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LUIGI GEDDA IN CAMPO UNA NUOVA VISIONE DI SPORT
from Stadium n. 13/2025
by Stadium
Ernesto Preziosi
Centro ricerche e studi storici e sociali
LUIGI GEDDA (1902-2000) HA ATTRAVERSATO TUTTO IL NOVECENTO, SCEGLIENDO CON PASSIONE L’APOSTOLATO LAICALE VISSUTO NELLA CHIESA ATTRAVERSO L’ASSOCIAZIONISMO.
LA SUA VITA E LA SUA INTENSA ATTIVITÀ HANNO TOCCATO I MOMENTI PIÙ DELICATI DELLA STORIA DEL SECOLO, CONFIGURANDOSI COME UNA SPLENDIDA AVVENTURA. IN UN LIBRETTO A CUI ERA RIMASTO NEL TEMPO SINGOLARMENTE AFFEZIONATO, "ADDIO GIOVENTÙ" (AVE, ROMA 1947), E IN CUI PRENDEVA COMMIATO DALLA GIOVENTÙ CATTOLICA, GEDDA STESSO RACCONTA QUELLA CHE ERA STATA LA SUA “AVVENTURA”: L’INCONTRO CON L’AZIONE CATTOLICA (AC), L'IMPEGNO PER L’APOSTOLATO.
TUTTA LA SUA VITA DIVENTERÀ UNA MILITANZA, UN IMPEGNO COSTANTE E CREATIVO. DOTATO DEL GENIO DELL’ORGANIZZAZIONE, NON SOLO RICOPRIRÀ NUMEROSI INCARICHI, MA SARÀ UN INFATICABILE REALIZZATORE DI OPERE, DIVENENDO PERALTRO FIGURA CONTROVERSA E PIÙ VOLTE OGGETTO DI ATTACCHI E CRITICHE PROVENIENTI ANCHE DALL’INTERNO DEL MONDO CATTOLICO
Gedda nasce a Venezia nel 1902 e segue la famiglia in varie città dove il padre si trasferisce per lavoro.
Dinamico Presidente dei Giovani cattolici a Casale Corte Cerro (Novara), realizzerà, in seguito, in questa località, una casa per gli esercizi spirituali e momenti di formazione: il Getsemani. È Presidente diocesano della Gioventù di AC prima nella diocesi di Novara, poi a Torino (1931-1933). Nel frattempo a Milano, dove il padre viene trasferito nel 1918, si segnala come brillante conferenziere tra i “propagandisti” della Gioventù Cattolica animati da don Francesco Olgiati e don Giovanni Rossi. Del periodo milanese saranno importanti i contatti con l’ambiente gemelliano, in particolare con il nascente sodalizio della Regalità fondato dal francescano e di cui Gedda, insieme ad altri giovani amici come Carretto, entra a far parte. Negli anni ’30 sarà a Roma ai vertici dell’Ac nazionale. Angelo Raffaele Jervolino nel 1934 gli affida la vicepresidenza della Gioventù Italiana di AC (GIAC).
Nello stesso anno, Pio XI lo nomina Presidente. Lo sarà ininterrottamente sino al 1946, quando diviene Presidente centrale degli Uomini di AC (dal 1946 ai 1949). È nominato poi vicepresidente generale dell’intera Associazione dal 1949 al 1952 e, infine. presidente generale dell’ACI dal 1952 al 1959.
Un lungo percorso che attraversa due pontificati e un periodo travagliato della storia nazionale e mondiale. Gedda offre all’associazionismo un impulso di novità. Negli anni in cui è ai vertici dell’AC, Gedda dà vita ad una famiglia spirituale, la Società Operaia (1942), e a numerose forme associative tra cui l’Associazione dei medici cattolici (1944); tra queste hanno un posto di rilievo una serie di Opere collegate allo sviluppo dell’AC dopo il fascismo, tra cui il Centro Sportivo Italiano (CSI) e il Centro Turistico Giovanile (CTG), sorti all’interno della Gioventù Cattolica e che in seguito diventeranno autonomi negli anni del rinnovamento dell’ACI. Nei primi anni dopo la guerra, Gedda si fa promotore anche di alcuni organismi internazionali per l’apostolato laicale, tra questi l’Unum Omnes, la Federazione Internazionale Uomini Cattolici (1948).
Notevole è l’impulso che dà, inoltre, alle opere di cui è quasi sempre anche tra i fondatori. Tra queste, l’Ente dello spettacolo (con i settori Centro cattolico cinematografico, Centro cattolico teatrale, Centro cattolico radiotelevisivo). Continua anche la sua intensa attività scientifica: docente universitario di genetica umana, fonderà nel 1945 la “Società italiana gemelli” e nel 1953 l’istituto Mendel per lo studio dei problemi di genetica e di gemellologia, di cui resterà a lungo Presidente. Nel 1948, a due mesi dalle elezioni del 18 aprile, dà vita ai Comitati Civici cui la storiografia ha dedicato grande attenzione per l’indubbia rilevanza che avranno nel rapporto cattolici-politica e anche nella relazione con il partito della Democrazia Cristiana con cui non mancheranno tensioni. Un capitolo importante dell’impegno svolto da Gedda nella sua lunga vita su cui la storiografia dovrà tornare, ma che non può oscurare gli altri aspetti di una multiforme attività.
Lasciato, nel 1959, il vertice dell’Azione Cattolica, quando il Concilio è stato indetto e se ne attende la celebrazione, sarà chiamato a parteciparvi come uditore laico; sarà inoltre membro della consulta per la Città del Vaticano e del Consilium dei laici.
Gedda continua la sua attività nelle opere e associazioni da lui fondate e in altre in cui si impegna ex novo, come il settore televisivo. Continua soprattutto l’attività come Presidente dei Comitati Civici, anche se stava cambiando il panorama politico e da più parti si chiedeva di porre fine a questa esperienza. Darà vita in questi anni ai Circoli "Mario Fani” e alla “Gioventù anno 2000” (GIAD), presentata durante il Congresso eucaristico di Udine (1972), che nell’acronimo richiamava quello della GIAC e voleva essere un tentativo di tornare a organizzare i giovani negli anni in cui l’AC vive, nella prima stagione di ricezione del Concilio, una fase di crisi. Queste realtà non riescono, tuttavia, a radicarsi come avrebbe voluto e rimangono più una nostalgia della stagione gloriosa che si cercava di far rivivere.
Il sensus ecclesiae lo accompagna e anima in lui una nuova stagione, ormai lontano dai riflettori della prima fila, una stagione di partecipazione ancora attiva al nuovo cammino della Chiesa. Gedda percorre l’ultimo tratto del suo percorso di laico impegnato.
Si riconosce con difficoltà nel cammino post-conciliare dell’Azione Cattolica, ma non formulerà mai pubbliche critiche. La rivista "Tabor", da lui fondata e diretta per lunghi anni (1947-1982), rivela la tenacia di un’attenzione costante alla spiritualità laicale anche con articoli e firme che potrebbero stupire quanti considerano Gedda fuori dalla nuova stagione.
La fede e le opere
La cifra vera della sua vita va cercata sul terreno della fede vissuta in prima persona, secondo un percorso esigente di spiritualità laicale. Importante quel suo riferirsi alla spiritualità getsemanica, sulla quale promuove e tiene in prima persona centinaia di incontri di preghiera e di adorazione da parte dei suoi “Operai”, ma anche di amici dell’Azione Cattolica. Quando le altre opere rallentano l’attività o cessano di esistere, la spiritualità rimane per Gedda un punto fermo. Per un incontro spirituale convoca, anche negli ultimi anni, un gruppo di amici nella pace del Getsemani di Casale Corte Cerro o a Paestum dove esiste una struttura analoga, oppure in quella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, a Roma, dove la Società Operaia era stata avviata nel 1942. Gedda – ormai fuori dalla struttura organizzativa dell’Associazione – si confronta con la stagione conciliare dentro una fedeltà all’intuizione di fondo dell’AC, che per lui è stata segnata da forme in sintonia con la visione ecclesiologica degli anni di Pio XI e Pio XII. In lui è presente un’attenzione costante alla prima esperienza ecclesiale, a quel laicato, attivo fin da allora, nel faticare accanto agli apostoli per l’annuncio del Vangelo. Sulle pagine della rivista "Tabor" e negli articoli scritti in quegli anni, peraltro è possibile seguire la sua personale ricezione del Concilio.
Lo sport e il CSI
In Gedda vi era la coscienza che – come scriveva nei primi anni del XX secolo una dirigente della Gioventù Cattolica, rivolgendosi ai giovani della Società – vi sono in Italia migliaia di giovani sui quali è impossibile agire «per mezzo di scritti, di conferenze, di esempi», ma che è possibile trasformare in “apostoli” attraverso altri canali. Lo sport era senz’altro uno di questi.
Lo sport assume con il XX secolo una importanza nuova anche per la Chiesa e il cattolicesimo organizzato proprio in considerazione di un nuovo rapporto con la modernità. In definitiva, come noterà Luigi Gedda in un volumetto pubblicato dall’editrice dell’Università Cattolica ("Lo sport", Vita e Pensiero, Milano 1931), già sul principio degli anni Trenta «il fenomeno sport non è isolato, ma intimamente commisto alle svariate manifestazioni della vita moderna», tanto che «non si può capire lo sport né influire su di esso prescindendo dalla psicologia dello sport», concludendo, a conferma dell’importanza dello sport, che «non c’è Stato che non si occupi direttamente o indirettamente di competizioni sportive, con provvedimenti favorevoli o restrittivi, ma sempre testimoni autorevoli di quanto valga lo sport». Gedda è in quegli anni a contatto con padre Gemelli, con cui condivide l’intuizione di una nuova visione del laicato e anche la visione e l’approccio scientifico, in particolare medico e psicologico, della persona umana. Il volumetto di Gedda usciva, allora, nella collana I Quaderni del cattolicesimo contemporaneo con una significativa avvertenza al lettore da parte di padre Agostino Gemelli. Vi si sosteneva che lo sport è una delle attività nuove che non possono essere estranee al «Cattolicesimo» perché questo «non è un complesso di credenze, ma è della vita una concezione».
Il CSI, quando nasce nel 1944, supera la visione della FASCI (la Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane, nata il 23 agosto 1906 avendo per organo informativo “Stadium”), che considerava lo sport cattolico come un mondo a sé stante, separato dall’altro sport. Gedda, al contrario, intendeva contagiare l’intero mondo dello sport con i valori cristiani per mezzo dell’opera della nuova Associazione, al centro del cui progetto sta la persona umana. Si usciva da un ventennio in cui il modello sportivo era imposto dall’alto e occorreva sostituirlo con un altro fondato sul libero associazionismo e improntato a regole di vita democratiche. Gedda credeva inoltre nel contributo che la scienza poteva dare allo sport. Essa era chiamata a fissare i paletti su ciò che fa bene e ciò che fa male all’organismo umano, sui limiti che non si devono superare, sugli eccessi che devono essere cancellati. Inoltre lo sport, essendo fattore di educazione, si trasforma in strumento di crescita civile, aperto a tutti i cittadini senza confini di censo, in massima parte rivolto ai bambini e ai giovani come supporto alla loro crescita personale. È l’idea dello sport sociale, il cui fine principale non è primariamente il conseguimento di record o prestazioni, ma la promozione della persona umana. Lo sport inoltre veniva promosso all'ombra dei campanili ma non era solo un'occasione di raccolta dei ragazzi e dei giovani bensì veniva proposto anche per i valori formativi che conteneva in sé.
Da quella prima partenza il CSI ha fatto un lungo cammino che Gedda ha seguito, da distante, con interesse, partecipando ai momenti ufficiali cui era invitato. Parlando al V Congresso del Centro Sportivo Italiano, nel maggio 1956 Gedda afferma che lo sport è «fenomeno sociale del nostro secolo, e cammina a gonfie vele con il vento dell’entusiasmo giovanile e del fascino che esercita sulla massa». Parole che sintetizzano un convincimento e una passione.
L'incontro con Pio XII
Incontro di Pio XII con il Presidente del CSI, Luigi Gedda in occasione delle celebrazioni per il Decennio del CSI (1955).

17-19 marzo 1951
Premiazione effettuata dal Presidente nazionale CSI, prof. Gedda, del Campionato nazionale di Tennistavolo del CSI svoltosi a Roma.

1940
Appena sposatosi, il popolare campione di ciclismo, Gino Bartali, fu ricevuto in udienza privata dal Santo Padre Pio XII. Ad accompagnarlo, Luigi Gedda.
