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DOPO NATALE ...................................................................... pag

DOPO NATALE

Il tempo dopo Natale – suggerisce Mons. Delpini – fa pensare a Gesù che vive a Nazaret. Là vive come un uomo, direi, normale, come tutti gli uomini e nulla fa prevedere un suo futuro specialissimo, tanto che scandalizza i suoi compaesani.

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Scrive Delpini: «Negli anni trascorsi da Gesù a Nazaret pare che non sia successo niente; Gesù non ha fatto niente che la testimonianza apostolica abbia ritenuto necessario tramandare nei Vangeli. Ha semplicemente vissuto. Lui che era in principio presso Dio, Lui, il Figlio di Dio, ha vissuto la vita dei figli degli uomini. (…) Il figlio di Maria, il falegname ha parenti e familiari troppo normali, come Giacomo, Ioses, Giuda e Simone: la sua sapienza è inspiegabile, la sua pretesa di insegnare è scandalosa: è troppo umana la sua storia perché possa dire qualche cosa di Dio» (M. Delpini, La situazione è occasione, Centro Ambrosiano, p. 60).

Queste pochissime settimane ci illuminano la vita “privata” di Gesù fino al suo Battesimo, cioè fino a quando incomincia la vita “pubblica” di Gesù, quando realizzerà la Sua missione: la salvezza degli uomini mediante la morte in croce.

I primi tre giorni subito dopo il Natale ci dicono che il Dio fatto uomo per noi non va solo contemplato nella culla di Betlemme con i pastori, ma va annunciato a tutti e va testimoniato a volte fino alla morte: ecco S. Stefano, il testimone; S. Giovanni evangelista, l’annunciatore del Verbo – uomo; i piccoli martiri ancora infanti, testimoni anche senza saperlo. «Dov’è ora – si chiede Edith Stein (S. Teresa della Croce) – il giubilo delle schiere celesti, dov’è la beatitudine silente della notte santa? Dov’è la pace in terra? Pace in terra agli uomini di buona volontà. Ma non tutti sono di buona volontà. Per questo il Figlio dell’eterno Padre dovette scendere dalla gloria del cielo, perché il mistero dell’iniquità aveva avvolto la terra. Le tenebre ricoprivano la terra ed egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non “hanno compreso”. A quanti lo accolsero egli portò la luce e la pace, la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore, ma non la pace con i figli delle tenebre. Ad essi il Principe della pace non porta la pace, ma la spada. Per essi egli è la

pietra d’inciampo, contro cui urtano e si schiantano. Questa è una verità grave e seria, che l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. Il mistero dell’Incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti» (Il Natale dei mistici, Ancora, pp. 131 s).

Seguono giorni normali, sia pure gioiosi, illuminati dalle domeniche con una forte accentuazione nella solennità dell’Epifania, la manifestazione di Gesù Messia a tutti gli uomini. L’Epifania è in un certo senso il completamento del Natale.

Sono poche le domeniche di questo tempo liturgico: la prima è la domenica “nell’ottava del Natale”. Si celebra solo quando cade il 29, o il 30, o il 31 dicembre.

A me pare molto importante perché ci invita ad approfondire il mistero di Dio, l’eterno, l’infinito, che si fa uomo, ossia si fa “limite”, accetta di entrare nel “tempo” (che è il limite in sé!), in quel tempo preciso (“nella pienezza dei tempi” – dice la Scrittura) e in uno spazio piccolo e limitato, precisamente nel popolo di Israele. Davvero: “Verbum caro!”, realmente, storicamente.

Se riflettiamo su queste due parole, rimaniamo “stupiti”, incapaci di proferire parola, e perfino senza alcuna possibilità di intendere. Per noi uomini, tutti… limitatissimi, è impensabile che il Verbo di Dio, Dio egli stesso, diventi “uomo”, ossia sperimenti il peso del limite come ogni uomo. Ci si smarrisce davvero in un tale mare senza confini.

Scrive Augustin Guillerand: «Il Verbo non si è accontentato di un breve passaggio: ha fissato in mezzo a noi la sua dimora. Ha vissuto fra noi; ha fatto della nostra terra e della nostra carne la sua abitazione; si è stabilito in questa proprietà da cui lo avevano respinto, per farsi accogliere di nuovo; ci ha chiesto un ricovero. Il Vangelo dirà come vi è stato accolto, dopo aver detto ciò che Egli offriva a coloro che lo avrebbero ricevuto e avrebbero consentito a rigettare i tiranni inferiori dei sensi, della ragione e del demonio per rinascere da Dio “generati da Dio» (Il Natale dei mistici, Ancora, pp. 37 s).

Ebbene, le letture della domenica “nell’ottava” ci illuminano su questa. “umana impossibilità”.

In breve, affermano due verità “fontali”; la prima: Gesù Bambino è Dio! Quindi, come il Padre è anche Lui eterno e creatore di tutto; la seconda: Gesù è il tutto per noi (S. Ambrogio), benché siamo veri peccatori.

In particolare, il Vangelo (è il prologo del vangelo di Giovanni) è così profondo, che non oso cimentarmi in alcuna spiegazione.

La prima lettura (Proverbi 8, 22-31) dice che la Sapienza (figura del Verbo) esiste da sempre, fin dalle origini del mondo.

Merita un’attenzione particolare l’epistola.

Seguendo l’apostolo Paolo ci chiediamo: Chi è Gesù Bambino? Perché celebriamo con specialissima solennità la sua nascita? Qual è il suo rapporto con noi? Il suo compito, la sua missione nei nostri confronti?

A parte il prologo di Giovanni, oso affermare che questa è la lettura centrale di tutto il Tempo natalizio. È un vero canto di esultanza di S. Paolo che sta fissando i suoi occhi del cuore sul Bambino Gesù, e in poche righe risponde alle nostre domande.

Come dicevo poco sopra, in modo sintetico il nostro S. Ambrogio acclama con semplicità e forza: Gesù è il tutto per noi! (Omnia nobis est Christus).

Per aiutare la nostra meditazione, riporto per intero il testo dell’epistola: «Fratelli, il Figlio del suo amore è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creatura, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1, 13.15-20). Volutamente ho evidenziato in modo diverso alcune parole del testo. Sono due gruppi di tre sottolineature ciascuna; il primo gruppo comprende tre verbi: “create” –“sussistono” – “riconciliate”. Esprimono: ricevere l’esistenza (create) – duratura nell’esistenza (sussistono) – essere riportate nella dignità iniziale (riconciliate). Tutto, quindi, è opera di Cristo ed è finalizzato a Cristo. Ecco allora il secondo gruppo di parole: “in lui” – “per mezzo di lui” – “in vista di lui”.

Ora è solo un compito personale quello di riflettere in profondità su un tale testo, ineffabile, di S. Paolo.

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