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La dimensione marittima della guerra in Ucraina

Prime lezioni e valutazioni

Michele Cosentino

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Contrammiraglio (ris.) del Genio Navale, ha frequentato l’Accademia Navale nel 1974-78 e ha successivamente conseguito la laurea in Ingegneria navale e meccanica all’Università «Federico II» di Napoli. In seguito, ha ricoperto vari incarichi a bordo dei sottomarini Carlo Fecia Di Cossato, Leonardo Da Vinci e Guglielmo Marconi e della fregata Perseo. È stato successivamente impiegato a Roma nella Direzione generale degli Armamenti navali, il Segretariato generale della Difesa/Direzione Nazionale degli Armamenti e lo Stato Maggiore della Marina, in incarichi relativi al procurement di sistemi navali, alla cooperazione internazionale e alle relazioni con le Marine estere. Nel periodo 1993-96 è stato destinato al Quartier generale della NATO a Bruxelles, occupandosi di Politica militare e Pianificazione delle Forze. Nel periodo 2005-11 ha lavorato al «Central Office» dell’Organisation Conjointe pour la Cooperation en matiere d’Armaments (OCCAR) a Bonn, occupandosi della gestione dei programmi d’armamento in cooperazione e delle discipline nel settore del programme management. Ha lasciato il servizio a settembre 2012, è transitato nella riserva della Marina Militare e nel 2016 è stato eletto Consigliere Nazionale dell’ANMI per il Lazio Settentrionale e successivamente Membro del Comitato Esecutivo Nazionale dell’ANMI. Dalla primavera del 2021 fa inoltre parte del Consiglio Direttivo e del Comitato Scientifico del Centro Studi di Geopolitica e Strategia Marittima (CeSMar). Dal 1987 collabora con numerose riviste militari italiane e straniere e ha pubblicato oltre 600 fra libri, saggi monografici, articoli e ricerche su tematiche di politica e tecnologia navale, politica internazionale, difesa e sicurezza e storia navale: partecipa regolarmente a convegni e seminari su tematiche di sicurezza marittima e geopolitica.

L’ invasione militare dell’Ucraina a cura della Federazione Russa, iniziata il 24 febbraio 2022, si è sviluppata anche attraverso una direttrice marittima focalizzata prevalentemente sul Mar Nero: a circa 8 mesi dall’inizio del conflitto, la quantità e la qualità delle informazioni giunte in Occidente attraverso varie fonti consentono di analizzare alcuni eventi importanti che rientrano nella dimensione marittima del conflitto e di esprimere le valutazioni su quanto occorso e su quanto potrebbe accadere.

Gli obiettivi politico-strategici di Mosca

Esaminando gli eventi occorsi a cavallo del 24 febbraio 2022, il principale e immediato obbiettivo della

Un’immagine che mostra l’incendio scoppiato a bordo della nave da sbarco russa SARATOV, colpita, direttamente o indirettamente, da un missile ucraino mentre si trovava nel porto di Berdyansk, già occupato dalle forze russe (defenceimagery).

Russia era — e forse rimane — assicurarsi che l’Ucraina cessasse di rivolgersi all’Occidente, neutralizzandone manu militari le aspirazioni all’ingresso nell’Alleanza atlantica e nell’Unione europea. A quest’obiettivo si collega la duplice volontà di chiudere l’accesso al mare all’Ucraina (indispensabile per i commerci marittimi di Kiev) e di ampliare una zona cuscinetto fra il territorio russo e quello delle nazioni dell’Europa centrorientale aderenti alla NATO: il corollario chiave legato a questi obiettivi rimane l’espansione dell’influenza politica della Russia su altre zone d’interesse, mettendo in campo una forza militare che durante la Guerra fredda aveva avuto l’occasione di esprimere parzialmente le proprie capacità solamente in Afghanistan. Se il perseguimento di questi

Ricavata da fonti aperte, la posizione dei due gruppi navali della Marina russa in Mediterraneo all’inizio di aprile 2022: la lettera A indica il gruppo guidato

dall’incrociatore VARYAG e comprendente il rifornitore di squadra BORIS BUTOMA e il cacciatorpediniere ADMIRAL TRIBUTS. La lettera B indica invece il gruppo navale dell’incrociatore lanciamissili MARSHAL USTINOV, con il cacciatorpediniere VITSE ADMIRAL KULIKOV, la fregata ADMIRAL GORSHKOV e il rifornitore KALININGRADNEFT. La cartina mostra anche le unità in porto a Tartus, mentre non è possibile stabilire la posizione dei due sottomarini

classe «Improved Kilo» presenti comunque nell’area (the shipyard2.co.uk).

obiettivi è legato all’impiego di uno strumento militare dimensionato per operazioni essenzialmente aeroterrestri e missilistiche, la neutralizzazione dell’Ucraina e l’intimidazione di altre nazioni filo-occidentali non NATO, per esempio la Georgia, doveva svilupparsi anche attraverso operazioni marittime, condotte nel Mar Nero. Naturalmente, l’espansione delle operazioni al teatro marittimo del Mar Nero ha implicato per Mosca anche una valutazione del possibile comportamento e delle possibili reazioni non solo della Romania e della Bulgaria (nazioni NATO con forze navali di dimensioni tutto sommato modeste), ma soprattutto della Turchia, anch’essa nazione NATO in possesso di forze navali di tutto rispetto, ma che da qualche anno a questa parte segue una sua agenda politico-strategica non sempre analoga a quella dell’Alleanza, e a volte simile a quella russa per motivi politici ed economici. In questa valutazione di Mosca, non poco hanno giuocato anche le evidenze operative legate alla geografia, in primo luogo la necessità della Marina turca di tener gli occhi aperti su tre fronti marittimi, il Mar Nero a nord, l’Egeo a est e il Levante mediterraneo a sud: per Ankara, questa necessità è legata a un’esigenza di elevato valore politico-strategico, vale a dire il mantenimento del suo ruolo di «guardiano degli Stretti», in aderenza alla Convenzione di Montreaux (1).

Un ulteriore obiettivo politico della Russia era quello di spezzare la coesione politica della NATO e dell’Unione europea, facendo leva soprattutto sull’eccezionale arma a sua disposizione, cioè le forniture di gas e petrolio a numerose nazioni dell’Europa centrale e meridionale: tuttavia, come si sarebbe potuto constatare sin da subito, questa mossa non è andata a buon fine, pur con tutti i distinguo fra le predette nazioni. Anzi, a 8 mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, non sembra azzardato affermare che il Cremlino ha fallito nel raggiungere quest’obiettivo, ottenendo invece l’effetto opposto in termine di risposta politico-militare a cura di NATO e UE.

Le caratteristiche generali del conflitto

Avendo assunto l’iniziativa di occupare il resto del territorio ucraino dopo l’invasione della Crimea nel 2014 e grazie al supporto fornito alle sedicenti Repubbliche secessioniste del Donbass, la Russia ha potuto scegliere che tipo di conflitto combattere per raggiungere gli obiettivi citati in precedenza. Denominata «operazione speciale» per fornirgli una patente di conformità giuridica alla legislazione russa, l’invasione dell’Ucraina ha

visto l’applicazione integrale di quella che viene definita «dottrina Gerasimov», dal nome del capo di Stato Maggiore e viceministro della Difesa della Federazione Russa, il generale Valerij Vasilevic Gerasimov (2). In realtà, un’analisi delle valutazioni apparse sulla stampa russa e occidentale dopo il 2013 ha smentito che Gerasimov sia l’autore di una vera e propria dottrina o addirittura di una grand strategy: facendo infatti riferimento alla sua visione della grand strategy degli Stati Uniti, Gerasimov ha sostanzialmente dato organicità e applicazione a concetti formulati dai suoi predecessori e collaboratori, in cui alle operazioni militari tradizionali vengono associate e mescolate — contestualmente o secondo un calendario ben determinato — forme di conflittualità non convenzionale (3). In sostanza, si propugna non solo lo sfruttamento massiccio della propaganda e dei mezzi di comunicazione di massa (comprese le false informazioni), ma anche attacchi cyber, forme di coercizione economica, sobillazione politica e sociale, negazione delle risorse energetiche, impiego di contractors e qualsiasi altro strumento che, in un modo o nell’altro, possa provocare danno al nemico e ai suoi sostenitori. Al complesso di queste misure è stato dato il nome di guerra ibrida, all’interno della quale coesistono zone di guerra grigia assieme a zone di confronto soft (bianche) e zone di guerra guerreggiata (nere). Naturalmente, il concetto di guerra ibrida è stato applicato, seppur in scala minore, anche dalle forze ucraine, e il tutto sta influenzando non poco le opinioni di osservatori e analisti di tutto il mondo.

Circoscrivendo l’analisi alla conflittualità convenzionale, l’invasione russa del 24 febbraio aveva probabilmente tre obiettivi tattici principali: la decapitazione del vertice politico-militare di Kiev, la conquista della costa ucraina a oriente e occidente della Crimea e l’occupazione del resto del territorio ucraino. Funzionale al raggiungimento di questi obiettivi è stata l’apertura di fronti d’avanzata a nord, est e sud. Oltre a una popolazione di circa 46 milioni di abitanti, l’Ucraina ha una superficie di 603.550 kmq e una parte di essa era già occupata da forze russe (Crimea) e filorusse (parte del Donbass); di conseguenza, l’invasione della Crimea nel 2014 aveva decurtato l’originaria estensione costiera ucraina, pari a 1.550 km, di un buon 60% e provocato una netta separazione fra la costa occidentale ucraina e quella orientale, quest’ultima affacciata su un Mar d’Azov ormai da tempo diventato uno specchio d’acqua chiuso presidiato e controllato dalla Marina russa. Inoltre, la costruzione del Ponte di Crimea (in russo, Krymskijmost), o Ponte di Kerč’), inaugurato nel dicembre 2019, ha facilitato enormemente i movimenti di personale e materiali fra il territorio della Federazione Russa e la Crimea (4).

Mettendo a sistema questa configurazione territoriale e la tradizione militare russo-sovietica, la connotazione convenzionale della guerra russo-ucraina ha visto finora una netta prevalenza della dimensione aeroterrestre, con massicci bombardamenti di artiglieria e missili (5), offensive condotte dall’Armata Rossa e operazioni di forze speciali. Nonostante questa prevalenza aeroterrestre, esiste un fronte marittimo del conflitto che non può essere ignorato e che va dunque analizzato in maggior dettaglio, considerandone le diverse implicazioni sulla situazione navale all’interno e all’esterno del Mar Nero.

I contendenti e le loro strategie

La dimensione marittima del conflitto russo-ucraino vede principalmente all’opera due forze navali ampiamente sbilanciate, la Marina ucraina e la Flotta del Mar Nero. Un tentativo di Mosca per rafforzare quest’ul-

La fregata ucraina HETMAN SAGAIDACHNY, appartenente alla classe «Kri-

vak III», ereditata dalla Flotta russa del Mar Nero e qui ripresa a Mykolayev, semiaffondata dal proprio equipaggio per evitare che potesse essere catturata dalle forze nemiche (overtdefense.com).

tima con unità combattenti e ausiliarie provenenti dalle altre Flotte della Marina russa (per lo più del Baltico e del Pacifico) è stato reso parzialmente vano dalla decisione della Turchia di sospendere il transito dello Stretto dei Dardanelli in entrata e in uscita poco dopo l’inizio delle ostilità, applicando la Convenzione di Montreaux e considerando la Russia e l’Ucraina come nazioni belligeranti. La chiusura degli Stretti è stata annunciata il 27 febbraio dal ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, ribadendo l’attuazione in modo trasparente di tutti gli articoli della Convenzione, e in particolare dell’Art.19: qualche giorno dopo, il presidente

Erdogan aveva affermato che il governo di Ankara ha «… deciso di utilizzare l’autorità conferita al nostro paese dalla Convenzione di Montreux in modo da prevenire l’escalation della crisi» (6). L’Art.19 della Convenzione recita testualmente: «In tempo di guerra, ove la Turchia non sia belligerante, le navi da guerra godranno di completa libertà di transito e di navigazione negli stretti nelle identiche Il sottomarino ROSTOV-NA-DONU in transito negli Stretti il 22 febbraio 2022, proveniente da un ri- condizioni di cui agli articoli da 10 schieramento in Mediterraneo; ogni battello della classe è equipaggiato con sei tubi di lancio da 533 mm ed è verosimile che gran parte delle armi imbarcate sia formata da missili «Kalibr» (Turkish MoD). a 18. Il passaggio attraverso gli Stretti sarò vietato nondimeno alle navi da guerra di tutte le Potenze belligeranti, salvo i casi rientranti nell’articolo 25 della presente Convenzione, nonché in caso di assistenza prestata ad uno Stato vittima di aggressione in forza di un trattato di mutua assistenza, al quale la Turchia sia vincolata … (omissis)… In deroga al divieto di transito sancito nel precedente secondo comma, le navi da guerra delle Potenze belligeranti rivierasche o no del Mar Nero, separate dalle loro basi, sono autorizzate a raggiungere tali basi. È vietato alle navi da guerra belligeranti di procedere a catture, esercitare il diritto d’ispezione e abbandonarsi a un qualsiasi atto ostile negli Stretti» (7). Prima della decisione del governo turco, la Marina russa — Voennomorskoj flot o VMF — aveva potuto far affluire nel Mar Nero tre navi anfibie provenienti dalla Flotta del Baltico, che si sono unite a quelle già presenti nella Flotta di base a Sebastopoli. Viceversa, la decisione di Ankara ha fatto sì che altre forze navali russe affluite in Mediterraneo da Gibilterra fossero obbligate a unirsi a quelle già presenti nel bacino, peraltro anch’esse appartenenti alla La fregata ADMIRAL ESSEN in banchina a Sebastopoli. Dopo circa due settimane dall’inizio dell’invasione, la Marina russa ha deciso di cancellare il distintivo ottico dalle unità navali in azione nel Mar Nero (RIA Novosti). Flotta del Mar Nero: impossibilitato ad attraversare gli Stretti in entrata, l’insieme di queste forze è rimasto

Una cannoniera costiera veloce classe «Byurza-M», ancora con i colori della Marina ucraina: almeno tre esemplari sono state catturate e incorporate nella Flotta del Mar Nero (Ukraine MoD).

dunque nel Mediterraneo, alternando il pendolamento fra la zona centrale e orientale del bacino con periodi di sosta nella base navale di Tartus, in Siria. Le unità navali russe presenti in Mediterraneo sono elencate nella tabella seguente: di esse, incrociatori e cacciatorpediniere lanciamissili e unità ausiliarie sono stati ereditate dalla Marina ex-sovietica e sono dunque di concezione e costruzione ormai lontane nel tempo, mentre le altre (i due sottomarini, la corvetta lanciamissili e il cacciamine) sono unità entrate in servizio non da molto tempo, benché i loro progetti si rifacciano all’epoca precedente.

All’interno del Mar Nero, all’inizio del conflitto operava l’incrociatore lanciamissili Moskva (classe «Slava») in funzione di flagship per formazioni navali di superficie comprendenti le fregate Admiral Essen e Admiral Makarov (relativamente nuove) e un certo numero di unità anfibie tratte dagli 11 esemplari ivi dislo-

Tipo

Incrociatori lanciamissili

Cacciatorpediniere lanciamissili

Sottomarini

Fregate lanciamissili

Corvetta lanciamissili

Cacciamine

Rifornitore di squadra

Unità ausiliarie

Unità raccolta informazioni

Nome

Marshal Ustinov, Varyag

Admiral Tributs, Vitse Admiral Kulakov

Novorossysk, Krasnodar

Admiral Kasatanov, Admiral Grigorovich

Orekhovbo Zuyevo

Vladimir Emelyanov

Boris Chikilin

Vyazma, PM-82

VasilyTatishchev

Classe

«Moskva»

«Udaloy»

«Improved Kilo»

«Gorskhov» ed eponima

«Buyan-M»

«Alexandrit»

Eponima

«Kaliningrad» e «Amur»

«Vishny»

cati: di queste ultime, una era la Petr Morgunov, relativamente moderna, mentre le altre — comprensive delle tre transitate dagli Stretti prima della loro chiusura — appartenevano alle classi «Alligator» e «Ropucha», risalenti all’era sovietica. A queste unità si aggiungevano i sottomarini Rostov-na-Donu, Stariy Oskol, Velikiy Novgorod e Kolpino (tutti appartenenti alla classe «Improved Kilo»), 7 corvette lanciamissili (classi «Bykov» e «Buyan-M», di nuova costruzione), la fregata Ladnyy (classe «Krivak», obsoleta e di scarso valore bellico), 5 motovedette lanciamissili classe «Tarantul» (era sovietica), 6 fregate leggere classe «Grisha» (anch’esse di era sovietica), un nucleo di 8 unità per le contromisure mine (con naviglio di varie epoche) e un nucleo di unità ausiliarie di vari modelli, funzioni, dimensioni ed età (8). Tenendo conto di quanto esposto, è difficile capire quale fosse lo stato di efficienza complessiva della Flotta del Mar Nero nel febbraio 2022, a cui però la Marina ucraina poteva opporre solamente la fregata Hetman Sahaydachniy, (classe «Krivak III», autoaffondata in banchina a Mykolaiev qualche giorno dopo lo scoppio delle ostilità, per evitarne la cattura), non più di una decina di pattugliatori costieri e cannoniere di varie classi e un pugno di unità anfibie e ausiliarie di scarso valore bellico: a queste invero limitate capacità, si aggiungevano quelle di un contingente di fanteria di marina (due brigate, per un totale di circa 2.000 uomini) e di una brigata missilistica per la difesa costiera. Base principale della Flotta del Mar Nero, Sebastopoli ha giocato un ruolo chiave nella condotta delle operazioni, ma Mosca ha sfruttato anche la base navale di Novorossysk (sulla sponda orientale del Mar Nero) e alcune località minori in Crimea: concentrata per lo più a Odessa, i resti della Marina ucraina hanno cercato di resistere, senza successo, all’avanzata delle forze di terra russe verso Mariupol e Berdyansk.

Di fronte a questo oggettivo squilibrio fra i contendenti, è evidente che l’obiettivo delle forze ucraine fosse — e rimane — quello di negare, per quanto possibile, alla Flotta del Mar Nero di appoggiare dal mare le azioni delle forze terrestri, una sorta di sea denial costiero attuabile mediante la posa di campi minati, il paventato e attuato impiego di missili antinave e operazioni dietro le linee nemiche. Di conseguenza e favorita dalla possibilità di fare la spola con Sebastopoli per il rifornimento di combustibile, munizioni e viveri, l’azione della Flotta del Mar Nero è stata di supporto alle forze impegnate nell’offensiva terrestre, attraverso il lancio di missili da crociera «Kalibr», operazione questa affidata saltuariamente anche ai sottomarini dispiegati in Mar Nero: lanci di missili «Kalibr» contro obiettivi ucraini sono stati sporadicamente eseguiti anche da corvette di stanza nel Mar Caspio, mentre a supporto delle forze terrestri russe hanno operato anche i velivoli da bombardamento basati in Crimea e inquadrati nell’aviazione navale della Flotta del Mar Nero. L’altra missione affidata a quest’ultima ha riguardato l’imposizione di un blocco navale contro le coste ucraine a ovest e a est della Crimea: nel Mar d’Azov, il supporto delle forze navali russe ha consentito l’occupazione da terra del porto di Berdyansk e la distruzione di Mariupol, ma non si è ancora concretizzato

L’imbarco di missili da crociera «Kalibr» sul sottomarino VELIKY NOVGOROD, a Sebastopoli: il battello è una delle 4 unità classe «Kilo Improved»

impegnate nelle operazioni contro il territorio ucraino (TASS).

Una ripresa video dell’Isola dei Serpenti eseguita da un drone ucraino, che mostra l’attacco contro una batteria contraerei. Dopo diversi tentativi di rifornire la guarnigione russa ivi dislocata e di rafforzarne le capacità di difesa, l’isola è stata evacuata a fine giugno 2022 (Ukraine MoD).

quell’attacco anfibio in massa ipotizzato sin dall’inizio del conflitto, soprattutto lungo la costa occidentale dell’Ucraina, e che sembrava dovesse seguire la conquista dell’isola dei Serpenti, a sudovest di Odessa. Viceversa, secondo il ministero della Difesa britannico un’operazione anfibia, probabilmente di entità ridotta, avrebbe avuto luogo il 26 febbraio fra Melitopol e Berdyansk, funzionale a supportare dal mare l’azione delle forze terrestri russe impegnate in quell’area (9): tuttavia, né fonti russe né ucraine hanno confermato lo sbarco, mentre è stato accertato che unità anfibie russe si sono ormeggiate a Berdyansk, dopo che la città era stata occupata.

Le azioni sul mare e dal mare e le perdite

Durante la fase iniziale dell’invasione dell’Ucraina, almeno due sottomarini in azione nel Mar Nero hanno lanciato missili «Kalibr» contro obiettivi di varia natura, in una sorta di attacco di saturazione che evidentemente non ha dato il risultato sperato. Il Moskva e la corvetta lanciamissili Vasiliy Bykov hanno effettuato bombardamenti contro l’isola dei Serpenti, provocando la resa delle sparuta guarnigione ucraina ivi presente. Durante quest’operazione e pur senza subire danni, alcuni mercantili in navigazione al largo di Odessa sono stati colpiti, eventi che hanno provocato la quasi totale cessazione del traffico commerciale nel Mar Nero. Il problema della cessazione del traffico commerciale si è ulteriormente aggravato per Kiev con l’occupazione russa di Berdyansk e Mariupol, permettendo definitivamente alla Marina russa di chiudere ogni accesso al Mar d’Azov in entrata e in uscita, scenario che ha portato al blocco delle esportazioni del grano ucraino da quell’area e innescato una crisi alimentare non di poco conto. Inoltre, l’impiego delle unità anfibie russe in Mar Nero ha seguito uno schema intimidatorio che, di massima, ha visto un gruppo operare nel Mar d’Azov e l’altro pendolare al largo di Odessa, tenendosi però a opportuna distanza dalla zona costiera verosimilmente minata. A metà marzo 2022, l’occupazione di Berdyansk ha permesso alle forze russe di catturare una quindicina di unità navali ucraine, più precisamente una cannoniera blindata veloce, una corvetta, una vedetta lanciamissili, un pattugliatore costiero, un dragamine, una nave da sbarco e un mezzo da sbarco, un rimorchiatore costiero e sei vedette costiere (10). Con

Una nave da sbarco carri armati classe «Ropucha», impegnata in Mar Nero in un’esercitazione assieme a elicotteri. Poco prima dello scoppio delle ostilità, la componente anfibia della Flotta del Mar Nero è stata rinforzata con altre unità provenienti dalla Flotta del Baltico (RIA Novosti).

l’eccezione delle cannoniere, subito incorporate nella VMF, il resto del naviglio ha un valore bellico oggettivamente limitato sia perché risalente all’epoca ex-sovietica, sia per le condizioni di scarsa efficienza dovuta a manutenzione carente.

Nonostante la schiacciante superiorità numerica delle forze militari russe, le carenze manifestate nelle operazioni terrestri hanno dimostrato problemi di natura tattica, logistica e di comando e controllo, dando il via a una catena di eventi negativi anche per la Marina russa. Il 22 marzo un’unità veloce costiera d’assalto classe «Raptor» (simile alle unità svedesi «CB-90») è stata colpita da un missile anticarro sparato dalla costa nei pressi di Mariupol, certamente un episodio intrinsecamente secondario nell’economia generale della guerra, ma indicativo delle tattiche usate dalle forze ucraine. L’incolumità delle unità anfibie russe ormeggiate a Berdyansk è stata messa a duro rischio due giorni dopo, quando un missile balistico tattico (probabilmente «OTR-21 Tochka», lanciato dall’interno) ha colpito e distrutto in banchina il Saratov, un’unità della classe «Alligator»: dopo l’esplosione del missile, altre due navi da sbarco — Tsesar Kunikov e Novocherkassk, entrambi appartenenti alla classe «Ropucha-II» — hanno preso rapidamente il largo. Sebbene la perdita di una singola nave possa non aver rappresentato un danno importante per la Marina e le forze russe, la distruzione del Saratov ha avuto sicuramente un duplice effetto psicologico sul morale dei reparti impegnati sul campo e in mare. Fatto sta che nelle settimane successive, si è notato un calo dell’attività navale al largo della costa occidentale della Crimea, con le unità anfibie russe impegnate più che altro per dimostrare le proprie potenzialità in materia d’assalto anfibio, piuttosto che nell’attuarlo concretamente.

L’azzeramento delle capacità di andar per mare dopo la perdita delle unità citate in precedenza ha obbligato la Marina ucraina a modificare la propria strategia, facendo unicamente affidamento alle batterie missilistiche antinave costiere: questa decisione è probabilmente maturata grazie anche alla possibilità di impiegare contestualmente un certo numero di velivoli non pilotati che, operando sul territorio ucraino sin dall’inizio delle ostilità, avevano già riportato successi non secondari contro reparti terrestri russi. Un altro elemento che ha contribuito a questo cambio di strategia è stata la certezza di poter disporre, a cura di risorse occidentali, di informazioni dettagliate utili alla localizzazione e alla neutralizzazione di potenziali bersagli navali nemici in azione sul mare. L’integrazione di tutte le risorse disponibili ha permesso alla Marina ucraina di raggiungere l’obiettivo oggettivamente più significativo nell’ambito delle operazioni aeronavali, vale a dire l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva: senza entrare nel dettaglio degli eventi e facendo riferimento alle informazioni giunte in Occidente, basterà qui ricordare che nelle ore serali del 13 aprile 2022, il Moskva è stato colpito da almeno uno, se non due, missili antinave «Neptune», lanciati da una batteria costiera, sviluppati e prodotti in Ucraina partendo da un analogo ordigno d’origine russa, più precisamente il Kh-35U «Uran» (denominazione NATO AS-20 «Kayak» per la versione aria-superficie e SS-N-25 «Switchblade» per

Foto scattata il 14 aprile 2022 da una delle unità di soccorso ritraente l’incrociatore lanciamissili MOSKVA, sbandato a sinistra e prossimo all’affondamento

(timesofisrael.com).

Gli elementi di una batteria di missili antinave «Neptune». Ogni batteria è composta da un centro di comando, controllo e comunicazione RCP-360, da sei lanciatori quadrupli USP-360 (con un totale di 24 missili pronti al lancio) e dai veicoli di rifornimento TZM-360 con 48 missili di riserva (Ukraine MoD).

quella superficie-superficie). Il Moskva è affondato nelle ore mattinali del 14 aprile, mentre si tentava di rimorchiarlo a Sebastopoli, provocando un’ondata di notizie di fonte russa e ucraina, in perfetta aderenza alla propaganda di guerra di cui aveva fatto parte, due settimane prima, quella del presunto affondamento o grave danneggiamento — peraltro mai confermato — della fregata lanciamissili russa Admiral Essen.

Per la Marina ucraina, l’affondamento del Moskva a cura di una batteria missilistica costiera antinave ha avuto due implicazioni immediate: la consapevolezza che era possibile contrastare con efficacia forze navali nemiche pur non disponendo di analoghe risorse degne di questo nome e la possibilità di farlo in maniera ancora più efficace se in possesso di missili antinave più efficaci dei «Neptune». Da qui la decisione di alcune nazioni occidentali di dare il via all’invio di ordigni più prestanti e di consentire all’Ucraina la creazione di bolle A2/AD (Anti-Access/Area-Denial) distribuite lungo la costa occidentale ucraina e comprendenti risorse importanti quali gli UAV TB-2 Bayraktar — di matrice turca e di cui un numero imprecisato di esemplari è in servizio nella Marina ucraina — e una catena C4I «alimentata» da informazioni provenienti da fonti esterne: infatti, non è certo un mistero il ruolo giocato dai velivoli ISR, con e senza pilota, nella condotta delle operazioni sul mare e sul territorio, velivoli in azione costante all’interno dello spazio aereo delle nazioni NATO del Mar Nero e sopra le acque internazionali di quest’ultimo.

A conferma di ciò, il 2 maggio due unità veloci russe classe «Raptor» sono state attaccate da un TB-2, nei pressi dell’Isola dei Serpenti, con le riprese televisive che hanno mostrato il loro diffuso danneggiamento. Uno scenario analogo si è ripetuto il 7 maggio, con l’attacco di un TB-2 a una piccola unità da sbarco russa classe «Serna» (105 tonnellate di dislocamento, in grado di trasportare 100 uomini o 45 tonnellate di materiali), impegnata a rifornire la predetta isola e affondata nell’azione. Quest’ultima era impegnata a sbarcare un sistema missilistico contraerei tipo «Tor» (denominazione NATO SA-15 «Gauntlet»), operazione comunque riuscita il 9 maggio a un’altra piccola nave da sbarco russa classe «Dyugon»; viceversa, è andata male al rimorchiatore d’altura russo Vasily Bekh (1.600 tonnellate di dislocamento), affondato il 17 giugno da due missili antinave mentre navigava verso un’isola che all’inizio dell’invasione dell’Ucraina era balzata agli onori della cronaca. Un’ulteriore conferma dell’efficacia della strategia ucraina è venuta dagli attacchi

Il rimorchiatore d’altura russo VASILY BEKH, in una foto scattata prima del suo affondamento (17 giugno 2022) da parte di due missili antinave mentre

l’unità navigava verso l’isola dei Serpenti (RIA Novosti).

ucraini condotti con successo nell’ultima decade di giugno 2022 contro un sistema missilistico e artiglieresco contraerei «Pantsir-S» (denominazione NATO SA-22 «Greyhound») dislocato sull’Isola dei Serpenti e tre piattaforme petrolifere al largo della costa occidentale della Crimea: sebbene non siano state divulgate le modalità degli attacchi — confermati dalle foto satellitari —, è verosimile un impiego coordinato di velivoli TB2 e missili antinave. L’efficacia di queste tattiche, unitamente all’incapacità della Marina russa nell’assicurare il controllo delle aree marittime a ridosso dell’Isola dei Serpenti, hanno obbligato Mosca a evacuarla (30 giugno), dando la possibilità a Kiev di rivendicare un altro successo propagandistico.

Al di là dei dettagli tecnico/operativi, l’impressione è che già dopo 4 mesi dall’inizio del conflitto, e grazie anche agli aiuti occidentali, l’Ucraina sia riuscita a costruire una solida bolla A2/AD sulla costa occidentale del paese, limitando in qualche modo la libertà d’azione della Marina russa e obbligandola a operare al riparo della propria bolla A2/AD, notoriamente incentrata sulle infrastrutture missilistiche e sensoristiche realizzate nell’area di Sebastopoli. Col passare del tempo, l’efficacia della tattica ucraina ha provocato il diradamento delle unità di superficie russe fra Sebastopoli, Novorossysk e altre località secondarie della Crimea (e forse il danneggiamento di alcune di esse) e la distruzione a terra di numerosi velivoli dell’aviazione navale russa di base a Saki (in Crimea), contribuendo possibilmente a instillare nella mente dei vertici navali russi una sensazione di vulnerabilità che ne preclude l’azione decisa. Le azioni ucraine contro Sebastopoli hanno costretto Mosca ad annullare le celebrazioni per la festa della Marina russa, previste per il 31 luglio (svoltesi in tono minore a San Pietroburgo): il successo di tali azioni ha spianato la strada ad altri attacchi contro obiettivi in Crimea, alcune condotte probabilmente da forze speciali provenienti dal mare e che hanno provocato danni non di poco conto alle infrastrutture russe.

Valutazioni generali

Le possibili analisi e valutazioni dopo circa 8 mesi di operazioni aeronavali possono essere suddivise secondo criteri puramente geografici, riconducibili ai teatro del Mar Nero e al Mediterraneo, fra loro naturalmente correlati.

La Flotta del Mar Nero sembra mantenere un atteggiamento assai prudente, dimostrando gravi lacune nei principi fondamentali della guerra navale: la prima e forse più importante regola delle moderne operazioni ae-

ronavali è infatti quella di non entrare nel raggio d’azione dei sistemi d’arma nemici senza una solida ed efficace protezione antiaerei, antimissili e antidroni. Dopo l’affondamento del Moskva, la perdita di non poche unità ancorché minori, l’evacuazione dell’Isola dei Serpenti e altri danni non confermati hanno dimostrato la l’incapacità della Flotta del Mar Nero nel difendersi da minacce aeree e missilistiche: se a ciò si aggiunge l’impossibilità per la Russia di rinforzare la Flotta del Mar Nero stante l’applicazione della Convenzione di Montreaux, si può affermare che essa non sarà in grado di operare in totale sicurezza nelle aree marittime coinvolte nel conflitto. Per contro, un possibile ritorno di forze ucraine sull’Isola dei Serpenti sarebbe comunque un successo di scarso significato militare ma avrebbe un elevato valore simbolico per Kiev e rappresenterebbe un altro colpo non di poco conto per la reputazione della Russia. Reputazione non certamente ai massimi livelli internazionali a causa della tipologia degli obiettivi colpiti dalle incursioni missilistiche dal mare e del conseguentemente elevato numero di vittime civili: il massiccio impiego dei missili «Kalibr» non ne può confermare la precisione, e quindi l’efficacia militare (come quella di altri sistemi missilistici russi), mentre si è appreso che una buona percentuale di essi è stata abbattuta dalle batterie antimissili ucraine, comprese quelle schierate a difesa di Odessa e Mykolayev (11). Un ulteriore indicatore di un atteggiamento ispirato dalla massima prudenza nei confronti delle potenziali offese ucraine è stato (a settembre 2022) il trasferimento delle principali unità della Flotta del Mar Nero da Sevastopoli a Novorossysk, allontanandole dalle aree d’operazione impiegate sin dall’inizio del conflitto. Certamente efficace è stato il blocco navale attuato dalla Flotta del Mar Nero, un esercizio comunque facile se relazionato all’intrinseca debolezza della Marina ucraina all’inizio del conflitto, anche se i prossimi eventi potrebbero portare a un ridimensionamento dell’efficacia. Infatti, annunciata dagli Stati Uniti a fine giugno 2022, la fornitura di 12 motovedette costiere «Mark VI» a Kiev, la costruzione di due corvette a cura di cantieri turchi e la cessione di tre cacciamine e di sei mezzi subacquei a controllo remoto per le contromisure mine a cura della Gran Bretagna, nonché di missili antinave a cura di altre nazioni potrebbe costringere la Flotta del Mar Nero ad assumere una postura differente (12). Un minimo rafforzamento capacitivo della Marina ucraina nel settore delle contromisure mine potrebbe contribuire, assieme ad altri fattori, a una ripresa gradualmente crescente dei traffici marittimi di Kiev verso il resto dell’Europa, consolidando ulteriormente i benefici derivati dall’accordo di fine luglio 2022 che ha riaperto le rotte del Mar Nero per l’esportazione del grano: un ruolo chiave in tal senso è quello svolto dalla Turchia, ufficiosamente riconosciuta quale interlocutore di Mosca e Kiev e in possesso di risorse navali importanti per il prosieguo del rispetto del predetto accordo e altre azioni discendenti di natura marittima. Al momento (metà settembre 2022), si valuta dunque che lo schema d’impiego della Flotta del Mar Nero — blocco marittimo nel Mar d’Azov e lanci missilistici — non subirà variazioni almeno fino a quando non si verifichino significativi mutamenti nel quadro politico, strategico e tattico in cui è incardinato il conflitto, compresi la riconquista di territori ucraini a cura delle forze di Kiev a est di Karckhiv e a nord della Crimea, senza peraltro escludere anche un’eventuale carenza di «Kalibr» dovuta a difficoltà dell’industria russa nel mantenere il ritmo della produzione con quello di un impiego massiccio e continuativo degli ordigni (13). Seguendo una logica riflessa anche nella dimensione marittima del conflitto, va infine ricordato il danneggiamento del ponte stradale e ferroviario di Kerch: sebbene le responsabilità dell’azione non siano state ancora appurate, la parziale distruzione del ponte ha contribuito a rallentare significativamente il flusso logistico dal territorio costiero russo sul Mar Nero alla Crimea.

Per quanto riguarda invece il teatro mediterraneo, ci si è spesso domandato perché le unità navali russe provenienti dalle Flotte del Nord e del Baltico non siano transitate tutte attraverso gli Stretti prima della loro prevedibile chiusura, in modo da rafforzare maggiormente la Flotta del Mar Nero, invece di rimanere nel Mediterraneo, apparentemente tagliate fuori dal conflitto con l’Ucraina. In effetti, tenendo conto della strategia applicata per la condotta delle operazioni aeronavali nel Mar Nero, Mosca ha probabilmente ritenuto sufficiente che transitasse dagli Stretti solamente il naviglio necessario a effettuare un’operazione anfibia o a paventarne l’esecuzione per bloccare risorse sulla costa nemica:

Le portaerei CAVOUR (in primo piano), HARRY TRUMAN e CHARLES DE GAULLE, in un momento di pausa durante le attività addestrative svolte nel Me-

diterraneo in concomitanza con le operazioni militari in Ucraina.

pertanto, la funzione delle forze navali russe rimaste al di qua dei Dardanelli — suddivise in almeno due Surface Action Groups, SAGs, uno guidato dal Varyag e l’altro dal Marshal Ustinov — si può sintetizzare nel controllo e forse anche nella dissuasione delle assai più rilevanti forze aeronavali schierate nel Mediterraneo dalle nazioni dell’Alleanza atlantica, e di cui fanno parte tre gruppi incentrati su altrettante portaerei e una discreta aliquota di sottomarini. Dissuasione comunque rivelatasi alquanto velleitaria e di cui ha fatto parte la sortita in Adriatico di Varyag, Admiral Tributs, Admiral Grigorovich e VasilyTatishchev, artatamente “gonfiata” dalla stampa periodica e da qualche blog scandalistico nazionale e tenuta sotto il dovuto controllo dalla Marina Militare. A parte ciò, il dispositivo navale russo nel Mediterraneo è stato “alleggerito” dal rientro in Russia del Marshal Ustinov, probabilmente per eseguire interventi che a Tartus non era possibile eseguire; contestualmente, sono state diffuse informazioni sulla presunta presenza nel bacino di un sottomarino sovietico lanciamissili da crociera, ma – come accade in casi del genere – non sono state divulgate notizie ufficiali. Rimanendo su questo tema, sarebbe normale è escluso che qualche battello assegnato alla Flotta del Nord sia stato inviato in Mediterraneo per rafforzare il dispositivo navale russo, ma è certo che il complesso delle forze aeronavali occidentali presenti nel bacino lo ha tenuto — e lo tiene tuttora — sotto stretta osservazione, utilizzando una varietà di risorse che vanno dalle tre portaerei in azione già da febbraio (Harry Truman, Cavour e Charles de Gaulle, con relativi reparti aerei imbarcati) a unità di superficie e subacquee di varie classi e nazionalità. Dopo il vertice NATO svoltosi a Madrid a fine giugno 2022, l’US Navy ha iniziato il dislocamento a Rota (in Spagna) di due cacciatorpediniere lanciamissili classe «Burke», che si affiancano ai quattro già nell’area e che nel complesso appaiono oggettivamente pochi per soddisfare esigenze di competizione, crisi e conflitto in un territorio che va dal Mar Nero alle coste africane e dal Mediterraneo orientale all’Atlantico settentrionale: il prolungamento del dispiegamento della portaerei Truman, destinata a rientrare a Norfolk dopo un turno nell’area del Golfo Persico, è una dimostrazione non solo dell’insufficienza di risorse aeronavali statunitensi destinate al teatro euromediterraneo ma anche della necessità di riempire stabilmente vuoti di potenza creatisi dopo il drastico ridimensionamento della VI Flotta dell’US Navy. Il gruppo aeronavale della Truman è stato sostituito da quello della portaerei Bush, ma il problema della permanenza stabile di una

Una delle vedette costiere veloci che gli Stati Uniti stanno trasferendo alla Marina ucraina; si tratta di naviglio adatto a operazioni costiere e fluviali, presumibilmente utile per la difesa delle coste occidentali ucraine (Metal Shark).

portaerei statunitense nel Mediterraneo rimane di attualità. Tenendo conto che l’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia porterà inevitabilmente a uno spostamento del focus verso i Fronti centrale e settentrionale dell’Alleanza atlantica, è certamente importante evitare che il Fronte meridionale della NATO non assuma una connotazione secondaria come ai tempi della Guerra fredda, una considerazione derivante dal fatto che esso era riduttivamente denominato «fianco». Dunque, ecco che per l’Italia si presenta una grande opportunità, grazie soprattutto a una Marina Militare di rango, certamente in grado di riempire i vuoti di potere di cui sopra e di svolgere un ruolo di primissimo piano nei prevedibili scenari geostrategici e multidimensionali destinati a manifestarsi a breve, medio e lungo termine. Si tratta di scenari in cui si trova inserito saldamente il Mediterraneo Allargato, concetto geopolitico ormai da tempo radicato alla base dell’azione della Marina Militare, la cui importanza è stata riconosciuta anche dall’autorità politica e che dunque rimane il perno degli interessi politici, energetici, diplomatici e di sicurezza dell’Italia. 8

NOTE

(1) Firmata il 20 luglio 1936 nella cittadina svizzera da cui prende il nome, la Convenzione fu firmata da Belgio, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Giappone, Romania, Jugoslavia, Unione Sovietica e Turchia. Pur non avendo preso parte alla conferenza preparatoria, l’Italia aderì alla Convenzione nel 1938. (2) Peraltro sparito dalla circolazione da molti mesi. (3) Andrea Beccaro, Il concetto di Grey zone: la dottrina Gerasimov e l’approccio russo alle operazioni ibride. Possibili convergenze con la dottrina Cinese. Obiettivi strategici e metodologia d’impiego nello scenario geopolitico attuale. Prospettive del ruolo del Potere Aereo e Spaziale nei “Grey zone Scenarios”. Centro Militare di Studi Strategici, novembre 2020. (4) Si tratta di un doppio ponte stradale e ferroviario costruito sullo stretto di Kerč’ e che unisce la penisola di Taman’, nel territorio di Krasnodar (Russia), e la penisola di Kerč’ in Crimea, territorio annesso alla Russia. (5) Ampiamente utilizzata nel Donbass, l’artiglieria tradizionale e quella missilistica rimangono i cardini della dottrina militare dell’Armata Rossa. Nell’invasione dell’Ucraina e a similitudine di quanto fatto già in Siria, la Russia ha utilizzato anche missili antinave delle batterie costiere lanciati «al contrario», cioè verso bersagli terrestri anziché navali. (6) Gabriele Iuvinale, Mar Nero: la Turchia ha l'autorità legale di chiudere lo stretto alle navi militari, www.extremarationews.com, 1° marzo 2022, (https://www.extremarationews.com/post/mar-nero-la-turchia-ha-l-autorit%C3%A0-legale-di-chiudere-lo-stretto-alle-navi-militari, consultato il 18 luglio 2022). (7) Fabio Caffio, Glossario di diritto del mare. Diritto e Geopolitica degli Spazi Marittimi, Annesso D, IV edizione, Rivista Marittima, dicembre 2016. (8) Nella Flotta del Mar Nero sono inquadrati anche il sottomarino Alrosa (un battello classe «Kilo» modificato per scopi sperimentali) e una coppia di pattugliatori veloci lanciamissili classe «Sivuch» con scafo a effetto superficie, tutti risalenti all’era sovietica. Il quadro è completato dalla nave supporto e salvataggio unità subacquee Kommuna, risalente al 1913 e che vanta il record di essere la nave militare più vecchia del mondo. (9) Sul suo account ufficiale twitter (https://twitter.com/DefenceHQ), il ministero della Difesa britannico pubblica ogni giorno una sintesi d’intelligence del conflitto in Ucraina, spesso accompagnato da una mappa generale sull’andamento delle operazioni terrestri. (10) Tutte appartenenti alla classe «Gyurza-M», le cannoniere Berdyansk e Nikopol erano già state catturate dalla Marina russa nel 2018, mentre l’Akkerman è stata catturata dopo l’invasione dell’Ucraina. (11) Il missile «Kalibr» è accreditato (corsivo dell’Autore) di un CEP di 50 metri, che va bene per colpire un bersaglio isolato ma che non è poco se l’arma viene lanciata in maniera approssimata indiscriminata, senza aver una certezza assoluta sulla posizione e sulle caratteristiche del bersaglio. http://www.oni.navy.mil/Portals/12/Intel%20agencies/russia/Russia%202015print.pdf?ver=2015-12-14-082038-923, consultato il 18 agosto 2022. (12) Il rinvenimento, alla fine di settembre su una spiaggia della Crimea, di un mezzo di superficie non pilotato, presumibilmente usato dalle forze ucraine per la ricognizione, sembra aggiungere un’altra nuova caratteristica alla dimensione marittima del conflitto. (13) Alla fine di agosto, Putin ha comunque sostituito l’ammiraglio Igor Osipov con il parigrado Victor Skolov quale comandante della Flotta del Mar Nero, ritenendo il primo responsabile degli attacchi ucraini registrati contro obiettivi russi in Crimea.

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