V. Già, proprio così. Poi andai sempre più giù, sempre più giù, con ogni specie di traviamenti. Dio mio! quando mi ricordo le mie turpitudini a quel riguardo, me ne spavento io medesimo. E mi rivedo allorchè ero oggetto delle canzonature dei compagni sulla mia pretesa innocenza. Ah! quando sento parlare della gioventù dorata, degli ufficiali, dei parigini! E tutti questi signori ed io, dissoluti di trent'anni, abbiamo sulla coscienza centinaia dei più obbrobriosi, terribili delitti nei nostri rapporti con le donne; eppure, noi dissoluti di trent'anni, entriamo in un salotto o andiamo al ballo, ben lavati, con la barba accuratamente rasa, profumati, con la biancheria fresca fresca, in frack o in uniforme, emblema di onestà, di dignità! Dunque, pensate un po' a ciò che dovrebbe essere e a ciò che è. Dovrebbe essere che quando, in società, uno di cotesti signori si avvicina a una mia sorella o a una mia figlia, io, conoscendo la sua vita, lo chiamassi in disparte e gli dicessi sotto voce: «Ragazzo mio, io so come tu vivi, come passi le notti e con chi. Qui non è il tuo posto. Qui ci sono fanciulle pure, innocenti. Vattene!». Questo dovrebbe essere: ma invece è così: quando uno di questi signori comparisce e balla con mia sorella o mia figlia, tenendola abbracciata, noi c'informiamo se è ricco, se ha brillanti relazioni. Forse egli si degna di mia figlia dopo d'essere stato da Rigolbosch. Forse anche ha 131