SICULI

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1174 a.C.: terzo attacco Nel 1174 nuovamente gli alleati – provenienti dall'arco che va dalla Libia alla Grecia, passando per il mare dei Sardi e dei Tirreni – tentano di occupare le fertili pianure del Basso Egitto, ma subiscono una ennesima disfatta a fine estate, così descritta in una stele redatta l'anno seguente per gli avvenimenti del XI anno di regno dai poeti di corte del figlio di Sethnakht, Ramses III, primo faraone della XX dinastia. "Io ho ricacciato i Nove Archi che calpestavano l'Egitto Il ricordo del mio nome genera terrore in quei loro paesi. Io ho atterrato i Tekker, le terre dei Peleset, i Danau, gli Uashasha, I Sekles, e tolto la vita ai Meswes (...) Ho portato in alto il capo chino dell'Egitto". "I guerrieri vennero condotti via, come le donne Ed i fanciulli prigionieri, le braccia legate al collo, Carichi sulle spalle dei loro averi, Mentre buoi e cavalli prendevano la via per l'Egitto".

Anche gli Egiziani però piangono in silenzio le loro perdite, con le dolenti distruzioni di Alasya, Amor, Arzawa (Az Zawamil?), Qerben, Qode, Kharkhemis, Khatti, Kode, e perfino Mennefer (Memphis). Infatti il "capo dell'Egitto era chino". Vinti ed imprigionati, non tutti gli sconfitti perdono la vita, anche se alcuni passaggi dei documenti ci parlano di inusuali stragi, di amputazioni in massa. Il manteni107


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