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L’Algeria tra sviluppo militare e politica estera equilibrata
L’Algeria L’Algeria tra sviluppo militare tra sviluppo militare e politica estera equilibrata e politica estera equilibrata
Il «nuovo modello» del paese nordafricano Il «nuovo modello» del paese nordafricano nel contesto mediterraneo nel contesto mediterraneo
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Mario Savina
Dopo l’Indipendenza, ottenuta nel 1962 a seguito di un complicato e sanguinoso conflitto con la Francia, l’Algeria ha basato il suo approccio di politica estera su una serie di principi che hanno caratterizzato il suo profilo internazionale per lungo tempo. Ispirato alla lotta contro Parigi e il sistema coloniale, Algeri ha adottato la difesa della sovranità degli Stati e l’opposizione contro gli interventi militari di paesi terzi come mezzo diplomatico indirizzato al raggiungimento di una maggiore influenza geopolitica e
Analista ricercatore, si occupa di Nord Africa, Mediterraneo e flussi migratori. Dopo aver ottenuto la laurea triennale in Lingue straniere presso l’Università di Bologna e la laurea magistrale in Cooperazione internazionale e Sviluppo presso la Sapienza di Roma, ha conseguito un Master II in Geopolitica e Sicurezza Globale, sempre presso la Sapienza, e un Master II in Politiche e Management in Medio Oriente e Nord Africa presso la Luiss di Roma. Nel corso degli ultimi anni ha collaborato con diversi centri, come l’Istituto Affari Internazionali, il Centro Studi Roma 3000 e il Centro Studi Amistades. Attualmente, oltre a far parte del desk dell’area Mena del Centro Studi Geopolitica.info, è coordinatore dell’area Nord Africa dell’Osservatorio sul Mediterraneo dell’Istituto di studi politici «S.Pio V». Inoltre, è analista dell’Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia (Airl Onlus) e redattore della rivista Italiani di Libia.
Portaelicotteri KALAAT BÉNI ABBÈS 474 classe «San Giorgio» della Marina algerina (di Messaoud Mesbouk by fr.wikipedia.org).
geostrategica, in particolar modo nel continente africano. Il difficile evolversi degli eventi nell’area mediterranea, in generale, e nel contesto domestico, in particolare, hanno sollecitato un cambio di rotta nella visione sia a livello regionale che internazionale. Dopo un decennio di terrorismo in casa e venti anni di presidenza Bouteflika è parso necessario per la «nuova» Algeria del presidente Abdelmadjid Tebboune tentare di abbandonare quella retorica idealista — difficilmente praticabile — per un’agenda dal carattere molto più realista (1).
Per troppo tempo gli sforzi diplomatici algerini si sono ridotti a una semplice cooperazione con i paesi vicini in una chiave indirizzata alla prevenzione del terrorismo. Anche nel bel mezzo dei disordini che hanno caratterizzato la regione nordafricana e subsahariana negli ultimi anni, Algeri ha sempre optato per una chiara politica di non intervento, come dimostrata sia dal caso libico che da quello maliano. Tuttavia, le chiare ambizioni di Tebboune (spinto dall’apparato militare) di aumentare il peso del paese all’interno della regione trovano riscontro nella volontà di un maggiore coinvolgimento delle sfere diplomatiche e militari (2). In tale direzione va la modifica della Costituzione, approvata con il referendum del novembre 2020, che ha modificato gli articoli 28 e 29 per consentire operazioni militari transfrontaliere (3). La preoccupazione di Algeri per i propri confini è evidente ed è diventata particolarmente accentuata con la ribellione dei Tuareg nel Mali qualche anno fa, con i diversi attacchi terroristici alle città algerine e, anche, con il conflitto civile libico alle porte che si protrae ormai da oltre un decennio. Oggi l’Algeria è consapevole della necessità di un impegno che vada oltre la mera azione diplomatica nei confronti dei conflitti regionali, con il fine di affermare il proprio ruolo e, al contempo, difendere il proprio territorio da eventuali azioni esterne.
Nell’ambito della lotta al terrorismo regionale, mantenere un esercito forte all’interno dei propri confini era diventato alquanto inutile per Algeri, in particolar modo con l’aumento delle possibilità di attacchi connessa alla crescita geopolitica di alcuni gruppi terroristici, su tutti AQMI (Al-Qaeda nel Maghreb islamico) o Jund al-Khilafah (gruppo affiliato allo Stato Islamico). Quindi, da un punto di vista strategico, consentire ai militari algerini di partecipare alle operazioni di mantenimento della pace all’estero significa anticipare e attaccare tali gruppi in patria e nelle zone contigue (4). La scelta della modifica costituzionale è stata definita, da molti osservatori, come pragmatica. La regione è alquanto instabile, e l’Algeria è circondata da paesi, principalmente Mali, Niger e Mauritania considerati «stati fragili», oltre al confine libico che rimane una zona calda da tenere sempre sotto controllo. Nella nuova architettura regionale caratterizzata da una serie di minacce, l’Algeria cerca quindi di riposizionarsi mo-
dificando i suoi rigidi principi non interventisti. Ciò servirà da deterrente, scoraggiando potenzialmente attori, statali e non, dall’intraprendere azioni indesiderate o impegnarsi in aggressioni militari contro vicini diretti. Ancora più importante, consentirà ad Algeri di proiettare la propria potenza militare e assumere un ruolo guida in future azioni militari sovranazionali. In quest’ottica potrebbe essere vista la visita a Mosca, nel giugno del 2021, di Saïd Chengriha, capo di Stato Maggiore dell’esercito algerino, al fine di potenziare ulteriormente nell’area saheliana la già consolidata cooperazione militare russo-algerina. Il ritiro francese dal Sahel potrebbe suggerire una evidente opportunità per un maggiore impegno del paese maghrebino.
Mentre le relazioni economiche si sono sviluppate in modo abbastanza discreto, la cooperazione militare è centrale nelle relazioni tra Mosca e Algeri. A oggi, il mercato mondiale delle armi rimane ancora dominato da Washington e Mosca, nonostante la svolta francese negli ultimi anni. L’Algeria è il sesto importatore al mondo con il 4,3% sul mercato globale (5). L’aumento delle importazioni algerine si spiega con un espresso desiderio di modernizzazione dell’esercito in un contesto regionale sempre più instabile e caratterizzato da forti tensioni. L’Algeria è un prezioso cliente dell’industria militare russa. Dopo l’India (25% delle esportazioni russe) e la Cina (16%), l’Algeria è il terzo cliente più grande di Mosca (14%). L’Algeria, da sola, acquista circa la metà delle armi russe esportate nel continente africano. Con il 69% delle importazioni algerine, la Russia è di gran lunga il principale fornitore dell’Algeria. Inoltre, i due paesi condividono priorità e interessi comuni nel settore energetico e nel contesto geopolitico regionale. Tale partnership potrebbe giustificare la posizione assunta da Algeri durante le due sedute all’Assemblea generale delle Nazioni unite (UNGA) indette per votare contro l’invasione Russia dell’Ucraina (astensione) e a favore della sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani (voto contrario).
Proprio con la Russia, l’Algeria condivide la stessa flessibilità in un contesto geopolitico mediorientale alquanto delicato. Algeri segue l’esempio russo — ossia il rifiuto delle logiche e delle alleanze di blocco — e cerca di mantenere buone relazioni con quasi tutti gli attori: dagli Emirati Arabi Uniti alla Libia, dall’Arabia Saudita alla Turchia, per finire all’Iran. Tuttavia, laddove Mosca ritiene che una maggiore flessibilità in politica estera sia uno strumento di potere e un vettore di opportunità economiche, l’ex colonia francese la inquadra come un meccanismo di protezione utile al raggiungimento e alla protezione degli interessi vitali del paese.
L’apertura dell’Algeria alla Cina è un chiaro segno del perseguimento di una propria strategia e di un bilanciamento nelle relazioni che il paese maghrebino ha
Ad Algeri compagnie cinesi stanno terminando il nuovo grande terminal dell’aeroporto internazionale, lo stadio e sono in via di realizzazione sei nuove raffinerie, strade e autostrade (ilsole24ore.com).
instaurato con i vari poli di influenza a livello globale. Algeri e Pechino sono partner storici e il crescente sviluppo delle relazioni è legato in particolar modo al Piano quinquennale per la cooperazione strategia CinaAlgeria (2014) e al Memorandum of Understanding nell’ambito del progetto cinese Belt and Road Initiative (2018) (6). L’impegno di Pechino con Algeri, in linea con la politica intrapresa dal Dragone rosso nel continente africano, è multidimensionale e comprende la sfera politica, economica, diplomatica, energetica, militare e culturale. Tra il 2001 e il 2016, la Cina è passata dall’essere appena registrata nel commercio estero dell’Algeria a superare la Francia come prima fonte di importazioni dell’Algeria. La vera forza della Cina è da collegare al massiccio disavanzo della bilancia commerciale tra i due paesi. Mentre quella con Stati Uniti e Unione europea si è equilibrata nel corso degli ultimi anni, con la Cina la differenza tra import ed export è ancora alquanto evidente. Oggi, il gigante asiatico è di gran lunga il primo esportatore nel mercato algerino con il 17,6% raggiunto nel 2019: una crescita impressionante se comparata al 2000 dove si registrava un povero 2,2%. Le relazioni si sono particolarmente intensificate anche nel settore militare. Infatti, attualmente, il 13% delle importazioni militari algerine proviene dalla Terra di Mezzo. Negli ultimi anni, infatti, Algeri si è rivolta a Pechino per l’acquisto sia di equipaggiamenti terrestri che di piattaforme navali.
Nonostante Russia e Cina siano diventati partner strategici, l’Unione europea (UE) rimane il principale partner commerciale dell’Algeria. L’insieme dei paesi membri europei rappresenta infatti circa il 67% delle sue esportazioni e oltre il 40% delle sue importazioni (dati 2019). Per Bruxelles, e per le altre capitali europee, Algeri rimane un partner affidabile, caratterizzato da una stabilità sicuramente maggiore rispetto ai vicini. Nonostante il malcontento popolare, che negli ultimi anni è sfociato nel movimento Hirak, Tebboune e l’establishment militare sono riusciti a presentare il paese come un attore su cui poter fare affidamento; ciò anche grazie allo scoppio della pandemia di Covid-19 che ha permesso al Governo di impedire manifestazioni di piazza. In tale contesto il ruolo dell’Armée Nationale Populaire (in arabo ال شالوطن الشعب ), l’istituzione più organizzata e influente del paese, è stato fondamentale nel mantenimento dello status quo. Negli ultimi anni, l’ANP si è concentrato sulla sua professionalizzazione e modernizzazione, nonché sulla cooperazione con partner strategici. Nel 2022, secondo Global FirePower (7), l’esercito algerino si classifica al 31° posto su 142 eserciti nel mondo. È il terzo esercito più potente in Africa dopo l’Egitto e il Sud Africa, con il personale militare che raggiunge la cifra di 465mila unità. L’apparato militare conta una forza aerea di circa 550 unità aeromobili; sul fronte terrestre sono circa 2.200 i carri armati in dotazione e quasi 6.500 i veicoli corazzati. Nel settore navale, l’Algeria ha in dotazione oltre 200 unità, di cui cinque fregate (alcune ancora in fase di consegna), sei corvette (alcune ancora in fase di consegna), sei sottomarini e 25 navi da pattuglia.
Il Governo di Algeri ha aumentato il suo budget per la difesa fino a raggiungere quasi i 10 miliardi di dollari (cifra confermata anche nel 2022). La crescita della spesa militare in relazione al PIL è particolarmente evidente nell’ultimo decennio. Infatti, se nel 2010 l’Algeria spendeva circa il 3,5% del Pil in spesa militare, dal 2015 in poi — con eccezione degli anni 2017-18 — il paese maghrebino ha dedicato costantemente oltre il 6% del Pil al settore difesa (8).
Con l’obiettivo di potenziare l’arsenale, il Governo ha firmato accordi multimiliardari per l’acquisto di attrezzature militari con Russia, Cina, Italia, Germania e Regno Unito. Il paese ha investito nello sviluppo della sua industria difensiva costruendo impianti di produzione per armi leggere e munizioni e si è impegnata in joint venture con società degli Emirati Arabi Uniti, della Germania e della Serbia. L’esercito ha anche investito in una formazione di qualità, nelle sue accademie militari, per l’uso di sofisticate attrezzature e tecniche antiterrorismo nelle sue numerose accademie militari, nonché all’estero con paesi membri della NATO, come Francia e Regno Unito. Tuttavia, la cooperazione, come già ricordato precedentemente, segue più direttive. Basta citare l’avvio delle prime esercitazioni congiunte tra Algeria e Russia nell’Ottobre del 2021 in Ossezia del Nord, presso la base militare di Tarsky, al fine di permettere a entrambe le forze di condividere conoscenza ed esperienza militare.
Come nel caso degli altri rami militari algerini, anche la marina è stata costruita grazie al supporto e all’assistenza dell’ex Unione Sovietica durante il periodo della Guerra Fredda. Negli anni successivi la Russia è rimasta un partner importante, ma l’Algeria, come detto, ha cercato sempre più fonti aggiuntive per diversificare il suo approvvigionamento. La Marina nazionale algerina (in arabo القوا الب ر ةال زائر ة ) opera da più basi lungo i quasi 1.000 km (620 miglia) di costa del paese, svolgendo il suo ruolo principale di monitoraggio e difesa delle acque territoriali da tutte le intrusioni militari o economiche straniere. Altre missioni includono la guardia costiera e le missioni di sicurezza marittima, nonché una proiezione delle forze marine. Le forze algerine sono un attore importante nel Mediterraneo occidentale e sono la più grande forza navale africana in quella zona di mare. Il potenziamento della Marina va inserito nel quadro complessivo
di modernizzazione dell’intero apparato militare del paese avviato nel primo decennio del nuovo millennio. Il salto in termini di capacità acquisite è avvenuto tra il 2015 e il 2017 con l’acquisto di tre corvette cinesi classe «Adhafer-C28A». A queste, negli stessi anni, si sono aggiunti svariati acquisti tra cui due navi multipurpose-combination Meko A-200, di produzione tedesca. La spiegazione di una maggiore attenzione dedicata al settore navale è da ricercarsi nell’urgente necessità di controbattere alla recente espansione navale di altri importanti player regionali, su tutti Egitto e Marocco. Al contempo, il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dal Mediterraneo ha fatto emergere, per la maggior parte dei paesi costieri, un necessario maggiore controllo del proprio spazio acquifero. In un importante discorso tenuto nell’agosto del 2020, il già citato capo di Stato Maggiore Saïd Chengriha ha evidenziato l’ambizione algerina di aumentare le capacità di combattimento della marina nazionale e ripristinare la sua passata reputazione. Dalle parole del militare algerino si è dedotto chiaramente che l’obiettivo non è solo quello di garantire la sicurezza e la difesa delle acque algerine, ma anche quello di riportare la marina al livello del suo «glorioso passato», quando controllava vaste aree del Mediterraneo.
Questa strategia — aumentare la presenza nel Mediterraneo — è testimoniata anche dalla decisione algerina di delimitare una propria ZEE (Zona Economica Esclusiva) nel Mare Nostrum. L’iniziativa
unilaterale — a seguito del decreto presidenziale del 2018 — è al centro di una disputa con l’Italia, dato che il disegno algerino va a sovrapporsi alla zona italiana a largo della Sardegna. Nonostante ciò, le relazioni tra Roma e Algeri sono rimaste stabili e produttive. Da una parte, l’Algeria è un partner essenziale in chiave energetica per l’Italia — in particolar modo dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino —; dall’altra, il paese europeo rimane un alleato importante per lo sviluppo militare algerino, in particolar modo per quanto riguarda la Marina.
La corvetta EL FATEH 921 classe «Adha-
fer-C28A»della Marina algerina (di Ataf Dahloumi by fr.wikipedia.org).
La direzione dello sviluppo algerino — e della sua politica — si riflette chiaramente anche nella storica disputa con il Marocco. Dietro questa lunga storia di relazioni poco amichevoli si nascondono conflitti di natura ideologica e di competizione per l’influenza regionale. A ciò va aggiunto anche il conflitto per la demarcazione territoriale che vede protagonisti il Marocco e il Fronte Polisario per il controllo sul Sahara Occidentale. In tale conflitto, Algeri ha sempre sostenuto il Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro nella sua lotta per l’autodeterminazione. Negli ultimi anni alcuni eventi hanno contribuito a incendiare ancora di più la situazione. Il riconoscimento statunitense della sovranità marocchina sul Sahara occidentale ha inferto un duro colpo agli sforzi algerini e a quelli del Fronte Polisario. L’Algeria è anche estremamente diffidente nei confronti della crescente cooperazione israelo-marocchina (9). Algeri rimane un convinto sostenitore ideologico della causa palestinese ed è stata estremamente critica nei confronti della decisione di Rabat di normalizzare le relazioni con lo Stato ebraico. Ancora, la scelta del Parlamento marocchino a inizio 2020 di votare due leggi volte alla delimitazione della giurisdizione marocchina sul suo demanio marittimo e alla creazione di una zona economica speciale che si estende per 200 miglia nautiche al largo delle coste marocchine ha provocato l’indignazione di Spagna, Algeria e Fronte Polisario. L’escalation ha portato, nell’agosto del 2021, l’Algeria a interrompere le relazioni con il Marocco in risposta alle «azioni ostili» marocchine. Da novembre, Algeri ha interrotto anche la fornitura di gas naturale a Rabat attraverso il gasdotto MEG (Maghreb-Europe Gas) che collega il paese nordafricano alla Spagna (10).
In conclusione, questioni come la crisi libica, la lotta per il potere nel Mediterraneo orientale, la crescente influenza della Cina in Africa, la graduale perdita di influenza della Francia in Africa, nonché l’instabilità e la lotta contro le organizzazioni armate nell’Africa Subsahariana hanno messo in discussione il ruolo dell’Algeria. La posizione geografica, le risorse naturali, la popolazione giovane e numerosa e il forte esercito aumentano il peso di Algeri in questo contesto. L’influsso della nuova dottrina militare sull’orientamento della politica estera è evidente in alcuni casi particolari, come nel mantenimento delle ostilità strategiche con il Marocco, nelle relazioni limitate con la Francia e nella spinta per un maggiore avvicinamento alla Russia come partner strategico. Il Governo è fin troppo desideroso di riconquistare un ruolo regionale e internazionale, ma ciò rimane complicato senza una seria legittimità popolare che a oggi sembra non esserci. L’Algeria nel breve-medio termine continuerà a fungere da partner di sicurezza valido e affidabile per la comunità internazionale, e per l’Europa in particolare. Il promettente mercato energetico potrebbe essere utile per aumentare il peso sulla scena mondiale, ma anche in tale quadro Algeri dovrà approfondire le sue potenzialità e capacità al fine di ottenere maggiori risultati in termini di sviluppo economico (11).
L’Algeria rimarrà vulnerabile se non risolverà i suoi problemi interni. L’influenza regionale sarà sostenibile solo se sarà supportata da istituzioni vitali e stabili, un obiettivo che a oggi appare ancora non realizzabile. 8
NOTE
(1) Dekhakhena A., «Why Is Algeria Considering Changing its Military Doctrine?», in Journal of Military and Strategic Studies, Vol 20, Issue 3, (2021). (2) Ghilés F. e Kharief A., «Updating Algeria’s Military Doctrine», in Middle East Institute, (2017). (3) La Costituzione modificata è consultabile su: www.constituteproject.org/constitution/Algeria_2020.pdf?lang=en. (4) Per maggiori dettagli consultare il Rapporto Algeria 2020 Crime & Safety redatto dall’OSAC: https://www.osac.gov/Country/Algeria/Content/Detail/Report/aceef5eaf045-453b-8fc9-18e3d2222273. (5) Si veda il rapporto annuale del SIPRI - Stockholm International Peace Research Institute. (6) Calabrese J., «The New Algeria and China», in Middle East Insititute. (7) Si veda: https://www.globalfirepower.com/country-military-strength-detail.php?country_id=algeria. (8) Si veda: https://www.statista.com/statistics/810312/ratio-of-military-expenditure-to-gross-domestic-product-gdp-algeria. (9) Le reazioni alla normalizzazione delle relazioni tra Marocco e Israele sono state contrastanti tra gli altri paesi nordafricani. L’Algeria non ha perso tempo a strumentalizzare gli Accordi di Abramo usando una retorica aggressiva e anti-israeliana per giustificare le sue controversie con il Marocco. Per un approfondimento si veda: Mezran K. & Pavia A., «Morocco and Israel are friendlier than ever thanks to the Abraham Accords. But what does this mean for the rest of North Africa?», in Atlantic Council, (2021). Consultabile su: https://www.atlanticcouncil.org/blogs/menasource/morocco-and-israel-are-friendlier-than-ever-thanks-to-the-abraham-accords-but-what-does-this-mean-for-the-rest-of-north-africa/. (10) Savina M., «Algeria-Marocco: il non-evento della rottura diplomatica», in Osservatorio sul Mediterraneo, (2021). Consultabile su: https://www.osmed.it/2021/10/27/ algeria-marocco-il-non-evento-della-rottura-diplomatica. (11) Savina M., «Il settore energetico in Algeria: criticità e prospettive future», in Osservatorio sul Mediterraneo, (2022). Consultabile su: https://www.osmed.it/ 2022/03/04/il-settore-energetico-in-algeria-criticita-e-prospettive-future/?_thumbnail_id=1918.