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[PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI] *
L'apparire del no1tro Direttore è salutato dtt untt grande ovazione, d a ttrrlamazioni a lui e al « Popolo d' Italia», rhe durano alcuni minuti. Appena è pouibile o/lenere tm po' di silenzio, Muuolini comincia.
Basterebbero i canti e le musiche per riconoscerci e per celebrare l 'avvenimento, senza pronunciare discorsi; ma il discorso è un saccificio che bisogna fare alla consuetudine e alla tradizione. Per bene valutare l' importanza e la bellezza del gesfo dannunziano, occorre riandare all'agosto dell'anno scorso ; bisogna riandare alJo stato plumbeo in cui si trovava l'Italia, abbruti ta e fiaccata dalla polemica dì Caporetto, che sembrava incoragg iata daJJo stesso Governo, a fini oscuri e criminosi. Noi soli allora r es istemmo; perché sapevamo che la guerra porta con sé trad imenti e vergogne, insieme ai martiri e aUa gloria. In questa torbida atmosfera si svolse l'inch iesta interalleata sulla rivolta fiwnana, le cui conclusioni, se applicate, avrebbero portato alla invasione di Fiume da parte delle orde croate.
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Ed ecco la necess ità della marcia iniziata, or è un anno, a Ronchi. _In queJla notte, all'avangu:irdia dei legionari, erano, con ·il Comandante, tutti i nostri mort i, da Corridon i a Battisti, a Sauro, a Filzi, a Rismo ndo. Ma anche allora, come sempre, il Governo· non capl il senso e la bel· lezza del gesto dannunziano. Dal banco del Governo e per bocca del più ignobile ministro che mai abbia disonorato l'Italia, si Iar:iciò l'ap· pelle agli operai e ai contad ini perché insorgessero contro questo tenta. tivo, che si prospettava come la provocazione di una nuova guerra. I fatti hanno dimostrato la. falla.cità di questa mostruosa asserzione. ( Grida di: « Abbasso Cttgoia.' »).
C'è da vergognarsi di aver tollerato un Governo cosl barba rico, che arrivò persino a bloccare, assediare, tentare di affamare la più italiana delle città italiane. Quello stesso Governo allora instaurò anche all'interno provvedimenti di polizia_ odiosi e partigiani, che raggiunsero· il colmo con il ripristino della censwa a danno di un solo giornale, j( nostro, e p e r preparare la inutile vittoria cartacea dei socialisti. _Ma intanto D'Annunzio salvava Fiume, mentre noi mai ci sentimmo schiacciati sotto la va langa dei voti avversari, ché ben altro è il terreno della nostra battaglia. ·
• Riassunto dc.-1 discorso pronunciatò a Milano, a l teat ro « lirico», la mattina del 12 settembre 1920, du rante una manifestazione organizzata dai Fasci Italiani di Combatti mento e da t utte le associazioni patriottiche milanesi per celebrare jJ primo anniversario della marcia di Ronchi. (Da li Popolo d'ItaUa, N. 220, 14 settembre 1920, Vll).
Cose meravigliose sono accadute a Fiume in quest'anno. Carestia, fa me, miseria sì sono abbattute sulla città che resiste tuttora e giura· di voler rimanere italiana.
I critici deJl'impresa dicono: è un gesto, Ma tutta la vita è un gesto, e questo è uno di quelli che, come quello di Balilla, rimangono impressi nella storia
Fiume e D'Annun~io non possono scindersi: senzi D'Annunzio Fiume sarebbe stata perduta. Cosl non si può scindere l'opera del Poeta dal gesto del Comandante, poiché il gesto fiumano non è che l'espres· sione logica del temperamento di Gabriele d'Annunzio. (Appla11si e gr;da di: « Vivà D'A nnunzio !»).
Jl fango dei piccoli scribi non potrà mai intaccare il Poeta, ché la guerra mondiale non ha rivelato una individualità più grande ed eroica della sua.
L'oratore chiama saraceno l'autore di uno scritto apparso sul Cor· 1iere della Sera, nel quale scritto viene negato il diritto dell'Italia a Fiume. A far valere questo diritto vi sono però i legionari, disposti a portare le loro tende financo al Nevoso. Possono i diplomatici discutere e barattare nelle stazioni climatiche e balneari: · l'ultima parola la dirà D 'Annunzio. (A questa affemurzione il pubblico JMtfa in piedi ed ap. plaude I,mgamente).
Ma c'è qualcosa di più nobi le e di più eroico, in questi due a nni, del gesto di D'Annunzio? C'è qualcosa di meglio nel Parlamento ape rto ai disertori ed ai commercianti di frodo; fra la borghesia, che non avverte 1a necessità d ell'ora e che sembra disposta a lasciarsi interrare come una carogna putrida; fra il proletariato, ancora ligio al dogma, ancora tutto preso dalla· torbida, ingenua e bestiale aspettazione del Messia?
Niente di vivo è rimasto pari al gesto di D'Annunzio. Rimangono però alcun i valori spirituali, dai quali è possibile trarre auspi.ci e speranze per la rinascita. Cosl cortei di ex-combattenti risalgono in pcJ!e. grinaggio il Grappa e l'Qrtigara, mossi da quel medesimo senso di devozione pagana· da cui sono stati presi certamente i cittadini di quel pie· colo Comune piemontese, che, a memoria dei compatriotti morti in g uerra, hanno piantato, in un reci nto sacro - rito italico e latino - un a lbero per ogni cad uto
C'è dunque una fi amma che n~n si spegne: una fiamma che arde pura ed eterna per la salute d' Italia, ch e è, deve essere e sarà immortale. (Una grandiosa ovazio ne accoglie la chiusa del discorso d el nostro Direttore. li pubblico è in piedi ttd applaudire freneticamente . Le note solen ni .del/!« Inno del Carnaro >> risuonano allora nel vasto teatro).