Famiglie Trentine N°56

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Poste Italiane S.p.a.

Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art.

1 comma 2 NE/TN Tassa riscossa – Taxe perçue Febbraio 2023 n. 56

PERIODICO DELL’UNIONE DELLE FAMIGLIE TRENTINE ALL’ESTERO

IL BEATO ANTONIO ROSMINI

MUSEO CASA NATALE DI ANTONIO ROSMINI

DANTE ALIGHIERI IN PARAGUAY

Unione Famiglie Trentine all’Estero

Corso 3 novembre 72 - 38122 Trento (TN) Tel. +39 0461 237234 info@famiglietrentine.org

pec: famiglietrentineaps@pec.it

Direttore Responsabile

Pino Loperfido

Comitato Editoriale

Martina Rigon

Giordana Detassis

Patricia Lanzziano Broz

Mauro Verones

Hanno collaborato

Casa Museo Beato Antonio Rosmini

Padre Vito Nardin

Vincenzo Liguori

Rita Alterio

Luigi Grisenti

Rita Cappellucci

Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 22 del 21/12/2012 - Rivista quadrimestrale dati della testata

pag 3 Editoriale

pag. 5 Il beato Antonio Rosmini

pag. 7 Museo Casa Natale di Antonio Rosmini

pag 12 Dalla Sede

pag 20 Dalle Diramazioni

pag. 24 In cammino in Trentino con Gio

pag. 27 Esperienza all’estero

pag. 33 Le ricette

Pag. 34 Mondo Poetico

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EDITORIALE di Mauro Verones

Siamo entrati a pieno ritmo nel 2023 pensando a progetti e attività da realizzare in questo anno pieno di speranze di normalità.

Seguendo lo schema che ci siamo prefissati come comitato di redazione anche in questo numero vi racconteremo di un altro personaggio importantissimo per la storia del Trentino e non solo: il Beato Antonio Rosmini. Faremo un passaggio nel museo della casa natale di Antonio Rosmini per poi passare, come di consueto all’attualità raccontando quello che succede e si fa presso la sede di Trento e nelle nostre diramazioni all’estero. Non mancano, naturalmente, la camminata con Gio, un modo ed un’occasione di conoscere il nostro Trentino, sia per i trentini che per i trentini all’estero, le ricette e la poesia. Ci concentriamo e facciamo il punto su un progetto che ormai portiamo avanti da anni e con grande successo: i corsi di italiano per i discendenti dei Trentini.

Il progetto, nato ormai tre anni fa grazie alla sinergia collaborativa con la scuola Dante Alighieri di Asuncion-Paraguay ed il supporto della Provincia Autonoma di Trento, sempre più discendenti di trentini parlano e scrivono italiano ad un livello molto apprezzabile.

Uno dei punti su cui l’attuale consiglio direttivo ha piena consapevolezza è che la conoscenza della lingua italiana è il ponte e lo strumento più potente per avvicinare alla nostra terra i discendenti dei trentini che vivono in altri Paesi.

Seguendo il filo conduttore della comunicazione facilitata dalla lingua, abbiamo elaborato alcuni progetti che attraverso vari mezzi portano la conoscenza dei nostri territori e delle nostre imprese ai discendenti dei trentini residenti all’estero.

Siamo partiti lo scorso anno con il progetto “SINERGIE IMPRENDITORIALI”, di cui trovate un’ampia descrizione sul nostro numero 55. Realizzato per la prima volta in via sperimentale nel 2022 ha suscitato grande interesse ed a detta dei protagonisti, è stato un successo

raggiungendo buona parte degli obbiettivi che ci eravamo prefissati. Visto, quindi il successo della prima edizione, vorremo replicarla anche quest’anno sempre se riusciremo a reperire le risorse necessarie.

L’Ufte, come dico spesso, ha tante idee e progetti da realizzare, condizionate sempre di più dalla nostra capacità di autofinanziare il nostro operato.

Quest’anno abbiamo deciso di ragionare su tre progetti nuovi che sono: “FILM FESTIVALLI “ALLA SCOPERTA DELLE RADICI” (per i ragazzi e ragazze in età scolare), “PILLOLE DI STORIA TRENTINA IN VIDEO” e “STORIE DI VINO E STORIE DI VITA”, che realizzeremo solo se avremo le risorse necessarie, in caso contrario dovremo decidere quali progetti realizzare e quali rimandare. Ecco perché nei prossimi numeri vogliamo sottoporre ai nostri associati e lettori i progetti che realizzeremo, una volta reperita la copertura finanziaria necessaria anche al fine di testare la bontà degli stessi e l’interesse che questi possano destare nel nostro pubblico. Abbiamo visto negli ultimi anni tantissimi cambiamenti, imprevisti ed imprevedibili che hanno costretto tutti noi ad adattarsi a situazioni impensabili ma, come abbiamo ben imparato dai nostri migranti, l’umanità si adatta e molto spesso impara e migliora l’ambiente dove decide di insediarsi nonostante le avversità.

Alla fine di questa breve introduzione mi preme ricordare che questo non sarà un anno come gli altri perché finisce un triennio di gestione e vedrà l’associazione alle prese con l’elezione di un nuovo organo direttivo in un naturale avvicendamento di attori.

Sono quindi a nome mio e dell’intero Consiglio direttivo ad invitare i soci a farsi avanti, qualora fossero interessati a far parte in modo più operativo dell’associazione, consapevoli che la pluralità di pensiero anche nella gestione porti solo positività.

Un nuovo anno pieno di sfide ed incognite ma, anche di piccole grandi soddisfazioni.

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EDITORIALE

IL BEATO ANTONIO ROSMINI a cura di Padre Vito Nardin

La famiglia Rosmini ha influito in modo eminente nella vita di Rovereto e del Trentino.

I L B E A T O A N T O N I O R O S M I N I

I Rosmini erano oriundi bergamaschi: dalla Val Brembana veniva un Aresmino (da lui viene il nome della famiglia), che nel secolo XV, quando Venezia era signora di Rovereto, governò questa città come connestabile e poi vi fissò la sua dimora.

I Rosmini furono nei secoli successivi soldati

sui suoi scritti e sulla sua santità, nasce il 24 marzo 1797 a Rovereto. La sua tomba è a Stresa, dove morì il 1° luglio 1855. Ai primi studi nelle scuole Antonio affiancava un’autoformazione culturale intensa, straordinaria, paragonabile a quella del suo contemporaneo Giacomo Leopardi. Già la grazia del battesimo però era all’opera, perché al termine dei sedici anni scriveva: «Quest’anno fu per me anno di grazia: Iddio mi aperse gli occhi su molte cose e conobbi che non vi era altra sapienza che in Dio». Dopo gli studi liceali a Rovereto, nel 1816 si reca all’università di Padova, iscrivendosi alla facoltà di teologia, ma dedicandosi anche ad ogni specie di scienze, secondo la forma enciclopedica del suo ingegno. Nel 1821 viene ordinato sacerdote. Rientrato in patria si dedica ad approfondire gli studi e a pubblicare i primi scritti. Tra questi, esattamente duecento anni fa, scrive il panegirico per commemorare Pio VII, che si conclude con una ispirata preghiera per l’Italia. La trascrivo qui perché le Famiglie trentine nel mondo valorizzino il patrimonio di valori «italiani» ai quali accenna l’autore.

La famiglia Rosmini ha influito in modo eminente nella vita di Rovereto e del Trentino. I Rosmini erano oriundi bergamaschi: dalla Val Brembana veniva un Aresmino (da lui viene il nome della famiglia), che nel secolo XV, quando Venezia era signora di Rovereto, governò questa città come connestabile e poi vi fissò la sua dimora. I Rosmini furono nei secoli successivi soldati valorosi e abili industriali nell’arte della seta. Antonio, il personaggio principale che viene ora sempre più conosciuto grazie agli studi sui suoi scritti e sulla sua santità, nasce il 24 marzo 1797 a Rovereto. La sua tomba è a Stresa, dove morì il 1° luglio 1855.

«Onnipotente che prediligi l’Italia, che concedi a lei immortali figliuoli, che dall’eterna Roma per li tuoi vicari governi il mondo, deh! dona altresì ad essa benignissimo, il conoscimento di sé, unica cosa che ignora. Rendila avida di liberi voti e d’amore, di cui è degna più che di tributi e di spavento. Fa’ che in sé stessa trovi felicità e riposo e in tutto il mondo un nome non feroce ma pio». La censura austriaca accolse male questo

Ai primi studi nelle scuole Antonio affiancava un’autoformazione culturale intensa, straordinaria, paragonabile a quella del suo contemporaneo Giacomo Leopardi. Già la grazia del battesimo però era all’opera, perché al termine dei sedici anni scriveva: «Quest’anno fu per me anno di grazia: Iddio mi aperse gli occhi su molte cose e conobbi che non vi era altra sapienza che in Dio». Dopo gli studi liceali a Rovereto, nel 1816 si reca all’università di Padova, iscrivendosi alla facoltà di teologia, ma dedicandosi anche ad ogni specie di scienze, secondo la forma enciclopedica del suo ingegno. Nel 1821 viene ordinato sacerdote. Rientrato in patria si dedica ad approfondire gli studi e a pubblicare i primi scritti Tra questi, esattamente duecento anni fa, scrive il panegirico per commemorare Pio VII, che si conclude con una ispirata preghiera per l’Italia

La trascrivo qui perché le Famiglie trentine nel mondo valorizzino il patrimonio di valori «italiani» ai quali accenna l’autore

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IL PERSONAGGIO
a c u r a d i P a d r e V i t o N a r d i n R E T R A T O D I L U I G I Z U C C O L I , M I L A N O 1 8 1 5 - 1 8 7 6 Ritratto
1815-1876
di Luigi Zuccoli, Milano

scritto e iniziò a guardare con sospetto l’autore. Care famiglie trentine all’estero, ve la inviamo con i più vivi auguri di essere grandi, libere, felici, mai feroci né aggressive. La gente italiana gode buona fama ovunque anche oggi. Ne ho avuto prova leggendo il libro «La città della gioia» di Dominique Lapierre, francese, che scrive, in un suo saggio: «I volontari e i missionari italiani li ho trovato ovunque, e sono i migliori». Tra questi, anche molti nostri religiosi rosminiani trentini: in Inghilterra, Venezuela, Tanzania, India. In Rosmini si era ben presto sviluppata e approfondita una convinzione che poi è diventata il carisma dell’Istituto della Carità, fondato da lui il 20 febbraio 1828 a Domodossola, sul Sacro Monte Calvario.

La nota caratteristica è la carità universale, che non mette limiti, aperta a tutti, e disposta ad aiutare in tutti i modi, secondo la chiamata di Dio. Anche questo riferimento può essere indicativo per chi si trova lontano dalla patria ed è chiamato a condividere attivamente la dimensione dell’universalità, nella carità intelligente. Oltre che alla cura dello sviluppo del suo Istituto e di quello delle Suore della Provvidenza rosminiane, egli fu autore di molti scritti riguardanti la filosofia, la teologia, la pedagogia, il diritto, la politica, l’ascetica. Il più conosciuto ha come titolo:

«Le cinque piaghe della Santa Chiesa». Si tratta di sanare la difficoltà a capire e vivere la liturgia, di formare adeguatamente i preti, di unire maggiormente i vescovi tra loro, di assicurare la nomina dei vescovi alla Chiesa, tramite il Papa, e non ai governi nazionali; di poter utilizzare le risorse economiche per i fini propri della Chiesa, cioè per il culto, per i poveri, per il sostentamento del clero. Questo scritto fu proibito dal 1849 al 1966, cioè fino al tempo del Concilio, di cui fu una delle fonti per rinnovare la vita della Chiesa e della sua azione in mezzo al mondo. Antonio Rosmini ha segnato la storia di Rovereto e di Trento.

La fondazione della prima comunità a Trento nel 1831, nell’edificio della Prepositura, che ora ospita l’Opera universitaria, fu molto travagliata. Pur avendo speso energie e risorse dovette abbandonarla dopo quattro anni. Anche la sua missione di parroco a Rovereto durò solo un anno. Le sue iniziative pastorali non erano gradite al governo, mentre la popolazione ne aveva grandi benefici spirituali ed economici. Ne sono testimonianza i luoghi che nel trascorrere del tempo sono stati dedicati a lui. Sia il monumento che gli altri luoghi dedicati a lui testimoniano la stima verso di lui frutto anche della sua opera benefica in città: il Corso, l’Asilo, l’Oratorio,

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IL PERSONAGGIO

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Prepositura, che ora ospita l’Opera universitaria, fu molto travagliata. Pur avendo speso energie e risorse dovette abbandonarla dopo quattro anni. Anche la sua missione di parroco a Rove t d ò solo un anno. Le sue iniziative non erano gradite al governo, m popolazione ne aveva grandi spirituali ed econom ici. N testimonianza i luoghi che nel tr del tempo sono stati dedicati a monumento che gli altri luoghi d lui testimoniano la stima verso di anche della sua opera benefica i Corso, l’Asilo, l’Oratorio, il Lice dedicata a Francesco Paoli, Clemente Rebora ricordano due rosminiani eccellenti. La co dell’acquedotto de llo Spino fu a grazie alla buona reputazione diff gente comune, quale il mugnaio che cedette la sorgente al Comun che fosse Rosmini a stabilire il pre

il Liceo. La via dedicata a Francesco Paoli, e la via Clemente Rebora ricordano due sacerdoti rosminiani eccellenti. La costruzione dell’acquedotto dello Spino fu accelerata grazie alla buona reputazione diffusa tra la gente comune, quale il mugnaio di Spino che cedette la sorgente al Comune a patto che fosse Rosmini a stabilire il prezzo.

L’esperienza che ha toccato tante famiglie nell’emigrazione toccò anche lui. Nel 1835 dovette attendere ben cinque mesi prima di avere il passaporto per ritornare da Rovereto a Stresa. Nel frattempo, comunque, preparò un libro di filosofia. Si fece costruire appositamente uno scrittoio di legno di larice semplicissimo, neppure verniciato, ben diverso da altri scrittoi e tavoli di legni pregiati che ci sono ancora adesso nella Casa Natale. Egli era ormai religioso, col voto di povertà, e quindi viveva con poco lavorando molto Dai suoi scritti è venuto per tutti un beneficio grazie anche alla sua dottrina giuridica. La persona è messa da lui al primo posto, lo Stato non è la sorgente, ma è il regolatore dei diritti delle persone, delle

L’esperienza che ha toccato tante famiglie nell’emigrazione toccò anche lui.

famiglie, delle associazioni. Il suo pensiero giuridico era ben presente tra i componenti che prepararono la Costituzione italiana, stimata come una delle migliori nel mondo. Dovunque siate voi italiane e italiani, ricordatevi che, anche se è stato necessario emigrare, l’Italia è grande nella capacità di incontro con tutte le culture.

II grandi uomini non spuntano dal nulla.

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Antonio Rosmini, un grande trentino, ha messo a frutto i doni offertigli nel suo territorio, ed è diventato un grande uomo formatore di altri grandi uomini.

Ora «emigra» ovunque è conosciuta la sua opera e la sua famiglia religiosa.

I I g r a n d i u o m i n i n o n s p u n t a n o d A n t o n i o R o s m i n i , u n g r a n d e t r e n m e s s o a f r u t t o i d o n i o f f e r t i g l i t e r r i t o r i o , e d è d i v e n t a t o u n g r a n d

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Nel 1835 dovette attendere ben cinque mesi prima di avere il passaporto per ritornare da Rovereto a Stresa. Nel frattempo, comunque, prepa rò un libro di filosofia. Si fece costruire appositamente uno scrittoio di legno di larice semplicissimo, neppure verniciato, ben diverso da altri scrittoi e tavoli di legni pregiati che ci sono ancora adesso nella Casa Natale. Egli era ormai religioso, col voto di povertà, e quindi viveva con poco lavorando molto Dai suoi scritti è venuto per tutti un beneficio grazie anche alla sua dottrina giuridica. L a persona è messa da lui al primo posto, lo Stato non è la sorgente, ma è il regolatore dei diritti delle persone, delle famiglie, delle associazioni. Il suo pensiero giuridico era ben presente tra i componenti che prepararono la Costituzione italiana, stimata come una delle migliori nel mondo. Dovunque siate voi italiane e italiani, ricordatevi che, anche se è stato necessario emigrare, l’Italia è grande nella capacità di incontro con tutte le culture.

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G I U S E P P E C R A F F O N A R A ( R I V A D E L G A R D A 1 7 9 0 - 1 8 3 7 ) R I T R A T T O A . R O S M I N I 1 8 3 0 C A
Ritratto A. Rosmini 1830 Ca Giuseppe Craffonara (Riva del Garda 1790-1837)

MUSEO CASA NATALE DI ANTONIO ROSMINI a cura di Padre Vito Nardin

Affacciata su una delle vie più rappresentative di Rovereto, la Casa natale di Antonio Rosmini conserva, rispettosamente custodito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità. La sua fisionomia, ben diversa da quella originaria, è il frutto delle modifiche subite nell’Ottocento in seguito all’apertura dell’attuale corso Rosmini. Gli ambienti rimasti pressoché integri, nonché il patrimonio di libri, mobili e opere d’arte, conservano ancor oggi, nonostante i danni del tempo e degli uomini, le vestigia di un glorioso passato. Al visitatore attento essi sanno rivelare momenti di storia della famiglia Rosmini e della città di Rovereto, offrendo uno spaccato significativo di quella cultura settecentesca illuministica roveretana di cui Antonio Rosmini (17971855) è stato l’erede più geniale e illustre.

Alla passione di Ambrogio (1741-1818), insigne architetto ed erudito bibliofilo, e del nipote Antonio che ne mise a frutto l’insegnamento, dobbiamo la prestigiosa biblioteca e la ricchissima collezione di opere d’arte che sono giunte fino a noi. Salendo al primo piano un ampio salone in stile tardo-settecentesco con tendenze neoclassiche accoglie il visitatore. Le pareti sono decorate da una serie di piccoli specchi che si alternano a maestose tele a tema mitologico e allegorico; dal soffitto pende un ricco lampadario ottocentesco di fattura veneziana.

A seguire la sala del balcone, ricca di pregevoli tele (varie copie da Guercino, Guido Reni, Domenichino), tavole di stile fiammingo e una serie di 12 quadretti su vetro (hinterglasmalerei) con cornici di gusto rococò.

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A seguire la sala del balcone, ricca di pregevoli tele (varie copie da Guercino, Guido Reni, Domenichino), tavole di stile fiammingo e una serie di 12 quadretti su vetro (hinterglasmalerei) con cornici di gusto rococò I locali con eleganti stufe in maiolica bianca e pregevoli pavimenti in legno policromo che attualmente ospitano la ricca biblioteca di famiglia, costituivano in origine l’appartamento di Pier Modesto Rosmini e Giovanna Formenti, genitori del filosofo Antonio

1713), rientrato da Padova dove si era trasferito il padre in cerca di fortuna, nel 1678 sposò Cristina Parolini e si trasferì nella dimora della moglie in località “al Portone”, così denominata per la presenza di un arco e di un portone, demolito nel 1876, che chiudeva l’accesso alla via delle Salesiane

dall ambiente Si rettangolari, uno o ovest, sopra l’an innalzava, sporgen “loggia alta” un am dieci finestre, prob dall’architetto e pit Internamente invec quanto l’uso del “verde” del palazzo estendeva fino a vi di ettaro che com grandi aiuole conflu pietra circolare, o abbellito con pian mantenne così (com palazzo) fino oltre l Le modifiche ottoc Dopo la morte di A Rovereto decise di la stazione ferrovia così l’attuale corso

Al secondo piano, arredata con semplici mobili in legno laccato nero e decorata con due madonne del pittore rivano Giuseppe Craffonara (1790-1837), vi è la stanza che il 24 marzo 1797 diede i natali ad Antonio Rosmini

In due espositori e un armadio a muro sono conservati alcuni dei suoi effetti personali, e dopo la beatificazione, sotto una teca di vetro, anche l’urna con le sue reliquie

ca e pregevoli pavimenti in legno policromo che attualmente ospitano la ricca biblioteca di famiglia, costituivano in origine l’appartamento di Pier Modesto Rosmini e Giovanna Formenti, genitori del filosofo Antonio. Al secondo piano, arredata con semplici mobili in legno laccato nero e decorata con due madonne del pittore rivano Giuseppe Craffonara (1790-1837), vi è la stanza che il 24 marzo 1797 diede i natali ad Antonio Rosmini. In due espositori e un armadio a muro sono conservati alcuni dei suoi effetti personali, e dopo la beatificazione, sotto una teca di vetro, anche l’urna con le sue reliquie. Sullo stesso piano in alcune stanze riscaldate da eleganti stufe in maiolica verde e arredate di mobili finemente lavorati, l’architetto Ambrogio Rosmini teneva i contatti

Sullo stesso piano in alcune stanze riscaldate da eleganti stufe in maiolica verde e arredate di mobili finemente lavorati, l'architetto Ambrogio Rosmini teneva i contatti epistolari con amici e intellettuali di tutta Europa, elaborava i suoi progetti architettonici e coltivava la sua passione di bibliofilo-collezionista Nella casa e nella sua città Antonio Rosmini visse stabilmente fino al 1826, quando i suoi studi lo indussero a trasferirsi a Milano Vi ritornò spesso soprattutto nei periodi che coincisero con la fondazione a Trento di una casa dell'Istituto della Carità (1831-1834) e con l'incarico di Arciprete nella parrocchia di S Marco a Rovereto (1834-

ropa, elaborava i suoi progetti architettonici e coltivava la sua passione di bibliofilo-collezionista. Nella casa e nella sua città Antonio Rosmini visse stabilmente fino al 1826, quando i suoi studi lo indussero a trasferirsi a Milano. Vi ritornò spesso soprattutto nei periodi che coincisero con la fondazione a Trento di una casa dell’Istituto della Carità (1831-1834) e con l’incarico di Arciprete nella parrocchia di S. Marco a Rovereto (1834- 1835). Vi soggiornò per l’ultima volta nell’autunno del 1854, pochi mesi prima della morte avvenuta a Stresa sul lago Maggiore il 1° luglio 1855, dopo una vita ricca di scritti, di fondazioni, di amicizie, di apostolato.

Affacciata su una delle vie più rappresenta-

Affacciata su una delle vie più rappresentative di Rovereto, la Casa natale di Antonio Rosmini conserva, rispettosamente custodito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità Gli ambienti rimasti pressoché integri sanno rivelare

Quest’unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone, in seguito Rosmini–Serbati, che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all’estinzione del ramo di questa famiglia con la morte di Antonio (1855) e di

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Rosmini conserva, rispettosamente custo dito dai Padri Rosminiani, un incomparabile patrimonio di cultura e di spiritualità. Gli ambienti rimasti pressoché integri sanno rivelare momenti di storia della famiglia Rosmini e della città di Rovereto, offrendo uno spaccato significativo di quella cultura settecentesca illuministica roveretana di cui Antonio Rosmini (1797-1855) è stato l’erede più geniale. Alla passione di Ambrogio (17411818), insigne architetto ed erudito bibliofilo, e di Antonio, illustre nipote che ne mise a frutto l’insegnamento, dobbiamo la prestigiosa biblioteca e la ricchissima collezione di opere d’arte presenti in casa che sono giunte fino a noi. Il palazzo in cui nacque Antonio Rosmini-Serbati apparteneva in origine alla facoltosa famiglia roveretana dei Parolini. Il trisnonno di Antonio, Nicolò Rosmini il

Tale opera si realizzò attraverso l’esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso. Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq e staccato dalla sua abitazione Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei oggiati aperti alle intemperie. E anche l’o rto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e chiuderlo semplicemente con un alto muro non sembrava la soluzione idonea. A Francesco Paoli, ultimo segretario ed erede delle proprietà di Rosmini, in questa circostanza sembrò necessario dare al palazzo una nuova facciata che mostrasse anche all’esterno l’ eleganza signorile e l’ agiatezza della famiglia nobile cui appart eneva il filosofo Antonio. Affidò quindi l’incarico del progetto all’ingegner Mascanzoni, il quale prese come punto di partenza la conservazione di tutta la parte antica del palazzo e come spunto la pianta di un disegno che l’architetto Ambrogio Rosmini aveva ideato e che illustrava una proposta di ampliamento dell’edificio a nord verso la parte dell’orto.

Le modifiche esterne

L’ingegner Mascanzoni alzò i l palazzo di un piano (un mezzanino per proporzionare l’altezza alla lunghezza), allungò l’avancorpo esistente fino al ciglio della nuova via e, dove si trovava il granaio, ne fece costruire uno nuovo della

Tale opera si realizzò attraverso l esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq e staccato dalla sua abitazione Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei loggiati aperti alle intemperie E anche l’o rto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e

giovane (1680- 1713), rientrato da Padova dove si era trasferito il padre in cerca di fortuna, nel 1678 sposò Cristina Parolini e si trasferì nella dimora della moglie in località “al Portone”, così denominata per la presenza di un arco e di un portone, demolito nel 1876, che chiudeva l’accesso alla via delle Salesiane.

Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra. L’accesso all’edificio era assicurato da due cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.

Le “basse costruzioni”

Quest’unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone, in seguito Rosmini– Serbati, che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all’estinzione del ramo di questa famiglia con la morte di Antonio (1855) e di suo fratello Giuseppe (1863). In seguito venne abitato, come lo è tutt’oggi, dai Padri Rosminiani.

La struttura originaria

In origine il palazzo era composto di due piani oltre il pianterreno e il sottotetto abitabile e come molte dimore dell’epoca, all’esterno si presentava alquanto modesto. Situato tra le case del borgo S. Caterina, la via delle Salesiane e i vigneti circostanti, architettonicamente non poteva avere libero respiro, ma assumeva la forma obbligata dall’ambiente. Si presentava con due corpi rettangolari, uno orientato verso sud e l’altro verso ovest, sopra l’angolo di innesto dei quali si innalzava, sporgendo in gran parte dal tetto, la “loggia

Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra.

L’accesso all’edificio era assicurato da due cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.

Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio. Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio Rosmini andava a passeggiare da solo o con gli amici, don Francesco Paoli nel 1874 fece realizzare sotto la torretta più alta, un sottopasso. Negli anni successivi l’orto fu ulteriormente ridotto a seguito di una serie di cessioni di terreno destinate alla realizzazione di opere di pubblico interesse quali la realizzazione di un nuovo asilo infantile e di un oratorio.

Le “basse costruzioni”

L’emiciclo

Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio

Nello spazio lasciato appositamente libero tra le due basse costruzioni e corrispondente per dimensioni alla lunghezza della facciata del palazzo si realizzò un piccolo giardino semicircolare Chiuso alle spalle da un muro di cinta e da una siepe di sempreverdi, diviso in aiuole fiorite con al centro due piccole fontane, fu ideato non solo per aggiungere

Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio

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1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata

alta” un ampio locale al tempo illuminato da dieci finestre, probabilmente utilizzato come studio dall’architetto e pittore Ambrogio Rosmini.

Internamente invece era d’aspetto e forma signorile quanto l’uso del tempo comportava. Appendice “verde” del palazzo, col quale confinava a nord e si estendeva fino a via Paganini, un orto di tre quarti di ettaro che completava la proprietà. Diviso in grandi aiuole confluenti al centro in una fontana di pietra circolare, ordinatamente ben coltivato ed abbellito con piante da frutto e fiori l’orto si mantenne così (come intatto si mantenne anche il palazzo) fino oltre la prima metà del secolo XIX.

Le modifiche ottocentesche

Dopo la morte di Antonio Rosmini la municipalità di Rovereto decise di aprire un viale che congiungesse la stazione ferroviaria con la piazza Nuova: nacque così l’attuale corso Rosmini.

Tale opera si realizzò attraverso l’esproprio dei terreni necessari lungo tutto l’asse del nuovo corso. Anche l’orto dei Rosmini, situato nelle vicinanze della piazza Nuova venne ridotto di circa 1360 mq. e staccato dalla sua abitazione. Il palazzo si presentava così alla vista dei passanti con la sua parte rustica: un grande e rozzo granaio, un cortile e dei loggiati aperti alle intemperie. E anche l’orto, separato e di scomodo utilizzo, restava a vista per tutta la sua larghezza e chiuderlo semplicemente con un alto muro non sembrava la soluzione idonea. A Francesco Paoli, ultimo segretario ed erede delle proprietà di Rosmini, in questa circostanza sembrò necessario dare al palazzo una nuova facciata che mostrasse anche all’esterno l’ eleganza signorile e l’ agiatezza della famiglia nobile cui apparteneva il filosofo Antonio. Affidò quindi l’incarico del progetto all’ingegner Mascanzoni, il quale prese come punto di partenza la conservazione di tutta la parte antica del palazzo e come spunto la pianta di un disegno che l’architetto Ambrogio Rosmini aveva ideato e che illustrava una

CASA NATALE A. ROSMINI corso Rosmini 28 - 38068 ROVERETO (TN) info e prenotazione visita guidata tel. 0464-431427 / 420788 www.casanatalerosmini.it

proposta di ampliamento dell’edificio a nord verso la parte dell’orto.

Le modifiche esterne

L’ingegner Mascanzoni alzò il palazzo di un piano (un mezzanino per proporzionare l’altezza alla lunghezza), allungò l’avancorpo esistente fino al ciglio della nuova via e, dove si trovava il granaio, ne fece costruire uno nuovo della stessa dimensione. Su ognuna delle facciate, quelle piccole degli avancorpi e quella lunga del corpo centrale, fece predisporre un architettonico balcone di pietra ornato di eleganti ferri a traforo. E sopra il balcone centrale fece porre in un bel decoro fogliare di pietra bianca l’arma di casa Rosmini, uno scudo con sei stelle.

Lesene sulle cantonate, leggere modanature marcapiano e finestre con cornici ioniche diedero al palazzo un aspetto maestoso ma semplice. Lo spazio creatosi tra i due avancorpi, con qualche aiuola trasformato in giardino, fu chiuso con un’elegante cancellata in ferro battuto e basamento in pietra. L’accesso all’edificio era assicurato da due

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La statua, opera dello scultore Vincenzo Consani, nel 1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata

cancelli posti in corrispondenza dei due portoni d’ingresso del corpo centrale.

Le “basse costruzioni”

Per far risaltare la maestosità della nuova facciata e per nascondere alla vista del passante la parte indecorosa dell’orto, sul ciglio opposto della nuova strada, simmetriche rispetto ai due avancorpi del palazzo, vennero realizzate due basse costruzioni a finestre e porte arcuate, da adibire ad uso di botteghe e di abitazione del personale di servizio. Per mantenere il legame interrotto dalla nuova strada tra il palazzo e quell’orto dove Antonio Rosmini andava a passeggiare da solo o con gli amici, don Francesco Paoli nel 1874 fece realizzare sotto la torretta più alta, un sottopasso. Negli anni successivi l’orto fu ulteriormente ridotto a seguito di una serie di cessioni di terreno destinate alla realizzazione di opere di pubblico interesse quali la realizzazione di un nuovo asilo infantile e di un oratorio.

L’emiciclo

Nello spazio lasciato appositamente libero

tra le due basse costruzioni e corrispondente per dimensioni alla lunghezza della facciata del palazzo si realizzò un piccolo giardino semicircolare. Chiuso alle spalle da un muro di cinta e da una siepe di sempreverdi, diviso in aiuole fiorite con al centro due piccole fontane, fu ideato non solo per aggiungere piacevolezza al complesso degli edifici, ma anche per creare un luogo idoneo da donare alla città nel quale collocare la statua che la Commissione per il monumento Rosmini aveva in mente di erigere in onore del suo illustre concittadino.

Le modifiche interne

Gli interventi di ristrutturazione ed ampliamento del palazzo portarono notevoli modifiche anche alle sale interne. Rimase per lo più intatto il nucleo centrale: al primo piano la sala degli specchi, la cappella e l’appartamento dei genitori di Antonio; al secondo piano la stanza natale di Antonio e l’appartamento dello zio Ambrogio. Al terzo piano, fatto innalzare ex novo, don Paoli realizzò una serie di locali che utilizzò in parte come abitazione per i confratelli Rosminiani e in parte, circa dieci stanze, cercò di attuare concretamente il “progetto culturale” di Antonio Rosmini, ovvero la sistemazione delle raccolte di stampe, di quadri e della grandiosa biblioteca, frutto della passione collezionistica dall’architetto Ambrogio, alle quali il nipote Antonio aveva notevolmente contribuito ad incrementare

Le modifiche recenti

La statua, opera dello scultore Vincenzo Consani, nel 1879 fu dapprima collocata in testa alla nuova via al centro della piazza e solo più tardi, intorno al 1890, venne spostata nell’emiciclo destinato per tale uso. La Commissione si incaricò di sistemare il suolo attorno al monumento, di introdurre l’acqua nelle fontane, di tagliare alcuni ippocastani e di recintare l’emiciclo con una elegante cancellata.

Dopo la massiccia sistemazione subita dal palazzo durante il XIX secolo, gli eventi bellici e altre vicissitudini storiche portarono vari cambiamenti e trasformazioni nell’uso dei locali e nella disposizione degli arredi. Solo verso la metà del XX secolo, ad opera dei Padri Rosminiani, si è provveduto al ripristino di quella parte del palazzo in cui visse la famiglia e lo stesso Antonio, raccogliendo e sistemando arredi, memorie, biblioteca, e ornando le pareti di scale, passaggi e stanze con i quadri della pinacoteca di famiglia.

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CENA TRADIZIONALE CON I PIATTI DI UNA VOLTA a

cura di Mauro Verones

Nello spirito di continuità le attività dell’associazione si intrecciano spesso con i piatti tipici e la musica che rappresentano a pieno titolo elementi distintivi della cultura di ogni paese e nel nostro caso del Trentino e della cultura paneuropea delle nostre popolazioni. Ecco quindi che il 24 febbraio 2023 abbiamo organizzato una cena volta ad autofinanziare le attività culturali dell’associazione con un menù particolare.

Strudel stiriano, zuppa d’orzo, zuppa di trippe, smacafam e per finire “pinza de lat coi pomi”, tutti piatti poveri che potevamo mangiare a casa dei nonni.

La serata è stata baciata dalla fortuna ed ha visto quale biglietto da visita il tutto esaurito. Un successo che viene da più di tre anni di cene itineranti, con proposte culinarie sempre diverse e sempre composte da piatti

tipici di qualche paese nel quale ci sono nostre diramazioni. Questa volta è toccato ai piatti del nostro Trentino, con un antipasto tipicamente austriaco, per ricordare il nostro passato e la

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nostra internazionalità.

Sappiamo che non esiste una terra nel mondo in cui non sia passato un trentino e non abbia lasciato il segno, come sappiamo che la nostra terra è stata ed è tutt’ora un luogo di passaggio di popoli e culture.

Un ringraziamento va alla Ca’ dei Giosi locale che ci ha ospitati per la seconda volta prestando tutta la struttura, a Luigi cuoco di grande esperienza che ci aiuta sempre nelle nostre avventure culinarie, alle Cantine Girel-

li, ed in specifico alla signora Sandra, che ci hanno donato il vino ed hanno capito lo spirito con cui facciamo le cose, agli amici della Bisca Bis che ci hanno allietati con le loro musiche e canzoni e a tutti i volontari che ci aiutano sempre a realizzare eventi che delle volte sembrano impossibili.

Questa è stata la prima cena di quest’anno e come direttivo ci siamo prefissati di realizzarne altre in altre parti del Trentino e, naturalmente, con altri piatti.

Convinti che le immagini alle volte raccontino molto più delle parole fermiamo la scrittura e lasciamo a voi immaginare attraverso la visione di alcune foto la bontà e la bellezza di una cena in compagnia ed allegria.

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VISITA UFFICIALE DEL SIG. ROBERTO DONDIO PRESIDENTE DELLA NOSTRA FAMIGLIA

TRENTINA DI CORDOBA, ARGENTINA.

Roberto ha condiviso momenti di scambio di esperienze associative, storie di migrazione sul territorio argentino e progetti da realizzare insieme al Consiglio Direttivo di Cordoba, sotto la direzione della dott.ssa Rossana Morelli, responsabile dei progetti all’interno della Famiglia Trentina di Cordoba. Si è tenuto un incontro protocollare con l’Ufficio migrazione della provincia di Trento, dove è stato accolto con grande entusiasmo e determinata collaborazione da Antonella Giordani e Lorenza Fracalossi. “Vorrei parlarvi sulla mia esperienza di soggiorno nella città di Trento, terra dei miei antenati, che considero la mia patria in quanto legata alle mie radici. Voglio infatti ringraziare l’Unione delle Famiglie Trentine all’Estero, in particolare il presidente Mauro, la dottoressa Patricia e la segretaria Nara Deromedis, che mi hanno dedicato il loro tempo e mi hanno accolto con calore. Voglio confessare che mi sono sentito a casa! Semplicemente: Grazie. Ho avuto anche l’opportunità di riportare a loro tutte le preoccupazioni e i progetti della Famiglia Trentina di Cordoba Argentina, di cui ho l’onore di essere Presidente, assieme ad un consiglio di collabo-

ratori molto impegnati ad aiutare, ascoltare, risolvere, ognuna delle preoccupazioni, delle necessità dei discendenti, siano esse esistenziali, educative, consolari, ecc., Questo dimostra che facciamo del nostro meglio per aiutare i nostri compatrioti. Ho avuto l’onore e il piacere di conoscere per la prima volta la bellissima Italia, un viaggio che ho desiderato ardentemente, nonostante le circostanze e le avversità della vita. Vorrei ringraziarvi per tutte le attenzioni, l’accompagnamento, le soluzioni, le premure ricevute da ognuno dei collaboratori delle Famiglie Trentine all’Estero. Spero di poter realizzare i progetti futuri dei discendenti dei Trentini a Cordoba e di poterli rivedere presto, e spero di vederli nella mia Argentina”.

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C E L E B R A Z I O N I

CELEBRAZIONI

Il sig. Fiorelo Zanella, Presidente della nostra Famiglia Trentina di Taió, e sua moglie Sig ra Sonia Regina Zanella, hanno festeggiato il 18 12 2021 le nozze d'oro, completando 50 anni di felice vita matrimoniale La preziosa coppia ha 3 figli:

1) Giovanna Zanella, sposata con Jorge Luiz Cardouzo e con i figli Pietra e Lucca; 2) Daniel Zanella, sposato con Rafaela Montibeller e con i figli Caio e Davi; 3) Fiorello Zanella Junior, ancora nubile

Nel 2023 si celebrano i dieci anni di collaborazione con l'associazione di Nara Deromedis che rappresenta da sempre un pilastro dell'associazione per tutti i nostri iscritti e per i componenti delle nostre diramazioni

Siamo felici di pubblicare una le ttera arrivata in questi giorni da un socio storico dell'associazione che ha conosciuto molto bene la passione e l'amore profuso nel suo lavoro della nostra collaboratrice

Cara Nara voglio congratularmi con Te per questo traguardo a due cifre: 10 anni in Segreteria dell’Unione delle Famiglie

Trentine all’Estero, in sede madre a Trento Dieci anni offerti non solo come un qualunque lavoro, ma fatti di grande amicizia e sentimento, soprattutto verso le Famiglie Trentine che abbiamo all’estero, che per certo so, te ne sono molto grate, come grato te ne sono anch’io per tutta la passione che ci hai messo, anche in anni veramente difficili, impegno che hai seguito molto voglio ricordare anche come volontariato Sappiamo benissimo che questi 10 anni comunque non sono i soli, ricordando il periodo che hai collaborato anche con Gianna Copat Per questo cara Nara Grazie Grazie con la “G” maiuscola e con un abbraccio Ti auguro ancora un Buon proseguimento

Il 16 gennaio 1983 ci siamo sposati, quarant'anni dopo, e la vita ci ha benedetto con due figli meravigliosi: María Laura e Martín María Laura con il suo compagno Gastón ci ha dato due nipotini che sono la luce dei nostri occhi, Bautista e Francesco. Come nella musica ci sono note alte e note basse; ma l'importante è mantenere la melodia Grazie a Dio per averci permesso di camminare insieme. Alicia del Carmen Mora e Carlos Alberto Tosolini

Tutti quei momenti condivisi in 90 anni di vita sono conservati come grandi ricordi nel cuore di tutti noi che ti vogliamo bene, che non saranno mai dimenticati Vogliamo augurarti in questo giorno speciale un felice compleanno carissima signora Rosaura Panelati della nostra Famiglia Trentina di Resistencia

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N O Z Z E D ’ O R O N O Z Z E D I S M E R A L D O B U O N C O M P L E A N N O L A V O R A T I V O B U O N C O M P L E A N N O 9 0
G I A N C A R L O F I L O S O

CIAO TRENTINO: TIONE DI TRENTO a

cura di Rita Alterio

Cenni storici

Tione, il capoluogo delle Giudicarie che comprende anche la piccola frazione di Saone, è disteso ai piedi del monte Gaggio ed è attraversato dal fiume Sarca e dal Torrente Arnò. È un centro molto importante, poiché costituisce l’anello di congiunzione naturale tra le Valli del Chiese, la Rendena e le Giudicarie Esteriori.

Proprio per la sua fortunata posizione geografica è un florido centro commerciale, sede di tutti i servizi degni delle più famose località di soggiorno. Tione costituisce la base ideale per accedere con comodità, alle bellissime valli limitrofe, dentro e fuori il Parco Naturale Adamello Brenta, per vivere e

Si susseguirono i Romani e i Longobardi prima che diventasse parte del principato vescovile di Trento. Al Principe Vescovo succedette l’Austria, quindi il Regno di Baviera, il Regno Italico e alla fine del 1813 ancora l’Austria che rimase fino al 1918.

Come borgata Tione si è sviluppato dopo l’ultima guerra, ciò nonostante il paese ha mantenuto la suddivisione degli antichi rioni di Brevine, Cantes, Ville, Pleù, Sivrè e Basso Arnò.

I vecchi rioni

Esiste un modo tutto particolare per scoprire gli angolini più suggestivi della borgata di Tione: passeggiare alla ricerca delle fontane storiche nei diversi rioni, alla scoperta delle

ti e raccontano gli usi e i costumi di una volta

16 CIAO TRENTINO
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Tione, il capoluogo delle Giudicarie che comprende anche la piccola frazione di S è di t i i di d l Tione
TIONE DI TRENTO, 600 m slm
cura di Rita Alterio, Assessore Comunale Cenni storici

ha mantenuto la suddivisione degli antichi rioni di Brevine, Cantes, Ville, Pleù, Sivrè e Basso Arnò.

I vecchi rioni

È difficile oggi capire l’importanza e il ruolo che le fontane rivestivano nel passato, dato che sono elementi meramente ornamentali delle maggiori piazze delle nostre città, ma un tempo erano i luoghi dell’aggregazione e della socializzazione, i posti dove le donne si trovavano a lavare i panni, ma anche a conversare e spesso con i loro bambini che così potevano giocare tra loro. Le fontane storiche a Tione, tra cui si dipana il “Giro delle fontane” oggi sono 8 e attraver so un giro circolare che parte da Brevine e, toccando tutti i rioni di Tione ritorna sul viale principale, si possono vedere tutte.

Esiste un modo tutto particolare per scoprire gli angolini più suggestivi della borgata di Tione: passeggiare alla ricerca delle fontane storiche nei diversi rioni, alla scoperta delle tracce del passato che ancora so presenti e raccontano gli us i costumi di una volta de genti di Tione.

Fino al 1928 si è chiamata solo “Tione”, in dialetto locale “Tió”. Il toponimo deriverebbe dal latino TILIA ‘tiglio’ più il suffisso accrescitivo o collettivo -one, per intendere ‘bosco di tiglio’; secondo un’altra tesi deriverebbe da un nome personale longobardo “Theudo, Theudonis”, che avrebbe perso

È difficile oggi capire l’importanza e il ruolo che le fontane rivestivano nel passato dato che sono Si susseguirono i Romani e i Longobardi prima che diventasse parte del principato vescovile di Trento Al Principe Vescovo succedette l’Austria, quindi il Regno di Baviera, il Regno Italico e alla fine del 1813 ancora l’Austria che rimase fino al 1918.

Come borgata Tione si è sviluppato dopo l’ultima guerra, ciò nonostante il paese ha mantenuto la suddivisione degli antichi rioni di Brevine, Cantes, Ville, Pleù, Sivrè e Basso Arnò.

I vecchi rioni

GEOGRAFIA E TOPONIMIA

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Fino al 1928 si è chiamata solo “Tione”, in dialetto locale “Tió”. Il toponimo deriverebbe dal latino TILIA ‘tiglio’ più il suffisso accrescitivo o collettivo -one, per intendere ‘bosco di tiglio’; secondo un’altra tesi deriverebbe da un nome personale longobardo “Theudo, Theudonis”, che avrebbe perso la “d”. Nel 1185

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ciò nonostante il paese
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IL NUOVO CENTRO E LE SUE PIAZZE

ombrosi giardini interrompono il susseguirsi di negozi per permettere momenti di relax.

Il centro storico di Tione ha subito negli ultimi anni notevoli opere di riqualificazione degli spazi

no”, nel 1212 “de Tilono” e nel 1240 “plebis Tejoni”. Da documenti datati 1154, che attestano l’esistenza di una pieve, si deduce che l’abitato ha sicuramente origini antiche, forse romane se non addirittura preistoriche. Nel medioevo fu sede di una delle sette unità politico-religiose giudicariesi derivanti dall’ordinamento longobardo o franco.

LA FRAZIONE DI SAONE

Sono stati ampliati i luoghi di ritrovo e socializzazione lungo tutto Viale Dante, in un’ottica di zona a traffico limitato

IL NUOVO CENTRO E LE SUE PIAZZE

Il centro storico di Tione ha subito negli ultimi anni notevoli opere di riqualificazione degli spazi.

Sono stati ampliati i luoghi di ritrovo e socializzazione lungo tutto Viale Dante, in un’ottica di zona a traffico limitato.

SHOPPING

IL NUOVO CENTRO E LE SUE PIAZZE

L’abitato di Saone si estende nella parte nord-est della Busa di Tione, sulla sponda destra del fiume Sarca.

Il paese faceva parte della Pieve e della Comunità di Bleggio fino a quasi tutto il 1700. Da vedere:

SHOPPING

Il centro storico di Tione ha subito negli ultimi riqualificazione degli spazi. Sono stati ampliati i luoghi di ritrovo e socia Viale Dante, in un’ottica di zona a traffico limita

• La Chiesa Parrocchiale di S. Brizio fresca di restauro.

• Chiesetta di S. Giovanni

La borgata di Tione si presenta come un florido centro commerciale ed amministrativo con oltre 100 tra negozi, bar e ristoranti.

SHOPPING

CHIESA PIEVANA DI S. MARIA ASSUNTA

l centro del paese si allunga in linea retta un bellissimo viale alberato dotato di larghi marciapiedi ideale per lo shopping Ampi ed ombrosi giardini interrompono il susseguirsi di negozi per permettere momenti di relax.

Il centro storico di Tione ha subito negli ultimi anni notevoli opere di riqualificazione degli spazi

La borgata di Tione si presenta come un florido centro commerciale ed amministrativo con oltre 100 tra negozi, bar e ristoranti. l centro del paese si allunga in linea retta un bellissimo viale alberato dotato di larghi marciapiedi ideale per lo shopping. Ampi ed

La parrocchiale (IX-X secolo) è stata oggetto di un grande lavoro di restauro che ha portato alla luce una tomba antichissima con reperti molto interessanti. Tra questi una semicolonna romana di marmo bianco, con sculture e cordone, che conferma l’antica origine della chiesa, prima Pieve di tutto il circondario. Anche le rovine scoperte sotto il vecchio pavimento confermano che l’im-

LA FRAZIONE DI SAONE

Sono stati ampliati i luoghi di ritrovo e socializzazione lungo tutto Viale Dante, in un’ottica di zona a traffico limitato.

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L’abitato di Saone si estende nella parte nord-est della Busa di del

La borgata come u commercia con oltre ristoranti l centro de linea retta alberato marciapied shopping giardini susseguirsi permettere

LA FRAZION

L’abitato d nella parte Tione, sull fiume Sarc

Il paese fac della Comu quasi tutto Da vedere:

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18 CIAO TRENTINO
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LA FRAZIONE DI SAONE IL NUOVO CENTRO E LE SUE PIAZZE

del centro sportivo, sorge la chiesetta dedicata a S. Vigilio. La chiesa è posta su di un promontorio roccioso che non teme l’urto del fiume. Davanti ad essa passava l’antica strada che conduceva in Rendena. Nel 1692 fu costruita l’attuale chiesa e convertita in sacrestia l’antichissima cappella, che la tradizione vuole in massima parte edificata già ai tempi di San Vigilio (IV secolo). Di fianco alla facciata della chiesa appoggiata al campanile c’è una nicchia con all’interno un masso di granito sul quale, come dice la scritta, la tradizione vuole sia stata deposta la salma di S. Vigilio. Sul lato destro sono custodite le lapidi del cimitero del colera che è stato distrutto per costruire la strada che collega il Basso Arno a Sesena. La piccola sacrestia ha affreschi medievali ed una grata in pietra.

L'antica chiesa tionese nel corso dei secoli fu soggetta a continui ampliamenti, finché nel 1513 l'intervento del cardinale Adriano da Corneto non ne modificò la struttura facendo, ad esclusione delle cappelle, radere tutto al suolo e ricostruire. Nel 1893/96 fu soggetta a nuovi interventi di restauro.

Fino al 1928 si è chiamata solo “Tione”, in dialetto locale “Tió”. Il toponimo deriverebbe dal latino TILIA ‘tiglio’ più il suffisso accrescitivo o collettivo -one, per intendere ‘bosco di tiglio’; secondo un’altra tesi deriverebbe da un nome personale longobardo “Theudo, Theudonis”, che avrebbe perso la “d”. Nel 1185 è documentato “de Tilluno”, nel 1212 “de Tilono” e nel 1240 “plebis Tejoni”. Da documenti datati 1154, che attestano l’esistenza di una pieve, si deduce che l’abitato ha sicuramente origini antiche, forse romane se non addirittura preistoriche. Nel medioevo fu sede di una delle sette unità politico-religiose giudicariesi derivanti dall’ordinamento longobardo o franco.

pianto è anteriore al Mille.

L’antica chiesa tionese nel corso dei secoli fu soggetta a continui ampliamenti, finché nel 1513 l’intervento del cardinale Adriano da Corneto non ne modificò la struttura facendo, ad esclusione delle cappelle, radere tutto al suolo e ricostruire. Nel 1893/96 fu soggetta a nuovi interventi di restauro.

Fino al 1928 si è chiamata solo “Tione”, in toponimo deriverebbe dal latino TILIA accrescitivo o collettivo -one, per inten seco rebbe da long s”, che avreb è do l 1212 “de Ti Tejo 54, che atte piev a sicuramen rom istoriche. N una co-religiose dall’o franco.

A cura dell’architetto Livio Provasoli di Mantova e del pittore Angelo Comolli si riprese lo stile lombardo misto al toscano medioevale (strisce grigie chiare e scure).

Oggi l’interno della chiesa colpisce con l’ampiezza e la solennità delle dimensioni. Sulla vasta navata centrale si aprono otto cappelle (quattro per lato) collegate tra loro da una galleria ottocentesca. In sei esse si trovano altrettanti altari, mentre altre due (una per lato) coronano gli ingressi laterali.

La parrocchiale (IX-X secolo) è stata oggetto di un grande lavoro di restauro che ha portato alla luce una tomba antichissima con repert molto interessanti. Tra quest una semicolonna romana d marmo bianco, con sculture e cordone, che conferma l'antica origine della chiesa prima Pieve di tutto i circondario. Anche le rovine scoperte sotto il vecchio pavimento confermano che l'impianto è anteriore al Mille

Di particolare interesse il battistero, gli affreschi (in particolare la Madonna con Bambino di Simone Baschenis di Averara), la Via Crucis, l’Altare Maggiore in marmo.

CHIESETTA DI S. VIGILIO

Lungo le rive del fiume Sarca, nelle vicinanze

A cura dell'architetto Livio Provasoli di Mantova e del pittore Angelo Comolli si riprese lo stile lombardo misto al toscano medioevale (strisce i i hi ) sa la ni. si ro da In ti a si il n n e a in

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Chiesa pievana di S. Maria Assunta
GEOGRAFIA E TOPONIMIA
I MONTI DI TIONE I MONTI DI TIONE

María Elena Paternoster

Il suo motto è "SENZA ALIMENTARE LO SPIRITO, L'ANIMA MUORE".

A cura di Famiglia Trentina di Las Varillas

María Elena Paternoster appartiene alla famiglia Trentina di Las Varillas (Cba )

Rep Argentina Sua madre è di origine spagnola, e suo padre, di origine trentina. Si è occupata di arte fin da bambina, conseguendo titoli di studio come insegnante di declamazione e di Danze spagnole, folcloristiche e latinoamericane

Ha lavorato come insegnante di Arti e Mestieri, Arti Plastiche e Tecnologia per quarant'anni presso la Scuola Dalmacio Velez Sarfield di Las Varillas.

Dal 1991 al 1996, la direzione è stata svolta da Roberto Pagano e dal 2006 al 2009 da José Nieto Dal 2005 al 2015 ha organizzato recital di poesia musicale presso l'Associazione Spagnola e incontri di teatro per bambini durante venticinque anni presso la Scuola Dalmacio Velez Sarfield

Dal 1973 al 1975 ha fatto parte di un cast teatrale sotto la direzione di Angel Daney, rappresentando in Las Varillas e in Cordoba ha ricevuto il Premio Trinidad Guevara

DALLE DIRAMAZIONI

Ha collaborato alla Direzione della Cultura per quattro anni sotto la direzione di Mabel Alonso, gestione che ha portato alla creazione del Museo del Cinema Teatro Colón, del rifugio di El Bosque e del Museo del Cinema. Dal 2009 è membro del comitato organizzativo i Festival Giovanili e Nazionali.

Fa parte del gruppo degli Artigiani con esposizioni mensili e quindicinali, del gruppo femminile “Mujeres picantes” appartenente al Centro Commerciale che organizza incontri mensili di donne con discorsi motivazionali, sfilata di modelle, bingo e lotterie per intrattenere e promuovere il commercio locale.

Fa parte di un gruppo di Recitatori e di una Brigata Murale, che conta già diciassette opere quest'anno.

È sempre aperta a tutte le manifestazioni artistiche, partecipandovi e sostenendole.

È grata ai suoi genitori per aver incoraggiato la sua creatività e il suo piacere di vivere.

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Il Murale omaggio della Famiglia Trentina di Las Varillas: L'ARGENTINA, paese aperto all'immigrazione, ha accolto tanti italiani pieni di sogni e speranze che, con il loro lavoro, hanno reso grande il territorio. Alicia Mora

“SoCIedad dante aLIghIerI” In Paraguay

Il Comitato Dante Alighieri di Asunción nasce come “Sociedad Dante Alighieri” in Paraguay nel 1929 allo scopo di amministrare la più antica Scuola Dante Alighieri (fondata nel 1895 da immigrati italiani), e con l’obiettivo principale di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane.

Il Comitato gestisce la Scuola privata (dall’a silo al liceo) – attualmente con due sedi, ad Asunción e Fernando de la Mora, cittadina nell’area metropolitana della capitale para guaiana - che prevede tra le altre materie del curricolo educativo paraguaiano anche la lingua italiana e alcune materie specifiche in lingua italiana (come storia, scienze ed arte). Amministra inoltre l’Istituto di lingua e cultura italiana in cui si insegna l’italiano a giovani e adulti secondo tutti i livelli del QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue) e si sostengono gli esami PLIDA: l’Istituto Dante di Asunción è infatti anche Centro Certificatore PLIDA, unico centro in Paraguay. In base ad un accordo con il Ministero degli Affari Esteri italiano, e con l’approvazione scientifica dell’Università “Sapienza” di Roma, il PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) è un certificato della Società Dante Alighieri formalmente riconosciuto in Italia e nel mondo; certifica in base ad un esame la conoscenza della lingua italiana come lingua straniera su una

scala di sei livelli (A1, A2, B1, B2, C1, C2).

Il Comitato Dante di Asunción organizza inoltre attività culturali di diverso tipo rivolte ai soci, studenti e a quanti sono innamorati della cultura italiana, attività collegate all’arte figurativa, la musica, lo sport, il cinema, il teatro, la moda, la letteratura.

A studiare la lingua e la cultura italiane presso l’Istituto di Lingua e Cultura italiana sono ogni anno circa 600 alunni di tutte le età a partire dai 15 anni, frequentando corsi virtuali o in presenza adatti a ciascun livello linguistico, dall’A1 al C2. Tra questi studenti, appassionati della cultura italiana, ci sono anche ragazzi e ragazze, signore e signori, provenienti da vari paesi dell’America Latina (e non solo), ma tutti accomunati dalle origini trentine. La Dante Alighieri di Asunción, infatti, grazie alla collaborazione con l’Unione delle Famiglie Trentine all’Estero (UFTE), organizza corsi intensivi online della durata di sei mesi, dall’A1 al B1, per discendenti trentini con il

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sostegno della Provincia Autonoma di Trento grazie ad un progetto linguistico-culturale iniziato nel dicembre 2020. Da quel momento si sono aperti in ogni semestre due corsi intensivi A1-B1 e dal luglio 2021 anche un corso B2 di sei mesi per gli alunni che erano riusciti a superare con successo i tre corsi linguistici (A1, A2, B1). In due anni di collaborazione tra la Dante di Asunción e l’UFTE sono stati quasi 240 gli alunni provenienti dall’Argentina, Australia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Messico, Paraguay e persino dal Canada, che con grande passione e molto impegno (collegandosi ad orari diversi per i differenti fusi orari nazionali), hanno frequentato i corsi A1-B1 e il corso B2.

Il progetto linguistico-culturale è nato con l’obiettivo pienamente raggiunto di realizzare un sogno diffuso tra i discendenti trentini (e in generale italiani) che è quello di ricongiungersi con le proprie radici culturali e linguistiche. Si tratta di un’iniziativa nata proprio durante la pandemia di Covid-19, riuscendo ad approfittare (nonostante le difficili situazioni vissute a causa del virus) della crescita degli scambi virtuali e dello sviluppo di maggiori risorse digitali: malgrado l’ambiente necessariamente virtuale delle classi gli alunni sono riusciti a creare bellissimi gruppi umani, formando così

una nuova famiglia internazionale accomunata dall’amore per la lingua italiana e dalle origini e cultura trentine. Va infatti menzionato che nonostante l’uso costante delle tecnologie, di applicazioni digitali in questi ultimi due anni lo studio della lingua italiana nell’Istituto Dante Alighieri si è sempre concentrato sulla comunicazione e le interazioni umane, privilegiando quindi i rapporti umani nell’insegnamento della lingua.

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IN CAMMINO IN TRENTINO-ALTO ADIGE CON GIO

Questa rubrica ha lo scopo di proporre nuovi itinerari trekking all’interno dell’Trentino Alto Adige unendo alle informazioni più tecniche della gita quali altitudine, lunghezza, dislivello, tipo di sentiero alcune informazioni sul territorio, storiche, gastronomiche etc. E’ realizzata in collaborazione con la pagina Facebook “In cammino in Trentino con Gio”

L’ALTO ADIGE

Chiusa-Sabiona-Chiusa

Lunghezza circa 5 km

Dislivello 200 mt

Giro ad anello in parte su strada non trafficata, in parte su sentiero Interessante la visita al complesso monastico di Sabiona.

Bassa difficoltà, accessibile a tutti con qualche tratto ripido

Il monastero di Sabiona, in tedesco Kloster Säben, in ladino Jevun, è detta anche l’Acropoli del Tirolo perché sorge su un’alta rupe che sovrasta il borgo di Chiusa in Val d’Isarco, in Alto Adige.

Sabiona è il luogo più antico di pellegrinaggio dell’intero Tirolo e costituisce uno dei più antichi monumenti cristiani della regione e dell’arco alpino. È stata sede vescovile del Tirolo prima che questa fosse spostata verso l’anno 1000.

Il monastero può essere raggiunto solo a piedi partendo dal paese di Chiusa e percorrendo a piedi l’antica Via Crucis.

Sabiona è anche definita fortezza perché nel

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GIROVAGANDO PER
GIRO AD ANELLO CHIUSA – SABIONA – CHIUSA

medioevo era anche un castello che resistette a molti attacchi.

Sulla rocca si può visitare l’antica cappella della Madonna, la chiesa conventuale, la chiesa della Santa Croce e la fontana commemorativa.

La chiesa della Santa Croce è stata per oltre quattrocento anni la sede della cattedra vescovile finché questa non fu spostata a Bressanone.

Nel 1535 un fulmine si abbatté sulla rupe di Sabiona, provocando un incendio che distrusse il Palazzo Vescovile.

Dopo all’incirca un secolo, il parroco e canonico di Chiusa, abile uomo d’affari, Matthias Jenner promosse l’iniziativa di fondare un monastero sulle rovine dell’antico palazzo nel punto più elevato della rupe. Non fu certo impresa facile, ma il complesso monastico con le sue mura difensive venne inaugurato il 18 novembre 1686. Per oltre trecento anni e fino al settembre 2021, il monastero è stato sede di una comunità di monache benedettine di clausura.

Il monastero ospitò inizialmente solo cinque monache provenienti dal monastero delle benedettine di monastero delle benedettine

di Nonnberg, nei pressi di Salisburgo. La prima Badessa fu Madre Agnes von Ziller, che già nel 1687 poté accogliere nel convento 30 monache.

Nei secoli XVIII e XIX il cenobio conobbe varie occupazioni e subì anche la profanazione da parte degli invasori, che lo utilizzarono come fortezza difensiva. Superate le traversie storiche, il monastero tornò alla vita normale e le monache tornarono ad occuparlo. Fedeli alla loro regola, ora et labora, oltre ad aver dedicato la vita alla preghiera sono state sempre dedite al lavoro necessario per il loro mantenimento. Si sono dedicate alla cura delle vigne, a lavorare i campi, cucire e ricamare i paramenti sacri, accogliere ed ospitare i pellegrini.

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La più antica chiesa della rupe di Sabiona, la cui sagrestia custodiva una fonte battesimale scavata nella roccia viva del IV secolo, si trovava dove ora troviamo la Cappella delle Grazie.

Molto suggestivo il crocefisso del XV secolo, posto sull’altare maggiore e opera del maestro scultore Leonhard da Bressanone. Tutte le altre sculture risalgono al XVII secolo. A difesa della rupe del monastero sorge un po’ più in basso anche la Torre del Capitano, chiamata anche castel Branzoll.

Il castello fu costruito attorno al 1250 dai Si-

gnori di Sabiona e tra il 1465 e il 1671 fu sede del giudice responsabile del territorio del principato vescovile. Dopo un furioso incendio nel 1671 del castello rimasero solamente le rovine finché nel 1895 fu acquistato e ricostruito dal famoso appassionato di castelli - Dr. Otto Piper. I lavori furono ultimati da Karl Traut, commerciante di Innsbruck con il gusto per l’arte, che trasformò l’edificio in un centro culturale frequentato fino al 1929 da artisti, musicisti, scrittori e intellettuali.

Ora è abitazione privata.

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ESPERIENZA DALL’ESTERO: LUNA TOMASI

Come ti chiami, quanti anni hai, dove sei originaria.

Sono Luna Tomasi, ho 25 anni e sono di Pergine Valsugana

Età primo soggiorno all’estero non per vacanza? Dove sei andato? Perché sei andato? Quanto tempo sei rimasto? Eri accompagnato? Da un amico o da un familiare? Dove alloggiavi? Da solo?

Il primo soggiorno all’estero che ho intrapreso è stato quello che viene comunemente chiamato quarto anno all’estero. Sono stata negli Stati Uniti d’America, precisamente in una cittadina di nome New Haven, che si trova a circa 90km di distanza verso ovest da St. Louis, in Missouri. Sono partita da sola ma non proprio, perché al momento della partenza eravamo un gruppo di ragazzi all’aeroporto e avevamo come guida l’agenzia cui avevamo fatto affidamento, dopodiché atterrati a New York ognuno di noi ha preso strade o volti diversi a seconda del posto a cui eravamo stati affidati. Il motivo principale che mi ha spinto a fare questa scelta è stata la curiosità nel vedere la quotidianità da un secondo punto di vista, infatti frequentando il liceo, la cosiddetta “high school”, ho potuto fare un’esperienza magnifica diventando parte integrante del luogo che mi ospitava. Sono stata molto fortunata a poter vivere in una meravigliosa famiglia ospitante con quattro figli, i quali mi hanno fatta sentire sempre a mio agio come se fossi la quinta sorella mancante, mi hanno fatto fare amicizia e sono cresciuta con loro per tutto l’anno.

Racconta la tua prima esperienza con la cucina autoctona

La prima esperienza avuta con la cucina del luogo è pressoché inesistente, perché il tipico cibo americano è il “junk food”, ossia tutta la categoria di cibo spazzatura che viene descritto in Italia. Gli americani usano fare colazione con caffè americano (che è semplicemente il caffè ma allungato con l’acqua) e qualche bagel, oppure latte e cereali quando si va di fretta (vale a dire tutti i giorni); qualche volta nel weekend si usa cuocere un paio di uova strapazzate con bacon. Ovviamente mi sono dovuta fare andare bene tutto il cibo e le abitudini culinarie diverse dalle nostre, e devo dire che alla fine non è stato poi così male. Gli americani mangiano tanta carne, soprattutto rossa, e non mangiano mai, e dico mai, la pasta vera e propria (potrebbero ingannare con i vari ristoranti “italiani” che si trovano, ma non è mai buona come quella che può fare la mamma

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o nonna a casa in Italia). Racconta un’esperienza divertente vissuta con le persone del posto Potrei stare qui ore a raccontare migliaia di aneddoti, anche perché un anno e soprattutto a quell’età è davvero tanto. Ricordo la mia famiglia che mi faceva sempre ridere, e non sto scherzando quando dico sempre. Ricordo loro che mi prendevano in giro per il mio accento italiano ma allo stesso tempo lo amavano, ricordo il docente di storia che mi faceva leggere ad alta voce i riassunti dal libro perché “non è da tutti i giorni avere in classe un accento così bello”, ricordo la mia paura/eccitazione la prima volta che mi hanno fatta volare in aria nel team delle cheerleader della scuola, ricordo la mensa scolastica con la scarsa qualità del cibo, ricordo la sensazione meravigliosa di appartenenza a un qualcosa, ricordo io che provo a fare del cibo italiano ma le materie prime scarseggiavano e quindi non è venuto così bene come pensavo, insomma ricordo molte cose, le maggiori delle quali sono positive. Perché sei tornato in Trentino? Hai in programma di ripartire? Cosa ti è man-

cato di più?

Sono tornata a casa, in Trentino, per finire gli studi e diplomarmi, dopodiché ci sono rimasta durante tutto il mio periodo universitario ed è proprio durante questo periodo che più mi è mancato vivere fuori dall’Italia. Quello che manca di più agli spiriti liberi come tutti coloro che sognano sempre di viaggiare non è il fatto di “scappare” dalla solita routine o quotidianità, ma più quello che diventi e come maturi affrontando una determinata esperienza: non è tanto il luogo a rendere magico quindi il viaggio, ma è l’esperienza che si vive attraverso esso. Quello che più mi porto dentro nel vivere fuori dagli schemi è la netta sensazione di studiare, non in senso letterale del termine, ma più figurativo, perché ogni parola, ogni sensazione, ogni racconto, ogni strada e ogni viso che incontro porta con sé una quantità di nozioni uniche e diverse tra loro che tutto ciò che ho potuto fare e che faccio ancora oggi è, attraverso una curiosità innata, incasellare la maggior parte di esse dentro di me e utilizzarle a fin di bene in qualsiasi azione o ambito della vita, che va dal lavoro alla vita privata, dalla famiglia alle amicizie. Credo fermamente che ciò che ci rende unici siano le esperienze di vita e la frase che più mi rimbomba in testa a riguardo è questa: partire non per evadere, ma partire per ritrovare sempre un po’ più me stessa.

Ritornando al mio percorso di studi, durante il periodo universitario avrei voluto tanto accedere a qualche programma di studi all’estero come l’Erasmus ma purtroppo mentre frequentavo l’università, andando alle lezioni e dando esami, allo stesso momento lavoravo ed è quindi stato infattibile.

Ottenuta la laurea, però, si è presentata l’opportunità di trasferirmi all’estero, precisamente a Barcellona, in Spagna, e l’ho subito accolta. In questo momento mi trovo proprio nella capitale della Catalogna ed è passato esattamente un mese dal giorno del trasferimento. Mi sto trovando molto bene e devo dire che è molto diverso dalla

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ESPERIENZA DALL’ESTERO

mia prima esperienza di me diciassettenne: in America studiavo, andavo al liceo, stavo con una famiglia che mi sosteneva economicamente e mentalmente; mentre ora gli studi li ho terminati, vivo da sola con il mio ragazzo e sto entrando piano piano nel mondo del lavoro e degli adulti. Allo stesso tempo non mi mette paura tutto questo ma, anzi, mi fa sentire sempre più curiosa di quello che verrà dopo. Sempre alla scoperta di cose nuove.

Cosa hai portato di quei viaggi di cui non riesci più a far senza?

Probabilmente la risposta più azzeccata sarebbe “tutto”. Credo di poter affermare che inoltre all’esperienza di vita all’estero, anche parlando di viaggio/vacanza sento le stesse emozioni, perché appunto ogni volta che ho viaggiato ho cercato sempre di viverla come le persone del posto. Amo viaggiare e amo farlo soprattutto in luoghi dove vi è una cultura diversa dalla mia, questo perché per me conoscere popoli nuovi è un valore. Immergersi nelle usanze e nelle tradizioni degli altri paesi e vivere il viaggio come un “local” è quello che mi appassiona di più, sentirmi quindi parte integrante del posto, vivendo situazioni uniche nel suo genere. Questo per me è la vera essenza del viaggio. In questo modo, ogni volta, quando si ritorna a casa,

ho nostalgia dei momenti e dei ricordi annessi a ciò che ho potuto conoscere e ho sempre storie da raccontare. Mantieni i contatti con le persone che hai conosciuto?

Certamente! Sono anche tornata in America facendo una sorpresa a tutti quanti ed è stata una gioia immensa. Per quello che si riesce cerco sempre di scrivere e sapere come stanno sia i miei “genitori” che i miei due fratelli e le mie due sorelle. Quando posso ci sentiamo e con tutti i social che ci sono oggi è impossibile non sapere cosa fanno e dove sono. Mi reputo tanto fortunata ad avere una seconda famiglia come quella che ho.

Racconta un aneddoto della cultura di un Paese che hai scoperto e che ti è piaciuto

Nonostante io mi trovi in Spagna da poco, durante la festa di San Valentino, sono venuta a conoscenza di una festività simile tipica della Catalogna: Sant Jordi, secondo la quale il giorno x di Aprile avviene uno scambio di fiori ma soprattutto di libri tra gli innamorati. Questa usanza si è oggi estesa anche al di fuori delle coppie e in molti luoghi della città vengono organizzate bancarelle dove si vendono rose e libri. Trovo questa usanza molto bella e interessante.

Racconta cosa ti è mancato della cultura trentina

Partendo dal presupposto che non sono una persona particolarmente legata alla cultura tradizionale (ammetto questo essere un difetto), ma sicuramente ciò che più manca vivendo all’estero è l’aria pulita che si riesce a respirare in Trentino, il paesaggio mozzafiato che si può ammirare ogni giorno gratis, e la calma e tranquillità che esso emana. Inoltre la mancanza della famiglia, anche se lieve, si sente maggiormente nei giorni di festa e la cultura culinaria della nonna (che non può non essere di rilievo).

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ESPERIENZA DALL’ESTERO: ANDREA MANNA

Come ti chiami? Data di nascita?

Ciao! Sono Andrea Manna, nato il 23 Luglio 1992.

Età primo soggiorno all’estero non per vacanza? Dove sei andato? Perché sei andato? Quanto tempo sei rimasto? Eri accompagnato? Da un amico o da un familiare? Dove alloggiavi? Da solo Prima di quest’esperienza in Australia ho viaggiato solo per andare in vacanza, mai più di 2 settimane. Per cui questa è la prima volta che lascio casa, famiglia e amici per vivere in un altro posto. Sono partito da solo, a 29 anni, prenotando solo un ostello per le prime due settimane, per dopo trovare lavoro e una sistemazione più stabile. Il motivo principale che mi ha spinto a partire è stata l’insicurezza del futuro che provavo in Italia, soprattutto nel post covid, ma anche la voglia di scoprire posti nuovi e nuove culture/ punti di vista.

Racconta la tua prima esperienza con la cucina autoctona

Parlando di Australia, questo paese è l’emblema del multiculturalismo, per cui si può trovare un mix di tipi di cucina. Direi che non ci sono dei piatti si possano definire ‘Australiani’, ma quello che amo di questo è la cultura del caffè. Le prime volte che chiesi di avere un caffè/capuccino, sono stato assalito da mille domande da parte del barista, come ‘1 shot? 2 shots? Oat milk or skim Milk?

Capuccino, Latte ,Long black?’ Etc. E per loro la giusta schiuma è veramente essenziale!

Racconta un’esperienza divertente vissuta con le persone del posto Durante le prime settimane in Australia, ero

a lavoro, in laboratorio, e ho visto questo ragazzo mangiare uno snack, era un pezzo di pane con questo tipo di marmellata spalmata sopra. Io chiesi cosa fosse, cosi me ne diede un cucchiaio da assaggiare. Si trattava di Vegemite, una sorta di concentrato fortissimo di Lievito di birra, verdure e spezie. Un pò come mangiare un cucchiaio di Wasabi puro. Ovviamente lo sputai, però qualche giorno dopo lo provai, in piccola quantità su un pezzo di pane caldo, con della marmellata, e ammetto che mi è piaciuto un sacco.

Hai in programma di tornare in Trentino? Cosa ti è manca di più?

Ho iniziato da poco il processo di sponsor, per poi arrivare alla cittadinanza australiana, per cui quest’anno non ho in mente di

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tornare per focalizzarmi sul mio sponsor e sulla nuova attività che sono stato incaricato di gestire, ovvero una pasticceria ad Airlie Beach, dove vivo attualmente, e verso giugno aprire un secondo punto vendita a Townsville, una città qua vicina. L’anno prossimo sicuramente tornerò per avere un mese di vacanza, però non penso di tornare a vivere in Italia.

Non passa giorno senza sentire la mancanza della mia famiglia, degli amici, del cibo italiano, direi che queste sono le cose che più mi mancano!

Cosa hai portato di quei viaggi di cui non riesci più a far senza?

Avendo viaggiato solo per vacanze, questa sensazione di lasciare casa e partire è tutta nuova per me. Più che qualcosa di materiale, ho imparato fin dall’inizio di questo viaggio a non avere pregiudizi.

In australia ci sono milioni di stranieri, ognuno con storie diverse, e ascoltare queste esperienze ti apre la mente in una maniera assurda.

Per cui direi che, per lasciare casa e vivere lontano per un periodo, bisogna armarsi di tanta curiosità, sotto molti aspetti.

Mantieni i contatti con le persone che hai conosciuto?

Sinceramente non ho conosciuto tante persone durante questo viaggio, perché mi son focalizzato più sul lavoro durante il primo anno, però sono ancora in contatto con alcune persone che ho conosciuto a Sydney, prima di spostarmi in Queensland, North Australia.

Soprattutto con una ragazza che abita a Sydney, chi sa, se son rose fioriranno! Racconta un aneddoto della cultura di un Paese che hai scoperto e che ti è piaciuto

Più che un aneddoto, direi che la cosa che più mi è piaciuta da quando sono arrivato in Australia, è il fatto di non essermi sentito come, quello che definiamo noi, un ‘immigrato’, ma sono stato trattato, soprattutto a lavoro, come un valore aggiunto per questo

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ESPERIENZA DALL’ESTERO

paese.

Posso imparare tanto qua, come altre persone, soprattutto nell’ambito della pasticceria, possono imparare tanto da me, e non ho mai sentito una sensazione di gelosia nei miei confronti, per il fatto che sapessi fare qualcosa che altri non sapevano fare. Anzi amo il modo in cui sia possibile ‘fare Team’ con persone che vengono da tutto il mondo. Racconta cosa ti è mancato della cultura trentina

Sicuramente il cibo, è divertente il fatto che per avere dei cibi che noi definiamo ‘semplici’ o casalinghi, in Australia bisogna andare nei migliori ristoranti in città e pagare conti salati per avere lo stesso cibo o qualcosa di simile.

Quando lasci casa, ti rendi veramente conto di quanto le cose che definiamo scontate, non lo siano affatto!

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Canederlini in brodo Luigi Grisenti

Pizza

Ingredienti

8500 cc di acqua tiepida, 1 kg di farina tipo 1, 60 cc di olio evo, 20 gr di sale, 10 gr di lievito di birra, 1 cucchiaio di zucchero

Procedimento: Mettere l’acqua in un recipiente, aggiungere il lievito e lo zucchero e lasciar riposare 10 minuti, poi aggiungere la farina e l’olio e cominciare ad impastare, incorporare il sale continuando a impastare Formare un panetto omogeneo e lasciar lievitare fino al raddoppio (La farina di tipo 1 ha bisogno di diverse ore di lievitazione)

Ingredienti

80 gr burro morbido, 2 uova, sale q.b. pepe q.b. timo q.b. 50 gr formaggio grattugiato, pane grattugiato q.b.

Procedimento: Mescolare accuratamente il burro in una terrina, aggiungere le uova incorporandole ben, mettere il sale, il pepe, il timo, il formaggio grana ed infine il pane grattugiato in quantità tale che la pasta non risulti troppo denso o duro Lavorare il tutto e poi formare dei canederlini grossi più o meno come una noce. Poi li mettiamo a cuocere in brodo bollente.

Varianti: A questo punto si può aggiungere del fegato tritato finemente, per avere un gusto diverso. Al posto del fegato si possono aggiungere dei funghi tritati già cotti e si otterranno dei canederlini gustosi e originali

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LE RICETTE

Mondo Poetico

Rita Cappellucci è nata a Caramanico Terme (Pescara) Da cinquant’anni risiede in Svizzera, nel cantone di Berna Scrive in poesia e prosa sin dall’età giovanile. Ha partecipato a diversi Concorsi conseguendo lusinghieri e significativi riconoscimenti in Italia, Svizzera e altri Paesi, classificandosi spesso al 1°, 2° o al 3° posto. Al Concorso “Città di Avellino” ha ricevuto la medaglia del Presidente d el Senato. I suoi scritti sono apparsi in diverse Riviste e Antologie Letterarie. Alcune sue poesie sono state tradotte, oltre che in tedesco, anche in altre lingue. Alcune sono state musicate e cantate.

Ho chiesto a un menestrello di cantarmi una canzone che parlasse di sole e d’amore, ho udito librarsi nell’aria una dolce melodia, per il tuo cuore malato ahimè di nost algia.

Della tua Terra la canzone cantava, di quanto essa ancora t’ama, di quanto sente la mancanza tua, or che da Lei così lontano sei, ora che la tua voce lei udire non può.

E infine la canzon così diceva:

“Portagli una carezza, o bella mia, dagli un bacio d’amore quando lo vedi e un bacio grande, grande, dalla Patria sua!”

È stata ospite in alcune scuole di Lingua e Cultura Italiana, nel Ginnasio di Langenthal e in scuole per adulti, con vivo interesse da parte degli allievi È stata anche ospite presso la Radio Rabe di Ber na e Radio LoRa di Zurigo.

È stata nominata “Ambasciatrice del Premio Parco Maiella”, Abbateggio (Pescara); “Socia Benemerita della Universum”, Lugano; “Nomina con Diploma Di Merito” in considerazione dell’impegno svolto nel campo socio-artistico-letterario, con l’iscrizione nell’albo d’oro dell’Accademia Artisti Europei di Salerno; “Promotrice di una Cultura di pace ” dall’Accademia della Repubblica di S. Marino; “Membro Honoris Causa” per gli alti meriti acquisiti in riconoscimento dell’attività svolta”, Sutri, (Viterbo).

Di recente ha ricevuto l’Onorificenza di “Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana” per gli alti meriti in campo letterario e per la diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo.

È Accademica Onoraria presso l’Accademia Internazionale “Il Convivio” di Catania e l’Accademia “V ittorio Alfieri” di Firenze.

È docente alla Unitre e attiva collaboratrice in Istituzioni di volontariato a Langenthal e dintorni Nel 2003 ha pubblicato il primo libro di poesie “Nuove Aurore”; nel 2006 il libro di racconti “Fermenti di Vita”; nel 2007 il libro di poesie “Quando l’immagine diventa poesia”, in italiano e in tedesco; nel 2012 il libro di poesie, in tedesco, dal titolo “Freundschaft in der Fremde”; nel 2015 il libro di poesie, “Sole di mezzanotte” e nel 2018 il libro di poesie “Fino a sfiorare il cuore ”

I suoi due libri in tedesco sono stati richiesti dalla Deutsche Nationalbibliothek di Leipzig.

34 POESIA
Rita Cappellucci
Dalla Patria tua

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