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« MATERIALE BELLICO»
la questione dei trasporti militari e della fabbricazione d.el materiale bellico, questione posta sul tappeto dai ferrovieri e da gruppi di operai, è di una gravità estrema. Sta di fatto che i ferrovieri si rifiutano di t raspo rtare il materiale , dai fucili alle polveri, e che in talune officine gli operai hanno sospeso la fa bbricazione di armi o di accessori dell'armamento. Bisogna che il Governo affronti questa situazione, che può determinare, 3. lungo andare, una catastrofe nazionale. P rescindiamo d al fatto che il termine di « materiale bellico » è di una latitudine e di una elasticità g randissima. Anche il pane può essere considerato materiale bellico; anche g li oggetti più innocenti possono - a un dato momento - diventare strumenti di guerra. Sta bene che si sopprima la fabbricazione dei cannoni e delle granate, ma poiché in guerra si im· pìegano telefoni e telegrafi e radiotelegrafi, bisognerebbe sospendere anche 1a fabbricazione di questi apparecchi. E non parliamo degli aeroplani. Queste considerazioni., che sono state ava nzate, in un congresso operaio, da un organizzatore dotato ancora di una testa sulle spalle, possono apparire bizantine ai nostri pacifondai; e sia. Ma la rcciprocanza dov'è?
D omandiamo ai ferrovieri: N elle alt re nazioni d'Europa, e più specialmente in quelle che circondano l'Italia, i treni trasportano o no nu.teriale bellico?
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Cas i come quelli che si ve rificano da alcuni mesi in qua sulle ferrovie ita lian e non sono mai accadut i nelle nazioni li mi trofe all'It:alia .
Domandiamo agli operai: Nelle altre nazioni d'Europa, c più specialmente in quelle d1e circond:1.no I'Jt.11ia, è st.1ta sospesa 13 fabb ricazione d el materiale beUico?
No. Si fabbrica ancora.
la Francia ha dichiarato, per bocca del suo ministro, che mantcrd la ferma biennale; il che significa continuare a fabbricare armi di tutti i generi.
Non risulta che la Svizzera abbia chiuso i suoi arsenali di guerra
E Ja Germania? N essuno può garantire con' sicurezza che ogni produzione di materiale beJJico sia finita
Jugoslavia e G recia sono in discreta cffirenza militare.
L'Inghilterra lavora in pieno nei suoi arsenali di terra e di mare.
Gli Stati Uniti hanno un programma « navalistico » cosl imponente che dovrebbe portarli al primo posto fra le marine mil itari del mondo. Non parl iamo del Giappon e, dove le fisime pacifondaie d egli ita. Iiani sono completamente ignote. Questa rassegna delle nazioni vecchie e nuo".e potrebbe conti nuare e si , ·edrebbe che nessuna offre lo spetta. colo dell'Italia.
In fatto di disarma a c'è la reciprocanza e allora si capisce; o non c'è e allora il disarmo dell'uno awncnta l'aggressività dell'altro, il che significa esporre il ga lantuomo all'assalto del ladro.
Che cosa si vuole, infine: disarmare l'Italia e soltanto l'Italia?
M USSOLIN I
03 li Popolo d'ltalù,, N. 153, 27 giugno 1920, VII.
« PUTSCHISMO »
La Germania non è più la terra classica del putsch, cioè del movimento rivoltoso locale, localizzato e senza scopo; questo « primato » cade, oramai, sull'Italia. I fatti d i Milano, di Piombino e di Ancona , vanno numerati nella categoria del p11uch , cioè di una rivolta nella quaJe · ent ra no element i di esasperazione, di fede, di dilettantismo e di spe· culazione, Piani e obiett ivi m ancano; c' è soltanto un oscuro ist into d i demolizione, nel quale si accomunano uomini della più disparata mcntalit:ì e c.1tegor ia; uomini, che, domani, a macerie accumubte, si se.tonerebbero fra di loro, perché discordi nell' opera assa i difficile d ella ricostruzione. 01i vuole fa repubblica; chi vuole il soc ialismo accentratore e unitario dei Sovièts; chi vuole la fluidità f ederalistica e inafferr:i.bile dell' anarchia. Né mancano i disoccupati in cerca di emozioni v iolente, che vogliono la rivoluzione per la rivol uzion e, così, per un capriccio di bambini ma lati, E costoro sono i più detestabili. Ora, « se fa ri volu· zione proletaria - come si legge nell' ultimo man ifesto socialista e confedera lista - non può essere l'opera d i un gruppo di uomini, né com· p iu ta in un'ora, ma è il risultato di una formidabile preparazione, compiuta attraverso immani Sforzi e disciplin1 ferrea» , tutto ciò che accade in Italia non può rientrare nei quadri dclb concezione rivoluziona ria del divenire soc ial ista
Ci sono , a proposito dei fatt i di Ancona, ril iev i che s' impongono. Primo d i tutti, che questa d isintegrazione nazi onale, il cui processo dovr.ì. essere a qoalunque costo fe rmato , è Ja conseguenza della politica ni ttiana. Lo slabbramento e sprofondamento d i og ni senso di discipli na nazionale e sociale, è stato portato alle sue più acute esp ressioni dalla politica rovinosa e traditrice di N itti. Costui intendeva di abdica re g rado grado; costui faceva jJ Kàroly a spizzico, nell'attesa di compiere il grnnde gesto dell'ex-Premier ungherese. Ora ch e lo Stato non intende abdicare, si trOva di fronte a un compito più difficile e alla necess ità di una più vasta rcp ress'ione. La responsabilità fondamentale ricade su Nitti.
E quel Simeone Schneidcr, sedicente comunista .fiuman o, che circolava liber.1mente in Italia per diffamare nel modo più atroce D'Annunzio e i dannunzian i, per quale caso si t rovava ad Ancorla a cap itanare la ri volta? N on sare mmo di fronte ad una complessa, diabolica manovra di un gruppo di potenze - non soltanto adriatiche - che hanno interesse a indebolire e a rovina re l'Italia? Questa frenesia « putschista » dell'Italia non ha riscontri in nessun altro paese d'E uropa. In Francia, in Inghilteua, n egli Stati Uniti si sono svolti giganteschi conflitti economìci, ma « sparatorie » come quelle che si tentano ed eseguiscono in Italia non ci sono state Là si cammina; qui si balla. Le condizioni politiche obiettive dell' Italia giustificano il « putschismo »? No.. L'Italia è il paese più democratico del mondo. Ci sono tutte le libertà. Cer ta· mente, ce ne sono assai di meno in Russi:i. Il programma del nuovo Governo fu, sino ad ieri, il programma dei socialisti. Chi crede, but· tando giù la baracca ( e quale: le istituzioni politiche o il ·sistema eco· nomico?), di andare a.I paradiso, è un imbecille o un illuso. ·
La realtà è fa re:iltà. La realtà sì esprime in queste_ cifre tenibili ( che la g rottesca bagologia non rivoluzionaria, ma reazionariuima, n on può rifi utarsi di prendere in conside razione) : quind ici miliardi, dicons i quindici miliardi, di deficit sul bilancio dello StJto; mancanza di materie prime e di tonnellaggio; necessità d ' importare dlll'estefo per l'anno venturo dai Yenti ai venticinque milioni di quintali di grano. Il mondo che ci circonda ci è ostile. Il proletariato fran cese, inglese, o svizzero, non muoverebbe un dito per aiutare l'Italia. E, d'altronde, come lo fa. rcbbe? And1e ·in questi p1csi la produzione è deficitaria. Qualsia.s i nuovo potere - repubblic1no o socialista - non farebbe che precipitare la nazione nel fallimento più catJStrofico. Non per niente i socialisti respingono la dura croce del potere! Ma, domani, alle chiacchiere del periodo pre-rivolu.zionario, bisognerebbe sostìtuire dei fatti e sostituirl i in un periodo più o meno lungo di guerra civ ile.
C'è qualcuno, in Italia, che pu~ allegrJmente e incoscientemente augurarsi questa cventuJlità?
No! No! Sino all'ultimo!