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DOMENICA DOPO L’OTTAVA .............................................. pag

DOMENICA DOPO L’OTTAVA

Anche questa domenica è un invito ad approfondire il Natale.

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Il canto all’ingresso riassume molto brevemente i temi delle letture: «Venite e vedete il grande mistero di Dio: Dio nasce da una vergine per redimere il mondo. È il Salvatore, promesso dai profeti, l’Agnello predetto da Isaia”». Non si limita a guardare il mistero del Natale, quindi dell’Incarnazione in se stessa; ci invita anche questo testo liturgico a guardare in avanti, a intravvedere la Pasqua. Ricordiamo che per la Chiesa l’Incarnazione è avvenuta per rendere possibile la Redenzione. C’è anche una nuova affermazione particolarmente significativa per il popolo d’Israele: tutto quello che stiamo rivivendo ora nel Natale di Gesù era già stato previsto dai Profeti. L’aggancio ai Profeti era per loro la prova più importante della verità del Natale del Figlio di Dio: era certezza che tutto quanto stava avvenendo era per il bene del popolo: tutto aveva un valore sacro.

Le letture a prima vista pare che si limitino a ripetere l’avvenimento della nascita di Gesù Bambino; invece tutte e tre aggiungono qualche elemento nuovo.

La prima lettura (Siracide 14,1-12) riprende il tema della Sapienza, però afferma due nuovi elementi: 1. La Sapienza (che cosa è?) non ha inizio e non avrà mai fine:

«prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno». 2. Dio la fa dimorare tra gli uomini, in Israele: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. (…) nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità».

Giovanni, nel prologo riconoscerà l’avverarsi della Sapienza, la quale, quindi, è una persona ed è un vero “segno” del Cristo.

Anche l’epistola di oggi è la lettura che va in profondità più delle altre due. È un brano fondamentale tra tutte le lettere dell’Apostolo: è preso dalla lettera ai Romani (Rom 8, 3-9). S. Paolo spinge la riflessione fino al fulcro del mistero del Natale e affronta il mistero del “Verbum caro”. La “carne” per S. Paolo è simbolo dell’uomo

chiuso in se stesso e nel proprio egoismo. Però, senza darle un significato morale; la parola “carne” ha un valore umanamente negativo, indica i nostri limiti: le difficoltà varie e le sofferenze, le scontentezze della vita, i desideri non realizzati, le fatiche inevitabili della nostra vita, le critiche, le divisioni, ecc, ecc.: tutte cose che esprimono il nostro limite, l’essere… “creati”. In una parola, sono la “carne” dell’uomo. Il Verbo si è fatto carne fino a questo punto. Per la mente umana è qualcosa di incredibile, o almeno qualcosa di inaccettabile.

Ma Gesù Bambino, perché è Dio come il Padre, è Spirito, e chi accetta liberamente che Gesù rimane sempre Dio, anche dopo che si è fatto uomo (è l’unico con due nature!), cioè “carne”, ha dentro di sé lo Spirito di Gesù, quindi diventa … vivente in Gesù, e non vive più secondo la “carne”, che è frutto del peccato: «La carne tende alla morte (che è il sommo limite), mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi» (Rom 8, 3-9).

Il Vangelo (Lc 4, 14-22) presenta Gesù nella Sinagoga di Nazaret. Dopo aver letto il brano del profeta Isaia, afferma pacatamente e con certezza che in lui si sono realizzate le profezie. Quindi, la nascita di Gesù Bambino è il fine (il “telos”) a cui guardavano i Profeti. Per loro il riferimento alle Scritture era, o doveva essere, la prova inappellabile che Gesù, benché nato in una stalla, era il vero, atteso Messia. Che scandalo!

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