’ingresso. C’è nel lavoro di Gri e Zucchi una ricerca accurata di essenzialità e funzionalità che si riscontra nell’organizzazione degli spazi dei diversi ambienti, nella progettazione dell’arredo su misura e nella scelta ridotta dei colori: il verde del marmo e delle piante, il grigio antracite del pavimento e il bianco diffuso delle pareti, della copertura e dei mobili addossati al perimetro

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› RESIDENZE Impostata sul mobile-scenario anche la scala interna nera in ferro che conduce all’altana costruita sopra la copertura e che in assenza di terrazzi al piano consente di avere uno spazio esterno aperto sui quattro lati.

CREDITI Località Udine Committente Privato Progettazione Geza Gri e Zucchi Architettura Project manager Elisa Mansutti Progettazione strutturale Alessandro Nutta Progettazione impianti meccanici

Tecno-i Studio Energy Solution

Progettazione impianti elettrici

Studio Tecnico Venica Marco

Progettazione acustica Vincenza Caputo Direzione lavori Geza Gri e Zucchi Architettura Superficie 240 mq (altana 16 mq) Impresa Del Bianco Costruzioni Cronologia 2016 - 2018 Fotografie Gianni Antoniali, Elisa Mansutti Arredi su misura e boiserie Vecchiutti Parete in vetro Modula Group Pavimenti in resina Colledani Climatizzazione estiva Mitsubishi Electric

VECCHIUTTI L’elemento centrale, protagonista del progetto di interni della DLN Penthouse di Udine, è sicuramente il ‘mobile scenario’ in marmo Verde Alpi che divide l’appartamento e riassume in sé molteplici funzioni: parete, armadio contenitore, mobile tv e scala per l’altana. Un elemento complesso, realizzato grazie alle competenze tecniche di Vecchiutti, azienda artigianale di Pozzuolo del Friuli con oltre 50 anni di storia. Per le parti fisse e per la scala si è optato per il marmo, mentre per le ante e le pareti dei mobili ci si è basati sulla lunga esperienza delle maestranze, che hanno garantito un prodotto funzionale, dall’aspetto leggero e di grande valore estetico. Vecchiutti è presente sul mercato nazionale ed europeo con la realizzazione di arredi per i settori residenziali e retail, con un servizio che va dallo studio del progetto al montaggio in cantiere. www.vecchiutti.com

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› RESIDENZE

AK Praxis Dal 1976 AK Praxis Constructional opera nel settore dei lavori pubblici e privati. Dal 2002 lo studio di progettazione dell’impresa è guidato da Christina Konstantaki e Spyros F. Konstantakis. Christina ha lavorato in Olanda, Francia e Oman. Ha studiato all’università di Greenwich e conseguito il diploma di architettura alla Kingston University. Spyros è laureato in ingegneria e ha maturato una lunga esperienza nella realizzazione di progetti complessi sia pubblici che privati. Dal 2013 è valutatore del sistema di certificazione Breeam. www.akpraxis.gr [ 104 ]

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LA LUCE DI ATENE E LA PUREZZA DELLE FORME LA LUMINOSITÀ È IL FATTORE DOMINANTE DI CASA POLITEIA. AMPIE APERTURE, SPAZI TRASPARENTI E GIOCHI DI OMBRE VERSO SERA. IL MONOLITE DEL BLOCCO CUCINA ACCENTUA IL CANDORE DEGLI AMBIENTI GRAZIE ALLE LASTRE BIANCO ARTICO DI LAPITEC. IL PROGETTO È DI AK PRAXIS


› RESIDENZE

La luce è l’elemento dominante nel rifacimento di Casa Politeia, un’abitazione realizzata ad Atene su progetto dello studio di progettazione di AK Praxis guidato da Christina Konstantaki e Spyros F. Konstantakis. L’alloggio occupa i piani secondo e terzo di un piccolo condominio: ai due livelli (il primo di 175 metri quadrati, il secondo di 55) si aggiungono due ampie terrazze (quella in copertura misura 300 mq), che si affacciano sulla catena del Parnete e sulla conca dell’Attica. La posizione privilegiata e la permeabilità dell’appartamento hanno permesso di creare spazi open space e aperture che convogliano la luce verso l’interno riempiendo ogni angolo della casa: le grandi aperture finestrate, con le sottili cornici dei

serramenti, trasformano i panorami in elementi dell’abitazione riducendo i confini con l’esterno. Per mettere in risalto forme, trame e linee, i colori delle attrezzature e degli arredi hanno i toni del bianco e del grigio. Il primo livello dell’appartamento comprende due camere da letto con bagno, doccia e veranda private e una camera da letto principale con bagno privato e cabina armadio. I pavimenti sono rivestiti in legno, con una soluzione che rafforza la continuità architettonica e spaziale. Una scala interna, con vista diretta sul soggiorno e verso l’esterno, permette l’accesso al grande living – con home cinema e megaschermo tv – del livello superiore. Dal living si raggiunge poi lo studio, caratterizzato da una grande finestra a

tutta larghezza su un lato mentre sul lato opposto si accede a una terrazza privata. Il tetto è a forma di conchiglia di vetro, che illumina tutti gli spazi interni: un sistema regolabile di tende elettriche a rullo protegge dai raggi diretti del sole e, quando chiuso, crea una sensazione di luminosa intimità. Sempre a questo livello è stato realizzato anche un giardino pensile, con ambientazioni destinate al relax e alla privacy. Living, sala da pranzo, barbecue e vasca idromassaggio sono integrati in modo semplice. L’intervento di ammodernamento dell’abitazione ha riguardato tutti gli impianti tecnologici, mentre l’impiantistica termica è collegata a una rete domotica che ne facilita la gestione.

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› RESIDENZE

LAPITEC Nella cucina aperta sul soggiorno si contrappongono due elementi: un tavolo da pranzo, rettangolare e in colore nero, e un’isola completamente bianca della medesima lunghezza. Il blocco cucina conferma il linguaggio progettuale dell’abitazione e si configura come un monolite, dove il lavabo e l’induzione sono integrati nel piano. Sormontata da un abbassamento delle stesse dimensioni con luce diffusa, l’isola presenta il top, il lavabo e i fianchi in Lapitec in nuance Bianco Artico e finitura Satin: candido e monocromatico, il materiale conserva il calore e il fascino propri delle pietre naturali, garantendo prestazioni elevate, in chiave di sostenibilità: la composizione di Lapitec, una miscela di minerali 100% naturali, è infatti priva di inchiostri, resine e altri additivi tossici e garantisce la massima igiene e durabilità, grazie all’assenza di pori sulla superficie. L’estensione del blocco cucina porta il Lapitec alla massima espressione: il top è infatti realizzato in un’unica lastra di oltre tre metri di lunghezza e non presenta giunzioni sulla superficie, a dimostrazione dell’attenzione ai dettagli e alle linee essenziali. www.lapitec.it

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› RESIDENZE

Accanto, lo studio che riceve luce anche dall’alto e dà accesso al terrazzo del terzo piano. In basso, la pianta del secondo piano Alla pagina di sinistra il grande spazio aperto al secondo piano e, sotto, una vista dell’open space con il grande monolite della cucina rivestito in Lapitec. Alle pagine precedenti, il grande terrazzo/ living con vista sulla catena del Parnete (foto ©Mariana Bisti).

CREDITI Località Atene Progettazione AK Praxis, Christina Konstantaki e Spyros F. Konstantakis

Costruzione AK Praxis Constructional Lighting design Luun Livelli 2 (piano secondo e terzo + terrazza) Superfici 175 mq (piano secondo), 55 mq

W.C.

(piano terzo), 300 mq (terrazza)

Anno 2019 Fotografie Mariana Bisti Cucina Lapitec (bianco Artico, finitura Satin) 0

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› RESIDENZE

A sinistra, dettaglio della recinzione, rivestita in lastre composte da lamelle di marmo a sezione triangolare, e il volume dell’ingresso, in lastre sovrapposte nei tre tipi di marmo usati nella realizzazione della casa, visto dalla strada e, sotto, dall’interno (foto ©Erieta Attali).

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› RESIDENZE

La corte esterna verso la piscina. In primo piano la scala esterna che conduce al terrazzo solarium. Pensata come un’estensione del soggiorno, la corte pavimentata è luogo di relax che i volumi costruiti riparano dall’esterno. Sotto, prospetto/sezione dell’abitazione (foto e disegni courtesy Costantino Patestos).

NEL PANORAMA INDISTINTO CREATO DA UNA CRESCITA EDILIZIA ESPONENZIALE E INCONTROLLATA DELL’AGGLOMERATO DI PORTO RAFTI, VICINO AD ATENE, RILUCE COME UN GIOIELLO IL PROGETTO DI COSTANTINO PATESTOS PER QUESTA PICCOLA CASA UNIFAMILIARE DAL RICCO PARTITO DECORATIVO

CASA DI VACANZA, PORTO RAFTI

L’ALTRA VILLA ADRIANA Il nome del progetto allude all’eclettismo compositivo dell’omonimo complesso di Tivoli ma suona anche come una nota polemica verso un regolamento edilizio che, mentre impone che le nuove costruzioni siano libere sui quattro lati, lascia poi che ognuno si disegni la casa come gli pare, favorendo una confusione stilistica che contribuisce al degrado estetico dell’intorno. Un intorno che il progetto di Patestos rifiuta, con un’architettura introversa che ha portato al disegno di un edificio a forma di ‘L’ che protegge la corte esterna, pavimentata con piastrelle di terracotta lavorate a mano, e da cui parte una scala – rivestita in marmi Rosso Verona (italiano) e Verde Oasis (dell’isola di Tino) – che conduce al terrazzo solarium. Qui

una parete a vela curvilinea crea uno spazio ameno, al riparo da sguardi indiscreti e dalle raffiche del meltemi. L’abitazione vera e propria si sviluppa su un unico livello, sia per questioni di comodità e contatto diretto con lo spazio esterno, in primis con l’area della piscina, sia come volontà di inserire l’edificio nell’esperienza abitativa di alcuni rappresentanti del Movimento Moderno. L’atteggiamento compositivo complessivo, sia per quanto riguarda gli esterni che gli interni, richiama però quella tendenza dell’architettura del Novecento chiamata L’altro Moderno, opponendosi in tal modo alla massiccia diffusione di un “neo-minimalismo” che l’autore considera sterile, insopportabilmente piccolo-borghe-

se e invero estraneo alla migliore tradizione del Movimento Moderno. Il sistema costruttivo semplice, corrente, con la struttura perimetrale in calcestruzzo armato e le pareti interne in tavolati di mattoni forati, è stato una scelta pratica – per adeguarsi allo scarso livello tecnologico delle squadre edili locali ed evitare guai in cantiere – ma anche ideologica. Tema centrale della composizione è infatti il rapporto tra scelta tipologica, struttura tettonica e decorazione: il carattere semplice e razionale della costruzione viene rappresentato tramite un partito architettonico figurativamente ricco e composito, risultato di una ricerca attenta al dettaglio architettonico ma non al particolare costruttivo, mani-

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› RESIDENZE

Vista dalla piscina. Lo sfioro e l’area pertinente sono in pietra serena italiana, battuta per renderla ruvida e antisdrucciolevole conferendole maggiore matericità. Sotto, particolare dell’angolo tra i due corpi di fabbrica. Le grandi cornici delle portefinestra sono in marmo Oasis (foto ©Erieta Attali). A sinistra, lo studio delle ombre.

CREDITI Località Porto Rafti, Attica Progetto architettonico Costantino Patestos Progetto esecutivo Dimitris Dimitros Calcolo strutture Panagiotis Magoulas Progettazione impianti Charalambos Dimidis Superficie fondiaria 421,51 mq Superficie edificata 97,50 mq (e 69,85 mq interrato)

Cronologia 2013-2017 Serramenti Schüco Pavimentazioni esterne

La Faenza Ceramica, Cotto Etrusco

Pavimenti e rivestimenti bagni CIR Manifatture Ceramiche, La Bottega del Ceramista

Arredi Poltrona Frau Sanitari Ideal Standard [ 110 ]

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› RESIDENZE

Costantino Patestos Costantino Patestos (Atene, 1955) si laurea presso il Politecnico di Milano e consegue il dottorato in Architettura all’Università Iuav di Venezia. Attualmente è professore ordinario di Composizione Architettonica presso il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino. Nel 1991 ha partecipato alla quinta Biennale di Architettura di Venezia e nel 1995 alla XIX Triennale di Milano. Ha tradotto e curato le edizioni greche dell’Autobiografia Scientifica di Aldo Rossi, degli Scritti di Architettura di Giorgio Grassi e di L’architettura della realtà di Antonio Monestiroli. Nel 2006 ha pubblicato la raccolta di scritti L’ostracismo del Partenone. Scritti d’occasione sull’architettura. Nel 2013 ha pubblicato la monografia Architetture in attesa. Scritti, progetti e un edificio e nel 2018 la monografia Racconti urbani. Cinquantanove elzeviri d’architettura.

Sopra, il soggiorno e le ‘scatole’ murate in legno Iroko che fungono da libreria. Le travi decorative a soffitto sono realizzate in cartongesso e disegnate per conferire monumentalità agli interni. Il soggiorno e la camera da letto (in basso a sinistra) sono pavimentati in parquet di noce europeo. A destra, uno dei bagni.

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› RESIDENZE

“Ho dedicato particolare attenzione alla materialità della costruzione e alla creazione di particolari tessiture per le pareti, nell’ambito del rapporto diremmo eterno tra costruzione e rappresentazione artistica dell’architettura, conferendo un carattere equo ad entrambi i suoi elementi” Costantino Patestos Sopra, l’abitazione vista dal cortile d’ingresso. Sotto, la scala che conduce al terrazzo, dove una parete a vela protegge gli ospiti dal vento di Nord-Est che soffia spesso nella zona (courtesy Costantino Patestos).

festando interesse verso la qualità estetica dei materiali edili, e tramite questa decorazione “strutturale” nobilita l’espressione estetica del puro e semplice volume architettonico. Così, la muratura esterna è stata rifinita tramite l’impiego di un intonaco battuto realizzato in due tonalità e tre tecniche diverse; gli infissi e la porta d’ingresso sono in acciaio inossidabile color cipria che muta in rapporto alla luce naturale; le pareti dei bagni sono rivestite con piastrelle smaltate a mano prodotte in Italia; le travi sul soffitto degli ambienti interni, in cartongesso, conferisco-

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no monumentalità agli ambienti; marmi di diverse tonalità e provenienza definiscono le cornici delle finestre, le soglie e rivestono la parete inclusa nei portali della facciata d’ingresso; la piscina è rivestita con intonaco di cemento e sassolini naturali secondo la tecnica austrialiana pebble-tec. Per quanto riguarda l’energia e la sostenibilità, sono stati installati un panello solare per la produzione di Acs, una pompa di calore per il riscaldamento a pavimento e il condizionamento tramite ventilconvettori e una seconda pompa di calore per il riscaldamento della piscina


› RESIDENZE

COMPLESSO RESIDENZIALE, LEGNANO

ARCHITETTURA PER TUTTI QUALITÀ DEI MATERIALI E DELLA PROGETTAZIONE PER UN INSEDIAMENTO RESIDENZIALE DI NUOVA COSTRUZIONE NELL’HINTERLAND MILANESE. UN (RARO) ESEMPIO DI BUONA ARCHITETTURA IN UNA PRODUZIONE EDILIZIA INDIFFERENZIATA E SPESSO FRUTTO DI SCELTE APPROSSIMATIVE

Tre i temi centrali del progetto del complesso residenziale di Legnano firmato da Maurizio Barbotti di Officina di Architettura. Il primo sta nel recepimento delle direttive europee in materia di progettazione degli edifici a energia quasi zero, una scelta che condiziona l’aspetto architettonico, particolarmente compatto, delle singole residenze. Il secondo è relativo alla ricerca del massimo comfort all’interno delle abitazioni e quindi nell’attenzione posta ai requisiti termo-igrometrici, di luminosità e di protezione acustica. Il terzo tema riguarda la scelta di superfici tecnologiche e di design per rivestimenti e pavimenti di interni ed esterni. Partendo da queste premesse l’intervento di Legnano ha l’ambizione di rappresentare un esempio di come si può realizzare architettura di buona fattura anche nel diffuso della produzione edilizia. Su un’area di 1.650 metri quadrati sono collocate, in linea, quattro residenze indipendenti,

che in comune hanno solo gli accessi pedonale e carraio. Tre i livelli su cui si articola il complesso: interrato, terra e primo. Per rispondere ai più severi parametri termoigrometrici, le murature esterne sono realizzate in blocchi termoisolanti di alta qualità, e la trasmittanza termica dei serramenti ha valori molto contenuti. Una serie di velature sugli spazi a cielo aperto limita le dispersioni dovute all’irraggiamento diretto. I requisiti di luminosità sono conseguiti attraverso un’apertura in copertura posta in corrispondenza dell’ingresso delle singole abitazioni, e con ampie vetrate, collocate anche nei locali secondari, come ad esempio i ripostigli o le cabine armadio del piano primo. Il comfort acustico è assicurato dall’isolamento verso l’esterno e tra le unità abitative confinanti, oltre a quello contro il rumore da calpestio. L’adozione della ventilazione meccanica controllata, specie nelle ore notturne, favorisce un buon comfort acustico.

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› RESIDENZE

Maurizio Barbotti Maurizio Barbotti (Matelica, 1970) nel 2000 si laurea in architettura al Politecnico di Milano e nel 2004 fonda a Legnano (Milano) Officina di Architettura, un laboratorio dove attualmente operano sei professionisti, che offre una gamma completa di servizi di progettazione architettonica, urbanistica e impiantistica. Officina di Architettura sviluppa progetti sia per privati sia per pubbliche amministrazioni. Barbotti è iscritto all’albo dei certificatori energetici.

Nella pagina precedente, la parete in Dekton nero Eternal Marquina definisce il living e contrasta piacevolmente con la parete verde che riceve luce anche dall’alto (anche nella foto qui accanto). In questa pagina, in alto, una delle abitazioni del nuovo complesso residenziale. Nella pagina di destra, il blocco cucina centrale con il piano di lavoro in Cygnus di Silestone e il piano in Dekton del tavolo da pranzo che riproduce il colore e le venature del marmo Calacatta. In basso, un ambiente bagno rivestito in Dekton nella finitura Valterra. Tutte le foto del servizio courtesy Cosentino Italia.

CREDITI Località Legnano Committente Privato Progettazione

Maurizio Barbotti, Officina di Architettura

Superficie del lotto 1.650 mq Unità abitative 4 Fine lavori Settembre 2019 Superfici e rivestimenti

Silestone e Dekton di Cosentino Group

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› RESIDENZE

COSENTINO GROUP Nell’intervento di Legnano comfort e funzionalità si accompagnano a scelte di materiali moderni e di design come Silestone e Dekton di Cosentino. Prodotti di qualità che assicurano resistenza agli urti, facilità di posa e rapida manutenzione. Soke di Dekton, in particolare, si adatta a qualsiasi spazio interno: dalla cucina alla sala da pranzo al living (qui utilizzato in grandi lastre di 8 mm di spessore). Nei living si ritrova la scommessa più innovativa e di tendenza: una delle pareti diventa il centro dell’attenzione con il rivestimento Eternal Marquina di Silestone (12 mm): un design nero e profondo con una venatura definita. Per i pavimenti delle camere da letto è stato utilizzato Trilium, un trattamento che evoca superfici arrugginite, con toni di nero e grigio. I rivestimenti degli ambienti bagno svolgono un ruolo decorativo, con la marmorizzazione bianco brillante di Dekton Aura 15 o il calore del legno di Dekton Valterra (nella foto accanto, le pavimentazioni incorporano il trattamento antiscivolo Dekton Grip+). Le scale, sia interne che esterne, sono realizzate in Orix di Dekton: una combinazione cromatica dall’aspetto freddo e imperfetto che riproduce l’estetica industriale del cemento armato invecchiato. Per il piano di lavoro della cucina (foto in alto) è stato scelto il design neutro di Cygnus di Silestone (20 mm), che si integra con la finitura dei frontali dei mobili dell’isola di lavoro, mentre il piano del tavolo da pranzo è nella finitura Aura 15 di Dekton, ispirata ai marmi di Carrara e Calacatta. www.cosentino.com

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› PROGETTARE IL PRESENTE

BACK TO WORK OR SAFE AT HOME? Lombardini22 esprime il proprio punto di vista attraverso due suoi partner, due progettisti impegnati nello sviluppo di nuove forme del vivere: Alessandro Adamo, direttore di Degw, la business unit dedicata al workplace, e Adolfo Suarez, direttore della neonata L22 Living, dedicata al settore residenziale

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«Stiamo imparando a coniugare in modo nuovo – spiega Alessandro Adamo, direttore di Degw – prossimità e distanza, comunicazione e mediazione, spontaneità e formalizzazione. Questa considerazione apre nuovi scenari alla progettazione, ai modelli d’uso e gestione degli spazi, alla relazione tra uomo e luogo, all’invenzione di nuove tipologie di ufficio e di residenza. È d’obbligo immaginare nuovi scenari perché ci siamo resi conto tutti che si può lavorare in modo diverso. E questa consapevolezza fa ripensare sia l’ambiente ufficio sia l’ambiente domestico. In questi mesi Degw ha lavorato con clienti e aziende per riorganizzare gli spazi ufficio rispettando i protocolli di sicurezza. Notiamo una grande voglia di tornare, sì, ma con prudenza. Per ridefinire le nuove densità, i nuovi

flussi e individuare linee guida praticabili per il domani è necessaria una visione a trecentosessanta gradi che integri design, tecnologia, cultura manageriale, gestione degli ambienti, sensibilità e operatività dei lavoratori. Le comunità lavorative sono da tempo entità miste fisico/virtuali, solo parzialmente legate a un luogo tangibile. Covid-19 ha estremizzato questa polarità spostando i pesi sul versante digitale. Quella che stiamo vivendo è una sfida tecnico-sanitaria ma anche simbolica. Infatti, il valore percepito dello spazio fisico resta cruciale per l’equilibrio organizzativo: vi si distilla la cultura d’impresa, è lo spazio relazionale dove si costruiscono comunità. È luogo di incontri, opportunità e scambi di idee, punto nevralgico per relazioni e generatore di senso d’appartenenza. Sicuramente gli uffici cam-


› PROGETTARE IL PRESENTE

«È d’obbligo immaginare nuovi scenari perché ci siamo resi conto tutti che si può lavorare in modo diverso. E questa consapevolezza fa ripensare sia l’ambiente ufficio sia l’ambiente domestico. In questi mesi Degw ha lavorato con clienti e aziende per riorganizzare gli spazi ufficio rispettando i protocolli di sicurezza» Alessandro Adamo Alessandro Adamo, direttore di Degw, la business unit di Lombardini22 dedicata al workplace.

bieranno perché oggi ci sono sempre meno spazi dedicati alle persone e sempre più spazi di lavoro condiviso per il team con un menù di postazioni sempre più ricco. Oggi si aggiunge la postazione da casa, l’home working, realtà che abbiamo vissuto tutti in prima persona, modalità che garantisce spesso una maggior concentrazione e responsabilizzazione del team. Gli aspetti critici sono invece dati dal senso di isolamento e dalle attrezzature poco idonee. Perché oggi le case non hanno una reale predisposizione per la zona ufficio. La casa non può sostituire completamente l’ufficio soprattutto per quelle che chiamiamo condivisioni casuali, le idee che nascono alla macchinetta dal caffe non sono replicabili in casa. È possibile trasferire in casa alcune delle norme ergonomiche standard degli uffici anche nell’arredo domestico. Tanto più che in casa, senza caff è e chiacchiere con i colleghi, trascorriamo più tempo davanti al monitor rispetto all’ufficio. A casa siamo noi e un computer; in ufficio noi, il computer e i colleghi. Dovremo pensare al comfort della casa: un luogo che era concepito per essere

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› PROGETTARE IL PRESENTE

«L’emergenza Covid-19 ha di nuovo mescolato le carte, aggiungendo complessità (o maggiore chiarezza) all’ecosistema casa. Non più una zona di comfort ma uno spazio da costruirsi intorno, che sia pronto ad assecondare le nostre attività, e perché no, anche le emergenze quotidiane, fuori dai vecchi schemi» Adolfo Suarez Adolfo Suarez, direttore della neonata Lombardini22 Living dedicata al settore residenziale.

vissuto nella pausa dal lavoro ma che oggi ha un nuovo ruolo. L’ideale è avere uno spazio personale dedicato al lavoro. Se in ufficio questo si traduce, nella maggior parte dei casi, in una scrivania nostra o in condivisione, a casa è necessario uno spazio in cui non ci siano disturbi esterni, per quanto possibile. Importante poi è il verde, che aiuta la concentrazione, stimola la creatività e l’energia, e scegliere arredi ergonomici per le zone di lavoro, senza rinunciare però allo stile della propria casa». La riflessione di Alessandro Adamo si lega strettamente alla nascita di L22 Living. Le parole di Adolfo Suarez ne chiariscono genesi e obiettivi. «In tempi non sospetti, prima dell’emergenza che ci ha travolti e catapultati nella nostra casa, avevamo iniziato a ripensare l’ambiente domestico in quanto spazio organico, vivo, che si evolve insieme a noi e che ha bisogno quindi di essere collocato in un pensiero progettuale e sociologico più ampio, a partire dalle fondamenta. Poi l’emergenza Covid-19 ha di nuovo mescolato le carte, aggiungendo complessità (o maggiore chiarezza) all’ecosistema casa. Non più una zona di comfort [ 118 ]

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› PROGETTARE IL PRESENTE

In queste pagine, immagini di lavori recenti realizzati dal Gruppo Lombardini22 (foto di Laura Fantacuzzi, Maxime Galati-Fourcade, Studio Tettamanzi).

ma uno spazio da costruirsi intorno, che sia pronto ad assecondare le nostre attività, e perché no, anche le emergenze quotidiane, fuori dai vecchi schemi. Il Gruppo da oltre 10 anni si muove in diversi scenari nell’ambito della progettazione mettendo in campo affidabilità e capacità tecniche che derivano dallo scambio e dalla condivisione di professionisti specializzati. Ora L22 Living porta in ambito residenziale l’approccio del Design Thinking, che da sempre rappresenta lo spirito di Lombardini22: il progetto è lo strumento per connettere la visione del cliente agli utenti fi nali attraverso la profonda capacità di ascoltare e conoscere le persone, analizzarne i bisogni, le attese, i desideri di oggi e di domani. E portarli all’attenzione dello sviluppatore interpretandoli al meglio per creare un progetto attrattivo, dedicato a target reali, capace di generare qualità, reddito e benessere. Tanto più ora che è necessaria una riflessione estesa sulla possibile ibridazione dello spazio residenziale con altri spazi, funzioni e servizi, tra nucleo privato e spazi comuni interni ed

esterni. Il profondo cambiamento della società apre una grande sfida sull’edilizia costruita nel secondo dopoguerra, da aff rontare con programmi residenziali ad alto valore contestuale e centrati sui bisogni dell’utenza L22 Living vuole essere quindi il punto di incontro tra gli utenti e lo sviluppatore. E lo è immaginando una nuova mappa dell’abitare, costruita su alcune dimensioni fondamentali: la dimensione ecologica e sociopolitica, le intensità delle relazioni, il senso di appartenenza, le esperienze di qualità e di coinvolgimento, la sharing economy, oltre alle dimensioni economiche della sostenibilità finanziaria del progetto e del raggiungimento dei Key Performance Indicators dello sviluppatore. Armonizzare le diverse dimensioni e farle confluire in una matrice comune di bisogni universali, per un orizzonte di connettività urbana, efficienza energetica, sostenibilità economica e ambientale, alloggi a prezzi accessibili, valori senza tempo, a prova di futuro, quartieri sicuri con facili relazioni di vicinato, spazi verdi e supporti demografici specifici. Per un rinnovato terreno comune»

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› DESIGNCAFÈ CASE PER TUTTI Redatta con chiarezza esemplare da Sameep Padora, la ricerca che informa il volume non è un progetto accademico ma lo strumento sulla base del quale il suo studio professionale sP+a sta lavorando al masterplan di un vasto progetto di residenze popolari. Se il 40 percento dei 18 milioni di abitanti di Mumbai vive in insediamenti informali una delle ragioni risiede nel fatto che, vuoi per ragioni finanziarie vuoi per l’efficienza dei processi, l’edilizia, non solo in India, prosegue nella logica del business as usual, espellendo modelli alternativi e multiuso frutto dei costumi e della cultura locale. Modelli che invece, scrive Rahul Mehtrotra dell’Harvard Gsd nell’introduzione, potrebbero contribuire a migliorare lo stesso tessuto urbano, trasformando blocchi abitativi ‘misti’ in componenti vive della città. E servire da esempio non solo per immaginare una diversa forma delle metropoli indiane ma anche per gli architetti e gli urbanisti di tutto il mondo.

Alison Smithson durante il convegno del CIAM di Dubrovnik nel 1956 ( ph. John Voelcker, archivio del Het Nieuwe Instituut).

ECOLOGIA E ARCHITETTURA

Dirk van den Heuvel, Janno Martens, VÍctor Muñoz Sans Habitat. Ecology Thinking in Architecture Nai010 publishers, Rotterdam, 2020 176 pp, EN, 39,95 euro ISBN 978-9-4620-8556-5

Oggi estremamente attuale, il tema dell’ambiente diventò argomento di dibattito presso le avanguardie dell’architettura e dell’urbanistica già dagli anni Cinquanta del secolo scorso nei circoli del Ciam e di Team 10. Più che di natura e di sostenibilità, si parlava allora di Habitat: a partire da questioni strettamente collegate all’abitare, il concetto di habitat aveva condotto a un ripensamento radicale delle città e dell’architettura, che per la prima volta venivano intese non come organismi isolati bensì come parti di un tutto, ovvero l’ambiente. Questo volume, frutto della collaborazione tra la Tu Delft e il Centro Studi Jaap Bakema dell’Het Nieuwe Instituut, ricostruisce quel dibattito in una prospettiva storica con una vasta documentazione illustrata dei lavori, tra gli altri, di Van den Broek & Bakema, Aldo van Eyck, Alison e Peter Smithson. Con contributi teorici contemporanei di Frits Palmboom, Erik Rietveld, Hadas Steiner, Georg Vrachliotis e Leonardo Zuccaro Marchi.

Sameep Padora How to build an Indian house. The Mumbai example nai010 Publishers, Rotterdam, 2020 288 pp, EN, 29,95 euro ISBN 978-9-4620-8553-4

LA FELICITÀ IN UNA CASA ROMANA

Villa Sordi Skira, Milano, 2020 - 104 pp, 25 euro ISBN 978-8-8572-4418-1

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In occasione della mostra “Alberto Sordi 19202020” Skira ha pubblicato un volume dedicato a Villa Sordi, la residenza che l’attore abitò dal 1956 dopo averla acquistata dall’ex-segretario di Benito Mussolini Alessandro Chiavolini e oggi sede dell’omonima Fondazione/Museo. Realizzata tra il 1928 e il 1929 su progetto dell’architetto Clemente Busiri Vici, con l’intonaco rosso, le coperture a falde inclinate in coppi e l’articolazione volumetrica da residenza di campagna la casa si pone in netto contrasto con l’architettura razionalista del periodo ma in

precisa sintonia con la morfologia del terreno e con la magnifica posizione, di fronte alle Terme di Caracalla verso le quali sono orientate le viste principali. Con un ampio servizio fotografico il volume documenta gli ambienti, con gli adattamenti chiesti dall’attore, come l’ampia sala teatro privata, la barberia, l’ampliamento della piscina e il giardino, e l’eclettica collezione di oggetti decorativi e artistici acquistati da Alberto Sordi e che la casa-museo custodisce. Un percorso affascinante e curioso.


elements Residenze

spazi fluidi multifunzionali a cura di Elena Riolo

Studio Geza - foto Gianni Antoniali


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HERMAN MILLER Herman Miller, che da più di 100 anni crea soluzioni per lavorare, a casa o in ufficio, sempre puntando all’ergonomia per aumentare benessere e produttività, propone i nuovi pacchetti Work from Home, pensati per realizzare un allestimento che garantisca il massimo del comfort anche a casa con seduta, scrivania elevabile e corretta illuminazione. Nella foto Aeron Chair - colore Mineral, full optional disegnata e progettata da Bill Stumpf e Don Chadwick nel 1994, è una rivoluzione ergonomica che si è trasformata in un’icona del design e fa parte della collezione permanente del MoMA di New York.

www.hermanmiller.com/it_it

VITRA ALUMINIUM. Charles e Ray Eames nel 1958 danno vita a un’icona del ventesimo secolo: la serie delle sedute Aluminium. Una struttura pulita e visibile, che alla stabilità e alla leggerezza dell’alluminio unisce il confort di un rivestimento – in pelle, tessuto o rete – che, essendo mantenuto teso solo dal fissaggio ai lati, diventa parte integrante dell’articolazione. Il modello 105 è senza braccioli, con invece i due modelli 107 e 108, quest’ultimo provvisto anche di meccanismo girevole. Tutte le varianti sono disponibili in diverse combinazioni cromatiche.

www.vitra.com

FORNASARIG CATO. Elegante e leggera, la sedia Cato, design Luca Fornasarig, è progettata per essere bella da qualsiasi angolazione. Sviluppata utilizzando un esclusivo metodo di piegatura 3D, la scocca offre il massimo comfort ed è ulteriormente ammorbidita dall’aggiunta di una importante imbottitura con cuciture orizzontali. È una sedia ergonomica che può essere utilizzata sia per le sale da pranzo sia per postazioni di home-working. A breve verrà presentata la versione con rotelle.

www.fornasarig.it

INFINITI TONDINA PCR. Design Favaretto & Partners, Tondina appartiene a un’ampia famiglia di sedute. Progettata nel 2014, è un mix di contemporaneità e stile retrò con riferimenti al design scandinavo. Linee decise e molteplici finiture, è presentata qui nella versione eco frendly con sedile e schienale in plastica al 100% riciclata.

www.infinitidesign.it

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ARPER NUUR e CILA. Progettato da Simon Pengelly, Nuur è l’archetipo del tavolo. La sua semplicità lo rende estremamente versatile, capace di adattarsi con disinvoltura a ogni ambiente. Mantenendo le forme quadrata e rettangolare, Nuur arricchisce il proprio linguaggio visuale con quattro nuovi laminati Fenix nei colori nero, bianco, grigio bromo e rosa colorado. Nella foto anche Cila, la seduta Arper comoda e leggera, con la scocca in plastica disponibile in cinque tonalità, seduta imbottita o interamente rivestita in un’ampia gamma di tessuti e colori.

www.arper.com

UNIFOR TOUCH DOWN UNIT. È la workstation di UniFor, design Studio Klass, che consente di avere anche in casa un’efficiente postazione di lavoro. Discreta, autonoma e multitasking, permette di lavorare da sedia, divano, sgabello o anche stando in piedi. È dotata di ruote, si adatta bene ad ogni spazio per utilizzare il computer portatile, ricaricare i dispositivi ed è completa di un modulo di servizio dove riporre i propri oggetti. Il piano di lavoro può essere in essenza, vetro e laminato e disponibile in una ampia gamma di colori.

www.unifor.it

MDF ITALIA ARPA. Il nome della collezione si ispira allo strumento musicale e la sua progettazione nasce da un rigoroso esercizio di sintesi: ogni pezzo è infatti realizzato con il minor numero possibile di elementi. Arpa, design Ramon Esteve, combina la stabilità della struttura ortogonale esterna con il comfort e la morbidezza del cuscino interno. Le eleganti corde aggiungono una delicata leggerezza, come se l’intero rivestimento fosse sospeso nella propria struttura.

www.mdfitalia.com

PEDRALI PANAREA, CMP Design. È una collezione di sedute outdoor, una poltrona e una lounge, caratterizzate da un intreccio artigianale 100% Made in Italy che diventa simbolo di rispetto e dedizione al lavoro, oltre che di una tradizione consolidata. Lo schienale ampio e accogliente è intrecciato in corda di polipropilene creando una raffinata greca che avvolge il tubo del telaio in acciaio e i braccioli. Il cuscino imbottito è rivestito con un tessuto realizzato con il medesimo filato dell’intreccio e si asciuga molto velocemente. Proposta in diversi colori, è anche impilabile.

www.pedrali.it

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MADE A MANO Rosario Parrinello è da cinquant’anni imprenditore delle arti ceramiche e custode delle culture mediterranee, Made a Mano è la sua azienda, specializzata nelle lavorazioni e trasformazioni delle argille e pietra lavica. La pietra, al naturale o ceramizzata è quella lavica dell’Etna, i decori sono eseguiti a mano libera, i colori applicati a pennello sono ottenuti con antiche tecniche. Made a Mano collabora con importanti designer in tutto il mondo. Nella foto un grande tavolo da pranzo, realizzato in collaborazione con lo Studio Pöppler di Berlino, composto da più elementi in pietra lavica, uniti da una struttura interna in acciaio inossidabile.

www.madeamano.it www.gisbertpoeppler.com

Foto: Ragnar Schmuck

PAOLO CASTELLI GREENKISS. È la eco-design collection 100% Made in Italy frutto della creatività dei designer Hubert de Malherbe e Thierry Lemaire e del savoir-faire di Paolo Castelli. 30 prodotti eco-responsabili che ricordano il design italiano e francese degli anni ‘50 e ’70, realizzati con materiali rigenerati, recuperati o frutto di una filiera etica e controllata. Nella foto Coral Sofa, il divano 3 posti dalle forme generose con imbottitura in gomme biologiche autoestinguenti, cuffia in ovatta naturale e cinghie in juta. Rivestimento non sfoderabile in lana bouclé o in tessuto misto lino.

www.paolocastelli.com

LAPALMA

VIGANÒ OFFICE CHAIRS AND MORE

AARON. La nuova proposta disegnata dal duo Pio&Tito Toso per Lapalma sono due prodotti in uno: sgabello e tavolino. Due plus: comfort e funzionalità. Un’anima in metallo che si sdoppia per ospitare, da un lato un confortevole sedile imbottito e dall’altro un piano girevole. Disponibile a due altezze (h 78 con poggiapiedi o h 60 senza) Aaron è un progetto contemporaneo, compatto e funzionale, ideale nei momenti di relax, lavoro, attesa, incontro o convivialità.

WINNER. È una famiglia di sedute trasversali, capace di adattarsi ad ambienti diversi e grazie all’ampia gamma di tessuti di armonizzarsi con l’arredo. Un elemento ideale anche per la postazione computer/studio: una comoda seduta direzionale che si trasforma in operativa eliminando il poggiatesta superiore. La tecnicità espressa nello schienale in rete viene addolcita dalla pratica seduta imbottita, rendendola una sedia adatta ad una corretta postura e bella da mostrare.

www.lapalma.it www.viganooffice.it

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B-LINE B-Line propone una postazione casa-lavoro adatta a spazi sempre più ibridi e informali: elegante, ampio e conviviale, il tavolo Tran Tran progettato da Maddalena Casadei nella versione in rovere tinto nero insieme all’icona storica del design firmata Joe Colombo, il carrello contenitore Boby in Tornado Grey. La seduta è Bix, la poltroncina del duo Zanellato - Bortotto, accogliente e confortevole nella sua variante a quattro razze con ruote e rivestita in tessuto Steelcut Trio 3 di Kvadrat.

www.b-line.it

Foto: Miro Zagnoli

LA CIVIDINA TAILOR. Una collezione di sedute senza tempo dalle forme piene e accoglienti, in cui gli ampi volumi esprimono la forte componente di artigianalità che caratterizza tutta la produzione de LaCividina. Grazie alle linee sobrie e audaci al contempo e alla componibilità degli elementi disponibili in diverse misure e forme, Tailor risponde a qualsiasi esigenza di seduta, in ambito residenziale o contract. Il piede a slitta, elegante dettaglio disponibile in metallo oppure in rovere naturale o tinto nero, conferisce eleganza all’insieme, in perfetto equilibrio tra effimero e materico.

www.lacividina.com

NARDI RIO e NET. Per pranzi e cene all’aperto Nardi propone il tavolo allungabile Rio, piano a doghe in resina DurelTop anti UV colorata in massa e struttura in alluminio verniciato. Accanto, le colorate sedute Net in resina fiberglass nelle tonalità del tortora, senape, corallo e salice. Entrambe le collezioni, firmate da Raffaello Galiotto, non necessitano di particolare manutenzione, sono facilmente sanificabili e completamente riciclabili. Nella foto la corte di Borgo Aratico a Monopoli, Bari, arch. Floriana Errico.

www.nardioutdoor.com www.florianaerrico.it Foto: Daniele Brescia

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RODA ORSON. La collezione è una rivisitazione in chiave contemporanea della classica sedia da regista. Mobili per esterno che alla fine della stagione estiva vengono riposti grazie al sistema di chiusura che permette alla poltroncina di rimanere in piedi da sola. La collezione è realizzata con una struttura portante in teak e ora si veste di una nuova finitura: il tessuto strutturale Batyline, introdotto per offrire un ventaglio sempre più ampio e creativo di varianti cromatiche con un effetto naturale.

www.rodaonline.com

RIFLESSI SHANGAI. Il tavolo si caratterizza per l’iconica base a gambe inclinate e sovrapposte tra loro in maniera asimmetrica, a richiamare il celebre gioco da tavolo. È disponibile in versione fissa o allungabile e con il piano in differenti forme e materiali (cristallo temperato, ceramica, legno, legno e ceramica), così come la base, personalizzabile con diverse finiture (alluminio rivestito in acciaio inox specchiante; alluminio verniciato, grafite, bianco, oro rosa o ottone spazzolato a mano).

www.riflessi.it

QUADRIFOGLIO AVANA. Dalla collaborazione con Dorigo Desing, nasce una collezione di divani e poltrone polifunzionale dal design dinamico e componibile. Gambe metalliche, tessuti ricercati, inclinazioni essenziali, cuciture decorative e un mix di plusvalori tecnici come tavolini rotanti, piani d’appoggio divisori e prese usb. Una collezione che risulta non tanto una singola isola ma un vasto arcipelago di componibilità. L’essenzialità delle linee, la modularità e le innumerevoli combinazioni, ne permettono l’inserimento in ambienti diversi.

www.quadrifoglio.com

SCHÜCO TIPTRONIC SIMPLYSMART. È la tecnologia di automazione che permette la movimentazione silenziosa degli infissi con un semplice clic sullo smartphone. Speciali sensori regolano l’apertura e la chiusura in base alla salubrità dell’aria, alla temperatura interna desiderata e si integrano con i sistemi di gestione domotica a comandi vocali. Sono apparecchiature integrate negli infissi che soddisfano requisiti di efficienza energetica, comfort e sicurezza. Ulteriori plus sono programmazione con timer, sensori di temperatura/ pioggia/vento e due soluzioni di ventilazione meccanica che garantiscono un ricambio continuo dell’aria senza alcun intervento da parte degli utenti.

www.schueco.it

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TECHNOGYM BIKE. È il primo prodotto della piattaforma Technogym Live, che permette, da ogni luogo, di partecipare alle classi di indoor cycling, live o on demand, di fitness studios in diverse città nel mondo. È un prodotto integrato all’interno del Technogym Ecosystem e nasce dalla strategia Wellness on the go che ha guidato lo sviluppo di un ecosistema digitale seamless e integrato in grado di offrire a milioni di persone un’esperienza di training personalizzato. È una bike di qualità professionale e con una grande facilità d’uso.

www.technogym.com

ELITE FUORIPISTA BIKE. È una bicicletta senza ruote per l’home wellness che permette di eseguire programmi di training personalizzati e interattivi. La linea di design e la scelta di materiali caldi e pregiati – legno di frassino, vetro temperato, alluminio, acciaio e cuoio – la trasformano da attrezzatura per lo sport a oggetto d’arredo. Fuoripista Bike è il primo prodotto del nuovo brand lanciato da Elite con la consulenza di Adriano Design.

www.elite-it.com

PIXIE KIMONO. È la nuova gamma di rivestimenti a basso spessore che racconta l’Oriente; un’espressione pittorica della cultura nipponica in materia di tessuti, diventa il fulcro delle texture. Con Kimono, Pixie conferma la sua capacità di superare i confini della semplice carta da parati creando soluzioni che diventano veri e propri temi d’arredo sia indoor sia outdoor. Disponibile nell’intera gamma di tessuti tecnici in fibra di vetro (Fibra) nella carta da parati ecologica (Charta) e in quella a base minerale (Quarzofibra).

www.pixieonweb.com

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MAISTRI K-TABLE. Una volta c’era il tavolo in cucina attorno al quale si riuniva la famiglia. Oggi gli spazi delle case sono molto più piccoli e non esiste quasi più distinzione tra cucina e soggiorno. K-Table è il perfetto compromesso perché ha l’aspetto di una cucina e la leggerezza di un tavolo. Attorno al nuovo “conceptkitchen” di Maistri si può ancora studiare, conversare, cucinare, programmare e mantenere le abitudini familiari tradizionali utilizzando la cucina come se fosse un tavolo. Fulcro del progetto è il cassetto sottostante al piano, ampio e pratico, adatto per accogliere gli oggetti del quotidiano.

www.maistri.it

BOFFI K14. Siamo sulla costa fra Tamarama e Bronte, sobborghi orientali di Sidney. Una casa centenaria su tre livelli, riprogettata con la precisa idea di eliminare barriere visive e fisiche fra l’interno e l’esterno e dove la cucina è il vero cuore della dimora. Il team locale di Boffi Studio Sidney e l’architetto Justin Long hanno optato per la versatilità di K14, disegnata da Norbert Wangen. Il taglio perimetrale obliquo è un dettaglio estetico e funzionale. Lo smusso a 30° rende il piano aereo, sospeso e, nelle ante di basi e pensili, consente l’apertura senza maniglie.

www.boffi.com

FANTIN FRAME KITCHEN OUTDOOR. La cucina workstation, disegnata da Salvatore Indriolo, ADI Index 2019, da oggi è disponibile anche per esterno grazie a un trattamento di cataforesi che previene la formazione della ruggine e consente un’elevata resistenza agli agenti atmosferici. Con la versione outdoor si amplia il programma di Frame che già comprende tavoli, contenitori e librerie di diverse dimensioni: una collezione dove i solidi telai in tubo quadro sono sempre in vista, a valorizzare il frame e lo stesso metallo che lo compone, anima di Fantin.

www.fantin.com

KEY CUCINE KU45. Taglio audace, materiali pregiati e un design rigoroso. Key Cucine reinterpreta il look geometrico-minimalista di KU45, giocando su nuove combinazioni materiche e inediti contrasti di colore. Le superfici hanno forme pulite e lineari e trovano massima espressione nella preziosa laccatura a metallo brunito delle ante Materica e nel taglio a 45 gradi del piano di lavoro in marmo Melbourne. Il trattamento acid-prof applicato sul top della cucina impedisce il deterioramento e la formazione di macchie.

www.keysbabo.com

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ELICA NIKOLATESLA FIT. Completa la fortunata collezione di piani aspiranti NikolaTesla, da cui riprende lo stile e le migliori tecnologie, ed è studiato per le cucine più compatte. È infatti il primo piano a induzione con aspirazione integrata che può essere installato anche nelle basi da 60 cm, con un ingombro in superficie di 60 o 72 cm. Il cuore aspirante è completamente nascosto all’interno del piano ad induzione e la superficie lineare in materiale vetro-ceramico rende le operazioni di pulizia semplici e veloci. Design Fabrizio Crisà.

www.elica.com

SMEG VITALITY SYSTEM. Partendo dall’esigenza di uno stile di vita sano alla base del quale c’è il cibo, la sua cottura e la sua conservazione, Smeg ha perfezionato lo studio del sistema Vitality System che comprende 3 elettrodomestici di ultima generazione: Abbattitore di temperatura, per impasti, cotture a bassa temperatura, per riscaldare e surgelare; Cassetto sottovuoto per una più lunga e sana conservazione dei cibi e Forno a vapore combinato che migliora i risultati di cottura conservando il gusto e le proprietà degli alimenti.

www.smeg.it

FABITA ORDINE. Un elemento innovativo per cucinare formato da due piastre a induzione circolari che lasciano libero il piano cucina: quando serve è possibile prenderne una o entrambe, per poi riporle nuovamente a muro una volta terminato l’utilizzo. Ordine rappresenta una soluzione salvaspazio altamente flessibile che può facilmente migrare tra gli ambienti anche nel caso di riconfigurazioni di spazi e arredi. Disponibile in diversi colori nella versione appesa (con staffa da appoggio o a parete) oppure da appoggio.

www.fabita.it

GAGGENAU SERIE 400 E 200. I nuovi forni combinati a vapore Gaggenau offrono la possibilità di dosare i valori di umidità e aria calda, un controllo estremamente accurato delle temperature e funzioni sofisticate come sous-vide, lievitazione, rigenerazione, scongelamento e grill. Due modelli, entrambi con sistema di pulizia automatico e illuminazione a Led per un monitoraggio ancora più preciso delle cotture. Home Connect permette il controllo delle funzionalità tramite app.

www.gaggenau.com/it/

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WOODCO SIGNATURE. Un’elegante e moderna residenza in Toscana dove la luce evidenzia i particolari che danno carattere all’ambiente: la parete più scura incornicia le finestre trasmettendo profondità, quelle più chiare accolgono pochi e selezionati elementi di design. I dettagli dorati e verde oliva delle poltrone e delle lampade sono in perfetto equilibrio con le tonalità calde del pavimento, il parquet Noce Veste di Monaco della collezione Signature di Woodco. Caratterizzato da sfumature intense e suggestive che restituiscono una superficie vibrante, dove il legno diventa il vero protagonista del soggiorno.

www.woodco.it

GRUPPO BONOMI PATTINI EVEREST. Cemento Portland, fibre di cellulosa, quarzo di silice e cariche minerali: sono gli elementi che compongono Everest, il materiale studiato per essere impiegato sia in spazi interni sia per rivestimenti esterni. Distribuito dal Gruppo Bonomi Pattini, è disponibile in due finiture: Multipurpose, per interni ed esterni non esposti a intemperie, e Heavy Duty, per pavimenti e facciate sottoposte a stress atmosferico. Con spessori dei pannelli dai 6 ai 22 mm è resistente agli insetti, ignifugo, impermeabile, eco-friendly – composto al 40% da materiale riciclato e riciclabile – e resistente agli impatti: una scelta ideale per i progetti più complessi.

www.gruppobonomipattini.com

ITALFLOORING LIBERTY. Il pregiato pavimento in laminato presenta molteplici possibilità di impiego e propone un’ampia scelta di colori. L’aspetto del vero legno lo rende particolarmente gradevole e grazie al supporto “acquastop” è resistente all’acqua, igienico e di facile manutenzione. È adatto alla posa anche in ambienti umidi, ha un’elevata resistenza all’usura ed è anche antistatico.

www.italflooring.it

IPM ITALIA IPM GeoDrena è un sistema di rivestimento specifico per pavimentazioni continue all’aperto. È eco-friendly, ha un’alta capacità drenante ed è traspirante. Grazie alla varietà e alla combinazione di colori delle graniglie naturali di pregio, si integra in ogni spazio migliorandone valore, estetica e fruibilità. Resiste all’usura, ai cicli gelo-disgelo ed è duraturo nel tempo. Offre numerose possibilità di personalizzazione. Nella foto le residenze Hadid a CityLife, Milano.

www.ipmitalia.it

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EUROAMBIENTE srl Via Pratese, 527 | 51100 Pistoia Tel. + 39 0573 4451 - Fax + 39 0573 445190 info@euroamb.it

www.euroamb.it



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