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L’incontro tra sport al maschile e sport al femminile

Agli inizi degli Anni ’70 l’unificazione tra CSI e FARI

di Leonio Callioni

Quello che segue è un elenco di nomi per lo più poco conosciuti, salvo eccezioni, perciò meritevoli di menzione: Grazia Fuccaro, Presidente nazionale della FARI; Aldo Notario, Presidente nazionale del CSI; Giulio Martinucci, Vicepresidente nazionale del CSI; Vincenzo Natalizia, Vicepresidente nazionale del CSI; Chiara Terzani, Vicepresidente nazionale della FARI; don Claudio Bucciarelli, Consulente Ecclesiastico nazionale del CSI.

Sono i protagonisti dell’unificazione CSI-FARI che, nel 1971, a seguito di Congressi straordinari delle due Associazioni e conseguente riforma dei rispettivi statuti, sanciscono l’unificazione tra Centro Sportivo Italiano (per il settore maschile) e Federazione delle Attività Ricreative Italiane (per il settore femminile).

Siamo all’inizio degli Anni ’70, con il vento della contestazione (a lungo ribollente e sfociata nelle manifestazioni del 1968 e proseguita per diversi anni) che soffia potente sulle società “occidentali”. Sulla spinta di giovani universitari, di alcuni sindacati e del movimento operaio, si esprime con forza in tutti i settori della società una potente spinta verso il cambiamento, con la contestazione radicale delle istituzioni.

In quegli anni CSI e FARI concretizzano le idee di collaborazione maturate nel corso del tempo, alla luce di una rinnovata necessità di proporre, insieme, l’attività sportiva, educativa e formativa, sia per le ragazze che per i ragazzi.

«L’unificazione del CSI e della FARI – apprendiamo dalle pagine del secondo volume di “Cent’anni di storia nella realtà dello sport italiano” del CSI – è un importante avvenimento nella vita delle due Associazioni, un avvenimento che doveva continuare nella ricerca di un modo di stare insieme per dare vita ad un’Associazione unica, nella quale confluire e valorizzare due esperienze diverse, un avvenimento che doveva essere vissuto con coscienza da tutti i soci delle due Associazioni, per valorizzarsi completamente». E più oltre: «Si vuole creare un’Associazione che rovesci il tradizionale e scontato rapporto di subordinazione del cosiddetto ‘settore femminile’ per far spazio ad una paritetica e corretta collaborazione tra uomini e donne che pensano insieme e che insieme gestiscono la loro attività e la loro vita associativa».

Non ci sono dubbi che, lette oggi, queste poche ma significative affermazioni, dai giovani, risulteranno banali, scontate, perfino superate. Eppure questa unificazione risulterà, ad una lettura storica, profondamente radicale, capace di cambiare la proposta sportiva su tutto il territorio nazionale. E quindi di incidere sui costumi e sulle categorie della società. Quella stessa società che, è bene ricordarlo, fino al decreto del 10 marzo 1946, non consentiva alle donne di esprimere il proprio voto né, tanto meno, di essere elette a ruoli di responsabilità amministrativa.

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