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Le bolle A2/AD. Negazione e conquista del
La supremazia militare degli Stati Uniti, che può contare su mezzi quantitativamente e qualitativamente superiori a qualsiasi altro paese, ha spinto in risposta, gli Stati competitors a creare aree geografiche strategiche di difficile accesso, definite bolle A2/AD. L’accesso è reso difficoltoso tramite missili basati a terra e su strutture mobili a lunga gittata e soprattutto sfruttando le nuove tecnologie capaci di impedire l’uso dei satelliti. La posizione delle aree A2/AD ha costretto Washington (e di conseguenza la NATO) a rivedere la propria policy d’impiego del proprio strumento militare, spingendo verso quell’integrazione dei domini terra, mare, aria, spazio e cyber, affinché si possa rendere più efficace la capacità dell’expeditionary, non potendo più fare affidamento in toto alle passate certezze delle proprie forward bases.
Come affermava Alfred Mahan nella seconda metà del 1800: «Chi controlla il mare, controlla le ricchezze del mondo che sul mare si spostano». È un pensiero ancora oggi dominante: solo lo Stato può garantire con lo sviluppo di un’adeguata Marina Militare la necessaria tutela della propria Marina Mercantile, quale vettore di prodotti d’importanza anche vitale per un popolo; e per permettere questi import/export, le navi mercantili e quelle da guerra hanno bisogno di punti d’appoggio, basi logistiche, lungo le rotte verso quei paesi cui sono dirette.
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Per questo motivo, storicamente, l’ambizione al Potere Marittimo ha fatto sì che una nazione esercitasse una proiezione di potenza su vari territori: la conquista delle colonie oltre che materie prime, garantivano proprio appoggi sicuri con i loro porti e le loro basi navali. Durante la Guerra Fredda poi, il Potere Marittimo dei blocchi sovietici e statunitensi si confrontò nella misura delle forward bases: basi avanzate della propria sfera d’influenza che fornivano sostegno oltremare. Benché l’idea di utilità strategica del territorio alleato che fornisce supporto logistico resti un caposaldo anche nella geopolitica attuale, dopo la caduta del muro di Berlino, in alcuni punti del globo tale concetto ha subito decise evoluzioni e trasformazioni.
Oggi, infatti, il mondo multipolare oltre a contare sulle basi avanzate, si confronta anche — e soprattutto — con la capacità dell’expeditionary: manovre di proiezione di potenza lunghe e complesse in cui si tende a fare a meno delle proprie forward bases. Questa evoluzione è dovuta principalmente alla diffusione e rapida progressione di tecnologie militari avanzate che hanno aumentato la probabilità di arrecare danni in modo asimmetrico e imprevedibile alle basi poste fuori area.
Gli Stati Uniti in particolare, si sono resi conto di dipendere da basi straniere debilitate, la cui vulnerabilità scaturisce da quelle capacità dei paesi avversari che vengono definite «Anti access (A2)»: strategie di livello operativo, che mirano a impedire l’ingresso delle forze americane in un teatro di operazioni, facendo mancare supporto logistico e basi nell’area, a cui si vanno a sommare le capacità definite «Area Denial (AD)»: strategie di livello tattico, che tendono a frenare la libertà di azione e di movimento nelle aree e che comprendono azioni in aria, a terra, sul e sotto il mare.
È stato così che molte aree del globo, principalmente antagoniste americane, sono passate da un concetto riduttivo di sea denial, circoscritto all’uso principale di sommergibili e mine, a un concetto molto più ampio come la creazione di bolle A2/AD: aree di diniego non solo dell’uso del mare, ma di area, negata anche ai velivoli e all’uso dei satelliti, grazie a moderni e asimmetrici strumenti bellici d’interdizione come l’intera gamma di missili, jammer («disturbatori di frequenze») che impediscono l’utilizzo dei satelliti, l’uso di agenti chimici, radiologici o biologici, minisommergibili e piccoli mezzi veloci.
La minaccia della proliferazione dei missili balistici per la NATO (nato.int).
La soluzione di risposta che Washington ha attuato è stata quella di evolversi, riducendo la dipendenza da tali basi, prevedibili e vulnerabili, sfruttando tutte quelle tecnologie che includono velivoli a lungo raggio, veicoli aerei senza equipaggio e piattaforme furtive che limitano la quantità di supporto logistico necessario.
La nascita delle bolle A2/AD e loro contesto
Nel documento Meeting the Anti-access and Area-Denial Challenge del 2003, l’analista statunitense Andrew Krepinevich sottolinea come minaccia al Potere Marittimo di Washington il pericolo della crescente proliferazione dei servizi satellitari nazionali e commerciali unita allo sviluppo della tecnologia missilistica. Un maggiore accesso a questi servizi satellitari può permettere anche a piccoli Stati (in particolare i Rogue State, «Stati canaglia») in chiara inferiorità marittima rispetto a Washington, di triangolare le infrastrutture fisse e di monitorare quelle mobili statunitensi, poste in basi avanzate. Queste strutture si possono considerare a rischio anche attraverso l’impiego di un numero moderato di missili balistici o da crociera. Ma anche senza impiegarli, il semplice possesso e la relativa minaccia possono dissuadere gli Stati Uniti e i suoi alleati ad avvicinarsi con i propri assetti navali, subacquei e aerei presso queste aree o dal rispondere a un’aggressione in prima istanza.
Tra gli Stati che hanno attuato tale strategia, c’è l’Iran che rappresenta una minaccia A2/AD nello scacchiere regionale medio-orientale. È da qui che Teheran, con i suoi minisommergibili e le sue motovedette veloci, tende a stringere sempre più il collo di bottiglia dello stretto di Hormuz, il choke point dove passano non solo le enormi navi petroliere che partono dagli Stati rivieraschi del Golfo Persico — quasi tutti facenti parte dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) —, ma anche le navi militari americane della quinta flotta con base in Bahrein. In questo scenario, si comprende perché il programma iraniano sullo sviluppo dei missili balistici (in grado di essere vettori nucleari) desta molta preoccupazione in seno alla comunità internazionale, soprattutto dopo il lancio datato aprile 2020, del primo satellite militare iraniano nello spazio.
Gli Stati poi, che per leadership politica, economica e militare, con influenti capacità cyber e informative, tendono a minare in maniera significativa il Potere Marittimo globale statunitense sono la Cina e la Russia, che hanno visto nella realizzazione di bolle A2/AD la possibilità concreta di contrastare il Potere Marittimo statunitense. Per quanto riguarda la Cina, le attività A2/AD vanno lette in un contesto di crescita ed espansione economica e di conseguente evoluzione della postura navale: è sufficiente considerare la protezione che necessita la Nuova Via della Seta marittima oppure il controllo che richiede l’enorme traffico mercantile che attraverso il choke point dello Stretto di Malacca conduce nel Mar Cinese Meridionale.
Per quanto riguarda la Russia, le attività A2/AD vanno lette in un particolare contesto geografico, estremamente esteso su diversi mari, dove la sicurezza marittima deve essere garantita su più fronti, molto distanti da loro, dal mar Baltico al Pacifico, dall’Artico al Mar Nero, fino al Mediterraneo orientale: le diverse bolle A2/AD possono fornire protezione e deterrenza in maniera preventiva, lasciando una minaccia stabile in zone di ampio raggio, anche distanti o distaccate dalla madrepatria.
La Cina
La strategia marittima della Repubblica Popolare Cinese si confronta con gli avamposti americani o alleati americani, che si trovano proprio in prossimità della costa di Pechino. Parliamo di una strategia marittima che ha creato aree A2/AD a strati, su catene di isole, a partire dalla costa che si affaccia sul Mar Cinese Meridionale: la prima catena, quella più vicina alla Cina continentale è funzionale a limitare principalmente lo Stato insulare ribelle e indipendente della Repubblica di Cina: Taiwan, che dista circa 200 km dal territorio continentale di Pechino. Taiwan è un’isola riconosciuta da pochissimi Stati, la cui indipendenza è legata all’equilibrio di forze in area, equilibrio creato grazie alla presenza americana. In questa fascia di mare si trova l’isola amministrata da Pechino di Hainan dove è presente la base navale di Yulin e dove trovano sede i sottomarini nucleari cinesi; sempre nella prima catena di isole, si trovano le isole Paracel e Spratly, scogli e atolli che aldilà dell’apparenza sono di grande rilevanza: la Cina vi ha costruito dal nulla, strutture portuali e due aeroporti: uno nell’isola di Woody Island, uno invece sulle isole artificiali delle Spratly, sulla cui titolarità pende la controversa rivendicazione sia di Taiwan che del Vietnam. L’ammiraglio americano Harry Harris, ex comandante della flotta del Pacifico, definì l’immagine di Grande muraglia di sabbia, per rappresentare i progetti di costruzione di tali isole artificiali.
In questa fascia, trova spazio anche la disputa sulle isole disabitate di Senkaku. Esse sono sotto amministrazione giapponese facendo parte della Prefettura di Okinawa, ma sono rivendicate sia da Taiwan sia dalla Repubblica Popolare Cinese. La seconda catena di isole si allarga dalla costa continentale cinese e si incentra sull’arco delle Isole Marianne settentrionali, dove troviamo l’sola di Guam, avamposto di Washington, ufficialmente territorio non incorporato degli Stati Uniti d’America. L’isola è situata a 3.000 km dalla costa cinese (e 3.400 km dalla Korea del Nord), è la base di 6.000 militari statunitensi e dispone di uno scudo antimissilistico.
La terza catena di isole, che rappresenta il limite più lontano, dalla costa cinese, arriva fino alle isole Hawaii distanti più di 7.000 km dal grande Stato asiatico.
Le distanze tra i vari territori cinesi e americani devono essere misurate con il metro della gittata delle armi posizionate strategicamente su tali terre. E soprattutto, è rilevante il confronto con le gittate delle armi imbarcabili su piattaforme mobili quali navi militari, sommergibili e velivoli a lunga autonomia, che dai porti e dagli aeroporti costruiti su tali isole possono partire. I dati che si leggono sulle agenzie di stampa riguardo alle portate delle armi potrebbero essere soggetti a filtri di propaganda, tuttavia sono la chiave di lettura per leggere e comprendere il trend e la direzione dell’evoluzione tecnologica finalizzata a vincere una «guerra a distanza».
I due missili da crociera supersonici anti-nave cinesi l’«YJ-12» e l’«YJ-18» possono colpire bersagli rispettivamente fino a 400 km e 540 km di distanza. Ma la vera novità è che la capacità anti-nave appartenga anche alla categoria dei missili balistici come il «DF-21D» che può colpire navi da guerra a una distanza di 1.500 km, mentre la sua versione migliorata «DF-26» con un’autonomia di 4.000 km può arrivare a colpire le navi di stanza nella base americana di Guam. A queste armi va aggiunta, come strategia A2/AD, quella dei sistemi jammer, armi
anti-satellitari, che possono interrompere le capacità di comunicazione satellitare e GPS degli Stati Uniti.
La Russia
La Federazione Russa, tenendo conto della superiorità militare della NATO, ha sviluppato mezzi asimmetrici funzionali a una politica di Anti access/Area Denial.
In particolare, si riscontra come le bolle A2/AD russe siano posizionate geograficamente in posizioni altamente strategiche: nel dettaglio, nella regione dell’Oblast’ di Kaliningrad lungo il mar Baltico, a nord nell’Artico, a sud in Crimea nel Mar Nero e in Siria nel Mediterraneo. Queste aree rappresentano una minaccia per tutte le basi logistiche dei paesi NATO, disseminate tra gli alleati americani: nel Baltico sono prossime a Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia, nell’Artico si confrontano oltre che con l’Alaska, con Canada e Norvegia, nel Mar Nero e nel Mediterraneo orientale sono vicine invece a Romania, Bulgaria e Turchia. Considerando la loro posizione geografica e la portata dei sistemi missilistici installati, si comprende perché queste quattro bolle siano d’interesse per i paesi NATO.
La portata del missile da crociera anti-nave «P-800 Oniks» lanciato dal sistema di difesa costiera «K-300P Bastion-P» è di 300 km. Il sistema d’arma antiaereo e antimissile «S-400 Triumph» che utilizza il missile guidato a lungo raggio «40N6», ha una portata di 400 km. Esso, schierato in Siria, oltre a essere uno scudo antimissile, rappresenta una minaccia a distanza per i velivoli provenienti dalle portaerei che navigano nel Mediterraneo orientale. Durante le fasi del conflitto siriano nel 2017 inoltre, sono stati lanciati da navi e sommergibili russi missili da crociera «Kalibr» con una portata di circa 1.500 km contro bersagli terrestri.
Per quanto riguarda i missili balistici, la sfida tra Russia e Stati Uniti è decisamente nota: dalla crisi di Cuba del 1962 a quella degli euromissili degli anni Ottanta. La sfida e l’escalation di tali armi, che tanto hanno spaventato durante la Guerra Fredda, hanno conosciuto però due importanti frenate storiche: la prima è stata lo sviluppo affidabile dello scudo che fornivano i missili antiaerei e antimissile, come per esempio i «Patriot» americani che con i loro 100 km di gittata ne hanno diminuito la minaccia e la deterrenza, la seconda invece, è stata la firma del trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty): un trattato di controllo degli armamenti tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (ereditato poi dalla Federazione Russa) firmato sul finire della Guerra Fredda tra l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il segretario generale sovietico Mikhail Gorbachev. Tuttavia, nel corso del 2019 gli Stati Uniti prima e la Russia poi, hanno sospeso e poi formalmente ritirato tale trattato. A riguardo, c’è da dire che se è vero che un impegno generato in un mondo bipolare può anche sembrare anacronistico oggi dove altri Stati come la Cina possono crescere senza limiti in armamenti, sarebbe comunque opportuno ridiscutere i termini del Trattato con tutti gli attori protagonisti del mondo odierno multipolare.
Infine, come strumento A2/AD, la Russia utilizza anche i sistemi «Krasukha», progettati per bloccare i radar nell’aria, e soprattutto utilizza dispositivi jamming anti-satellitari di guerra elettronica mobile «UAV» (Unmanned Air Vehicle), come il «RB-341V-Leer-3».
La risposta americana (e NATO)
Gli Stati Uniti, per far fronte alle minacce descritte delle bolle A2/AD, hanno scelto di ricorrere all’uso della cosiddetta «MDB» (Multi-Domain Battle): articolate manovre combinate che permetteranno operazioni attraverso l’aria, il mare, la terra, lo spazio e il cyber. Esempi possono essere intromissioni informatiche per interrompere una batteria antiaerea nemica, droni aerei e subacquei oppure armi a lungo raggio terrestri che si proiettano nei domini marittimo e aereo.
La strategia marittima degli Stati Uniti in risposta alla minaccia rappresentata dalle capacità A2/AD della Cina ha visto rinforzare la cooperazione con gli Stati che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale, oltre che tecnologie di difesa aerea e missilistica certamente migliorate.
Nell’isola di Guam, l’USAF (United States Air Force) ha iniziato una politica di sostituzione dei bombardieri strategici come il «B-52H», che tanta fortuna hanno avuto come deterrenza negli anni della Guerra Fredda, con gli «UCAV» (Unmanned Combat Aerial Vehicle), decisamente più idonei a essere utilizzati
Architettura Ballistic Missile Defense (BMD) della NATO (nato.int).
nella nuova stratificata geografia della regione. L’US Navy punta inoltre sulle capacità anti-satellitari e capacità di cyberwarfare quali strumenti utili a neutralizzare i satelliti militari e civili avversari invalidando quella capacità di targeting a distanza che permette la negazione di area.
A livello dei paesi alleati, l’architettura NATO denominata «BMD» (Ballistic Missile Defense) è strutturata su una serie di postazioni, fisse e mobili, con lo scopo di dare copertura e protezione anche a tutte le forze europee NATO contro la proliferazione dei missili balistici. A livello terrestre, il radar «AN/TPY-2» fa parte del sistema «THAAD» (Terminal High Altitude Area Defence), un sistema mobile capace di intercettare missili balistici a corto e medio raggio. A livello marittimo, il radar «AN/SPY-1» fa parte del sistema «Aegis BMD» ed è dispiegato sia su navi americane che pattugliano il Mediterraneo con base a Rota, in Spagna, sia a terra nella versione «Aegis Ashore» nelle basi di Deveselu in Romania e presto a Redzikowo in Polonia. Questi sono sistemi antimissile con portate decisamente maggiori rispetto ai pur sempre collaudati e affidabili missili «Patriot Pac-3»: il «Raython Standard Missile 3» del sistema «AEGIS» ha una gittata di 500 km, confrontabile con il sistema antimissile S-400 russo.
La minaccia A2/AD russa potrebbe spingere la NATO a creare nel Nord Europa un Comando artico e continuare a investire su tecnologie che riguardano i velivoli da pattugliamento a maggiore autonomia o i caccia bombardieri «F-35» che tra i punti di forza non hanno soltanto la moderna suite avionica dei sensori di bordo, ma anche se non soprattutto — nella sua versione a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL) imbarcabile su portaerei —, la capacità di proiezione dal mare con rapido intervento in aree con limitata disponibilità di infrastrutture.
Lancio di un missile superficie-aria
«Raytheon SM 3» del sistema «AEGIS» imbarcato sull'incrociatore lanciamissili
statunitense USS LAKE ERIE (CG 70)
appartenente alla classe «Ticonderoga» (nato.int).
Conclusioni
Il primato militare degli Stati Uniti, che vede nella superiorità aerea proiettabile dalle sue 10 (a breve 11) portaerei un suo centro di gravità, può contare sia su mezzi quantitativamente e qualitativamente superiori a qualsiasi altro paese sia su basi logistiche proprie o alleate in tutto il globo. Questo ha spinto, in risposta, gli Stati competitors a creare aree geografiche strategiche di difficile accesso definite bolle A2/AD, capaci di limitare la libertà di azione navale e aerea.
L’accesso viene reso difficoltoso tramite missili sia balistici sia da crociera, basati a terra e su strutture mobili, di tipo antinave e di tipo antiaereo/antimissile, a lunga gittata e a lunga autonomia, e soprattutto utilizzabili in combinazione alle nuove tecnologie cyber e all’uso dei satelliti che diventano così armi non più impossibili da possedere e target invece possibili da invalidare.
A questi poi, vanno aggiunti e non dimenticati i sempre insidiosi mezzi navali di piccolo tonnellaggio veloci e maneggevoli e i minisommergibili. Washington e di conseguenza la NATO hanno dovuto rivedere la propria policy di impiego del proprio strumento militare, spingendo verso quell’integrazione dei domini terra, mare, aria, spazio e cyber, affinché si possa rendere più efficace la capacità dell’expeditionary, non potendo più fare affidamento in toto alle passate certezze delle proprie forward bases, ormai troppo facilmente vulnerabili. Comprendere le bolle A2/AD vuol dire possedere la chiave di lettura che permette di cogliere il trend tecnologico delle nuove armi e le nuove policy di impiego finalizzate alla conquista o alla negazione del medesimo scopo di sempre: il Potere Marittimo, tra i principali attori geopolitici. 8
BIBLIOGRAFIA
Andrew Krepinevich, Barry Watts, Robert Work, Meeting the Anti-access and Area-Denial Challenge, CSBA, Washington 2003, https://csbaonline.org/research/publications/a2ad-anti-access-area-denial/. Massimo Annati, Battere la strategia Anti Access/Area Denial, RID, febbraio 2014. Francesco Palmas, L’Iran e le capacità A2/AD. Quale futuro per Hormuz?, Panorama Difesa, marzo 2016. Cristiano Martorella, La difesa A2/AD del Giappone, Panorama Difesa, dicembre 2016. Francesco Zampieri, Maritime cybersecurity e maritime cyberwarfare, Rivista Marittima, novembre 2019. Vittorio Pagliaro, Hormuz e la guerra circoscritta, Rivista Marittima, febbraio 2020. Andrea Mottola, L’Arsenale missilistico iraniano, RID, maggio 2020. Paolo Mauri, Le “bolle difensive” della Russia che preoccupano l’Occidente, 6 ottobre 2017, https://it.insideover.com/guerra/le-bolle-difensive-della-russia-preoccupano-loccidente.html. Lorenzo Di Muro, La sfida cinese alla superpotenza passa per Malacca, La gerarchia delle onde, Limes, 7/2019. Treccani, Atlante geopolitico 2017, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2017, pp.282-294, pp.844-848. NATO Ballistic Missile Defence, www.nato.int/cps/en/natohq/photos_112331.htm.
COMPITI DEI PILOTI D’ELICOTTERO
Carico cognitivo e ruolo dei riferimenti visivi esterni durante gli appontaggi su unità navali
Andrea Pingitore (*) Luca Pietrantoni (**)
(*) Ufficiale pilota sperimentatore della Marina Militare, attualmente comandante in II di nave Caio Duilio. Ha comandato il Centro sperimentale aeromarittimo, dove in precedenza ha ricoperto anche l’incarico di capo Settore prove. Brevettatosi Experimental Test Pilot presso la prestigiosa US Naval Test Pilot School di Patuxent River (Stati Uniti), in precedenza ha ricoperto l’incarico di capo Ufficio comando e Aiutante di bandiera presso il Comando delle Forze aeree della Marina. Ha comandato il cacciamine Vieste, dopo essere stato assegnato al Reparto eliassalto del 4° Gruppo elicotteri quale pilota specializzato in operazioni anfibie e speciali. È stato impiegato quale pilota di elicottero in numerosi teatri operativi e missioni umanitarie, in Afghanistan, Libano, L’Aquila e Haiti, oltre che quale membro dello staff della Protezione Civile per l’organizzazione del grande evento «G8» a La Maddalena/L’Aquila. È laureato in Scienze politiche, indirizzo internazionale e ha conseguito tre Master di II livello nell’ambito della Sicurezza internazionale, Studi strategici e Pubblica amministrazione. (**) Professore ordinario di Psicologia del Lavoro e delle organizzazioni al Dipartimento di Psicologia dell’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. È coordinatore del Corso di Laurea Magistrale internazionale in Work and Organizational Psychology. Dal 2015 guida un gruppo di ricerca sui temi dei fattori umani e della sicurezza. È stato responsabile scientifico di progetti di ricerca e innovazione sui temi legati all’interazione tra lavoro e tecnologie, all’ergonomia e alla gestione comportamentale del rischio e della sicurezza. Attualmente è coordinatore del Progetto Horizon 2020 «H-WORK» finanziato dalla Commissione europea sui temi della salute occupazionale. È stato responsabile del progetto di ricerca industriale NUCLEON sullo sviluppo di interfacce in una prospettiva user-centric. Ha svolto attività di docenza e formazione per diverse istituzioni pubbliche (Frontex, Accademia militare di Modena) ed enti privati. Ha pubblicato su riviste quali Accident Analysis & Prevention, Risk Analysis e Frontiers in Psychology.
Figura 1: sistemi di illuminazione e segnaletica standard NATO (NATO
MPP 02 Helicopter Operations from Ships other Than Aircraft Carriers
- HOSTAC). In alto: Pilota Sperimentatore del CSA (CF Luca Moro) in
volo su MH-90A durante attività decolli/appontaggi su nave CAVOUR.
Nell’immagine centrale: validazione dei limiti di impiego del sistema
secondario di movimentazione automatica elicottero NH-90 (Secondary Traversing System - STS) su classe FREMM.
Appontare su una nave militare è una manovra, dal punto di vista cognitivo, estremamente complessa poiché richiede diverse abilità specifiche all’ambiente aeromarittimo. Valutare la quota e la velocità al suolo osservando esclusivamente la superficie del mare sotto l’elicottero è molto più complicato rispetto al più stabile contesto terrestre, poiché i riferimenti visivi esterni (visual cues) sono molto più limitati e la visibilità e chiarezza dei riferimenti possono essere ulteriormente affetti da fenomeni come la nebbia, il cd. sea spray dovuto all’effetto del rotore sul mare e le condizioni di poca illuminazione notturna. In tale contesto, gli ausili luminosi (Figura 1) risultano essere vitali per i piloti in quanto forniscono fondamentali punti di riferimento che delimitano le aree di sicurezza per l’appontaggio, e aiutano il pilota a valutare la posizione della nave, il suo moto e la distanza dall’elicottero. Un’efficace gestione delle risorse di tutto l’equipaggio (crew resource management), la lettura accurata degli strumenti nel cockpit, così come il monitoraggio dell’ambiente esterno sono tutti elementi cruciali per un appontaggio effettuato con successo.
In generale, sono 3 i componenti dell’equipaggio di un elicottero durante le operazioni militari su mare, di
cui 2 piloti seduti nel cockpit e un operatore di volo in cabina dedicato all’impiego dei sensori. Per operazioni più complesse i componenti dell’equipaggio diventano 4, aggiungendo un secondo operatore di volo quale operatore per la situazione tattica per le missioni di tipo ASW (Anti-Submarine Warfare) o ASuW (Anti Surface Warfare), o responsabile di cabina per le operazioni anfibie o speciali. Uno dei due piloti mantiene sempre i comandi di volo mentre l’altro pilota, assieme all’operatore di volo, forniscono assistenza e tutte le necessarie informazioni per coadiuvare il pilota ai comandi. L’equipaggio deve costantemente mantenere la corretta consapevolezza situazionale (Situational Awareness) processando le numerose variabili che si presentano contemporaneamente e ciò comporta situazioni di elevato carico di lavoro. Uno dei primi studi sul carico cognitivo dei piloti di elicotteri (Roscoe & Ellis, 1990) suggerisce che i piloti, normalmente, considerano il carico di lavoro come «capacità residua». La capacità residua viene definita come l’abilità del pilota di condurre task secondari, come per esempio monitorare gli strumenti di volo ed effettuare le comunicazioni radio, mentre controlla l’elicottero come task principale. Maggiore è il carico di lavoro indotto dal task principale, minore è la capacità residua per portare a termine i task secondari. Inoltre, lo sforzo generato per il task principale può aumentare sensibilmente in condizioni meteorologiche avverse, in particolare quando la visibilità è ridotta e in presenza di vento forte, e la soglia per il sovraccarico cognitivo può ridursi in relazione allo stato psicofisiologico del pilota. In altre parole, quando la situazione diventa complessa e il pilota è sottoposto a stress e fatica prolungati, il carico di lavoro può superare le capacità del pilota risultando in un calo della Situational Awareness.
Una Situational Awareness insufficiente è stata identificata come il primo fattore contribuente a incidenti di volo su elicotteri causati da errore umano. La fase finale dell’appontaggio è stata identificata come la più complessa in relazione al carico di lavoro del pilota, il quale deve necessariamente essere molto preciso nel manovrare l’elicottero in una specifica posizione all’interno del cerchio di appontaggio. Una volta che l’elicottero raggiunge la corretta posizione, il pilota, mantenendo il volo stazionario (hover), deve saper leggere correttamente il movimento della nave in rollio e beccheggio, scegliendo il momento giusto per iniziare la discesa ed effettuare l’appontaggio. Le condizioni dinamiche attorno alla nave sono caratterizzate da criticità specifiche, quali per esempio lo spazio limitato del ponte di volo, il continuo movimento (spostamento in avanti, rollio e beccheggio) e la variazione delle condizioni aerodinamiche dovute al flusso di aria instabile a causa delle sovrastrutture della nave e dei gas di scarico. Il flusso dell’aria viene definito come una combinazione di varie correnti sopra e attorno alle sovrastrutture e al ponte di volo, quale risultato dell’effetto del vento e del movimento della nave. La natura e la severità del fenomeno variano significativamente in base a direzione e intensità del vento e alla geometria della nave. Elevata turbolenza causata da un flusso d’aria instabile rende ancor più complicato il mantenimento dell’elicottero correttamente allineato con la nave e in posizione stabile di hover.
Il presente studio
Il presente documento fa parte di un più ampio progetto multidisciplinare che ha lo scopo di sviluppare una tecnologia innovativa per quanto riguarda gli ausili visivi per ridurre il carico di lavoro dei piloti, aumentarne la Situational Awareness e la sicurezza generale durante gli appontaggi sulle navi. Da una prospettiva di design incentrato sull’uomo, comprendere i fattori umani quali il workload cognitivo dei piloti, l’orientamento spaziale e l’allocazione delle risorse cognitive, diventa fondamentale per l’appropriato design di un sistema. Inoltre, la valutazione sulle necessità dei piloti e requisiti per la funzionalità dei sistemi è vitale per il loro impiego corretto, accettazione e fiducia da parte degli utenti finali, favorendo la sicurezza e mitigando potenziali utilizzi non corretti o inutilizzi della tecnologia.
Sebbene limitata, è possibile trovare della letteratura che esplora i fattori umani, gli ausili visivi e altri aspetti legati all’appontaggio di un elicottero su una nave. Per esempio, nel 1991 sono state condotte una serie di analisi e osservazioni su due piloti in un simulatore di volo, i quali hanno fornito una descrizione dettagliata della manovra di appontaggio, dall’avvicinamento a 5 miglia nautiche dalla nave fino all’ultima fase, assieme a un elenco degli ausili visivi che i piloti impiegavano durante
ogni fase. Lo studio ha rivelato che i piloti utilizzavano principalmente gli strumenti di volo nel cockpit durante la prima metà della manovra, mentre gli ausili visivi esterni li guidavano nella seconda metà fino all’appontaggio. Un ulteriore studio di Hoencamp (1) nel 2008 riporta le risposte di vari piloti al questionario sulla rilevanza di fattori differenti durante l’appontaggio di un elicottero su una nave. I piloti hanno valutato che le condizioni di vento relativo (intensità e direzione del vento relativamente al moto della nave), il peso dell’elicottero e il rollio della nave fossero i fattori che incidevano in modo più critico sulla complessità della manovra di appontaggio sia in arco diurno che notturno. Inoltre, sono stati evidenziati i fattori umani, il ruolo dei riferimenti visivi e dell’automazione nell’elicottero, con un particolare focus sugli aeromobili con singolo pilota. Gli autori hanno sottolineato la necessità di migliorare e aumentare l’efficacia dei riferimenti visivi esterni per i piloti, in particolare durante le fasi finali di un appontaggio, quando l’elicottero raggiunge l’ambiente dinamico della nave. Un recente studio di Minotra e Feigh (2) del 2018 si è soffermato maggiormente sui processi cognitivi dei piloti durante le operazioni a bordo di una nave, effettuando interviste a quattro piloti di elicottero dopo averli sottoposti alla cosiddetta Applied Cognitive Task Analysis (ACTA). Essi hanno fornito una dettagliata descrizione dei vari step durante l’appontaggio e hanno identificato i compiti cruciali, ad elevato carico cognitivo, durante ogni fase in cui è richiesto un cospicuo livello di esperienza, mettendo a sistema le limitazioni e le criticità sulla sicurezza legate all’attuale tecnologia in uso. Il presente studio mira ad ampliare le conoscenze sui fattori che influenzano le prestazioni dei piloti di elicottero durante l’appontaggio sulle navi. Inoltre, verranno proposte alcune raccomandazioni al fine di migliorare i riferimenti visivi con l’obiettivo di aumentare la Situational Awareness dei piloti, diminuire il loro carico cognitivo e accrescere la sicurezza generale durante le operazioni di volo a bordo delle unità navali.
Il metodo
In questo studio è stato adottato un approccio di tipo esplorativo-qualitativo. Sono stati intervistati dieci piloti della Marina Militare Italiana, tutti di sesso maschile e
Attività di Ship-Helicopter Operating Limitations (SHOL) su nave CAVOUR, con impiego di zavorra e del «Sistema Acquisizione, Registra-
zione, Analisi Dati» (SARAD) in telemetria.
Attività di Ship-Helicopter Operating Limitations (SHOL) sullo Spot SAR di nave CAVOUR, con elicottero MH-90A.
con diversi livelli di esperienza di volo, tra le 500 e le 2.300 ore di volo (media= 1.387 ore, deviazione standard= 654,6), abilitati su due diversi tipi di elicottero (EH-101 e NH-90). Sono state effettuate, in due giorni, interviste semi-strutturate ai piloti della durata di 90 minuti ciascuna con la presenza di almeno due ricercatori qualificati per intervista. Ogni intervista è stata registrata, trascritta e analizzata utilizzando il cosiddetto metodo di analisi dei contenuti per dati qualitativi (Content analysis method for qualitative data - Hsieh & Shannon, 2005). Precedenti studi avevano utilizzato altri metodi, come per esempio il Task analysis in the field of rotorcraft research (Minotra & Feigh, 2018), ma nel caso specifico si è preferito l’utilizzo dell’approccio ACTA per il protocollo delle interviste, specificatamente adattato ai piloti di elicottero.
In accordo con la recente letteratura, si è voluto ampliare le precedenti ricerche nelle seguenti aree: a) lo sforzo del pilota durante la manovra di appontaggio e la descrizione degli elementi più critici dal punto di vista cognitivo, al fine di identificare i compiti cruciali che contribuiscono al carico di lavoro del pilota durante ogni fase; b) i principali riferimenti visivi interni ed esterni che il pilota sfrutta durante le differenti fasi dell’appontaggio, per comprendere quali siano le informazioni che servono al pilota per completare con successo la manovra; c) i potenziali miglioramenti agli ausili luminosi visivi della nave, che possano facilitare l’acquisizione dei corretti riferimenti per il pilota.
Nella prima parte è stato chiesto ai piloti di descrivere la manovra dell’appontaggio in un numero di fasi da 3 a 6 ed evidenziare le difficoltà specifiche per ogni fase in merito al carico cognitivo.
Le domande specifiche di questa parte sono state:
«Immagini di dover appontare su una nave con condizioni meteorologiche buone, può suddividere la manovra in un numero di fasi che va da 3 a 6?»;
Quale delle fasi che ha identificato considera la più complessa dal punto di vista cognitivo e perché?».
Successivamente, si è indagato sui riferimenti visivi interni ed esterni e le informazioni cruciali per consentire al pilota di completare la manovra. Le domande specifiche per questa parte sono state:
«Quali informazioni provenienti dagli strumenti all’interno del cockpit sono cruciali per poter eseguire con successo ogni fase della manovra di appontaggio?»;
«Quali riferimenti visivi esterni sono fondamentali per completare la manovra?».
Infine, è stato esplorato il potenziale miglioramento
degli ausili luminosi visivi che possano aiutare il pilota nell’orientamento spaziale e nel posizionare l’elicottero correttamente. Ai piloti è stato chiesto di fornire alcune raccomandazioni in merito a miglioramenti di contenuti, design e rappresentazione dei riferimenti visivi in modo da ridurre sostanzialmente il carico cognitivo del pilota e facilitare la manovra di appontaggio, in particolar modo nella fase finale. La domanda specifica per questa parte è stata:
«Ha qualche suggerimento per il miglioramento degli ausili visivi luminosi in appontaggio, e della tecnologia attualmente in uso al fine di facilitare la manovra di appontaggio?».
I risultati
Descrizione della manovra, elementi cognitivi critici e principali riferimenti visivi
I piloti hanno descritto la procedura di appontaggio in diverse fasi e alcuni hanno fornito una descrizione più dettagliata rispetto ad altri. Nello studio sono stati analizzati i dati provenienti da tutte le interviste ai piloti, integrandoli in una descrizione esaustiva della procedura di appontaggio, evidenziando i principali riferimenti visivi esterni e interni e gli elementi cognitivi critici per ogni fase. 1) Individuare visivamente la nave, ricercare i punti di riferimento visivi esterni
Il primo compito per il pilota è localizzare visivamente la nave, il quale si è rivelato un compito particolarmente complesso. Esso può essere facilitato mediante l’impiego dell’apparato Tactical Air Navigation system (TACAN) che permette di localizzare la nave fornendo rilevamento e distanza da essa. Tuttavia, il TACAN non è sempre disponibile sulle navi o il suo impiego non è consentito durante alcune missioni specifiche in cui la nave deve rimanere occulta. Pertanto, in tali occasioni i piloti devono fare affidamento esclusivamente sui dati forniti dal GPS. È importante fare menzione che la maggior parte dei piloti intervistati avevano un background di operazioni speciali. Gli elicotteri configurati per operazioni speciali spesso non sono equipaggiati con un radar di navigazione in grado di fornire ai piloti informazioni aggiuntive sulla posizione della nave, la distanza e i suoi elementi del moto (rotta e velocità). In particolar modo di notte, o quando le condizioni meteorologiche non sono favorevoli, può risultare molto complicato localizzare la nave.
«Uno dei compiti più complessi è localizzare la nave, e talvolta per periodi anche lunghi dobbiamo fare affidamento esclusivamente sui dati del sistema di navigazione GPS». 2) La discesa verso il sentiero di avvicinamento
Una volta localizzata la nave, il pilota inizia la discesa basandosi sulle informazioni fornite dagli strumenti di volo nel cockpit e in accordo con le pertinenti procedure operative. Durante questa fase viene stabilita la comunicazione radio con il Flight Deck Officer (FDO), che fornisce al pilota diverse informazioni, quali rotta e velocità della nave, movimenti della piattaforma (rollio e beccheggio) e condizioni ambientali (vento assoluto e relativo), necessarie ad impostare la manovra di avvicinamento all’Unità. Successivamente il pilota riceve l’autorizzazione ad appontare e, in caso di ponte di volo multispot, l’esatto spot di appontaggio. L’informazione più importante è data dal vento relativo, espresso in termini di velocità e differenza di gradi rispetto alla rotta nave. In una fase precedente, quando in contatto con il controllore di volo della nave, il pilota fornisce informazioni relative al tipo di elicottero, la posizione e la quota, il carburante residuo, le persone a bordo, l’armamento e ogni altra informazione che può essere rilevante per l’appontaggio. Tutti i piloti intervistati hanno, inoltre, sottolineato che l’informazione che ricevono dal FDO relativamente alla rotta e velocità della nave risulta essere fondamentale per il corretto allineamento dell’elicottero. I riferimenti visivi e gli strumenti che i piloti impiegano durante le varie fasi dell’appontaggio sono riportati in Tabella 1 (pagina 77). In generale, l’avvicinamento è maggiormente guidato dagli strumenti di volo nel cockpit fino a una distanza di 0,5 miglia nautiche dalla nave. Mentre in alcuni elicotteri tutte le informazioni necessarie sono integrate in un singolo schermo, in altri queste informazioni sono distribuite nel cockpit, aumentando il carico cognitivo per il pilota (e.g. su AB-212, precisando che, come detto, sono stati intervistati solo piloti di EH101 e NH-90).
«Nelle prime fasi, il volo è quasi completamente
strumentale, specialmente di notte. Avvicinandosi alla nave è importante che il pilota non ai comandi di volo mantenga il controllo di ciò che avviene all’interno del cockpit, mentre il pilota ai comandi deve smistarsi sui riferimenti che provengono dall’esterno». 3) Seguire il sentiero di avvicinamento fino al ponte di volo smistandosi sul volo a vista con riferimenti visivi prevalentemente esterni
I piloti devono identificare visivamente il ponte di volo prima che l’elicottero arrivi al punto di mancato avvicinamento (circa mezzo miglio nautico dalla nave). Giunti in questa posizione, nel caso in cui non sia stato possibile stabilire il contatto visivo con l’unità l’avvicinamento dovrà essere interrotto, effettuando la manovra di riattaccata per poi prepararsi per un secondo avvicinamento. Durante questa fase i piloti si concentrano principalmente sul mantenimento della velocità e della quota e, una volta acquisiti gli opportuni riferimenti visivi, spostano la loro attenzione verso il rateo di avvicinamento, ovvero la velocità relativa dell’elicottero rispetto alla nave, che viene normalmente calcolato dal copilota. Il cambio con il volo prevalentemente a vista avviene quando i riferimenti della nave sono chiaramente visibili dal pilota. Il riferimento visivo maggiormente usato in questa fase è il cosiddetto «sentiero di avvicinamento» o Glide Slope Indicator (GSI), assieme alle luci per l’allineamento all’appontaggio (Landing Line-up Lights). Il GSI è un sistema luminoso di riferimento visivo che fornisce al pilota l’indicazione del corretto angolo di discesa verso la nave ed è gestito dal FDO, che ne cura il settaggio, l’accensione e lo spegnimento. Il sistema emette un fascio luminoso a 3 colori (verde, ambra e rosso) e il pilota deve seguire la luce verde per ottenere una discesa corretta. Uno dei piloti ha affermato che il GSI è cruciale per un avvicinamento corretto, ma generalmente viene richiesto al FDO di spegnerlo quando l’elicottero è in prossimità del ponte in modo da potersi concentrare sulla segnaletica luminosa che delimita l’area di appontaggio e sulle indicazioni di precisione fornite dal personale di assistenza sul ponte di volo. A questo punto il pilota si smista verso un tipo di volo principalmente a vista e ciò rappresenta un ulteriore elemento complesso da un punto di vista cognitivo.
«Cambiare da informazioni interne strumentali a una visione esclusivamente esterna può causare un pericoloso disorientamento spaziale». Il compito del copilota è di monitorare gli strumenti del cockpit e comunicare ogni informazione rilevante per il pilota ai comandi, in particolare il rateo di avvicinamento, la velocità verticale e la quota. Uno dei piloti intervistati ha sottolineato come sia essenziale per il pilota ai comandi orientare la propria attenzione fuori dal cockpit man mano che l’elicottero si avvicina alla nave, mentre continuare a fornire informazioni provenienti dagli strumenti nel cockpit diventa il compito principale del copilota. 4) Entrare sul ponte di volo della nave e posizionarsi sopra il cerchio di atterraggio
Attività di prova rifornimento in hover (Helicopter In-Flight Refueling - HIFR) con elicottero SH-90A su classe «Orizzonte». Nella pagina accanto: Pilota Sperimentatore e Comandante del CSA (CF Andrea Pingitore).
I piloti hanno affermato che nella maggior parte delle operazioni ma-
rittime, un membro dell’equipaggio (l’operatore di volo) è seduto in cabina e in questa fase ha il ruolo di fornire indicazioni al pilota in merito alla posizione dell’elicottero rispetto al ponte di volo, informando sulla distanza dei carrelli principali dal ponte e segnalando quando la fusoliera e la coda dell’elicottero entrano nella zona sicura libera da ostacoli, al fine di evitare impatti con le strutture della nave.
«Vi è una comunicazione tra il pilota e il copilota e una tra il pilota e l’operatore in cabina il quale ha un campo visivo maggiore rispetto ai piloti, in particolare sull’elicottero EH-101 che ha una lunghezza di circa 20 metri. Il pilota è seduto davanti e le ruote dei carrelli principali si trovano circa 10 metri indietro, quindi l’operatore in prossimità del portellone in cabina, che si trova più o meno al centro della fusoliera, è in grado di visualizzare molto meglio la posizione dell’elicottero».
Al fine di posizionare correttamente l’elicottero, i piloti si orientano utilizzando la segnaletica e l’illuminazione sul ponte. Tuttavia, è essenziale mantenere una quota sul ponte di 10-15 piedi affinché il pilota possa vedere la segnaletica e l’illuminazione poiché il campo visivo è particolarmente ristretto dal pannello degli strumenti, soprattutto su elicotteri di nuova generazione, per tali motivi diventa fondamentale il ruolo dell’operatore in cabina. Uno dei piloti ha affermato che sebbene normalmente la presenza dell’operatore di volo è garantita in cabina, in alcuni casi le operazioni di volo devono essere condotte senza la loro presenza e assistenza. In questo caso il pilota deve contare esclusivamente sui riferimenti rappresentati dalla segnaletica e illuminazione orizzontale. Durante questa fase le comunicazioni tra l’equipaggio sono normalmente intensificate, mentre quelle con la nave sono ridotte ai soli eventuali motivi di emergenza in quanto ricevere ulteriori informazioni dalla nave può essere addirittura controproducente.
«Alcune volte può essere fastidioso comunicare con l’FDO perché oltre alle comunicazioni con la nave, il pilota deve comunicare con il copilota che fornisce le informazioni degli strumenti di volo e con l’operatore in cabina che dà indicazioni sulla posizione, quindi durante la fase finale dell’appontaggio le comunicazioni esterne all’elicottero possono disturbare molto. In particolare quando si deve gestire un’emergenza, una comunicazione esterna nel momento sbagliato è estremamente controproducente». Questa fase richiede un elevato carico di lavoro in quanto il pilota deve integrare informazioni provenienti da diverse fonti, effettuando il cosiddetto «controllo incrociato» che richiede un elevato livello di esperienza e consapevolezza situazionale da parte del pilota. «Due fattori sono fondamentali qui, la manualità nel pilotare l’elicottero e la capacità di effettuare numerose operazioni contemporaneamente. Il controllo incrociato consiste nel valorizzare le informazioni provenienti dai diversi strumenti di volo, assieme alla posizione dell’elicottero rispetto alla nave e all’ambiente esterno. Naturalmente, piloti meno esperti sono più lenti a effettuare questo controllo incrociato, rispetto a piloti più esperti». 5) Hovering sul punto di appontaggio con rateo di avvicinamento alla nave nullo
Il compito principale in questa fase è stabilizzare l’elicottero nella posizione corretta e prepararsi per la discesa finale. I piloti normalmente raggiungono il ponte di volo a una quota di 15-20 piedi e successivamente scendono a un hover più basso, a circa 10 piedi sopra il cerchio di appontaggio. Le navi più moderne sono dotate di barre per l’orizzonte artificiale (Horizon Reference Bar - HRB) situate normalmente sopra il portellone dell’hangar. Le HRB sono giro-stabilizzate in modo da rimanere sempre orizzontali e rappresentare la linea dell’orizzonte talvolta più visibile. Le interviste hanno evidenziato come in condizioni diurne i piloti
possono facilmente osservare l’orizzonte vero, mentre di notte o in condizioni di scarsa visibilità le HRB diventano fondamentali per apprezzare il rollio della nave. I piloti possono usare le HRB e le luci che delimitano l’area di appontaggio per correggere l’assetto dell’elicottero e identificare il momento corretto per iniziare la discesa verso l’appontaggio. Inoltre, sono molto utili per evitare di seguire con l’elicottero il movimento della nave, il quale, a detta dei piloti intervistati, rappresenta l’errore più frequente da parte dei piloti più giovani.
«Un errore comune che i piloti con poca esperienza commettono è variare l’assetto dell’elicottero seguendo il rollio della nave mentre dovrebbero mantenersi in linea con l’orizzonte reale. Poiché in questa fase è necessario guardare sempre fuori dal cockpit e non è possibile seguire costantemente l’orizzonte artificiale all’interno, il punto di riferimento diventa la nave, mentre invece dovrebbe essere l’orizzonte reale».
I piloti devono monitorare il corretto posizionamento dell’elicottero sopra il cerchio di appontaggio e essere consapevoli del movimento della nave. Diventa fondamentale qui mantenere un elevato livello di Situational Awareness e individuare il periodo di oscillazione del ponte e, anticipando il momento di maggiore stabilità completare la manovra.
«Non è affatto semplice individuare il momento giusto per la discesa finale, è una fase in cui il carico di lavoro è molto alto». 6) La discesa verticale fino al contatto con il ponte di volo
La fase finale è allo stesso tempo la più veloce e la più critica per quanto riguarda la sicurezza, in particolare in condizioni meteorologiche avverse. Una volta che viene impostata la discesa, il pilota deve mantenere un rateo costante e idoneo ad assicurare il giusto impatto con il ponte ed evitare qualsiasi danno all’elicottero.. Inoltre, considerando che gli elicotteri hanno generalmente in hover un assetto a cabrare, il campo visivo del pilota è ulteriormente limitato e ciò non consente di visualizzare opportunamente l’area sotto l’elicottero. Uno dei piloti ha affermato che un errore comune in questa fase consiste nello scendere troppo rapidamente e non riuscendo a vedere l’area sotto l’elicottero rende questa fase particolarmente complicata da un punto di vista cognitivo.
Questa fase, assieme alla precedente, è stata identificata da parte dei piloti come quella più critica da un punto di vista cognitivo.
«Le ultime due fasi sono indubbiamente le più complicate, è importante raggiungere la posizione corretta sul ponte di volo con i giusti parametri, e la discesa finale è la più complessa in termini di carico di lavoro». Potenziali miglioramenti dei sistemi di riferimento
Come già evidenziato, i risultati del presente studio supportano l’evidenza che le situazioni di elevato carico di lavoro sono associate in particolare alle fasi finali dell’appontaggio, cioè durante l’ingresso sul ponte di volo, l’acquisizione del hovering stabile sul cerchio di appontaggio e la discesa verticale fino al contatto con il ponte. Durante tali fasi il pilota deve monitorare e integrare un’elevata quantità di informazioni audio-visive e manovrare l’elicottero in un’area ristretta, costituendo, assieme all’ambiente dinamico della nave, un compito estremamente complesso che richiede un elevato livello di esperienza e consapevolezza situazionale. Considerando che la seconda parte della procedura di appontaggio viene condotta principalmente mediante l’utilizzo di riferimenti visivi esterni, è stato richiesto ai piloti intervistati di fornire alcune idee per migliorare gli ausili visivi per l’appontaggio in modo da facilitare la manovra. I piloti hanno segnalato che il primo compito complesso che potrebbe essere facilitato attraverso riferimenti visivi esterni più efficaci è raggiungere l’area di appontaggio e la corretta posizione sopra il cerchio di appontaggio. Inoltre, è stato suggerito che gli ausili luminosi potrebbero includere un’indicazione dello scostamento (longitudinale e laterale) dell’elicottero rispetto al punto teorico di appontaggio. Questa informazione è attualmente comunicata dall’operatore seduto in cabina e non sarebbe facilmente acquisibile guardando fuori dal cockpit. Due piloti in particolare hanno suggerito che avere un’informazione visiva della posizione laterale e longitudinale dell’elicottero sul ponte di volo renderebbe molto più semplice e ancora più precisa la manovra di posizionamento.
«Avere un’indicazione della propria posizione rispetto alla linea centrale dello spot e all’asse longitudinale sarebbe di grande aiuto».
Una volta che l’elicottero raggiunge il ponte di volo e inizia la fase di hovering, il pilota deve integrare l’informazione relativa alla posizione dell’elicottero con il
Piloti Sperimentatori (CF Luca Moro e CF Nicola D’Amico) e Ingegnere Sperimentatore (TV Vincenzo Giordano) del CSA impegnati in attività
di Dynamic Interface/SHOL su nave CAVOUR, con impiego di strumentazione SARAD e casco da volo di tipo Helmet Mounted Sight & Display
(HMS/D).
movimento della nave, al fine di identificare il momento appropriato per la discesa finale. Le informazioni relative al moto di rollio e beccheggio della nave, assieme alle condizioni di vento sono essenziali e vengono normalmente comunicate al pilota dal FDO. Tuttavia, i piloti hanno suggerito che avere tali informazioni visualizzate in maniera immediata e integrata ridurrebbe molto lo sforzo cognitivo e faciliterebbe il processo decisionale per effettuare l’appontaggio. Inoltre, un pilota ha suggerito che l’indicazione della direzione e intensità del vento relativo mostrata visivamente consentirebbe il costante accesso da parte dei piloti a tale informazione, senza la necessità di richiederla al FDO, e ciò aumenterebbe la sicurezza in particolare durante manovre critiche come la riattaccata.
«Il rollio e il beccheggio della nave e le loro variazioni fornirebbero un’informazione istantanea sul movimento del ponte di volo, in modo da indicare quando il ponte è stabile ed effettuare l’appontaggio. Quindi, non sono importanti solo i valori numerici ma anche le loro variazioni e tendenze».
Un altro elemento è il rateo di avvicinamento dell’elicottero (i.e. la velocità relativa) che i piloti devono calcolare o stimare. I piloti intervistati hanno suggerito che potrebbe essere utile visualizzare in qualche modo tale informazione.
«Un aspetto che sarebbe molto utile e attualmente non esiste è l’informazione della velocità relativa dell’elicottero rispetto alla nave. Adesso è il pilota a doverla calcolare o stimare e ciò potrebbe essere complicato in una situazione di avvicinamento notturno».
Le informazioni riguardo al moto dell’Unità, movimenti del ponte, direzione e intensità del vento, sono comunicate ai piloti dal FDO via radio. Sarebbe altresì opportuno disporre di un sistema di back up da impiegare nel caso di comunicazioni radio interrotte o intermittenti, che implementi il mondo cognitivo all’interno del cockpit, riducendone la dipendenza dal FDO. Un sistema di tale portata avrebbe molteplici vantaggi, tra cui, una minore congestione delle frequenza radio che verrebbero, quindi, impiegate solo per motivi di sicurezza ed altamente prioritari, oltre che a ridurre la possibilità di incomprensioni, dovute, alle volte, all’interazione tra equipaggi di nazioni differenti.
Informazioni grafiche mostrate direttamente sulle strutture della nave potrebbero ridurre il rischio di interpretazioni sbagliate delle comunicazioni, in particolare di notte e con condizioni meteorologiche avverse. «Sarebbe molto utile avere un sistema alternativo, poiché quando si comunica con l’FDO potrebbero verificarsi delle interruzioni nelle comunicazioni, la radio può non funzionare, perciò disporre comunque di tali informazioni con altre modalità è importante».
La discussione
Il presente studio qualitativo si proponeva di identificare gli elementi critici da un punto di vista cognitivo durante le differenti fasi della procedura di appontaggio su una nave, a tal fine scomposta in sei differenti fasi. È stato possibile, quindi, descrivere i fattori rilevanti che influiscono sulla sicurezza durante la procedura di appontaggio, oltre a raccogliere i suggerimenti dei piloti per un possibile miglioramento dei sistemi di bordo. Lo studio ha inoltre consentito di identificare e classificare i compiti critici che i piloti devono portare a termine durante ogni fase dell’appontaggio, puntando i riflettori sulla complessità dell’intera manovra. Oltre alla descrizione dettagliata dell’operazione di appontaggio, è stato possibile identificare anche i diversi fattori rilevanti per la sicurezza e l’efficacia della procedura di appontaggio. Sono state identificate sei differenti fasi dell’avvicinamento e appontaggio di un elicottero su una nave.
Come illustrato nella Tabella 1 (pagina 77), ogni fase è caratterizzata da obiettivi specifici, difficoltà ed elementi critici dal punto di vista cognitivo che vanno ad aumentare il carico di lavoro del pilota. La suddivisione in fasi fornita dai piloti e la maggior parte degli elementi critici cognitivi individuati si sono rivelati coerenti con i risultati ottenuti in precedenti studi, in particolare quello di Minotra e Feigh del 2018. Tuttavia, questo studio ha evidenziato la complessità della fase finale dell’appontaggio, dividendola ulteriormente in due fasi distinte (la 5 e la 6) con compiti specifici e difficolta diverse. Basandosi sul contenuto dell’analisi delle interviste, sono state identificate quattro categorie di fattori rilevanti per le operazioni di volo sulle navi, che possono influire significativamente sulla procedura di appontaggio (Figura 2): a) fattori legati ai piloti; b) fattori legati all’elicottero; c) fattori legati alla nave; d) fattori legati all’ambiente esterno.
Hoencamp nel 2008 aveva già descritto i fattori umani, della nave e dell’elicottero, come maggiormente rilevanti per le operazioni di appontaggio, tuttavia, basandosi sulle affermazioni dei piloti, si ritiene che il fattore legato all’ambiente esterno possa rappresentare una quarta categoria di fattori da prendere in considerazione. a) Fattori legati ai piloti
Innanzitutto, i fattori legati ai piloti interessano sia l’equipaggio di volo, sia l’equipaggio della nave. I piloti
Figura 2: fattori rilevanti della procedura di appontaggio con illustrazione delle varie fasi (NATO MPP 02 Helicopter Operations from Ships other Than Aircraft Carriers - HOSTAC).
intervistati hanno indicato che le fasi finali dell’appontaggio richiedono un costante monitoraggio di diversi indicatori interni ed esterni e di effettuare più operazioni contemporaneamente (e.g. il controllo incrociato degli strumenti e dei riferimenti visivi). I piloti meno esperti spesso hanno una minore abilità a effettuare velocemente il controllo incrociato e ciò aumenta il loro sforzo cognitivo lasciando meno spazio alle capacità residue. In accordo con il già citato studio di Minotra e Feigh del 2018, è stato riscontrato che smistare da un volo strumentale a un volo a vista con riferimenti prevalentemente esterni nella terza fase può portare al fenomeno di disorientamento spaziale anche nei piloti con maggiore esperienza di volo. Questo risultato è particolarmente rilevante ed evidenzia la necessità di ulteriori ricerche legate a questo fenomeno. Nella letteratura legata all’aviazione, il disorientamento spaziale viene spesso indicato con il termine «vertigo» ed è stato identificato come il fattore maggiormente contributivo negli incidenti in cui il pilota mantiene il controllo dell’aeromobile. Mentre nel passato il fenomeno veniva considerato come una risposta anomala causata da determinate patologie vestibolari, al giorno d’oggi è riconosciuto come una normale risposta del corpo umano a stimoli anormali. Specificatamente, la vertigo può accadere quando il pilota smista rapidamente il suo sguardo dagli strumenti di volo ai riferimenti esterni nei casi in cui lo spostamento dell’attenzione non viene eseguito al momento corretto o se il pilota vacilla tra i due riferimenti (interni ed esterni). È opportuno menzionare che ciò può accadere sotto circostanze ben definite ed è fortemente legato alle caratteristiche individuali. Vi sono, pertanto, alcuni vantaggi e svantaggi sulle principali innovative contromisure per il disorientamento spaziale nel volo controllato e tutte sottolineano l’importanza di migliorare i agendo direttamente sui programmi addestrativi del personale aeronavigante, stimolandolo sull’argomento. In questo contesto, gli ausili di nuova tecnologia all’appontaggio, puntando a migliorare la Situational Awareness dei piloti, agiscono come una contromisura particolarmente efficace. Per esempio, in passato sono stati considerati i benefici di un sistema denominato Pilot Assisted Landing System (PALS) utilizzando un simulatore di volo. Il sistema, progettato specificatamente per contrastare la turbolenza creata dalle strutture della nave, usa un elevato livello di controllo sui comandi di volo per mantenere la posizione dell’elicottero sul ponte di volo. I risultati registrati hanno mostrato che il sistema PALS ha fornito in maniera consistente la prestazione desiderata e si è rivelato particolarmente utile nell’assistere il pilota nel mantenere la cognizione sulla corretta posizione dell’elicottero sul ponte di volo. Anche in questo caso è necessario approfondire le ricerche al fine di identificare le corrette contromisure e fornire elementi utili per lo sviluppo di tecnologie innovative per assistere il pilota in appontaggio. I risultati emersi dal presente studio suggeriscono che comunicazioni verbali e radio tra il pilota, il copilota e l’FDO devono essere ben organizzate e seguire un percorso prevedibile. Una comunicazione dalla nave effettuata nel momento sbagliato può “saturare da un punto di vista cognitivo” il pilota con informazioni ridondanti o non necessarie, portando a un calo nella sua Situational Awareness e aumentando il rischio di un incidente. La Situational Awareness del pilota è cruciale nel gestire le informazioni provenienti da diverse fonti e nel pianificare il flusso delle azioni da compiere. I piloti intervistati hanno indicato che, idealmente, non dovrebbe esserci alcuna comunicazione dalla nave una volta che l’elicottero entra sul ponte di volo. La fatica è un altro fattore che può influenzare negativamente la prestazione del pilota, diminuendo la capacità di attenzione e la sua reattività. L’appontaggio è normalmente la manovra finale per il pilota che rientra da una missione di volo e richiede uno sforzo cognitivo maggiore dopo una fase di volo di trasferimento meno impegnativa. b) Fattori legati all’elicottero
I fattori legati all’elicottero includono il tipo di elicottero, le sue dimensioni, il peso, l’ergonomia degli strumenti di volo nel cockpit, la manovrabilità, le dimensioni della cabina e il campo visivo per il pilota. Nel presente studio i piloti provenivano da due differenti linee di volo, EH-101 e NH-90. Il primo ha una lunghezza di circa 20 metri e un peso massimo al decollo di 15,6 tonnellate mentre il secondo è lungo 16 metri e ha un peso massimo al decollo di 11 tonnellate. La lunghezza dell’elicottero è particolarmente importante durante la quarta fase dell’appontaggio, quando cioè il pilota deve valutare il momento in cui la coda dell’elicottero entra nella zona di sicurezza all’interno del ponte di volo al fine di evitare la collisione
tra la coda e le estremità del ponte. Il peso dell’elicottero è particolarmente rilevante durante la discesa finale in cui il pilota deve mantenere un rateo di discesa tale da evitare danni strutturali nell’impatto con il ponte di volo. Riguardo l’ergonomia degli strumenti nel cockpit, i piloti intervistati hanno evidenziato come in alcuni tipi di elicottero sia necessario monitorare strumenti differenti per ottenere tutte le informazioni necessarie riguardo la velocità, la quota e il rateo di discesa, mentre in altri tipi possono ottenere tutte le informazioni necessarie integrate in un unico schermo e ciò facilita l’esecuzione della manovra e riduce il carico di lavoro. c) Fattori legati alla nave
I fattori legati alla nave determinano ulteriormente la complessità dell’appontaggio. Un ponte di volo instabile a causa del movimento della nave (per la velocità, il beccheggio, il rollio e le variazioni di prora) è il maggior fattore a rendere complessa la manovra per il pilota nella fase finale dell’appontaggio. Il pilota deve leggere e anticipare in maniera accurata i movimenti della nave, il che richiede una gestione efficace delle informazioni e un elevato livello di Situational Awareness. Le dimensioni del ponte di volo riducono ulteriormente la zona di sicurezza per la manovra poiché il pilota deve evitare la collisione con le strutture della nave. Gli ausili luminosi per l’appontaggio come le luci per l’allineamento longitudinale, quelle che delimitano l’area di appontaggio e le cosiddette «barre» per l’orizzonte artificiale, forniscono dei punti di riferimento addizionali. Tuttavia, la disponibilità e la visibilità di queste luci può variare da nave a nave e in base alle condizioni ambientali. I piloti impiegati nel presente studio hanno identificato il beccheggio e il rollio come i movimenti più importanti della nave, mentre la prora e la velocità della nave vengono comunicate dal FDO già dalle prime fasi dell’avvicinamento. Tali parametri di prora e velocità devono rimanere invariati durante tutta la procedura di appontaggio e variazioni significative possono comportare un ordine di riattaccata. Pertanto, i piloti hanno indicato che la prora e la velocità della nave rappresentino i parametri meno rilevanti del movimento della nave, rimanendo sempre costanti, rispetto al rollio e beccheggio che assumono valori non prevedibili e dipendenti dalle condizioni meteomarine possono variare da nave a nave e in base alle condizioni ambientali. d)Fattori legati all’ambiente esterno
Infine, l’ambiente esterno include fattori addizionali che possono influenzare significativamente la sicurezza ma anche facilitare le operazioni per l’appontaggio. Uno stato del mare non favorevole tende ad aumentare i movimenti della nave rendendo più complicato per il pilota identificare il momento migliore per l’appontaggio. Foschia, pioggia, condizioni di bassa visibilità, turbolenza, e condizioni di forte vento aumentano notevolmente il carico di lavoro del pilota. Inoltre, appontare di notte prevede una ridotta visibilità e disponibilità di punti di riferimento visivi, rendendo sempre più complicato per il pilota individuare e comprendere i movimenti della nave. In precedenti studi la turbolenza è stata considerata un fattore determinante particolarmente nelle fasi finali dell’appontaggio, mentre nel presente studio i piloti non hanno espressamente menzionato tale fattore, bensì hanno citato maggiormente l’effetto del vento relativo (cioè la combinazione del movimento della nave e delle condizioni del vento) e la necessità di avere un’informazione precisa sulla direzione e intensità del vento relativo. Si è deciso, quindi, di includere la turbolenza nella sua accezione più ampia come un fattore rilevante legato all’ambiente esterno, suggerendo però la necessità di esplorare ulteriormente l’impatto e la rilevanza della turbolenza sulle prestazioni dei piloti e sulla sicurezza delle operazioni di volo da bordo delle navi. Raccomandazioni
Un altro scopo del presente studio era quello di raccogliere suggerimenti da parte dei piloti su possibili miglioramenti degli ausili luminosi per l’appontaggio su una nave, al fine di incrementare la Situational Awareness dei piloti, ridurre il loro carico cognitivo e aumentare la sicurezza generale delle operazioni di volo. L’analisi delle interviste ha consentito di individuare le fasi con maggiore carico di lavoro e proporre possibili strade per ridurre la richiesta cognitiva attraverso un adeguato design dei riferimenti visivi esterni. I risultati suggeriscono delle raccomandazioni per i riferimenti visivi che possano modellare la complessità della manovra alle capacità del pilota e migliorarne le prestazioni, ridurre gli errori e facilitarne le decisioni nei momenti decisivi e nelle situazioni critiche. In generale, il metodo principale per i piloti di raccogliere informazioni è attraverso
i riferimenti visivi esterni, preferito anche alla comunicazione verbale, come suggerito ugualmente da precedenti studi. Pertanto, un miglioramento significativo potrebbe essere raggiunto attraverso la rappresentazione di diversi indicatori, quali la posizione dell’elicottero rispetto al ponte di volo, il rateo di avvicinamento dell’elicottero, informazioni sul rollio e beccheggio della nave e l’intensità e direzione del vento. Avere queste informazioni rappresentate graficamente all’interno del campo visivo del pilota comporta una potenziale diminuzione del carico cognitivo generato dai compiti secondari e quindi facilitare il compito principale del pilota, cioè manovrare l’elicottero per l’appontaggio.
Limitazioni dello studio
L’uso di metodi qualitativi ha consentito di condurre una ricerca approfondita sull’esperienza soggettiva dei piloti durante un appontaggio su una nave, che sarebbe stata impossibile attraverso di metodi quantitativi. Le interviste semi-strutturate ACTA si sono rivelate un metodo molto valido per lo scopo dello studio, tuttavia, i risultati presentano comunque alcune limitazioni. Lo studio, infatti, era basato su interviste che hanno generato un’estensiva quantità di dati, ma la loro affidabilità e validità devono essere valutate con attenzione. La ricerca qualitativa è basata per la maggior parte sull’interpretazione e la personalità del ricercatore, le opinioni personali, l’espe-
FASI DI AVVICINAMENTO E APPONTAGGIO, PRINCIPALI RIFERIMENTI VISIVI ED ELEMENTI COGNITIVI CRITICI (TABELLA 1)
FASE STRUMENTI DI VOLO AUSILI VISIVI DELLA NAVE ELEMENTI CRITICI COGNITIVI
1
Localizzare visivamente la nave, ricercare punti di riferimento visivi esterni (>2 NM, >500 ft)* • Velocità • Quota • Prua • Luce lampeggiante in testa d‘albero Identificazione e riconoscimento della nave in mare aperto
2
Discesa verso il sentiero di avvicinamento (2-0.5 NM, 500-300 ft) • Velocità • Quota • Velocità verticale • Luce lampeggiante in testa d’albero • Luci per l’allineamento rispetto all’asse longitudinale Comprendere l’orientamento della nave e l’allineamento dell’elicottero per una corretta discesa; comunicazioni con la nave
3
Seguire il sentiero di avvicinamento verso il ponte della nave e smistarsi su un volo prevalentemente a vista (0.5-0 NM, 300-15 ft)
Entrare sul ponte di volo e allinearsi con il cerchio d’appontaggio (0 NM, 15 ft)
Volo stazionario (hover) sul punto d’atterraggio con un rateo di avvicinamento pari a zero (0 NM, 5-10 ft) • Rateo di avvicinamento • Quota • Potenza • Sentiero di avvicinamento (GSI) • Luci per l‘allineamento Smistarsi dalle informazioni dentro il cockpit a una vista dei riferimenti esterni; mantenere il corretto sentiero di discesa
4
• Rateo di avvicinamento • Quota • Potenza • Segnaletica orizzontale sul ponte • Orizzonte artificiale • Luci del ponte di volo • Semaforo • Luci per la riattaccata Determinare quando le strutture dell’elicottero entrano nella zona di sicurezza sul ponte; comunicazioni con l’equipaggio; raggiungere la posizione corretta sul cerchio d’appontaggio
5
• Rateo di avvicinamento • Quota • Potenza necessaria per rimanere stabile in hover • Velocità verticale • Assetto • Segnaletica orizzontale sul ponte • Orizzonte artificiale • Luci del ponte di volo • Semaforo • Luci per la riattaccata Mantenere l’elicottero stabile, allineato con l’orizzonte vero, mantenere il corretto rateo di avvicinamento e monitorare i movimenti della nave
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Discesa verticale fino al contatto delle ruote con il ponte (0 NM, 5-0 ft) • Rateo di avvicinamento • Quota • Velocità verticale • Assetto
* Distanza media dalla nave (in miglia nautiche) e quota elicottero (in piedi). • Orizzonte artificiale • Luci del ponte di volo • Semaforo • Luci per la riattaccata Waveoff Lights Valutare il momento corretto per il contatto con il suolo; mantenere un rateo di discesa sicuro
rienza pregressa, e il suo backgroud culturale modellano necessariamente il modo in cui i dati vengono raccolti, analizzati e interpretati. L’uso di un linguaggio specifico e di termini tecnici da parte dei piloti, una formulazione impropria o un’incomprensione dell’informazione comunicata rappresentavano un ulteriore fattore di rischio che deve essere evidenziato in maniera appropriata. Al fine di mitigare questi rischi, almeno due ricercatori esperti erano sempre presenti durante ogni intervista e la loro comprensione sulle affermazioni dei piloti veniva sempre confrontata e discussa alla fine delle interviste. In aggiunta, tutte le interviste sono state registrate e trascritte per effettuare un’analisi dei contenuti e minimizzare il rischio di possibili perdite di informazioni. Inoltre, ogni pilota ha fornito informazioni sulla propria passata esperienza di volo, ma non è stato possibile valutare le loro performance durante un effettivo appontaggio con un elicottero o attraverso il simulatore di volo.
Sono stati raccolti dati qualitativi di uno specifico gruppo di piloti in un ambiente paragonabile a un laboratorio e ciò costituisce una limitazione. Nonostante quanto evidenziato, si ritiene che l’elevata quantità di informazioni raccolte e il confronto incrociato dei ricercatori sul significato delle affermazioni dei piloti, tenderebbe a eliminare ogni potenziale rischio sulla validità delle conclusioni del presente studio. Studi futuri che includano un approccio quantitativo per esplorare problematiche come il carico di lavoro del pilota e le tecniche di visualizzazione dei riferimenti sono fortemente incoraggiati. Infine, al fine di ottenere un campione eterogeneo che potesse condurre a conclusioni più generali, sono stati intervistati piloti con diversi livelli di esperienza. Sono stati selezionati i piloti in base alle ore di volo effettuate e ciò rappresenta un indicatore accettabile per il livello di esperienza. Tuttavia, le capacità effettive dei piloti e lo stile di volo sono fattori essenziali ai quali non è stato possibile accedere non avendo avuto la possibilità di osservare i piloti durante degli appontaggi reali. Inoltre, il campione esaminato era composto interamente da piloti uomini, e ciò rappresenta un’altra limitazione in quanto l’esperienza di piloti donna può variare significativamente rispetto ai colleghi uomini. Nonostante le limitazioni evidenziate sullo studio, si ritiene che i risultati forniscano un valido spaccato dell’esperienza dei piloti e rappresenti un importante contributo per questo settore di studio ancora sottoposto a continua ricerca.
Conclusioni
Il presente studio fornisce un importante riferimento all’interno dell’esperienza dei piloti durante le operazioni di appontaggio su unità navali. Mirava, infatti, a ottenere una conoscenza più approfondita degli elementi che contribuiscono al carico di lavoro cognitivo dei piloti durante la manovra di appontaggio e a identificare i fattori rilevanti che influenzano le prestazioni dei piloti e la sicurezza generale della procedura. È stata fornita un’analisi dettagliata della manovra di appontaggio con la descrizione di ogni fase, dei riferimenti visivi che il pilota ricerca e dei vari elementi cognitivi che contribuiscono al carico di lavoro del pilota. Seguendo studi precedenti, sono state identificate le fasi finali come le più impegnative da un punto di vista cognitivo, ed è stato evidenziato come i riferimenti visivi esterni siano cruciali per i piloti al fine di mantenere la giusta Situational Awareness. Sono stati così forniti dei suggerimenti riguardo a possibili miglioramenti dei riferimenti visivi esterni che possano ridurre il carico cognitivo legato alla manovra e migliorare le prestazioni dei piloti e la sicurezza generale dell’appontaggio. Vengono incoraggiati, inoltre, ulteriori studi per esplorare alcuni aspetti quali le strategie dei piloti per prevenire il disorientamento spaziale, anche se questo aspetto rimane ancora oggetto di ricerche e non è stata raggiunta ancora una piena comprensione del fenomeno. Come già menzionato nel presente documento sono stati adottati un approccio e una metodologia comune a precedenti studi, pertanto i risultati hanno confermato ulteriormente le problematiche già emerse in passato. Allo stesso tempo però, questo studio ha fatto emergere elementi di novità e unici che vanno ad ampliare la conoscenza sugli appontaggi di elicotteri su unità navali e sui vari fattori rilevanti per le prestazioni dei piloti e la sicurezza del volo. La tabella 2 (pagina 79) sintetizza con una lista i risultati singolari del presente studio. Inoltre, gli ulteriori studi dovrebbero focalizzarsi sulla comprensione delle tecniche visive dei piloti e sulle potenziali tecnologie innovative per migliorare i riferimenti visivi esterni. 8
COMPARAZIONE DEI RISULTATI CON LO STUDIO MINOTRA E FEIGH - 2018 (TABELLA 2)
STEP/FASE IDENTIFICATA
MINOTRA E FEIGH (2018) STUDIO PRESENTE
1. Localizzare la nave
2. Discesa fino al punto di riattaccata
3. Smistare la visualizzazione quando la nave è in vista
4. Arrivo al punto di riattaccata
5. Ultimo punto per smistare la visualizzazione o riattaccare
6. Attraversamento del limite poppiero del ponte di volo 1. Localizzare visivamente la nave ricercando i punti di riferimento visivi esterni
SIMILARITA’ RISULTATI
NUOVI RISULTATI
Identificato come critico dal punto di vista cognitivo
2. Scendere verso il sentiero di avvicinamento
3. Seguire il sentiero di avvicinamento verso il ponte della nave e smistarsi su un volo prevalentemente a vista I piloti monitorano la quota, velocità o il rateo di avvicinamento
Identificato come critico dal punto di vista cognitivo; cambiare visualizzazione può causare disorientamento spaziale Le comunicazioni radio con l’FDO si intensificano; i piloti fanno riferimento soprattutto agli strumenti del cockpit; il carico di lavoro è influenzato da diverse configurazioni HMI (Human-Machine Interface)
Gli ausili luminosi visivi diventano rilevanti, in particolare il GSI e le linee e luci di allineamento longitudinale; le comunicazioni con il copilota si intensificano
Il presente studio ha identificato queste sotto fasi come parti di un’unica fase dell’avvicinamento. Nello studio di Minotra e Feigh viene posta maggiore enfasi sul punto di riattaccata.
4. Ingresso sul ponte di volo e allineamento con il cerchio d’appontaggio Le comunicazioni con l’equipaggio diventano cruciali Identificato come critico dal punto di vista cognitivo per l’intensificazione delle comunicazioni con l’equipaggio e la necessità di un controllo incrociato di esse; le comunicazioni con la nave possono creare distrazione ed essere controproducenti
7. Hover e contatto col suolo 5. Hover sul punto d’atterraggio con un rateo di avvicinamento pari a zero
6. Discesa verticale fino al contatto con il ponte di volo Identificato come particolarmente critico; importanza dell’orizzonte artificiale; i piloti meno esperti sono proni agli errori a causa del disorientamento spaziale Elevato carico di lavoro per la grande quantità di informazioni visive che il pilota deve integrare per posizionare correttamente l’elicottero sopra il cerchio d’appontaggio
Fase critica: identificare il momento di quiescenza, mantenere la corretta posizione e monitorare gli strumenti di volo per una discesa sicura
NOTE
(1) Alrik Hoencamp, flight test engineer olandese brevettatosi presso la Empire Test Pilot School (ETPS) in UK, esperto in flight testing a bordo di unità navali. (2) Lo studio è denominato Studying pilot cognition in ship-based helicopter landing maneuvers, presentato all’American Helicopter Society International Forum nel 2018.
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