Bocale e Dintorni
Studio ByblosProprietà
letteraria riservata
© Moschella Salvatore
ISBN: 9791280343901
Luglio 2023
Presentazione
Bocale, luogo d’incanto, di pace di serenità. Può sembrare una scelta curiosa l’aver voluto pubblicare con i miei tipi un saggio su un luogo di villeggiatura, piccolo, sconosciuto ai più, cullato dalle onde dello Stretto. Una scelta opinabile, discutibile. E invece no, caro lettore. Raccontare di Bocale tramite la penna di un bocalese d’adozione, Salvatore Moschella, è un modo per sognare e per sentire il mediterraneo vigore di un tratto di territorio calabrese sospeso tra mito e realtà. Un punto dove la storia perde significato e fa spazio all’immanenza onirica di un passato glorioso. Siamo nella Magna Grecia, nel suo centro sospesi tra una Trinakria ribelle e una Calabria più mansueta, in una delle culle della civiltà occidentale, al cospetto di un mare che è stato spettatore delle migliaia di vite, parlanti lingue diverse, che hanno fatto di questa regione la loro casa. non dunque luogo di villeggiatura, ma spunto per riflettere sull’essenza millenaria della civiltà Occidentale che qui ha uno dei suoi perni.
Dino MarasàPREFAZIONE
Dopo la pubblicazione di quattro o cinque opere, Moschella non si è voluto ancora arrendere. Deporre la penna sullo scrittoio sarebbe per lui una resa alla vita, una sorta di pietrificazione dello spirito.
Quale sia l’argomento, Salvatore Moschella ha un prorompente, incontenibile bisogno di scrivere, di esprimersi.
Vuole esternare i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue riflessioni per offrirli a tutti. Tenuti dentro, rischiano di scoppiare, e allora Salvatore li libera da questa prigionia interiore, li porta alla luce, li ordina e li offre ai suoi amici lettori, specie quelli di Reggio Calabria, che così possono venire a conoscenza di tante belle e interessanti cose sulla nostra città, come in questa fattispecie, il mondo di Bocale.
La maggior parte degli argomenti oggetto di narrazione appartengono alla realtà, esprimono concretezza, ma non ci vuole molto ad accorgersi che su tutto si estende un velo di commozione, di ardore sentimentale, di nostalgica malinconia: è l’anima di Salvatore che si proietta sulle cose e si intinge di afflato poetico ciò di cui si parla.
Case, piazze, viali, mare, cielo, e così via, sono come umanizzati, stretti in unità di vita e di affetti.
Ognuno che legge, può trasferire alla sua piazza, alle case del suo riunione, al suo verde, ai suoi domestici animaletti questo senso di legame con le cose.
A volte la descrizione è così analitica da poter sembrare fredda e monotona, ma Moschella sa superare questo rischio con la partecipazione, con la capacità di compenetrazione con ciò che descrive.
Questa volta il libro ha una sua particolarità: non c’è nulla qui di romanzesco.
Tutto è calato nel borgo di Bocale, nella sua toponomastica, nell’impegno e nel desiderio, che autorità e semplici cittadini hanno sempre avuto, di ampliare, di abbellire, di allargare le potenzialità sociali e il senso dell’unione. Si avverte sempre una gran voglia di migliorare, di rafforzare il sentimento di appartenenza, “di stringersi tutta a coorte”, per rendere più bello il paese, più ricco di offerte sociali, umane, artistiche, aprendosi al moderno senza mai cancellare il passato.
Merito di Salvatore è quello di aver saputo affondare il suo sguardo a tutto tondo in questa realtà antica affamata di modernità, di farla sentire come un solo amichevole blocco di affetti, iniziative e scopi da realizzare, facendo di Bocale una piccola Patria, “luogo di incanto, di pace e di serenità”.
Sandro Mario Giambelluca
Reggio Calabria 22 marzo 202
Da oltre un decennio, esattamente nel luglio del 2010, io e mia moglie abbiamo acquistato una casetta nel rione case popolari della frazione di Bocale del Comune di Reggio Calabria. Trattasi di un bilocale ed accessori posto all’inizio del primo filare di case lato mare, con annesso giardino, in mezzo al quale troneggia un secolare mandorlo, dalla cui delicata e precoce fioritura bianca rosa nasce un grosso frutto di qualità “avola”, che viene usato per preparare i confetti che i novelli sposi distribuiscono il giorno delle nozze come simbolo di fortuna e di prosperità. Accanto due alberi di limoni “quattro stagioni” e un vecchio fico, anch’esso secolare, che a poco a poco ci sta lasciando. Tutto intorno un’aiuola, che a primavera inoltrata si ravviva di multicolori con il rifiorire delle piante e dei fiori che Marina, mia moglie,
Il mio rapporto con il rione delle “case popolari” di Bocale PrimoUn angolo del mio giardino con al centro il vecchio mandorlo e il fico
cura con tanto amore e competenza. Dicono che abbia il pollice verde, se ciò significa amare la natura con tutti i colori dell’arcobaleno, allora è vero, perché ogni cosa che passa per le sue mani si rinvigorisce di una tale forza che presto si trasforma in nuova vita e in vivaci colori. Un Gazebo e qualche ombrellone attutiscono la calura estiva, ed alla cui ombra mi distendo, per leggere in ritiro qualche piacevole libro o per scrivere i miei appesantiti pensieri che l’età impone. Questo luogo è un’oasi di verde e di pace, la cui vista si estende per prima su un profumato bergamotteto, per allargarsi subito dopo sullo Stretto di Messina e sui dirimpettai monti Peloritani, e sulla eruttante Etna che d’inverno con la cima vestita di neve appare uno spettacolo della natura. Un luogo pieno di storia, di eventi, di amori e di mediterraneità, tanto caro al mio amico pittore astrattista Carlo Lotti, che, attratto da tanta bellezza, ha scelto questo borgo per trascorrere gran parte dei mesi dell’anno e per dipingere qui le sue tele.
Magia del luogo
Questo è un luogo magico, il paese della “Fata Morgana”, miraggio che soltanto qui si può osservare in tutta la sua miticità. Anche nei deserti africani si osserva lo stesso fenomeno nelle calde mattinate d’estate.
In questo luogo, però, lo spettacolo acquista una surreale atmosfera e tutt’altro valore simbolico, per la peculiarità del luogo, che appare reale al manifestarsi dell’evento.
Quell’unione, formata originariamente da un grande ammasso di terra non separato dal mare, detto Pangea, che ancora oggi gli abitanti dello Stretto, reggini e messinesi, riescono solo ad immaginare, sognando il loro ponte che l’unisca realmente e non idealmente. Anche il re barbaro Teodorico, giunto all’estremità sud della penisola italica, si pose il problema di come attraversare agevolmente, per proseguire il viaggio in tranquillità, quel tratto di mare vorticoso che separa la costa calabrese da quella siciliana, che all’inizio del viaggio non pensava di trovare, ma che invece ha trovato. Quel mitico mare di Scilla e Cariddi, narrato ancor prima da Omero nell’Odissea, che tanti problemi ha creato al leggendario Ulisse.
La vicina città di Messina si riflette, in particolari condizioni climatiche e di luce, soprattutto nelle mattinate d’estate, in giornate calde e umide, prive di vento o mare calmo, sulle acque dello Stretto in una miriade di danzanti immagini e colori, e Messina appare unita con Reggio come nel mitico sogno del re Teodorico e dei reggini.
Questo è il territorio in cui i pittori, indipendentemente dai loro stili pittorici, vengono a cercare le immagini e i colori per creare le loro oniriche tele. Un luogo dove si possono ammirare i più incantevoli tramonti del mondo, dove gli ultimi flebili raggi del sole si riflettono sul mare tracciando
su di esso una lunga scia luminosa colore dell’arancio, tipica pianta delle nostre parti. Forse è qui che la pittrice Prima Rosa Campomaggiore, in arte “Primula”, ha ritrovato nuovi luminosi colori per dipingere la sua Tuscia. Ciò è stato possibile avendo Ella girato la Calabria e la Sicilia in lungo e in largo, per creare assieme agli amici quei grandi murales Naif che l’hanno resa famosa in tutta Italia, grazie anche alle buone ed affettuose relazioni che ha mantenuto con i colleghi pittori: Carmen Crisafulli di Messina, Clara Salardi di Luzzara (R.E.) Salvatore Caramagno di Catania, Gino Incerti di Lazzara, Franco Mora di Viadana - Mantova - e tanti altri. (Di questa talentuosa pittrice, che Carlo mi ha idealmente presentato, vi parlerò a breve.)
Una breve biografia di Carmen Crisafulli di Messina: in quasi cin-
Un quadro naif- l’Etna esplosiva - di Carmen Crisafulli (Al centro) amica di Primula Campomaggiore, accanto il sottoscritto, Carlo Lotti, mia moglie Marina e dietro Santina.
quant’anni di attività ha prodotto opere di rilevante successo artistico. Molte sue tele si trovano al Museo Nazionale dei pittori naif “Cesare Zavattini” a Luzzara (Mantova) e tanti altri musei italiani. Ha dipinto oltre 300 murales in tutta Italia. (Quello nella foto è un murales dipinto su una parete di una abitazione del borgo marinaro di Melito Porto Salvo.) Dice di sé stessa: “La mia vita è stata vissuta ed allietata dallo smisurato amore che ho per l’arte, che ha assorbito ed a cui ho concesso gran parte del mio vivere. Le mie tele e miei murales vivranno oltre il mio tempo e continueranno a far sì che io esista ancora. Spero vogliate bene anche a me, che con dedizione, sacrificio, affetto e gioia ne sono la sola, appassionata, creativa e commossa artefice”; ho avuto modo di conoscere la Crisafulli e di apprezzare le sue tele e i suoi murales, e vi assicuro che è veramente artisticamente talentuosa.
Intanto continuo a descrivere questo unico luogo pieno di quiete e tranquillità per dimostrare che ciò che ci accade, ciò che esiste, ciò che vediamo ed ammiriamo non è dovuto a casualità, come ci vogliono fare credere i nostri scienziati con le loro teorie sull’evoluzione, sul cosmo e sull’universo in espansione, ma che c’è un certo disegno che Qualcuno ha voluto abbozzare per poi lasciare a noi il compito di completarlo.
Scrive Papa Benedetto XVI: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario.
Non vi è niente di bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo di Cristo.
Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui.”
Non possiamo non far tesoro di queste belle parole se vogliamo trovare la pace nei nostri cuori e vivere in semplicità e serenità.
Descrizione del rione
Questo piccolissimo rione di Bocale, detto “Delle case popolari”, è formato da due filari di bianche casette, tutte a piano terra, lato monte e lato mare, con al centro una bellissima piazzetta, rettangolare, che presto sarà rifatta e lastricata con la tipica pietra reggina, o pietra di Lazzaro. Trattasi di una tipica roccia sedimentaria calcarea, in cui si ritrovano spesso molti fossili costituiti principalmente da detriti di molluschi, - detta “Leucopetra” o pietra bianca - famosa nelle nostre zone. La piazzetta, ben curata, si estende per tutta la lunghezza dei due filari di fabbricati per circa cento metri.
Attorno ad ogni casetta insiste un piccolo orto, un tempo orto di guerra, ormai coltivato dagli abitanti a piante e fiori, che danno nell’insieme un’immagine di decoro e di bellezza.
La piazzetta, così come si ammira, è stata costruita negli anni novanta, cosiddetti gli anni della “Primavera di Reggio”, in quanto pieni di fervore, di
nuove idee e di grande lavoro, ovvero ai tempi dell’Amministrazione del professore Italo Falcomatà, benemerito Sindaco della città, alla cui memoria è
stato intitolato il Lungomare di Reggio, detto anche “La terrazza sullo Stretto”, ovvero “il più bel chilometro d’Italia”, celebrato da Gabriele D’Annunzio e sul cui percorso si affacciano splendidi palazzi in stile liberty e barocco e ultracentenarie piante tropicali, delle quali la magnolia è la regina, simbolo di dignità, perseveranza e di nobiltà.
Si ricorda che in occasione di quella inaugurazione, la comunità tutta ha invitato il suo amato Sindaco ad un pranzo serale per ringraziarlo di quanto aveva costruito per loro. Per l’occorrenza è stato allestito all’aperto un lungo tavolo riccamente bandito con varie pietanze preparate dalle donne del rione.
La serata è stata rallegrata con canti e suoni e si è conclusa con un gran battimani dopo aver ascoltato le poesie e le canzoni della favolosa Lilla, con grande compiacimento del Sindaco e della moglie, la signora Rosetta, che le hanno rivolto tanti complimenti.
“È stata una bella serata trascorsa in serenità”. Con queste parole il Sindaco Italo Falcomatà, congedandosi, ha voluto ringraziare gli amici della piazzetta esprimendo il desiderio di poter ritornare ancora una volta, cosa che gli amici hanno accolto piacevolmente.
La famiglia e un gruppo di amici hanno creato la fondazione “Italo Falcomatà” per onorarne la memoria. La fondazione ha lo scopo di diffondere la crescita culturale della collettività ed incrementare la ricerca scientifica, soprattutto nel settore della sanità.
Nel ventesimo anniversario della sua fondazione il figlio Giuseppe, attuale Sindaco della città, ha curato la pubblicazione di un libro dal titolo “Caro Professore” una sintesi di tantissime lettere che i cittadini reggini, adulti e bambini, hanno sentito il bisogno di scrivere al loro amato Sindaco. Intendevano esprimere, oltre che le loro ansie e preoccupazioni per un avvenire pieno
di incertezze, il loro affetto, la loro stima per quanto stava realizzando per la città e soprattutto il loro augurio più sentito per una pronta guarigione dalla malattia che improvvisamente l’aveva colpito e della quale aveva informato la cittadinanza tutta. Iddio ha voluto diversamente chiamandolo a Sé, lasciando i reggini privi della sua autorevole guida e di quella speranza che non bisogna mai abbandonare, tanto esortava il Sindaco, affinché si possa andare sempre avanti, per lottare e vincere.
Poiché la suddetta piazzetta è tuttora senza alcuna denominazione, i residenti ed i dimoranti della stessa hanno chiesto da tempo alla Commissione toponomastica di intitolare la stessa al compianto Sindaco Italo Falcomatà. Si spera che la Commissione accolga la richiesta e che ciò possa avvenire in occasione dell’inaugurazione della sua ristrutturazione, così come promesso e deliberato dall’attuale Giunta Comunale diretta da Giuseppe Falcomatà, figlio di Italo.
Il destino ha voluto che la cena con il precedente Sindaco non si potesse ripetere, pur tuttavia la comunità è lieta di poterla rifare col nuovo Sindaco, il figlio Giuseppe, in occasione della consegna ristrutturata ed abbellita della nuova piazzetta, i cui lavori sono iniziati da qualche giorno, affidati ad un’esperta impresa di Solano di Bagnara.
Storia delle case popolari
Le case popolari, costruite intorno agli anni 20-25 del secolo scorso, con grande maestria da abili artigiani, oggi quasi tutte messe a nuovo, risalgono al dopo terremoto del 28 dicembre 1908. Sono state assegnate dallo Stato, previo pagamento di un modesto canone di locazione, alle famiglie rimaste senza abitazioni dopo il disastroso evento naturale, che causò grande dolore a centinaia di migliaia di famiglie, in sostituzione delle vecchie baracche donate subito dopo il terremoto per far fronte all’emergenza abitativa.
Le famiglie terremotate originarie alle quali lo Stato ha donato le baracche sono state:
Delfino Pasquale fu Giovanni, Bustaffa Orio fu Ettore, Cara Rosa fu Bruno, Sergi Vincenzo fu Domenico, Riggio Giovanni fu Antonio, Core Antonino fu Stefano, Latella Pietro fu Francesco, Cogliandro Margherita fu Giuseppe, Eredi Raffa Carmelo, Latella Pasquale fu Giuseppe, Cogliandro
La disposizione delle baracche dopo il terremoto e le assegnazioni alle famiglie con intorno l’orto di guerra.
Consolato fu Diego, Malara Pasquale e Maria fu Carmelo, Azzarà Giovanni fu Bruno, Galati Giovanni.
I suddetti alloggi economici e popolari in forza della legge 18/12/1952
n.3860 passarono successivamente sotto la gestione dell’Istituto Autonome delle Case Popolari delle Provincia di Reggio Calabria, come dai provvedimenti n.3236 del 15/12/1954 del Ministero dei Lavori Pubblici e n. 1106 del 6/3/1957 dell’Intendenza di Finanza di Reggio Calabria.
Il Ministero dei Lavori Pubblici è venuto nella determinazione di procedere alla vendita a termini dei Regi Decreti 4/9/1924 n.1356 ed 11/01/1925
n.86 delle case economiche e popolari per terremotati costruite nei Comune della Provincia di Reggio Calabria alle condizioni e modalità di cui ai citati Regi Decreti e successive variazioni e modificazioni, fino al testo unico approvato con R.D. 28 aprile 1938 n. 1165. In forza di tali decreti l’I.A.C.P. di Reggio Calabria, Presidente il Dr. Edoardo Portelli fu Salvatore, nonché delegato alla stipulazione dei contratti in dipendenza del terremoto del 28 dicembre 1908, notaio il Signor On. Avv. Domenico Spoleti, vende nell’anno 1962 i suddetti alloggi popolari, regolarmente accatastati e riscattati, agli aventi diritto, che per tanto tempo li hanno fruiti assieme ai figli. Con gli anni a seguire alcuni eredi hanno mantenuto il loro appartamento quale residenza, altri lo hanno conservato ritornandoci in estate per le vacanze, mentre altri lo hanno venduto e conseguentemente altri lo hanno acquistato, dando così continuità con nuove famiglie al rione. Da un paio di anni anche gli orti di guerra sono stati venduti dal Comune ai vecchi assegnatari quali pertinenze dei rispettivi alloggi.
Il rione delle case popolari rientra nel più esteso territorio detto “Fossa di Manna” è abitato stabilmente da sette, otto famiglie, che si raddoppiano nel periodo delle vacanze estive. Quest’ultime arrivano da ogni parte d’Italia: la mia famiglia, Marina e Salvatore ed il figlio Antonio proveniente da Reggio, quella di Santina e Carlo, proveniente da Ronciglione (VT), quelle di Maria e Umberto e di Anna e Nino, provenienti da Orbassano (TO), di Pina e Vincenzo proveniente da Milano, di Cettina e Vittorio provenienti dalla provincia di Genova, di Maria e Domenico proveniente da Reggio, quest’ultima trasferitasi da poco stabilmente in questo rione, come pure Antonello e la sua giovane sposa.
Naturalmente, tutte queste famiglie, i cui avi furono terremotati nel 1908, sono originarie di Bocale o hanno qualche legame con esso. Ritornano con piacere ogni anno. Motivi di lavoro le hanno nel passato, anni cinquanta, costrette ad emigrare dalla natia terra.
Vivono, accanto a noi, stabilmente, lato mare della piazzetta: Lilla, una vivace vecchietta quasi novantenne, costantemente presente nelle nostre conversazioni. Ricorda tutto con nostalgia della sua fanciullezza e del fascismo di Mussolini e dei suoi gerarchi, nonostante la sua famiglia sia stata costretta nel periodo della guerra a rifugiarsi a Mantova, ospiti di amici, e sebbene un ragazzino di nove anni, appartenente ad una famiglia del rione, rifugiatosi anch’essa a Mantova, fu ucciso a seguito dello scoppio di una bomba.
Ricorda di quando, maestra d’asilo, insegnava ai bambini le tante canzoni di quel tempo e di quando frequentatrice della Chiesa parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano, recitava i salmi domenicali. Ogni tanto si compiace di declamare per noi qualche ritornello di quelle vecchie canzoni.
I dimoranti e i residenti del rione
C’è in quei ricordi di guerra, nonostante la tragedia vissuta, una velata commozione per i tempi della gioventù che ormai non c’è più.
Continuando sullo stesso lato: Totò e Silvana, una bella ed affiatata coppia ed il loro figlio Stefano e un’altra figlia, Carmen, oggi sposata, abitante a Reggio, che ritorna periodicamente a Bocale con le figlie Alessia e Aurora per la gioia dei nonni; lato monte, nell’altro filare di case, abitano, in un palazzo di quattro piani di loro proprietà, Maria e Riccardo con i loro due figli, Thomas e Chiara, giovanetti, nonché il fratello Roberto con l’anziana mamma, da tempo vedova di Elio, Tommasa, detta Sina, ultra novantenne, molto attiva, non dimentica di dispensare consigli comportamentali a figli e parenti. Ogni sera recita il rosario, malgrado i senili acciacchi. Al piano di sopra, Irene, anch’ella vedova di Giovanni, con la figlia Melagrazia. Subito dopo, in una casetta popolare attigua, il suocero di Riccardo, signor Vincenzo, pieno di vitalità, continua a coltivare l’orto di famiglia, percorre a piedi quasi giornalmente circa due chilometri per recarsi a fare la spesa nel confinante supermercato della vicina frazione di Pellaro. Un modo anche per mantenersi in forma.
Gli altri residenti e dimoranti della piazzetta
Continuando con il primo filare di casette lato mare, dopo Totò e Silvana, troviamo Carlo e Santina di Ronciglione e subito dopo Teresina una vecchietta ultranovantenne, quasi a sfiorare i cento. Vive da sola e soltanto in quest’ultimo anno ha necessità dell’assistenza della nipote per aver perduto in gran parte la vista. In fondo al filare Umberto e Maria e Natale ed Anna provenienti da Orbassano (TO). Loro ospiti figli e nipoti. Nel rione si contano in tutto otto novantenni. Ciò vorrà dire qualcosa. Ovvero vivere in pace fa bene alla salute.
All’inizio, nel filare di sopra, accanto alla famiglia di Riccardo, abita Vera, una solare signora, rimasta giovanissima vedova di Demetrio. Vive con lei periodicamente l’anziana mamma, signora Cecilia, ultranovantenne. Vera, da sola, ha cresciuto i suoi tre figli: Sergio, Giovanna e Milena fino a portarli tutti e tre al matrimonio. Oggi i suoi piccoli nipoti, unitamente a tanti gatti soriani e ai cani sono i veri possessori della piazzetta. I soriani sono maggiormente di color rosso arancio-striato, ma mancano i soriani grigi ed anche neri, ne ho contati una ventina, di cani ne ho contato soltanto tre, di cui, un vecchio terranova di colore marrone di Riccardo e due di taglia piccola, uno di Chamira e uno di Katia, di cui sconosco la loro razza, amabilmente nutriti dai residenti. I gatti a cercare cibo, i bimbi a girare in lungo e in largo con le biciclette e pattini elettrici, restituendo alla stessa un po’ di vitalità giovanile.
I cani naturalmente vivono in casa, e passeggiano lungo la piazzetta accompagnati al guinzaglio dai loro premurosi padroni.
Le panchine, collocate tutte attorno, sono a disposizione maggiormente dei più anziani per un po’ di riposo, soprattutto nelle ore pomeridiane, al calar del sole, ovvero, di primo mattino al suo sorgere. Qui la gente è abituata ad
alzarsi presto per disbrigare le faccende domestiche o la cura dell’orto e per godere della tiepida brezza marina, prima che la calura pomeridiana estiva
infiammi le case e i corpi e non permette di fare niente.
Le riunioni condominiali riguardanti la gestione del pozzo, la buona tenuta del verde e la cura delle aiuole che circondano la piazzetta, ovvero gli eventi da organizzare durante l’estate, sono tenute all’aperto, nelle tarde e fresche serate, nella stessa piazzetta, in prossimità del cortile di Vera, che fungendo da amministratrice, cura la trascrizione delle delibere, che quasi sempre vengono approvate all’unanimità, previo qualche utile chiarimento, e si concludono con un grande rinfresco preparato dai condomini tutti. Anche questa è un’occasione per stare insieme e godere della buona armonia che vige nel rione, anche se qualche volta i toni si alzano, ma durano poco e la pace ritorna, chiarito e risolto il motivo del contendere, grazie alla buona convivenza e reciproco rispetto dei suoi abitanti.
Il vialetto lato mare con vista verso Nord
Altre famiglie residenti e dimoranti lato monte della piazzetta
Continuiamo ad elencare le famiglie residenti: vicina di casa di Vera c’è sua cognata Antonietta, anche lei vedova. Le tiene compagnia la figlia Chamira, studentessa universitaria e il suo cagnolino. Accanto, in una palazzina a tre piani, anch’essa popolare, troviamo la mamma di Totò, la signora Mela, una allegra vecchietta novantenne, già residente ed adesso coabitante nel periodo estivo con la figlia Maria ed il marito Antonio, e figli Sara e Ferdinando e la fidanzata Katia. Ancora un’altra famiglia, quella di Alessandro e Gresy e i loro tre figli, che d’estate lasciano il rione per trasferirsi a Caulonia, incantevole e storico paese del basso Jonio, che fino al 1863 si chiamava Castelvetere. Fu fondata dai bizantini intorno al 1050. Caulonia, dove Alessandro lavora quale abile falegname per i turisti del luogo o per gli emigrati di ritorno, conserva l’antica struttura medievale. Nello sesso palazzo troviamo ancora Pepè e Wanda, fratello e sorella, novantenni; vive con loro un’altra sorella, Antonietta, rimasta vedova da poco tempo.
Nell’ultima casa popolare, lato monte, al limite della piazza, per lo più nel periodo estivo, arriva Maria Assunta da Laureana di Borrello, ridente paese della Piana di Gioia Tauro. Così scrive di esso Giovan Battista Marzano, di Laureana, celebre storico ed archeologo, tra l’altro, per aver scritto il “Dizionario Etimologico del Dialetto Calabrese” documento insostituibile della tradizione linguistica regionale: “Sito dirimpetto al mar Tirreno sopra un ameno poggio facente parte della catena degli Appennini che, a guisa di ampia curva, circondano, tranne che da ponente, il fertile ed esteso bacino della Piana”. A Laureana la madre, maestra, già abitante di questo nostro quartiere, si era trasferita per motivi di lavoro e successivamente si sposò con una persona del luogo e laddove oggi Maria Assunta risiede e lavora.
Ho voluto raccontare e non solo il rione dove trascorro le mie vacanze estive per meglio far capire al lettore l’atmosfera che in esso si vive e si respira, soprattutto per la tranquillità e la pace che offre per placare le ansie e i turbamenti del cuore e dell’animo e pur anche la storia di questo rione e paese, perché come più volte è stato scritto “la storia siamo noi, noi facciamo la storia”. Può darsi che anche questo stesso libro, se ben tramandato, potrà rappresentare un piccolissimo pezzo della grande storia di Bocale.
Il nostro soggiorno a Bocale è allietato quasi ogni domenica dalla presenza di nostra figlia Francesca, con il marito Francesco ed il figlio Alberto, quasi diciottenne. I quali, già residenti a Reggio, possiedono a Bocale, sulla vecchia strada nazionale, a cento metri da casa nostra, un appartamento per le vacanze, sito al terzo piano di un fabbricato di famiglia riammodernato. Il panorama che si osserva dalla loro terrazza è mozzafiato: il mare dello Stretto di Messina si tocca quasi con mano e le sue correnti cangianti direzione ogni sei ore fanno ondulare l’acqua ora verso i monti della Sicilia, ora verso quelli dell’Aspromonte in un susseguirsi di movimenti, danze e cangianti colori, che ammaliano lo spettatore tanto da costringerlo a fermarsi per lungo tempo ed osservare estasiato tanta bellezza del Creato.
Un mio fraterno amico di Venafro (IS), Alfonso, più volte nostro ospite, si alzava di primo mattino, nella quiete dell’aurora, si sedeva sulla terrazza di casa per osservare per ore il sorgere del sole sulle colline circostanti e nel contempo il fluttuare delle onde marine ora verso Ovest ora verso Est a seconda della direzione delle maree. Mi ripeteva: “Turi, non mi stanco mai di guardare, resto ammaliato da tanta bellezza di colori e di movimenti delle onde. Da qui la visione è duplice, sia del mare che della montagna, diversamente dal mio paese, ove l’unica ampia visione è rappresentata dal grande Monte di Santa Croce, (1026 s.l.m.), seppure ammirevole anch’esso per la superba altitudine che domina su tutto il paese, riducendo però di qualche ora la luce del sole serale sul nostro territorio”.
Veramente, non ci si stanca mai di guardare il mare dello Stretto: un via vai di velieri lo attraversano da ovest verso est e viceversa, unitamente alle grandi navi da crociera ed alle grandi navi portacontainer, provenienti da tutto
il mondo e diretti al porto di Gioia Tauro per scaricare il loro prezioso carico di merci, e distribuirlo subito dopo in tutta Italia ed Europa, rendendo questo mare più il trafficato del Mediterraneo.
Periodicamente anche nostro figlio Demetrio con la moglie Maria Francesca e i loro figli Gaia di nove anni, Salvatore, di sette, ed Allegra di cinque, assieme all’immancabile e fedele Emi, cane Akita di razza giapponese, residenti a San Ferdinando (RC), vengono festosi a Bocale a trovarci per la nostra gioia, contenti di avere unita a tavola tutta la famiglia. Specialità di nonna Marina sono le polpette di carne o di melanzane, che vengono degustate appena tolte della padella come antipasto. Emi quando ci vede, fa una grande festa, saltandoci addosso, e non possiamo fare a meno di accarezzarla e coccolarla e di amarla. Fa ormai parte della nostra famiglia. Per i ragazzi trascorrere una o più giornate dai nonni rappresenta, tra l’altro, un grande svago, essendo anche un’occasione per recarsi al mare e godere dei suoi incanti e bellezze, tuffandosi spensierati nelle sue calde e limpide acque, costruendo figure natatorie che soltanto qui è possibile realizzare in tranquillità, sotto il vigile sguardo dei genitori, che talvolta sono coinvolti dai figli a partecipare ai loro giuochi con l’acqua.
Origini storiche del toponimo Bocale
Bocale, secondo lo scrittore Giuseppe Pensabene “si rifà alla parola dialettale bbuccari, buccarsi, cioè piegarsi, non si tratta di bocale inteso nel senso corrente di boccale, il piccolo recipiente per bere”. Primitivamente il nome originario era Boccale e non Bocale, Secondo lo storico V. F. Russo. Boccale fa riferimento alla radice del verbo buccare, cioè piegare, perché appunto “la costa comincia a segnare un gomito, per dirigersi subito dopo verso settentrione”. La spiegazione appare abbastanza plausibile e convincente, se non addirittura suggestiva.
Rappresenta il punto estremo, il limite sud-orientale della piegatura, il mitico promontorio di “Capo D’Armi”, dal greco Leukopetra Akroterion cioè promontorio di pietra bianca, come scrisse il geografo greco Strabone. Sulla cima è stata costruita nel 1861, ovvero con l’Unità d’Italia, la Torre Bianca di forma ottagonale sulla cui sommità la lanterna del faro ha orientato e tutt’ora orienta col suo lungo fascio luminoso la navigazione notturna dei marinai.
Appena doppiato il Capo d’Armi, là dove inizia il mare Jonio, il sole, che a Bocale spunta sulle dolci colline delle ultime propaggini Appenniniche, lì sorge sul mare, quasi a confondere il viaggiatore che ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un nuovo sole, diverso da quello appena lasciato. È quella un’impressione che ho avuto e che ho sentito più volte raccontare da chi si è trovato a doppiare per la prima volta il Capo dell’Armi.
Biografia dell’autore
Salvatore Moschella, nato a Saline di Montebello
Jonico il 19 giugno 1939, ha vissuto gran parte della sua infanzia nel Borgo di Rocca Calojero, della gioventù nel Rione di Gallico Marina della città “dello Stretto di Messina” di Reggio Calabria e nella maturità in parte nella frazione di Bocale primo di Reggio Cal.
– Località Fossa della Manna.
Laureato in Economia e Commercio presso
l’Ateneo di Messina nel febbraio del 1964, dove qualche anno dopo consegue l’abilitazione di dottore commercialista.
Ha iniziato la sua attività lavorativa nel 1965 a Milano presso le Ferrovie dello Stato con le funzioni di segretario amministrativo, terminandola nel settembre del 2005 a Reggio Calabria con le funzioni di dirigente apicale presso il Servizio Sanitario Nazionale.
Nell’ottobre del 2015 esce il suo primo libro “Le memorie di nonno Turi” edito da Iiriti Editore. Trattasi di una mera autobiografia in cui viene descritta in ogni dettaglio la vita vissuta, particolarmente quella della prima infanzia e della giovinezza e parte della maturità. Il libro è dedicato ai suoi nipoti per non dimenticare.
Nel marzo del 2018 esce il suo secondo libro-saggio-romanzo “Quando tramonta il sole” edito da A.G.A.R. Editrice di Reggio Calabria. Così si esprime in parte la poetessa Maria Teresa Liuzzo nella nota critica dell’Editore
“Romanzo da leggere d’un fiato; di intenso impatto emotivo per la narrazione aspra e grintosa, che traduce una visione tragica dell’esistenza.”
Il libro racconta le peripezie di nonno Paolo, immigrato nelle Americhe,
in una stretta e confidenziale confessione con la prediletta nipote Lucia. “Una ragazza vivace, intelligente, sensibile affascinata dai dubbi e dagli interrogativi posti dal nonno, e lo ascolta con attenzione, con partecipazione, perché vuole apprendere, perché sa che quelle conversazioni hanno il valore di un’alta scuola di formazione, sia sotto l’aspetto del conoscere, sia in quello più importante dei sentimenti e dei valori.” Così scrive il Prof. Sandro Mario Giambelluca nella prefazione al libro.
Nel giugno del 2019 esce il suo terzo libro dal titolo “L’Ulivo secolare” (uno sguardo sul Mondo dalla spianata della maturità). Raccolta di scritti, pensieri sparsi, articoli e saggi su diversi argomenti: dalla politica, all’economia e agli usi e costumi tradizionali, alla filosofia. Uno zibaldone variopinto, così lo definisce il Prof. Sandro Mario Giambelluca, ancora una volta suo prefatore, esprimendo alla fine un giudizio fermamente positivo, nonché spontaneo e oculato, dalle qualità dell’opera, ricca di contenuti, esemplare scrittura, piacevole nella lettura.
Nel novembre del 2020 si stampa il suo quarto libro dal titolo “Parra comu ti ‘mparau to mamma” prefatore il pittore astrattista di Ronciglione (VT) che lo definisce uno “Zibaldone laico”, che spazia con disinvoltura dalla storia ai dialetti, dagli aforismi ai proverbi e addirittura a una serie di “vocabolari” che ben definiscono i vari idiomi stratificatesi nei secoli nelle parlate delle popolazioni calabresi (Italici, ausoni).
ISBN: 9791280343901
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Palermo ‐ Luglio 2023