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LA PAROLA DI CAVIGLIA

Delle tre manifestazioni politiche della giornata del 24 ·ottobre - discorso di Caviglia agli ufficiaJi nella caserma Oberdan di Trieste, comunicato d al Comando di Fiume e dichiarazione dello stesso generale Caviglia al corrispondente del Corriere della Sera - l'ultima è la più importante Alla vigilia della ripresa delle trattative dirette ita!O-j ugos1ave, il vincitore di Vittorio Veneto, il generale che presidia la linea del Nevoso, dichiara tranquillamente il suo scetticismo circa l 'esito d elle trattati ve e soprattut to rileva a chiare note l'i ntempestiv ità delle trattative stesse. ·

Riportiamo :

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« Circa la questione adriatica - ci ha detto il generale Caviglia - noto il mio pensiero. Per quanto riguarda le trattative, pur avendo for ti r:1.gion.i per dubitare di un felice esito di esse, non ne sono un cieco avversario. Credo che il Governo, come tutti noì, si preoccupi di scegliere l'epoca p iù fav orevole per trattare; e, sotto questo punto di, vista, il momento presente non sembrerebbe propizio. N oi, se trattiamo e concludiamo ora, possiamo essere g ionti. i neluttabilmente, per forza degli avvenimenti stessi. Nella Jugoslavia non vi è ora un Governo legale, vera emanazione del popolo. Tale Governo s:1rà dato solamente dallo. Costituente ed esso sad certamente più forte e avrà più base, più autorità che l'attuale. Data l'ipotesi che le trattative si concludessero alla meno pegg io per noi, si può essere sicuri che esse non s:uanno accettate dal nuovo Governo. Quando si tratta bisogna preoccuparsi che l patti conclusi venga no osservati in· tegra lmente e con lealtà. In quanto a noi italiani, in questo momento uno solo deve essere il sent imento che sopra gli altri deve imperare: quello della discip lina»

Queste dichiarazioni del generale Caviglia devono fare ser iamente riflettere tutti coloro - compreso il Governo - che vogliono concludere ad ogni costo, nel più brev e tempo possibile. Le « forti ragicin i » cui allude Caviglia per giustificare il suo scetticismo, non sono accennate nel testo dell'intervista, ma sono note a tutti coloro che hanno seguito un po' da vicino la politica ufficiale e quella popolare della Jugoslavia. la scoperta delle dispqsizioni contenute nelJa nuova legge elettorale jugoslava dimostra che i criteri delle sfere dirigenti di Belgrado non sono affatto cambiati. Né può ritenersi esauriente la smentita v.enuta da Belgrado, perché non sme ntiva il fatto in sé, ma si limitava a ~ichiarare insussistenti le consegue nze che l'opinione pubblica italiana aveva tratto. Jl !atto che le trattative si riprendono con un Governo morituro e ch e non può assOiutamentc garantire J'csecuzione dei suoi impegni, è di u na gravità estrema. Perché non si. attend e il risultato delle elezioni per la Costitue nte? Perché non si attende di trattare e possibilmente concludere con un Governo che non ab bia i g iorni contati, ma sia invece l'espres· sione della volontà jugoslava? Non è dunque vero, come si va d icendo, che i de legati jugoslavi sia no investiti di poteri sovrani, per cui nessuno potrà r itornare in seguito sulle loro decisioni. Il generale Caviglia dice invece che « una soluzione anche poco soddisfacente per l'Italia non sa rà accettata d al nuovo Governo, emanazione della p_rossim:i. Costit uente jugoslava». Ne consegue ch e, secondo le previsionì del generaJc Cavig lia, la futura Costituente jugoslava non sarà composta di r inunciatari, ml piuttosto di imperialisti.

Tutto ciò che è accaduto e accade non ci fa deflettere dal nostro primitivo punto d i v ista: che, cioè, la soluz ione migliore - anche dal punto di vista interno - è queUa·deJl'applicazione pura e semplice del patto di Londra , lasciando Fiume ai fiumani e a D'Annunzio; e che, in ogni caso, invece di affrettare 1a ripresa delle trattative, si debba r invia rle a dopo le ekzioni della Costituente jugoslava.

Non si può trascurare il pare;,re del generale Caviglia.

MUSSOLINI

D:i. ]/ Popolo d'Italia, N. 256, 26 ottobre 1920, VII.

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