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LA CARENZA Il problema osservato dal punto di vista delle strutture aggregative
QUANDO IL PADRONCINO INVECCHIA
Parliamo di autisti e della loro mancanza. Che sarebbe ancora maggiore senza le 22 mila imprese monoveicolari esistenti in Italia, che hanno come titolare un uomo al volante. Fino a ieri, per competere sul mercato, questi padroncini entravano in consorzi o in cooperative. Oggi non soltanto il flusso si è drasticamente ridotto, ma tanti sono ormai sulla soglia della pensione. Come li si rimpiazza? Ci spiega tutto Claudio Villa, presidente di Federtrasporti e del consorzio Conap
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«F inoa ieri l’acquisto di un camion era condizionato dalla prospettiva di avere nuovi traffici. Adesso è necessario anche avere prima un autista che lo guidi, perché in mancanza si rischia di tenerlo fermo per lunghi mesi». È un’affermazione forte quella di Claudio Villa, presidente di Federtrasporti, ma anche di un consorzio – il Conap di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) – attivo nel trasporto cisternato di materiale chimico e petrolifero che sta vivendo in modo tangibile, seppure originale almeno da due punti di vista, merceologico e societario.
CON IL TRASPORTO ADR IL PROBLEMA SI INFIAMMA
Rispetto al primo, bisogna tener presente che chi effettua trasporti specializzati, in cui è richiesta, oltre alla patente e alla CQC, anche il cosiddetto «patentino ADR» è ovvio che anche il reperimento degli autisti diventa più complicato che in generale. «Quando si ha la fortuna di trovare un giovane disponibile, residente vicino a una delle nostre sedi (oltre a Fiorenzuola, anche a Arluno, in provincia di Milano) o in un territorio di interesse per i nostri traffici, lo assumiamo anche se non ha il patentino ADR e siamo poi direttamente noi a sostenere le spese per farglielo acquisire. Che restano a nostro carico a meno che non ci abbandoni prima di un anno».
VERSO SUD ALLA RICERCA DI PADRONCINI
Ma il cruccio forse maggiore riguarda il punto di vista societario, in quanto la particolarità di una struttura aggregativa è quella di essere costruita da diverse aziende, comprese quelle monoveicolari, il cui titolare cioè riveste i panni anche dell’uomo al volante. Senonché nel corso degli ultimi anni l’età media di questi padroncini tende a salire e quando giunge il momento della pensione è sempre più difficile trovare qualcuno disponibile a raccoglierne l’eredità. «Le uniche relazioni che riusciamo a trovare sono con autotrasportatori di medie dimensioni (con 15-20 camion) quasi sempre collocati nel Sud Italia. Riuscire ad aggregarli non è un problema e anzi ultimamente penso che sia stata proprio una tendenza generalizzabile, quella di cooperative o consorzi emiliani o toscani che cercano di non restringere il proprio perimetro in termini di fatturato grazie all’ingresso nelle loro compagini societarie di aziende meridionali». Una soluzione che richiede comunque un qualche onere di natura logistica. «Perché fin quando l’ufficio traffico ri-
Gli unici padroncini disposti ad aggregarsi li troviamo al Sud, magari residenti lungo le direttrici di traffico del consorzio. Se sono fuori da queste stiamo stiamo studiando delle possibili soluzioni, come quella di organizzare un pulmino apposito per favorire gli spostamenti dei conducenti
esce a trovare viaggi in direzione Sud per il venerdì pomeriggio – spiega Villa – per consentire agli autisti di tornare a casa, non c’è problema. Il meccanismo diventa più complicato se l’azienda da aggregare si trova al di fuori delle direttrici di traffico del consorzio. Anche se, pure rispetto a tale eventualità, stiamo studiando delle possibili soluzioni, come quella di organizzare un pulmino apposito per favorire gli spostamenti dei conducenti».
SEMIRIMORCHI GRATIS PER CONSERVARE LA DIMENSIONE
È chiaro che laddove il tentativo di conservare la dimensione aziendale facendo leva sull’ingresso di nuovi soci non funziona, a quel punto scatta il piano B che consiste nel favorire l’acquisto di nuovi veicoli da parte dei soci. E anche qui la modalità è molto generosa e consiste – spiega Villa – nel «mettere gratuitamente a disposizione dei soci dei semirimorchi del valore di 100 mila euro (o comunque di 50 mila se usati), già assicurati con la kasko e senza richiedere quella percentuale dell’11% sul fatturato generato grazie al mezzo pretesa invece in passato. In questo modo se qualcuno ha un trattore in officina o se il mercato offre opportunità di traffico in altri segmenti diventa più facile per i soci gestire la situazione».
LE CRITICITÀ DA RIMUOVERE
Insomma, gli strumenti messi in campo sono tanti e, almeno sulla carta anche allettanti. Eppure, il proselitismo non funziona come dovrebbe. «In particolare rispetto ai padroncini sembra non sortire risposte. Almeno in certe regioni del Paese non è più una professione allettante. E in fondo capisco che sia complicato intraprenderla. Ci sono normative rigorose da rispettare in termini di sicurezza e formazione e poi, in particolare in un settore come il nostro c’è l’esposizione a tanti rischi. Se poi a tutto ciò ci si aggiungono i gravami da gestire a livello commerciale e amministrativo, ritengo praticamente impossibile misurarsi da soli con tutto questo: la strada obbligata sembrerebbe necessariamente quella di entrare in un progetto più ampio, in una cornice aggregativa in grado di accompagnarti e di tutelarti lungo il percorso». Sulla carta sembrerebbe più facile trovare autisti anche perché, sottolinea Villa, «in questo settore un autista di base impegnato nella distribuzione locale, che termina tutti i giorni alle 16 e rientra a casa ogni sera, percepisce 1.900 euro netti. Un buon livello che, se capita un autista valido, si può anche a superare. Non oltre una certa soglia, ovviamente, perché altrimenti si corre il rischio di rimanere fuori mercato». Mentre parla, però, scuote la testa e aggiunge che forse, piuttosto che sulla retribuzione, «bisogna lavorare sull’immagine, sulla rivalutazione della professione dal punto di vista della funzione e del ruolo». E se anche questo non dovesse funzionare? «Bisogna sperare nella crisi – risponde – La storia insegna che le professioni più difficili, quelle che comportano, come l’autista, un livello di sacrificio e di esposizione al rischio maggiore di altre, producono un richiamo più forte nei momenti di difficoltà. Perché fin quando esistono alternative, i giovani tendono a indirizzarsi verso qualcosa di più comodo». Se così fosse, dovremmo dedurne che la crisi non ha ancora prodotto ferite a sufficienza. Ma d’altra parte non sembra nemmeno prossima alla fine.
Quando si ha la fortuna di trovare un giovane disponibile, residente vicino a una delle nostre sedi o in un territorio di interesse per i nostri traffici, lo assumiamo anche se non ha il patentino ADR e siamo poi noi a sostenere le spese per farglielo acquisire. Che restano a nostro carico a meno che non ci abbandoni prima di un anno