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L'EPILOGO

Quella che si è svolta in Italia, in questo settembre che muore, è stata una rivoluzione, o, se si vuole essere più esatti, una fase della rivoluzione, cominciata, da ,roi, nel maggio 1915. L'accessorio più o meno quarantottesco che dovrebbe accompagnare le rivoluzioni, secondo i p iani e l e romanticherie di certi ritardatari, non c'è stato. Non c'è stata, cioè, fa lotta nelle strade, le barricate e tutto .il resto della coreografia insurrczionista che ci ha commosso sulle pagine dei Miserabili.

Ciò nonostante una rivoluzione si è compiuta e si può aggiungere una grande rivoluzione. Un rappo rto giuridico p lur isecolare è stato spezzato. I1 rapporto g iuridico di ieri era questo: merce-lavoro da parte dell'operaio, salario da parte del datore di lavoro. E b:i.sta. Su tutto il resto ddfattività industria le ed economica capitalistica c'era questo scritto : è severamente \1 ietato l'ingresso agli estranei, e precisamente agli operai. Da. ied questo rapporto è stato alterato. L'operaio, nella sua qualità di produttore, entra nel recesso che gli era conteso, e conquista il diri tto di controllare tutta. l'attività economica nella quale egli ha parte. Se la rivoluzione, a prescindere dagli episodi più o meno cruenti che possono accompagnarJa, è trasformazione dei piecsistent i rapporti giuridici, non v·è dubbio che quella testé conclusasi in Italia è una rivoluzione

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Come gil detto e ripetuto, noi non siamo affatto contrari alla riforma che la Confederazione del Lavoro è riuscita a s trappare. Se, come leggiamo nell'odierno numero d ella Critica S0cù1le, « scopi immediati della riforma vogliono essere» - giusta le ripetute dichiarazioni della Confederazione del Lavoro - « rCndere il lavoratore p artecipe delJa gestione dell'azienda, eleva re la sua dignità, imparargli a conoscere i congegni amministrativi dell'industria, evitare di questa le degenerazioni speculazionistiche, ridestare nel Ia,•oratore la rallentata spinta inte nsamente e gioiosamente produttiva », chi può essere· a priori contrario al controllo operaio? N essuno . E l'applicaz ione pratica che bisog na regolare e che ci preoccupa. Noi chiediamo che il controllo si eserciti sul serio, da persone competenti e superiori ad ogni sospetto. Riprecìsata questa nostra p osi- zione mentale e pratica dinanzi al problema del controllo, prendiamo in esame le ultime manifestazioni politiche delb g igantesca battaglia.

Il discor~o Giolitti va esamina to da un triplice punto di vista. Giolitti ha torto quando rigetta sulla guerra la causa di ogni male. Anche prima delJa guerra l'Jtalia attraversò periodi di crisi sociali acutissime; mentre paesi, come il Belgio, che hanno fatto e sentito la guerra in tutte le sue peggiori devastazioni, sono già in piedi. La guerra è una spiegazione del fenomeno, non la sola e forse nemmeno 1a preponderante. La Spagna, che non ha fatto 1a guerra e ha anzi lucrato enormemente sutla medesima, sta, forse, peggio di noi.

Dal punto di vista poliziesco, l'on. Giolitti ha ragione, lapalissianamente ragione. Si poteva evitare l'invasione delle fabbriche? forse. Ma ad invasione compiuta, nelle ventiquattr'ore successive tale compito si presentava già più difficile. Ogni g iorno di occupazione rendeva. sempre più ponderoso il compito di una espulsion e degli operai - manu mi/;fflfi - dalle fabbriche. I guai provocati da questo atteggiamento governat ivo sono stati certamente gravissimi; ma chi p uò asseverare che la « maniera forte» non avrebbe scatenato un incendio infinitamente più pericoloso da domare? Anche nella strategia, che chiameremo poliziesca, bisogna freddamente esaminare se il gioco vale 1a candela.

Dal punto di vista politico, l'on . Giolitti ha torto. Finch'egli ci dice che nelle attuali contingenze non poteva, dal punto di vista della polizia, agire diversamente, noi possiamo a nche crederg li; ma che cosa ha fatto Giolitti per evitare che il movimento sindacale giungesse a queg li estremi che dovevano ri velare l'insufficenza, se non l'impotenza dello Stato? La questione metallurgica è venuta in scena il 15 lug lio. L'on. Giolitti interviene a tagliare il nodo, fattosi nel frattempo go rdiano , esattamente due mesi dopo. Si poteva comprendere 1a neutralità governativa in un primo tempo, nei primi quindici g iorni d'approcci inutili fra le p:irti, m:1 dopo, no. Un intervento anticipato d i Giolitti poteva evitare le b alorde pregiudiziali 'in cui si sono irrigiditi g li industriali; e non avrenuno avuto l'ostruz ionismo, l'octupazione, il controllo sindacale; e, ·soprattutto, non avremmo avuto settantacinque giorni, diconsi 1ettantflcinq11~ giorni, di non produzione, di sabotamento, di turbamento degli spiriti, con tutte le formidabili conseguenze d'ordine materiale e morale che ne sono derivate in Italia e all'estero. Chi dfonderà alla nazione le centinaia e centinaia di milioni di ricchezza non p rodotta o dispersa? Questa sosta di quasi tre mesi nella faticosa marcia verso l'equilibrio non è stata d isastrosa per tutti ?

1l Governo, d'altra parte, o abdica o distingue per r es istere e colpire. Un conto è il movimento sindacale delle masse, dalle quali è assai probabile sorga, col duro travaglio dell'esperienza e il fluire inesorabile del tempo, una classe di produttori più alacri dell"attuale; e un conto è tutto ciò che è affio rato a lato di questo movimento, sia come episodio, sia come tendenza. Un conto, in altri termini, è il controllo sindacale e un alt ro conto è la guardia rossa, la caccia all'uomo, il ripristino d i cert i sistem i inquisitoriali e l'esplosione di istinti criminali e barbarici Mentre la Confederazion e G enerale del Lavoro cercava e riusciva a contenere il movimento nei limiti d el l'economia,· gli elementi del Pm vi impri mevano una colorazione politica, arieggiante fa guer ra civile O il Governo sa valutare questa circostanza e sa ag ire in conseguenza, o abdica, senza col po feri re . E poiché quest'ultima eventualità, per quanto possa parere remota, è pur da noverare nel calcolo deJle possibilità, noi invitiamo i cittadini, e particolar mente i fascisti, a prepararsi co n tutti i m ezzi per schiantare i piani bolscevichi del P111. Noi non vogliamo caserme o conventi comunisti , non vogliamo dittature di politicanti. Quando 1a lotta sarà giunta al dilemma o ltaJia o Russia, b isognerà impegnare il combattimento e spingerlo a una d ecisione.

AL NEVOSO!

Ed ora che il vento come fa si t ace, riuscirà la diplomazia di Roma a concludere la nostra pace nell'Adriatico? Sarebbe tempo, gran tempo; ma non c'è da nutrire soverchie illusioni. Le trattative dirette sembrano imminenti, ma sarà veramente queJJa di Venezia l'ultima tappa del nostro Calva rio d iplomatico? Vedremo. ]ntanto giova prospettare taluni elem enti deJla situazione. Coloro che andranno a Venezia, per trattare coi nost ri nemici più acerrimi, diventati - poi l - per uno strano gioco di prestigio, nostri alleati o quasi, devono tener conto di una « una nimità nazionale>> che si è formata a proposito del nostro confine orientale.

Tutti i Partiti politici itali ani reclamano il confine n aturale sulle Alpi Giulie, Gli stessi socialisti ufficiali, in un articolo che non fu smentito, hanno posto fuori discussione il confine al Nevoso. I repubbliC1ni, nel loro recente congresso di Ancona, hanno votato quest'ordine del giorno e per acclamazione:

{( Jl congresso del Partito Rl!'pubblicano Jt:iliano, trattando delle particolui questioni nazionali, in armonia coi principi del risorgimento, ritiene :Kcettabile una .soluzione dd problema adriatico sulle seg uenti basi: o(( a) confine orientale alla linea di spartiacque delle Alpi Giulie p :m:inte per Monte Nevoso, Fiume compresa; o(( b) annessione, indipendenza o quan to meno au tonomia della città di Zara ; garanzie precisate per i nuclei itali ani delle altre città della Dalmazia; neutt;J.liz• 2:azione d i tutte le coste dell'Adriatico e Jelle isole»,

Si noti la dizione di quest'ordine del g iorno, secondo cui la soluzione prospettatavi non è ritenuta ottima o buona, ma semplicemente ncce/labile. :n quella che Si potrebbe chiamare una soluzione di necessità. Ad ogni modo è importante stabilire che per i repubblicani il confine dev' essere

.11 Nevoso e che Fiume dev'essere annessa all'It:ilia. Su tutto il resto del problema adriatico si potrà eventualmente non accettare, ma subire una soluzione più o meno disgraziata. Resta però fissato che non si può ll.Ssolutamente transigere circa il confine istriano. Il Brennero al nord e il Nevoso ad oriente devono costituire i pilastri infrangibili della sicurez.za della nazione. Su ciò non si può discutere. Ogni compromesso in materia sarebbe un crimine di lesa patria. Il Governo raccoglie, su questo punto, il consenso uni,•ersale degli italiani. Le divisioni fra gli italiani cominciano - pwtroppo ! - dopo Fiume. per ciò che riguarda la Dalmazia, ma circa il confine orientale nessuna voce d i dissenso si fa sentire, nemmeno fra coloro che hanno fama, più o meno meritata, di rinunciatari.

Ora, a Belgrado si par1a - a proposito dell'Istria - della linea di Wilson, della linea di Montemaggiore. Infinite volte abb iamo dimostrato su queste colonne che tale linea, anch e se « corretta » in taluni punt i, costituirebbe un disastro economico, politico, strategico. Trieste e Fiume e Pola sotto il tiro dei cannoni jugoslavi; questa è fa. linea di Wilson; che, a sentire certi giornali, sarebbe accettata dai signori jugoslavi. Se la diplomazia di Belgrado non cambia metro, anche le trattative di Venezia saranno inutili. Ad ogni modo, alla vigil ia di queste trattative, vogliamo precisare ancora una volta il nost ro p u nto di vista.

Prima di andare a Venezia, il conte Sforza, o chi per lui, deve andare a Fiume e tr"attare con D'Annunzio, ch e rimane l'arbitro sommo della situazio ne, Prima c he con il signor TrumbiC , la soluzione del problema adri::itico d ev'esse re discuss::i con Gabriele d'Annunzio.

In secondo luogo, noi, sin d a questo momento, invitiamo pubblicamente - ed assumendo tutte le conseguenti responsabilità - Gabriele d'Annunz io ad impedire colle armì la conclusione di una pace ch e rinunci al Nevoso.

Sia chiaro sin da questo momento che o coi fanti dell'esercito regolare o coi legionari di Fiume, il tricolore d 'Italia dev'essere piantato sul N evoso Vogliamo b~ciare alle generazioni future, i giusti, i sacri, i sicuri confini delb. Patria, come furono segnati dalla n atura, consacrati dalla storia, e riconqui stati col nostro sangue!

MUSSOLINI

D a Il Popolo d'I1aJù ,, N 233, 29 settembre 1920, VII.

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