Printlovers, n. 93, 2022

Page 1

93

PRINT LOVERS

93/2022

MYPOWER MYPAPER

printlovers.net

mycordenons.com P R I N T B U Y E R | S T R AT E G I E E T E C N I C H E D E L L A C O M U N I C A Z I O N E S TA M PATA

S T R A T E G O G R O U P | Via Cassanese, 224 | 20054 Segrate (Milano) | ITALIA | € 14,00


Novità: Scatole in formati personalizzati a prezzo ridotto

Oltre 1 milione di clienti soddisfatti

30 anni di esperienza

Servizio competente

Spedizione standard gratuita

STAMPIAMO QUALITÀ AL MIGLIOR PREZZO



Design The 6th Creative Studio Carta myCordenons myWild white 300 g/m2 Nobilitazione LUXOR® Lumafin Red

STAMPA E NOBILITAZIONE



SALONE INTERNAZIONALE MACCHINE PER ENOLOGIA E IMBOTTIGLIAMENTO

LEADER IN WINE & BEVERAGE TECHNOLOGY ORGANIZED BY

29 a EDIZIONE

15-18 novembre 2022 Fiera Milano (Rho) info@simei.it / simei.it


I L

P R I M O

S C H W A

N O N

S I

S C O R D A

M A I

Manifesti

stampati, di diverse dimensioni, che spaziano dall’uso impattante della tipografia all’illustrazione, tappezzano in questi giorni le pareti dell’Autostazione di Bologna. Un luogo di transito verso la provincia, le altre regioni d’Italia e molti Paesi stranieri con percorsi di lunga percorrenza. È il luogo che ha scelto @cheapfestival per la sua ultima campagna di comunicazione. Su uno di questi manifesti – stampa, carta e colla sono ancora, più che mai, strumenti potentissimi di comunicazione Out of Home – compare una citazione di bell hooks, scrittrice statunitense da poco scomparsa, tradotta in italiano con: “Il femminismo è per tuttə”. Cos’è quel bizzarro carattere? Chi frequenta ambienti popolati da persone appartenenti a categorie storicamente discriminate, sa bene che si tratta di uno schwa, che sulla Treccani compare come scevà ed è definito «suono vocalico neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità; spesso, ma non necessariamente, una vocale media-centra-

le. È trascritto con il simbolo IPA /ə/ e nel quadrilatero vocalico ha una posizione centrale». È un fonema che compare non solo in molte lingue straniere e dialetti italiani, ma ultimamente, nel dibattito pubblico, è diventato il simbolo per eccellenza di un linguaggio che fa lo sforzo di far convivere le differenze, superando il maschile sovraesteso per comprendere nei discorsi, in maniera esplicita, tutte le persone che maschi non sono o non si identificano come tali. Come tutti i simboli, si presta a essere sostenuto o osteggiato con pari vigore; da un punto di vista sociolinguistico, però, è ipotizzabile che in presenza di una comunità parlante che ne faccia un utilizzo sempre più vasto ed esteso, lo schwa possa uscire dalle nicchie per diventare norma. In questo senso, vederlo stampato a caratteri cubitali in un luogo di transito in cui, per definizione, il pubblico che riceve il messaggio è il più eterogeneo possibile, dona a quel manifesto un potere comunicativo straordinario. Esattamente come fa una t-shirt indossata per strada, su un palco o in TV, un libro o una rivista. Insomma, un conto è usarlo nell’emisfero digitale – anche se è difficile trovarlo sulle tastiere, visto che per ora solo Apple ha introdotto lo schwa nella tastiera di iPhone con iOS 15 – un altro è vederlo vivere fuori, nel mondo analogico e tangibile, grazie alla permanenza della stampa: è da sottigliezze come questa che percepiamo come l’autorità conferita ai messaggi dall’inchiostro non sia ancora stata spodestata. Chissà se sempre più spesso comunicatori, graphic designer e stampatori si troveranno alle prese con questa vocale un po’ temuta che, tipograficamente parlando, è un carattere speciale che qualche problema lo può dare: in questo senso, forse, non si dimenticheranno mai la prima volta in cui ci avranno a che fare. Io, nel frattempo, vi lancio una sfida: cercatela all’interno di questo numero, tra gli articoli, e, se vi va, fatemi sapere se c’è.

L ' E D I T O R I A L E

di M I C H E L A

P I B I R I

5


Butterfly Cannon, storie potenti e meravigliose DI MICHELA PIBIRI

Velasca, in vetta alla moda artigianale e sostenibile DI ACHILLE PEREGO

Di cosa parliamo quando parliamo di Marketing box D I R O B E R TA R A G O N A

Nihil obstat quominus imprimatur D I LO R E N Z O C A P I TA N I

T-shirt manifesto D I C AT E R I N A P U C C I

6

Chris Joscelyne, marketing manager della prestigiosa agenzia londinese, parla delle nuove declinazioni del lusso, delle sfide della comunicazione di marca e di cosa significhi essere “conscious designer”.

Dalla finanza alla moda: questo è il percorso di Enrico Casati e Jacopo Sebastio, che nel 2013 hanno fondato il brand che porta il nome dell’icona architettonica firmata BBPR che caratterizza la skyline di Milano.

Storytel, Carosello Records, Einaudi, Innocent, Espressoh sono solo alcuni dei brand che traducono in box destinate a un target specifico esperienze sinestetiche o immateriali. In questa inchiesta raccontiamo come.

Spazio colore, formato delle immagini, risoluzione, font, abbondanze, sovrastampa e verifica preliminare. Ecco i 6 passi fondamentali per creare un file che ottenga l’agognato “visto si stampi!”.

Oltre a essere un capo iconico, la t-shirt è anche un mezzo espressivo potentissimo. Ora più che mai accessibile e rispettosa dell’ambiente e delle persone grazie a tecnologie digitali e materiali innovativi.

P

A

G

14

P

A

G

22

P

A

G

28

P

A

G

37

P

A

44

G


Dalla “Random combination” alla “Metamorphosis” DI MICHELA PIBIRI

Addio, Type 1!

Da gennaio 2023 Adobe manderà in pensione la categoria di font nata quasi 40 anni fa. Può essere un’occasione per fare decluttering nella nostra collezione di font: ecco cosa c’è da sapere per arrivare preparati.

D I LO R E N Z O C A P I TA N I

L’appeal del cartone ondulato

È nato alla metà dell’Ottocento per produrre le cappelliere e si è poi diffuso grazie alla Kellogg’s. Nell’arco di due secoli, questo materiale è diventato indispensabile e la sua fortuna non accenna a diminuire.

D I E L E N A PA N C I E R A

EDITORIALE Il primo schwa non si scorda mai di Michela Pibiri COM'È FATTO PRINTLOVERS #93 I materiali e le tecniche

Elisa Seitzinger, artista visiva, e Daisy Viviani, designer e creative director di Brand Revolution LAB 2022, raccontano il concept creativo della nuova edizione del laboratorio sperimentale della comunicazione stampata.

5 8

GRANDANGOLO Le compliment card di Belmond by Nava Press

33

SPAZIO ROBILANT ASSOCIATI Il rilancio di Braulio, amaro con 150 anni di storia 56

NEWS

10

CONCORSI Tutti i premiati da OneMorePack 2022

ARMANI LAB Il valore etico ed estetico del packaging

12

FOTOGRAFIA Irene Alison, professione photo-consultant

64 66

P

A

G

50

P

A

G

58

P

A

G

70

ABBIAMO PARLATO DI Persone e aziende citate in questo numero

76

CREATIVE FRAME Il progetto Alimenta di The 6th Creative Studio

77

PRINT BUYER NUMERO 93/2022 DIRETTORE RESPONSABILE Enrico Barboglio COORDINAMENTO EDITORIALE Michela Pibiri michela.pibiri@strategogroup.net HANNO COLLABORATO Simone Azzoni, Lorenzo Capitani, Elena Panciera, Achille Perego, Caterina Pucci, Roberta Ragona TRADUZIONI Marta Sanders – The Language Switch ART DIRECTOR Stefano Torregrossa › onicedesign.it

PRINTLOVERS www.printlovers.net redazione@printlovers.net

REA MILANO 1190227 Autorizzazione Tribunale Milano n. 706 | 11/10/2004

STRATEGO GROUP srl Via Cassanese 224, 20054 Segrate (MI) amministrazione@strategogroup.net

STAMPA PRESSUP – Nepi (VT)

PUBBLICITÀ Deborah Ferrari | t. 389 9004599 › deborah.ferrari@strategogroup.net Segreteria pubblicità › brando.zuliani@strategogroup.net

ABBONAMENTI T. 02 49534500 | F. 02 26951006 abbonamenti@strategogroup.net Annuale 60 euro – Bonifico bancario a STRATEGO GROUP srl IBAN: IT70 C034 4020 6000 0000 0264 200

Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli Autori. Dati e caratteristiche tecniche sono generalmente forniti dalle Case costruttrici, non sono comunque tassativi e possono essere soggetti a rettifiche in qualunque momento. Tutti i diritti sono riservati. Notizie e articoli possono essere riprodotti solo a seguito di autorizzazione dell’editore e comunque sempre citando la fonte. Testi e fotografie, qualora non espressamente richiesto all’atto dell’invio, non vengono restituiti. Desideriamo informarLa che il D.Lgs. 196/03 (Testo Unico Privacy) prevede la tutela di ogni dato personale e sensibile. Il trattamento dei Suoi dati sarà improntato ai principi di correttezza, liceità e trasparenza e della Sua riservatezza. Ai sensi dell’art. 13 del Testo Unico, Le forniamo quindi le seguenti informazioni: il trattamento che intendiamo effettuare verrà svolto per fini contrattuali, gestionali, statistici, commerciali, di marketing; il trattamento, che comprende le operazioni di raccolta, consultazione, elaborazione, raffronto, interconnessione, comunicazione e/o diffusione si compirà nel modo seguente: archiviazione su supporto cartaceo e archiviazione informatizzata su personal computer. Il titolare dei dati è: Stratego Group srl nella persona del Rappresentante Legale. Il responsabile del trattamento dei dati è: Enrico Barboglio [enrico.barboglio@strategogroup.net, via Cassanese 224, Segrate MI, T. 02.49534500]. Al titolare del trattamento Lei potrà rivolgersi per far valere i Suoi diritti così come previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/03.

7


Com'è fatto Print

8

La rivista è ricca di contenuti digitali: inquadra i QR code con il tuo smartphone per accedere.

CLICHÉ E COLORE A CALDO

STAMPA E NOBILITAZIONE CONTROCOPERTINA

Luxoro è partner esclusivo in Italia del Gruppo KURZ, player mondiale e punto di riferimento nella produzione di attrezzature e tecnologie per la stampa a caldo, a freddo e digitale. Attraverso le sue ispirazioni, Luxoro vuole diffondere un nuovo modo di pensare il packaging e l’immagine dei brand, soluzioni di nobilitazioni inedite e materiali di altissima qualità studiati per design unici. Che si tratti di packaging, etichette, editoria, alta sicurezza, cosmetica, automotive, elettrodomestici o moda, le proposte dedicate alla nobilitazione sono sempre all’avanguardia e sorprendenti. Grazie a rigorose politiche aziendali volte alla sostenibilità ambientale, Luxoro è da tempo una realtà a energia 100% rinnovabile e sostenitore WWF nel progetto di tutela e sostenibilità per fauna e ambiente. C www.luxoro.it

Varigrafica opera nel settore delle Arti Tipografiche da oltre 50 anni, ed oggi si posiziona come azienda leader a livello nazionale, grazie all’esperienza ed il know-how si propone con lo stesso carattere distintivo verso i mercati internazionali. Affidabilità e qualità sono divenute sempre più parole chiave, grazie alla passione presente nella proprietà e nei collaboratori; passione che supporta ed è supportata da uno straordinario parco macchine dalla prestampa alla finitura. Al centro del processo di produzione vengono posti prodotto e cliente così da sottolineare sì la qualità e le caratteristiche tecnologiche all’avanguardia, ma soprattutto l’aspetto tipico del Made in Italy: regalare un’esperienza sartoriale dove il prodotto è ideato e creato su misura ricercando soluzioni sempre nuove per rispondere alle mutevoli richieste del mercato C www.varigrafica.com


IL

Per la stampa della controcopertina numero 93 di PRINTlovers, Varigrafica ha scelto di stampare in offset H-UV con una delle due Komori GL 840 presenti nel proprio stabilimento. In questo esercizio

la controcover con la particolare carta selezionata si presenta sì con pochi colori, ma sicuramente d’impatto, colori ai quali la Komori riesce a dare la giusta intensità. Colori che gridano all’unisono la loro forza e il loro messaggio, una rivolta di azioni e di stampa sempre più performante data dall’elevata flessibilità della GL 840. L’asso nella manica di questa controcover è sicuramente l’utilizzo del LUMAFIN® 720 RED: grazie a questo effetto traslucido la grafica preesistente assume nuove caratteristiche e potenzialità. Attraverso la tradizionale stampa a caldo Varigrafica riesce a dare un tocco innovativo al design di base creando diverse intensità di colore; ogni elemento viene così rappresentato con la sua particolare forza.

LUMAFIN® 720 RED Il rosso è il colore predominante nella grafica della controcover. È il risultato del LUMAFIN® 720 RED stampato a caldo con cliché hinderer + mühlich Italia. La particolarità di questo effetto di nobilitazione è la caratteristica semi trasparenza che lascia intravedere il design sottostante, donando così luminosità e carattere. Nei punti in cui il LUMAFIN® è stampato su un colore pieno, come sulla scritta “lovers” della cover, il design risulta lucido e brillante, unico nel suo genere.

CARTA COPERTINA E CONTROCOPERTINA myCordenons sviluppa, produce e commercializza creative & technical papers offrendo al mercato internazionale oltre 2.500 prodotti differenti per target e applicazione. Dedica da sempre importanti risorse alla ricerca e sviluppo di carte innovative e originali per dare immediata risposta alle richieste dei clienti e rimanere sempre al passo con i trend del momento, offrendo una qualità eccellente fatta di contenuti tecnologici e creatività. Accanto alle più avanzate tecnologie, l’azienda mantiene intatta la vocazione a creare prodotti di alta gamma con una raffinata cura del dettaglio. Attraverso una produzione sempre più flessibile, ha sviluppato un ampio portafoglio di carte sempre all’avanguardia che uniscono all’estetica il plus degli effetti tattili. L’ampia gamma a catalogo è arricchita dalla possibilità di richiedere forniture di carte personalizzate in base alle specifiche esigenze di colorazione, grammatura e finitura. C mycordenons.com

DESIGN

DI

COVER

E

CONTROCOVER

È

DI

Perché ci sia un vero cambiamento deve esistere un movimento che parta dal basso, e negli ultimi anni ne abbiamo visto parecchi legati ai diritti umani e sociali: le strade e le piazze hanno ripreso a riempirsi con Black lives matter, Occupy Wall Street, Fridays for future, Gilet jaune solo per nominarne alcuni. Le grafiche che accompagnano le proteste in ogni angolo del mondo hanno qualcosa in comune: l’esigenza di immediatezza e la tecnica home-made, che si traducono in segni dai tratti duri e dalla tipografia spesso manuale, oversize e irregolare, oltre che dai colori contrastati. In questo numero di PRINTlovers li abbiamo voluti omaggiare. Il punto di partenza è un NO, gridato da un singolo che domina la cover. Nella controcover, il singolo diventa gruppo in cui ognuno propone di passare all’azione: dire, agire, fare. È sempre il momento giusto per cambiare! Design: The 6th Creative Studio

C pagina 77

myWild di myCordenons Cover e controcover di questa edizione di PRINTlovers sono state realizzate con myWild di myCordenons, carta straordinariamente naturale prodotta con il 35% di cotone che le conferisce una superficie estremamente piacevole al tatto. Leggermente trattata per migliorarne la macchinabilità, è inoltre caratterizzata da un elevato spessore. Mentre il suo particolare effetto tattile la rende facilmente riconoscibile in ogni progetto creativo, il suo animo selvaggio riesce a trasmettere al meglio il messaggio di questa edizione: un po’ “ruvido” ma al tempo stesso di estrema importanza e attualità. myWild è disponibile in 5 varianti ispirate ai colori della natura, in 150 e 300 g/m². La gamma si completa con la versione myWild Natural, caratterizzata da un elevato spessore, che raggiunge i 2 mm nella grammatura 850 (disponibile solo nel colore bianco). Particolarmente adatta per rilievi a secco e letterpress. 9


Per le ultime notizie visita www.printlovers.net

N E W S

CARTA

NASCE MYCORDENONS, IL “MIO” PARTNER PER LE CARTE CREATIVE SPECIALI La storica cartiera italiana Gruppo Cordenons si rilancia con un rebranding firmato Robilant Associati, presentato nel corso di Packaging Première 2022. Il pronome “my” riflette la missione di myCordenons: mettere al centro il cliente per fornire in breve tempo risposte altamente personalizzate, dallo studio di fattibilità alle prove mock up, fino alla produzione. Il nuovo posizionamento è anche guida e base per la riorganizzazione del catalogo, chiamato myPowerKit, che raggruppa le diverse carte in tre macro-aree esprimendone al meglio caratteristiche e potenzialità: myCordenons Agile (le classiche), myCordenons Instinct (le iconiche e innovative), myCordenons Bespoke (le uniche e su misura). Anche il sito web vuole introdurre una nuova brand experience, esplorando la personalità delle carte più interessanti attraverso grafiche e animazioni rese con un linguaggio nuovo e fresco. www.mycordenons.com

LIBRI

L’ARTE DEL MANIFESTO GIAPPONESE È stato presentato all’ADI Design Museum di Milano “L’arte del manifesto giapponese”, il volume più completo, finora mai realizzato, sul graphic design giapponese, edito da Skira. Attraverso una vasta selezione di artisti e di opere, il volume copre una settantina d’anni della storia del manifesto giapponese, forma d’arte di pari dignità delle altre. Il libro vuole colmare una lacuna sulla storia della grafica giapponese, quella relativa ai primi due decenni del nuovo millennio, raccontando da un lato il passato, con l’opera dei grandi maestri, e dall’altro esplorando nuovi nomi e tendenze. Edizione italiana e inglese, 21×29,7 cm, 520 pagine, cartonato. www.skira.net

EVENTI

PENTAWARDS INAUGURA A LONDRA IL SUO PRIMO FESTIVAL IN PRESENZA Si terrà il 22 e 23 settembre 2022 al London’s Science Museum il primo festival Pentawards, che esplorerà i più recenti trend, approfondimenti e sviluppi nell’industria globale del packaging design attraverso le voci di esponenti di spicco di realtà come PepsiCo USA, WWF, BBC, Nestlé e Diageo, tavole rotonde, workshop e networking. Obiettivo finale è delineare i fattori che stanno plasmando il futuro del packaging in un momento in cui i brand e i creativi si interfacciano con cambiamenti senza precedenti determinati dagli ultimi due anni. Tre sono i temi principali in cui si divide il programma: Sustainability 2.0, Authentic Inclusivity e Essential Futures. Il Festival si concluderà con la cerimonia di gala in cui saranno annunciati i vincitori dell’edizione 2022 del concorso internazionale di packaging design, che si terrà alla Royal Opera House. www.pentawards.com

TEXTILE

SEASONLESS È L’ULTIMO TREND IN FATTO DI MODA Viene da Milano Unica l’innovativo concetto di seasonless, cioè del superamento del classico susseguirsi delle stagioni per quanto riguarda tessuti e accessori. Cotoni, mussole, rasi, lini e lane vanno oltre le convenzioni per abbracciare una visione più globalizzata. In un mercato sempre più internazionale, le ispirazioni si intrecciano, gli input si moltiplicano e le esigenze si mixano, dando vita a una costante ricerca di soluzioni che soddisfino gli antipodi: così le lane diventano leggerissime per utilizzi anche d’estate e viceversa i cotoni pesanti saranno perfetti per l’inverno, in un continuo studio delle potenzialità delle fibre. www.tendenze.milanounica.it/it/mu-seasonless

10

AWARDS

NUOVI RICONOSCIMENTI PER I PROGETTI DI BRAND REVOLUTION LAB Due tra i progetti realizzati durante Brand Revolution LAB 2021 hanno ricevuto dei prestigiosi award internazionali. “Welcome foodies”, progetto per GustOsa realizzato da Lateral Creative Hub con i partner ICO, Grafical, HP e Konica Minolta, si è aggiudicato una vittoria e una shortlist alla 63esima edizione della Communication Art – 2022 Design Annual competition. La vittoria è giunta nella categoria Letterheads, per le particolari soluzioni sviluppate nella stationery. In shortlist è invece entrato il packaging. Un altro premio, il Design Award of Excellence 2022 di Communication Arts nella categoria packaging, è stato conferito al welcome kit realizzato in cartotecnica per OasyHotel realizzato da The 6th Creative Studio con Lazzati Industria Grafica, Grafical, myCordenons e HP. Il progetto, dal titolo “When in the Woods”, si caratterizza per il suo peculiare packaging-tangram, studiato per giocare e scoprire la fauna dell’oasi. www.brandrevolutionlab.it


Close Up

FibreForm Board Glamorous, authentic, intense, striking or tactile – our sustainable paperboards bring your brands to life. Discover more at www.kapag.com

Follow us on

22_01269_Kapag_Anzeige_PrintLovers_FibreFormBoard_235x280mm_v1.indd 1

07.04.22 14:41


A R M A N I

L A B

Armani, il valore etico ed estetico del packaging Persone, Pianeta e Prosperità

Sono questi i tre punti fondamentali su cui si concentrano i valori del Gruppo raccontati in Armani/Values, il nuovo sito lanciato in occasione della giornata mondiale della Terra 2022, sintesi dei valori che da sempre sono alla base delle azioni di stile e delle scelte imprenditoriali di Giorgio Armani. Valori legati alla moda, ma non solo, perché per Armani l’estetica è specchio dell’etica, e la pratica di scelte responsabili si esprime in ogni aspetto: nelle strategie di business, nella struttura aziendale, nella selezione del personale, nella governance, nella realizzazione dei prodotti. E proprio sul nuovo sito, alla voce “Pianeta” trova largo spazio

12

l’approccio di Armani al packaging per le sue tre linee Giorgio Armani, Emporio Armani e Armani Exchange. Il percorso di ricerca e revisione del packaging è cominciato dieci anni fa, nel 2012, portando a sviluppare soluzioni mono-materiali sempre più sostenibili e facilmente riciclabili, utilizzare in maniera efficiente le risorse, impiegare materiali riciclati al 100%, eliminare la plastica monouso, utilizzare carte e cartoni provenienti esclusivamente da foreste gestite responsabilmente e certificate. Anche la riduzione degli imballaggi al minimo indispensabile e la progettazione nel rispetto delle normative internazionali sono al centro di un processo in continua evoluzione e costante aggiornamento.

«Penso che uno stilista e imprenditore come me abbia delle responsabilità nei confronti di tutti, e debba essere un esempio e un sostegno. Ho sempre svolto il mio lavoro basandomi su valori autentici e solidi. L’ho fatto disegnando oggetti senza tempo, puri ed essenziali, che nascono dall’idea che meno è meglio, fatti per durare nel tempo. Ho sempre prestato attenzione alle persone e alla comunità, convinto che un’impresa debba restituire, oltre che ricevere, anche al nostro pianeta, di cui dobbiamo avere cura. Penso che la moda possa contribuire al rinnovamento in atto in molti modi, ed è questo il mio impegno. I valori contano e per me sono imperativi, e con questo sito desidero condividere un dovere imprescindibile e programmatico, un invito a costruire, tutti, un sistema più responsabile». — Giorgio Armani


A R M A N I

L A B

impatto ambientale sui trasporti. Dal 2017 un packaging profondamente rinnovato ha portato all’utilizzo attuale di carte riciclate al 100% per la linea Armani Exchange.

Shopping bag

Scatole

La plastica riciclata utilizzata nelle confezioni Emporio Armani Underwear è passata dal 40% del 2018 al 100% nella primavera 2021. Le scatole sono 100% riciclabili. Dal 2021 sono stati eliminati tutti i sigilli dai capi Emporio Armani e i cordini sono stati convertiti da nylon a carta.

Carta

Dal 2012 per le linee Giorgio Armani ed Emporio Armani, vengono abbandonate le plastificazioni dalle confezioni e adottate delle carte certificate FSC e dal 2019 il 50% della carta è costituita da rifiuti derivanti da materiali post-consumo e viene prodotta in Italia per un ridotto

Sono Riciclabili al 100% per tutti i brand e confezionate con maniglie realizzate da fili di carta intrecciate con caratteristiche simili al cotone. L’impegno si estende anche a elementi come custodie per gli occhiali, copriabiti, nastri e grucce, che vedono l’utilizzo di carte certificate, riciclate e riciclabili, tessuti, filati di plastica riciclata e ABS, materiale termoplastico ad alta riciclabilità.

13


D E S I G N

Le storie potenti e meravigliose raccontate da Butterfly Cannon Indipendente e pluripremiata, Butterfly Cannon è un’agenzia di brand design specializzata in marche che hanno grandi ambizioni e che si rivolgono a clienti altrettanto ambiziosi. Dalla sua sede a Londra collabora con clienti sia locali sia di rilevanza globale, con lo scopo di raccontarne le storie in maniera potente e meravigliosa. Chris Joscelyne, Marketing manager di Butterfly Cannon, ci offre in questa intervista un osservatorio privilegiato su come sta cambiando il mondo del packaging di alta gamma soprattutto per quanto concerne un requisito ormai irrinunciabile: la sostenibilità ambientale e sociale.

di M I C H E L A

14

P I B I R I

Dai drink alla cosmesi, uno degli elementi distintivi di Butterfly Cannon rispetto ad altre grandi agenzie internazionali è la vostra speciale vocazione per i prodotti di fascia alta. Ma il mondo sta cambiando rapidamente sotto i nostri occhi: quindi cos’è, oggi, il lusso? Basta guardare la pletora di brand del lusso che sono passati dai loghi vecchio stile ed estremamente decorati a logotipi san serif puliti e contemporanei per vedere che il mondo del lusso si è ridefinito, rinvigorito e democratizzato. In un processo accelerato dalla pandemia che tutti abbiamo vissuto, il consumismo indulgente è stato rimpiazzato da consapevolezza e coscienza. Le persone vogliono meno cose e più sostanza. Questo non significa che i consumatori del lusso non stiano ancora cercando forme di rara indulgenza. Vogliono solo che rappresentino qualcosa. “Artigianalità” è un termine abusato e svalutato di


D E S I G N

questi tempi, ma in seguito a questo cambiamento c’è stata una (ri)valutazione dell’artigianato e delle abilità necessarie alla creazione di prodotti di lusso, cui corrisponde una consapevolezza di quanto le risorse siano preziose. Il rifesso lo troviamo nell’aumento del design monomateriale e nell’accettazione delle peculiarità e stranezze dei materiali, in particolare di quelli rinnovabili. Basti pensare alla cantina di Champagne Ruinart e alla sua custodia su misura “Second Skin”, realizzata con fibre di legno termoformate 100% riciclabile senza plastica o colla. Quali sono le grandi sfide della comunicazione di marca oggi, quali sono le richieste più pressanti da parte di vostri clienti e quali risposte offre Butterfly Cannon? Viviamo in un’epoca di acquisti online, iper-personalizzazione e comunicazione social. Con un sottofondo di sentimento anti-packaging.

La sfida più grande per tutti i brand è distinguersi in questo contesto e comunicare ai consumatori in modi coinvolgenti e coerenti con la marca. Pur rispondendo, ovviamente, a criteri di progettazione sostenibile… Una domanda costante e intersettoriale è come implementare il pensiero sostenibile in maniera rilevante per la propria marca. I brand per noi sono importanti quanto le persone, sono significativi e quindi hanno bisogno di riflettere e di guidare ciò che accade sul piano culturale. La sostenibilità adesso è radicata nella nostra cultura e la narrativa dominante è la necessità di agire ora per proteggere il nostro pianeta. I marchi aspirazionali con cui lavoriamo sanno che devono riflettere e persino guidare questo cambiamento. Inoltre, mentre il mondo avanza verso un’esistenza virtuale, è sempre più importante ragionare su come un brand possa comunicare in modo armonioso e potente su tutti i canali.

B U T T E R F LY C A N N O N Fondata a Londra nel 2010 da Natalie Alexander e Jon Davies, Butterfly Cannon è una brand agency nata con l’ambizione di dedicarsi interamente a produrre le creatività più belle e potenti: belle come una farfalla, potenti come un cannone. Una proposta ben precisa mirata ad attrarre brand aspirazionali: quelle marche per cui vale la pena spendere di più. L’idea ha avuto risonanza e da quei tempi in poi Butterfly Cannon è cresciuta di anno in anno, espandendo i settori in cui opera. Ora che ha fatto ingresso nel suo secondo decennio di vita, l’agenzia lavora con brand dei settori beauty, drink, food, wellness e lifestyle. Oggi il ventaglio di competenze collettive di Butterfly Cannon si estende a sostenibilità, strategia, creazione della marca e dei suoi mondi, identità visiva, linee guida, innovazione, naming, copywriting, packaging, design strutturale, merchandising, digital, motion design, comunicazione esperienziale e campagne. Sempre con un punto fermo: Powerful stories. Beautifully told. www.butterflycannon.com 15


D E S I G N

C H R I S J O S C E LY N E

Butterfly Cannon è un’agenzia focalizzata sulla sostenibilità. Cosa significa essere “conscious designer”? In qualità di agenzia specializzata in marchi aspirazionali, che crea packaging sostenibili che offrono ancora le esperienze sensoriali, tattili e culturalmente rilevanti attese da consumatori altrettanto aspirazionali, siamo fin troppo consapevoli della complessità della creazione di packaging che “spuntano tutte le caselle”. Il nostro processo Conscious DesignTM nasce come approccio guidato dalla necessità di aiutare noi stessi e i nostri clienti a destreggiarsi nel campo minato del design ecologico, continuando a restituire esperienze di marca distintive. Portato avanti da un team specializzato interno coordinato dal nostro Sustainability manager, Conscious DesignTM fa chiarezza nell’eco-confusione con un semplice processo passo dopo passo. Partendo dal fare chiarezza sullo scopo dei brand, definendo i loro obiettivi di sostenibilità e comprendendo il contesto in cui operano, utilizziamo la nostra Climatic TableTM proprietaria per aiutarli a stabilire su quali aspetti della sostenibilità dovrebbero concentrarsi, ora e in futuro, e sviluppiamo una roadmap e soluzioni di design creativo per aiutarli ad arrivarci. Si va dall’utilizzo di sottoprodotti della catena di approvvigionamento del packaging, fino alla riorganizzazione e ottimizzazione dei portfolio dei pack. Il consiglio che diamo a tutti i nostri clienti è che non è necessario avere la soluzione perfetta prima di agire. Devono trovare il modo in cui possono fare la differenza, essere consapevoli della complessità, fissare obiettivi chiari e creare una tabella di marcia per raggiungerli, anche se questo significa ammettere che si trovano solo all’inizio del viaggio. E non bisogna mai dimenticare il ruolo dei consumatori nell’aiutarli: coinvolgerli non è solo necessario ma, fatto nel giusto modo, è anche un’opportunità per avvicinarli al brand. Quanto è importante la stampa nel vostro pensiero creativo? Come scegliete le tecniche di stampa e i materiali più adatti ai vostri progetti? Con il passaggio ai monomateriali e l’allontanamento dagli eccessi della nobilitazione e dallo sfarzo, la stampa è una parte decisamente importante del nostro processo creativo e soddisfa le esigenze sensoriali delle marche aspirazionali con cui lavoriamo. Quando si scelgono tecniche e materiali, non esistono scorciatoie: ogni progetto deve essere considerato individualmente. Ma il minimo comun denominatore fra tutti è la necessità di osservare e comprendere tutti i singoli aspetti del progetto come un insieme olistico: qual è la storia del brand? Cosa sta cercando di comunicare? Qual è lo scopo del design? Qual è l’utilizzo finale, i volumi, i costi, le tirature, gli obiettivi di sostenibilità etc? Ogni scelta determina un effetto a catena che deve essere tenuto in considerazione.

16

Descrivendosi come “pensatore ed esecutore creativo”, Chris ha maturato oltre 19 anni di esperienza nel settore del design lavorando in ruoli multidisciplinari di design, innovazione e gestione, con brand di livello locale e globale. Ha una significativa esperienza nella strategia creativa, nella guida di team, nel mentoring dei talenti e nella comunicazione delle storie dei marchi con idee di design originali realizzate brillantemente. Ha cominciato a lavorare con Butterfly Cannon nel 2013 come Account Director per Moët Hennessy, continuando in seguito con brand come Hennessy, Glenmorangie, CÎROC, RedLeg Rum, Blackwoods Gin, Brugal Rum e Diageo India. Attualmente ricopre il ruolo di Marketing Manager per Butterfly Cannon e usa le sue competenze per diffondere il messaggio di Butterfly Cannon di “Storie potenti, meravigliosamente raccontate” per brand nei settori beauty, drink, food, wellness e lifestyle in generale.


D E S I G N

Quali sono gli ingredienti di un design che sia efficace e sorprendente? Puoi raccontarci i progetti più interessanti e innovativi che avete realizzato con l’uso della stampa e materiali particolari? È impossibile dare una “ricetta” per un grande design, ma tutto quello che facciamo in Butterfly Cannon trova radici nel nostro mantra “Powerful Stories, Beautifully Told”. Tutti noi abbiamo una storia da raccontare. Le connessioni si basano sulla condivisione di storie. E quando sono ben raccontate, le storie portano significato, costruiscono memorie e creano leggende. La storia di un brand non fa eccezione. Una volta che l’hai decifrata, tutto il resto va da sé, come gli esempi che sto per fare dimostrano. 1 . Per la nostra gamma di confezioni regalo per VOYA, un marchio di bellezza eco-bio che utilizza alghe raccolte al largo della costa occidentale dell’Irlanda, abbiamo avvolto la confezione riutilizzabile con una sleeve stampata removibile con l’icona visiva della nostra campagna, una pennel-

lata dipinta a mano che fluttua come un’alga. Per l’etichetta abbiamo scelto di utilizzare la carta Shiro Alga White di Favini, una gamma di carta non patinata, certificata FSC® proveniente da fonti rinnovabili e carbon-neutral che incorpora parti di materia vegetale acquatica infestante, contribuendo opportunamente a proteggere le fragili aree marine. 2 . Creando la nuova marca di spirits botanici TRØVE, “Fanatical about Flavour” è diventata la storia del brand, nato dall’ossessione del maestro distillatore anticonformista di ottenere fino all’ultima goccia di sapore dalle sue combinazioni di frutta e botaniche. Sulla confezione, illustrazioni dipinte a mano ad acquerello di frutta affettata con motivi grafici creano un collage dal gusto esplosivo che non lascia dubbi sull’approccio anticonformista di TRØVE. Il logotipo del brand accentua l’audacia anticonvenzionale attraverso caratteri dal taglio drammatico, vernice tattile e linee in foil oro. In linea con l’ethos naturale ma audace del mar-

chio, abbiamo scelto la carta Fasson rNaturel Blanc per l’etichetta, certificata FSC®, riciclata al 100% e in grado di supportare l’insolita combinazione di finishing che abbiamo progettato. 3 . Lanciandosi per la prima volta nel mondo degli alcolici artigianali locali, Diageo India è venuta da Butterfly Cannon per dare vita a una gamma di liquori indiani di particolare pregio. Abbiamo basato il nostro concept sul Banyan Tree indiano. La sua chioma maestosa e le sue lunghe radici aeree sono la perfetta rappresentazione dello spirito unico dei visionari indiani a cui è dedicata la gamma di prodotti, e ha indirizzato la scelta dei materiali per il packaging esterno: la stampa su sottili impiallacciature di legno ha richiesto test approfonditi per garantire che i motivi grafici ispirati all’arte popolare indiana della marca mantenessero il loro colore vibrante. Il risultato finale è quello di un tubo da whisky standard che si trasforma in qualcosa di disruptive come il brand stesso.

17


D E S I G N

4 . Godawan è il primo whisky single malt artigianale e sostenibile di Diageo nato e coltivato nel Rajasthan, in India. Creando il brand da zero, abbiamo lavorato in team con il cliente per garantire che ci fosse un impegno tangibile sia nei confronti del territorio sia delle persone del Rajasthan: l’uso di ingredienti locali in una distilleria water positive, dando una piattaforma agli artigiani locali e facendo in modo che ogni bottiglia di Godawan contribuisse alla protezione del rarissimo uccello omonimo, l’otarda maggiore indiana. In linea con questo spirito, abbiamo utilizzato il nostro processo Conscious Design™ per individuare materiali sostenibili in linea con le sue credenziali di lusso, come Materica Gesso di Fedrigoni per l’etichetta, uno stock certificato FSC® con una percentuale di carta riciclata. Abbiamo poi abbinato un cartone FSC® di provenienza locale per il packaging secondario e per offrire il giusto equilibrio tra qualità e località. 5 . Con il suo brand di kombucha di lusso REAL, David Begg aveva la missione di sradicare i pregiudizi sui drink analcolici. Viscerale e preziosa, la street art contemporanea è diventata il nostro aggancio, rendendo le etichette vere e proprie tele: il nome e il carattere di ogni referenza si articolano come icone realizzate con un colpo di pennello. REAL è un marchio con qualcosa da dire, quindi abbiamo utilizzato la stampa digitale per lanciare messaggi di attualità, aggiornabili rapidamente, che riflettessero la mentalità attivista del marchio, come #ChampagneReinvented #BreaktheMould #SoberCurious...

18


D E S I G N

sumatori possono scansionare il codice QR sul tappo per scoprire la provenienza degli ingredienti e fare esperienze di realtà aumentata che migliorano l’umore. Ci auguriamo che Papil spinga i brand a rivalutare ciò che è possibile fare. Quando si progetta in maniera consapevole si possono creare prodotti e marche che soddisfano tutte le aspettative: lusso, sensorialità e sostenibilità.

Tra i vostri ultimi progetti c’è “Papil”, un nuovo prodotto creato nell’ambito di Make a Mark. Puoi dirci di più su questo progetto e perché la sostenibilità è uno dei suoi punti salienti? Make a Mark ha invitato una selezione di agenzie di fama mondiale a creare dei concept sui temi della sostenibilità, del lusso o dell’innovazione. Noi abbiamo scelto di fare tutti e tre! Papil è un aperitivo dall’impatto positivo sul benessere. Il suo nome deriva da Papillon, farfalla in francese, ed è ispirato a The Butterfly Effect, ossia l’idea che qualcosa di piccolo come il battito d’ali di una farfalla possa, alla fine, causare un tifone dall’altra parte del mondo. Volevamo che il nostro battito d’ali di farfalla facesse in modo che solo la positività influisca sul mondo. Che sia per il nostro ambiente fisico o per il nostro benessere mentale. È dimostrato che il design ispirato alla natura ha un effetto positivo sul benessere. La bottiglia asimmetrica, sviluppata con una tecnica ingegneristica intelligente che ne assicura la fattibilità commerciale, richiama la fluidità naturale e gli ampi

colpi d’ala di una farfalla. Riecheggia nella fluida scrittura a mano del nostro logo e nel “sorriso” che evidenzia le caratteristiche positive del prodotto. L’etichetta cattura i colori e le trame mutevoli di un’ala di farfalla attraverso un nano-embossing su misura. Per massimizzare il nostro impatto positivo sul pianeta, abbiamo utilizzato il nostro processo Conscious Design™ per individuare i materiali più sostenibili: la bottiglia è plasmata con il Wild Glass di Estal, vetro di scarto post-consumo riciclato al 100%, con belle imperfezioni naturali e una tonalità verde-blu che cambia leggermente da un lotto di produzione all’altro. Troppo bella per essere poi buttata, la bottiglia vive una seconda vita come uno splendido vaso adatto a composizioni floreali naturali. Il tappo è fatto di Sughera, materiale di Labrenta fatto con polvere di sughero riciclata al 100% estratta dagli scarti di produzione e modellata senza utilizzare colla, 100% food safe. L’etichetta è fatta di Fasson MarbleBase di Avery Dennison, prodotta per l’80% da carbonato di calcio per rendere sicuro un sottoprodotto altrimenti dannoso dell’industria del taglio del marmo. Per sperimentare il Butterfly Effect, i con-

Cosa pensi del Metaverso? In che modo il mondo digitale può migliorare l’efficacia dei brand e quali sfide pensi ci riserverà il futuro? Bella domanda. È troppo presto per dire in modo categorico quale sia il modo migliore per interagire efficacemente con il Metaverso, tuttavia la scena emergente attorno agli NFT – specialmente come tradurre l’arte digitale in esperienze fisiche del mondo reale, come il packaging – genererà opportunità e sfide interessanti. Attualmente con uno dei nostri brand partner globali stiamo collaborando con uno studio di artisti multimediali per creare una gamma di design in edizione limitata. Stiamo parlando di trasformare le loro opere originali in una serie di NFT che prevedano anche gli “extra” che possono essere aggiunti a questo formato, come gli schizzi, le informazioni sul “dietro le quinte” o altre forme di esperienza unica. Sarà senza dubbio uno spazio molto stimolante in cui lavorare. Ma come per qualsiasi altro canale che il brand utilizza per comunicare con i suoi consumatori, per noi il suo cuore sarà ancora tutto incentrato sul mantra “Storie potenti... Splendidamente raccontate”.

19


THE ONLY GLOBAL EXHIBITION

OFFERING BRANDS BOTH SELECTIVE AND COMPREHENSIVE PACKAGING SOLUTIONS Bottles - Boxes - Cases - Closures - Jars - Cappers - Bags - Pouches - Labels - Tags - Raw Materials - Displays - Pumps - Valves - Ribbons - Tubes - Finishes, decoration - Co-packing - Samples - Dummies - Models, prototypes - Traceability Authentication Promotional Accessories - etc.

Trend setting meeting place for over 35 years across sectors ! Cosmetics & Beauty - Fragrance - Skincare & Health Care - Pharmaceuticals Beverage - Wine & Spirits - Fine food - Fashion - Watches & Jewelry - Tableware - Decoration - Edition - Wellness - etc.

3 days to take your brand to the next level with the most innovative and concrete packaging solutions under one roof

+450

EXHIBITORS

+8,000 ATTENDEES

+98

COUNTRIES

+35

HOURS of conferences & workshops

+70

EXPERT SPEAKERS

1 FORMULATION AREA

1 DIGITAL VILLAGE

Register for free to visit

www.luxepackmonaco.com

Let’s socialize

#LuxePack


FA E N Z A

www.faenzaprinting.com · www.faenzapackaging.com

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

FAENZA GROUP SI FA IN DUE E DÀ VITA A FAENZA PRINTING E FAENZA PACKAGING

F

Faenza Group, importante gruppo romagnolo con vocazione internazionale e stabilimenti tra Milano e Faenza, è noto soprattutto per la sua pluriennale esperienza nell’editoria di alta gamma. Ora si fa in due, dando vita alle realtà indipendenti Faenza Printing e Faenza Packaging, con la qualità di sempre e l’attitudine green. Ci racconta tutto il CEO Claudio Rossi. Competenza tecnica al servizio del pensiero creativo è il vostro motto. Qual è ora il nuovo corso del Gruppo? Con quasi 50 anni di esperienza alle spalle e l’acquisizione, nel tempo, di 8 aziende, abbiamo deciso di separare le principali aree di business dando vita a due anime ben distinte e con due diversi posizionamenti. La prima, quella storica e votata all’internazionalità, prende il nome di Faenza Printing. L’altra, nata da richieste specifiche di un mercato in continua evoluzione, si chiama Faenza Packaging. Il fattore comune delle due nuove identità è l’impegno che abbiamo sempre avuto nei confronti dei clienti: qualità e professionalità restano immutate,

con un approccio che potrei definire di vera e propria consulenza che va dal pensiero progettuale alla consegna del lavoro finito. Che servizi offre e come si posiziona Faenza Printing? Faenza Printing è una realtà dal profilo internazionale affermata nel mondo dell’editoria di alta gamma, che mira a rafforzare questo posizionamento: abbiamo infatti sedi anche a New York, Parigi e Londra. I nostri clienti sono editori molto esigenti, specializzati in settori come arte e fotografia, lifestyle e trend topic magazine, nonché brand che si rivolgono a noi per la realizzazione di cataloghi, coffee table book e altre pubblicazioni di pregio. La competenza di Faenza Printing accompagna i clienti nella scelta delle migliori materie prime e tecniche di stampa e nobilitazione – il parco macchine rappresenta lo stato dell’arte del settore, sia nella stampa tradizionale che digitale – fino ai più piccoli dettagli del finishing che sono in grado di fare la differenza agli occhi degli intenditori, come per esempio la scelta del colore del filo refe.

Quali sono invece le peculiarità di Faenza Packaging? Già da 15 anni il Gruppo ha sviluppato il segmento cartotecnico servendosi di tecnologie all’avanguardia e personale specializzato, e ora i tempi sono maturi perché abbia la propria identità indipendente come Faenza Packaging. Il suo tratto distintivo è quello di essere una cartotecnica agile e flessibile, in grado di soddisfare la richiesta di piccole e medie tirature – parliamo di un range che va dai 40 ai 150 mila astucci – sviluppando insieme al cliente prodotti facilmente macchinabili e sostenibili. Il nostro mercato di riferimento è squisitamente italiano, con un posizionamento significativo nel mondo del food, della cosmetica, parafarmaceutica e nutraceutica, sempre alla ricerca di nuove soluzioni.

La sostenibilità per voi non è un optional, ma il presupposto di ogni progetto. Faenza Green, marchio registrato, è la summa del nostro approccio olistico alla sostenibilità. Un concetto che riguarda l’intero ciclo di vita del prodotto, che non si limita ai materiali scelti ma si estende ai processi, a partire dalla gestione responsabile dei nostri stabilimenti, fino al fine vita del prodotto. Faenza Green è nei fatti un manuale molto dettagliato improntato sul LCA – Life Cicle Assessment – attraverso il quale offriamo una consulenza personalizzata ed estremamente dettagliata sulle effettive necessità del cliente. 21


P A R O L A

A I

B R A N D

VELASCA

IN VETTA ALLA MODA ARTIGIANALE E SOSTENIBILE 22


P A R O L A

Porta il nome della grande icona architettonica firmata BBPR che dagli anni ‘50 caratterizza la skyline di Milano. Una scelta non casuale, quella di Enrico Casati e Jacopo Sebastio, che nel 2013 sono passati dalla finanza al mondo della moda fondando Velasca: non solo un brand, ma una dichiarazione programmatica di sapienza manifatturiera tutta italiana. di

A C H I L L E

P E R E G O

A I

B R A N D

Prima le scarpe da uomo, poi gli accessori, dai kit per le calzature a cravatte e cinture. Quindi mocassini, stringate e stivali per il mondo femminile ed entro quest’anno anche il lancio della linea total look proponendo, sempre con la stessa formula, anche l’abbigliamento, dalla camiceria alla maglieria, dai capispalla ai pantaloni alle t-shirt. È un percorso fatto di successi all’insegna del Made in Italy quello di Velasca. Dalle materie prime all’artigianalità della produzione nei distretti come quello marchigiano di Montegranaro per la fattura delle scarpe o il Maceratese, l’Alessandrino e il Veneto per il packaging e gli stampati. Il nome Velasca ricorda la famosa e iconica Torre del capoluogo lombardo. Ed è il marchio dell’azienda fondata nel 2013 a Milano da Enrico Casati e Jacopo Sebastio. Due giovani manager che, con una scelta coraggiosa, hanno deciso di passare dal mondo della finanza a quello della moda con le idee ben chiare in testa. Ovvero portare nel mondo la bellezza e l’unicità del saper fare italiano. Come? Mettendo sul mercato scarpe di alta qualità e rigorosamente di fattura artigianale a prezzi sostenibili, grazie a un innovativo modello di vendita diretta – dagli artigiani ai clienti senza intermediazione – e facendo leva sull’omnicanalità cominciando solo con l’e-commerce e poi costruendo anche una rete di negozi diretti.

23


P A R O L A

A I

B R A N D

T «Tutto è nato da un episodio casuale – esordisce Sebastio, Ceo di Velasca. –. Enrico era a Singapore per lavoro e aveva bisogno di un paio di scarpe eleganti per un evento. Dovendo anch’io partire per l’Asia, ne ho comprate un paio in una boutique di Milano, le ho messe nello zainetto e le ho portate». Quindi? «Quando ci siamo incontrati, pensando a questa inusuale consegna ci siamo detti: perché non fare diventare questo episodio un’attività, facendo sì che le belle calzature artigianali italiane possano essere vendute e distribuite in tutto il mondo, non solo a Singapore?». Così nel 2013 è nata Velasca dopo aver pensato come e dove produrre le scarpe. Enrico Casati e Jacopo Sebastio hanno girato l’Italia e alla fine hanno scelto il meglio. Quindi gli artigiani di Montegranaro, nel distretto marchigiano delle calzature dove ancora oggi vengono realizzate a

24

mano le circa 100mila paia di scarpe da uomo e, dall’anno scorso, anche da donna, vendute sia con il canale online sia nelle botteghe con dipendenti dell’azienda. Dai 60mila euro di fatturato realizzati nei primi mesi d’attività si è passati ai 200mila del settembre 2014 e poi è stato un crescendo che, dopo l’inevitabile rallentamento del 2020 dovuto agli effetti della pandemia, ha visto un forte recupero. Con tassi di crescita in questi primi mesi del 2022 dell’80% sul 2021 e del 40% rispetto a gennaio 2020, quando l’emergenza Covid-19 non era ancora scoppiata. Per arrivare quest’anno a un fatturato stimato in 18 milioni di euro rispetto ai 13 del 2021 e agli 8 del 2020. Vendite e ricavi realizzati grazie a 65 dipendenti diretti, la metà nelle botteghe e il resto nel quartier generale di Milano, e a un indotto di circa 900 addetti. Indotto destinato a crescere con il lancio della linea di abbigliamento previsto per l’autunno, replicando la stessa formula vincente: la produzione artigianale. E scegliendo quindi, com’era successo con Montegranaro per le calzature, la tradizione sartoriale napoletana per la camiceria, le cravatte e i pantaloni, quella veneta per giubbotti e capispal-

la e i distretti marchigiani e dell’Emilia Romagna per la maglieria. La prima bottega dedicata alle scarpe da donna, così come era stata la prima per le calzature maschili, è stata inaugurata nei mesi scorsi a Milano, in Piazza Giovine Italia. «Non un semplice negozio – ricordano Casati e Sebastio – ma un luogo di incontri, con mobili vintage, pavimento in legno, carta da parati dipinta a mano, porcellane d’epoca, fiori e piante dove scegliere le scarpe sorseggiando una tisana, un caffè o un bicchiere di buon vino, leggere una rivista e toccare con mano le scarpe di Velasca». Sempre per la linea femminile, dopo Milano sono state inaugurate altre due botteghe, a Torino e Roma mentre l’espansione della rete retail vedrà anche il nuovo punto vendita di Brescia per le calzature da uomo. L’obiettivo è arrivare complessivamente a un primo step di 18 botteghe, tra cui quelle all’estero di Parigi, Londra e in Elizabeth Street a New York. Uno spazio inaugurato nell’autunno del 2021 insieme con il rafforzamento nel Sud Italia con il punto vendita di Napoli dopo quello di Palermo, in cui, tra simboli del Made in Italy come una macchina per scrivere Olivetti e un televisore Brionvega, si


P A R O L A

può godere del design e dell’artigianalità delle calzature Velasca. Del resto il rapporto tra Velasca e i suoi artigiani risponde ai valori della sostenibilità perseguita dall’azienda, che significa anche impostare commesse e contratti che non “strozzino” il lavoro artigianale ma lo valorizzino. Un impegno testimoniato dal mettere persino la foto dell’artigiano che ha prodotto le scarpe nella scatola con la quale vengono confezionate e spedite le calzature. E la grande attenzione al tema della sostenibilità, dall’utilizzo di energia green al packaging rispettoso dell’ambiente, è confermato dal fatto che entro il 2022 Velasca diventerà una società benefit, prima tappa per ottenere anche la certificazione B Corp.

V Velasca ha fatto un percorso inverso. Prima si è partiti con l’e-commerce, per cui, con il partner FedEx, Velasca è in grado di consegnare le sue scarpe in tutto il mondo entro 3, massimo 5 giorni dall’ordine, e in Italia entro due giorni e addirittura il giorno dopo se l’ordine viene inviato prima delle 11 del mattino. Poi sono arrivati i negozi. «All’inizio – confermano Sebastio e Casati – per offrire al mercato una scarpa da uomo di alta qualità artigianale ma venduta a circa la metà del prezzo della concorrenza nella stessa fascia di prodotto grazie al fatto di non avere intermediazioni, abbiamo operato solo attraverso le vendite online creando una vera e propria

A I

B R A N D

community. Una community dalla quale poi sono nati l’esigenza e il desiderio di avere uno spazio dove non solo indossare le calzature Velasca ma vivere anche un momento di incontro particolare. Un momento nel quale condividere il valore del saper fare italiano e delle sue eccellenze per cui abbiamo girato l’Italia coniugando la filosofia Velasca con quella dei territori, dal prosciutto di San Daniele allo zafferano abruzzese o le ceramiche pugliesi». E nei territori, dal Veneto all’Alessandrino fino al Maceratese, sono stati trovati anche i partner per la stampa e per la cartotecnica. Vendere un brand significa proporre un’esperienza d’acquisto prima ancora che un paio di scarpe seppure di alta qualità. Per questo le calzature Velasca sono imballate in scatole ecosostenibili di cartoncino riciclato all’interno delle quali si trovano anche il sacchetto viaggio per le scarpe, in cotone anch’esso riciclato, una lettera di benvenuto, le congratulazioni dei due fondatori e la foto dell’artigiano che ha realizzato a mano le calzature. Per rivolgersi ai clienti, vecchi e nuovi e soprattutto giovani, spiega Chiara Bonardi, Head of UX e UI di Velasca, «abbiamo pensato a una comunicazione aspirazionale presentandoci anche sui social come un brand amico che ci mette la faccia». E la faccia, con le foto scattate con le Polaroid, è quella dei testimonial d’eccezione come gli artigiani che realizzano le calzature Velasca mentre il rapporto d’amicizia viene mantenuto e alimentato attraverso una puntuale newsletter. Se un brand giovane nato nell’era digitale non poteva, e non può, che comunicare attraverso i canali online questo non significa che Velasca non ricorra, con successo e soddisfazione, anche al mondo della stampa e della cartotecnica. Con un approccio innovativo. Per esempio, racconta sempre Bonardi,

25


P A R O L A

A I

B R A N D

«trasformare i disegni che bambini e genitori ci hanno inviato ai tempi dei lockdown in spunti per il packaging delle scatole delle scarpe». Con alcuni di questi disegni, scelti tra centinaia, sono state realizzate quattro linee di scatole in edizione limitata. Innovativa è stata anche la scelta di non stampare le classiche brochure fotografiche o i tradizionali cataloghi di prodotto, ma pensare a un flyer particolare, la “non guida” per le clienti donne. La “non guida”, in versione invernale ed estiva, viene sia spedita con gli ordini online sia a portata di mano nei negozi. Pensata e stampata come un quadernetto ci sono le pagine bianche per gli appunti personali ma anche consigli su come abbinare i look a seconda dei momenti della giornata e persino, per il negozio di Milano, una mappa della città con suggerimenti per lo shopping e il tempo libero, dal ristorante al fiorista.

26

P «Per le scatole delle scarpe fin dall’inizio – aggiunge la responsabile di grafica e design di Velasca – si è pensato che non dovessero essere troppo lussuose ma, rispettando l’ambiente con l’utilizzo di carta riciclata, caratterizzare allo stesso tempo il contenuto e l’immagine del brand. Per questo, con la vendita allora solo attraverso l’e-commerce delle calzature maschili, abbiamo pensato a una specie di confezione regalo. E quindi arricchite da un fiocco le scatole, con la scelta del colore blu lucido, quello istituzionale di Velasca, solo per il co-

perchio e con il resto in carta avana Kraft riciclata. Una scelta elegante ma allo stesso tempo pulita, ripetuta con la carta Kiwi verde per le scatole della linea di calzature femminili mettendo sulla confezione solo il logo aziendale e la scritta “fatte a mano in Italia”». La stessa scelta grafica e di attenzione all’ambiente è stata utilizzata per l’imballo da e-commerce, ridotto al minimo indispensabile. Una riduzione che vedrà le future spedizioni della nuova linea total look usare le scatole solo per i capispalla e buste di carta rigida per camicie e maglieria. Oltre ad avere ridotto le dimensioni degli imballi, Velasca utilizza un packaging in cartoncino riciclato color avana con stampa blu per le calzature da uomo e bianca per quelle da donna. All’interno i clienti possono trovare la busta contenente la fattura e le istruzioni per l’eventuale reso agevolato dalla presenza di una doppia strip adesiva e con una scritta (“L’attesa è finita”) che caratterizza, chiosa Bonardi, quel che vuole essere Velasca per i suoi clienti: un’azienda (amica) speciale.


M A N I FAT T U R A

D E L

S E V E S O

www.manifatturadelseveso.it

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

MANIFATTURA DEL SEVESO PRESENTA BUKRAM PWR: L’EVOLUZIONE DELLA TRADIZIONE

C

Colori carichi di vitalità come il tropical red, il deep blue, il sun yellow, nuance primaverili e di tendenza come il lavender e il turquoise: ecco la nuova collezione di Manifattura del Seveso. Questi colori, così intensi, freschi, dinamici ed eleganti sono stati abbinati al tessuto Bukram: un materiale senz’altro degno di essere considerato un “evergreen”, tradizionale ma sempre di tendenza, caratterizzato da una spalmatura acrilica a base acquosa. Un articolo ecosostenibile con un piacevole effetto opaco e morbido al tatto. Le caratteristiche di questo articolo sono il suo strutturato filato, i suoi colori intensi e le ottime pre-

stazioni di stampa, da quella a caldo alla serigrafica e infine alla stampa offset tradizionale. Adatto a rivestire volumi, astucci, accessori di packaging che vogliono attirare e stupire il cliente. L’allestimento standard è in bobine da 50 e da 25 metri, altezza 78 cm, idoneo quindi anche a “limited edition”. I cataloghi, distinti in Bukram Power #1 e #2, sono più che mai innovativi nell’originale forma giocosa a fisarmonica che permette di scoprire questi colori gradualmente, alla ricerca del giusto look glamour per il proprio pack. Manifattura del Seveso si conferma un’azienda storica al passo con i tempi, con tanta energia e voglia di mettersi in gioco e stupire i suoi clienti. 27


P A C K A G I N G

T R E N D S

Di cosa parliamo quando parliamo di

marketing box

di R O B E R T A

R A G O N A

Al confine tra limited edition e merchandising, le marketing box offrono suggestioni e influenze attraverso scelte di design, tecniche di stampa e materiali, e spesso riproducono fisicamente un’esperienza di per sé immateriale per convincere creator, influencer e professionisti della comunicazione a raccontare al grande pubblico ciò che contiene la scatola. Ne abbiamo parlato con Storytel, Carosello Records, Zetalab e mm studio. In principio era la swag bag, ​​un semplice assortimento di oggetti promozionali, spesso organizzati intorno a un tema comune, contenuti all’interno della classica borsa di tela. Il fenomeno non è nuovo, ma ha subito una crescita di visibilità negli ultimi anni, dovuta a una serie di cause concomitanti. Da una parte la necessità di superare il concetto di swag bag e andare oltre il generico materiale promozionale, evolvere verso la costruzione di veri e propri piani ragionati che potessero fornire spunti creativi e narrativi per il coinvolgimento di creator e professionisti nelle proprie campagne digital. Insomma: stimolare la curiosità e spingere a interagire creativamente. Dall’altra, l’importanza nelle nostre vite di consumi culturali sempre meno legati ai supporti fisici, come servizi di streaming audio e video, piattaforme di gaming, servizi di ebook, accomunati dalla necessità di dare corpo, letteralmente, alla comunicazione dei propri prodotti. E non ultima, la necessità di portare avanti la comunicazione anche in un periodo – come quello della pandemia – in cui gli eventi dal vivo hanno vissuto una battuta d’arresto. Ma quali sono le particolarità e le sfide delle marketing box rispetto ad altri progetti di comunicazione stampata? Ne abbiamo parlato con Stefano Lionetti, Art director e Partner di Zetalab, agenzia di design e

28


P A C K A G I N G

T R E N D S

comunicazione di Milano, Guendalina Gramitto Ricci e Irene Caspani, rispettivamente Label coordinator e Product manager di Carosello Records, storica etichetta musicale indipendente italiana, Viola Marconi, Marketing Manager di Storytel, piattaforma streaming di podcast e audiolibri, e infine Martina Caterina Monselli, founder di mm studio, agenzia di PR e comunicazione. Tante storie quante sono le box Innanzitutto, ogni box fa storia a sé, come spiega Stefano Lionetti di Zetalab: «Abbiamo iniziato a lavorare con Einaudi perché cercavano un approccio design-centered: è una realtà con un’identità visiva forte. La particolarità di questo tipo di progetti è che si riparte ogni volta da zero, perché ogni libro fa comunicazione a sé, per autore, linguaggio e tematiche. Si tratta sempre di pochi pezzi, con tirature molto diverse da quelle industriali. Questo fa sì che i costi per singolo pezzo siano più alti, si affrontano gli stessi costi di avviamento di stampa, che però non vengono abbattuti sul numero complessivo di pezzi. Dall’altra parte, però, proprio il lavoro su scala ridotta permette di rendere accessibili lavorazioni che non sarebbero economicamente sostenibili per un packaging destinato a un prodotto generalista, e sfruttare al massimo le possibilità espressive di nobilitazione e cartotecnica». A volte il lavoro sulle marketing box evolve naturalmente dal lavoro interno di produzione dell’azienda. È il caso di Carosello Records, il cui settore produzione si occupa sia dei gadget per il mercato consumer sia della realizzazione di extra ideati per le attivazioni marketing collegate all’uscita dei dischi. Nota Irene Caspani: «Dal punto di vista della vendita al consumatore finale, negli ultimi anni

Marketing box realizzate da mm Studio per innocent e Espressoh

è esploso il fenomeno dei bundle. Si tratta di un prodotto pensato soprattutto per i fan più appassionati di un artista, in cui al disco fisico in cd o vinile vengono associati una serie di altri prodotti in edizione limitata, dalla semplice t-shirt o felpa a progetti più articolati. Nel caso del disco di Sick Luke, ad esempio, abbiamo realizzato un manga disegnato da Andrea Scanarini. Negli ultimi anni si va sempre di più nella direzione di progetti di questo tipo, che vanno oltre il semplice merchandising ed espandono l’universo del disco, e anche le marketing box seguono questo tipo di pensiero». Dare corpo all’immateriale, proiettare il fisico nel digitale L’integrazione tra mondo fisico e mondo digitale è uno dei benefici principali dell’uso dello strumento delle box, e non a caso è uno strumento molto amato per la promozione e comunicazione di piattaforme di streaming sia audio che video. In particolare nel caso di podcast e audiolibri, in cui l’oggetto fisico non esiste. Racconta Viola Marconi: «Quando Storytel è arrivata in Italia nel 2018 avevamo l’esigenza di intercettare

un pubblico – in particolare su Instagram – che era quello potenziale degli audiolibri e podcast, un fenomeno relativamente nuovo in quel momento. Avevamo la necessità di raccontare in modo visivo un servizio che viveva esclusivamente sulla piattaforma di streaming, e quindi di trovare un modo di mostrare, letteralmente, le nuove uscite. La box ci ha permesso di dare corpo ai nuovi prodotti, che fosse con una curation di oggetti già esistenti legati all’argomento del podcast o attraverso la realizzazione di stampe in edizione limitata». Ma in che modo la box e soluzioni come QR code o realtà aumentata fanno dialogare gli oggetti fisici e i contenuti digitali? La scelta dello strumento dipende dalle abitudini di consumo del pubblico, come ricorda Guendalina Gramitto Ricci di Carosello Records: «Il QR code al momento è il modo più semplice di legare il contenuto fisico alle piattaforme, che così possono scegliere il loro canale preferito: non dimentichiamo che la prima piattaforma per l’ascolto della musica in Italia è ancora Youtube. Ci sono altri strumenti interessanti a disposizione, ad esempio i wave code

29


P A C K A G I N G

T R E N D S

THE GRAFICAL INSIGHT BOX

di Spotify, in cui la forma dell’onda sonora del brano è inquadrabile con la fotocamera del telefono e riproduce automaticamente il pezzo scelto. È una tecnologia molto immediata che abbiamo utilizzato per alcune attività in partnership con la piattaforma». La coesione visiva e concettuale tra l’aspetto online e offline è fondamentale secondo Lionetti: «L’aspetto materico dell’oggetto ha un fascino che per efficacia comunicativa ripaga pienamente lo sforzo. I progetti che funzionano di più sono quelli che hanno una ricaduta su tutti i media a disposizione. Nel 2021 abbiamo realizzato una box per l’ultimo libro di Kazuo Ishiguro, Klara e il sole, che racconta del rapporto tra androidi ed esseri umani ed esplora i limiti della coscienza e dell’identità. La box, dal punto di vista cartotecnico, era costruita come la scatola di un iPad, con un cartone ad alto spessore e coperchio ad alta aderenza, nobilitata interamente con una stampa a caldo dorata cangiante. All’interno

30

era presente un booklet di istruzioni, per richiamare l’esperienza dell’acquisto di un oggetto tecnologico di alta gamma. All’interno era presente un QR code che rimandava a un test per riconoscere gli androidi. L’oggetto fisico è stato inviato a una serie di destinatari selezionati, mentre la parte digitale e ludica della campagna era aperta a tutti, e la box contribuiva all’esperienza di immersione nel mondo del romanzo». Personalizzazione per oggetti esclusivi Le tirature limitate e i destinatari selezionati portano con sé come corollario le possibilità della personalizzazione nella comunicazione stampata. Ma quanto è importante, e in che modi può essere messa creativamente al servizio del racconto? Viola Marconi dice che per Storytel la personalizzazione è l’opportunità per mettere in luce aspetti diversi dello stesso progetto: «In questo la box è uno strumento in qual-

The Grafical Insight Box è una vera e propria “Box Experience” creata per far vivere a tutti i partecipanti del Kickoff di Brand Revolution LAB 2022 l’unboxing di una serie di strumenti a disposizione dei creativi delle agenzie che partecipano al laboratorio. Il suo look and feel total black con diversi elementi in giallo riprende fedelmente l’identità visiva e i colori istituzionali dell’azienda di stampa partner, Grafical, che in questo caso si fa vero e proprio brand. Il suo interno è stato progettato su due livelli distinti, separati da una struttura ad alveare che divide concettualmente il contenuto della box e consente una disposizione precisa e funzionale degli elementi alloggiati sul primo dei due strati. Il wow effect è assicurato, all’apertura, dalla disposizione di 3 diversi Cocktail NIO® abbinati a una serie di cubetti di ghiaccio in granito grigio riutilizzabili. Gin Sour per rappresentare equilibrio e visione, Sidecar per trasmettere la vicinanza che Grafical ricerca verso i propri partner e clienti, e infine Old Fashioned per raccontare una storia di stampa e di essenza. La storia è quella di Grafical, essenziale è il modo in cui l’azienda da quasi 40 anni esalta idee e progetti, dando loro forma. «Lo spirito non si inscatola eppure noi di Grafical lo abbiamo fatto, in tre versioni: ciascuna parla di noi e ci rappresenta» così commenta Anna Lonardi, Communication & Marketing manager di Grafical. Nel vano inferiore invece trovano spazio diversi strumenti di lavoro: shopper di contenimento, brochure, bloc notes e penna, campioni ed esempi di prodotti stampati e molto altro. All’interno della box è presente infine un supporto che ha il compito di guidare gli utenti nel percorso e raccontare loro ogni particolare e dettaglio contenuto all’interno di questa Toolbox. www.grafical.it

che modo più flessibile rispetto – per esempio – a un evento stampa. Se nel caso dell’evento i punti chiave della comunicazione tendono ad essere gli stessi per tutti i presenti, nella box si può personalizzare il taglio da dare al contenuto per parlare alla nicchia specifica o alla community a cui ci sta rivolgendo, riuscendo a comunicare in maniera più approfondita aspetti diversi del contenuto che non sarebbe possibile affrontare in maniera così variegata in una comunicazione generalista. Questo permette anche di sperimentare e aprire nuovi canali meno legati ai poli classici dell’industria culturale, abbattendo le barriere geografiche e scoprendo di avere un pubblico affezionato e ricettivo in aree che magari non avremmo raggiunto con il marketing classico». Come sempre, a guidare tutto è la strategia, dice Stefano Lionetti: «Considerato il numero selezionato dei destinatari, è importante che tutti i materiali trasmettano la sensazione di un oggetto esclusivo: in questo senso il lavoro di personalizzazione della stampa è fondamentale. Nel caso del lancio di Normal People di Sally Rooney ognuno dei destinatari aveva trovato nella box un badge del Trinity College di Dublino – in cui sono ambientati gli eventi del roman-


P A C K A G I N G

zo – con nome e foto. Ovviamente la scelta se lavorare con una personalizzazione che passa per la stampa o attraverso lavorazioni artigianali dipende dall’universo narrativo del libro che si sta comunicando. A guidare la scelta del mezzo è sempre il pensiero strategico e di design». Questione di materiali Anche la scelta dei materiali punta a sfruttare tutte le possibilità offerte dalla comunicazione stampata. Non solo carta e cartotecnica quindi, ma anche stampa specialistica su tessuto, ceramica, latta e alluminio. Spesso creando partnership con brand con un’esperienza forte nel settore, come nel caso di cui ci racconta Irene Caspani di Carosello Records: «Per il lancio dell’album di Ghemon “E vissero feriti e contenti” abbiamo realizzato una scatola in alluminio insieme a Leone, storico marchio di caramelle dalle confezioni in latta. Il packaging è stato ridisegnato come una cassetta del pronto soccorso che contenesse medicinali di prima necessità. Lo scarto ironico tra forma del contenitore e contenuto si adattava perfettamente alla poetica dell’artista. In questi casi la scelta del giusto partner tecnico è fondamentale. Nel caso di Diodato

per il lancio del singolo “Un’altra estate” abbiamo realizzato un aquilone con un’azienda toscana specializzata. Ogni campagna implica il confronto con aspetti tecnici della comunicazione stampata che non sono quelli con cui abbiamo a che fare nel lavoro quotidiano». In alto, marketing box di Zetalab per Einaudi

Sostenibilità: ottimizzazione e riuso Ma quanto è importante la sostenibilità nell’ideare e realizzare queste operazioni? Stefano Lionetti sottolinea come i tempi della comunicazione sono un tema chiave: «C’è un problema da affrontare a monte perché questi progetti possano essere considerati realmente sostenibili, ed è quello delle tempistiche delle campagne. Se da una parte si può lavorare sulla filiera produttiva del produttore, sulla carta e sui processi, dall’altra parte la timeline è quasi sempre dettata dai tempi della comunicazione, per cui anche riducendo l’impatto dei materiali e delle tecniche di stampa c’è un tema di logistica e di spostamenti veloci delle merci che è ineludibile. Una reale sostenibilità è possibile solo con tempi più lunghi per la realizzazione, che spesso però non sono i tempi del marketing». Il fatto di lavorare quotidianamente con bundle e supporti fisici può essere un vantaggio, come nel caso di Carosello Records. Racconta Guendalina Gramitto Ricci: «Noi lavoriamo spesso sulle box con gli stessi fornitori con cui realizziamo il packaging dei nostri dischi, e questo

T R E N D S

ci ha permesso di affrontare l’aspetto della sostenibilità all’interno di un discorso produttivo più ampio, permettendoci di ottimizzare il lavoro e l’uso delle materie prime. Al momento siamo concentrati soprattutto sulla riduzione della plastica, e dove la plastica non si può sostituire a lavorare sul resto del packaging prediligendo involucri in carta e cartone da filiera di riciclo, soprattutto in un periodo come quello attuale in cui la scarsità di materie prime e i problemi della supply chain sono una questione ineludibile». Viola Marconi fa notare come la spinta a concepire queste operazioni in maniera più sostenibile arrivi sia internamente dalle aziende che ne hanno fatto un valore portante, come Storytel, sia dal pubblico a cui ci si rivolge: «Abbiamo notato che sempre più spesso sono i creator stessi a fare caso alla sostenibilità delle campagne in cui vengono coinvolti, ad analizzare in maniera più consapevole la filosofia dietro un’operazione e come questi valori si traducono in scelte di materiali e packaging. Il tassello mancante rimane sempre quello della logistica, ma penso che sia destinato a cambiare anche questo nei prossimi anni, perché sia a livello di aziende che di pubblico c’è maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale dei trasporti e la pressione al cambiamento arriva da entrambi i lati». Una soluzione può essere quella di pensare a prodotti che possano avere una seconda vita dopo avere

31


P A C K A G I N G

T R E N D S

LA “VARIBOX” PER BRL22

Box di Carosello Records per il lancio di “E vissero feriti e contenti” di Ghemon

32

Quando a Varigrafica è stato chiesto di realizzare una box Made in Varigrafica per il Kick-off di Brand Revolution Lab 22, il pensiero è corso subito ai creativi e alle agenzie partecipanti e a cosa l’azienda potesse mostrare di sé per far capire chi è davvero: non una classica tipografia, bensì un organismo che lavora trasversalmente su diversi aspetti e pensieri. L’intento era quello di trasmettere la propria esperienza e i propri valori, così è nata la VariBox – lineare e dai colori che sanno di casa per l’esterno, un’esplosione di effetti e stili differenti per l’interno. L’elegante scatola realizzata in cartotecnica e nobilitata in digitale contiene prodotti e gadget pensati per il marketing interno – dai calendari ai bloc notes, alle matite personalizzate, che Varigrafica ha declinato in modo che ciascun elemento potesse rappresentare un aspetto distintivo dell’azienda: calendario, bloc notes, astuccio contenete matite colorate: divertenti, naturali e sostenibili. Il calendario, realizzato in carta completamente biodegradabile e riciclabile, è caratterizzato da punzonature a secco differenti per ogni mese con una rilegatura alla giapponese; il bloc notes ha una particolare rilegatura punto singer a scomparsa con copertina telata mentre l’astuccio per matite è fustellato e al suo interno troviamo quattro matite che rimandano alla quadricromia base della stampa. Le Schede Optical e Tarocchi sono stampate in digitale su carte pregiate, con nobilitazioni 3D HiLux e HiLux Metal. Le Poesie Calligrafiche sono stampate su Canon Arizona Océ con tecnologia di stampa 3D; infine la box contiene anche due controcover realizzate per PRINTlovers, che dimostrano l’attitudine di Varigrafica a mettersi alla prova ogni volta con una sfida diversa. www.varigrafica.com

esaurito il proprio lavoro di comunicazione di brand, ed è la scelta che ha portato avanti mm studio. Spiega Martina Monselli: «Noi abbiamo scelto per box dei brand di cui curiamo la comunicazione un formato di packaging che si chiama Scatola Controversa. Si tratta di un progetto cartotecnico di delivery box realizzato dal Fustellificio Vicentino, azienda specializzata in fustelle americane. La scatola è pensata espressamente per essere rimontata al contrario e diventare un contenitore dall’estetica piacevole. È realizzata in diversi formati tenendo a mente diverse categorie merceologiche e tipi di invio, per ottimizzare lo spazio e minimizzare il volume di spedizione, per cui spediamo solo quello che serve e niente di più, per comunicare davvero l’essenziale». Il futuro delle marketing box Ma quali scenari si delineano per i prossimi anni nell’uso di questo canale di marketing, ora che si torna sempre più a un mix di azioni di marketing e eventi in presenza? La chiave secondo Monselli è nell’evoluzione del formato: «È un mezzo di comuni-

cazione che per continuare a funzionare deve evolvere. Bisogna sempre partire da un ragionamento progettuale che guardi al momento contemporaneo: richiede dialogo tra cliente e agenzia, e la disponibilità a provare modalità nuove. Negli ultimi anni l’uso delle box non è tanto aumentato quanto diventato più visibile, essendo uno dei pochi strumenti comunicabili in un momento in cui le attività dal vivo erano pressoché azzerate. Ad esempio è quello che abbiamo fatto col lancio di Espressoh, brand di make up che prende ispirazione dal caffè all’italiana, per cui abbiamo realizzato box con una colazione all’italiana recapitata a domicilio da “barman” in livrea. In qualche modo si è reso necessario alzare sempre più il tiro della comunicazione, per tenere alto il livello di memorabilità in un mercato sempre più saturo. Sicuramente man mano che si tornerà a lavorare dal vivo questo tipo di strumento riinizierà ad essere integrato in un ecosistema di comunicazione più vario, in cui la box sarà uno degli elementi tra diverse opzioni, da usare quando è realmente necessaria e ha valore strategico».


G R A N D A N G O L O

PRIMAVERA DIROMPENTE ED EFFETTO COBWEB NELLE COMPLIMENT CARD REALIZZATE DA NAVA PRESS PER BELMOND ITALIA La vera ospitalità si distingue per l’attenzione ai dettagli. Lo sa bene Belmond, catena internazionale di luxury hotel che in Italia offre soggiorni ed esperienze esclusive in destinazioni affascinanti, da Taormina a Venezia, dalla campagna Toscana alla Riviera Ligure, da Firenze alla Costiera Amalfitana. Per l’occasione delle vacanze pasquali 2022, Belmond ha commissionato a Nava Press una collezione di 7 diverse compliment card dedicate agli ospiti delle sue prestigiose strutture nella Penisola: l’hotel Cipriani a Venezia, il Caruso nella Costiera Amalfitana, il Castello di Casole in Toscana, lo Splendido e lo Splendido Mare a Portofino, Villa Sant’Andrea e Grand Hotel Timeo a Taormina. Non soltanto sette versioni diverse a tema spiccatamente primaverile – legato ai colori e alle atmosfe-

re italiane – distingue queste eleganti card con busta abbinata, ma soprattutto il sorprendente effetto “cobweb” ottenuto con una fustella a ragnatela che le rende tridimensionali e permette, sotto la grafica floreale, di leggere un messaggio personalizzato. Come sono fatte le Belmond compliment card Le card sono stampate in digitale con tecnologia HP Indigo con 7 grafiche differenti per fronte e retro, nobilitate poi con cliché e foil a caldo per il logo. Ecco come sono fatte: Le mattonelle in formato 19x19 cm hanno un’anima in cartoncino Sirio white da 700 gsm accoppiato a 3 plance in carta Century Cotton Wove premium white: 2 da 130 gsm, sovrapposte per la parte frontale delle card, e una

da 220 gsm per il retro. Sul fronte, il primo strato è stampato in digitale a 4/0 colori; il secondo strato è stampato in bianca e volta sempre in digitale a 4 colori, con l’aggiunta di un colore argento lucido stampato a caldo e la particolare spirale fustellata ottenuta con taglio laser. L’accoppiatura è ottenuta con biadesivo fustellato con riserva centrale in modo da permettere alla parte fustellata di sollevarsi grazie alla presenza di un cordino argentato applicato in cima alla spirale. Anche il retro è stampato in digitale a 4/0 colori più un argento lucido a caldo. La carte sono accoppiate al cartoncino con biadesivo, tagliate in formato

e nobilitate con una labbratura in argento lucido coordinato alle stampe a caldo delle card. Le cartoline sono poi confezionate nelle buste coordinate, realizzate con carta Century Cotton Wove premium white da 220 gsm, con dorso a 4 punte e patella triangolare con 8 soggetti diversi. La peculiarità delle buste è la grafica minimale all’esterno, impreziosita dalla stampa a caldo, e ricca e colorata all’interno, coordinata alla card che contiene. Le card sono state realizzate in set da 100 per tutte le strutture tranne che per lo Splendido di Taormina, per le quali ne sono state stampate 160. 33


C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

F UJ I F I L M

www.fujifilm.eu/eu/products/graphic-systems

TECH:ART SFRUTTA I VANTAGGI DI PRODUTTIVITÀ CON ACUITY PRIME 30 DI FUJIFILM L’investimento dello scorso settembre 2021 dello stampatore italiano nella stampante flatbed Acuity di Fujifilm ha dato il via a nuove iniziative imprenditoriali. Ci racconta tutto Davide Salvo, CEO e Direttore generale di Tech:art.

34

F

Fondata nel 2002, Tech:art ha sede a Trofarello, in provincia di Torino, ed è un fornitore di servizi di stampa completo che offre ai clienti B2B e B2C assistenza nella pre-stampa, nella progettazione, nella prototipazione, nel packaging e nella logistica. Installata lo scorso settembre 2021, la Acuity Prime 30 di Fujifilm è la new entry nel portfolio di stampanti dell’azienda. Nei pochi mesi successivi all’installazione, Tech:art ha potuto constatare l’eccellenza della stampante. Davide Salvo, CEO e Direttore generale di Tech:art afferma: «Dopo l’installazione della macchina era necessario eseguire alcune calibrazioni finali, ma poiché non vedevamo l’ora di usarla abbiamo avviato

comunque la produzione di alcuni lavori. Siamo rimasti immediatamente colpiti. La produttività della macchina va ben oltre le nostre aspettative e supera di gran lunga quella di qualsiasi macchina che abbiamo visto nella stessa fascia di prezzo». «È stato un commerciale di Fujifilm a parlarci per la prima volta della Acuity Prime nell’estate del 2021 – continua Salvo – e siamo rimasti colpiti dalla semplicità d’uso della macchina e dall’eccellenza della produttività e della qualità di stampa che offre. Questo, insieme alla nostra fiducia in Fujifilm come marchio, ci ha convinti all’investimento. Usiamo in genere la macchina per applicazioni di interior design, per esempio applicazioni con legno, plexiglass, vetro e metal-


F UJ I F I L M

www.fujifilm.eu/eu/products/graphic-systems

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

A proposito di FUJIFILM Graphic Systems

lo, nonché applicazioni di segnaletica. Prima usavamo una macchina della concorrenza, ma non era in grado di stampare con la stessa qualità e velocità della Acuity Prime 30. I nostri clienti – prosegue Salvo – sono molto esigenti. Richiedono alta qualità e tempi di produzione rapidi, e di recente hanno iniziato a richiedere lavori che prevedono l’uso di primer e vernici speciali e inchiostro bianco. Con la Acuity Prime 30, possiamo soddisfare questa domanda e molti nostri clienti hanno già espresso la loro soddisfazione in merito alla qualità di stampa e all’ampia gamma di colori offerte dalla macchina. Sono anche rimasti colpiti dall’alta adesione dell’inchiostro e dalla grande varietà di materiali che è possibile utilizzare. Con l’aggiunta di questa macchi-

na al nostro portfolio, abbiamo acquisito nuovi clienti. Guardando al futuro, vedo una tendenza alla crescita della personalizzazione sul mercato quest’anno, e sono certo che la Acuity Prime ci permetterà di soddisfare questa domanda. Oltre che dai vantaggi tecnici, siamo rimasti colpiti anche dal design elegante, accattivante e intuitivo della macchina. Non esiterei un momento a consigliare la Acuity Prime 30: ha incrementato notevolmente la redditività della nostra azienda grazie alla combinazione di alta velocità e basso consumo di inchiostro». Davide Salvo manifesta anche il suo apprezzamento per Fujifilm. «Il servizio e l’assistenza che abbiamo ricevuto da Fujifilm durante l’intero processo di vendita e installazione sono stati eccezionali. Siamo certi

di aver trovato in Fujifilm un partner a lungo termine». Kevin Jenner, European Marketing Manager – Wide Format Inkjet Systems di Fujifilm Europe, afferma: «La Acuity Prime 30 è una delle stampanti più innovative che fa parte della strategia di Fujifilm per creare “il nuovo riferimento per il grande formato”, ridimensionando le aspettative in termini di rapporto prezzo-prestazioni, versatilità, valore e facilità d’uso. Siamo felici di vedere che Tech:art abbia sperimentato tutto ciò con le proprie mani e abbia già notato miglioramenti significativi della propria attività dall’investimento in questa macchina. Non vediamo l’ora di vedere l’evoluzione dell’azienda nell’ambito della nostra partnership».

FUJIFILM Graphic Systems è un partner stabile e di lungo termine, concentrato sulla realizzazione di soluzioni di stampa di elevata qualità e tecnicamente avanzate che consentano agli stampatori di sviluppare un vantaggio competitivo e di far crescere le loro aziende. La stabilità finanziaria della società, gli elevati investimenti in R&D consentono a Fujifilm di sviluppare tecnologie proprietarie per la stampa di eccellenza. Queste includono soluzioni per la pre-stampa, la stampa offset, la stampa di grande formato e la stampa digitale, così come software per la gestione del flusso di lavoro. Fujifilm è impegnata a minimizzare l’impatto ambientale dei propri prodotti e delle lavorazioni, operando in modo proattivo nella tutela ambientale, sforzandosi di divulgare il rispetto dell’ambiente presso i propri clienti. 35


DEFINING EXCELLENCE IN PRINTING

GLI OSCAR DELLA STAMPA VI DANNO APPUNTAMENTO AL 2022 SEGUITECI TUTTO L’ANNO SU OSCARDELLASTAMPA.IT CON I FILMATI DELLE PREMIAZIONI 2021 E LE VOTAZIONI 2022


HOW IT'S MADE NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR Spazio colore, formato delle immagini, risoluzione, font, abbondanze e sovrastampa e verifica preliminare. Ecco i 6 passi fondamentali per creare un file pronto per la stampa.

di L O R E N Z O

C A PI TA N I

37


H O W

I T ' S

M A D E

Da InDesign creare un pdf per la stampa è questione di 4 clic. Pochi passaggi che possono nascondere insidie o errori in grado di compromettere tutto il lavoro. Eppure, ottenere un file perfetto per la stampa non è poi così complesso, bastano pochi accorgimenti e un paio di verifiche per non avere sorprese dopo il tanto agognato “Visto, si stampi!” 38

Lo spazio colore Non tutti i colori di una foto digitale o digitalizzata possono essere riprodotti in stampa. È un dato di fatto connaturato al modo in cui la stampa riproduce i colori. A differenza di quanto avviene con lo spazio RGB in cui i colori sono rappresentati dalla luce per sintesi additiva (tutti i colori sommati danno il bianco), in offset o digitale la stampa avviene utilizzando 4 inchiostri base (Cyan, Magenta, Yellow, Key-Black) per sintesi sottrattiva (i 4 colori sommati danno il nero). Teoricamente i colori Ciano, Magenta, Giallo possono riprodurre tutti gli altri quando sono combinati tra di loro. La massima luminosità viene ottenuta dall’assenza totale di inchiostri e corrisponde quindi al bianco carta. Quando i primi tre colori vengono sommati, il risultato non è il nero puro, ma piuttosto un marrone molto scuro. Il colore K o nero viene utilizzato per rimuovere completamente la luce dall’immagine stampata, motivo per cui l’occhio percepisce il colore come nero. Il problema nasce quando dall’RGB di acquisizione (fotocamera o scanner) o di riproduzione (il monitor) in grado di rappresentare molti più colori e in gamme diverse, si deve passare allo spazio CMYK di stampa. Cose ovvie, si dirà, eppure il 50% dei problemi in pre-stampa e stampa nasce proprio da questa conversione che viene fatta spesso senza consapevolezza, come fosse solo un clic da fare. Difficilmente la conversione da RGB a CMYK avviene senza differenze. A complicare il tutto c’è il fatto che ormai la stampa è solo uno dei possibili output e l’unico che richieda questo spazio colore; il resto, tutto ciò che è digitale, resta in RGB. Si aggiunge quindi il problema di quando effettuare la conversione: a monte prima di impaginare o a valle prima dell’output finale? Il primo approccio è valido solo in teoria: se da un lato dà l’illusione di avere tutto sotto controllo, dall’altro è limitante. Se convertiamo in quadricromia una foto destinata alla stampa e ad altri canali prima di post produrla – così da ave-


H O W

re l’esatta gamma dei colori riproducibili, che comunque resta filtrata dal monitor – dovremo comunque tornare all’RGB per poter usare strumenti e filtri di Photoshop altrimenti non disponibili e per usare quella foto in ambito digitale. Allora conviene post produrre in RGB, creando una sorta di master dal quale partire per ogni canale previsto e procedere con la conversione in CMYK solo quando davvero necessario, ovvero quando la foto inizia il suo processo per essere stampata. L’immagine va considerata come parte di un processo ampio in cui non tutti gli output sono subito dichiarati e potrebbero differenziarsi notevolmente, quindi occorre essere più conservativi possibile, non perdere mai informazioni. Allo stesso modo convertire in uscita, ovvero al momento di fare il pdf può essere rischioso, perché i colori di una foto potrebbero non essere come li volevamo, e spesso non c’è tempo per rimediare. Quindi il suggerimento è di convertire prima di usci-

+ + + Non tutti i colori di una foto digitale o digitalizzata possono essere riprodotti in stampa.

re in pdf. Per uno stampato del settore moda si verificheranno tutte le foto in Photoshop una per una. Per una brochure commerciale la conversione in output sarà sufficiente, purché si abbia l’accortezza di scegliere la funzione “Converti in destinazione” e il profilo di destinazione nella finestra Output del comando “Esporta pdf” in InDesign; se non lo facciamo, quello che era in RGB arriva in stampa. Attenzione anche ai colori di tutti gli altri grafismi come fondi, filetti e testi. Prima di fare il pdf quindi uno sguardo alla palette Campioni eviterà problemi. Eliminate i colori non in uso, convertite gli RGB e, se il lavoro non ne prevede, convertite le tinte piatte in quadricromia secondo i valori più prossimi. Se il lavoro è molto complesso e vi trovate una tinta piatta in uso non visibile in pagina, ricordate che con “Anteprima selezioni colore” InDesign mostra dove è usata. Attenzione al testo nero, che deve essere in solo nero e non a 4 colori, e ai colori importati dai collegamenti. Un logo vettoriale, per esempio, si porta dietro i suoi colori nel loro spazio colore che non vengono mostrati nei Campioni di InDesign e come tali passano in pdf. Resta infine il tema di quale RGB usare, sRGB o Adobe RGB. Il confronto dei gamut ci dà la risposta, con una doverosa

I T ' S

M A D E

premessa: in nessun caso gli spazi RGB contengono il CMYK, si tratta quindi di operare una scelta ben sapendo che sarà comunque un’approssimazione. L’sRGB, pur avendo un gamut piuttosto ristretto, quindi teoricamente più conservativo rispetto al CMKY, eccede di gran lunga lo spazio di stampa in molte aree cromatiche, con una clamorosa eccezione: l’area compresa tra il verde e il ciano, tanto che il ciano di stampa non è compreso nell’sRGB. Questo significa che sRGB non permette di sfruttare appieno tutto il gamut disponibile in CMYK. Neppure Adobe RGB però riesce a inglobare completamente CMYK, ma l’approssimazione che si ottiene è di gran lunga migliore. Quindi Adobe RGB è la scelta migliore per l’offset. E per la stampa digitale? Agli inchiostri CMYK, che in digitale hanno resa migliore rispetto alla quadricromia tradizionale essendo più intensi e puri, spesso si affiancano il ciano chiaro o il magenta chiaro che ampliano la gamma dei colori riproducibili. Ovviamente nessuna macchina da stampa digitale può lavorare in RGB, per ragioni fisiche, ma il suo spazio colore è più esteso rispetto a quello della quadricromia tradizionale; per tutte queste ragioni comunque l’Adobe RGB risulta il compromesso migliore.

39


H O W

I T ' S

M A D E

Il formato delle immagini Secondo un report pubblicato quest’anno da W3Techs, società che fornisce statistiche relative alle modalità di creazione e di gestione dei siti web tramite ricerche assolutamente imparziali, l’80% delle immagini usate nei siti internet sono png o jpeg. Questi formati, al di là del loro utilizzo in rete, sono anche i più usati in generale anche per le immagini destinate alla stampa: del resto fotocamere e scanner hanno tra gli output disponibili questi formati che, oltre a essere relativamente leggeri da trasferire, elaborare e archiviare, hanno di fatto soppiantato tiff ed eps. Il problema del jpeg (o jpg nel mondo Windows) è che è un formato lossy, ovvero con perdita di dati. Tradotto: se l’unica foto che ho disponibile è in questo formato, non ho alternative e dovrò accontentarmi. Ma se ho modo di scattare con hardware professionale, non ha senso usare questo formato perché scattare direttamente in jpeg significa già in partenza rinunciare alla qualità massima possibile. Le fotocamere pro, ma anche l’iPhone, anche se impostate per scattare direttamente in jpeg, scattano in raw e convertono in automatico senza possibilità di intervento o di regolazione: operano quindi una trasformazione assoluta, corretta magari da un punto di vista matematico, ma pur sempre arbitraria. Il jpeg, per ora, ha vinto rispetto ad altri formati perché ha un livello di compressione molto elevato e riesce a trasformare immagini molto grandi in file molti più

40

+ + + Il jpeg ha vinto rispetto ad altri formati perché ha un livello di compressione molto elevato e riesce a trasformare immagini molto grandi in file molto più piccoli con un basso consumo di spazio e memoria.

piccoli con un basso consumo di spazio e memoria, e lo fa eliminando tutte le gamme cromatiche teoricamente non visibili dall’occhio umano, sfruttando il principio dei predittori che tenta di stimare il valore di un colore a partire da quelli adiacenti o già elaborati. Così un’immagine con un fondo continuo potrà essere compressa moltissimo perché, tra un campione di colore e un altro adiacente, il campione intermedio sarà molto simile e come tale eliminabile. Attenzione al fatto che l’applicazione della compressione avviene a ogni salvataggio, quindi, anche se impercettibilmente, l’immagine perde di qualità. In generale, il jpeg non è adatto alle immagini con testo, disegni, schemi e grafici, in più non supporta i tracciati e le trasparenze, come il png. Idealmente, la cosa migliore sarebbe scattare sempre con una macchina digitale professionale, in raw e sviluppare il raw con tutte le regolazioni fuori macchina e salvare in tiff in RGB. Il raw arriva a 16.388 livelli di luminosità per immagini a 16 bit, mentre il jpeg ne ha solo 256: questo è evidente sulle immagini più scure dove è necessario recuperare le zone d’ombra. Vogliamo fare un esperimento? Scattate prima in raw e poi in jpeg con la stes-

sa fotocamera e le stesse impostazioni un oggetto completamente nero, aprite i due file in Camera Raw e aumentate l’esposizione di 5 stop: il raw apparirà come un pattern uniforme, il jpeg mostrerà zone dello stesso colore, fasce, righe, artefatti. Infine, post-produrre e impaginare i tiff: solo in questo modo ci garantiremo di lavorare senza perdita di dati significativa, perché il tiff è esattamente l’elenco dei pixel dell’immagine. Attenzione a non usare il png che, per quanto non sia lossy, supporta il canale alfa per le trasparenze e usa tecniche di compressione che non sacrificano la qualità o il dettaglio originale (almeno il png-24), ma non è salvabile in CMYK, il che significa convertire al momento del salvataggio in pdf in base al profilo, senza nessun controllo e in modo arbitrario. La giusta risoluzione Diciamolo subito, i 300 dpi che tutti i tutorial consigliano per la stampa sono più una semplificazione che un’effettiva necessità. Più che di alta o bassa risoluzione bisognerebbe parlare di giusta risoluzione per quello che si deve stampare. E così, un po’ perché si stampano più brochure che manifesti, un po’ perché è meglio avere dpi in più


H O W

che in meno per evitare immagini di bassa qualità, i 300 dpi sono diventati la risoluzione che deve avere qualsiasi immagine debba essere stampata. E qui iniziano i distinguo. Senza addentrarci nel rapporto risoluzione/lineatura per la quale rimando all’ottimo articolo di Marco Olivotto “La teiera di Russell e Photoshop” facilmente reperibile online, tutto dipende dall’ingrandimento che una foto avrà in pagina: paradossalmente immagini molto grandi a risoluzioni molto alte danno effetti come il moirè. Una foto a 72 dpi, magari presa dal web, molto grande, ad esempio 2560x1600 px, ovvero 90 cm di base, diventa 21 cm se portata a 300 dpi e regge quindi senza problemi un A4 se tenuta al naturale. Senza perdersi dietro a proporzioni, il trucco per capire se un’immagine in bassa risoluzione, tra i 72 e i 96 dpi, può essere usata per la stampa è dividere la misura in cm per 3,5. Ridimensionare dai 72 ai 300 dpi però va fatto senza ricampionare: formalmente si ottiene un’alta risoluzione con misure e dpi giusti, ma qualitativamente la foto resta di bassa qualità! In InDesign ci aiuta la palette Collegamenti che riassume, oggetto per oggetto, profilo colore, dpi originali

e dpi effettivi in base all’ingrandimento. Cosa succede alla nostra foto, lasciata a 72 o passata a 300 dpi, quando viene messa su una doppia pagina in formato A4? Avrà una risoluzione effettiva di 144 dpi, che sono troppo pochi. Se proprio non potete usare un’altra foto, non resta che usare la recente funzionalità di Photoshop Mantieni dettagli 2.0 che sfrutta un algoritmo progettato per rilevare e preservare i dettagli e le texture più importanti delle immagini, senza introdurre un’eccessiva nitidezza dei bordi sporgenti o lisciare i dettagli a basso contrasto, inoltre migliora la conservazione dei dettagli più difficili come il testo e i loghi senza amplificare il rumore o creare artefatti. Ovviamente non si ottengono miracoli né si farà di una bassa un’alta, ma la qualità migliora sicuramente. Così come migliorerà se si utilizza il comando Migliora/ Super Resolution disponibile in Camera Raw dalla versione 13.2 che promette di raddoppiare la risoluzione di un’immagine. Nessuna magia, solo una gestione avanzata del metodo che stava alla base dell’Enhance Detail rilasciato nel 2019. Super Resolution svolge effettivamente un buon lavoro di interpolazione, garantendo un sensibile margine di

+ + + Super Resolution svolge effettivamente un buon lavoro di interpolazione, garantendo un sensibile margine di vantaggio rispetto ad altri metodi già disponibili.

I T ' S

M A D E

vantaggio rispetto ad altri metodi già disponibili. Ovviamente non può aggiungere dettagli che non esistono, ma sfrutta l’intelligenza artificiale e il machine learning che apprende dai dettagli circostanti per migliorare e incrementare la “risoluzione apparente”. Ma non conta solo la dimensione dell’immagine, occorre tenere in considerazione anche la distanza da cui sarà vista l’immagine: una cosa è una foto su un libro, un’altra un manifesto per strada. Dalla distanza si ricava la risoluzione per ottenere una stampa di buona qualità. La formula dice: risoluzione (ppi) = 8.733 / distanza_di_visualizzazione (cm) Infine, fin qui abbiamo parlato di dpi, ovvero dots per inch, ma dovremmo parlare più correttamente di ppi, pixel per pollice. La teoria dice che i “dots” sono i punti d’inchiostro che una stampante deposita sulla carta e “per inch” indica quanti di tali punti la stampante è in grado di produrre lungo una linea lunga 1 pollice; ovviamente questo dipende dalla tecnologia e non è sempre vero che un dot corrisponda a 1 pixel.

41


H O W

I T ' S

M A D E

Insomma sono i ppi a dirci quanti pixel per pollice un dispositivo è in grado di rappresentare o, in altre parole, quale sarà la dimensione a stampa di un’immagine di dimensioni date su un certo dispositivo caratterizzato da una certa risoluzione. Complesso? Per questo si tende a riportare tutto all’equazione: stampa = 300 dpi, video = 72 dpi I font Veniamo ora ai font, croce e delizia di ogni grafico e di ogni rip. La via della standardizzazione è ancora lunga e non è raro imbattersi in font molto vecchi PostScript Type 1 che arrivano da archivi che i grafici si scambiano in barba alle licenze o da vecchi impaginati. Dopo 40 anni, nel gennaio del 2023 Adobe terminerà il supporto ai font Type 1. Sebbene l’uso dei font Type 1 sia ancora supportato da alcuni sistemi operativi, non è più supportato in molti ambienti cruciali per le piattaforme moderne, inclusi i browser web e i sistemi operativi per dispositivi mobili. A quella data le applicazioni di Adobe aggiornate non riconosceranno la presenza di font Type 1: anche se sono installati nel sistema operativo, non ver-

42

ranno visualizzati nel menu Font, non sarà possibile utilizzarli e gli eventuali Type 1 esistenti nel documento verranno visualizzati come “Font mancanti”. Adobe mette a disposizione la versione OpenType aggiornata per i Type 1 di cui si ha regolare licenza, mentre per i font non Adobe occorre rivolgersi agli altri produttori. È possibile effettuare una conversione con software di terze parti come TransType, FontXchange o Fontlab Studio. Attenzione solo che non sempre la conversione è perfetta: glifi, caratteri speciali o segni diacritici non sempre sono resi correttamente. Conviene quindi sempre usare font OpenType che sono gli unici compatibili con il mondo Mac e Windows, e garantiscono piena esportabilità verso i formati digitali. Anche qui InDesign con il comando Trova Font aiuta l’identificazione dei font correttamente installati sulla macchina e quindi disponibili per la creazione del pdf e la verifica della tipologia di formato. Ormai è possibile reperire in OpenType anche vecchi font e in questo formato sono disponibili tutte le librerie on-line di font free (ad esempio www.google. com/fonts). Eventualmente resta la possibilità di convertirli. In questo

+ + + Conviene quindi sempre usare font OpenType che sono gli unici compatibili con il mondo Mac e Windows, e garantiscono piena esportabilità verso i formati digitali.

caso, se non è possibile la sostituzione del font con uno simile, si può ricorrere all’estrema ratio di una conversione in tracciato (Crea profili sul box di testo). È una soluzione drastica che non consente la retroversione in caso di correzioni. Eventualmente appoggiatevi una copia della gabbia di testo fuori pagina per eventuali modifiche. Le abbondanze e la sovrastampa Una delle sviste che ricorrono più di frequente è la mancanza di abbondanza ai grafismi che vanno al vivo e che quindi devono eccedere il taglio. L’abbondanza è indispensabile per evitare che in fase di confezione, in caso di un taglio non preciso, si vedano degli sgradevoli fili bianchi. Sono sufficienti 3-5 mm recuperabili senza problemi spostando leggermente la foto, ingrandendola di poco o solo ricordandosi di aprire la gabbia. Tutto questo senza nemmeno allungare il fondo. La dimenticanza nasce dal fatto che chi impagina preferisce vedere la pagina


H O W

esattamente come verrà per valutare i pesi e gli equilibri degli elementi. Basterebbe abituarsi, appena si crea l’impaginato, a indicare un vivo pagina di almeno 3 mm così da avere le guide per ogni lato, aprire tutte le gabbie almeno di 3 mm e impostare la visualizzazione del documento come Anteprima quando si vuole valutare la resa della pagina al vivo. Ci sarebbe, infine, un’insidiosa impostazione che può compromettere la resa di uno stampato: la modifica delle impostazioni di foratura e sovrastampa dei colori. Fortunatamente, InDesign imposta nativamente in modo corretto il modo in cui i colori devono interagire tra di loro. Se non è stata modificata la trasparenza della grafica con il pannello Trasparenza, i riempimenti e le tracce appariranno pieni, in quanto il colore superiore fora, cioè taglia via, l’area sottostante nei punti di intersezione. InDesign consente la simulazione della sovrastampa al fine di verificare l’effetto. Mentre tutti i colori forano, il nero (K 100), applicato al testo o agli oggetti di default, viene sovrastampato, per ovviare al fuori registro sui caratteri neri di piccole dimensioni posizionati sopra aree colorate.

+ + + L’abbondanza è indispensabile per evitare che in fase di confezione, in caso di un taglio non preciso, si vedano degli sgradevoli fili bianchi.

Si possono modificare le impostazioni relative all’inchiostro nero nelle preferenze Aspetto del nero, ma andrebbe fatto solo se il nero lavora su un’area estesa (per esempio testo molto grande) che sta sopra un oggetto colorato, come una foto, per evitare che questa traspaia sotto: questo perché l’inchiostro nero di solito è stampato per ultimo e può non essere totalmente coprente. Per essere certi di come sarà la resa basta verificare il pdf in Acrobat con Anteprima di output. Nella finestra separazioni si può vedere come lavorano i singoli inchiostri, di cromia o pantoni, lastra per lastra e la loro coprenza. Sempre da questa palette è possibile verificare anche la corretta foratura con “Simula sovrastampa”. Ricordate di lasciare sempre attivata la simulazione a monitor delle sovrastampe dalle preferenze di Acrobat. Verifica preliminare Fin qui abbiamo visto piccoli accorgimenti per una corretta realizzazione di un file in modo da esportare un pdf corretto per la stampa. Ma è possibile verificare sempre, in corso di lavoro, il rispetto delle norme sfruttando strumenti di preflight come la Verifica preliminare live di InDesign o il corrispettivo di Acrobat che controlla direttamente il pdf. In entrambi i casi, lo strumento si serve di una serie di pro-

I T ' S

M A D E

fili in base all’output cui è destinato il lavoro. Sfortunatamente in InDesign c’è solo il profilo [base] in cui colori e risoluzioni non sono controllati. Se non si vuole creare un profilo proprio, cosa per altro molto semplice, sul sito del Ghent Workgroup si possono scaricare i GWG Live Preflight profiles per Adobe InDesign (http://tiny.cc/5xaquz). La verifica preliminare così configurata controlla live il file, indicando con un semaforo alla base della finestra del programma se ci sono errori e dove in modo da poter intervenire. In Acrobat, invece, la verifica va richiamata dal menu Produzione di stampe: qui i profili preinstallati sono tanti, compresi quelli per la stampa offset con e senza tinte piatte e tutti quelli per la verifica in base alle certificazioni ISO, come pdf/x. Di norma è sufficiente controllare un pdf con il profilo Offset a fogli che verifica la compatibilità con le indicazioni del Ghent Workgroup. Il risultato sarà un report dettagliato in cui errori e alert sono elencati e linkati in modo dinamico direttamente all’oggetto in pagina. Attenzione solo che lo strumento consente anche di correggere automaticamente gli errori, cosa da fare con consapevolezza soprattutto nel caso di conversioni di spazi di colore o di settaggi di coprenza o foratura.

43


T E X T I L E

di C A T E R I N A

P U C C I

Camac Arti Grafiche

44


T E X T I L E Creative Promotion Creative Promotion

Creative Promotion

Raccontarsi attraverso gli abiti che si indossano è un bisogno che appartiene all’umanità da sempre. La t-shirt è l’esempio più emblematico di quest’abitudine millenaria. Capi d’abbigliamento simili esistevano già in epoca rinascimentale, ma solo con l’avvento della rivoluzione industriale, le magliette cominciarono a entrare nell’uso comune. Nel 1904, la Cooper Underwear Company commercializzò la prima maglietta girocollo, progettata sulla base di alcuni esperimenti condotti per realizzare un capo che fosse pratico, elastico, traspirante, ideale per essere indossato al lavoro. Negli anni Cinquanta, celebrità come James Dean e Marlon Brando cominciarono a indossare t-shirt contribuendo a renderle un capo iconico. A partire dagli anni Ottanta, le magliette sono diventate uno strumento per sensibilizzare su temi politici e sociali. La designer Katharine Hamnett è nota per averne sfruttato la potenza mediatica: nel 1984 incontrò Margaret Thatcher indossando una maxi t-shirt su cui era scritto, a caratteri cubitali, “58% don’t want pershing”, un gesto di protesta contro la proliferazione di missili nucleari sul suolo britannico. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un ritorno degli slogan sulle t-shirt nelle collezioni di diversi brand, che hanno saputo coglierne il potenziale espressivo, basti pensare alla t-shirt “We should all be feminist” per Dior. Complice anche la progressiva affermazione degli e-commerce, in tanti oggi provano a farsi strada nel mondo dello streetwear. Come si mette su un progetto “che funziona”? Ne abbiamo parlato con diverse professionalità che hanno trasformato una buona idea in un lavoro: Gabriele Mancini, direttore di Camac Arti Grafiche, Eugenio Gastaldo, fondatore di Toro & Moro, Mario e France-

sco Colonnese, fondatori di Creative Promotion e Chiara Meloni, illustratrice e attivista nota come Chiaralascura e co-fondatrice di Belle di Faccia. Semplici o elaborate che siano, le t-shirt fanno parte del nostro quotidiano. Ci sono aziende che hanno perfezionato la loro esperienza nel settore arrivando a sviluppare intere linee e collezioni per prestigiose case di moda nazionali e internazionali. «Negli anni Ottanta eravamo una piccola serigrafia che si occupava di decorazione su carta, PVC adesivo e altri materiali rigidi» racconta Gabriele Mancini, direttore di Camac Arti Grafiche. «Col passare del tempo ci siamo specializzati nella stampa su tessuto. Oltre a utilizzare diverse tipologie di inchiostri (lucidi, opachi, fluo, tridimensionali, rifrangenti, termosensibili) offriamo la possibilità di abbinare a ciascun prodotto elementi decorativi come lamine, borchie, strass, patch, ricami». In collaborazione con l’ufficio stilistico, Camac si occupa di tutti i passaggi della produzione, fino al confezionamento del capo finito. Dal punto di vista tecnologico, oggi esistono diverse alternative alla serigrafia tradizionale che, comunque, resta una delle tecniche di decorazione più affidabili e apprezzate, grazie alla quale è possibile realizzare effetti tattili e tridimensionali (i cosiddetti alti spessori). La stampa digitale si adatta bene alle esigenze degli onlineprinters, perché permette di realizzare piccole tirature altamente personalizzate e ottenere risultati di elevata qualità su una varietà di fibre, naturali, miste e sinte-

Toro&Moro

45


T E X T I L E

A fianco Toro&Moro, a destra Camac Arti grafiche

tiche. La stampa sublimatica garantisce un’ottima resa cromatica, resistenza ai lavaggi, buona resa al tatto. La conditio sine qua non l’utilizzo di questa tecnologia è che il materiale su cui si stampa sia sintetico o composto da fibre miste, infatti viene utilizzata soprattutto nello sportswear, dove è richiesta risoluzione elevata ma ricambio molto veloce. «Scegliamo la tecnologia di stampa tenendo conto delle esigenze di ogni cliente. Negli ultimi anni stiamo assistendo a una progressiva affermazione delle applicazioni ricamate e dei patch termotrasferibili, adatti a customizzare velocemente piccoli lotti di produzione». Dopo una lunga esperienza nell’ambito della serigrafia, anche Mario e Francesco Colonnese hanno deciso di puntare sul commercio online e sulla stampa digitale. Nel 2010 danno vita all’e-commerce Creative Promotion, acquistando la loro prima stampante DtG e creando il sito personalizzati.net, dove gli utenti possono scegliere il modello e i motivi decorativi con cui personalizzare i propri capi. «Quando abbiamo cominciato, la stampa diretta su tessuto era pressoché sconosciuta. Nel mondo della stampa promozionale, che all’epoca andava a gonfie vele, si tendeva a produrre grossi quantitativi a prezzi molto competitivi, mettendo da parte la componente estetica. Chi c’era ricorderà le magliette con il logo dell’azienda in bella vista, corredato da indirizzo, email e altre informazioni di servizio. Sembravano più biglietti da visita che magliette», raccontano i due fratelli. Oggi le aziende sono molto più attente a veicolare un’immagine accattivante di sé.

46

Il merito è dato anche dal fatto che la cultura grafica è cresciuta moltissimo in Italia è che la stampa digitale si è evoluta raggiungendo standard molto elevati dal punto di vista della qualità e dell’affidabilità. «Chiunque abbia una buona idea, può creare potenzialmente un business vincente. Il nostro compito è aiutare designer, creativi e piccoli imprenditori a trovare il proprio posizionamento sul mercato, consigliando tecnologie, supporti, strategie più indicate per realizzare il loro progetto». Avere un’identità riconoscibile è fondamentale per costruire una community di utenti che si rispecchia nei valori che l’azienda decide di promuovere. Ai consumatori piace ricevere informazioni sulla filiera, la selezione dei materiali, il confezionamento. Toro & Moro è un’azienda che riesce a farlo bene. Nata nel 2016 nelle campagne del Monferrato piemontese, si propone sin da subito come elemento di rottura rispetto ai brand dello streetwear blasonati, rivendicando la qualità artigianale del proprio prodotto e offrendo un servizio di personalizzazione in store unico nel suo genere. «Abbiamo aperto l’e-commerce puntando su quattro elementi: personalizzazione, sostenibilità, qualità e unicità del prodotto» racconta Eugenio Gastaldo, founder di Toro & Moro. «Nel 2018 abbiamo lanciato il nostro primo concept store, seguito da altri punti vendita a Genova, Torino e Milano. La Toro & Moro Experience nasce per coniugare l’esperienza di acquisto virtuale e fisica». Per rafforzare la propria presenza anche sui canali social, Toro & Moro ha collaborato con numerosi illustratori come Badi, Charlotte Le Bleu,


T E X T I L E Camac Arti Grafiche Camac Arti Grafiche

Cecilia Battaini, oltre che con aziende con una brand identity altrettanto forte. «Recentemente abbiamo creato capsule collection per il network di lifestyle torinese Le Strade e per My Secret Case, shop online di sex toys che è anche una community impegnata a fare divulgazione sul tema del piacere femminile». Toro & Moro realizza la maggior parte dei propri prodotti con cotone 100% biologico certificato GOTS e OCS, prediligendo processi sostenibili attraverso l’uso di inchiostri base acqua, atossici e ftalati free. A riprova del desiderio di certificarsi come brand sostenibile, quest’anno, in occasione dell’Earth Day ha lanciato l’iniziativa #TreeShirt in collaborazione con Treedom, e-commerce online che consente di piantare alberi in tutto il mondo: per ogni t-shirt venduta sarà piantato un albero, andando a compensare la quantità di CO2 che è stata prodotta per realizzarla. Chiara Meloni è un’illustratrice e attivista nota sul web come @chiaralascura, che per i suoi disegni si ispira alla fat liberation, al femminismo intersezionale e alla liberazione animale. «Nel 2010 mi sono ritrovata con un lavoro senza sbocchi che stava mettendo a dura prova la mia salute mentale e così ho iniziato a disegnare. E ho scoperto, quando avevo già trent’anni, che mi piaceva farlo. Ho iniziato a vendere le mie t-shirt a tema vegan su piattaforme di print-on-demand e dopo qualche mese, vedendo che c’era interesse, ho provato a farlo diventare un lavoro. Inizialmente facevo soprattutto fiere e mercatini e lo shop online aveva un peso marginale. Contemporaneamente lavoravo come grafica e video editor freelance». Nel 2011, Meloni ha lanciato una campagna di crowdfunding su Eppela, riuscendo a farsi finanziare la prima collezione. Lo stesso anno ha cominciato a partecipare a fiere nel Regno Unito e vendere in qualche negozio. «Un paio di anni dopo ho provato ad aprire un mio personale laboratorio di serigrafia, ma questo ha coinciso con una piccola battuta d’arresto della mia creatività, perché sono rimasta schiacciata dai lavori su commissione per altri clienti e non trovavo più il temChiara Meloni, in arte @chiaralascura

47


Chiara Meloni, in arte @chiaralascura Toro&Moro

Creative Promotion

Chiara Meloni, in arte @chiaralascura

48

po per curare i miei progetti e il mio catalogo». Nel 2018 decide di dedicarsi esclusivamente alle proprie illustrazioni e fonda, insieme a Mara Mibelli, il progetto Belle di Faccia, iniziando a incorporare nei propri prodotti i temi che le stanno più a cuore: il femminismo e la fat acceptance. Sin dalle prime mini collezioni che vendeva nei mercatini, Meloni si è subito posta il problema della provenienza delle materie prime e della loro sostenibilità, selezionando tra i fornitori di t-shirt neutre quelle certificate non solo per quanto riguarda i tessuti, il loro impatto ambientale e la disponibilità delle taglie, ma soprattutto le condizioni di lavoro della manodopera. «È complicato trovare un equilibrio tra sostenibilità e inclusività: la maggior parte dei fornitori di t-shirt wholesale biologiche e fairtrade pronte per la stampa non producono taglie plus size o le fanno solo in due colori: nero e bianco. Altri producono tutte le taglie, in qualsiasi colore, ma non sono altrettanto sostenibili», aggiunge Meloni. «Quando ho iniziato non c’era tantissima consapevolezza da parte dei clienti e dovevo spesso giustificare il costo più alto spiegandone le motivazioni. Adesso, fortunatamente, c’è molta attenzione e le persone apprezzano che un piccolo brand cerchi di ridurre il pro-

prio impatto facendo scelte sostenibili sul fronte dei materiali e del packaging». Esistono in questo momento storico diversi strumenti che rendono più accessibile a chiunque il lancio di un piccolo business, che normalmente sarebbe un privilegio, come il dropshipping che permette di lanciare un proprio shop senza dover prevedere un investimento di partenza troppo alto e delegando le operazioni di logistica, magazzino e spedizione. «Un consiglio che mi sento di dare è quello di non farsi intimidire da ciò che vediamo sui social: su Instagram in particolare è facile che chi seguiamo ci stia facendo vedere solo gli aspetti positivi del suo lavoro e stia nascondendo i fallimenti e le fragilità: andiamo avanti per la nostra strada senza l’ossessione di like, follower e numeri perché ogni creativ ha una sua voce e un suo modo di rappresentare la realtà e quindi c’è spazio per tutt . E ovviamente, se chi ci sta leggendo avesse bisogno di qualunque dritta, per quanto io non mi ritenga un’esperta e possa vantare più che altro l’esperienza sul campo, non esiti a contattarmi: credo nei saperi condivisi e non nel gatekeeping e sono sempre pronta a spiegare come si fa qualcosa, se ne sono in grado».


D U E

E M M E

PA C K

www.dueemmepack .it

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

DUE EMME PACK: LA “BOUTIQUE DELLA CARTA” CRESCE GARANTENDO SOSTENIBILITÀ E CONTINUITÀ DELLA FORNITURA

N

Nata nel 1990 a San Giovanni in Persiceto (BO), Due Emme Pack ricopre il ruolo strategico di raccordo tra le cartiere e gli stampatori. E in questo momento di sfide globali rafforza la propria posizione garantendo continuità nella fornitura, requisiti di sostenibilità e servizi diversificati grazie all’acquisizione di CRCArt, specializzata nella cartotecnica. Massimiliano Marchesini, fondatore e Direttore generale di Due Emme Pack, ci racconta tutto nel dettaglio. Quali servizi offre oggi Due Emme Pack?

Con oltre 30 anni di esperienza e un’ampia rete commerciale su tutto il territorio nazionale, rappresentiamo un’eccellenza del settore cartario fornendo ai clienti un servizio di taglio a formato su carta e cartone. Il valore aggiunto è rappresentato da

dinamicità, efficienza nelle fasi del processo produttivo, tempestività nell’evasione degli ordini per piccole e medie quantità con consegne entro le 72/96 ore e garanzia del risparmio sulla carta grazie all’ottimizzazione del formato e al contenimento degli sprechi. Il nostro team di esperti supporta i clienti nella scelta della carta più adatta al loro tipo di lavorazione. Due Emme Pack si distingue anche per il suo Codice Etico: l’imprescindibile attenzione all’ecosostenibilità delle materie prime controllate la cui produzione rispetta i diritti delle persone. Stiamo vivendo un momento critico: come state gestendo l’attuale carenza di materie prime?

La pandemia ha creato non poche difficoltà nel reperimento delle materie prime a causa del rimbalzo accusato dalla ripartenza, tanto che già all’inizio dell’estate 2021, con le

progressive riaperture, avevamo letto le potenzialità di crescita e creato i presupposti per poterla conseguire. Questa instabilità che permane anche nel 2022 ha accelerato il nostro vantaggio competitivo: il servizio rivoluzionario che abbiamo ideato nel 1990 oggi risulta essere vincente, funzionale e necessario in modo trasversale sia sul mercato cartario sia su quello cartotecnico. Le ragioni della crescita sono imputabili a tre fattori: accordi quadro con fornitori primari per garantirci continuità di fornitura; incremento delle scorte a magazzino per sopperire alla difficoltà di reperimento delle materie prime per effetto dell’aumento della domanda; sviluppo dei comparti editoriale e cartotecnico. Come state sviluppando l'area dedicata alla cartotecnica?

L’acquisizione e il controllo di CRCArt, nata nel 2018 a Sala Bolo-

gnese come nostra azienda satellite specializzata nel taglio del cartone, ci ha garantito maggior presenza e flessibilità sui clienti oltre a un maggior ventaglio di prodotti a catalogo. Pur mantenendo una propria autonomia, a maggio 2020 abbiamo conformato il modello di business a quello di Due Emme Pack. A medio termine abbiamo in programma la realizzazione di un nuovo fabbricato di 13.000 mq coperti che denomineremo “Polo Industriale” che ospiterà entrambe le aziende, offrendo ai clienti un vantaggio competitivo in termini produttivi, logistici e di gestione generale. Il risultato di questo processo innovativo sarà un’azienda all’avanguardia a livello tecnologico, ambientale e produttivo, punto di riferimento nel mercato in cui operano stampatori, cartotecniche, scatolifici, accoppiatori, che sarà in grado di creare ricchezza per il territorio e per tutti i suoi lavoratori.

49


METAMORPHOSIS

Daisy Viviani e Elisa Seitzinger firmano il concept e il key visual di Brand Revolution LAB 2022 L’ispirazione? Un mondo in costante mutamento, non solo per la stampa. Ecco come nasce Metamorphosis, il tema portante dell’edizione 2022 di Brand Revolution LAB, l’ormai famoso “sperimentificio” della comunicazione stampata che ha preso il via lo scorso marzo e si concluderà con un evento finale il 27 e 28 ottobre a Milano. Daisy Viviani, curatrice creativa del laboratorio e Elisa Seitzinger, artista visiva che sta lavorando al key visual, ci raccontano il loro approccio – a quattro mani – al progetto. 50

Elisa Seitzinger, Vita Supernova, illustrazione per il Salone Internazionale del Libro di Torino 2021

E V E N T I


E V E N T I

ELISA SEITZINGER Elisa Seitzinger vive a Torino, dove lavora come illustratrice e artista visiva. Doppia medaglia d’oro 2021 di Autori d’Immagini, Vincitrice del Premio Illustri 2018 – categoria Design e selezionata all’omonimo Festival nel 2019, tra i dieci illustratori più influenti d’Italia, selezionata alla mostra annuale della Society of Illustrators 2021 all’Illustration Museum di New York, shortlisted per i World Illustration Awards 2021.

Elisa Seitzinger, 24h Party People, pattern ispirato all’omonimo film di Michael Winterbottom di M I C H E L A

P I B I R I

Due creatività dirompenti che si incontrano e danno vita a un concept visivo inedito. Questa è la storia che accompagna, per ora in sottofondo, l’edizione 2022 di Brand Revolution LAB, che dal 2017 è un appuntamento fisso per i professionisti e gli appassionati della comunicazione stampata. È stata Daisy Viviani, già curatrice creativa di Brand Revolution LAB 2021 e autrice dell’allestimento dal titolo “Random Combination”, a pensare al tema “Metamorphosis” e a proporre il coinvolgimento di un’illustratrice e artista visiva del calibro di Elisa Seitzinger. «Volendo rappresentare il cambiamento in modo simbolico – dice Viviani – nessuno meglio di Elisa è in grado di sintetizzare sapientemente concetti complessi intrecciando storia e contemporaneità. La scelta è ricaduta sul suo tratto unico e proprietario, che ai fini del nostro concept rappresenta il mondo analogico e come questo sia indissolubilmente legato a quello digitale: insieme questi mondi possono amplificare il messaggio della comunicazione». Stampa e Metamorfosi Cambiamento, metamorfosi ed evoluzione sono concetti che per Daisy Viviani e Elisa Seitzinger ben si attagliano all’essenza stessa della stampa: «Brand Revolution Lab è il punto d’incontro ideale per gli attori della comunicazione, che è un campo in perpetua evoluzione» prosegue Viviani. «Metamorphosis vuole simboleggiare questo costante mutamento che interessa tutte le parti coinvolte (oltre che il mondo nella sua totalità) e vuole mostrare come solo grazie a questo rinnovamento oggi siamo in grado di stupirci di fronte ai progressi della tecnica applicata alla creatività».

BRAND REVOLUTION LAB SI RINNOVA E DÀ APPUNTAMENTO AL 27 E 28 OTTOBRE 2022 Brand Revolution LAB è l’iniziativa pensata e realizzata da Stratego Group in cui Brand, Agenzie e Stampatori si incontrano per creare una nuova comunicazione, focalizzata sulla stampa ma contaminata dal digitale. Brand con esigenze o sogni non ancora realizzati incontrano la creatività delle agenzie il cui compito è studiare proposte coinvolgenti, realizzate da stampatori coraggiosi e innovativi che traducono in realtà i desideri dei brand e le proposte uniche ed esaltanti delle agenzie. Brand Revolution LAB, arrivato alla sua sesta edizione, si è dimostrato finora terreno ideale per far nascere nuove idee e stimoli, dove tutti gli attori possono esplorare, liberi da vincoli e budget, la relazione tra tecnologia e creatività. È un ambiente capace di far prosperare idee e business con l’obiettivo di valorizzare tutti gli attori della filiera della comunicazione stampata. Il rinnovamento e il cambiamento sono nel DNA di questa iniziativa e anche in questa edizione sono previste molte novità: un nuovo concept, nuove collaborazioni, nuove esperienze. I risultati dei nove mesi di laboratorio saranno messi in mostra nel vernissage ed evento che si terrà a Milano il 27 e 28 ottobre 2022. 51


Daisy Viviani, Random Combination, Visual per Branr Revolution LAB 2021

E V E N T I

I PROTAGONISTI DELL’EDIZIONE 2022 I brand che hanno raccolto la sfida di Brand Revolution LAB sono 10 e provengono da settori molto diversi tra loro, garantendo anche quest’anno una grande diversità di soluzioni e la possibilità di contaminare linguaggi espressivi e stili diversi. Sono AISM, Associazione Italiana Sclerosi Multipla, organizzazione che si occupa dei diritti delle persone con SM; Culti Milano, azienda nota per le sue fragranze per la casa e la persona, che abbina design e qualità premium; Dynamo the Good Company, marchio di abbigliamento outdoor nato a Dynamo Camp, il primo Campus Ricreativo Terapeutico in Italia; Edenred, inventore dei buoni pasto e leader in servizi per il mondo del lavoro; Flob Flower, e-commerce specializzato nella vendita online del settore florovivaistico e arredamento green; l’Istituto Auxologico Italiano, fondazione riconosciuta come IRCCS che opera nella ricerca biomedica e nell’assistenza sanitaria di alta specializzazione; Mulino Bianco, marchio Barilla famoso per i suoi prodotti da forno; Schenker Watermakers, società leader nella produzione di dissalatori marini di nuova generazione; Stivaleria Savoia, azienda specializzata nella realizzazione di calzature artigianali su misura; TOM Unexpected Gin, premium gin italiano ispirato alle atmosfere milanesi. Le agenzie creative coinvolte quest’anno sono Advision, Artefice Group, DLV BBDO, Effige 2.0, H2H, Hello DTV, O,Nice Design, Smith Lumen e The Embassy. Anche quest’anno ci sarà la partecipazione di Brand Revolution Creative, uno speciale team di professionalità trasversali. I partner nell’ambito della stampa e dei supporti sono Eurolabel, Fontana Grafica, Grafical, ICO, Luxoro, myCordenons, Tecno Tag e Varigrafica. La possibilità di entrare a far parte dei team di lavoro è ancora aperta a fornitori di tecnologie, materiali e stampatori che volessero farne richiesta. www.brandrevolutionlab.it 52

«Il messaggio di questa edizione è che il mondo della stampa, partendo proprio dalle sue origini storiche, non si è mai fermato. Un settore in grado di adattarsi e cambiare per rispondere a esigenze diverse, a suo agio anche in un contesto contemporaneo dove si è affiancato a tutto ciò che è virtuale e in continuo dialogo con il mondo digitale. Insomma anche la stampa guarda al futuro. Con esiti anche divertenti» aggiunge Elisa Seitzinger, che ha accolto molto positivamente la proposta di collaborare a Brand Revolution LAB 2022: «Progettare key visual mi piace moltissimo: per comunicare un grande evento bisogna ideare immagini con un forte impatto visivo che catturino l’attenzione anche di chi è “di passaggio” e che stimolino curiosità del potenziale pubblico» prosegue Seitzinger.


E V E N T I

DAISY VIVIANI

Elisa Seitzinger, Istinto Materno

Daisy Viviani è art director, graphic designer e illustratrice: dopo aver lavorato per alcune agenzie e studi milanesi, ha deciso di intraprendere il suo personale percorso imprenditoriale perché crede fortemente che “la bellezza salverà il mondo” ed è responsabilità di tutti diffondere bellezza, ognuno nel proprio campo e con i propri mezzi. Da sempre vive il mondo della comunicazione e negli ultimi anni ha avuto la possibilità di collaborare con alcuni dei più importanti brand nazionali e globali.

Il visual Del lavoro creativo non si può ancora svelare molto, perché oltre al key visual verrà studiato anche un allestimento coordinato che sarà una sorpresa per i partecipanti all’evento di ottobre: «Un bel lavoro di squadra che parte da un’illustrazione e diventa un ambiente immersivo grazie alle competenze di tutti», dice Seitzinger, che sull’illustrazione di partenza anticipa solo: «Per comunicare questo concetto ho scelto un testimonial d’eccezione, ma non posso ancora svelare chi è. Posso anticipare che è stato rappresentato sia in vesti passate che in chiave contemporanea».

Un tema, quello della metamorfosi, che trova forte risonanza nel suo universo creativo: «Per svilupparlo ho attinto a fonti iconografiche a me care, animali fantastici, soggetti classici contaminati con illustrazioni scientifiche e personaggi storici. Delle tre una ha vinto sulle altre due proposte. Scegliere un key visual è sempre un lavoro di squadra, crediamo di aver individuato la soluzione più efficace per veicolare il tema di questa edizione contestualizzato al settore stampa». Settore che ha, nel percorso professionale di Elisa Seitzinger, grande importanza: «Nel mio caso la stampa è quella fase finale dell’output artistico che rende rea-

le, concrete le mie visioni. Può farlo valorizzandole al meglio, o al contrario non valorizzandole affatto. Direi quindi che si tratta di un aspetto fondamentale che va scelto e curato con la stessa attenzione con cui si curano i colori e il tratto, nel mio caso, di un disegno. Sono davvero curiosa – prosegue – di esplorare le potenzialità e le nuove frontiere di questo settore in continua evoluzione creativa e tecnologica. Sento che i nostri settori possono darsi molto a vicenda». Collaborazione, innanzitutto L’accento posto da entrambe sulla collaborazione è fondamentale per comprendere sia lo sviluppo del con-

cept creativo sia l’essenza stessa di Brand Revolution LAB: «Collaborare con un’artista – dice Viviani – significa innanzitutto lasciare libertà. Il segreto (se di questo si può parlare) è trovare il giusto bilanciamento tra il dare indicazioni e guidare l’artista senza però interferire con la sua visione, perché è in questa che è racchiusa la “magia”. Per me significa approcciare il lavoro avendo chiaro l’obiettivo finale, ma lasciandomi stupire dal percorso con cui arrivarci in quanto non dipende solo da me e non può essere tracciato in anticipo. Si tratta di un’esperienza davvero unica ed emozionante».

53


C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

A G FA

www.agfa.com - www.24labdistributori.it

LA RIVOLUZIONE DEL DIGITALE TOCCA ANCHE I DISTRIBUTORI DI BENZINA 24LAB è un’azienda campana specializzata nel rebranding per i distributori di carburante. Oggi, grazie all’installazione di una stampante AGFA Jeti Mira LED 2732, può offrire ai propri clienti una comunicazione sempre più personalizzata con diverse applicazioni.

A

Maddaloni, provincia di Caserta, si trova la sede operativa di 24LAB, che vanta un’esperienza ventennale nella comunicazione pubblicitaria. Negli ultimi dieci anni l’azienda campana ha scelto di dedicarsi a una nicchia di mercato molto specifica, quella degli impianti di carburante. «Prima di entrare in questo mercato ci occupavamo di vendere spazi pubblicitari sulla carta stampata» racconta Alessandro Del Monaco, direttore marketing di 24LAB. «Un giorno ci è stato chiesto di occuparci della personalizzazione grafica e allestimento della pensilina di un distributore. L’esperienza è stata

54

positiva e ci ha convinti a specializzarci in questo segmento, dove vedevamo nascere nuove opportunità. A darci la spinta propulsiva è stato anche il fatto che dal 2012 i gestori di impianti di distribuzione carburanti possono affidarsi a professionisti indipendenti per la personalizzazione delle stazioni di servizio, che prima era appannaggio esclusivo delle grandi compagnie petrolifere, che la gestivano dall’interno». Il rebranding degli impianti di carburante è un’attività che consiste nel rinnovare l’immagine aziendale in caso di cambio di proprietà o del contratto di fornitura. LAB24 si occupa di progettare insieme al cliente una nuova identità visiva in ogni

minimo dettaglio: dai colori ai materiali, dai fabbricati alle pensiline, dai prezzari ai fascioni. «Investire in questo servizio è importante – prosegue Del Monaco – perché l’impatto visivo che questa comunicazione esercita sui clienti condiziona le loro decisioni d’acquisto. Un impianto esteticamente ordinato e accogliente è più accattivante di una stazione con grafica obsoleta». Del Monaco ha quindi messo il proprio know-how nell’ambito della progettazione grafica al servizio del settore dei carburanti: «Si parte sempre dalla progettazione del logo, che è il punto di partenza per la realizzazione dell’intero allestimento. Lo scopo di un logo è quello

di comunicare l’identità dell’azienda in maniera semplice. Durante la sua progettazione bisogna tener conto del fatto che dovrà essere riprodotto in molteplici forme e contesti: stampato su carta intestata, cucito sulle divise, inciso sulle targhe, posizionato sulla facciata di un edificio. La progettazione creativa è chiaramente connessa alla parte tecnica, che consiste nella scelta dei materiali più adatti alle esigenze del clienti. Chiaramente abbiamo dovuto acquisire una serie di nuove competenze relative alla parte di carpenteria metallica ed elettronica che sono componenti importanti di questo lavoro. L’installazione del prezzario, la gestione del cambio prezzi da remoto sono tutte attività


A G FA

inevitabilmente connesse alla parte di comunicazione. Solo chi ha saputo intuire che le due cose vanno di pari passo è riuscito a mantenere una continuità in questo settore». Oggi infatti, 24LAB opera su tutto il territorio nazionale, in particolare in Piemonte, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania e Puglia. Dopo dieci anni è nata l’esigenza di differenziare ulteriormente l’offerta. «Volevamo offrire ai nostri clienti qualcosa di più delle solite pellicole traslucenti e metallizzate e in tal senso l’evoluzione delle tecnologie di stampa digitale ci è venuta incontro». Quest’anno, 24LAB ha infatti installato una soluzione per la stampa digitale UV AGFA JETI Mira LED

www.agfa.com - www.24labdistributori.it

MG2732. L’obiettivo è ottenere un ricambio veloce e costante della grafica di tutte le applicazioni presenti all’interno di una stazione di servizio (banner, affissioni per pensiline, totem etc.), assicurando qualità elevata e un’elevata resistenza agli agenti atmosferici ai quali, trovandosi all’esterno, sono continuamente esposte. Per garantire ulteriore protezione agli stampati, l’azienda ha associato alla stampa UV anche un modulo di verniciatura lucida trasparente. «È presto per fare dei bilanci sulla nostra esperienza con la stampa digitale, ma ci entusiasma sapere che siamo i primi in Italia ad aver intuito le potenzialità di questa tecnologia associata al nostro settore. E si sa: chi prima arriva…»

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

AGFA JETI MIRA, VERSATILITÀ IN GRANDE FORMATO Jeti Mira è una stampante robusta, realmente “flatbed”, con piano di lavoro disponibile in due versioni. La precisa architettura a letto piano è concepita specificamente per offrire una flessibilità ottimale e una stampa di alta qualità su un’ampia gamma di supporti sia rigidi che flessibili. Estremamente affidabile e versatile, la macchina ha una larghezza di stampa di 2,69 m e una profondità di 1,6 o 3,2 m, che consente di gestire lavori di grande formato. Grazie alla modalità Print & Prepare, è possibile caricare un lato del piano di lavoro mentre sull’altro si sta stampando. Per aumentare la versatilità, Jeti Mira può inoltre alloggiare un sistema Roll-to-Roll estremamente efficiente, che viene semplicemente posizionato davanti al piano di lavoro ‘flatbed’. Gli inchiostri UV proprietari si asciugano molto rapidamente, e garantiscono inoltre un gamut colore molto ampio e un’elevata vivacità delle tinte, indicata sia per le applicazioni indoor che outdoor. La capacità di aderire a diverse tipologie di supporti e la resistenza agli agenti esterni li rendono particolarmente adatti alla stampa destinata all’applicazione in esterni. 55


Braulio. La sfida dell'ascesa, il sapore dell'arrivo in vetta

56


S P A Z I O

R O B I L A N T

A S S O C I A T I

Fabio Molinaro È Direttore Creativo di Robilant Associati. Dopo la laurea al Politecnico di Milano in Design della Comunicazione, entra nel team di Robilant Associati nel 2003 e compie l’intero iter professionale fino a ricoprire il ruolo attuale. Ha una forte specializzazione negli spirits e nel mercato dei prodotti premium, senza tralasciare il settore del food&wine, con un’attenzione sempre maggiore verso i nuovi mezzi e tecnologie della comunicazione di marca. Fabio Molinaro è anche Guest Professor sul tema branding nell’ambito di corsi e master della Scuola Politecnica del Design e Domus Academy.

I

Il sipping è un’area di consumi in crescita nel panorama degli spirits internazionali. Gli amari italiani, alcuni in particolare, si sono qualificati più di recente e soprattutto all’estero in questa categoria. Amaro Braulio è stato il primo brand italiano ad aver intuito le potenzialità di questo consumo. Il suo profilo organolettico, i botanicals della sua formula, la quota a cui viene prodotto, a Bormio, in Alta Valtellina, e soprattutto l’invecchiamento in botte a cui viene sottoposto fanno di lui un liqueur che richiede tempo, sorso dopo sorso, per essere apprezzato. RobilantAssociati ha partecipato al rilancio di questo amaro con quasi 150 anni di storia dan-

do forma nel vetro e nell’etichetta al concetto di una salita lungo un sentiero di montagna sul monte Braulio – parte del complesso alpino dello Stelvio, di cui il prodotto ora si fregia nel descrittore –, metafora del crescendo dell’esperienza gustativa. La diagonale ascensionale in rilievo sul fronte della bottiglia, così come il nome Braulio inciso nel piede, rendono la forma vetro scultorea e del tutto originale.

tratteggiati in primo piano. Il blocco marca è stato riqualificato e impreziosito dall’uso di vernici e rilievi. La carta naturale a effetto martellato esalta l’approccio artigianale al prodotto, la sapienza e la manualità nel trattarlo e il valore conferito dal tempo. A conferma di ciò, l’affinamento dell’amaro in botti di rovere di Slavonia per 15 mesi “nel cuore della montagna” viene esaltato anche da un bollino dedicato che completa l’etichetta.

L’etichetta, ispirata allo sketchbook di un escursionista folgorato dalle bellezze dei luoghi, racconta l’unicità di questa specialità attraverso le illustrazioni a mano del caratteristico paesaggio montano e in particolare dei botanicals

57


T I P O G R A F I A

di

L O R E N Z O

C A P I T A N I

“A partire da gennaio 2023 Adobe non supporterà più la creazione di contenuti con font Type 1”. Di fatto i programmi della Creative Cloud non riconosceranno più la presenza di font Type 1, anche se installati nel sistema operativo, non verranno visualizzati nei menu caratteri e quelli esistenti nei documenti saranno visualizzati come “Font mancanti”. Con questo annuncio l’azienda americana manda definitivamente in pensione questa tipologia di font nata quasi 40 anni fa, dopo che già la versione 23 di Photoshop ha smesso di gestirli. Eppure questa scelta, che apparentemente potrebbe sembrare un limite al pari della fine del supporto delle librerie Pantone, potrebbe non essere necessariamente una cattiva notizia e rivelarsi, se non un falso problema, sicuramente l’occasione per svecchiare e mettere un po’ d’ordine nella nostra collezione di font. Il font Type 1 (noto anche come PostScript, PS1, T1, Adobe Type 1, Multiple Master o MM) è un formato vettoriale di font basato sulla tecnologia PostScript e sviluppato da Adobe nel lontano 1984, agli albori del desktop publishing e della composizione digitale. Fin dal marzo 1985, per prima Apple li integrò nel proprio sistema operativo quando lanciò la Ap-

58


T I P O G R A F I A

ple LaserWriter, la prima stampante laser a utilizzare il linguaggio PostScript. Adobe all’epoca era l’unica detentrice di tutti i diritti su questo formato, e quindi unica produttrice di font Type1. Decisa a mantenere la sua posizione di monopolio con una politica di licenze molto stringente, Adobe di fatto isolò Apple, che decise di sviluppare una nuova tipologia di font propria, il TrueType (o TTF), poi concessa in licenza gratuita a Microsoft, dando vita così a due standard distinti durati almeno fino al 2000, quando venne sviluppato il formato OpenType. Nel momento in cui l’impaginazione con Aldus PageMaker inaugurava l’epoca del WYSIWYG, e finalmente i layout a monitor erano grafici, il Type 1, basandosi sulle curve di Bezier cubiche, usava pochissima memoria e glifi matematicamente scalabili che garantivano l’ingrandimento del carattere preciso, senza perdita di qualità, anche a video grazie a un meccanismo detto di “hinting” (o istruzione della resa su dispositivi di bassa qualità) molto raffinato. Fisicamente i font Type 1 si compongono di un file per la visualizzazione a schermo (bitmap) e uno per la stampa (PostScript) interconnessi; non sono multipiattaforma e necessitano quindi di una versione per Mac e una per Windows. Insomma, andavano bene all’epoca, ma i successivi formati, l’OpenType soprattutto e ora i Variable Font, ne hanno decretato la

definitiva obsolescenza. Questi due formati sono lo stato dell’arte della tecnologia tipografica digitale: non solo sono cross-platform in quanto adatti a qualsiasi sistema operativo, anche mobile, ma garantiscono anche compatibilità tra resa a stampa e resa in digitale per lo stesso font. Anche il web, e per estensione tutto quello che è digitale, merita una buona tipografia, basti pensare alla leggibilità dei testi su device mobili di tutte le dimensioni (dal tablet allo smartwatch) o sugli infotainment delle auto che devono essere letti a colpo d’occhio in tutte le condizioni di luce. Con questa idea Apple, Adobe e Microsoft, dopo anni di guerra sui formati, si sono seduti al tavolo con Google e hanno ideato gli OpenType Font Variations. A differenza della carta stampata dove un designer può affrontare un progetto scegliendo tra una miriade di famiglie di font diversi, pesi, stili, un front-end designer nel progettare la UI ha un ventaglio di scelte molto più limitato. E questo dipende da diversi fattori, innanzitutto da quello tecnologico: basti pensare che per rendere a video un font è necessario che l’utente, navigando su una pagina, ne scarichi il relativo file e questo per ogni singolo peso della stessa famiglia di font e anche per ogni stile, il che aumenta non di poco la latenza e il tempo di rendering della pagina. Un Font Variabile, invece,

incorpora tutte le varianti, pesi e stili in un unico file; quindi, il browser non dovrà caricare diversi file. Per far questo, chi disegna il font fissa i valori massimo e minimo di una serie di caratteristiche base, dette assi, tra le quali ci sono peso, larghezza, dimensione ottica, regola di formazione del corsivo e regola di inclinazione. Il Roboto di Google, per esempio, ha 3 stili per l’asse del peso (Thinner, Regular e Bolder) che definiscono tutte le larghezze dello stile Regular. Sempre il Roboto, inoltre, offre un set di assi parametrici che definiscono 4 aspetti fondamentali della forma: forme nere o positive, forme bianche o negative e le dimensioni rispetto agli assi X e Y. Insomma, allo stesso modo in cui i colori primari possono essere miscelati per ottenere gli altri colori, è possibile alterare questi font come si desidera, nei limiti però del disegno base, quindi senza snaturarlo. Ovviamente la variabilità di questi font sopperisce a esigenze tecniche del digitale, ma li rende estremamente utili anche per la tipografia tradizionale perché espande nettamente le varianti del carattere e ne garantisce massima compatibilità. Facendo un passo indietro, in concreto cosa succederà quando le applicazioni di Adobe non riconosceranno più i Type 1? Probabilmente poco o nulla, a patto di arrivare preparati. Sebbene siano ancora suppor-

59


T I P O G R A F I A

tati da alcuni sistemi operativi, questi caratteri non lo sono dai browser e dai dispositivi mobili. Inoltre, se non avete librerie di font o impaginati più vecchi di 20 anni o i font li avete sempre presi da Internet (anche in versione free) difficilmente avrete molti Type 1 sul computer. Quello che succederà è che i font Type 1 spariranno dai menu Font dei programmi, non potranno essere quindi utilizzati anche se installati in precedenza e se presenti nei documenti risulteranno “mancanti”. Ovviamente se i Type 1 sono incorporati in file EPS e PDF non saranno interessati da questa modifica, a patto che vengano impostati in visualizzazione o stampa come elementi grafici. Tuttavia, se questi file vengono aperti per la modifica in Illustrator o Photoshop, o viene editato il PDF con il comando Modifica PDF, i font risulteranno ancora una volta “mancanti”. Anche in questi casi il problema potrebbe essere relativo: se avete EPS o PDF molto vecchi che editate, vale la pena sicuramente valutare di embeddare in questi documenti versioni di font aggiornate (il disegno e la giacitura del font restano identiche) o ricostruire l’impaginato: ci sono plugin di InDesign che convertono un PDF in un layout aperto che può essere modificato, come PDF2DTP di Markzware. Se li usate come elementi grafici, rasterizzateli una volta per tutte o convertite i font in tracciati. Se invece avete, o sospettate di avere, font Type

60

1 installati sul vostro computer, è arrivato il momento di scovarli e capire cosa farne. Già ma come li troviamo? Ci sono due possibilità (li contestualizziamo in ambiente Mac, sicuramente il più usato in ambito grafico): usare il Libro Font o il Finder. Nel primo caso, dal menu File create una Nuova Cartella Smart e scegliere come tipo da filtrare PostScript. In questo modo tutti font di questo tipo installati nel Libro Font (o presenti nella cartella Font del Mac) verranno mostrati con la loro anteprima e si potrà decidere come procedere. L’alternativa un po’ più efficace perché scandaglia l’interno disco è usare il Finder e ricercare i Type 1 usando la stringa: kind: “type 1 outline font”. Se avete un archivio consistente e un po’ di anni di lavoro alle spalle vi aspetta una lunga lista di font che giacciono inutilizzati. L’ideale sarebbe fare la stessa ricerca anche nei dischi esterni o di rete dove tenete gli archivi e i backup. Non temete, non siete soli: Extensis, il creatore di Suitecase per la gestione e l’archiviazione dei caratteri, nel suo database di 7 milioni di font ne ha trovati più di un quarto ancora in formato Type 1. Ora che avete trovato i Type 1 si tratta di decidere cosa farne. Passando in rassegna la lista scoprirete sicuramente che, salvo rari casi, la

maggior parte delle occorrenze sono versioni obsolete di font comuni che già avete in altri formati più recenti o perché vi siete comprati FontFolio in una delle sue versioni o perché vi sono arrivate insieme all’impaginato da agenzie, clienti o colleghi. Così di Futura-Bold in versione screen con il suo corrispondente FuturaBo ne avrete sicuramente almeno un altro paio di versioni in TrueType e in OpenType, quindi buttate serenamente la versione Type 1. Tanto più che oggi, con gli abbonamenti Creative Cloud, Adobe dà accesso gratuitamente a una libreria di più di 20.000 font. Qualora trovaste dei font che Adobe non ha nella sua collezione perché di fonderie diverse, potete sempre verificare sul sito della fonderia la politica di aggiornamento alla versione più recente. Il problema dei font obsoleti non è solo vostro e tutte le principali fonderie mettono a disposizione versioni aggiornate di font vecchie per le quali si possiede la licenza: se non l’avete è arrivato il momento di mettersi in regola. Il Libro Font di ogni carattere è in grado di mostrare i metadati e quindi le informazioni di licenza e della fonderia. Vale poi la pena di chiedersi: ma questo font mi serve davvero? Un tempo, quando i font erano più rari da trovare, averne una vasta collezione ha risolto molte emergenze: un lavoro consegnato senza font da correggere all’ultimo momento modificando il PDF, una versione corrotta che


T I P O G R A F I A

mandava in crash QuarkXpress, quel Bodoni rinominato che era Bauer e faceva scorrere diversamente tutto il testo. Ma oggi non occorre più essere accumulatori seriali di font, basta googlare per trovare quello che serve in più di una versione: quindi, i font che non avete mai usato, buttateli. Fatta questa prima pulizia e trovata la versione aggiornata, operazioni che sicuramente ridurranno in modo drastico il numero di Type 1, rimarranno una manciata di font per i quali non resta che trovare un’alternativa o procedere con una conversione. L’alternativa esiste di sicuro su open-foundry.com o su Google Fonts. Qualcuno, i più pignoli, storceranno il naso: l’asta di quella f è più fine, l’occhio di quella a più tondo, l’asse di quella o più inclinata… Il sito identifont.com, che dal 2000 mette a disposizione dei creativi strumenti per trovare i font più adatti alle loro opere, per esempio trova solo 3 differenze tra l’Adobe Garamond e l’ITC Garamond Light: nell’attacco della gamba della k maiuscola, nell’occhiello della p e nel becco della g maiuscola. Esercitate la vostra meticolosità nel trovare valide alternative: a volte si trovano soluzioni inaspettate o nuove fonti di ispirazione. Se proprio siete affezionati al Pastonchi, disegnato dall’omonimo poeta ligure per Mondadori e usato nel 1927 per la collana I Classici ita-

liani diretta da Francesco Flora, e di cui non esistono praticamente versioni digitali; oppure se nella vostra collezione ci sono font che avete disegnato e non più aggiornato, non resta che procedere con una conversione con un software dedicato. Diciamolo subito: non tutti sono in grado di convertire i Type 1; inoltre la conversione ottenuta necessariamente non sarà perfetta perché Type 1 e OpenType hanno proprietà leggermente diverse e non è detto che sia legale modificarli o convertirli. In ogni caso vale la pena di citare TranType di FontLab, FontXChange e per i più creativi FontForge, un vero e proprio editor di caratteri open source molto potente anche per disegnare un font da zero o da una bozza cartacea. Il tema delle licenze è una questione annosa che coinvolge i font fin dalla loro prima digitalizzazione. Il font è un’opera dell’ingegno sul quale insiste un copyright; di più, spesso un font è stato realizzato da designer come Adrian Frutiger, Eduard Hoffmann (Helvetica), Paul Renner (Futura), Eric Gill (Gill Sans), solo per citarne alcuni, o da creativi che li hanno ideati e disegnati con studio, tempo e creatività; a maggior ragione se poi se ne fa un uso commerciale è giusto pagarne i diritti. Inoltre, il font non è il carattere tipografico, bensì la sua rappresentazione digitale e come tale è comparabile a un

software, quindi è di proprietà della fonderia che lo distribuisce e che ne concede l’uso. Questo è quello che dice la teoria; nella pratica, da un lato i font circolano liberamente insieme ai layout, dall’altra non si sa mai quale sia la politica corretta di licenza, tanto nessuno controlla. Certo chi li acquista per la prima volta è a posto con la licenza, nel senso che non è proprietario di quel font ma può usarlo. A onor del vero la questione è complessa. Tanto per cominciare ci sono le Desktop License, che si applicano alla maggior parte dei font installati sul computer o che sono disponibili in un software o in un sistema operativo: questi caratteri si possono usare, ma non per fini commerciali. Poi ci sono le licenze Webfont che consentono di usare un font acquistato per un sito web solo per quel sito e non per altri o per altri mezzi, come la carta. Solitamente questi font sono forniti attraverso servizi esterni (come Adobe Typekit, Google Webfont e siti come MyFonts) e non vengono scaricati da chi acquista la licenza: non si detiene il font fisicamente, ma è il CSS del sito che contiene il font stesso. Non ci sono limitazioni, invece, per gli OFL ovvero i font open source con i quali è possibile fare praticamente tutto tranne rivenderli; appartengono a questa categoria tutti i font gratuiti che Google mette a disposizione o quelli che si scaricano da openfoundry.com o dafont.com.

61


T I P O G R A F I A

L’uso commerciale dei font, ovvero per un lavoro per il quale si riceve denaro, impone regole ben precise. In generale, è consentito l’uso di questi font solo se si possiedono i diritti licenza. Per evitare problemi, la cosa più semplice è che il grafico li abbia in fase di impaginazione (può averli acquistati anche per lavori precedenti) e il cliente per i suoi usi. Le licenze sono univoche e non possono essere utilizzate da aziende o persone diverse dell’intestatario della licenza. Nel caso si usi la propria licenza per un cliente, quest’ultimo non erediterà la licenza del font ma solo il diritto di utilizzare il prodotto finale realizzato con quel font. Quindi se impagino un catalogo al cliente non posso consegnare anche il pacchetto font, perché sarebbe una violazione della licenza: devo limitarmi ai PDF finali. Se invece il cliente ha una licenza estesa comprensiva degli usi commerciali, siccome lavoro per il cliente non sono costretto ad avere la licenza anch’io: si sta usando materiale fornito dal cliente. In generale, visto che spesso si è ingaggiati anche per la fase creativa, il flusso corretto dovrebbe essere sperimentare con i font sul proprio computer la grafica e, una volta approvata, far acquistare al cliente la licenza estesa del font o, in alternativa, usare font open source. Dove si compra la licenza? Si compra con il font. Spesso è possibile

62

installare il font su due o più macchine dello stesso proprietario ma non è mai possibile cedere una copia a colleghi, fornitori o clienti. Dopo questa digressione sulle licenze, torniamo al nostro Type 1. Bene, ci siamo liberati di tutti i font PostScript, li abbiamo buttati, sostituiti, riconsiderati in chiave open source, abbiamo rivisto impaginati che giacevano chiusi in vecchie versioni di InDesign o di QuarkXpress (ammesso che qualcuno lo usi ancora) e ora è arrivato il momento di rimettere ordine alla nostra collezione di caratteri. Per prima cosa, varrebbe la pena rifare la verifica di quanti TrueType abbiamo installati ed eventualmente valutarne l’aggiornamento alla versione OpenType. Potreste scoprire che avete un po’ di doppioni senza saperlo. Poi installate un programma di gestione font e disattivate tutti i caratteri che non usate di solito, a eccezione di quelli di sistema che non devono essere rimossi: tutti gli altri potete individuarli nel computer e copiarli in una cartella sulla Scrivania. Riavviate e lanciate una pulizia della cache dei font con il comando sudo atsutil databases -remo-

ve o in alternativa usate Onyx, una comoda utility di manutenzione che pulisce tutte le cache. A questo punto non resta che riorganizzare i nostri font in colle-

Le licenze dei font sono univoche e non possono essere utilizzate da aziende o persone diverse

zioni. Evitate classificazioni da nerd che vadano oltre Serif e Sans Serif (o graziati e bastoni) altrimenti tra Old Style, Transizionali e Bodoniani il Baskerville non lo troverete più. Limitiamoci a una classica divisione alfabetica che aiuti noi a trovare i font e il motore di ricerca del Mac a indicizzarli. Non occorre costruirla a mano. Prendete tutti i vostri font e dateli in pasto a un programma di gestione dei font che di solito ha la possibilità di costruire un database o comunque delle collezioni, come FontDoctor. Esportatela e salvatela dove volete, ma non attivate tutti i font e non salvatela in una delle posizioni in cui il Mac legge e attiva i caratteri come / Users/nomeutente/Library, ~/Library/Fonts/, /Sistema/Libreria/ Fonts o /Library/Fonts/. Potrebbe sembrare una buona idea, ma vi trovereste i programmi con i menu font sconfinati e lenti ad aprirsi, sovraccaricando la RAM. Caricate nel sistema solo i caratteri quando servono: InDesign, per esempio, legge e attiva i font direttamente dalla cartella in cui risiede l’impaginato, il che vi evita di attivare i font ed esporvi al rischio di doppioni o conflitti. Infine, nel sistemare la vostra collezione di font, ricordate di escludere il Comic Sans, il font meno amato dai grafici e il più usato a sproposito: eviterete di impaginarci la documentazione ufficiale del CERN per la scoperta del bosone di Higgs. Per errore, ovviamente.


FAENZA_PRINTING_ADV_PRINT_LOVERS_235x280mm_tracc.indd 1

22/04/2022 17:36:05


C O N C O R S I

&

AWA R D S 6 1

2

7

5

4

3

PACKAGING DESIGN. ECCO I PROFESSIONISTI E GLI STUDENTI PREMIATI DA ONEMOREPACK 2022 Due competizioni, una per professionisti e una per studenti, un unico premio: OneMorePack, organizzato da Grafica Metelliana e giunto alla sua ottava edizione. Anche quest’anno sono state numerose le iscrizioni di designer, agenzie di comunicazione e aziende di tutta Italia. 2 i vincitori di categoria (packaging e labeling), 5 le menzioni assegnate dalla giuria tecnica, 1 menzione assegnata con il voto online. 3 gli studenti sul podio che hanno lavorato e prototipato secondo il brief rilasciato in collaborazione con l’azienda Malafronte: Angelo Manna, Federica Lumini e Claudio Crescenzo, tutti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. I vincitori sono stati resi noti durante la cerimonia che si è tenuta alla Città della Scienza di Napoli

64

il 9 giugno scorso nell’ambito di un atteso forum sul packaging design in cui hanno perso la parola esperti di marketing e comunicazione tra cui Fabio Babiloni (Università La Sapienza di Roma e direttore scientifico di Brain Signs) e Matteo Leonti (Smith Lumen). «Dopo un anno di stop nel 2020 e l’edizione in versione digitale nel 2021, organizzare l’evento in presenza è stata una sfida, e all’inizio non sapevamo cosa aspettarci. L’entusiasmo di tutti coloro che ci hanno supportato, e le presenze che abbiamo raggiunto, ci fanno dire che il bilancio di questa edizione è sicuramente positivo», commentano all’unisono gli organizzatori.

1. Primo classificato Packaging: Kiton exclusive gift box, Sintesi Studio + Studiolibero

Per la raffinatezza della realizzazione e dell’esecuzione tecnica. Per aver centrato gli obiettivi di comunicazione del brand che, con l’ideazione di questo gift pack, trasmette storicità e solidità. 2. Primo classificato Label: Vesuvius, Basile ADV

Per il rapporto di prospettiva che etichetta e controetichetta hanno, delineando così la silhoutte del Vesuvio, immagine evocativa e iconica della terra partenopea. Insieme allo shape della bottiglia custodisce la storia del luogo e dei suoi sapori. 3. Menzione Storytelling: Panettone Siciliano Di Stefano, Industria 01 4. Menzione Funzionalità: Panetto enogastronomico Longo, Basile ADV 5. Menzione Heritage e Menzione Apprezzamento del pubblico: Packaging Gay Odin, AntvillE 6. Menzione Graphic Design: Astucci Delfino Battista, Dimensione Pubblicità 7. Menzione Racconto del territorio: Nativo Antico Rosso di Campagnano, Arcadia


Print & sprint: da 220 anni l’innovazione made in Lazzati. Siamo fortunati perché abbiamo vissuto una lunga storia imprenditoriale nel mondo della stampa fatta di colore, creatività, conquiste, saper fare e bellezza. Ma è il continuo fermento il nostro segreto di lunga vita: ricercare, esplorare, guardare oltre, osare, unendo conoscenza e temerarietà. Questo spirito innovatore vive in ogni creazione cartacea firmata Lazzati, un continuo viaggio di scoperta dove la tecnologia è stata messa al servizio della passione e la dimensione umana al centro dell’impresa. Fai il pieno di energia su www.lazzati.biz

stampa di pregio - packaging di lusso - nobilitazioni - digitale HP Indigo 15K

220 yrs

#neverstopstarting


Dida

F O T O G R A F I A

Professione: photo-consultant — Irene Alison di S I M O N E

66

A Z Z O N I

Con la crisi dell’editoria periodica, da oltre un decennio la produzione di libri fotografici, anche di self-publishing, è diventata una prassi consolidata per far arrivare al pubblico il lavoro autoriale. La curatela di questo tipo di progetto – dalla definizione del book-project all’art direction, dalla consulenza editoriale fino alla comunicazione – è uno dei numerosi expertise di Irene Alison, direttrice creativa dello studio di consulenza e progettazione fotografica DER*LAB, che ci racconta tutto in questa intervista.


F O T O G R A F I A

Simone Azzoni È critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea allo IUSVE. Insegna Lettura critica dell’immagine all’Istituto di Design Palladio di Verona. Ha curato numerose mostre di arte contemporanea in luoghi non convenzionali. È co-direttore artistico del festival della Fotografia Grenze. È critico teatrale per riviste e quotidiani nazionali. Organizza rassegne teatrali di ricerca e sperimentazione. Tra le pubblicazioni recenti ‘Frame - Videoarte e dintorni’ per Libreria Universitaria, ‘Lo Sguardo della Gallina’ per Lazy Dog Edizioni e, per Mimemsis, ‘Smagliature (2018). ‘Teatro e fotografia. Conversazione con Enrico Fedrigoli’ è il suo ultimo libro.

Q

Quella di Photo-consultant è una figura professionale relativamente recente, esito necessario di percorsi nella fotografia dalle tracce sempre più labili e incerte. La linearità che fino a dieci anni fa orientava i fotografi all’editoria si è persa per strada e l’autorialità è traguardo assai difficile da raggiungere. Il Photo-consultant accompagna l’autore nello sviluppo del progetto a diversi stadi, dall’idea al progetto già realizzato ma non ancora editato o comunicabile al pubblico. Si sviluppa così la ricerca attorno al self publishing e al contesto creativo idoneo al progetto stesso. Un percorso obbligato per far conoscere il lavoro di un fotografo al pubblico. Creare ad esempio un libro oggi diventa quindi un’affermazione creativa, un’ontologia, un inizio. Per realizzare la transizione da progetto ad oggetto occorrono delle skills che non tutti i fotografi hanno, da qui la necessità di una figura come quella di Irene Alison per costruire la narrativa, unire i tasselli di un racconto per immagini, distinguendo quando queste sono per l’editing di un libro, per una gallery web, per una mostra, o per un magazine

In cosa consiste il tuo lavoro di photo-consultant? Puoi raccontarci l’equilibrio tra direzione creativa, curatela e attenzione alle strategie comunicative del prodotto da realizzare?

Dopo una lunga esperienza come giornalista, e dopo essermi accostata alla fotografia dal punto di vista critico e curatoriale, nel 2014 ho creato studio di produzione e progettazione fotografica DER*LAB (www.dollseyereflex.org), un piccolo team interdisciplinare nato dal desiderio di portare avanti un progetto in cui mi riconoscessi completamente e di intercettare i nuovi bisogni di un mercato, quello della fotografia, che era in quel momento (ed è tuttora), in rapido cambiamento. Alcuni storici interlocutori – come le agenzie, per esempio – si stavano ridimensionando o stavano sparendo. Allo stesso tempo, stavano emergendo nuove esigenze e nuovi soggetti. Ho sentito forte, da parte dei fotografi, la necessità di figure che li aiutassero a definire un contesto attorno alle loro immagini, a strutturare l’architettura dei loro progetti, ma anche a definire gli approdi dei progetti stessi. Mi è apparsa chiara anche la possibilità di supportare le aziende nella definizione delle proprie identità visive. Nel tempo, poi, la formula di DER*LAB si è ridefinita continuamente, anche in base alle nuove domande provenienti dal mondo della comunicazione visiva. Per esempio negli ultimi anni abbiamo lavorato molto nel settore della progettazione e curatela della comunicazione social, un tipo di servizio che era inimmaginabile quando siamo nate. All’interno di DER*LAB, sempre in dialogo con la mia socia e art director Alessandra Pasquarelli, mi occupo dello sviluppo di progetti diversi: seguo con percorsi di mentoring quei fotografi che vogliono essere accompagnati nella realizzazione di un’idea, curo e definisco i progetti editoriali di dummy e photobook, creo ed elaboro i progetti di comunicazione visiva per le aziende, progetto e lancio una piccola linea di quaderni fotografici pubblicata da noi.

Solo fino a pochi anni fa i ruoli nell’editoria erano ben chiari distinti, mentre oggi i fotografi sono sempre più anche editor e agenti di se stessi. Come si sta trasformando il ruolo del photo-editor? È una figura ancora indispensabile? Quali altre figure professionali sono necessarie accanto ai produttori di immagini?

Nel momento in cui è collassato il sistema editoriale tradizionale, che era il principale riferimento economico e approdo per i fotografi documentari, il ruolo del photo editor ha cambiato il proprio orizzonte di riferimento. Se prima la sua funzione era strettamente legata alla dimensione dell’editoria periodica con la necessità di realizzare/impaginare immagini funzionali alla narrativa e all’agenda di un magazine, successivamente ha cambiato e ampliato i contesti e la natura del proprio lavoro. Per quanto mi riguarda, uno dei principali scenari di intervento è quello del photobook, sia in self-publishing sia pubblicato da terzi. Ma non solo: la mia consulenza fotografica può svilupparsi attraverso la curatela dell’account Instagram e di mostre e installazioni, la definizione di siti e piattaforme dedicate alla diffusione/fruizione di progetti fotografici e molto altro. Certo, ci sono anche

67


F O T O G R A F I A

Tendo a privilegiare le ragioni del progetto, la sua logica interna, la narrativa che intendo mettere a fuoco.

Come sta cambiando il mercato dell’editoria stampata? Rispetto al passato sembra che si pubblichi molto meno e con meno risorse economiche: quali canali possono trovare oggi i fotografi per proporsi il pubblico?

68

fotografi molto autonomi in questo processo, la cui identità autoriale si esprime soprattutto in fase di editing: è il caso di artiste come Ryncho Kawauchi o Laia Abril. Non si può affermare, quindi, che l’occhio esterno dell’editor sia sempre necessario per il fotografo. Ciò che è sempre necessario, invece, è la capacità di guardare il proprio lavoro dalla giusta distanza in fase di selezione e di costruzione della sequenza, avendo anche la lucidità indispensabile per rinunciare a qualcosa o per individuare dei nuovi percorsi narrativi che magari non erano stati immaginati in fase di scatto. Si tratta di un processo difficile, ecco perché molti fotografi sentono il bisogno di rivolgersi a qualcuno che lo intraprenda per loro e con loro. Quello con un editor, un consulente o un curatore può essere un dialogo molto arricchente, che permette di far sorgere nuovi sensi all’interno di un progetto o semplicemente di definire meglio la sua identità. A partire dal 2009 l’editoria periodica tradizionale è entrata in una crisi irreversibile: la recessione economica e la diffusione di internet hanno cambiato definitivamente il modo in cui fruiamo le notizie, rendendo sempre più periferico il ruolo della carta stampata. In assenza di altri approdi per il proprio lavoro – i magazine sono sempre meno, con risorse sempre più limitate – i fotografi si sono ritrovati orfani della loro tradizionale committenza e impossibilitati a trovare canali per portare il proprio lavoro al pubblico. Fare un libro è diventato allora uno dei pochi modi in cui un fotografo può affermare il proprio punto di vista inserendolo in una cornice di senso. Un ruolo differente rispetto a quello che ha avuto in passato il libro fotografico: non più momento di consacrazione di un lungo percorso professionale ma, sempre più spesso, un biglietto da visita attraverso il quale il fotografo esprime la propria identità autoriale. Da qui lo sviluppo esponenziale del self-publishing, atto creativo e investimento economico che il fotografo fa su di sé per far conoscere la propria voce. Realizzare un photobook, però, è tutt’altro che facile, perché richiede un know-how complesso e stratificato che abbraccia differenti settori. Non basta saper fare delle belle foto per fare un buon libro: è necessaria quella capacità curatoriale e creativa per definire un book project solido che rispecchi il progetto e ne amplifichi le potenzialità di lettura. Quella competenza editoriale che permette di utilizzare consapevolmente tecniche e materiali (carte, rilegature ecc.). Quelle attitudini imprenditoriali che permettono di definire una strategia di produzione e distribuzione efficace. Infine, quelle skill in termini di comunicazione e marketing che fanno sì che il libro arrivi, in effetti, in mano ai lettori. Questi aspetti sono quelli in cui si articola la mia consulenza per il self-publishing: con DER*LAB accompagniamo infatti il fotografo dalla definizione del book-project all’art direction, dalla consulenza editoriale fino alla comunicazione.


F O T O G R A F I A

Irene Alison Giornalista professionista e photo-consultant, Irene Alison è direttrice creativa dello studio di consulenza e progettazione fotografica DER*LAB. Docente all’Istituto Europeo del Design (IED) di Roma, ha collaborato come tutor e consulente con alcune delle maggiori scuole di fotografia italiane. Come redattrice ha lavorato per il Manifesto e per D, La Repubblica delle Donne. Da freelance ha realizzato reportage apparsi su Geo France, The Independent, l’Espresso, D, XL, Marie Claire e Riders. I suoi articoli di critica fotografica sono stati pubblicati da testate come La Lettura de Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e Pagina99. Ha pubblicato due saggi di approfondimento fotografico, My generation (Postcart, 2012) e iRevolution (Postcart, 2014). Nel 2022 è uscito negli Stati Uniti Holding Time, libro realizzato con la fotografa Catherine Panebianco, di cui è autrice dei testi. Nel 2022 è prevista l’uscita per Postcart del suo primo libro fotografico (La Madre Attesa, a cura di Laia Abril) e del suo nuovo saggio Muse col Muso, l’immaginario animale nella fotografia contemporanea. Ama gli animali, e ne parla nel suo blog Zazie Dogzine.

Qual è la formula dell’efficacia comunicativa di un editoriale fotografico? Tendi a privilegiare la personalità/impronta dell’autore o l’immagine in sé?

Tendo a privilegiare le ragioni del progetto, la sua logica interna, la narrativa che intendo mettere a fuoco. Come photo-consultant, io non lavoro mai per/su un autore, ma per/su il suo progetto. Dunque, soprattutto se questo progetto deve evolvere nella forma di un libro, per me è necessario restare concentrata su ciò che è funzionale al racconto, anche a discapito della singola immagine “bella”, che però magari non si integra in maniera utile nel percorso: se poi questo percorso è forte, allora farà anche emergere la personalità dell’autore.

Tu hai scritto un libro dal titolo “iRevolution”, in cui parli di come il mezzo utilizzato condizioni i contenuti, in un inarrestabile processo di democratizzazione iniziato forse con Kodak a fine Ottocento. Ma cosa distingue oggi la produzione amatoriale da quella professionale?

iRevolution è stato scritto nella fase in cui la fotografia mobile era un affare per pochi pionieri. Instagram già esisteva, si stava diffondendo rapidamente ma veniva ancora visto con molto sospetto dalla fotografia professionale, così come era visto con sospetto il telefono cellulare come strumento di ripresa. I fotografi che ho intervistato erano i primi ad aver realizzato ampi corpi di lavoro con questo strumento. Oggi un approccio di questo tipo non avrebbe più senso, perché sono cambiati i termini del discorso: la questione non ruota più intorno all’uso di quello specifico mezzo, ma ruota intorno al radicale cambiamento della funzione e dell’uso della fotografia, da mestiere per professionisti a linguaggio universale, rendendo oramai superflua qualsiasi distinzione tra “professionale” e “amatoriale”.

Fai parte della giuria di numerosi premi e lavori anche come docente. Cosa ti colpisce maggiormente della grande quantità di immagini che vedi?

Sicuramente la capacità di integrare organicamente forma e contenuto in un racconto dall’architettura solida, in cui ogni scelta abbia una forte coerenza interna e allo stesso tempo ogni immagine sia in grado di evocare significati, inquietudini ed emozioni al di là della sua lettura letterale.

In quale direzione pensi che andrà la fotografia contemporanea?

In quella di una sempre maggiore consapevolezza politica del proprio ruolo: penso ad esempio al peso che ha avuto negli ultimi anni il lavoro di tante fotografe nella messa in discussione degli stereotipi sulla femminilità e nell’emersione delle istanze della fourth wave femminista e del femminismo intersezionale. Da questo punto di vista, Instagram, dove queste fotografe sono cresciute e hanno cominciato a diffondere i propri progetti, ha avuto un valore chiave: credo che l’utilizzo consapevole della piattaforma per portare avanti un discorso visivo e ingaggiare l’audience in una riflessione condivisa sui temi del contemporaneo sia, in uno scenario complesso e segnato dalla carenza di approdi e di risorse per i fotografi, sia uno dei pochi canali e delle poche possibilità aperte a chiunque abbia qualcosa da dire.

69


M A T E R I A L I

L’APPEAL DEL CARTONE ONDULATO Brevettato in Inghilterra alla metà dell’Ottocento. Usato per contenere e trasportare, proteggendoli, cappelli alti come le tube. Diffuso grazie a un’azienda di nome Kellogg’s (quella dei cereali, sì). Il cartone ondulato ha una storia lunga e affascinante, e a distanza di due secoli la sua fortuna non accenna a diminuire.

I

di E L E N A

P A N C I E R A

l cartone ondulato non è certo un mistero per te, soprattutto se sei uno stampatore. Lo hai avuto tra le mani infinite volte, probabilmente lo hai anche stampato almeno una volta, o usato come supporto per l’accoppiamento. Rispetto ad altri materiali di cui abbiamo parlato, lo conosci sicuramente molto bene. Forse addirittura meglio di noi. In fondo è fatto di carta, no? Allora non parleremo tanto di stampa sul cartone ondulato. Non ti diremmo molto di nuovo rispetto a quanto sai già. Proveremo a raccontarlo in un modo diverso. E partiremo da alcune domande fondamentali: Qual è la destinazione d’uso del prodotto finito? Dove verrà usato? Che resistenze sono necessarie? Quali lavorazioni sono necessarie per arrivare al prodotto finito? Quale tecniche di stampa posso usare? Anche nel caso del cartone ondulato la destinazione d’uso è fondamentale. A seconda di come verrà impiegato e trasformato, si deve saper scegliere il prodotto giusto. Per esempio, un cartone riciclato avrà resistenze basse, e potrà essere usato come imballo per prodotti non pesanti che non rischiano di entrare in contatto con l’umidità. Al contrario, se devo costruire un oggetto di mobilio in cartone, destinato a un uso massiccio ma-

70

gari durante una fiera o un evento, le resistenze dovranno essere molto superiori. Dovrò scegliere cartoni in fibra vergine, realizzati magari con collanti a base polimerica.

Caratteristiche fisico-meccaniche

Il cartone ondulato presenta caratteristiche di particolare resistenza ed elasticità, superiori alla somma di quelle dei materiali di cui è composto. Questo è possibile grazie alla particolare conformazione fisica, che è il risultato di un’ingegnosa combinazione di fogli di carta tesi usati per le copertine interna ed esterna, e fogli di carta ondulata usati per la cosiddetta “onda” o ondulazione. Nel caso in cui il cartone ondulato presenti più strati di onde, si parla di cartone multionda, a doppia o tripla onda. In questi casi, le onde vengono separate da un foglio di carta detta “foglio teso”. Ogni ondulazione serve a comporre una serie di triangoli: è questa forma geometrica che garantisce la resistenza alla compressione verticale del materiale. Idealmente ogni carta da ondulazione dovrebbe formare un triangolo equilatero, in sezione. In realtà, per motivi pratici legati alla lavorazione della carta, è impossibile ottenere questa forma: viene originata una sinusoide. La sinusoide permette un’incollatura più agevole e la


M A T E R I A L I

carta usata per l’onda non subisce pieghe. Inoltre, la forma arrotondata delle onde assicura una certa elasticità del prodotto finito: è questa caratteristica che permette al cartone ondulato di funzionare da cuscinetto tra l’esterno e il contenuto della scatola, ammortizzando eventuali urti.

Le resistenze: copertina, onda, cartone ondulato e scatola

Il cartone ondulato è impiegato nella cartotecnica ma anche nell’interior design, nel design tout court e nella confezione di packaging di lusso. A seconda del processo di produzione e della destinazione d’uso, deve avere determinate caratteristiche fisiche e meccaniche, che vengono garantite dalle materie prime e dalle lavorazioni. È quindi fondamentale conoscere le resistenze del cartone ondulato finito, così come avere la garanzia della sua perfetta planarità. Inoltre, se i prodotti finiti devono essere decorati o devono presentare scritte funzionali, è importante conoscere anche la stampabilità della carta delle copertine, soprattutto quella esterna. Queste resistenze vengono misurate con strumenti particolari, a seconda della tipologia di carta usata. Le carte da copertina vengono testate per la resistenza allo scoppio; alla lacerazione sul bordo; alla delaminazione interna; alla compressione verticale; all’assorbimento di umidità (indice Cobb); alla permeabilità all’aria (indice Gurley), perché spesso i cartoni ondulati nelle linee di produzione vengono movimentati grazie a ventose; all’attrito, ovvero la capacità

dei fogli di carta di non scivolare quando sono sovrapposti; alle doppie pieghe, ovvero la capacità di una carta di subire pieghe alternate senza rompersi; alla trazione. Le carte da onda invece vengono sottoposte al Concora Medium Test (CMT) e allo Short-span Compression Test (SCT). Oltre a queste prove specifiche per ciascun tipo di carta, ci sono altri valori che sono importanti per entrambi: la porosità, ovvero il volume dei pori e degli interstizi in uno strato fibroso, che possono essere passanti oppure chiusi; la pulizia, ovvero l’assenza di impurità (macchie, schegge, nodi); lo spessore; la spera, ovvero l’aspetto della carta osservata per trasparenza contro una sorgente luminosa, che può essere uniforme (spera unita), fioccosa o nuvolosa; la grammatura. Altri test vengono poi fatti non sulle carte ma direttamente sul cartone ondulato, come il Cobb per misurare la resistenza, l’Edge Crush Test (ECT) per misurare la resistenza alla compressione del cartone (posizionato in verticale sotto alla pressa), e il Flat Crush Test (FCT) per misurare la resistenza alla compressione del cartone (posizionato in piano sotto la pressa). Infine, ci sono test che vengono fatti non sulle carte o sul cartone ondulato, ma sulla scatola finita, come il Box Compression Test. La planarità del cartone ondulato finito è un elemento cruciale per la stampa, sia analogica che digitale. Le ondulazioni, che servono a dare la resistenza e l’elasticità, possono diventare estremamente visibili se la carta delle copertine non ha un’adeguata grammatura, e quindi interferire con

la qualità di stampa. Inoltre, se le due copertine non procedono perfettamente parallele, il cartone si imbarca e dà origine a problemi molto seri in tutte le lavorazioni successive. In generale, la planarità è tanto più facile da ottenere quanto più vengono usate carte di buona grammatura insieme a onde di passo ridotto.

Il cartone ondulato? È composto da tanti tipi di carta

Le carte usate per produrre il cartone ondulato sono molte, e spesso sono diverse tra copertina interna, onda e copertina esterna. Ciascuna bobina deve avere caratteristiche peculiari, e la composizione del cartone ondulato dipende dalla destinazione d’uso del prodotto finito e dalle resistenze necessarie. La prima differenza, quindi, tra le carte, dipende dalla posizione che queste avranno all’interno del cartone ondulato.

Le carte da copertina

Le carte da copertina sono di tre tipi: kraftliner o kraft (K), le più resistenti prodotte da fibre vergini; liner (L) e test (T), che garantiscono determinate resistenze richieste dalle normative GIFCO (Gruppo Italiano Fabbricanti Cartone Ondulato) e sono prodotte da carta riciclata; camoscio (C), prodotte da macero ma che non hanno resistenze standard. Tutte e tre nella loro versione base hanno un colore marroncino, il tipico color “avana” che immediatamente ci viene in mente se pensiamo al cartone ondulato Per ciascuna esistono ver-

71


M A T E R I A L I

sioni bianche, ottenute accoppiando un leggero strato di carta bianca su una base di carta avana. Nel caso di carte kraft si usa pasta bianchita con processi “chlorine free” (senza cloro), nel caso di carte riciclate si usano carte da macero selezionate bianche. Si trovano in commercio anche carte colorate in pasta di altre tonalità: vengono usate per produzioni particolari, e vengono richieste soprattutto nel segmento del design e del packaging di lusso. Dal momento che sono visibili, le carte da copertina non devono solamente rispondere a determinate caratteristiche meccaniche, ma devono soddisfare anche requisiti di carattere estetico: devono avere una superficie omogenea, senza macchie. Questo aspetto non è particolarmente sentito quando si parla di carte prodotte da fibre vergini, mentre diventa cruciale quando le carte vengono prodotte da macero. In questo caso, all’interno di una balla di carta di recupero si possono trovare elementi contaminanti di varia natura: resine, inchiostri, plastiche. Questi elementi vengono eliminati (o almeno ridotti) in modo meccanico prima della preparazione degli impasti. Per produrre la carta kraftliner (il termine Kraft in tedesco significa “forza”) si usano fibre vergini, cioè prodotte partendo da legno e piante. Rispetto alle fibre riciclate, le fibre vergini sono infatti più resistenti. Per la carta kraft viene usato un misto di conifere e latifoglie: le prime in proporzioni maggiori (circa l’80%), perché hanno fibre più lunghe e la carta che si ottiene ha una qualità superiore e maggiori doti di resistenza alla lacerazione e alla piegatura. Le carte liner e test sono prodotte da carta riciclata, cioè da una miscela di maceri di qualità diversa, che dipendono dal materiale di partenza. I diversi tipi di macero vengono classificati con le prime quattro lettere dell’alfabeto:

72

A sono i maceri di qualità inferiore, B quelli di qualità intermedia, C quelli di qualità superiore e D quelli di qualità kraft. Hanno resistenze inferiori rispetto alle kraft, i cui valori seguono le normative che certificano la produzione del cartone ondulato stabilite da GIFCO. Anche le carte camoscio sono prodotte a partire da macero. A differenza delle liner e test non devono rispettare particolari caratteristiche meccaniche. Per questo motivo la miscela di macero usata è di qualità inferiore: contiene solo una piccola percentuale di cartone, ed è composta per la maggior parte da cartaccia e materiale non selezionato. Le carte camoscio, che venivano usate come fogli tesi tra le due ondulazioni o come copertine interne, oggi non sono più in commercio.

La collatura delle copertine

Le carte da copertina, interne ma anche esterne, devono avere una certa resistenza all’assorbimento di liquidi: non solo perché devono isolare il contenuto dall’ambiente esterno, proteggendolo, ma anche perché vengono a contatto con sostanze

umide nel processo di produzione. Pensiamo per esempio alle colle usate per formare le scatole, o allo stesso processo di stampa. Le carte da copertina vengono quindi spesso trattate con sostanze collose, per ridurre la porosità e quindi aumentare l’idrofobicità superficiale. La collatura si definisce “in massa” quando la sostanza adesiva viene aggiunta direttamente all’interno della pasta. Questo tipo di collatura garantisce il medesimo grado di impermeabilità a tutto lo spessore della carta. La collatura “in superficie”, invece, trasforma solamente la superficie della carta, rendendola oltre che idrofoba anche più liscia e omogenea. Aumenta anche la resistenza allo scoppio, alla trazione, all’abrasione e allo strappo superficiale. Questo trattamento avviene generalmente in linea, dopo la pressa collante (size-press). Le sostanze usate per la collatura possono essere di origine naturale, come l’amido, oppure a base di polimeri sintetici. Per i prodotti che sono destinati alle celle frigorifere o che possono andare a contatto diretto con materiali umidi, si possono usare anche polimeri che rendono la carta “umido-resistente”: ciò


M A T E R I A L I

diminuisce però la capacità di riciclo e rendono la carta non completamente biodegradabile.

Le carte da ondulazione

Anche le carte usate per produrre l’onda si possono classificare per grammatura e tipi. La classificazione CEPI ContainerBoard le classifica in semichimica (S), medium (M), medium a grammatura leggera (LWM). La carta semichimica viene prodotta con una mescola di pasta semichimica oppure con fibre di recupero selezionate che garantiscono elevate performance. Riceve generalmente un trattamento superficiale di “collatura”. La carta medium può essere considerata la qualità “normale”. Deve avere determinate caratteristiche meccaniche, sempre secondo la normativa CEPI.

L’accoppiaggio e la colla tra onda e copertine

Abbiamo visto che le carte usate per le copertine possono subire un processo di collatura per migliorarne le caratteristiche fisiche e meccaniche. Questo però non deve essere confuso con l’incollaggio, ovvero l’accoppiaggio delle onde alle

copertine. Generalmente in questa fase si usano adesivi a base naturale prodotte dalle cartiere sulla base di ricette interne, a partire dall’amido, o con polimeri sintetici solitamente a base vinilica. Le prime sono totalmente ecocompatibili e biodegradabili, ma sono sensibili all’umidità; le seconde offrono performance qualitativamente superiori, ma sono più difficilmente smaltibili. È importante dosare la giusta quantità di adesivo per garantire la corretta adesione senza che la colla trapassi e diventi visibile come “righe” più scure, e senza che si verifichi il cosiddetto “effetto washboarding”. Avviene quando l’adesivo, scendendo lungo l’onda, trascina con sé la copertina ondulandola leggermente.

L’ondulatore

Il cartone ondulato viene prodotto con una macchina ondulatrice, detta anche ondulatore. Questa macchina crea l’ondulazione nella carta da onda e la accoppia alle carte da copertine. Vengono caricate le bobine di carta, e alla fine della linea di produzione, che è lunga diverse decine

di metri, si ottengono le lastre di cartone ondulato o semilavorati in formato e con linee di cordonatura già definite. All’interno dell’ondulatore cilindri pre-riscaldatori regolano la temperatura e l’umidità delle carte da copertina e le predispongono all’incollatura. Il precondizionatore svolge la stessa funzione dei preriscaldatori, ma per la carta da onda, che deve essere umidificata per preparare le fibre a essere modellate. Il gruppo ondulatore è costituito da due cilindri incisi in senso longitudinale, così da formare delle scanalature. È qui attraverso che passa la carta, e si forma l’ondulazione. A questo punto la prima copertina viene incollata all’onda. La colla viene distribuita sulla sommità di ciascuna onda da un rullo incollatore, che la dosa perfettamente. un cilindro di pressione o pressa liscia assicura l’incollaggio tra le due carte. È arrivato il momento della seconda copertina, che viene incollata alla carta ondulata evitando una pressione eccessiva per non schiacciare l’onda: i cilindri, tra cui passa il cartone fresco di colla, devono essere calibrati attentamente. Inizia ora la “parte secca” della lavorazione, che serve ad asciugare il cartone ondulato e a conferirgli la maggiore planarità possibile. Ecco, quindi, che passa attraverso cilindri di feltro riscaldati che eliminano ogni traccia di umidità e “stirano” il cartone. Ma a questo punto il cartone deve essere tagliato nel formato richiesto, sia in senso longitudinale che trasversale, ed eventualmente cordonato. Il taglio longitudinale lo fa un’unità detta “taglia-cordona”, che si occupa anche della cordonatura. Il taglio trasversale viene fatto da una taglierina rotativa. Le lastre di cartone ondulato vengono infine raccolte e impilate, sempre in modo meccanico, grazie a tappeti trasportatori e ventose.

73


M A T E R I A L I

Altezza distanza tra il punto più alto e il punto più basso dell’onda. Questo valore non coincide con lo spessore del cartone, che tiene in considerazione anche lo spessore delle copertine e degli eventuali fogli tesi. Accoppiagio processo che unisce due o più carte o cartoni. Amido polisaccaride che costituisce la maggior parte dei carboidrati alimentari. Viene anche usato per produrre carta e colle. Assorbimento d'acqua Cobb prova o test di misura in g/m2 la quantità di acqua distillata che viene assorbita da un cartone ondulato sottoposto a una pressione di colonna d’acqua di 1 cm in un certo tempo. Questo valore è utile per valutare la stampabilità del cartone, dato che spesso vengono usati inchiostri a base acqua, sia la loro resistenza in ambienti umidi (celle frigorifere, cantine, ambienti esterni). Corrugated Crush Test (CCT) misura la resistenza alla compressione di una striscia di cartone ondulato. Coefficiente di ondulazione rapporto tra la lunghezza della carta ondulata e quella della copertina. Copertina ciascuna delle due carte tese che racchiudono quella

Stampa e finitura del cartone ondulato

Il cartone ondulato è fatto di carta, e perciò può teoricamente essere stampato con tutte le tecnologie con cui viene stampata la carta, analogiche e digitali. Ma ha due grandi limiti: non può ricevere elevate pressioni (l’onda si schiaccerebbe) e non è in grado di flettersi per entrare tra i rulli di una macchina da stampa rotativa tradizionale. Inoltre, bisogna tenere presente che le dimensioni possono variare: normalmente si accetta una tolleranza di 1 mm. Inoltre, essendo un materiale organico, è soggetto a distorsioni, soprattutto a causa dell’umidità. Infine, l’assorbimento dell’inchiostro dipende direttamente dal tipo di carta usato per le copertine, e anche questo è un aspetto che va tenuto in considerazione in sede di stampa. Infine, bisogna tenere presente che se il cartone entra in contatto con alimenti, tutto il processo produttivo e quindi anche la stampa dovrà seguire la normativa in merito. Nella cartotecnica viene usata la stampa flesso-

ondulata. A seconda della posizione che avrà nell’imballaggio, la copertina è interna o esterna. Edge Crush Test (ECT) misura la resistenza alla compressione ortogonale di una striscia di cartone ondulato; la pressione viene perciò esercitata sul bordo (edge). Insieme al Box Compression Test (BCT) è un valore cruciale per misurare la resistenza all’impilamento degli imballi. Flat Crush Test (FCT) misura la resistenza alla compressione superficiale di una striscia di cartone ondulato. Foglio teso il foglio di carta tesa posizionato tra i fogli ondulati nei cartoni multionda. Contribuisce allo spessore finale del prodotto finito. È poroso, in modo da accogliere la colla che serve per tenere insieme le due ondulazioni. Solitamente è carta riciclata al 100%, senza trattamenti di collatura. Macero materiale di scarto che viene recuperato e reimmesso nel ciclo produttivo del cartone ondulato fino a sette volte. In Italia rappresenta l’80% della materia prima impiegata. I maceri possono avere qualità diversa, a seconda del materiale di partenza. Numero quantità di ondulazioni in un metro lineare di cartone.

grafica, che usa inchiostri a base acqua. La qualità della stampa flessografica dipende dall’altezza dell’onda e dalla planarità del cartone ondulato: quanto più bassa è l’onda e quanto maggiore è la planarità del cartone, e tanto migliore sarà la qualità di stampa. Quando il cartone ondulato viene usato per allestimenti, design o interior design viene particolarmente apprezzata la stampa digitale ink-et in piano, che permette di realizzare piccole o anche piccolissime tirature. Vengono usate diverse chimiche di stampa, non solamente le base acqua. Per esempio, eventualmente dopo aver preparato la superficie di stampa con primer specifici, si possono usare tecnologie UV e UV LED. In questi casi, la finitura viene spesso realizzata su tavoli da taglio digitali con lame di metallo. Meno diffuso l’impiego di laser, che però può essere preferito in lavorazioni particolari per il leggero effetto “bruciato” che lascia sui bordi. Negli ultimissimi anni hanno fatto il loro ingresso nel settore cartotecnico stampanti

Onda o ondulazzione carta ondulata tra due copertine. Passo distanza tra la sommità di due onde vicine. Permeabilità dell'aria di Gurley, prova o test di misura il tempo necessario per far passare attraverso una superficie di carta di 6,45 cm² (1 pollice quadrato) la quantità d’aria contenuta in un volume di 100 ml. Questo valore è utile quando nella linea di produzione il cartone viene movimentato con macchine automatiche che usano ventose. Ring Crush Test (RTC) misura la resistenza alla compressione in senso ortogonale alla sua superficie di una striscia di cartone ondulato posizionata ad anello (ring) . Resistenza allo scoppio resistenza alla rottura di un cartone ondulato sottoposto a pressione in senso ortogonale alla sua superficie. Uno dei fattori determinanti della resistenza allo scoppio è la grammatura della carta usata. Short-span Compression Test (SCT) misura la resistenza alla compressione del foglio di carta dove le forze lavorano sullo stesso piano del foglio. La misura viene rilevata sia nella direzione di produzione (direzione di macchina) che in quella trasversale. Spesssore del cartone distanza tra le due superfici esterne di un cartone ondulato.

digitali dalla produttività e dalla qualità di stampa concorrenziali rispetto alla tecnologia flexo. Sono stampanti digitali single pass che stampano fogli di cartone ondulato oppure stampanti a bobina particolarmente produttive. La rivoluzione digitale è iniziata anche qui.

Contributo tecnico e scientifico di: Savino Corvasce (titolare, Corvasce Design), Piero Di Carlo (tecnico, Cartiere Modesto Cardella), Fabio Panetta (segretario, GIFCO), Luca Pedrotti (titolare, Innova Group), Eladio Lerga (I+D Engineer, Barberán), Paolo Zaninelli (formatore tecnico e coordinatore del settore cartario dell’Istituto Salesiano San Zeno).

74


M A T E R I A L I

PARTECIPA AL CONTEST CREATIVO PIÙ GRANDE D’ITALIA

welcome to the next step!

UN’EDIZIONE PIÙ GRANDE

20 scuole, 350 team, 1.000 studenti UN PERCORSO PIÙ RICCO

sessioni formative creative e tecniche UN’ESPERIENZA PIÙ FORTE

2 giorni di bootcamp residenziale PIÙ PREMI E MENZIONI SPECIALI, MA SEMPRE...

un unico vincitore!

SCOPRI IL REGOLAMENTO, GUARDA I PROGETTI DELLE PASSATE EDIZIONI, CANDIDATI COME NUOVO BRIEFER O... ACCETTA LA SFIDA E PROVA A DIVENTARE IL NUOVO EROE CREATIVO 2022!

SIAMO STATI GLI EROI CREATIVI DI...

75


A B B I A M O

76

P A R L A T O

D I

|

W E

T A L K E D

A B O U T

24LAB...........................................................................54

Due Emme Pack....................................................49

Malafronte................................................................64

ADI................................................................................. 10

Dynamo the Good Company..........................52

Mancini Gabriele...................................................45

Adobe..........................................................................58

Edenred......................................................................52

Manifattura del Seveso.....................................27

Advision Artefice Group....................................52

Effige 2,0....................................................................52

Manna Angelo.........................................................64

Agfa..............................................................................54

Epis Federico........................................................... 77

Marchesini Massimiliano..................................49

AISM..............................................................................52

Estal.............................................................................. 19

Marconi Viola..........................................................29

Alexander Natalie................................................. 15

Eurolabel....................................................................52

Meloni Chiara..........................................................45

Alison Irene...............................................................66

Faenza Group...................................................21, 63

Mibelli Mara..............................................................48

AntvillE........................................................................64

Favini............................................................................ 17

mm studio.................................................................32

Arcadia.......................................................................64

Fedrigoni.................................................................... 18

Molinaro Fabio........................................................57

Armani Giorgio....................................................... 12

Flob Flower...............................................................52

Monselli Martina....................................................32

Avery Dennison...................................................... 19

Fontana Grafica.....................................................52

Mulino Bianco.........................................................52

Babiloni Fabio.........................................................64

Fujifilm........................................................................34

myCordenons.......................................9, 10, 52, 80

Barberàn.................................................................... 74

Fustellificio Vicentino........................................32

Nava Press................................................................33

Basile ADV.................................................................64

Gastaldo Eugenio..................................................45

O,Nice! Design.........................................................52

Basso Emanuele.................................................... 77

GIFCO...........................................................................72

OneMorePack..........................................................64

Begg David................................................................ 18

Giordano Alex..........................................................64

Panetta Fabio.......................................................... 74

Belle di Faccia........................................................45

Grafica Metelliana................................................64

Pasquarelli Alessandra.......................................67

Belmond Italia........................................................33

Grafical.........................................................10, 30, 52

Pedrotti Luca........................................................... 74

Bonardi Chiara........................................................25

Gramitto Ricci Guendalina..............................29

Pentawards.............................................................. 10

Brand Revolution LAB.........................................50

H2H................................................................................52

Robilant Associati.......................................... 10, 57

B-Side Communication..................................... 77

Hello DTV...................................................................52

Rossi Claudio........................................................... 21

Butterfly Cannon................................................... 14

hinderer + muelich................................................ 9

Salvo Davide............................................................34

Camac Arti Grafiche............................................45

HP...........................................................................10, 33

Schenker Watermakers.....................................52

Canon..........................................................................32

ICO..........................................................................10, 52

Sebastio Jacopo....................................................23

Carella Elena............................................................ 77

Industria O1..............................................................64

Seitzinger Elisa.......................................................50

Carosello Records.................................................29

Industrialpack........................................................... 3

SIMEI............................................................................... 4

Cartiere Modesto Cardella............................... 74

Innova Group........................................................... 74

Sintesi Studio..........................................................64

Casati Enrico...........................................................23

Ist. Auxologico Italiano......................................52

Skira.............................................................................. 10

Caspani Irene..........................................................29

Ist. Salesiano S. Zeno.......................................... 74

Smith Lumen...........................................................52

Colonnese Francesco.........................................45

Jenner Kevin............................................................35

Stivaleria Savoia....................................................52

Colonnese Mario....................................................45

Joscelyne Chris...................................................... 14

Storytel.......................................................................29

Corvasce Design.................................................... 74

Kapag............................................................................11

Studiolibero.............................................................64

Corvasce Savino.................................................... 74

Komori........................................................................... 9

Tech:art.......................................................................34

CRCCart......................................................................49

Konica Minolta........................................................ 10

Tecno Tag..................................................................52

Creative Hero 2022..............................................75

Kurz................................................................................. 8

The 6th Creative Studio.........................9, 10, 77

Creative Promotion.............................................45

Labrenta..................................................................... 19

The Embassy............................................................52

Crescenzo Claudio...............................................64

Lateral Creative Hub........................................... 10

TOM Unexpected Gin..........................................52

Culti Milano..............................................................52

Lazzati Industria Grafica...........................10, 65

Toro & Moro..............................................................45

Davies Jon................................................................. 15

Leonti Matteo..........................................................64

Unica............................................................................ 10

Del Monaco Alessandro.....................................54

Lerga Eladio............................................................. 74

Varigrafica...............................................2, 8, 32, 52

DER*LAB.....................................................................66

Lionetti Stefano.....................................................29

Velasca.......................................................................23

Di Carlo Piero........................................................... 74

Lonardi Anna...........................................................30

Viviani Daisy.............................................................50

Di Cera Jacopo........................................................ 77

Lumini Federica.....................................................64

W3Techs.....................................................................40

Dimensione Pubblicità......................................64

LuxePack 2022........................................................20

Zaninelli Paolo........................................................ 74

DLV BBDO...................................................................52

Luxoro..............................................................8, 52, 79

Zetalab........................................................................29


C R E A T I V E

COV E R

E

C O N T R O C OV E R

D I

F R A M E

Q U E S TO

N U M E R O

S O N O

D I

The 6th Creative Studio The 6th è uno studio creativo con base a Milano che si occupa di comunicazione e branding. Illustrazione, grafica e handlettering sono gli strumenti utilizzati per creare progetti unici e distintivi, come quelli ideati per Carnero (carne essiccata in busta), Mare Aperto e Oasy Hotel, che hanno trasformato dei packaging in oggetti da intrattenimento.

www.the6thmilano.com

Alimenta

CREDITS

Quello di Alimenta è un progetto che ha coinvolto il packaging e il restyling del logo. I prodotti vengono venduti nella grande distribuzione in un settore di mercato che, dopo il Covid, ha avuto un grande fermento. Quindi la necessità di emergere tra tutti i brand di prodotti da forno, comunicando i plus di ogni referenza, ha portato The 6th a progettare: un lettering scritto a mano, utilizzato per comunicare le features; un altro lettering, sempre manuale, per i nomi dei prodotti; delle icone per rappresentare alcuni degli ingredienti e delle lavorazioni. Così i packaging risultano rappresentativi anche della produzione a mano tipica dell’azienda. La gamma cromatica utilizzata spazia tra colori naturali che evocano il mondo forno e colori naturali che evocano l’origine romagnola dell’azienda. Il risultato è una linea di grande impatto sugli scaffali e fortemente narrativa. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con B-Side Communication.

Creative Director: Emanuele Basso, Elena Carella Art Director: Emanuele Basso, Federico Epis Account director: Jacopo di Cera – B-Side Communication



Metallizzazione digitale con DM-Smartliner → Estrema flessibilità e personalizzazione → Velocità di stampa → Compatta → Possibilità di sovrastampa → Metallizzazione brillante


MYPOWER MYPAPER

mycordenons.com


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.