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La dimensione marittima del Marocco: una po tenza in divenire

In un trend globale che vede una generale riscoperta della dimensione marittima, anche il Marocco ha mostrato un grande interesse nella promozione di una propria visione di «geopolitica del mare». Una concezione nuova nella storia del Regno, che si muove in continuità con gli sforzi promossi anche da altri Paesi rivieraschi mediterranei (si pensi a Turchia, Israele, Grecia, Egitto o Algeria). Una visione strategica che, quindi, punta a fornire nuove opportunità di sviluppo (industriale e commerciale) attraverso il mare, ma che allo stesso tempo mira a sfruttare pienamente tale dimensione per accrescere il proprio status e leverage regionale e internazionale tra Africa, Mediterraneo e Oceano Atlantico. Infatti grazie ai suoi quasi 3.500 chilometri di costa, il Marocco punta a ritagliarsi un ruolo conclamato di potenza marittima in grado di creare opportunità per la pesca, la logistica navale, il commercio e il trasporto marittimo. In questo scenario, Rabat lavora per svolgere nel lungo periodo un ruolo cruciale nelle dinamiche interne al Mediterraneo e di collettore di interessi e sviluppi che giungono fino al Golfo di Guinea. Sfruttando la sua naturale posizione geografica di cardine tra due mari e due continenti, Rabat punta, dunque, ad assumere una funzione strategica di cardine trans-regionale nelle interazioni marittime (commerciali e di sicurezza) nord-sud.

Lo sguardo al mare, così come è emerso in maniera più o meno definita dal 2007 dopo l’inaugurazione del grande progetto di Tangeri-Med, ha rappresentato un cambio di prospettiva notevole, soprattutto considerando lo storico rapporto che il Marocco ha tenuto con la montagna (il Rif e l’Atlante) e l’entroterra (e quindi il deserto) per garantirsi profondità strategica e spazi di azione. Questa presa di coscienza ha spinto sostanzialmente un attore tradizionalmente tellurico a ricercare una nuova dimensione talassocratica al fine di ridefinire il suo rapporto con il mare e di rafforzare le sue ambizioni geopolitiche e strategiche proprio in virtù del mare. A differenza però di altri attori e competitor di area nordafricana che hanno in-

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La fregata della Marina reale marocchina MOHAMMED VI (701) transita

nell'Oceano Atlantico durante l'esercitazione «Lightning Handshake» (wikipedia.org).

vestito molto nella dimensione militare (si vedano per esempio i casi di Algeria (1) ed Egitto (2)), il Marocco ha inteso, almeno allo stato attuale, capitalizzare gran parte delle sue risorse e dei suoi sforzi politici in uno spazio strategico civile. Una visione nella quale la pesca, il commercio via mare e la logistica e le infrastrutture portuali diventano dei tasselli strutturali per una coerente politica marittima.

In questa visione, la posizione geo-strategica del paese a cavallo tra Mediterraneo e Atlantico, così come le profonde trasformazioni che hanno interessato la più ampia regione euro-africana hanno creato nuove opportunità e sfide politico-securitarie non procrastinabili per un attore in ascesa come il Marocco. Infatti, la crisi libica, le tensioni con la Spagna sulle éxclaves (3) di Peñón de Vélez de la Gomera, Ceuta e Melilla e le contestazioni confinarie e marittime su Gibilterra e Canarie, o l’irrisolta questione del Sahara occidentale con l’Algeria, sono elementi di apprensione emersi come paradigmi del caos contemporaneo che attraversa questo quadrante tra Mediterraneo occidentale e Oceano Atlantico. Questa convergenza di situazioni ha sì decretato una maggiore conflittualità tra i principali player di area, ma ha anche definito una nuova corsa al mare nella quale anche il Marocco ha rivendicato ruoli e ambizioni. Gli eventi succitati e le nuove recenti tensioni con l’Algeria sul Sahara occidentale hanno sottolineato ancora una volta quanto il Regno nordafricano sia esposto all’instabilità nel suo estero vicino terrestre (il Maghreb e l’Africa Occidentale) e marittimo (Mediterraneo occidentale e Oceano Atlantico centrale). Proprio in virtù della sua posizione geografica, delle implicazioni (dirette e non) alla sua stabilità e delle rinnovate proiezioni politiche tra Mediterraneo, Atlantico e Africa occidentale, il paese ha pianificato, anche attraverso un crescente coinvolgimento nella marittimità, un rafforzamento di strategie e piani nazionali volti ad aumentare il peso marocchino di attore politico ed economico marittimo trans-continentale (4).

Un successo che potrebbe essere garantito soprattutto dallo sfruttamento delle retrovie, in particolare dal suo affaccio sull’Atlantico centrale. Infatti i quasi 3000 km di costa oceanica potrebbero rappresentare, più che lo stesso Mediterraneo, un grande game changer nelle strategie di Rabat, in virtù della costruzione di nuove infrastrutture portuali, dell’istituzione di Zone Economiche Esclusive (ZEE) (5) e della definizione di politiche economiche ad hoc che potrebbero aprire altre opportunità di sviluppo, facendo del Marocco un hub intermodale (geograficamente in senso verticale e orizzontale) per l’integrazione e il commercio nella regione mediterraneo-africana. Una condizione che può essere ulteriormente sviluppata anche in virtù delle recenti evoluzioni relative alla questione sahrawi e al riconoscimento dei detti territori sotto sovranità marocchina (6). In questa prospettiva, gli orientamenti prevalenti del Regno puntano per lo più allo sviluppo di un’economia marittima e di infrastrutture portuali di collegamento, con investimenti importanti nella pesca e nella desalinizzazione dell’acqua di mare, facendo, in particolare, del progetto Dakhla-Atlantique, un cardine nella «strategia meridionale» del paese. Pensato per agire in connessione con Tangeri-Med e Nador West Med, il

Porto di Dakhla Atlantique (impresedelsud.it).

porto in costruzione nel Sahara occidentale è stato concepito con la volontà di mettere in comunicazione le Americhe (soprattutto le aree del Centro e del Sud) con l’asse mediterraneo-africano. Oltre a garantire una riqualificazione territoriale e un’area di sviluppo economico in più settori (pesca, estrazione mineraria, energia, turismo e agricoltura), con gli investimenti a Dakhla, il Regno marocchino ha puntato a costruire un terzo hub con l’idea di farne un epicentro nei traffici transcontinentali e nei trasporti intermodali in Africa occidentale.

Tutti elementi che potrebbero concorrere a favorire un cambio di scenario geo-strategico per il Marocco, anche in virtù del concomitante emergere di nuovi attori nell’area atlantica (Brasile, Sud Africa, Nigeria e persino Angola), di trend globali positivi (economie emergenti, produzione e commercio offshore di idrocarburi, riscoperta della dimensione marittima) e minacce transnazionali (fenomeni migratori, pirateria nel Golfo di Guinea, terrorismo islamista nel Sahel). Non a caso, grazie alla sua peculiare posizione geografica, a interventi e riforme mirate e con politiche lungimiranti nella logistica e nella portualistica, il Marocco si troverebbe non solo a intercettare queste tendenze chiave che interessano l’economia e la sicurezza globali, ma a fungere da collettore delle relazioni Nord-Sud e Sud-Sud del mondo, offrendo al contempo un’alternativa strategica alle rotte e ai traffici da e verso l’Europa passanti per Suez e il corridoio tra Mediterraneo orientale-Mar Rosso (7).

Contestualmente alla dimensione navale civile, il Marocco ha investito anche molte risorse nell’ammodernamento e nel potenziamento della propria flotta militare in un contesto geopolitico di crescente competizione regionale, in virtù anche delle minacce costanti alla sicurezza in termini marittimi (e conseguentemente alle infrastrutture collegate a questa dimensione) che hanno assunto una nuova centralità strategica. Già dal 2014, il Marocco detiene una FREMM francese e negli anni ha portato avanti un piano di diversificazione dei suoi acquisti militari — data la sua dipendenza storica dagli Stati Uniti (il 91% dei suoi acquisti) e dalla Francia. Sempre in questo contesto, l’olandese Damen Group è riuscita a vincere la gara per la vendita di due motovedette per la sorveglianza marittima e attualmente sta lavorando al rimodellamento delle infrastrutture nel porto di Casablanca. Al contempo, dopo aver congelato dalla spagnola Navantia l’ordine per un pattugliatore d’altura classe «Avante 1800», Rabat sarebbe in trattative con l’italiana Fincantieri per l’acquisto di due FREMM nella versione anti-sommergibile (8). La specificità di questi acquisti, però, sottolinea anche una necessità precisa da parte della Marine Royal marocchina di modernizzare la sua flotta militare e rafforzare le sue capacità di manovra. Come stabilito dal nuovo programma OMEGA, il Marocco ambisce a elevarsi ad attore navale anche nel settore della Difesa con chiari obiettivi da perseguire nell’affrontare le nuove sfide alla sicurezza nelle sue due frontiere marittime situate nel Mediterraneo (base navale di KsarSghir) e nell’Atlantico (base navale di Safi) (9).

La strategia marocchina, come già anticipato in precedenza, in parte è stata dettata anche dalla corsa militare lanciata da tutti i paesi rivieraschi nel Mediterraneo e in particolare da Algeria e Egitto. Queste due sono realtà accomunate da un poderoso sviluppo della dimensione marittima militare negli ultimi anni. Infatti entrambi i paesi possono contare su delle marine militari tra le più equipaggiate e forti dell’intero Mediterraneo, a cui sono legati grandi investimenti, anche internazionali. Tuttavia, esiste una differenza sostanziale nello sviluppo di tale strategia da parte di Algeri e Il Cairo. Se per il primo dietro al rafforzamento di una marina militare vi è un chiaro disegno di deterrenza e proiezione regionale anche e soprattutto nei confronti del Marocco — principale competitor di area per i tanti dossier che vede entrambe i paesi coinvolti —, per l’Egitto gli investimenti nella cantieristica navale militare fungono invece da traino per un tentativo più articolato di sfruttare il dominio marittimo anche a livello civile. In questo senso, sono molto importanti ma differenti gli investimenti, per esempio, portati dal Governo di Algeri per rilanciare queste sue ambizioni. Non solo grazie all’acquisto di sottomarini e armamenti (per lo più dalla Russia, visto lo storico legame che lega i due paesi sin dalla Guerra Fredda e in chiave anti-coloniale — ben intendendo in ciò il rapporto avuto con l’Unione Sovietica), ma anche rilanciando esercitazioni

navali congiunte (sempre con Mosca) e sviluppando intorno all’area di Orano una zona di sicurezza marittima in grado garantire le ambizioni algerine di attore militare nel Mediterraneo (10). Diversamente, per l’Egitto gli investimenti nell’economia del mare non guardano solo al campo militare, benché questi siano il principale contesto di destinazione delle risorse. L’idea di fondo egiziana è quella di sfruttare il dominio marittimo nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Rosso per securitarizzare i propri interessi e renderli impermeabili alle minacce transnazionali legati a fattori asimmetrici (pirateria e terrorismo per lo più) e/o di attori regionali ambiziosi (tipo la Turchia). Ciononostante, Il Cairo, anche grazie agli investimenti veicolati dal Golfo (soprattutto dagli Emirati Arabi Uniti), ha puntato a strutturare una marina militare in grado di essere anche al servizio della dimensione civile e quindi di poter sfruttare tale raggio d’azione per proteggere e rilanciare le sue ambizioni geo-economiche nelle partite internazionali della messa in sicurezza delle rotte del commercio globale e delle forniture di energia lungo la direttrice Mediterraneo Orientale-Mar Rosso (11). In altre parole, l’Egitto si pone come una sorta di terza via tra il processo soprattutto civile intrapreso dal Marocco e quello puramente militare dell’Algeria, nel quale comunque Il Cairo scorge alcune affinità geografiche e strategiche nel modello di Rabat.

Al di là del riarmo generalizzato dell’area (12), quel che però desta maggiore interesse della nuova marittimità del Regno è soprattutto la crescita esponenziale dei piani di sviluppo infrastrutturali legati alla portualità. Una politica decisamente nuova e strategicamente aggressiva in quanto è stata capace nell’arco di pochi anni di ridefinire i rapporti di forza fra gli scali dell’area trans-continentale euro-africana e del bacino mediterraneo. Una forza garantita dall’attrazione di investimenti e capitali esteri, tra cui quelli estremamente robusti forniti dalla Cina (11) che, grazie ai suoi importanti investimenti in tecnologia, logistica e commerci, ha contribuito a rimodellare forma e sostanza della politica marittima marocchina.

Alla base delle considerazioni strategiche marocchine vi è appunto il concetto di una migliore connettività, ritenuto come il pilastro fondamentale per garantire sviluppo economico all’intero paese. In questo caso, infatti, i porti sarebbero solo la parte terminale di una strategia ad ampio spettro che mira a collegare da un punto di vista aereo, stradale e ferroviario l’intero Regno al suo interno e nella sua dimensione esterna africana, con il chiaro compito di migliorare l’ambiente imprenditoriale, ridurre i costi extra legati ai trasporti, così come diffondere benessere economico e coesione sociale a livello nazionale, anche verso quelle aree meno densamente abitate e più isolate come quelle meridionali. Egualmente tale discorso si sovrappone con la portualità e la logistica marittima, concepite e pensate come strumenti di governance e di politica economica adatti a migliorare la connettività via mare al fine di garantire al Marocco un’integrazione più funzionale con le catene di approvvigionamento regionali e globali. Ecco perché gli investimenti incessanti nei porti mirano non solo a definire un reale processo di industrializzazione a medio e lungo termine sul piano domestico, ma anche a permettere al paese di sfruttare pienamente il mare, le sue risorse e le potenzialità ancora inesplorate in termini di welfare. Al contempo, un sistema di infrastrutture moderne e funzionali può garantire una maggiore fruibilità di servizi, anche attraverso meccanismi di trasporto multimodali, dove la dimensione marittima è assolutamente cruciale nell’efficientamento del processo (12).

Pertanto per comprendere appieno il valore aggiunto di questo cambio di prospettiva bisogna fare un passo indietro e tornare al 2005, con l’istituzione della legge «15-02», che ha previsto una riforma generale del sistema portuale in Marocco (13). Tale dispositivo è stato motivato da differenti cause riconducibili per lo più alla sostenibilità finanziaria, all’efficientamento economico, alla necessità di aggiornare e potenziare il quadro giuridico di riferimento, nonché nello stabilire un quadro normativo e politico trasparente e adatto per incoraggiare gli investimenti privati al fine di fornire all’operatore pubblico un set di elementi utili alla gestione dell’esercizio e al rafforzamento della competitività. Grazie alla «legge 15-02», vennero istituiti due nuovi enti: l’Agenzia Nazionale Portuale (ANP) e la Compagnia per la gestione portuale (SODEP). Il primo è

un ente di vigilanza dello Stato, con una sua personalità giuridica e autonomia finanziaria, mentre il secondo è l’operatore attivo in tutti i porti del Regno, tranne che nel porto di Tangeri-Med. Fin da subito, quindi, emerge una chiara volontà di rafforzare con strumenti idonei la portualità e gli investimenti a essa collegati, in quanto tale comparto è una componente strutturale e rilevante della strategia di Rabat.

Come sottolineato da Hicham Bouchartat, Abdelali Hajbi e Hassan Abbar, il sistema portuale così pensato può condurre «to a better understanding and decisionmaking of the investment in order to provide different ports with the necessary tools to match operators’ requirements and changing conditions of shipping and packaging. This process is therefore organized in several steps from the genesis of projects to the post-assessment, passing by studies of the project accomplished by specialized committees at both local and central levels» (14). In altre parole, esiste una stretta correlazione tra investimento e processo decisionale che mira a modificare il ruolo dell’operatore e dei servizi che può offrire in questo settore in un’ottica di competitività e concorrenzialità, tanto interna che esterna al paese. Azioni e investimenti sono realizzati per soddisfare una domanda o un’esigenza espressa che mette in comunicazione l’entroterra marocchino con la costa, fornendo al contempo più porti di servizio. Rispondono a questa logica gli investimenti nel terzo terminal container del porto di Casablanca, il terminal polivalente di Jorf Lasfar, il nuovo porto di Safi, oltre ai mega-hub di Nador West Med, Dakhla-Atlantique e Tangeri-Med (15).

Quest’ultimo, il fiore all’occhiello della strategia marittima marocchina, è costituito da tre porti (Tangeri-

Il porto marittimo del Marocco di Tangeri Med (wikipedia.org).

Med 1 e 2 e Tangeri-Med passeggeri) e collegato a 186 porti globali in 77 paesi. È il primo hub per navi portacontainer in Africa e per il trasbordo nel Mediterraneo, tanto da movimentare oltre 7 milioni di TEU nel 2021, in aumento del 24% rispetto al 2020 (16). Situato sulla direttrice marittima est-ovest, Tangeri-Med ha assunto nel giro di pochi anni una centralità assoluta grazie alla pianificazione introdotta dalle autorità centrali. A garantire questo successo ha contribuito anche il fattore fiscale. L’agenzia speciale Tangeri-Med (TMSA), che è stata creata come autorità portuale speciale, beneficia di numerose esenzioni in termini di imposta sul reddito, IVA, tasse di registrazione, imposta sulle imprese, con il chiaro intento di fare del porto un pilastro per lo sviluppo della regione settentrionale. Grazie a questa fiscalità vantaggiosa, nell’area sono stati richiamati investimenti esteri e numerose aziende di diversi comparti. Per esempio, la francese Renault ha aperto uno dei suoi principali stabilimenti al mondo; il colosso digitale cinese Huawei ha annunciato la sua volontà di costruire un centro logistico regionale nell’area di Tangeri-Med. Anche il gruppo Emirates Logistic Group, in collaborazione con Adidas, ha aperto nel distretto industriale del porto un centro logistico di 13.000 m2. A Tangeri sono presenti, tra gli altri, anche altri operatori dello shipping (Maersk, CMA-CGM, Hapag Lloyd), della logistica (DHL, CEVA Logistics, Nippon Express), dell’industria (Varroc, Hands Corporation, Siemens, Valeo, PSA, Magneti Marelli), così come del tessile (quali Decathlon e Ikea) (17). Da questa rapida panoramica, emerge chiaramente come le attività di implementazione legate alla portualità e all’hub di Tangeri-Med sono state soddisfatte in una visione olistica

che ha combinato attività portuali e industriali con il dichiarato intento di sostenere un nuovo sviluppo sociale ed economico territoriale (creazione di posti di lavoro, crescita economica, trasferimento tecnologico, ecc.).

Sulla scia di questo successo, le autorità marocchine hanno programmato altri investimenti nella portualità e nella marittimità affinché Tangeri-Med non sia una mera eccezione nella pianificazione nazionale. Rabat ha infatti approntato un piano portuale definito Strategia 2030 — ideata nel 2012 — per trasformare il paese in una realtà marittima consolidata di primo piano in Africa e nel Mediterraneo. Il settore portuale in Marocco è composto da 13 porti internazionali, 19 per la pesca e 7 per il turismo. De facto, il Regno possiede una trentina di infrastrutture portuali che vedono un traffico annuale combinato di 92,3 milioni di tonnellate di merci. La strategia portuale nazionale del Regno per il 2030 (18), guidata dall’ANP ha previsto investimenti per quasi 7,5 miliardi di dollari per espandere, potenziare e gestire lo sviluppo di tutti i porti localizzati lungo i 3.500 km di costa tra Atlantico e Mediterraneo. Gli investimenti del Marocco hanno raggiunto ogni parte della sua industria marittima, compresa la costruzione di navi, il dragaggio e l’integrazione dei porti con le operazioni quotidiane della città trainati anche dalla costituzione di una Zona Economica Esclusiva (ZEE) di oltre un milione di km2. Allo stesso tempo, gli aumenti previsti nei volumi commerciali richiederanno maggiori investimenti per meglio collegare sia le regioni economiche interne al paese, sia queste aree con i mercati internazionali al fine di definire un coerente potenziale di sviluppo dell’industria marittima marocchina.

A spiegare bene questo processo vi sono due dati: il 95% degli scambi commerciali marocchini avviene via mare; benché l’economia nazionale sia percepita come essenzialmente agricola, le diverse attività legate al mare (dai trasporti alla pesca, passando per il turismo) contribuiscono quasi al 20% del PIL nazionale (19). Tra queste, la pesca resta un settore preponderante per il Marocco, che, secondo le statistiche del Dipartimento nazionale per la pesca, occupa il 17° posto tra i produttori ittici mondiali e il primo in Africa, pescando e raccogliendo un totale di circa 1,5 milioni di tonnellate di frutti di mare l’anno. L’industria ittica rappresenta circa il 2% del PIL nazionale e contribuisce a quasi al 10% delle esportazioni nazionali e al 36% delle esportazioni agro-alimentari. È proprio per rafforzare queste cifre che il Governo ha varato nel 2009 il piano Halieutis (rinnovato nel 2020), con l’obiettivo di sviluppare l’intero settore entro il 2030, ammodernare gran parte dei 19 porti pescherecci (20) disseminati lungo i 3.500 km di costa e aumentare il numero delle unità di lavorazione e degli allevamenti, nonché dei posti di lavoro nel settore ittico (21).

Se, quindi, la modernizzazione dei porti marocchini ha migliorato il settore logistico del paese attraverso una maggiore cooperazione con attori privati per aumentare l’efficienza nel lungo periodo della sua catena del valore, è altrettanto vero che le attività economiche legate al mare hanno partecipato a migliorare il tenore di vita della popolazione, dando nuovo impulso all’economia e contribuendo a riconfigurare la stessa proiezione esterna del Regno tra i due mari. Ciò significa che il Marocco punta a sfruttare le opportunità geostrategiche che gli si sono presentate per assumere un ruolo di leadership nel commercio e nella logistica marittima in Africa e nel Mediterraneo e a rafforzare la sua posizione nello scenario internazionale (22).

Pertanto, il Marocco punta a configurarsi come una moderna potenza talassocratica, ove le ambizioni geopolitiche rispondono — o quanto meno mirano a collegarsi direttamente — con le necessità più propriamente geoeconomiche del Regno. Nel far ciò, Rabat ha messo in pratica una buona pianificazione di lungo periodo volta a soddisfare i principali obiettivi relativi alla competiti-

La nuova corvetta israeliana classe «Sa'ar 6» in navigazione a largo delle coste di Haifa (Reuters/Ilan Rosenberg). vità, alle risorse della catena logistica, alla sicurezza degli approvvigionamenti strategici, alle variabili economiche e all’adattamento ai cambiamenti (geopolitici) a livello regionale e internazionale. Questa maggiore presenza e ruolo navale nel Mediterraneo occidentale e nell’Atlantico centrale, però, deve essere sostenuta in maniera adeguata alle capacità e alle opportunità al fine di evitare un’overstretch che rischierebbe paradossalmente di indebolire e minare le posizioni guadagnate a livello globale. In questa nuova proposta di marittimità, dunque, il Regno tenta di presentare una visione industriale, economica e politica coerente in grado di garantire sostenibilità e adattabilità del sistema, in modo da divenire anche uno strumento per soft power strategico e di deterrenza. Nel far ciò sarà però molto importante portare in parallelo un piano di investimenti anche nella flotta militare, con il compito dichiarato di garantire sicurezza nei trasporti e nelle merci via mare, ma anche per mettere al riparo il paese da possibili nuove tensioni confinarie marittime con Stati rivieraschi o minacce asimmetriche transnazionali. Sebbene l’obiettivo di lungo periodo del Marocco non sia la competizione con i grandi player internazionali, è vero che attraverso una strategia oculata che combini il giusto potenziale marittimo con gli strumenti più idonei per perseguire determinati obiettivi, il Regno nordafricano può ambire a posizionarsi come un solido attore continentale nel trasporto marittimo e nella logistica portuale. 8

NOTE

(1) F. Troisi, Deterrenza e proiezione regionale: lo sviluppo della Marina nazionale algerina in un’ottica mediterranea, Brief Review, Centro Studi Internazionali (CeSI), 1 marzo 2021, www.cesi-italia.org/articoli/1277/deterrenza-e-proiezione-regionale-lo-sviluppo-della-marina-nazionale-algerina-in-unottica-mediterranea. (2) Dentice G., Matrouh: Egypt’s Linchpin in North Africa and the Mediterranean in E. Ardemagni, N.W. Torornto & G. Dentice (eds. by), The Egypt’s Military Under Sisi: Unravelling Factional Politics, Dossier, ISPI & Carnegie Middle East Center (CMRAS), December 6, 2020, www.ispionline.it/it/pubblicazione/egypts-militaryunder-al-sisi-unravelling-factional-politics-28501. (3) Per una riflessione più approfondita sulle rivendicazioni confinarie e le controversie legate alla sovranità territoriale si rimanda alla lettura del seguente articolo: Maritime boundaries between Spain and Morocco, International Institute for Law of the Sea Studies (IILSS), 19 May 2021, http://iilss.net/maritime-boundaries-between-spain-and-morocco. (4) J. Machrouh, Enjeux et perspectives géo-maritimes du Maroc, Policy Brief, 46/21, Policy Center for the New South, November 2021, www.policycenter.ma/sites/default/files/2022-01/PB_46-21_Machrouh.pdf. (5) L’approvazione in via parlamentare delle leggi «37-17» e «38-17» nel febbraio 2020, rispettivamente relative alla delimitazione, in via unilaterale, dei confini marittimi e all’istituzione di una Zona Economica Esclusiva (ZEE) di 200 miglia nautiche, ha creato forte tensioni tra Marocco, Fronte Polisario, Spagna e Portogallo. Per maggiori info: Rising tensions escalate after Morocco extends its territorial waters, MENA Associates, February 5, 2020, www.menas.co.uk/blog/rising-tensionsescalate-after-morocco-extends-its-territorial-waters. (6) Nel dicembre 2020, il Marocco ha normalizzato gradualmente le sue relazioni con Israele soltanto dopo che gli Stati Uniti hanno riconosciuto le rivendicazioni marocchine di sovranità territoriale verso il Sahara occidentale. L’intesa pur non direttamente collegata all’apparato degli Accordi di Abramo, rientra all’interno di questo meccanismo di normalizzazioni dei rapporti tra Israele e mondo arabo-musulmano allargato. (7) Per approfondire la posizione geopolitica e atlantica del Marocco, si veda: Y. Tobi, La maritimisation du monde et l’espace atlantique africain: quelle place pour le Maroc?, Policy Paper, 05/22, Policy Center for the New South, mars 2022, www.policycenter.ma/sites/default/files/2022-03/PP_05-22_Tobi.pdf. (8) A. Sanz, Morocco strengthens its military fleet and diversifies its military purchases in Europe, Atalayar, July 12, 2021, https://atalayar.com/en/content/moroccostrengthens-its-military-fleet-and-diversifies-its-military-purchases-europe. (9) M.J. el-Kanabi, Le Maroc diversifie sa flotte militaire et se tourne vers l’Italie, 2 FREMM en perspective, Hespress, 10 juillet 2021, https://fr.hespress.com/213898le-maroc-diversifie-sa-flotte-militaire-et-se-tourne-vers-litalie-2-fremm-en-perspective.html. (10) F. Troisi (2021), cit. (11) F. Troisi, L’Egitto e il potenziamento della Marina nazionale: la risposta del Cairo alle nuove sfide del Mediterraneo e del Mar Rosso, Brief Review, Centro Studi Internazionali (CeSI), 15 aprile 2021, http://www.cesi-italia.org/articoli/1319/legitto-e-il-potenziamento-della-marina-nazionale-la-risposta-del-cairo-alle-nuove-sfidedel-mediterraneo-e-del-mar-rosso. (12) Per maggiori approfondimenti si veda: V. Talbot e F. Borsari, La spesa militare nei paesi del Medio Oriente e Nord Africa, ISPI per Osservatorio di Politica Internazionale, Nota, 93, Aprile 2021, www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/note/PI0093Not.pdf. (13) Chiaramente nella prospettiva cinese, il rafforzamento della sua presenza negli scali portuali marocchini risponde alle esigenze della rotta atlantica della Belt and Road Initiative. (14) Morocco continues its transformation into a regional and international transport hub, Oxford Business Group, https://oxfordbusinessgroup.com/overview/meeting-point-kingdom-advances-its-agenda-becoming-regional-and-international-transit-hub. (15) Per maggiori approfondimenti, si veda il documento ufficiale: http://aut.gov.ma/pdf/Loi_n_15-02_relative1.pdf. (16) H. Bouchartat, A. Hajbi, H. Abbar (2011) Governance of the Maritime and Port Sector: Morocco as Example, Journal of US-China Public Administration, 8:7, 769. (17) A. Babounia, O. el-Imrani, K. Azougag (2016) Port reform in Morocco: which governance?, International Journal of Advance Research in Computer Science and Management Studies, 4:8, 191-202. (18) M Belli, A Tangeri-Med oltre 7 mln di teu nel 2021, Messaggero Marittimo, 13 gennaio 2022, www.messaggeromarittimo.it/a-tanger-med-oltre-7-mln-di-teu-nel-2021. (19) C. Ndongo, Tanger Med: les dessous d’un pari royal réussi, Jeune Afrique, 16 juin 2021, www.jeuneafrique.com/1188662/economie/port-de-tanger-med-lesdessous-dun-succes-africain. (20) www.equipement.gov.ma/ports/Strategie/Pages/Strategies-portuaires-et-maritimes.aspx. (21) Per ulteriori dati sull’economia marittima marocchina si veda il seguente sito: https://unctadstat.unctad.org/countryprofile/maritimeprofile/en-GB/504/index.html. (22) Secondo la classificazione dell’ANP, 10 porti sono destinati alla pesca regionale (Ras Kebdana, El Jedha, M’diq, Larache, Mehdia, El Jadida, Essaouira, Sidi Ifni, Tarfaya e Boujdour), mentre gli altri 9 sono su base locale (Cala Iris, Sidi Hssaaine, Chmaala, Fnideq, Ksar Sghir, Assilah, Salé, Souiria Lakdima e Imesouane). (23) www.cfcim.org/wp-content/uploads/2019/09/Peche2.pdf. (24) Y. Tobi (2022), cit., p. 12.

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