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FORMAZIONE
Autrice: Simona Vitali
A A A Tecnici dell’industria alimentare in formazione
È estesa la filiera dell’agroalimentare, di cui – a ben ricordare – la ristorazione è solo uno spicchio. Sono molte le figure professionali necessarie perché tutto il sistema funzioni nel migliore dei modi, anche a beneficio della ristorazione stessa. E siccome le informazioni utili noi le vogliamo far circolare, oggi racconteremo di un istituto professionale, il J.P. Beccari di Torino, che si occupa di formare tecnici dell’industria alimentare, ossia figure che modellano il loro sapere fra laboratori di chimica e di trasformazione con impianti semi-industriali, arrivando ad avere una buona conoscenza delle materie prime, degli alimenti e della preparazione degli stessi. Perché il pensiero del dirigente, Pietro Rapisarda, è che questi ragazzi facciano sul serio.
Aziende produttive e chiunque si dedichi allo studio e alla sperimentazione in campo agroalimentare, anche in cucina: qui ci sono studenti che si stanno formando in questa direzione, dentro un percorso che ricorda,
con le dovute proporzioni, quello universitario di
Scienze e Tecnologia Alimentare.
La curiosa storia di un indirizzo unico nel suo genere in Italia
L’istituto J.P. Beccari di Torino ha una lunga storia alle spalle. Nasce infatti nel 1918 come Regia Scuola tecnica per l’Arte Bianca e l’industria Dolciaria. Con i suoi laboratori chimici e gabinetti sperimentali di analisi e ricerche, l’installazione di un complesso di macinazione didattico sperimentale per la molitura del grano tenero, la predisposizione di un laboratorio per produzione di pasticceria e biscotti, la scuola è rimasta per lungo tempo in Italia l’unica ad operare nei settori artigiani e industriali specifici. È il 2010 quando, con una robusta riforma scolastica, la Scuola di Arte bianca cessa di esistere ma non ci si arrende così facilmente a perdere quella peculiarità, che troverà una sua sistematizzazione nel 2017, grazie ad un’altra riforma che prevede la possibilità di istituire un nuovo corso, Made in Italy, con una base di materie comuni e molte ore di laboratorio, le cui discipline non sono predeterminate ma lasciate alla scelta dell’istituto, in funzione della lavorazione del Made in Italy prescelta. Così all’Istituto Beccari, accanto ad Enogastronomia, viene data forma a un secondo indirizzo, unico nel suo genere in Italia: Industria e Artigianato per il Made in Italy, volto a formare Tecnici per l’industria alimentare, in un edificio scolastico dotato strutturalmente di una grande ricchezza di laboratori chimici, avendo ospitato fino a inizi 2000 un istituto tecnico industriale per tessili e chimici tintori. Gli studenti affronteranno infatti un vero e proprio percorso impregnato di chimica, cioè dovranno sapere cosa succede per poter intervenire nei processi. L’edificio scolastico è occupato per metà da laboratori di cucina, panificazione, pasticceria, sala bar (indirizzo di Enogastronomia) e per l’altra metà da lindi laboratori di chimica con lunghi banconi, microscopi, attrezzature di analisi e spazi allestiti con veri e propri impianti di produzione (indirizzo Made in Italy). Il percorso che gli studenti affrontano parte dall’analisi delle materie prime, passando alla trasformazione, fino ad arrivare al prodotto finito, con tanto di studio di packaging ed etichetta.
Un parco attrezzature importante per una scuola
Il passato di questo istituto ha portato in dote una forte
Prof. Giorgio Fattor
Da sinistra Alessandra Deligia, Alessia Braghini, prof. Michele La Zazzera e Dario Tutino
specializzazione in materia di farine, con un intero laboratorio dotato di preziose attrezzature quali l’alveografo, l’estensografo, il farinografo che consentono una valutazione non solo delle farine ma anche dell’impasto. Diversi anni addietro era attivo anche un molino didattico, dismesso dal Ministero dell’Agricoltura e donato all’istituto, che oggi svetta in tutta la sua bellezza in una sezione della scuola, in attesa di avere l’ok per ripartire. C’è un parco attrezzature importante in questo istituto che il dirigente sta contribuendo ad alimentare seguendo una logica ben precisa “Io non amo comprare giocattoli per la scuola – spiega Rapisarda prima che inizi il nostro tour per i laboratori - ma attrezzature vere, industriali, di produzione, che i ragazzi potrebbero trovare nei luoghi dove si produce o anche solo ,limitarsi ad acquisire quei parametri fondamentali per interagire con i processi produttivi”. Basta guardare all’ impianto per la birra, con una capacità produttiva di 100 lt di prodotto. “Non ci atteniamo a uno standard – raccontano Michele La Zazzera, docente di Scienze dell’alimentazione e Dario Tutino, tecnico pratico di laboratorio – ma siamo per provare miscele nuove. A Natale abbiamo realizzato una birra con spezie tipiche di queste festività: zenzero, cardamomo, cannella, scorza d’arancia e caramello. Oggi invece ci cimenteremo in una birra rossa, con malti e luppolo. Intanto i ragazzi, come vedete, stanno pesando gli ingredienti e c’è chi lava i tini, prima di iniziare la produzione”.
“In questo processo – come ci fa notare il prof. Giorgio Fattor, docente di Tecnologie applicate ai materiali e processi produttivi – il nostro impegno è di recuperare gli scarti della birra per renderli parte di un nuovo processo produttivo, elevandoli a nuova materia prima per pane, taralli, pasta fresca e altri prodotti alimentari. Questo ci ha fatto vincere un concorso nazionale, promosso dal Gruppo Greenthesis, lo scorso anno”. In un altro laboratorio troviamo un’ulteriore attrezzatura molto utilizzata: l’impianto per le conserve, pure questo semi industriale, che lavora a bassa pressione, consentendo di realizzare confetture e conserve (ultimamente anche il ketchup) che mantengono proprietà nutritive inalterate. Prima del lockdown era attivo un progetto definito ‘senza moneta’ con un paio di aziende agricole del territorio, che si avvalevano di questo impianto per realizzare il proprio prodotto e in cambio ne lasciavano una parte alla scuola, oltre a far vivere un momento formativo ai ragazzi. “Per il Consorzio dell’asparago di Santena abbiamo sperimentato metodi diversi a temperature diverse per conservare gli asparagi. A breve partirà un complesso progetto denominato Orti urbani, che vedrà coinvolti più attori su Torino, a cui i ragazzi contribuiranno, fra le altre cose, per mostrare come sia possibile conservare e trasformare frutta e verdura, a fronte di grossi quantitativi di prodotto non tutti immediatamente utilizzabili”.
Aziende che contribuiscono alle attività della scuola
Grazie a una macchina per la produzione di pasta fresca e secca, che ha una capacità produttiva di 6 kg all’ora, i ragazzi riescono a prendere confidenza anche con questo tipo di produzione, potendo sperimentare nell’impasto anche l’utilizzo di aromi alimentari, che l’azienda Maraschi & Quirici, produttrice di aromi per l’industria alimentare, mette a disposizione dell’Istituto. Anche la gelateria diventa un percorso molto serio, dal momento che non si è lesinato nella scelta della gelatiera e potendo beneficiare anche dell’apporto formativo di un’azienda del calibro di Gelati Pepino, che dal 1884 produce gelati di alta qualità a Torino. È in arrivo un’attrezzatura importante per i grandi lievitati. Scelte che il dirigente Pietro Rapisarda ci spiega: “Noi mettiamo in contatto i nostri studenti
con una serie di sistemi produttivi, se si appassionano anche ad uno di questi si trovano un mestie-
re fra le mani. La nostra idea è quella di fornire loro strumenti per essere autonomi, per crearsi volendo anche un’aziendina. Con la produzione di conserve, birra, pasta fresca, gelato... ci vivi”. Di fatto con la conoscenza acquisita in materia di trasformazione alimentare si possono trovare diversi tipi di impiego nel comparto agroalimentare, oltre a proseguire gli studi per approfondire quanto appreso”. Ci affacciamo ad un grande laboratorio dove i ragazzi sono suddivisi in due gruppi: il primo sta lavorando alla preparazione dello yogurt, rigorosamente con latte in scadenza, e salsa di pera, ricavata da frutta troppo matura per essere consumata diversamente. Una volta pronto il prodotto, verrà fatto un panel test al bar della scuola, si raccoglieranno le osservazioni, si modificherà la ricetta per poi passare alla produzione definitiva e alla vendita, a un prezzo morigerato, nel bar della scuola stessa. Un altro gruppo di studenti sta producendo sapone e assembla olio esausto proveniente dalle cucine e opportunamente filtrato, e luppolo di scarto nella produzione della birra, a cui viene aggiunto idrossido di sodio, che è l’unico piccolo costo da sostenere, essendo tutto il resto di recupero, come è di regola in questo istituto.