La_morte di Ivan Ilijc

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XXVIII. — Cosa sorprendente! Di nuovo, quando uscii dallo studio e passai per le stanze abituali, mi balenò la speranza che nulla fosse accaduto, ma l'odore di quelle sudicerie medicinali, iodoformio, acido fenico, mi colpì. No, tutto era accaduto. Andando pel corridoio passai davanti alla camera dei bambini, e vidi Lizanka. Essa mi guardò con occhi spaventati. Mi parve anzi che ci fossero tutti e cinque i ragazzi e che mi guardassero. Mi avvicinai alla porta e la cameriera di dentro mi aprì e uscì fuori. La prima cosa che mi venne davanti agli occhi fu, su di una sedia, il suo vestito grigio chiaro, tutto chiazzato di nero dal sangue. Sul nostro letto matrimoniale, anzi dalla parte mia (era stato più facile per il trasporto) essa giaceva, con le ginocchia sollevate. Giaceva a metà sdraiata sui soli guanciali, e aveva la camicetta aperta. Sul posto della ferita era stato messo qualcosa. Nella camera c'era un forte odore di iodoformio. Prima di tutto e più di tutto mi colpì il suo viso tumefatto, di un gonfiore livido da un lato del naso e sotto gli occhi. Era la conseguenza della mia gomitata, quando essa voleva trattenermi. Non aveva più alcuna bellezza e mi parve anzi che ci fosse in lei qualcosa di ripugnante. Mi fermai sulla soglia. — Avvicinati, avvicinati a lei — mi disse la sorella —. «Sì, forse vuol confessare la sua colpa», pensai. «Perdonare! Sì, muore e bisogna perdonarle», e mi sforzavo di essere 240


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