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IL NATALE È PER LA PASQUA.............................................. pag

L’evangelista Luca dice che i pastori su invito degli angeli si dicono l’un l’altro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2, 15).

Tre verbi necessari, sempre per chi desidera rivivere davvero il Natale: “Andiamo” – Il Natale, per essere vissuto, richiede un vero distacco dalla nostra fissità e un continuo andare dietro la volontà di Dio. “Vediamo” – Il Natale è un avvenimento per una esperienza personale, quasi tangibile, di Gesù, il Dio-uomo. “Conoscere” – Questa esperienza personale deve favorire addirittura un rapporto “cordiale”, oserei dire anche “affettivo” con il Cristo.

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I pastori ci insegnano che, per sperimentare il Natale ogni anno, è necessario essere aperti al mistero come loro, quindi bisogna essere umili; ma questo non è affatto semplice.

Mi chiedo: Qual è la mia posizione di fronte ai misteri? Sono disposto ad accoglierli senza pretendere di capirli? Fanno parte della mia fede? Oppure li “scarto” – direbbe papa Francesco – nella mia professione di fede? Nella celebrazione del Natale entro nel mistero dell’Incarnazione, oppure mi limito ai sentimenti miei personali?

I pastori non si uniscono al canto degli angeli: «Osanna, osanna…», e neppure: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli», eppure ci fanno vedere che di fronte al Bambino Gesù si sta in silenzio, un silenzio adorante; occorre l’umiltà ed essere aperti a Dio che si pronuncia, si comunica tutto nel Figlio incarnato, Gesù il Cristo.

IL NATALE È PER LA PASQUA

C’è un “però” da tener presente. È vero tutto quanto ho scritto fin qui sull’Incarnazione e sulla gioia del Natale. Però non va dimenticato che il Figlio di Dio, storicamente, si è fatto uomo per vivere la sua Passione, per la salvezza di noi uomini. Questa costatazione ci invita a guardare il Natale anche nel suo aspetto inevitabile di passione e morte. Guai se tralasciassimo questo aspetto dell’Incarnazione del Verbo. Il Canone della Preghiera eucaristica VI afferma: «Egli (Gesù), che è Dio infinito ed eterno, discese dal cielo, si

umiliò fino alla condizione di servo e venne a condividere la sorte di chi si era perduto. Accettò volontariamente di soffrire per liberare dalle morte l’uomo che lui stesso aveva creato; con amore che non conosce confini ci lasciò quale sacrificio da offrire al tuo nome il suo corpo e il suo sangue, che la potenza dello Spirito Santo rende presenti sull’altare». L’affermazione è chiara: Dio si è fatto uomo proprio per la salvezza di noi uomini, peccatori, mediante la morte in croce di Gesù. È così: il Natale è per la Pasqua! Ci illumina la testimonianza di una donna molto intelligente, Edith Stein, filosofa ebrea, diventata atea, quindi cattolica e carmelitana, morta in un campo di concentramento. La Stein (S. Teresa Benedetta della Croce) giunge a chiamare in causa anche noi perché siamo il Corpo Mistico di Cristo: ognuno ha la sua Via Crucis sull’esempio di Gesù.

Afferma S. Teresa Benedetta: «La natura umana che il Cristo assunse gli diede la possibilità di soffrire e di morire. La natura divina da lui posseduta dall’eternità diede al soffrire e al morire un valore infinito e una forza redentrice. Il dolore e la morte del Cristo continuano nel suo corpo mistico e in ognuno dei suoi membri. Ogni uomo deve soffrire e morire; ma se è un membro vivo del corpo del Cristo, il suo soffrire e morire acquista, per merito della divinità del capo, forza redentrice. Questo è il motivo reale per cui tutti i santi hanno sempre desiderato di soffrire. Non si tratta di una malsana voglia della sofferenza» (E. Stein, Il mistero del Natale, Corsia dei Servi, pp. 28 s). Era un testo sul Natale, eppure ha osato scrivere una tale affermazione, quasi un canto. Il mistero dell’Incarnazione, benché sia in funzione della Sua passione redentrice, è sempre un “canto”, un “segno” di pienezza di vita.

Il Natale celebrato fa passare in ogni situazione dal silenzio al canto.

Tempo fa una ragazza, dotata di una speciale profondità d’animo, mi inviò delle “note (quasi) musicali”, frutto di una sua riflessione sul Natale. Eccole: – Dal silenzio (contemplativo) dell’Annunciazione… al canto del

Magnificat (Lc 1, 46 -55). – Dal silenzio (per impossibilità di comunicazione) di Zaccaria… al canto del Benedictus (Lc 1, 67-79). – Dal silenzio (la Parola sta per essere “consegnata” all’umanità) che precede la nascita di Gesù… al canto corale degli angeli (Lc 2, 13 ss).

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