24 minute read

SUI CULMINI DEL GROTIESCO

« PER ORDINE» DEL KREMLINO !

n attendibile la notizia data dal Resto del Carlino a proposito della riunione confederale e socialista di domenica .:scorsa a Milano? Secondo le, rivelazioni interessanti del quotidiano bolognese, a un dato momento il professate Egidio Gcnnari avrebbe dichiarato che bisognava fa re la rivoluzione immediatamente, perché lo aveva ordinato da Mosca il signor Uljanov, infallibile pontefice supersommo del comunismo mondiak la notizia, per quanto paradossale, è attendibile. Prima di tutto per il giornale che la pubblica. 11 Resto del Carlin o è un giornale borghese, che è in intimi rapporti col massimalismo emiliano. Sulle colonne del Re.rto del Carlino si distendono a piacimento gli scrittori più quotati del Pm. Se non fosse indiscreto, noi faremmo anche il nome di colui che ha «versato » le rivelazioni. Ma non è necessario. Tanto più che un altro fatto dà b. più grande attendibilità alla notizia stessa. Un d ocumento esiste, non pubblicato dall'Avanti!, ma dal ùtvora/O'fe di Trieste, che, convogl iando in sé tutti gli obliqui rancori ant i-naziona li di quelle regioni, è u ltra-bolscevico: è il manifrsto lanciato dalla terza I nternazionale « a tutti i compagni del Partito Socialista Ital iano ed ai p roletari rivoluz ionari d 'Italia». Il lAvor,ttorc incornicia il manifesto con questo titolo: La l olla JeriJh:tt p rr l'Italia sovietista (l'uva è ancora acerba !). Ecco il brano ~ssenziale del manifesto:

Advertisement

« Ora tocca al artito Socialista Ita liano dire la parob. d ecisiva La borghesia italiana vede il pericolo; essa organizza feb brilmente la guardia bianca. la g uerra civile è divampata . Ora sarà i l primo compito d el Parti to Socialista Italiano d i assirurnre a questa guerra la vittoria rivoluziona ria. Ma da q uesto punto di vista si deve capire che il Partito Socialista Italiitno dimos tra irresolutezza. Invece d i imp rimere al movimento un carattere sistematico, il · P artito spinge le masse 'Werso gli anarchici e menoma cosi l'autorit.i d el Partito m edesimo. Non è H Partito che dirige la lotta delle massi', ma sono le masse che sospingono il Partito. I.a c.:msa di questo fenomeno sta nel fatto chi.' il Partito è eccessivamente ingombrato da elementi riformisti e borghesi-liberali Né sono in miglior conJ izione i sindacati, che non si sono ancor.a St3<c.tti' dalla Fedenzione gia lla d i Amsterd an.

<< t dovete del Partito di aiutare gli o perai, nell'intento di trasformare i sind acatì in ma nie ra che quest i sieno effettivi appoggi della rivoluzione p ro· letaria,

« Il Comitato esecutivo dell'Internazionale comwiista crede chC alrordine del giorno del Partito debba figur are il probl ema di un più stretto contatto fra il Partito Sociali sta. d'Italia e tutti gli ekmenti proletari e rivo luzionari del s indacalismo.

« Infine il Comi tato esecuti-vo esige d al Partito Socialista Italiano che a l congresso dd Parti to e nelle organizzazioni sieno messi in discussione tutti questi problemi e considera come perentorio l' invito all'epurazione del Partito. Si av. vicinano le lotte decisive. L' Italia d iverrà una "Italia sovietista ". Il Partito Socia lis ta Italiano divt'rrà un Partito Comunista. li proletariato italiano diverr.ì il miglior battaglione ne ll'esercito proletario internazionale».

N iente imped isce di credere che accanto a questo invito. o incitamento pubblico ci fosse l'ordine confidenziale di << attaccare>>

Con questo episodio, il P1u italiano - ibrida C repugnante masnada di ingenui, d i m.istifi.ca.tori, di pescicani, di. arrivisti, di spie - h a tOC· cato i più alti vertici del g rottesco. E il fotto che un capo socialista abbia potuto prospettare l' eventualità o fa necessi tà di seguire l'ordine, dà la misura del grado di disfacimento spiri tuale cui è pervenuto l 'immenso e paralitico Pus. Sino a ieri, fa rivoluzione socialista veniva considerata come un a efaborazione dal profondo di forze nuove, che infrangono, a sviluppo raggiunto, le forze vecchiè; si dava poco margine ai fattori volontaristici in questo diveni re e t ramutarsi di rapporti economici e si pensava d1e né un profeta, né un martire, né un santo e nemmeno il pad reterno, avrebbero potuto anticipare, con un atto, o, peggio, con una parola d'imperio, il corso fatale d ella sto ria. Oggi, no n più. Oggi siamo alla rivoluzione « ordinata )) da l Kremlino, con un ukase di Sua Maestà Lenin I. Pronti o noh p ronti; matu ri o accrbissimì; con dieci probabilità d i vittoria o con nova nta probabilità· di disfatta, una rivoluzione deve essere regalata all 'Ita lia, semplicemente perché vuo!si così colà doi,e si puo/e ciò che si vuole in fat to di sociaJismo ital iano. Se - come si afferma - la discussione confederale ebbe dei mome nti di t ragedia, è positivo che, colla « sor· presa» Gennari, I'a tmosfcr:i. fu ventilata da ondate di ridicolo colossale. La rivoluzione in Jtalia per un capriccio d i Lenin! Dite: si è mai avuto sotto la cappa di questo cielo mediterraneo qualche cosa di più gc_nuin amentc carnevalesco? Il povero Pus italiano ha abdicato a tutto: avrà seri pensieri, se Lenin lo permetterà; farà la rivoluzione, se Len in, da Mosca, lo impo rrà ; si ritirerà in buon ordi ne, se Lenin, dal fondo del ben vigila to Kremlino, no n vorrà spingere le cose all'estremo. N essun Partit o, in ness un p:.wse del mondo, ha, nella sua storia, un episodio di q uesto gene re. Non sappiamo se per fort una o per disgrazia gli organizzatori confederali si ribelleranno all'ukase.del supremo pontefice, per cui altri fulmini escomunicatori sono in vista, mentre fa rivoluzione ha sublto l'ennesimo leggero rinvio.

« Dio lo vuole», andava gridando, ai suoi tempi, Pietro l'Eremita, allo scopo di scatenare entusiasmi per le crociate!

« Lenin lo vuole ! », va predicando quest'altro frate godente e pro· cacciante della nuova ecclesia.

Ma coloro che sono stati in Russia e hanno visto da vicino il « santo sepolcro » è un ·fatto che non ci credono più.

Da li Pope/o d'Italia, N. 224, 18 settembre 1920, V II.

DISCORSO DI TRIESTE •

lo non vi considero, o triestini, come degli italiani ai quali noò si può dire ancòra la verità o rutta la verità, poiché io vi considero come i migliori fra gli italiani, ed il vostro entusiasmo di oggi me lo dimostra. L'evento, che ebbe il 20 sette~bre 1870 in Roma il suo compimento, fu un magnifico quadro dentro ad una mediocre cornice, né su c iò mi soffermerò.

Dopo cinquant' anni dalla Breccia di Porta Pia, noi dobbiamo fa re il nostro esame di coscienza, Una nazione come la nostra, che era uscita da ur1:a lunga divisione plurisecolare, che aveva appena raggiunto l'un ità, non aveva ossa sufficentemente robuste per reggere il peso di una politica mondiale. Un uomo g rande nel pcnsie~o italiano, Francesco Crispi, ruppe questa tradizione.

In cinquant'anni di vita, · l'Italia ha realizzato progressi meravigliosi. Prima di tutto c'è un dato di fatto: ed è la vitalità della nostra stirpe, della nostra razza. Ci sono delle nazioni che ogni anno devono compulsare con una certa preoccupazione i reg istri dello stato ci vile, perché, o signori, è appunto in questo disquilibrio che si producono le grandi crisi dei po· poli, e voi sapete a chi alludo. Ma l'Ita lia non ha di queste preoccupazion i. L'Italia faceva 27 .000.000 di abitanti nel 1870; ne ha 50.000.000 adesso : 40.000.000 nella penisola, ed è il b lOCco più omogeneo che ci sia in Europa. Perché, a paragone del blocco boemo, ad esempio, dove 5.000.000 di czec h i gove rnano 7.000.000 di altra razza, l'Italia non ha che 180,000 ted~sch i nclJ'Alto Ad ige, immigrat i in casa nost ra; non h a che 360.000 slavi immigrati in casa nostra, mentre tutto il resto è un blocco unico e compatto. E accanto a qùesti 40.000.000 in Italia, cc ne sono 10.000.000 che hanno straripato in tutti i continenti, oltre tutt i gli oceani: 700.000 italiani sono a Nuova York, 400.000 nello Stato di San Paolo, dove la lingua di stato dovrà diven ire la lingua italiana , 900.000 nella Repubblica Argèntina, 120.000 in Tunisia, quella Tunisia alfa quale rinunciammo in un momento di minchioncria colossale, quell a Tunisia che àbbiamo r iconquistato attraverso l'opera me ravigliosa dei co-

• Discorso p ronu nciato a Tri este, a l politeama "Rossetti » , li mattini del 20 settembre 1$120 (322). (Da Il Po polo d'lralia, N. 229, 24 settemb re 1920, VII).

Ioni sicil iani che ivi hanno trasportato le loro tende, chè: oggi lavorano per la reggenza. francese, ma che molto probabilmente lavoreranno domani sotto la reggenza italiana . ::B un peccato .che gli stranieri ci conoscano poco, ma è anche più grave che g li italiani conoscano poco l'Italia, perché se la conoscessero, si vedrebbe che molti popoli d'oltre confine sono ancora più indietro di noi, si saprebbe che nel campo industriale il più potente impianto idroelettrico del mondo è in Italia. E non mi si parli di forze reazionarie in Italia. Mi fanno ridere queUi che parlano d i governo reazionario, specialmente se sono dementi immigrati o rinnegati di Trieste; perché se c'è un paese al mondo dove la libertà sta per scon.finare nella licenza, dove la libertà è patrimonio inviolabile di tutti i cittadin i, è l'Italia, Non si è visto ancora in Italia quello che si è visto in Francia, dove per uno sciopero politico la Repubblica francese ha scio lto la Confederazione G enerale del Lavoro, ha legato i capi e li t iene ancora in galera ; non si è visto ancora quello che si è visto in Jnghilterra, dove elementi cosiddetti non d es iderabili sono spedit i o ltre la Manica ; e non si è visto ancora in Ita lia quello ch e si è visto compiuto nell'u ltra democratica repubblica degli Stati Uniti, dove in una sola notte 500 cosiddetti sovversivi vengono legati e spediti in 24 ore oltre l'Atlantico. Se c'è q ualche cosa da dire è questo: è tempo di imporre una ferrea disciplina ai s ingoli ed alle foIIe, perché un conto è la rinnovazione so• ciale, alla quale non siamo contrari, e un conto è la dissoluzione in casa. Finché si parla di trasformazione, noi ci siamo tutti; m a quando invece si vuol fare il salto nel buio, allora noi poniamo il nostro alto là, Passerete, diciamo, ma p asse-rete sui nostri corpi ; prima dovete vincere la nostra resiste-ma.

Or.i, dopo mezzo ·secolo d i \'ita italiana, che io vi ho cosl sch ematicame nte riassunto, Trieste è italiana e sul Brennero sventola il tricolore. Se fosse possibile attardarci un m inuto a misurare la grandiosità dell'evento, voi trovereste che il fatto che sul Brennero ci sia il t r ico lore, è un fatto d ' importanza capitale, non solo nella storia italiana, ma anch e nella storì:i. europea . 11 tricolore sul Brennero significa che i tedeschi non caleranno p iù impunemente nelle nostre contrade. Si sono messi tra noi e loro i g hiacciai e sopra i ghiacciai quei magnifici alpini d1e andavano all'assa lto del Monte Nero, che si sono sacrificati all'Or tigara ed h anno sulle loro· band iere il motto: « Di qui non si passa » . (A pplansì frago rosi).

Ora è un fatto ·importantissimo c he Trieste è \'cnuta all ' Italia dopo una vittoria colossa le.

Se noi non fossimo cosl quot idianamente presi da lle necessità della v ita materìale, se non avessimo cont inuame nte attraversato il p ensiero d a altri problemi mediocri e banali, noi sapremmo misurare tutto ciò che si svolse sulle rive del Piave nel giugno cd a Vittorio Veneto nell'ottobre. Un impero andò in isfacelo in u n 'ora,"un impero che aveva resistito nei secoli , un impe ro dove si e ra sviluppata necessariamente un'arte sopraffina di goverrio, che consisteva nel suo eterno divide et imp era, saggiamente, secondo la sapienza .di Budapest e di Vienna. Questo impero aveva un esercito, aveva una politica trad}zionale, av~va una burocrazia, aveva leg ato tutti i cittadini al suffragio universale. Questo impero che sem· brava potente, invincibile, croilò sotto i colpi delle baionette del popolo ita liano.

Il risorgimento italiano non è che una lotta fra un popolo ·e d uno Stato, fra il popolo italiano da una parte e lo Stato absburgico d.111'altra, fra la forza viva avvenire e il morto passato. Era fatale ch e avendo passato il Mincio nel 1859 e l'Adige nel 1866, nel 1915 si dovesse pass:ue l'Isonzo e giu ngere oltre: era fatale, tanto fata le ch e ogg i g li stess i neutralisti, lo stesso uomo d el << parecchio », Giolitti, intervistato da un g iornalista americano, ha dovu to r iconoscere che l'Italia, pena il suicidio, pena fa morte, pena maggiore: fa vergogna, non poteva rimanere n eutrale. Era per lui questione di modo e di tempo. Ma essenziale per noi è che l'uomo del «parecchio >> abbia detto che l'Italia doveva i ntervenire, più tardi o prima non importa, e che era logico• e fatale che l'interven to si sviluppa:,:se a fianco dell"Intesa.

Questa rivendicazione del nostro interventismo è quella che ci dà la massima soddisfazione. E che cosa importa se Jeggo in un libro nero e . melanconico che Trieste, Trento e Fiume rappresentano ancora un deficit di fronte alla guerra? Quest o modo di rt1gionare è ridicolo Prim a di tutto non si riducono g li avvenimenti della storia ad una partita computistica di dare c d avere, di entrata ed uscita. Non si può fare un b ilancio preventivo nei fatti dell a storia, e pretende re che colli mi col b ila ncio consuntivo. Tutto questo è frutto d i una mel:tncon ia filosofica abbastanza diffusa in Ita li a dopo la guerra .

Ma speriamo che paSsi presto, per dar posto a sentimenti di ottimismo e di orgoglio. Questo dopoguerra è certamente critico: lo riconosco. Ma ch i pretende che una cri:.:i g igantesca come quella di cinque anni d i gue rra mondiale si risolva subito ? Che tutto il mondo rito rn i t ranq uiIJo come prima in men di due anni? La crisi non è di Trieste, di Milano, d'Italia, ma mondiale, e non è fini ta.

La lotta è l'origine di tutte le cose perché Il vita è tutta p ien.:i. di contrasti: c'è l'amo re e l'od io, il bianco e il nero, il giorno e la notte, il bene e il male, e finché questi contrasti non si assommano in equil ibr io , la lotta sar à sempre nel fondo della natura um.1na, come suprema fa. talità. E del r esto è bene che sia cosl. Oggi può essere la lotta di g ue rra economica, di idee; ma il giorno in cui più non si lottasse, sarebbe g iorno di malinconia, di fine, di rovina. Ora, questo giorno non verrà. Appunto perché la storia si pre"senta sempre come un panorama carlgia nte. Se si p retendesse di ritornare alla calma, alla pace, alla tranquillità, si combatt erebbe ro le odierne tendenze deJl'attuale periodo dinamico. Bi sogna prepararsi ad altre sorprese, ad altre lotte. Non ci sarà un periodo di pace sìno a quando i popoli si abbandoneranno ad un sogno cristiano di fratellanza universale e potriinno stendersi la mano oltre g li oceani e le montagne. lo, per mio conto, non credo troppo a questi ideali, ma non li escludo perché io non escludo niente: tutto è possibile, anche l'impossibile e l'assu rdo. Ma oggi, come oggi, sarebbe fallace, pericoloso, criminoso costruire le nostre case sulla fragile sabbia dell'internazionale cristiano-socialista,comunista. Questi ideali sono rispeÙabili, ma sono ancora molto lontani dalla realtà. (Applausi).

Quale l'azione del fa scismo in questo pe riodo così travagl iato del dopoguerra? Primo pilastro fo ndamentale dell'azione fascista è l'italianità, cioè: noi siamo orgogliosi di essere italiani, noi intendiamo, anche andando in Siberia, di gridare ad alta voce « siamo Jtaliani ! ». Ora è appunto tutto questo che ci separa da molta altra gente che è così grottesca e piccina e che nasconde la sua italianità perché in Italia c' era una volta 1'80 per cento di analfabeti. Analfabeta non significa niente, perché iinche la piccola mediocre istruzione clc1ncntare può essere peggiore dell'analfabetismo puro e semplice. E vecchia idealità quella di credere che è più intelligente uno che sa scrivere di uno d1e, essendo forse più intelligente, non lo sa.

Quella gente si vergogna, per esempio, se gli emig ranti italian i distribuiscono qualche g enerosa coltellata: ma tutto questo è un modo molto brillante di dimostrare che gli italiani non sono vigl ia.echi né rammolliti e che hanno il mezzo di difendere l'itali a nità., quando i consoli non sanno difenderla. Ora noi rivendi chia mo l 'onore di essere italiani, perché n ella nostra penisola, meravigliosa e adorabile - adorabile benché ci siano degli abitatori non sempre adorabili - s'è svolta la storia più prodigiosa e meravigliosa del genere umano. Pensate voi a un uomo che stia pure nel lontano Giappone o ncll' America ·dei dollari o in qualche altro sito anche recondito, pensate se quest'uomo possa essere civile senza conoscere la storia di Roma. Non è possibile.

Roma è il nome che riempie tutta la storia per venti secoli. Roma dà il segm1le della civtltà universale; Roma che traccia strade, segna confini e che dà al mondo le leggi eterne dell'immutabile suo diritto. Ma se questo è stato il compito unive rsale di Roma nell"antichità, ecco che dobbiamo assolvere ancora un altro compito unive rsale. Questo destino non può diventare unive rsale se non si trapianta nel terreno di

Roma. Attraverso jl cristianesimo, Roma trova la sua forma e trova il modo di reggersi nel ffiondo. Ecco Roma che ritorna ancora una volta centro dell'impero universale che parla la sua lingua. P ensate che il compito di Roma non è finito, no, p erché la storia italiana del m edioevo, la storia più brillante di Venezia, che regna per dieci secoli, ch e porta le sue galee in tutti i mari, che ha ambasciate e governi; governi di cui oggi si è perduta la semente, non si è chiusa. La stor ia dei Comuni italia ni è una storia piena di p rodigi, piena di grandezza, di. nobiltà. A ndate a Venei:ia, a· Pisa, ad Amalfi, a Genova, a Firenze, e voi troverete là sui palazzi, nelle strade, il segno, l'impronta di questa nostra meravigl iosa e non ancora marcita civiltà.

Ora~ amici che ascoltate, dopo questo periodo, sul principio dell' ' 8 0 0 , in cui l'Italia era divisa in sette piccoli Stati, sorse una generazione d i poeti: là poesia ha anche il compito di suscitare l'entusiasmo e di accendere le fedi e non per niente il più g rande poeta dell' I talia moderna, lo vogliano o no gli scribi che non sanno esprimere nel loro cervello un'ideuzza, il più g rand e poeta d'I talia , Gabriele d'Annunzio, realizza, nella magnifica unità di pensiero e di sentimento, l'azione che è una caratteristica del popolo italiano. ( li pubblico scatta in piedi rrl grido di: « Viva D'A nnunzio! Viva Fiume!»).

Siamo orgogliosi di essere ita lian i, non già per un criterio di gretto esclusivis~o. Lo spirito moderno ha i l timpano auricolare teso , ,erso fa bellezza e 1a verità, Non si può pensare un ·uomo moderno che non abbia Jét to Cervantes, Shakespeare, Goethe, che non abbia letto Tolstoi. Ma tutto questo non deve farci dimen ticare che noi abbiamo tenuto il primato, che noi eravamo grandi quando gli altri non erano ancora nati, che mentre il tedesco Klopstock scriveva Ja. verbosa A1euiade, D:1nte AJig hieri , dal 1 265 al 1321 g ig:mteggiava. E abbiamo ancora la scultura di Michelangelo, l a pittura d i Raffaello, l'astronomia di Ga lileo, la med i· CÌ!'a di Morgagni e accanto a questi il misterioso Leonardo da Vinci, che eccelle in tutti i campi e, se volete passare all'arte della politica e della guerra, ecco N apoleone, ma soprattutto Garib1ldi latinamente italiano.

Queste sono le Dolomiti del pensiero, dello spirito italiano, ma ·accanto a que·ste Dolomiti qu.1si inaccessibili, c'è un panorama di culmini e di vette minori, ch e dimostrano che non si può assolutamente pensare alfa civiltà umana senza il contributo formidabile recatovi dal pensiero italiano. E questo bisogna ripetere qui dove stanno, ai nostri confini, tribLI più o meno abbaianti lingue incomprensibili e che pretenderebbero, soltanto perché sono in tanti, di sopprimere e soppiantare quest a nostra meravigliosa civiltà che ha resistito due m illenni e s i prepara a resistere il terzo.

Quanto al secondo pilastro del fascismo, esso significa a nt iderna- gogia e pragmatismo. Non abbiamo nessun preconcetto, non ideali fissi e soprattutto non orgoglio sciocco. ·Coloro che dicono: « Siete in felici, eccovi la ricetta per la felicità», mi fanno venire a mente la réclame; « Volete la salute?>>. Noi non promettiamo agli uomini felicità qui né al di Jà, a differenza dei socialisti, che pretenderebbero di mascherare la faccia dei mediterranei con la maschera russa.

Una volta c'erano i cortigiani · che bruciavano incenso d avanti ai re e ai papi, e ora c'è una nuova genìa che brucia incenso, senza sincerità, davanti al proletariato. Dicono: solo chi ha l'Italia n elle mani ha diritto di governare, e magari costoro non sanno governare nemmeno la propria famiglia, Noi no. Noi teniamo altro linguaggio, molto più scrio e spregiudicato e più degno di uomini liberi. Noi non esclu diamo che i l proletariato sia caplce di sostitui re altri valori, ma diciamo al p roletariato: prima di pretendere di governare· una nazione incomincia col governare te stesso; com incia a rendertene degno, tecnicamente, e-prima ancora moralmen te, perché governare è cosa tremendamente complessa, difficile e com~ licata. (Applmm). La nazione ha milioni e milion i d 'indi. vidui i cui interessi contrastano, e non ci sono esseri superiori che possano conciliare tutte queste contrarietà per fare una uni tà di p rogressi e d i vita. -

D'altra parte noi òon siamo passatisti assolutamente legat i ai sassi e alle macerie. Nelle città moderne tutto deve trasformarsi. Ai trams, alle automobili, ai motori, le vecchie strade delle nostre città non resistono più. Poiché in esse passa il flutto della civiltà. Si può d istruggere per ricreare il più bello, grande e nuovo, ma mai distruggere col gusto del selvaggio che spezza una macchina per vedere che cosa c'è dentro. Non ci rifiutiamo a modificazioni anche nella città dello ·spir'ito, appu nto perché lo spi rito è delicato. A mc non ripugna. nessuna. trasformazione socia le necessaria Cosl accetto questo famoso contro llo delle fabbriche e anche la gestione coope rativa sociale delle fabbrich e, ma semplicemente chiedo che si abbia 1a coscienza morale pulita, la capacità tecn ica per mandare avanti le aziende; chiedo che qu este aziende p roducano di più, e se ciò mi è garantito dalle maestranze operaie e non più padronali, non ho difficoltà a dfre che gli ultimi h anno il diritto di sostituire i primi.

Quello cui ci opponiamo noi fascisti è la mascheratura bolscevica del socialismo italiano. n strano che una razza che ha avuto Pisacane e Mazzini vada a cercare i vangeli prima in Germania e poi in Russia. Bisognerebbe studiare un po' Pisacane e Mazzini e si ved rebbe che alcune delle verità che si pretendono rivelate dalla Russia non sono che veri tà già Consacrate nei lib ri dei nost ri g randi maestri italiani . Ma infi ne come pensate che il comunismo sia possibile in I talia, il paese più indi- vidualista del mondo? Questo è possibile dove ogni uomo è un numero, ma non in Itali a, dove ogni uomo è un individuo, anzi una individualità. Ma poi, cari signori, esiste ancora in Russia questo bolscevismo? Non esiste più. Non più consigli di fabbrica, ma dittatori di fabbrica; non 8 ore di lavoro, ma 12; non eguaglianza di salarì, ma 3' categorie di salari; non secondo il bisogno, ma secondo i meriti. Non c'è in Russia nemmeno quella libertà che ha l'Italia. C'è una dittatura del proletariato? No! C'è una dittatura dei socialisti? Nol C'è una dittatura di pochi uomini intellettuali non operai, appartenenti ad una frazione del Partito Socia lista, combattuta da tutte le altre frazioni.

Questa dittatura di pochi uomini è quella che si chiama il bolsce• vismo. Ora, in Italia noi non ne vogl iamo sapere, e gli stessi socialisti, compresi que1Ii che hanno veduto la Russia, quando voi li interrog:1.te, riconoscono che non si può trapianta re in Italia quello che va male in Russia. Solamente hanno il torto di non dirlo apertamente, hJ.nno il torto di gioca re sull'equivoco e di mistificare Ic masse. Ripetiamo, noi non siamo contrari alle ma.Sse operaie, peiché esse sono necessar ie alla nazione, sono necessarie, sacrosanta mente necessarie, I venti mi lioni di italiani che lavorano col braccio hanno il diritto di difendere i !Oro in· teressi. Quella che noi combattiamo è la mistificazione dei politicanti a da nno delle classi operaie; noi combattiamo questi nuovi preti in mala fede che promettono un paradiso nel quale non credono neppure essi. Quelli che a Trieste fanno i bolscevichi più accesi, lo fanno semplicemente peé- renders i simpatici alle masse slave che abitano qui vicino. (Applau1i fragoro11).

E se io ho una disistima profonda, un disprezzo profondo di molti capi del movimento bolscevico d ' Italia, è perché li conosco bene, perché li ho conosciuti tutti quanti, sono stato con loro a contatto; so benissimo che quando fanno i leo ni sono conigli, so benissimo che fa nno come quei tali frati di Arrigo H eine, che predicano apertamente l' acqua e bevono nascostamente il vino. Noi vogliamo appunto che questa turpe specula· zione finisCa, anche perché è antinazion.1le.

Mi sapete dire per qual caso singolare in tutte le questioni i socia. listi italiarli sono contro l'Italia? Mi sapete dire perché sono sempre coi popoli che avversano l'Italia? Cogli albanesi, coi croati, coi tedesch i e con tutti gli altri popoli? Mi s:ipete spiegare perché si grida « viva l' Albania!», che fa la guerra per avere Valona, che è albanese, e non si grida << viva l'Jtalia ! », che fa la guerra per avere Trento e Trieste, che sono italiane? Ma c he criterio è questo di esser sempre contro l'Italia e di g ridare sempre stupidissimi « v ia »?

Quattro arabi si rivoltano in Libia:<< via dalla libia !)) , Seimila alba nes i attaccano: <e via da Valona! ». E se domani i croati della Dalmazia ci attaccheranno, i socialisti diranno: « via dalla Dalmazia! )>. E se domani su questi monti ars icci del Carso s i sviluppasse un movimento insurrezio• nale contro Trieste, t emo ch e i socialisti d'Italia direbbero anche : « via da Trieste !». (A que1to punto tutto il fa11bblico uatta i n piedi gridando «Mail)>). Ma ci sono anche italiani di qui e fuori di qui che affogher ebbero loro in bocca il grido fratricida.

Ed è lo stesso dèlla loro opposizione alla guerra. Vedete, la guerra è cosa orribi le Lo sanno coloro che l'han fatta. Ma allora bisogna spieg arsi:· o 1a guerra in sé e per sé, fatta per qualsiasi ragione, sotto qualsiasi latitudine, per qualsiasi pretesto, non deve farsi e allora io rispetto questi umanitari, questi tolstoiani se dicono : io abborro da l sangue per qualsiasi !lgione sia versato. Li rispetto e Ii ammiro, sebbene trovi ciò legge rmente inattuabile. Ma i socialisti gr idano <<abbasso la guerra! », quando la fa l'lt:ilia e <e viva la guerra» quando il fa la Russia. Voi avete un giornale che era lietO q1:1ando i cosiddetti bolscevichi marciavano su Varsavia e usava uno s_ti le prettamente militare : « Mentre scriviamo, il cannone», ecc. Lo sappiamo a memoria. Ma allora la g uerra non è la stessa cosa. La guerra russa non fa vedove, non fa orfani? Non è fatta con cannoni, .acropla.ni, e tutte le armi infine che straziano e uccidono corpi umani? O voi, dunque, siete contrari a tutte le guerre, e allora noi potremo discutere insieme~ ma se voi fate distinzione fra guerra e guerra, guerra che si può fare e guerra che non si può fare, allo ra noi vi diciamo che il vostro umanitarismo ci fa schifo. E se avete ragione di fare l:t guerra, avevamo ragione noi di farla pe r i d estini della naziòne nel 19 15. (App/dtm).

Quale può essere quindi - e volgo alla fine - il compito dei fa-. · scisti? Il compito dei fascisti in Italia è questo: tenere t esta alla dema• gogia con coraggio, energia ed impeto. Il Fascio s i chiama di Combattimento ·e fa. parola combattimento non fascia dubbi di sorta. Combat. te re con armi pacifiche, ma anche con armi g uerriere. D e l resto tutto ciò è normale in Itdia p erché tutto i1 mondo si arma e quindi è assolutamente necessario che noi che siamo italiani, ci armiamo ·a nostra volta. Ma il compito dei fascisti di queste terre è più delicato, più sacro, più difficile, più necessario. Qui il fascismo ha ragione d'essere; qui i l fascismo trova il suo terreno naturale di sviluppo. In questa giornata storica, mentre 1a crisi ita li ana sembra aggravarsi - non importa, si risolverà - io ho fiducia illim itata nell'avvenire della nazione italiana. le crisi s i succe~ deranno alle crisi, ci s:iranno pause e pa rentes i, ma a ndremo a ll'assesta· mento e no n si potrà pensare a una storia di domani senza la pa rtecipa· ziorie italiana. Perché è bensl vero ch e ne l 1919 l'Ita lia ha avuto un

Nitti e nel 1920 un Giolitti; ma se questa è la faccia nera della situazione, dall'altra parte la faccia sple ndente di questa situazione è G::bricle d'Annunzio, il quale ha realizzato l'un ica rivolta contro la plutocrazia di Versaglia.

Molti ordini del giorno, molti articoli di giornali, molte chiacchiere più o meno insulse; ma l'unico che abbia compiuto un gesto vero e r eale di rivolta, l'unico che per 12 o 13 mesi ha · tenuto in iscacco tutte le forze del mondo, è Gabriele d'Annunzio insieme coi suoi legionari. Contro queSt'uomo di pura razza italiana si accaniscono tutti i vigliacchi ed è per questo che noi si~mo fieri ssimi ed orgogliosi di esserè con lui, anche se contro di rioi si accanisca Ja vasta tribù degli scemi. Quest'uomo significa anche la possibilità della vittorìa e della resurrezione, E questa possibilità esiste, perché abbiamo fatto la guerra e abbiamo vinto ed è ridicolo che coloro che di più hanno beneficiato della guerra, ·in stj. pendi, in voti, in onori, siano proprio coloro che sputano oggi su questa guerra e su questa vittoria. Ad ogni modo io p enso, e quest3 vostra adunata me ne fa testimonianza solenne, ch e l'ora d ella r iscossa del valore naz ionale è spuntata. Cè da una parte un vasto mondo che brulica, m a c'è anche un mondo che non è immemore, che non è igno· rante. (Applami viviuitm).

Mentre partivo da Milano, mi giungeva da Cupra Marittima, un piccolo paese deJI'Italia centrale, un invito del sindaco che mi chiamava a commemorare i caduti in guerra. Non ho accettato perché i discÒrsì mi pesano. Ma questo episodio, come ìl peJ!egrinaggio de11'0rtigara , il pel· legrinaggio sul Grappa, i l pellegrinaggio del 24 ottobre· sulle pietraie del Carso, vi dice che i valori ideali "e morali non sono ancora tutti pérduti e stanno anzi risorgendo. Noi vogliamo aiutare questa rinascita d i valori spiritua li e morali, e vogliamo aiutarla colle opere scritte e fatte.

I eri ebbi un minuto di viva commozione passando l'Jsonzo. T utte le volte che 110 p assato quel fiume colJo zaino sulle spalle, mi sono chin ato a bere quell 'acqua cristallina e limpida. Se non avessimo varcato quel fiume, oggi il tricolore non sarebbe su San Giusto.

Qui è il significato vero e proprio della guerra. Orbene, se il trico· lorc è issato su San Giusto, vi è issato perché trent'anni fa un triestino fu il precursore di questa gesta; vi è issato anche perché nel 1915 i battaglioni italiani si precipitarono sui reticolati austriaci; ed a questa gesta hltta l'Italia ha preso parte, dagli alpini delle montagne di Piemonte, d i Lombardia, del Friuli, alle fante rie magnifiche dell'Abruzzo, delle Puglie , della Sicilia ed ai soldati dell' isola generosa e ferrigna, deUa Sar· degna d imenticata anche troppo d al Governo italiano. E quei generosi figli non si sono ancora levati in rappresaglie contro i demagoghi dell'Italia, perché sono ancora sempre pronti a compiere il loro dovere.

Trie11ini!

Il tricolore su San Giusto è sacro; il tricolore sul Nevoso è ~acro; ancora più s.acro è il tricolore sulle Dina.rì che. Il tricolore sarà protetto dai nostri eroici morti: ma giuriamo insieme che sarà difeso anche dai vivi! (li magnifico discorso di Benito M111solini, interrotto spesso da irrefrenabili appla11J;, è accollo in fin e da una calda e /11nga ovazione). ·

Durante tutta la mia. vita _politica - notate bene - io non ho mai chiesto niente agli operai. Quando ero a capo del socialismo italiano, non mi facevo paga re le conferenze, né ambivo ,,otì, applausi, stipend i. Nessuno dei socialisti, anche di quelli che più nù odiano, può affermare che io abbia speculato sulla classe lavoratrice. E quando m 'avvenne di condu rla nelle stude, non ero in coda, ma in testa, a prendere fa m ia parte di legnate.

Voi, operai, avete sa nti di ri tti da conqu istare, perché siete e lemento essenziale della società. Diritti del cervello e diritti del braccio non sono contrari, bensl armonizzanti.

Voi, come dasSc, avete diritti da difendere e dovete org::mìzzarvi in sindacati di mestiere e fa re Jotta economica. Potete fare collaborazione di classe, quando trattasi di conqu istare un mercato straniero per lo sbocco dei manufatti; potete fare fotta di classe, quando abbiate da condurre un'azienda essendone capaci. ]\fa in ogni caso dovete sentirvi sempre e soprattutto italiani!

Se vi dicono che Benito Mussolin i è venduto ai padroni, sputate in faccia al calunniatore.

D urante 1a vertenza dei metall urgici, nella quale sono stltÌ impegnati cinquecentomila operai, io mi sono schierato dalla parte dei lavòratori ed ho subito gridato ai J»droni : ilffermilte ·cosa inesatta se dite di non poter aumenta re i salari, In conclus ione, di sette lire chieste dagli operai, quattro sono state accordate.

Guardatevi da coloro che vi parlano della Russia e del comunismo ._ e rispondete loro: ne abbiamo avuto già abbastanza dei preti neri e non vogliamo sapere di preti rossi!

Oprrai!

Ora voi mi avete visto, lo n on vi chiedo di difendermi, perché mi difendo da solo. In tutta la mia ~ita non ho fatto che combattere Voi potrete apprezzare se quanto dicono contro di me g li avversari è verità o menzogna, perché tutte le volte che Ja classe operaia ebbe sacri diritti da rivendicare. io fui con essa. fui invece contro di" essa tutte le volte che la vidi strumento di ig nobili agitatori politici. E come fui, cosl le sarò contrario in tali ca.5 i; e non mi preoccup~rò se nel menar colpi qualcuno cadrà sulla classe operaia stessa. (M11uoli11ì è Jfafq vivrrmenle n ppl.mdito).

* Discorso pronunciato davanti agli operai dì Monfalcone, il 23 settembre 1920, (Da li Popolo d'llalia, N. 231, 26 settembre 1920, VII).

This article is from: