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LA CONFERMA DI UNA TESI

La giornata elettorale di domenica scorsa non p resenta un bi lancio particolarmente favorevole p er il Partito Socia lista Ufficiale. Non in tutti i Comuni ch e occup1vano, i socialisti sono stati rieletti; e, ove sono rìtor· nati al potere, hanno otte nuto votazioni assai inferiori a quell e ch e essi attc:ndevano Jn altri Comuni, dove si dava per sicura la vittoria dei socia list i, hanno t rionfato invece i blocchi: più o me no estesi di concentrazione de mocratica. Notevoli soprattutto nell'alta Italia le sconfitte che i social isti hanno riportato a B rescia, a Padova, a Venezia, a Lecco e a Spezia. Evide ntemente pe r ciò che riguarda Spezia e Brescia, l'astens ione degli elementi operai deve essere stata assa i notevole. Altra conferma di quel fenomeno di stanchezza che abbiamo illus trato nella nostra ·nota dell'altro giorno.

Particolarmente significativa la vittoria dd blocco ro mano, Anche a Roma i socialisti nutrivano g randi speranze di vittoria e . l'attegg iamento dei repubblicani e dei popolari poteva favorirli nel loro g iuoco. Si parlava già di piantare sul Campidoglio la bandiera rossa. le urne ha nno schiac• ci::ito questi sogn i. L'esame dei risultati romani è interess::inte. Il blocco nazionale ha riportato esattamente il doppio dei voti conseguito dai socialisti. I popobri sono stati esclusi anch e dalla minora nza e questo ci fa pa rticolarmente pi::iccre, dato l' atteggi~mento stoltamente stizzoso di un a intr:insigenza falsa che il P;1rtito Popolare ha assunto in que sti tempi.

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I repubblicani avrebbero guadagnato un tanto a non contarsi I suf. fragi ottenuti dal Partito Repubblica no a Roma riabilitano quelli att e· nuti dai fascisti a Milano, colla differenza a nostro favore che il fascismo è nato ieri, mentre i repubblicani hanno mezzo secolo di vita. Da l punto di vista e lettorale, Roma ha compiuto, date le abitudini di apatia della cittadinanza, un grande sforzo; ma quando si cakoli che il quaranta per cento degli elettori che iion hanno votato appartengon o, con tµtta pi-obabi l ità , agli elementi nazionali, si può legittimamente concludere che il P.art ito Social!sta a Roma ed in quasi tutta Italia non rap presenta che una infima minoranza di fronte alla. totalità della n a2ione.

Per q ua nto j giorna li del P111 s i affannino a cantare vittoria, è oramai evidente che le e lezioni amministrative non h anno migliorato a ffatto la situazione generale elettorale del Partito Socialista, il quale segna il passo o retrocede.

Gli elementi che spiegano questa situazione sono, come si diceva, la stanche2za e la delusione delle masse operaie e anche la crisi che travaglia il Pru.

Se gli stranieri che tengono continuamente puntati gli occhi sull' Italia si degneranno di porre mente ai risultati delle elezioni ammin istra tive, si convinceranno che sul terreno della legalità elettorale i socialisti ufficiali sono ben lungi dal rappresentare Ja maggioranza del Paese. Se poi si decidessero a scendere sul terreno iUegale, allora andrebbero incontco a una disfatta irreparabile.

In molti Comuni, compreso quello di Roma, entreranno a far pHte delle amministrazioni uomini del fascismo. Con questo il fascismo non abbandona il suo specifico ·te rreno di lotta, che non è qùello della scheda, ma che, a seconda degli amb ienti e delle situa2ioni particolari , approfitta delle situazio ni che si presentano prop izie, per infliggere, anche sul terreno delle compet izioni elettora li, duri colpi ai demlgogismi, rosso e nero, che infest ano, speriamo ancora per poco tempo, l'Italia.

Comunque la giornata elettorale di domenica è tutta una eloquente conferma della nostra. tesi. Ed è istruttiva. .MUSSOLIINI

Da Il Popolo d'Italia, N 262, 2 novembre 1920, VII.

La Sorpresa Di Simons

Grande clamore nella stampa italiana a proposito del discorso che il ministro degli Esteri della imperia l Repubblica tedesca ha pronunciato l'altro giorno al Reichstag Ecco il testo, nella traduzione letterale, del resoconto apparso nella De111Jche Allèemei11e Zeituug, che continua ad essere ufficiosa, malgrado il cambiamento più o meno sostanziale del regime politico.

('I Un pomo Ji J iscordia - ha J 1;1to Simons - c'è anche coll'ltalia: il Tirolo meridion:i.le. Dicendo Tiro lo meridionale, pronundo un nome pa rticolarmente caro ad ogni cuore tedesco. (GiuiliHimo). Ma riguudo al Tirolo meriJionalc m.-ssuna considerazione politica è stata mai in g iuoco; solo una politica di appossio morale. L' Italia deve la sua gr:indezza ad un eroico precursore Jell'iJe-J. dell'auto-decisione. L'Ita lia comprt"nJ C"rl quindi che noi diamo valore a che J'auto-dedsione Yf'!lg:a :i.pplicata per i suoi abitanti di confine».

Questo discorso, maJgrad o la vaghezza e l'imprecisione della forma, è assai gra\'e nella sostanza. Grave, anche e soprattutto, per il ·luogo dove è stato p ronunciato. Che al Parlamento di Vienna, d a Re nner e d.ll suo successore, si tenesse un discorso del genere, si poteva anche comprendere, perché il Tirolo meridionale apparte nc\'a all'Austria, ma Vienna tace e p:i.rla Berlino. Non è più la piccola Austria stremata quella che protegge i 180.000 tedeschi alto.ates ini; è la Germania. Berlino in izi a ufficialmente la politica irre dentista, a nche p er i paesi tedeschi dell'eximpero d i Absburgo e comincia da quelli passaÌ:i in giusto dominio dcll'It:dia Il signor Simons dimentica -:- caso singola re ! - i molti milioni di tedesch i strappati alla Germania e all'Austr ia, per ricordarsi dc( nucleo minore, il quale, fra l'altro, sì trova jn cond izioni politiche cd economiche di privilegio· nei confronti del resto d ella popolazione itJ.liana.

Col d iscorso Sirnons, una grossa nube è sorta all'orizzonte de lle relazioni italo -tedesche. In realtà c'è stata unil soverchia precipitazione da parte nostr3 nd passaggio - psicologico - dallo stato di g uerra a llo stato d i pace nei riguardi della Germania. Per effetto d ella malvagia politica ant i•italiana perseguita dagli Alleati , il rapprorh emmt itaJo.tcdesco h a assunto quasi la par venza di un id ill io o dì un ritorno atrante- guerra. Ma chi può dire che la m ental ità dei tedeschi sia cambiata, quando si tratta di relazioni cogli italiani? J1 discorso Simons è un brusco richiamo alla questione Gli orientamenti della politica italianà non possono non · esserne influenzati. Resta cioè da c,saminarc se si de\'e continuare nella nostra politica d iretta a non impedire l'unione dell'Austria alla Germania o se, invece, bisogna cambiare rotta.'

Ma prima bisogna stabilire solennemente -a gran voce di Governo e di popolo - che al Brennero ci siamo e al Brennero vogliamo restare. Quel precursore italiano dell'auto-decisione, cui accenna il Simons; è Giuseppe Mazzini, il qu:ile però (vedi caso strano!) poneva i giusti confi ni dell'Italia precisamente al Brennero. Ora, dato e concesso, che al Brennero siamo e al Bre nnero vogliamo restare - a qualunque co· sto! - è evidente che l'Austria attuale e b. Germani:t. attuale - finché siano divise - non costituiscono un serio pericolo. n altresl evidente che qualora la Germania, annessasi l'Austri:l., confinasse con noi al Brenne ro, la situazione alto-atesina potrebbe diventare assai delicata. Anche perché i tedeschi d ell'Alto Adige guardano già con ostentazione a Berlino. Né si conoscono i precisi confin i del Tirolo meridionale. Salorno? Ala? Verona? O, secondo i pazzoidi del pangermanismo, b. va!Ie del Po? Anche per ciò Che riguarda la politica italiana dcll' AltO Adige, il discorso di Simons va meditato. L'It:i.lia ufficiale deve « governare » l'Alto Adige, non subirne i ri catti. L'on. Credaro deve scegliere una politica. Nessuno chiede 1a snazionalizzazione violent:1, quantunque gli alto-atesini la meriterebbero, non foss'altro come rappresaglia a tutte le infamie commesse da Joro, -~ r decenni e decenni, contro i trentini . M:t b:ista colle dcdizjoni vili e le lusing he inutili. Ogni popolo hrt la sua psicologia e di questo bisogna tener conto per govern:ire. Essere soverchia• mente gentili coi tedeschi, significa farsi prendere per vigliacchi o per uomini di razza inferiore; significa incoraggiarli nelle loro pretese e nei loro ricatti. n tempo. di finirla. Dopo il discorso Simons, s'impone u na politica di dignità e di fierezza, che d eve dare una buona volta per sem· p rc, al di qua e al di là del Brennero, l'impressione dell'irrevocabile fatto compiuto. MUSSOLIINI

Da li Popolu d'Italia; N. 263, 3 novembre 1920, VII.

Per Rivincere

Finalmente, dopo due lunghi anni, il Governo ufficia le di Roma trova il coraggio dì cdebrarè fa vittoria italiana che pose fine alla guerra mondiale. Meglio tardi che mai, r ibatte la solita sapienza del luogo comune, m a noi non ci rassegniamo a questo genere di consolazioni. La -vittoria doveva essere celebrata, anzitutto, sul campo, a ferro caldo, immediatamente dopo il quattro novembre. Allora doveva aver luogo la grande sfilata delle bandi ere e dei reggimenti, coi fanti ancora coperti dell'elmetto, coll'uniforme chiazzat:t dal fango e d.1.l sangue d elle trincee, con negli occhi la visione tr:i.vo lgcnte, luminosa e indiment icabile dell'ultimo assalto decisivo oltre Piave. Sarebbe stato non un co rteo di semplici soldati, m:i. di guerrieri. Così faceva Roma antica. Questa ce lebrazione non fu nemmeno tentata. I reparti furono sciolti o rima ndati, quasi clandest inamente, nelle guarnigioni; Je Jacere e g loriose bandiere vennero riposte n ei cofani; cominciò da quel momento l'opera di perversione e d i svalutazione della vittoria. Mancata la grande cerimonia dell'arco di trionfo, la vittoria poteva ispirare altre forme più . concrete di celebrazione, se :il Governo non ci fossero stati dei disfatt isti peggiori di quelli che du rante la guerra erano al soldo del nemico. Bisog n.1va ricordarsi - seriamCnte e non soltanto coi fio ri" artificial i della rettorica -d egli artefici, morti e vivi, della vittoria. Bisognava fa rgire pensioni umane alJe famiglie dei morti e soprattutto sollecitamente ; bisog nava trattare più gene rosame nte m utilati e inva lidi e combattenti in genere, che hanno subito la beffa della polizza, promessa sempre e pagata mai; bisognava fare più largo p osto n ella vita civile ai reduci, specie a quelli che si erano particolarmente distintì nella difesa della nazione. Bisognava affrontare immediatamente H problema della terra ai contadini, come si è fatto in Romania, senza attende re le invasioni; e bisognava anche, subito dopo il quattro novembre, procedere a quella serie di misure fiscali contro i sopraprofitti di guerra, senza aspettare.... l'avvento di Giolitti, di~iotto mesi dopo.

Questa celebrazione del!a vittoria non c'è stata e non c'è stata - sinora - nemmeno la consacrazione territoria le. Siamo 3ncora - sembra un ' ironia ! - in regime di armistizio. La vittoria ci doveva dare la pace immediata, la pace g iusta e italiana. Bastava che uom ini di altro calibro s i fossero trovati al potere e assai probabilmente non avremmo subìto il penoso, wniliante calvario diplomatico, che finirà, se finirà , a Rapallo.

Ma le d eficenze e le colpe d egli uomini di Governo, agg ravate enormemente dalla triplice amnistia accordata ai disertori - non esclusi quelli passati al nemico - non attenuano la grandezza della vittoria. Questa rimane superbamente incisa nelle pagine della storia. Il fatto che non si cancella è questo: il quattro novembre uno dei più vecchi e famosi imperi d'Europa crollava sotto l'urto delle baionette italiane. Siamo ancora troppo vicini aJI'avvcnimento per misurarne tutte le sue conseguenze e la sua immensa significazione politica e morale, che apparirà chiara fra qualche tempo Ora si tratta di tener vivo il senso della vittoria. Questo senso appartiene alla categoria di guegli «imponderabili», che sono le leve segrete, ma possenti nella ,•ita d ei popoli. Malgrado le aspre difficoltà del momento e la crisi che non è soltanto italiana ma universale, sta di fatto che l'unità d'Italia è, dopo tanti S('(o)i, realizzata; sta di fotto c.he il tricolore è sul Bre nn ero e sarà sul Nevoso e non si può assolutamente prescindere dall'Jtalia nel periodo pross imo della storil curopel. Può dusi, se faremo u na politica saggia a_ll'intcrno c all'estero, che J'Italia abbia una parte preponderante nel giuoco della politica continentale.

Celebriamo la vittoria con fede invincibile nei destini della nazione. Celebriamola ricordando devotamente tutti coloro che vi hanno contribuito col sangue italiano, non coloniale, versato nell'arco delle '"trincee che andavano dal1o Stelvio al ·Piave. Cekbriamoia, invitando i vivi ad essere d egni dei morti che caddero gridando : « Viva l'Ital ia!)) L' I talia che noi sogniamo e prepaciamo~ l'Italia di domani, che slrà libera e disciplinata all' interno; sicu ra nei suoi giusti confini, sulle Alpi e sul m:i. re. MUSSOLINI

Da 1/ Popolo d'Italia, N. 264, 4 novembre 1920, VII.

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