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A guardia del canale e non solo: la Marina egiziana
Da alcuni anni a questa parte, il Levante mediterraneo è diventato un teatro di competizione e confronto fra nazioni geograficamente presenti nell’area e fra soggetti statuali che, seppur fisicamente assenti da esso, hanno sviluppato e stanno attuando un’agenda politica e militare modellata su ben precisi interessi geostrategici. Questo scenario è stato ravvivato dalla scoperta di immense risorse di idrocarburi sui fondali marini facenti parte anche di aree marittime contese fra due o più nazioni, elevando la valenza degli interessi nazionali in gioco e facendo emergere l’importanza di disporre di Forze navali adeguate a proteggere tali risorse. Naturalmente, tutto ciò ha un impatto non indifferente sugli equilibri di potenza in un teatro caratterizzato da frontiere liquide in cui anche le Marine di nazioni non aderenti ad alcuna organizzazione internazionale, in sostanza NATO e Unione europea, giocano un ruolo cruciale: fra esse, una posizione peculiare è occupata dalla Marina egiziana — ufficialmente nota come al-Quwwāt al-Bahareya alMiṣriyya — impegnata su due «fronti» operativi suddivisi da uno dei più importanti passaggi obbligati del commerci marittimi planetari, il Canale di Suez.
Nuove sfide su due fronti
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La protezione del Canale, intesa come l’impedimento del blocco dei traffici marittimi provocati da azioni militari palesi e/o occulte, è stato il principale mantra della Marina egiziana per un lungo scorcio di un’esistenza che ha ufficialmente origine nel 1921 (1). Nel secondo dopoguerra, i conflitti periodicamente combattuti contro Israele hanno dimostrato quanto vale la libertà di navigazione del Canale di Suez, un aspetto d’importanza non secondaria anche durante il periodo di «amicizia» fra l’Egitto e l’ex-Unione Sovietica, sostanzialmente conclusasi negli anni Ottanta e a cui è subentrata una nuova amicizia, questa volta con gli Stati Uniti: di questo quadro, un ruolo preminente
Le fregate BERNEES (in primo piano) e AL GALALA (ex-SPARTACO SCHERGAT) all’ormeggio nella base navale di Ras-el-Tin; l’ingresso in linea delle
due unità ha rappresentato un significativo salto di qualità per la Marina egiziana (MoD Egypt). Qui in basso a destra la bandiera della Marina egiziana, Forza armata ufficialmente nota come Al-Quwwāt al-Bahareya al-Miṣriyya (Flags of the World).
hanno giocato gli accordi di Camp David (2), che hanno anche portato alla stabilizzazione delle relazioni fra Egitto e Israele, con tutte le conseguenze in materia di politica di sicurezza e difesa e pianificazione militare del Cairo. Alla presidenza di Hosni Mubarak, succedutosi al potere per ben trent’anni (1981-2011) e artefice di una forte influenza dell’Egitto in tutto il quadrante mediorientale, è seguito un periodo di incertezza, culminato nel 2012 con l’elezione alla presidenza della Repubblica di Muḥammad Mursī ʿĪsā al-ʿAyyāṭ, leader di quel partito dei Fratelli Musulmani propugnatore di una politica confessionale e spesso accusato di assumere posizioni favorevoli alle organizzazioni terroristiche islamiche radicate nella regione. L’elezione di Morsi venne salutata con favore dai sostenitori interni ed esterni del fenomeno delle Primavere arabe (3), fenomeno con un impatto non indifferente sugli scenari sociopolitici interni di diverse nazioni arabe, dal Marocco all’Egitto lungo la sponda africana del Mediterraneo, nonché su Siria e Yemen. Nonostante la larga partecipazione popolare, le Primavere arabe si sono rivelate illusorie per le prospettive di sviluppo degli strati meno abbienti delle popolazioni coinvolte, dando piuttosto vita a circostanze e situazioni conflittuali interne sfociate nella guerra civile in Libia, in Siria e nello Yemen — con tutte le conseguenze di ciascun caso, con non poche colpe e responsabilità attribuibili all’allora inquilino della Casa Bianca — e nel riallineamento delle posizioni nelle monarchie del Golfo: ciò ha innescato nuove situazioni di instabilità riverberatesi in tutto il Levante mediterraneo e ha favorito l’assertività di attori militarmente non secondari quali Turchia e Russia e il loro conseguente insediamento su nuove sponde mediterranee. In questo quadro di gravi crisi e conflitti nazionali e regionali, lo scenario egiziano ha visto dapprima (2013) l’esecuzione di un colpo di Stato militare e successivamente l’elezione (maggio 2014) alla Presidenza della Repubblica del feldmaresciallo
I giacimenti di gas naturale scoperti sui fondali al largo della costa mediterranea egiziana, nel deserto occidentale egiziano e lungo la costa occidentale della penisola del Sinai: in rosso sono indicati i giacimenti affidati all’ENI, mentre gli altri colori indicano quelli su cui lavorano altre compagnie petrolifere (ENI).
Abdel Fattah al-Sisi, uomo forte del regime militare e che grazie a provvedimenti ben mirati ha consolidato progressivamente il proprio potere nell’intento di ripristinare la stabilità nel paese. Questa breve analisi dell’evoluzione politica nella storia recente dell’Egitto è funzionale all’affermazione che l’elezione di al-Sisi ha rappresentato un deciso spartiacque della strategia nazionale egiziana, segnando un deciso riavvicinamento a Washington e all’Occidente in genere e l’adozione di una politica estera e di sicurezza di netto contrasto alle mire espansionistiche, assertive e aggressive, ancora di Turchia e Russia. Tutto ciò non poteva prescindere da un deciso rafforzamento delle capacità militari egiziane, attraverso un processo di sostituzione di mezzi e sistemi già di provenienza sovietica e cinese con materiali di provenienza occidentale che ha ovviamente interessato anche la Marina egiziana. A tal proposito è opportuno rammentare che l’Egitto ha un’estensione costiera di circa 2.450 chilometri (4), suddivisi fra il Mediterraneo e il Mar Rosso, con interessi geopolitici focalizzati non solo sul già citato Canale di Suez, ma anche sullo Stretto di Bab el-Mandeb: al netto della protezione diretta del Canale di Suez (5), fino a qualche tempo fa i compiti della al-Quwwāt al-Bahareya alMiṣriyya si potevano dunque sintetizzare nella protezione di queste estensioni costiere (con diversi obiettivi vulnerabili ad attacchi missilistici dal mare e dall’aria) e dei traffici marittimi che abbracciano il Levante mediterraneo e il Mar Rosso e nella cooperazione con altre Potenze marittime amiche e alleate per assicurare la stabilità della regione. A questi compiti si è come noto aggiunta una nuova e importante dimensione, derivante dalla scoperta di immensi giacimenti di gas naturale concentrati nella zona di mare a nord e a nord-est del Delta del Nilo e comunque all’interno della Zona Economica Esclusiva egiziana; a questi giacimenti — che coprono il 40% del fabbisogno nazionale di gas (6) — se ne aggiungono altri, seppur di minor consistenza, situati all’estremità meridionale del Golfo di Suez e nell’entroterra egiziano. Gli unici terminali regionali tuttora esistenti per l’esportazione di gas naturale provenienti dai giacimenti mediterranei — al cui sfruttamento partecipa in maniera rilevante l’ENI — sono quelli di Damietta e Idku, in Egitto, verso i quali Il Cairo punta a convogliare anche il gas proveniente dai giacimenti israeliani.
A partire dal 2018, la cooperazione energetica fra Il Cairo e Gerusalemme si è notevolmente ampliata: per
Oleodotti e gasdotti nella Vicino Oriente: in rosso quelli in esercizio (fra cui il gasdotto EMG fra Askelon, in Israele e El Arish, in Egitto), in verde quelli in costruzione e in viola quelli in programma (Infrastructures Solutions).
l’Egitto, questa cooperazione rappresenta una componente chiave di una più ampia strategia regionale avente come obiettivo l’assurgere al ruolo di attore principale nello sfruttamento di tutti i giacimenti di gas naturale presenti nei fondali nel Mediterraneo orientale. E l’obiettivo principale dell’Egitto è quello di assicurarsi la governance di questo hub regionale del gas, sfruttandolo per soddisfare la domanda interna e importando quello proveniente dai giacimenti gestiti da Israele e Cipro e riesportarlo verso altre nazioni, con evidenti vantaggi economici: a tal scopo, negli ultimi anni, aziende israeliane ed egiziane hanno acquistato il condotto sottomarino — in precedenza inutilizzato che collega Ashkelon, in Israele, con El-Arish, sulla costa settentrionale del Sinai — e lo stanno impiegando per trasportare il gas naturale dallo Stato Ebraico all’Egitto(7), mentre di più lungo termine è la costruzione di una rete di gasdotti per collegare i giacimenti egiziani e israeliani con le nazioni potenziali «clienti» dell’Europa mediterranea. Il rafforzamento dei legami energetici fra Il Cairo e Gerusalemme ha avuto come corollario un atteggiamento diffidente nei confronti di nazioni concorrenti, in primis la Turchia: di conseguenza, nel gennaio 2019, l’Egitto ha convocato il primo Forum del gas del Mediterraneo orientale (EMGF, poi diventata un’organizzazione intergovernativa ufficiale con sede al Cairo), un consorzio regionale composto da Egitto, Israele, Giordania, Autorità palestinese, Cipro, Grecia e Italia, destinato a consolidare le politiche energetiche regionali e a ridurre i costi estrattivi dai giacimenti. La Turchia, che ha dispute storiche con Grecia e Cipro, ulteriormente alimentate dagli scenari energetici nel Mediterraneo orientale, è considerata un rivale dei paesi dell’EMGF, anche a causa dell’espansione politica e militare di Ankara in Tripolitania: non è un caso che questa contrapposizione sulle sponde meridionali del Mediterraneo sia stata favorita dall’accordo sui confini marittimi che l’allora governo di Tripoli firmò con la Turchia alla fine del 2019. Il Governo egiziano ha definito l’accordo «illegale e non vincolante», mentre quello israeliano ha affermato che esso potrebbe «mettere a rischio la pace e la stabilità nell’area (8)». In coerenza con il principio di azione e reazione, nel 2020 Egitto e Grecia hanno firmato un accordo di zona economica esclusiva — generalmente visto come una risposta al predetto accordo fra Ankara e Tripoli — in un’area del Mediterraneo contenente anch’essa riserve di petrolio e gas, con la Turchia che naturalmente rivendica questa zona affinché ricada nell’area della sua piattaforma continentale (9). Un ulteriore aspetto degno di considerazione concerne l’esistenza in Egitto di una buona Marina mercantile, che con un totale di circa 400 unità di bandiera occupa la 46° posizione nella graduatoria mondiale, disponendo altresì di un patrimonio infrastrutturale addestrativo moderno e di tutto rispetto (10). Dalla sintesi di questo complessivo e complesso scenario geopolitico risulta dunque evidente il ruolo della Marina egiziana nell’assicurare anche la protezione dei propri giacimenti di gas naturale e delle relative infrastrutture, in autonomia o in cooperazione con altre forze navali mediterranee aventi interessi politici ed economici coincidenti.
La Marina egiziana: numeri e capacità
Secondo fonti autorevoli, la Marina egiziana ha una consistenza complessiva di 32.500 uomini, di cui 18.500 effettivi in servizio attivo e a cui si affiancano 14.000 uomini della riserva(11). In base a una graduatoria delle Marine di tutto il mondo redatta da non pochi portali web gestiti da appassionati, la Marina egiziana viene classificata fra le prime 10 al mondo perché in possesso di 245 unità navali: si tratta di una classificazione alquanto arbitraria e che lascia il tempo che trova, ove si pensi che in uno di questi portali(12) la Marina egiziana si trova in dodicesima posizione e la Marina Militare al quindicesimo posto, preceduta dalle Forze navali di nazioni quali Corea del Nord, Sri Lanka e Thailandia.
In realtà, la situazione è ben diversa, ma considerando diversi elementi — numeri, tipologia ed età del naviglio, sistemi imbarcati e cantieri di provenienza, ecc. — la Marina egiziana è certamente al primo posto fra le Forze navali della regione MENA (Middle Est and North Africa), se non addirittura fra tutte le Marine non NATO del Mediterraneo. Se si pensa che fino a circa 10 anni fa consistenza e capacità della flotta egiziana facevano ancora affidamento su materiali di origine per lo più russa, è evidente che l’avvento di al-Sisi al vertice dell’Egitto si è tramutato in una salto di qualità in materia di procurement militare in generale, e navale in particolare. Da
questo punto di vista, fino al primo decennio del XXI secolo, le unità più moderne della Marina egiziana erano le quattro fregate classe «Sharm El Sheikh», vale a dire l’unità eponima, più Toushka, Taba ed Eskendria, tutte ancora in linea; in realtà, si tratta di fregate ex-statunitensi della classe «Perry» entrate in linea nell’US Navy nei primi anni Ottanta e cedute all’Egitto quindici anni dopo a causa del riorientamento strategico e dottrinario delle forze militari di Washington attuato dopo la fine della Guerra Fredda. Del resto, della cessione delle «Perry» hanno beneficiato diverse Marine di nazioni amiche e alleate degli Stati Uniti, ma si tratta di unità che non hanno impressionato più di tanto né l’US Navy né le Marine beneficiarie delle cessioni perché in molti casi, fra cui quello dell’Egitto, il loro trasferimento è avvenuto più per fini politici e di prestigio che non per soddisfare determinati requisiti operativi e tattici. Da rilevare che nello stesso periodo, l’US Navy cedette al Cairo anche due cacciamine classe «Osprey», realizzate su progetto degli italiani «Lerici»: essi rappresentano le risorse più moderne della Marina egiziana in un particolare settore, quello delle contromisure mine, che dovrebbe essere potenziato con materiali più moderni.
Antecedenti alla cessione delle «Perry» fu quelle di due fregate classe «Knox», sempre di provenienza statunitense ma più obsolete delle prime, propulse da un impianto a vapore e da un unico asse: a esse si aggiungono due corvette classe «Descubierta» cedute dalla Marina spagnola nella prima metà degli anni Ottanta, nonché alcune unità lanciamissili veloci e pattugliatori in esemplari unici di varia provenienza ma di valore militare ridotto e tuttora in linea. Certamente più prestanti sono le quattro corvette lanciamissili classe «Ezzat», a cui si ci riferisce anche come classe «Ambassador Mk III»: in servizio dal 2015, si tratta di naviglio moderno, realizzato da un cantiere statunitense e acquistate dalla Marina egiziana tramite il meccanismo dei Foreign Military Sales; il progetto riflette in qualche modo il concetto della concentrazione della massima potenza di fuoco offensiva e difensiva su una piattaforma di dimensioni ridotte, secondo una logica seguita fino a qualche tempo anche da altre Marine mediterranee, in primo luogo quella israeliana. Si tratta dunque di un nucleo di unità concepite per il contrasto antinave in acque prevalentemente costiere e quindi idonee a operare nel Mar Rosso, a ridosso del Canale
L’unità lanciamissili veloce egiziana SOLIMAN EZZAT, appartenente alla classe «Ambassador III» ripresa nel Mar Arabico durante un’esercitazione con-
giunta con l’US Navy. Il progetto di queste unità incorpora diversi accorgimenti tecnologici per minimizzare le segnature radar, acustica, magnetica e all’infrarosso (US Navy).
di Suez e anche nel Golfo Persico, per tener lontane potenziali minacce da infrastrutture militari di valore.
A parte ciò, la Marina egiziana è stata per lungo tempo la cenerentola delle Forze armate nazionali, una condizione avvalorata dall’avere in inventario — fino a 15-20 anni fa — numerose unità di superficie e subacquee certamente non adeguate ai mutati scenari geopolitici del Mediterraneo orientale. Ciò ha indotto i governanti del Cairo a dare il via all’attuazione di una vera e propria strategia organizzativa e materiale finalizzata ad ammodernare e potenziare la flotta egiziana attraverso una serie di programmi di acquisizione che hanno interessato tutto lo spettro delle categorie di naviglio militare di superficie subacqueo. Prima di analizzare quest’ultimo aspetto, va ricordato che all’inizio del 2017 risale la decisione, per certi versi storica, di suddividere le Forze navali egiziane in due flotte, una settentrionale e una meridionale, di cui la prima — con quartier generale a Ras-el-Tin, ad Alessandria — responsabile della condotta di operazioni nella regione mediterranea finalizzate a fronteggiare minacce provenienti da nord e da ovest: con quartier generale a Safaga (circa 55 km a sud di Hurghada), la flotta meridionale è invece focalizzata sul Canale di Suez e sulla regione del Mar Rosso, con una postura dunque orientata sulle minacce provenienti da meridione e da levante. Secondo alcuni commentatori locali (13), la suddivisione delle forze navali ha accresciuto la peculiarità operativa delle singole flotte: quella settentrionale è principalmente responsabile della protezione degli interessi economici nazionali, primi fra tutti i già citati giacimenti di gas, nonché di combattere, in verità con risultati discutibili, il flusso dei migranti illegali verso l’Europa. Alla flotta meridionale è assegnato il compito di dissuadere eventuali minacce derivanti dai conflitti simmetrici e asimmetrici in corso nello Yemen e nella regione del Corno d’Africa, con particolare riguardo alla protezione dei flussi commerciali marittimi da possibili attacchi terroristici. In linea di principio, il controllo del Canale di Suez permette
inoltre di «travasare» con relativa facilità unità navali da una flotta all’altra, un aspetto d’intrinseca flessibilità non trascurabile.
Una crescita a 360°
Il già citato spartiacque della politica e della strategia nazionale egiziana ha avuto degli ovvi riflessi anche sulla al-Quwwāt al-Bahareya al-Miṣriyya, con l’avvio di numerosi programmi di nuove costruzioni Sopra la nave d’assalto anfibio GAMAL ABDEL NASSER è l’ex-VLADIVOSTOK co-
struita in Francia per la Marina russa e venduta a quella egiziana — assieme alla ge-
mella ANWAR EL SADAT, ex-SEVASTOPOL — a seguito delle sanzioni imposte a
Mosca dall’Unione europea dopo l’invasione della Crimea (MoD Egypt). Sotto elicotteri Ka-52K «Katran» e AH-64E «Apache» si preparano al decollo dall’unità
d’assalto anfibio GAMAL ABDEL NASSER nel corso dell’esercitazione «Friendship
Bridge 2019» (MoD Egypt).
affidati per lo più ad aziende europee, un approccio definibile come bilanciato che non disdegna peraltro l’acquisizione di materiali anche di provenienza russa. E proprio da una querelle franco-russa è maturato l’arrivo delle due grandi unità d’assalto anfibio Gamal Abdel Nasser e Anwar el Sadat: esse non sono altro che le unità in configurazione LHD (cioè con ponte di volo esteso per tutto la lunghezza dello scafo) che la società francese DCNS era pronta a consegnare alla Marina russa come Vladivostok e Sevastopol: la consegna fu bloccata dopo l’imposizione delle sanzioni a Mosca a seguito dell’invasione della Crimea del 2014 e dalle unità furono rimossi tutti i sistemi imbarcati di produzione russa. Il contenzioso fra Mosca e Parigi fu risolto con il pagamento al Governo russo dei costi per la costruzione delle navi e con il trasferimento alla Marina egiziana di due unità che, grazie alle loro caratteristiche, hanno incrementato in maniera esponenziale le capacità di trasporto e assalto anfibio di una componente che fino a quel momento aveva fatto affidamento su un pugno di mezzi da sbarco di valore assai limitato. Costruite sul progetto francese «Mistral» (tre esemplari in servizio nella Marine Nationale), le due unità egiziane sono infatti equipaggiate con sistemazioni aeronautiche per far operare 16 elicotteri, ponte garage con una superficie di 2.560 mq per il parcheggio di mezzi ruotati e cingolati, bacino allagabile lungo 57 metri in cui trovano spazio sei mezzi da sbarco e sistemazioni logistiche per un contingente di 450 uomini, più 180 circa di equipaggio. I passi successivi in materia di approvvigionamenti navali militari sono stati indirizzati verso la sostituzione del naviglio di superficie e subacqueo obsoleto. A questo punto, è scesa nuovamente in campo la Francia, con il Governo di Parigi pronto a supportare vigorosamente la commessa per la costruzione di quattro corvette classe «El Fateh», realizzate da Naval Group secondo un progetto — noto come «Gowind 2500» — finalizzato esclusivamente per l’esportazione secondo declinazioni dimensionali differenti legati ai requisiti dei clienti. Con El Fateh e Port Said (già in servizio), El Moez e Luxor (in allestimento), la Marina egiziana è diventata così il cliente di lancio per il progetto «Gowind 2500», che oltre a far entrare in servizio unità idonee alle proprie esigenze ha potuto acquisire una preziosa esperienza grazie alla costruzione di tre unità dai cantieri navali di Alessandria, naturalmente con l’assistenza francese. Con un dislocamento a pieno carico di 2.600 tonnellate, le corvette classe «El Fateh» sono delle
Sopra la cerimonia del varo della corvetta LUXOR, l’ultima delle quattro corvette della
classe «El-Fateh» entrata in servizio con la Marina egiziana e realizzata nei cantieri di Alessandria (MoD Egypt).
Sotto la corvetta PORT SAID, ormeggiata a Porto Said e anch’essa appartenente alla
classe «El Fateh»: per favorire la standardizzazione operativa e logistica, le unità di questa classe e le future fregate classe «El Aziz» saranno equipaggiate con il medesimo nuovo sistema di missili superficie-aria a corto raggio (Naval News).
unità principalmente destinate al contrasto antinave (8 missili «Exocet MM 40»), con capacità secondarie di contrasto antisom, grazie al sonar a profondità variabile e a una sistema propulsivo CODLED (COmbined Diesel-eLEctric and Diesel) in cui due motori elettrici assicurano la navigazione a velocità di crociera e altrettanti motori diesel si aggiungono alla catena propulsiva per gli spunti di velocità. Oltre ad aver spianato la strada per l’adozione di corvette tipo «Gowind» a cura di altre Marine, quella egiziana è stata anche il cliente di lancio del sistema missilistico superficie-aria per la difesa di punto e ravvicinata «VL MICA» — presente appunto sulle «El Fateh» — che impiega la munizione di nuova generazione «MICA NG/New Generation». La costruzione delle nuove corvette avrebbe dovuto essere seguita da un deciso salto di qualità destinato a materializzarsi con l’acquisizione di fregate: approfittando del contratto per le «El Fateh» e auspicando che l’Egitto volesse ricevere almeno un’unità di prestazioni superiori in coincidenza dell’inaugurazione del tratto di Canale di Suez sottoposto ad ampliamento, il Governo francese decise di offrire al Cairo la fregata Normandie, all’epoca in allestimento per conto della Marine Nationale sotto l’egida del programma italo-francese FREMM e dunque uno degli esemplari della classe «Aquitaine». Trasferita alla Marina egiziana nel giugno 2015, dalla fregata — ridenominata Tahya Misr — furono sbarcati sistemi «sensibili» quali i lanciatori verticali per i missili da crociera, il sistema di guerra elettronica e quello destinato alle comunicazioni satellitari(14).
Quasi contestualmente al programma «El Fateh», è partito quello per rinnovare una flotta subacquea che aveva quali elementi di punta un paio di vecchi sommergibili realizzati nella Repubblica Popolare Cinese attraverso la clonazione del vecchio progetto «Romeo» di origine sovietica: seppur ammodernate negli anni Novanta con alcuni sistemi di provenienza occidentale, queste unità erano palesemente inadeguate alle esigenze di una Marina del XXI secolo. Realizzati dal consorzio tedesco TKMS, quattro moderni sottomarini «Type 1400» sono stati immessi in linea nel periodo 2016-21: con un dislocamento in immersione di circa 1.600 tonnellate, essi sono identificati solamente da sigle alfanumeriche da S41 a S44, possono impiegare siluri e missili antinave e hanno una moderna dotazione di sensori elettroacustici. Dopo l’ingresso in linea della fregata Tahya Misr, il Governo francese ha incrementato la pressione sul Cairo per favorire l’esportazione di naviglio e sistemi realizzati dalle proprie industrie, agendo in stretta sinergie con quest’ultime: l’obiettivo palese era infatti la costruzione di altre fregate classe «Aquitaine» per l’Egitto, seppur depotenziate come descritto sopra, oppure di Sopra il sottomarino egiziano S 43, ripreso durante le prove nel Mare del Nord. Terzo
esemplare di una classe comprendente quattro unità «Type 209/1400», il battello è entrato in servizio nella Marina egiziana a metà circa del 2020 (THB info Behling).
Sotto la fregata TAHYA MISR (ex-NORMANDIE) lascia la base navale di Brest con de-
stinazione la base navale egiziana di Ras-el-Tin/Alessandria: la foto è stata scattata il 22 luglio 2015 (DCNS, ora Naval Group).
altri prodotti simili nel frattempo in corso di sviluppo. A questo scenario di politica industriale si è però associato uno scenario geopolitico nel quale l’Egitto ha rafforzato le relazioni con altre nazioni mediterranee, un percorso che non poteva essere disgiunto dal rafforzamento delle relazioni militari con tali nazioni e tradottosi su una più frequente cooperazione fra Forze armate in generale e Marine militari in particolare. Sempre più assidue sono state dunque le esercitazioni e le attività addestrative in cui la Marina egiziana si è confrontata con altre Forze navali del Mediterraneo, compresa la Marina Militare, potendo così apprezzare sul campo — cioè sul mare — la qualità delle fregate classe «Bergamini», segmento italiano del programma FREMM. Il risultato di almeno un paio d’anni di consultazioni e dialoghi riservati a vari livelli politici e industriali è stato l’arcinoto trasferimento alla Marina egiziana delle due ultime fregate classe «Bergamini» in corso di allestimento per la Marina Militare, vale a dire Spartaco Schergat ed Emilio Bianchi: ribattezzata Al Galala (FFG 1002), la prima fregata è stata consegnata alla Marina egiziana il 22 dicembre 2020 e otto giorni dopo ha raggiunto Alessandria d’Egitto. Una procedura simile è stata riservata anche alla seconda unità, battezzata Bernees (FFG 1003), arrivata nella base navale egiziana nell’aprile del 2021. Diventati i gioielli della corona della Marina egiziana, le due nuove fregate meritano un’analisi più approfondita, anche per la forte presenza a bordo di prodotti italiani: esse sono state realizzate nella configurazione «General Purpose, GP» e dunque ottimizzate principalmente per operazioni antisuperficie e il loro armamento balistico comprende una torre da 127/64 «LightWeight, LW» con impianto di caricamento automatizzato per impiegare diversi tipi di munizionamento, una torre «Super Rapido» da 76/62 nella configurazione «Strales» per impiegare munizionamento atto a contrastare missili antinave e minacce asimmetriche, e due cannoni da 25 mm per la difesa ravvicinata. In tema di capacità antiaeree e antimissili, Al Galala e Bernees sono equipaggiate con il sistema missilistico di difesa aerea «Surface AntiAir Missile-Extended Self-Defense, SAAM-ESD», principalmente articolato sui due moduli ottupli «A50» per il lancio verticale di missili superficie-aria della famiglia «Aster» e sul radar multifunzionale tridimensionale attivo MFRA, noto anche come «Kronos Grand Naval», sistemato in cima all’albero principale: dell’armamento missilistico fanno parte anche ordigni antinave, sistemati a centronave. La dotazione elettronica è completata dai radar di sorveglianza di superficie/aerea e di navigazione, dal sistema di sorveglianza all’infrarosso «Silent Acquisition & Surveillance System, SASS», dalla suite IFF e da due direzioni del tiro «NA-25X». Anche la propul-
Sopra le fregate CARLO MARGOTTINI e TAHYA MISR riprese nel corso di attività ad-
destrative congiunte svoltesi nel Mediterraneo orientale alla fine del 2018 (Maristat).
Sotto la fregata egiziana BERNEES (ex-EMILIO BIANCHI) in manovra all’interno della
base navale della Spezia (Foto G. Arra).
sione delle fregate egiziane è affidata a un sistema in configurazione CODLAG (COmbined Diesel-eLectric And Gas), articolato su una turbina a gas, due motori elettrici reversibili e altrettanti assi con eliche a passo variabile.
Seguendo la logica della diversificazione degli approvvigionamenti militari, il programma navale più recente riguarda l’acquisizione di 4 fregate tipo «A-200EN», più piccole dei tipi «Bergamini» e realizzate dal gruppo tedesco TKMS: denominate classe «El Aziz» dalla Marina egiziana, due di esse risultano già in costruzione in Germania, mentre per le altre è previsto il coinvolgimento dei cantieri navali di Alessandria. Si tratta di unità non dissimili da quelle realizzate sempre in Germania per la Marina algerina e dovrebbero quindi rispecchiarne la configurazione generale. La panoramica relativa ai programmi di ammodernamento navale egiziano si chiude ricordando che a luglio 2021 sono entrati in linea 10 pattugliatori costieri realizzati nei cantieri tedeschi Lurssen, con 9 unità da 40 e una da 60 metri: il potenziamento più significativo potrebbe tuttavia riguardare l’acquisizione di altre due fregate classe «Bergamini», mentre devono trovare conferma le voci sulla realizzazione di altre corvette realizzate in cantieri cinesi e locali.
Il potenziamento delle infrastrutture
Con una prospettiva concretizzata verso una flotta comprendente circa 30 moderne unità navali — e alcune delle quali con dimensioni significative —, la Marina egiziana ha opportunamente pianificato un potenziamento delle infrastrutture ispirato anche dalle potenziali direttrici di provenienza delle minacce alla sicurezza del paese. Il bacino mediterraneo ha naturalmente avuto la priorità, anche in virtù delle più recenti attività addestrative svolte dalla Marina egiziana: in tal senso, il culmine è al momento rappresentato dall’esercitazione «Hazm 2020», eseguita nell’estate del 2020 quale reazione a un possibile conflitto su larga scala fra le Forze militari regolari e irregolari fedeli al Governo di Tripoli e quelle stanziate in Cirenaica sotto il controllo del maresciallo Haftar, alleato ufficioso dell’Egitto nell’ingarbugliato scenario libico (15). Di maggior rilievo, è stata invece l’esercitazione «Qader», che nel luglio 2021 ha avuto come palcoscenico ideale l’inaugurazione della nuova base navale di Ras Gargoub, presso Marsa Matruk e dunque a circa 140 km dal confine con la Cirenaica e a 240 km dall’arsenale di Alessandria(16): la nuova base si estende su una superficie di oltre 10 chilometri quadrati, è dotata di una banchina lunga 1.000 metri e con un fondale di 14 metri, idoneo dunque ad accogliere unità navali di grosse dimensioni, mentre le infrastrutture comprendono anche un eliporto, un centro di comando e controllo interforze e altri edifici per attività addestrative e manutentive.
Sul versante del Mar Rosso, il primo passo in direzione del potenziamento infrastrutturale è stato — all’inizio del 2017 — l’inaugurazione a Safaga del nuovo quartiere generale per la componente della flotta ivi dislocata, quest’ultima comprendente una delle due unità d’assalto anfibio classe «Nasser» e altre unità lanciamissili veloci con cui contrastare le operazioni dei ribelli Houti più a sud, al largo delle coste yemenite e a ridosso dello Stretto di Babel-Mandeb. Il secondo passo ha invece riguardato il potenziamento della base militare interforze di Berenice, forse più nota come Ras Banas, situata a circa 80 km a nord del confine con il Sudan e che già ai tempi dell’idillio fra Il Cairo e Mosca era stata oggetto di ampliamento: negli anni Ottanta, la posizione strategica di Ras Banas suscitò anche l’interesse degli Stati Uniti, ma a causa di disaccordi fra Washington e Il Cairo il progetto di farne una base disponibile anche per Forze militari statunitensi fu abbandonato. Completato all’inizio del 2020, il potenziamento di Berenice/Ras Banas ha riguardato sia le installazioni aeronautiche sia
Una fase della cerimonia d’inaugurazione della nuova base navale di Gar-
goub, presso Marsa Matruk; visibili in banchina la fregata BERNEES e un
corvetta classe «El Fateh» (Mod Egypt).
quelle portuali, con la realizzazione di una nuova banchina su fondali elevati e in grado di accogliere unità navali di superficie e subacquee (17); da ricordare inoltre che questa mossa, necessaria a dotare la Marina e le altre Forze armate egiziane di una base moderna e funzionale al centro del Mar Rosso, riveste anche un’importanza strategica legata alle iniziative della Russia e della Turchia, entrambe attive a stabilire una presenza stanziale nell’area, rispettivamente a Port Sudan e a Suakin.
Considerazioni conclusive
La disponibilità delle nuove basi di Gargoub e a Berenice è funzionale a un incremento sia delle attività operative vere e proprie sul versante mediterraneo e del Mar Rosso a cura della Marina egiziana, in autonomia o in collaborazione con altre Forze militari e navali estere aventi interessi condivisi, sia di esercitazioni ed eventi similari finalizzate a dimostrare le capacità d’intervento e proiezione della al-Quwwāt al-Bahareya al-Miṣriyya a diversi soggetti statuali e non che operano nell’intera regione mediorientale, Corno d’Africa compreso. Un interrogativo molto spesso sorto analizzando i progressi materiali fatti dalle Forze armate egiziane negli ultimi 10 anni riguarda la fonte dei finanziamenti per l’acquisizione di unità navali, velivoli, mezzi terrestri e così via: la risposta alla domanda ha diverse sfaccettature, in primo luogo la crescita industriale che, assieme a una ripresa dei flussi turistici, ha permesso una crescita del PIL pari a 3,6% nel 2020 e 3,3% nel 2021. Un aspetto altrettanto determinante è stato il ruolo politico di primo piano giocato dal Cairo nella risoluzione di diversi contenziosi nell’area, primi fra tutti la sponsorizzazione di una soluzione diplomatica per la crisi interna libica e l’accordo per la tregua fra Israele e Hamas: non vanno inoltre dimenticate le partnership politiche e militari con Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait, che favoriscono gli investimenti e rafforzano dunque l’economia del paese. Esistono tuttavia fattori negativi di rilievo, per esempi un PIL procapite molto basso (di poco superiore ai 4.000 dollari nel 2020) e un tasso di povertà nel 2021 pari a circa il 30% della popolazione (ma in calo rispetto all’anno precedente) (18): come segnalato da Omar Kamal Othman Khalifa, «la doppia sfida per il paese risiede quindi nel continuare il consolidamento fiscale e allo stesso tempo aumentare gli investimenti nei settori chiave e nello sviluppo del capitale umano di 102 milioni di persone(19)». In conclusione, per la Marina egiziana il raggiungimento di un adeguato livello di capacità operative alturiere appare legato non solo al grado di familiarizzazione degli equipaggi con nuovi e moderni materiali ma anche al superamento di evidenti problemi socio-economici interni, due aspetti che si coniugano in un unico obiettivo strategico che i governanti del Cairo sono chiamati a perseguire con la massima determinazione. 8
NOTE
(1) Fino a quel momento, l’Egitto era stato un protettorato britannico, con la guardia al Canale di Suez assicurata dalla Royal Navy. Tuttavia, essa mantenne e rafforzò questo compito fino al 1948, quando ebbe inizio il progressivo sganciamento delle Forze militari britanniche dal Mediterraneo. (2) https://www.treccani.it/enciclopedia/camp-david-accordi-di_%28Dizionario-di-Storia%29/. In virtù degli Accordi di Camp David, la Marina Militare è impegnata sin dal 1982 nel pattugliamento del Golfo di Tiran, nell’ambito della Multinational Force of Obserbers e impiegando quattro pattugliatori costieri. (3) www.limesonline.com/tag/primavera-araba. (4) https://web.archive.org/web/20181224211210/https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/eg.html. (5) Come noto, i lavori per il raddoppio di una parte del Canale sono stati completati nel 2015, raddoppiando così la quantità di navi che possono transitare giornalmente lungo la via d’acqua, Nuovo Canale di Suez, i tre vantaggi per gli operatori, Il Sole 24 ore, 6 agosto 2015. Il caso dell’incaglio della portacontainer Ever Given ha comunque dimostrato la vulnerabilità del Canale di Suez a eventi accidentali e non. (6) www.cesi-italia.org/en/articoli/1325/egypt-and-the-development-of-its-national-navy-how-cairo-is-responding-to-the-new-challenges-of-the-mediterranean-andthe-red-sea. (7) www.reuters.com/article/us-israel-egypt-idUSKCN1VT07H. (8) Turkey-Libya Maritime Deal Rattles East Mediterranean, Reuters, December 25, 2019. (9) Egypt and Greece Sign Agreement on Exclusive Economic Zone, Reuters, August 6, 2020. (10) Cfr. https://www.aast.edu/en/colleges/comt/. (11) International Institute for Strategic Studies, The Military Balance 2021, London, Routledge. p. 334. Il termine «riserva» non deve trarre in inganno perché, sulla scorta di una tradizione di origine anglosassone, il personale in questa posizione svolge comunque determinati incarichi a tempo pieno, permettendo di destinare il personale in servizio attivo agli equipaggi delle unità navali, o a importanti funzioni a terra d’altro tipo. (12) www.globalfirepower.com. (13) Dalia Ziada, The Egyptian Navy’s Journey from Surviving to Thriving, Majalla, 9 luglio 2021. (14) Il nome Normandie è stato successivamente assegnato a una fregata di nuova costruzione realizzata per la Marina francese in sostituzione della precedente. (15) Fra le unità maggiori presenti all’esercitazione, l’unità d’assalto anfibio Anwar el Sadat con un contingente di elicotteri d’attacco e la sua dotazione di mezzi da sbarco, la fregata Tahya Misr, due fregate classe «Sharm el-Sheikh» e altre unità. (16) All’esercitazione hanno partecipato, fra l’altro, le due fregate classe «Al Galala» e le due unità d’assalto anfibio classe «Nasser». (17) www.ispionline.it/en/pubblicazione/berenice-red-sea-rebus-whats-still-vague-egypt-saudi-alliance-28507. (18) www.ispionline.it/it/pubblicazione/egitto-tutti-i-rischi-del-regime-di-al-sisi-30475. (19) https://ilcaffegeopolitico.net/936773/legitto-fra-ripresa-economica-e-aspirazioni-geopolitiche.