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Covid-19, quanto è stata dura!

Le difficoltà della pandemia nelle parole dei dirigenti sportivi del CSI

di Massimiliano Dilettuso

Lo sport italiano comincia gradualmente a respirare aria di normalità. Dopo oltre due anni di stop, privazioni e rigide regole da rispettare, a causa delle note vicissitudini legate alla diffusione della pandemia da Covid-19, da qualche mese a questa parte le società sportive sono tornate alle vecchie abitudini, lasciandosi – in molti casi – alle spalle i brutti ricordi delle annate passate. Anche le tantissime associazioni, parrocchie, palestre, circoli e realtà sportive del Centro Sportivo Italiano hanno accolto di buon grado l’allentamento delle restrizioni, imposte dal Governo per contrastare la pandemia, che avevano inevitabilmente costretto numerosi atleti a interrompere i propri allenamenti e le gare ufficiali. «Durante il periodo del primo lockdown abbiamo chiuso definitivamente. Poi, quando c’è stata la possibilità di riaprire, ci siamo interfacciati con il comitato provinciale del CSI Roma – ricorda padre Aurelio D’Intino, parroco e presidente dell’ASD Santa Gemma a Roma –e abbiamo deciso di ricominciare subito con distanziamento, sanificazione e adottando tutte le restrizioni previste per legge. Abbiamo accolto la riapertura delle strutture sportive con grande gioia: ci ha portato parecchi ragazzi che volevano ricominciare a muoversi, dopo i tanti mesi a casa, motivo per far conoscere sempre di più la nostra associazione sportiva e incrementare il numero dei partecipanti». Con la parziale riapertura di maggio 2020, sebbene con la possibilità di svolgere attività sportive in modo limitato e senza costituire alcun genere di assembramento, molte società hanno scelto di rimettere in moto la macchina organizzativa e di riaprire i battenti: «All’inizio avevamo un po’ di paura, in molti ci hanno definito incoscienti, ma abbiamo sempre svolto tutto secondo norma – spiega padre Aurelio –. Non è stato un momento buio, ma solo di preoccupazione iniziale. Abbiamo superato la pandemia cercando di sfidare le nostre paure».

Non tutti, però, hanno avuto la fortuna di poter rientrare in campo immediatamente, a causa di vari impedimenti che hanno inesorabilmente tardato la data di avvio delle attività: «Non appena è stato possibile, abbiamo cercato di attuare una ripartenza, ma il problema più serio era causato dalla mancata disponibilità delle strutture sportive, che non ci venivano più concesse, come - per esempio - le strutture scolastiche. Purtroppo, la nostra società non possiede strutture private e gli esterni non ci autorizzavano ad usufruire degli impianti sportivi. Per circa cinque mesi, da marzo fino ad ottobre 2020, siamo stati completamente fermi», replica Pasquale Trezza dell’ASD CSI Cava Sports, polisportiva con sede a Cava de’ Tirreni in Campania. «Dal momento in cui siamo ripartiti, il 50% dei nostri vecchi iscritti non è tornato, se non dopo circa un annetto e mezzo. Da ottobre 2022, invece, abbiamo cominciato a registrare il rientro di coloro che avevano abbandonato – prosegue Trezza –. Il motivo è sempre legato alla mancata disponibilità di strutture e al fatto che non possedevamo i mezzi per portare avanti le attività. Ci siamo subito attivati con le lezioni online, però come si può ben immaginare non è la stessa cosa».

Molte realtà sportive, durante i mesi più duri e monotoni trascorsi tra le mura domestiche, hanno provato a coinvolgere i propri atleti con lezioni interattive, cercando di emulare in qualche modo la didattica a distanza adottata dal sistema scolastico italiano. «Nel primo periodo, quello di chiusura totale in primavera 2020, abbiamo avuto serie difficoltà a rimanere agganciati ai ragazzi –ricorda Lucio Rivera, presidente dell’AS Oratorio Santa Cecilia a Milano –. Ci siamo inventati delle lezioni via Zoom, la redazione di un giornalino con quiz sportivi o invitato campioni del mondo dello sport per provare a rimanere in contatto con gli atleti. Ci ha colpito molto la testimonianza dei più grandi, che hanno cercato in tutti i modi di incoraggiare i piccoli». Le difficoltà, però, non si sono arrestate subito, perché anche nei momenti in cui l’Italia sembrava essere in procinto di lasciarsi alle spalle la brutta esperienza della pandemia, in tanti manifestavano il proprio timore ad abbassare da subito la guardia. «Infatti, la nostra riapertura è stata graduale – conferma Rivera –. È stata ben accolta da alcuni genitori, che non vedevano l’ora di “ributtare” i propri figli nella mischia; invece, molte famiglie hanno manifestato delle remore. Altri, attorno al 10% dei nostri iscritti, hanno abbandonato definitivamente lo sport, perché si sono seduti, hanno perso il desiderio di fare sport e si sono affidati al gioco online. Non hanno più risposto all’appello e, oggi, i loro genitori ci riferiscono che prediligono passare molto più tempo a casa o, peggio, in luoghi poco sicuri». Per di più, un altro dato rilevante è costituito dal fatto che le tante giornate trascorse a casa senza poter praticare attività motoria, e i mesi passati senza poter disputare allenamenti e gare, hanno inevitabilmente rallentato il percorso di crescita di molti bambini e ragazzi. «Nella testa dei ragazzi è tornato quasi tutto come prima. Tuttavia, – denuncia Rivera – in alcune categorie, notiamo i disastri causati dalla mancanza di sport per due anni. A livello di preparazione fisica e tecnica, molti sono a un livello più basso rispetto ai propri pari età, che invece, negli anni passati, non hanno saltato tutti questi mesi di sport». Oggi, nonostante il Covid-19 sia ancora presente nelle nostre vite, il pericolo sembra essersi attenuato e la stagione sportiva 2022/2023 è cominciata nel migliore dei modi, portando un barlume di speranza a tutti coloro che amano lo sport. Sebbene le conseguenze della pandemia siano ancora evidenti nelle vite di tutti i giorni – come riporta sempre Rivera – «Forse l’unica difficoltà che ravvisiamo ancora è che se organizziamo qualche evento in sala e, in generale, al chiuso vediamo che c’è una certa difficoltà a partecipare», la voglia di praticare sport è alle stelle e le società sportive non possono far altro che rallegrarsi. «Al momento l’attività è ripresa a pieno regime e non c’è più quella paura che traspariva prima. Nonostante ciò, – sottolinea Trezza – noi dirigenti cerchiamo di far rispettare qualche regola che ormai non è più obbligatoria nei protocolli. Il nostro è un settore molto ampio con molti iscritti ed è una fonte di sostentamento per molti operatori sportivi, che lavorano nel settore. Questo blocco ha condizionato molto la vita di alcuni collaboratori e, chiaramente, dei ragazzi che hanno sofferto molto». Una sofferenza, quella di chi ama e vive lo sport quotidianamente, che si auspica sia ormai un lontano ricordo, al pari delle mascherine, del distanziamento sociale e di tutte quelle regole che per troppo tempo hanno privato la nostra società di azioni semplici e ordinarie, ma al contempo indispensabili per poter vivere serenamente.

Dalle lezioni on line, dal distanziamento sociale e dalle mascherine all’auspicio che sia solo un ricordo lontano

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