11 minute read

LA SITUAZIONE POLITICA*

J\fusJOlini parla brevemenJe per dire che concorda con il disc orso Bianchi.

Il . voto che emetteremo questa sera è il voto di una falange di uomini che tiene più a lla difesa del Paese che alla alimentazione dei ranco ri politici, ·

Advertisement

Comm1q11e pemtJ che lo s/euo Giolitti non abbia in1ere11e a provocare la no stra osiilitJ. (A que~Jo punto il presidente legge l'ordine del giomo compilalo da Bianchi e che i lei/ori pouono leggere nell'articolo di fondo di qu esto st eu o numero•*. L'a.uemblea l'appro va, fra grandi applausi, all'ummimità).

* Riassunto delle dichiarazioni fatte a Milano, nella sede dell'Alleanza industriale e commerciale sita in piana San Sepolcro 9, la sera dell'll giugno 1920, durante l'assemblea d el Fascio Milanese di Combattimento. Prima di Mussolini, avevano parlato Michele Bianchi, Ronconi e Fraschini. (Da li Popolo d'/1aJia, N. 140, 12 i;iugno 1920, VII).

•• (.H).

••• Indi, « Mussolini presenta ed illustra il seguente ordine del giorno:

«" Il Pauiq Milàn N e di Co1f}bauimettlo riliene ,he per le daui /avora1,ìd e impiega1i11irhe non debbdJlo euere aJ1m en1a1i gli aJIJlali prezzi del pane e d ell, /)4.!I, e , he il deficit del ,onurvtJ.Jo prezzo polùiro del ptt11e deve euere atlenualf'o:

«" 1) Da ,ma inJemifirazione fino al pouihi/e delle noJ/rl rof111re u reali/ert;

«" 2) D11ll'aJ1J1azione immed141a di q11e/ romp/euo di misPre finali rùhieste nn poJ/11/ati d'ordin e finanziario dei Pa.Jri llaUani di Co mba11imtnto ".

« L'ordine d el giorno risulta approvato ~r acclamuione o (Da Il Popolo d'Italia , N. 140, 12 giug no 1920, VJJ}

Il Ritorno

In una assemblea affollata del Fascio Milanese dì Combattimento, è stato, ieri sera, votato all'unanimità il seguente ordine del giorno:

« L'assemblea del Fa.scio Milanese di Combattimento saluta con soddisfa. :zione la caduta irreparabile del ministro Nltti, l'uomo ne fasto delle ded izioni all'interno e delle r inunce al l'estero; riconferma il voto d ell' ad unata nu.ional e circa la n ecessità d i una nuovti prossima consultazione dd popolo italiano~ e, di fronte alla possibilità d i un ministero Gi olitti, non dimentica il recente ed il passato dell'uomo, e lo attende, senza issarsi in atteggiamenti aprioristici, alla p rova d ei fatti » .

Quest'ordine del giorno risponde al nostro atteggiamento e alla situazione re.1.le; né ha bisogno di un lungo commento illustrativo. t posit ivo che in noi interventisti durante la neutr:1lità, oltranzisti durante la guerra e antirinunciatari durante l'armistizio, l'avvento dì Giolitti al potere provoca -un' imp ressione irresistibile di ripulsa, paugonabile a quella di colui che deve a forza tracannare µna medicina ingrata.

Ma noi si::tmo troppo spregiudicati per fermarci su questa imp ressione soggettiva di disgusto. Non partecipiamo, perciò, al coro unanime di laudi e di speranze che saluta il ritorno al potere d i G iovanni Giolitti e ch e viene intonato a gran voce da .molti amici ch e si battero no bravamente con noi contro la neu~ralità e il «parecchio». AncJ,c queste laudi feriscono non poco la nostra sensibilità. Ciò d etto, ·ci rifi utiamo, in nome del fascismo, di fissarci in un atteggiamen to ap rio rist ico pro o contro G iolitti. 11 fascismo non ha di queste malinconie.

N é si veste a l utto per il fatto che Giolitti ritorna, dopo essere stato lapidato e ostracizzato. 1:. il destino degli uomini pubblici quell o di passare dalla polvere agli altari e viceversa.

Le circostanze del 1915 schiantarono Giolitti; le circostanze del 1920 · lo richiamano all'orizzonte. Anche il Partito Socialista frantuma i suoi ìdoli e poi torna ad adorarli. Gli uomini politici non sono mai morti, nemmeno quando ricevono sul ventre Je quattro rituali palate di ter ra; perché anche allora, e talvolta a distanza di secoli e di decenni, vengono esaltati e demoliti. N~ il ritorno di Giolitti può significare sconfessione della guerra. Il fatto storico non si cancella. La guerra è stata. l a vittoria è stata. Giolitti non può ignorare la guerra, non può p assare la spugna su Vittorio Veneto. B assurdo. Per questo, bisognerebbe t occare u na nota che Giolitti, intelligentemente, non toccherà mai, per quante suggestioni g li vengano dalle sue t ri bù. Ciò ch e è avvenuto dopo il 24 maggio recente, dimostra c~e. nonostante i centocinquantasei deputati social isti, le correnti nazionali sòno ancora fortissime e non soltanto a Roma. ·Jl nostro atteggiamento sarà, come si dice n ell'ordine del giorno, d eterm inato dai fatti. Se Giolitti si deciderà ad applica re il patto di Londra - e oramai non c'è altro da fare (gli stessi più accaniti rinunciatari dovrebbero confessarlo) - egli, g ià contrario alla guerra, si troverà a rnnsacrare, per un paradosso sig ni ficativo, Ia vittoria. Un'oscur.:i. intuizione fa sperare che, come Salandra nel 1915 ci liberò dalla opprimente tutela del blocco austro-tedesco, Ja p olit ica giolittiana ci libererà un p oco daJJa oramai asfissiante egemon ia anglosassone. Giusta o avventata questa previsione, s i vedrà dai fatti.

· Passando a ll'i nterno, se Giolitti parrà mano alla soluzione d ei proble mi interni ch e oramai tutti conoscono nei loro termini essenziali, una op posizione « apriori stica » sarebbe assurda. Non ci fa cc iamo troppe illusioni. N on si deve giudicare la situazione odierna riportandosi all'anteguerra, pe rché molti elementi sono cambiati. Non bisogna crede re al miracolo immediato, né puntare sulrinsuccesso altrettanto immed iato. Attendiamo coffarma al piede.

La riserva mprema, per la 1alvezz(, d'Italia, oggi e d,0111a11i, s/11 a Fillm e MUSSOLINI

RESTARE A VALONA !

Roma tace, Le alte sferè miljtari, diplomatiche, politiche, al paese angosciato che attende, non hanno ancora saputo dire una parola. Non si tratta tanto d i sapere « perché » gli albanesi, che hanno ricevuto dall'Italia a iuti materiali e morali d'ogni specie, ci ricompensino in tale squisita maniera balca nica; ma è lecito chiedere e si è in dir itto di sapere «come» è avvenuto che i nostri presidi siano stati sorpresi; come è avvenuto che per le belle strade camionabili costru it e dag li italiani, i cosiddetti inso rt i albanesi siano g iunti sino alle case di Va lona.

Le domand e che noi ponenuno sin dal primo momento sono rimaste senza risposta. Il Comand o delle nostre truppe in A lba.nia dov'era ? Cosa faceva? Quella dozzina di generali che risiedevano a Valona, in quale mai beata incoscienza vivevano? Assodare le responsabilità e punire immediatamente e severamente i colpevoli - a,rche colla fucilazùmeè il mezzo che si impone perché i soldati partano volentieri a difendere Valona e 1a v ita dei loro compagni assediati.

:E! palese oramai che il Comando militare e civile non funzio nava e che il famoso cam}X> trincerato di Valona non aveva trincee e non aveva uomini. Chi ha mancato, Qeve pagare. Gli incoscienti e gli imprevidenti devono pagare. Non basta ristabilire la situazione attorno a Valona e salvare la città: bisogna punire duramente i colpevoli .

Siamo l ieti intanto di constatare che la nostra tesi sull:l. necessità assoluta, fondamentale di non abbandonare Valona, trova consensi anche in altri campi. ] eri l'Italia, organo milanese del Partito Pololare, av~va una nota molto energica sull' argomento. La riportiamo, perché a noi fa molto piacere - a noi che non intendiamo fare dell'anticlericalismo idiota vecchio stile - constatare che la tutela dei vitali interessi della nazione si impone a h 1tti i cittadini, al disopra dei singoli P artit i.

Dopo aver n:1rrato i prcced cnti, l'Italia così scrive:

« A parie questa d ivagazione, è importante ora fissare un punlo essenziale . La questione di Valona non è questione coloniale, come facilmente alle moltitudini si tenta dare a bere; essa è cosa vitale e connessa al minimum di vita e di respiro internaziona le per il popolo .italiano.

« Messa fu ori d iscus sione 1.1 inùipenùen:za albrnese, n essun Governo italiano, degno di questo nome, a qualsiasi Partito o conce:zione socia le app artenga, potrà mai consentire nelle attuali condizioni internazionali a ll'abbandono di V alona, se non abdicando a lle necessità, nOn solo morali, ma ben an co materiali del popolò nostro. e< Perciò, abbandonare Valona equivarrebbe a tradire l'avvenire d'Ital ia. Ci pensino capipopolo e agitatori oggi trincerati dietro criminose irresponsabilità; d ~nsi il Governo, che deve essere forza animatrice e rcSponsabile )),

« Va lona si potrebbe abbandonare solo se una organizzazione superiore agli egoismi e agli interessi di t utti g li Stati ci garantisse la sicurezza dell'Adriatico, sia nei tempi tranquilli, s ia in quelli turbinosi, Tale organizzazione oggi manca assolutamente Le "inte!nazionali " , che si tentano, sono ancora allo stato di abbozzo; certo i tentati vi sono l odevolissimi e tali da meritare plauso, consenso unani me e fattiva operosità.; ma, oggi come oggi, non vi è organismo s uperiore capace di impor si nelle questioni politiche internazionali.

Cosl l'Italia. M a gli stessi sociali st i, davanti alla rea ltà accecante, m odificano un -po' l'indecente atteggiamento albancsofilo assunto dal· l'organo quotidiano d el Partito. Cosl dev'essere interpretato l'ordine· del giorno votato·dal Comitato direttivo del Gruppo parlamentare pus· sista. Lasc iamo andare lo sc herno sul « vano e grottesco sforio dcll'imperiaJìsmo italiano in Albania». Il che rientra nell'abitu dine dei. socialisti italiani - abitudine inveterata - che consiste nello sputare, Con particolare voluttà, sulritalia. Ma chi è stato in Albania, nella zona già occupata dalle nostre truppe - e nessuno dei socia.listi autori dell'ordine del giorno c'è stato - sa quali mirabili opere di bon ifica, d i risanamento, di viabilità sono state compi ut~ dal « vano e grottesco sforzo» dell'imperialismo italiano. C'è, nell'ordine del g iorno socialpussista, un'affermazione notevole, che smentisce in pieno i zelatori che sull'A vanti! ca.ritarono la laude all'illustre nazione albanese.

« Pur convinto - dice l'ordine de l giorno - che dietro al g rosso bri• gantaggio politico dei feud:1tari a lbanesi ammantati da patriottismo si muovono influenze strani ere e riva lità capitalist iche »

Oh, a llora ! Non è dunque vero che l'illustre naz ione alb:JI1ese lotta per fa sua indipendenza, come tentava di dare a bere l'organone SO· cialista; è vero, invece, che le bande ribelli sono agli ordini e al soldo d'influenze st raniere e di rivalità capitalistiche, Domandiamo: l'Italia, nazione proletaria, perché deve sempre ed invariabilmente subire le influenze straniere e il gioco delle rivalità capitalistiche?

L'ordine del giorno socialista conclude con un invito generico:

<1. Al Governo ìtaliano per il sollecito abbandono in Albania e ovunque di ogni po litica di conqui sfe militari, non -solo inutili ma anzi esiziali alle legittime espansioni dei traffici ed alla libe ra ricerca d i lavoro da patte di og ni proletariato in ogni terra».

Siamo perfettamente d'accordo circa l'abbandono da parte dell'Italia di ogni politica di conquiste militari; ma dove mai l'Italia, fa, oggi, questa politica? In Albania? No. Ma noi poniamo ai Socialisti un quesito molto chiaro, molto semplice e al quale essi devono dare Wla risposta altrettanto chiara e monosiilabica: nelle altudì , ondizioni del mondo, nelle attuali condizioni del Mediterraneo e dell'Adriatico, può /' Italia, deve l'Jtalia abbandonare Valona? ·

MUSSOLI NI

Da Il Popolo d'llalid, N. 141, 13 giugno 1920, VH

RESTARE A VALONA !

Oggi, a Milano, si riuniranno i sommi prelati della chiesa rossa, per di scutere sulle vicende albanesi e per vedere se ci sia il p retesto sufficente per inscenare un' altn~. speculazione politica, assai profittevole nell 'imminenza delle efozioni amministfative. Per fortuna il p retesto sembra cadere. Gli alpini, i fanti e gli operai che lavoravano ne i din• torni di Valona e insegnarono come si lavora agli albanesi, che di Ja. vorace non hanno mai avuta voglia, non hanno atteso, per d ifendersi e difendere Valona, l'autorizzazione del professore Egidio Gennari e deiron. Mi siano. Un comunicato ufficiale dice che il punto critico dell~ situazione è passato. Crediamo anche noi che i rinforzi di t ruppa finiranno per disperdere le bande e garantire, per sempre, Valona, Quanto agli ispiratori del moto, non c'è dubbio che s i tratti di serbi e anche di g reci Lo stesso Avanti.' è costretto - dalla insopprimibile realtà dei fatt iad ammctterlo più o meno esplicitamente.

« Siamo convinti - dice 1'Ava11ti . ' - anche noi che non solo l'Italia è col· pevole di queste mire affaristiche e ìmp,:rialistiche, ma che laggiù c'è una gara di appetiti internazionali. Possiamo anche ammettere che greci e jugoslavi profittino del r isentimento del popolo albant'Se per sban zzarsi di un concorrente lontano che ha minori di ritti degli altri di occuparsi delle cose albanesi Ma queste- sono ragioni che- rafforzano in noi il proposito di non impegnarci in avventure che sono gravi e pericolose, 11ppunto perché più contrastate. Tutto ciò però ha un valore secondario di fronte a questa afferma zione recisa e categorica: il popolo italiano n on vuole più saperne di avventure di guerra. Per nessuna ragione eJ a q ualunque costo Se le tru ppe italiane si trovano m:ile a Va lona, se ne vadano via, perché quella non ! casa loro. Ved iamo già intanto una ripresa. di sintomi guerreschi, che p rovano come in Certa gente la lezione ultima della guCrra, con le .sue consegumze, niente ha servito».

n umiliante veder. della gente che ragiona in siffatto modo. I fa. cile dire che « se le truppe italiane si trovano male a Valona, se ne vadano » . Questi sono grotteschi luoghi comuni. Nemmeno un Governo di socialist i presieduto da Serrati pot rebbe disinteressarSi delle sorti d i Valona, come Lenin, del resto, non si è disinteressato di n essuno d ei territori che appartene'vano a ll:ex-imi,ero; o là dove i diritti della Russia - come a Bacu - es ì~tcvano. Lenin li ha rivendicati, dichiaran- dosi in istato di guerra colla Turchia. La questione alla quale i socialisti non possono sfuggire, si pone in questi preèisi termini: Valona deve diventare un aJtro anello della catena di ostilità che circonda l'ltalia nel Mediterraneo? Valona devè diventare unà pistola jugoslava p u n, tata contro l'Italia? Ora, parlare di avventure di gU.erra, è un'esagerazione e un falso. Nessuno in ltalia sogna queste avventure. Nessuno ha interesse a queste avventure. Nemmeno i pescìcani, i qualì si propongono di digerire il bottino, non di comprometterlo, attraverso nuo\'i, imprevedibili risch i di guerra. Se un imperialismo militare italiano èsist e, noi siamo pront i a combatterlo. Se c'è qualcuno che vagheggia nuove gesta di guerra, è un nemico da isolare e da condannare. A questo p roposito c'è una unanimità riazionale. Ma, salvo taluni socialisti, un'altra unanimità nazionale esiste: quella che impone di rimanere a Valona . Combattere, se esiste, il nostro imperialismo va benissimo; m a bisogna guardarsi dal fa re gli interessi di un altro imperialismo, più vorace e pericoloso del nostro: quello jugoslavo. Ora, difendere Valona, presidiare Valona, fare di Valona un inespugnabi le ca mpo trincerato - abbia mo migliaia d ì cannoni e decine di migliaia d i m it ragliatrici disponibil inon significa imbarcarsi in nuove avventure mil itari, come , ,ogliono dare ad intendere i socialisti; significa invece garantire la nostra tranquillità nell'Adriatico, significa allontanare i pericoli di nuove guerre. La lotta anti-imperiaHsta impone la recipro~nza; altrimenti si r isolve nel favoreggia mento dell 'imperialismo più aggressivo, com"è il caso attuale. La verità è che l'ltalia stava sgombrando l'Alban ia; applicava, dunque, il principio d ell'Albania agli albanesi. Ma questo sgombro è stato interpretato - balcanicamente - come un atto di debolezza e l' imperialismo jugoslavo ne ha profittato.

A Valonà d siamo e a Valona bisogna restare a qualunque cost o Se fosse necessario s i troverebbero decine di migliaia di volontari. Abbandoneremo Valona quando i proletari ing lesi ( ch e non ci p ensano nemmeno!) avèanno imposto al lo ro Governo d i abban donare G ibilterra e Malta e Cipro e g li innwncrevoli punti strategici che in tutti i continenti garantiscono gli affari e il dominio della metropoli.

MUSSOLINI

This article is from: