IV. — Sì, soltanto torturandomi come mi sono torturato, soltanto in grazia a questa mia tortura ho capito dove sta la radice di tutto, ho capito quel che dovrebbe essere, e perciò ho veduto tutto l'orrore di quel che è. Vogliate dunque considerare come e quando ha avuto principio ciò che mi ha condotto alla mia avventura. Ciò ha avuto principio quando non ero ancora sedicenne. Accadde allorchè io ero ancora al ginnasio e il mio fratello maggiore era studente di primo anno alla università. Io non conoscevo ancora donne ma, come tutti gli infelici ragazzi del nostro mondo, non ero già più un fanciullo innocente: già da due anni ero stato corrotto dai compagni: già la donna, non una data donna, ma la donna, ogni donna, la nudità della donna mi turbava come qualcosa di seducente. La mia solitudine non era più pura. Io mi tormentavo come si tormentano 99 su 100 dei nostri ragazzi. Mi spaventavo, soffrivo, pregavo e cadevo. Ero già corrotto nell'immaginazione e nella realtà, ma l'ultimo passo non era stato ancora fatto. Mi corrompevo da solo ma non avevo ancora messo le mani su di un altro essere umano. Ma un compagno di mio fratello, uno studente, un allegrone, un così detto buon ragazzo, cioè un gran cattivo soggetto, che ci aveva insegnato a bere e a giocare a carte, ci persuase una volta, dopo averci fatto bere, di andare in un certo luogo. Noi andammo. Mio fratello era anche lui tuttora in127