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La forza silenziosa contro il Covid
Graziano Regazzoni, Lugano
«[In Svizzera] nel 2020 sono state registrate 40 893 ospedalizzazioni con diagnosi di COVID19 e nel 2021 43 293, per un totale di 84 186, pari al 3 % delle ospedalizzazioni complessive avvenute nel corso di questi due anni». L’Ufficio federale di statistica, esplicitamente sollecitato, fa sapere che i pazienti giunti in ospedale accompagnati da un servizio di soccorso nel 2020 sono stati 9538, vale a dire il 23,3 %, rispettivamente 11 134 nel 2021, pari al 25,7 %. In questo caso con «servizio di soccorso» si intende ambulanza o polizia. Ragionevolmente, seppur arbitrariamente, la logica ci porta a concludere che la stragrande maggioranza sia stata presa a carico in prima battuta da paramedici e, quindi, poco meno del 24,55 % dei pazienti ospedalizzati per COVID19 nel primo biennio di pandemia, siano stati trasportati con l’ambulanza. Si tratta di una percentuale consistente, testimone di un impegno rimasto perlopiù celato all’opinione pubblica, così come quello di innumerevoli professioni che operano nell’ambito sanitario e che durante le ondate di pandemia hanno continuato a lavorare nell’ombra.
In Ticino i primi casi Lo sforzo degli enti di soccorso è stato argutamente illustrato dal guardiano del convento del Santuario della Madonna del Sasso, che sovrasta la Città di Locarno. Frate Agostino, intervistato dal Corriere del Ticino, ricorda così quei giorni: «da quassù le sirene delle autoambulanze si sentivano bene, erano un continuo lamento. Non dimenticherò mai quel periodo e quella sequela di suoni lancinanti nel silenzio di una città che pareva deserta, chiusa in sé stessa».
Poiché il virus è arrivato in Europa dall’Italia, non stupisce che la sua prima apparizione documentata in Svizzera sia avvenuta in Ticino. Questo ha indotto le autorità cantonali a introdurre misure in modo anticipato rispetto alla Confederazione e ad altri cantoni. Fra i partner della protezione della popolazione che siedono permanentemente nello Stato maggiore cantonale di condotta vi sono anche i rappresentanti della Federazione Cantonale Ticinese dei Servizi Autoambulanze (FCTSA). Pertanto, da subito i paramedici ticinesi hanno portato il loro contributo attivo nell’affrontare la crisi.
Un ruolo attivo nella campagna vaccinale
La richiesta di compiti straordinari ai paramedici è giunta con l’avvio della campagna di vaccinazione, a poco meno di anno dallo scoppio della pandemia. Per organizzare i centri di vaccinazione, l’amministrazione cantonale aveva bisogno di personale sanitario qualificato che potesse ricoprire più ruoli, primo fra i quali la gestione dei vaccini. «La collaborazione con la FCTSA è da anni proficua. Ci è quindi parso da subito un compito che potevamo affidare ai soccorritori» afferma Ryan Pedevilla, capo della sezione del militare e della protezione della popolazione del Cantone Ticino, chiamato ad organizzare dal punto strutturale e operativo la campagna. È stato così che al di fuori dei turni ordinari nei propri enti di soccorso preospedaliero, medici e paramedici venivano ingaggiati dalla FCTSA per dare il loro contributo alla campagna vaccinale.
Un contributo di migliaia di ore di lavoro
«I soccorritori hanno risposto con entusiasmo, mettendo a disposizione il loro tempo libero in un periodo oltremodo pesante professionalmente ed emotivamente. Abbiamo così potuto ampliare in modo considerevole il nostro contributo» ci confida Roberto Cianella, Direttore Generale della FCTSA. Dagli inizi di gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 la Federazione ha impiegato per il Cantone 340 persone, tra soccorritori, coordinatori e medici, per un totale di 24'403.5 ore di lavoro.
Un impegno su più fronti
L’attività principale è stata prestata nei centri di vaccinazione sparsi sul territorio, nei quali ci si è occupati della gestione e della preparazione delle dosi del farmaco, solo in parte dell’inoculazione, e della sorveglianza dei pazienti durante il tempo d’osservazione. I soccorritori erano inoltre parte delle cosiddette «squadre mobili» operanti nelle case per anziani, negli istituti per disa bili, nei centri di accoglienza dei rifugiati, nelle strutture carcerarie cantonali, ecc. Oltre a ciò, sono state prese a carico le operazioni di depistaggio per individuare eventuali focolai, quando squadre di soccorritori venivano inviate in scuole e aziende per svolgere test a tappeto. «Non solo. Abbiamo garantito che il numero dell’Hotline cantonale fornisse alla popolazione informazioni generali e sul vaccino. Ci siamo inoltre occupati della formazione del personale sanitario», completa Cianella.
Bilancio positivo
Pedevilla valuta la collaborazione in modo positivo: «durante la gestione della crisi la FCTSA e i soccorritori da lei ingaggiati hanno dato un contributo sostanziale, lavorando fianco a fianco con le altre istituzioni».
Durante la pandemia l’operato dei soccorritori è stato ampio e discreto; tranne che durante l’attività ordinaria, quando a sottolineare alla popolazione l’attività dei paramedici ci hanno pensato gli ululati delle sirene delle ambulanze.
L'autore
Graziano Regazzoni è produttore televisivo presso la RSI
Radio televisione svizzera di lingua italiana. È contemporaneamente Soccorritore
Assistente di Ambulanza e collabora con la Croce Verde di Lugano.