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Donne, sport e gender equality: a che punto siamo?
from Stadium n. 9/2024
by Stadium
Quali sfide per arrivare all’uguaglianza di genere
LA LEADERSHIP E IL PROCESSO DECISIONALE SONO TRA LE PRINCIPALI SFIDE CHE LO SPORT DEVE AFFRONTARE IN TERMINI DI UGUAGLIANZA DI GENERE
di Avv. Raffaela Sabatini
Il principio di gender equality è condiviso da molti e citato spesso nei documenti istituzionali, ma nella pratica trova raramente riscontro.
In Italia su 44 Federazioni Sportive c’è solo una donna ai vertici, Antonella Granata, prima storica Presidente di una Federazione Sportiva Nazionale, quella dello Squash. Di recente sono salite da 4 a 13 le Vicepresidenti di Federazione; tuttavia il numero di donne con effettivo potere decisionale resta ancora molto basso. Ed anche in Europa la situazione resta critica con una sola donna Presidente (Hockey) contro 27 uomini. Il CIO si sta impegnando sul tema, dichiarando di porsi l’obiettivo della parità di genere agli imminenti Giochi Olimpici di Parigi, dopo aver mosso i primi passi in questa direzione già a Tokyo 2020, dove si è raggiunto il 49% delle donne atlete. Per quanto attiene allo sport praticato, nonostante una crescita particolarmente significativa negli ultimi dieci anni, oggi rimane costante il gender gap: se si fa riferimento alla fascia di età 15-17 anni, la quota delle ragazze che fa attività fisica è pari al 44,6% contro il 58,4% della componente maschile. Lo sport che fa da apripista alle donne, avendo registrato un forte aumento di visibilità in Italia, soprattutto dopo il Mondiale del 2019, è il calcio, trasmesso per la prima volta in prima serata su Rai1.
Parimenti, indiscusse protagoniste del panorama sportivo femminile italiano sono le atlete degli sport invernali, che, grazie al loro talento, sono seguite da un pubblico sempre più vasto.
Tuttavia la parità dei sessi in ambito sportivo è ancora molto lontana. Basti pensare al gender pay gap, ovvero la differenza nella retribuzione corrisposta alle atlete donne, notevolmente inferiore rispetto ai colleghi uomini. Numerosi sono i fattori che contribuiscono a questo gap. Il primo sicuramente è culturale: c’è ancora l’idea sessista e retrograda che alcuni sport, come per esempio il calcio, non siano sport per donne, e gran parte della responsabilità è anche dei media. Ancora oggi giornali, televisioni e siti focalizzano la loro attenzione sulla bellezza e le caratteristiche estetiche delle atlete, dando poca visibilità ai loro risultati ed alle loro performance.
Tutele giuridiche
In Italia l’attività sportiva è regolamentata dallo Stato e dalle Regioni in ossequio al dettato dell’art. 117, comma 3 della Costituzione, che demanda alle Regioni la «rimozione di ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e la promozione della parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive».
Il dettato costituzionale tuttavia, nell’art. 117 Cost., fa menzione dell’ordinamento sportivo come materia di legislazione concorrente e, pertanto, non si occupa dell’attività sportiva in sé considerata, tant’è che, nella pratica, lo Stato e le Regioni ne affidano la gestione alle Federazioni ed agli Enti.
Ci si auspica che la situazione inizi ad evolversi con l’introduzione del nuovo comma inserito nell’art. 33 della Carta Costituzionale, con il quale lo sport entra a far parte dei valori costituzionalmente tutelati. Infatti, nell’ambito della tutela della cultura e dell’istruzione, come delineato dall’art. 33 Cost., è prevista l’introduzione del riconoscimento del valore educativo e sociale dello sport unitamente alla sua importanza sotto il profilo del benessere psicofisico.
L’attività sportiva rappresenta un momento di aggregazione, di socializzazione ma anche di integrazione, avendo la capacità di creare vicinanza tra le popolazioni e di divenire uno strumento di lotta contro i comportamenti xenofobi e razzisti.
L’introduzione del diritto di accesso allo sport nella Costituzione comporta, o comunque dovrebbe comportare, un conseguente impegno da parte dello Stato, che deve assumere iniziative idonee e conseguenti.
Pertanto, onde evitare che quanto costituzionalmente garantito resti lettera morta, oggi sembra più che mai necessario un intervento da parte delle istituzioni nazionali e di quelle sovranazionali, se si considera la pratica sportiva come strumento di tutela e di sviluppo della salute e della formazione personale e sociale dei giovani sportivi, che sono, prima ancora che atleti in erba, dei cittadini in crescita.
È fondamentale, infatti, che le istituzioni intervengano al fine di eliminare, dalle singole discipline sportive, le discriminazioni che spesso vengono veicolate ai giovani praticanti fin da piccoli e che finiscono per condizionare le loro idee e la loro educazione relativamente a identità di genere e orientamento sessuale.
In conclusione, il gender gap oggi nello sport esiste più che mai. Davanti c’è una lunga strada da percorrere, che dovrà portare, in primis, all’eliminazione delle norme e regolamenti che ostacolano la carriera sportiva delle donne, e dovrà essere compito degli Stati insistere, attraverso una normativa adeguata, affinché le organizzazioni sportive migliorino l’equilibrio di genere nei consigli e nei comitati esecutivi, nonché nella gestione e negli staff tecnici.
Agire per la parità: il cammino del CSI
L’articolo 16 del d.lgs. 39/2021 promuove un più elevato livello di sensibilità e impegno ai fini della valorizzazione della parità di genere tra uomo e donna nel contesto di lavoro e della tutela dei minori, nonché del contrasto a ogni forma di violenza di genere o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale e, in genere, a ogni forma di discriminazione.
Le associazioni sportive dovranno, quindi, dotarsi di modelli organizzativi ispirati a codici di condotta e policy a contrasto di ogni forma di discriminazione e violenza di genere. Per questo, il Centro Sportivo Italiano ha istituito un gruppo di lavoro per la promozione delle pari opportunità in seno al Consiglio nazionale, il quale supervisionerà un percorso a tappe che coinvolgerà tutta l’Associazione.
1. Risk assessment: sarà inviato un questionario on line anonimo a tutte le realtà associative per una prima valutazione delle politiche di genere all’interno del CSI.
2. Self assessment: il gruppo di lavoro rielaborerà, con l’ausilio di esperti interni ed esterni, i dati raccolti e definirà le priorità per l’elaborazione dei codici di condotta e dei documenti di policy da adottarsi e da adattarsi da parte delle realtà territoriali
3. Predisposizione dei documenti: insieme agli esperti coinvolti, il CSI provvederà alla redazione dei documenti destinati ai Comitati regionali e provinciali, alle associazioni sportive, alle componenti associative.
4. Disseminazione: sarà avviata un’azione di promozione e diffusione affinché i processi di adozione e di adattamento raggiungano tutti i soggetti associativi interessati.
La parità dei sessi in ambito sportivo è ancora molto lontana. Basti pensare al gender pay gap, ovvero la differenza nella retribuzione corrisposta alle atlete donne, notevolmente inferiore rispetto ai colleghi uomini